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Sommario del 13/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: Gesù cammina silenziosamente accanto al mondo agnostico di oggi
  • Sinodo: Terra Santa, Ilva di Taranto e devozione popolare al centro degli interventi
  • Il patriarca Twal: cresce il fanatismo religioso in Medio Oriente, non lasciateci soli!
  • Robert Spaemann: un Anno della fede per ridare forza anche alla ragione
  • Beatificati a Praga 14 Francescani martirizzati in odio alla fede nel 1600
  • Accordo tra Santa Sede e Guinea Equatoriale per i rapporti Chiesa-Stato
  • Il cardinale Rosales inviato del Papa alla plenaria degli episcopati d'Asia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: 33 mila le vittime per i ribelli. Il mediatore Brahimi in Turchia
  • Ciad: espulso il vescovo di Doba. Aveva criticato la gestione delle risorse petrolifere
  • Nobel Pace. Vescovi Ue: premiata l’aspirazione alla pace dei padri fondatori
  • Padova, bambino conteso. Belletti: sostenere le famiglie in difficoltà, compito per tutti
  • Giornata per la riduzione dei disastri naturali: educare i giovani alla prevenzione
  • Il "Nobel Missionario" a due religiosi in Asia e due laiche da 30 anni in Congo
  • Musica: a Roma apre la stagione dell'Accademia di Santa Cecilia
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Sudafrica. Vescovo di Rustenburg denuncia: cresce la violenza, ai sindacati sfugge la protesta
  • Pakistan, 16 morti per l’esplosione di una bomba in un bazar
  • Italia: manifestazione nazionale contro l'export di armi
  • Repubblica Dominicana: alto il numero di bambini non censiti che perdono ogni diritto di base
  • Indonesia: seminari e incontri sull'Anno delle Fede e Concilio Vaticano II
  • Nell’Anno della Fede, le Carmelitane celebrano i 450 anni della riforma teresiana
  • Conferenza episcopale siciliana: convegno su impegno educativo
  • Un anno fa la distruzione della statua della Madonna in via Labicana
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: Gesù cammina silenziosamente accanto al mondo agnostico di oggi

    ◊   Il mondo spesso è vuoto e senza speranza e non crede, ma Gesù non lo abbandona, anzi gli cammina accanto, silenziosamente, per fargli sentire la sua presenza: così il Papa ieri, parlando a braccio al termine del pranzo in Vaticano con i padri sinodali, i vescovi che hanno partecipato 50 anni fa al Concilio e i presidenti delle Conferenze episcopali mondiali. Con loro erano presenti anche il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, e l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams. Il servizio di Adriana Masotti:

    “E’ una bella tradizione creata dal Beato Papa Giovanni Paolo II quella di incoronare il Sinodo con un pranzo comune”. Benedetto XVI esprime la sua gioia per questo momento di pausa dai lavori e sottolinea in particolare la presenza accanto a lui del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e dell’arcivescovo Rowan Williams, primate della Comunione anglicana:

    “Per me questa comunione è un segno che siamo in cammino verso l’unità e che nel cuore andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà ad andare avanti anche esteriormente”.

    La gioia dello stare insieme, afferma il Papa, ci rafforza anche nel mandato dell’evangelizzazione. E ricorda l’episodio del Vangelo dei due discepoli di Emmaus che, dice, “sono un po’ un’immagine del mondo agnostico di oggi”. Gesù, che era "la loro speranza" - afferma - "era morto; il mondo vuoto; sembrava che Dio realmente o non ci fosse o non si interessasse di noi. Con questa disperazione nel cuore, e tuttavia con una piccola fiamma di fede, vanno avanti":

    "Il Signore cammina misteriosamente con loro e li aiuta a capire meglio il mistero di Dio, la sua presenza nella storia, il suo camminare silenziosamente con noi. Alla fine, nella cena, quando già le parole del Signore e il loro ascolto avevano acceso il cuore e illuminato la mente, lo riconoscono nella cena e finalmente il cuore comincia a vedere”.

    Così, conclude, nel Sinodo, siamo in cammino insieme con i nostri contemporanei:

    “Preghiamo il Signore perché ci illumini, ci accenda il cuore affinché diventi 'veggente', ci illumini la mente e preghiamo che nella cena, nella comunione eucaristica, possiamo realmente essere aperti, vederlo e così accendere anche il mondo e dare la Sua luce a questo nostro mondo”.

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    Sinodo: Terra Santa, Ilva di Taranto e devozione popolare al centro degli interventi

    ◊   La nuova evangelizzazione deve ripartire da Gerusalemme: lo afferma il Sinodo dei vescovi in corso in Vaticano, ribadendo che i pellegrinaggi in Terra Santa sono un’occasione per rafforzare la fede. Al centro dei lavori di stamani, anche la questione dell’Ilva di Taranto e la promozione della Dottrina sociale della Chiesa. Il servizio di Isabella Piro:

    Per essere moderna ed efficace, la nuova evangelizzazione deve ripartire da Gerusalemme, dalla Terra Santa, memoria collettiva vivente della storia di Gesù: si aprono così i lavori odierni del Sinodo. I vescovi ricordano le offese e le aggressioni che i luoghi santi spesso subiscono, parlano di Chiesa del calvario, invocano il dialogo basato sul rispetto interreligioso, si appellano alla fede che abbatte muri e costruisce ponti, chiedendo al mondo di non dimenticare il Medio Oriente ed ai cristiani di non aver paura. Perché la fede non è un’appartenenza ad una fazione ideologica che porta alla violenza, ma aiuta a sentirsi fratelli gli uni verso gli altri.

    Poi, il dramma dell’Ilva di Taranto irrompe nell’Aula del Sinodo: la Chiesa non offre soluzioni, dicono i presuli, ma vicinanza a chi soffre per gli effetti inquinanti e disastrosi della fabbrica siderurgica. Migliaia di persone rischiano di perdere il posto, molte altre sono malate di tumore. E ciò che emerge è una crisi umana e sociale, dell’attuale e ingiusto modello di sviluppo economico. L’avarizia e la cupidigia, sottolinea il Sinodo, hanno infranto il legame tra l’economia e la dimensione sociale della vita umana, provocando una frattura profonda.

    In quest’ottica, l’Assemblea dei vescovi ribadisce l’importanza della dottrina sociale della Chiesa, elemento essenziale di evangelizzazione, perché l’annuncio di Cristo è il principale fattore dello sviluppo, della giustizia e della pace. Non si tratta, dicono i presuli, di trasformare la Chiesa in un’istituzione di servizi sociali, bensì di promuovere una cultura della solidarietà e della fraternità. Rilanciare la dignità umana, afferma il Sinodo, promuovere valori democratici, significa essere nella sequela di Gesù.

    Tra gli altri temi affrontati in Aula, quello della pietà popolare: purificata e guidata nel modo giusto, essa è espressione di fede sincera e testimonia perennemente la sete di Dio racchiusa nel cuore dell’uomo, contribuendo così alla nuova evangelizzazione. Perché il cuore dell’uomo è fatto per l’infinito ed alle sue attese può rispondere solo l’incontro con chi ha cambiato realmente la propria vita grazie a Cristo.

    Quindi, il Sinodo torna ad esaminare la sfida di evangelizzare il mondo mediatico contemporaneo: la società attuale, dicono i vescovi, non è più mass-mediatica, bensì bio-mediatica, poiché i mezzi di comunicazione di massa hanno talmente invaso la vita dell’uomo da cambiarne lo sviluppo antropologico. Di qui, l’invito affinché la Chiesa sappia comunicare vicinanza, relazione, amicizia alle persone nella loro singolarità, destinatarie dell’amore di Dio.

    Infine, il grande tema del rapporto tra fede e ragione: se non si comprende la loro complementarietà, dicono i Padri sinodali, i cristiani finiranno sempre per sentirsi inferiori nei confronti della modernità o in ritardo rispetto della storia. Essi, invece, devono essere coscienti della dimensione culturale della fede e dare ragione della propria speranza.

    Il confronto tra fede e scienza è stato, invece, al centro dell’intervento di ieri pomeriggio, del professor Werner Arber, premio Nobel per la medicina nel 1978 e primo protestante a ricoprire l’incarico di presidente della Pontificia Accademia delle Scienze.

    “Scientific knowledge and faith are and should remain to be complementary”…
    Scienza e fede sono e devono continuare ad essere elementi complementari per la conoscenza umana, dice il prof. Arber. Un discorso tecnico, ma anche molto umano il suo, basato sulla consapevolezza che la scienza “finora non è riuscita a trovare risposte pertinenti” a tutti gli interrogativi dell’uomo, soprattutto a quelli che “trascendono la sfera naturale”. Ruolo che, invece, le credenze religiose possono ricoprire.

    Benedetto XVI è presente in Aula ed ascolta, attento, il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze citare la Genesi per dimostrare che sin da allora esisteva una concordanza tra fede e scienza, poiché il Vecchio Testamento riporta una sequenza logica di avvenimenti possibili per la creazione della vita.

    Il tono del prof. Arber si fa, poi, molto schietto quando afferma che “finora, la scienza non ha ancora una nozione precisa dei fondamenti della vita”, o meglio della “così detta creazione dal nulla”, la quale resta “materia da trattare attraverso la filosofia”. E pur ritenendo che possa esistere la vita su pianeti extraterrestri, il premio Nobel mette in guardia: manca l’evidenza scientifica di questa ipotesi.

    Ma a cosa serve oggi la scienza? Il prof. Arber lo dice chiaramente: la scienza apre a nuove applicazioni tecnologiche che migliorano la vita e l’ambiente dell’uomo, plasmandone il futuro. In quest’ottica, quindi, Chiesa, società civile, economia e scienza vengono chiamate ad assumersi la corresponsabilità di stabilire una nuova concezione del futuro che comporti benefici a lungo termine per l’intera umanità.

    Per raggiungere questo risultato, continua il premio Nobel, bisogna che le società moderne rispettino regole di condotta opportune, facilmente accettabili se radicate nella fede religiosa. In fondo, afferma il prof. Arber, anche Gesù sarebbe favorevole all’applicazione della scienza per il bene dell’umanità e nel rispetto delle leggi della natura.

    Un esempio pratico di tale principio sono le piante transgeniche: i metodi adottati per crearle seguono le leggi naturali dell’evoluzione biologica, spiega Arber, e non comportano rischi legati all’ingegneria genetica. In quest’ottica, quindi, potrebbero davvero alleviare il problema della fame nel mondo, per un futuro in cui lo sviluppo sia sicuro, responsabile e sostenibile.

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    Il patriarca Twal: cresce il fanatismo religioso in Medio Oriente, non lasciateci soli!

    ◊   Le speranze e le difficoltà della piccola comunità cristiana di Terra Santa: ne ha parlato oggi al Sinodo il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal. Paolo Ondarza gli ha chiesto perché per trasmettere la fede al mondo contemporaneo - come ha detto nel suo intervento - è importante riscoprire la Terra Santa:

    R. – Perché la fede è nata là, è cominciata là. Là è stata genuina, là è stata forte. La causa era Gesù stesso e per questa causa i discepoli, tutti i fedeli, erano disposti anche a morire. La domanda che oggi rivolgo a noi, ai nostri giovani, ai nostri sacerdoti è: abbiamo o non abbiamo una causa per la quale lottare, per la quale sperare, per la quale essere disposti a morire? Io ho paura della monotonia della vita cristiana.

    D. – L’esempio della prima comunità cristiana di Gerusalemme può servire da modello per rinnovare la Chiesa di oggi?

    D. – Sì, l’ha detto il Santo Padre: la comunità cristiana di Gerusalemme è il modello. Il modello perché era assidua nella preghiera, nella frazione del pane e nella carità. Il servizio ai fratelli può assumere molteplici forme. Così accade in Terra Santa: ospedali della Caritas, scuole che formano i giovani a dialogare tra loro ebrei, musulmani, cristiani… Ecco perché dico che tutto deve ripartire dalla Terra Santa.

    D. – Nonostante la centralità che la Terra Santa riveste, oggi se ne parla poco. Eppure questa terra continua ad essere lacerata da violenza, da ingiustizia e insicurezza?

    R. - E’ vero, se ne parla poco perché il focus, l’attenzione mondiale è ormai concentrata verso la Siria. Ma anche se politicamente, per il momento, siamo messi da parte, non possiamo tacere la realtà della ricchezza della Terra Santa.

    D. – I cristiani della Terra Santa come vivono la nuova evangelizzazione?

    R. - Quello che è nuovo è il contesto in cui viviamo. Infatti, il contesto nuovo per la Terra Santa è disegnato dalla primavera araba. Questo fenomeno lo definisco come un vero caos: c’è infatti tanto fanatismo religioso, musulmano ed ebraico, l’uno peggio dell’altro, che sta crescendo. Noi cristiani di Terra Santa è qui che dobbiamo vivere, queste sono le sfide che dobbiamo raccogliere. Per questo ho chiesto stamattina a tutti i confratelli al Sinodo di pensare a noi, di pregare per noi, perché, francamente, non amiamo essere soli. Parlando dell’Italia, poi, posso ripetere che l’Italia è stata la più vicina a noi e di questo sono molto grato.

    D. – L’emigrazione dei cristiani è dovuta alla paura: sono spaventati da quanto sta accadendo, dai mutamenti politici dei Paesi del Medio Oriente, dall’insicurezza che sempre più si respira?

    R. – Sì… Io sempre invito i cristiani a rimanere nonostante tutto perché la nostra presenza è una missione. Tuttavia tanti non ascoltano i miei appelli e decidono di partire. Non vedono alcun futuro possibile, né alcuna speranza di pace. Io li capisco, capisco le preoccupazioni per i loro figli… Peccato, ma dobbiamo accettare la loro decisione.

    D. – Il pellegrinaggio in Terra Santa invece può essere un incoraggiamento per loro?

    R. – Sì, certamente i pellegrinaggi danno l’impressione che non siamo soli. Se nei numeri siamo una minoranza, con tanti pellegrini diventiamo una maggioranza assoluta! I pellegrini ci trasmettono il sentimento che tutta la Chiesa è con noi, vengono a pregare con noi e per noi, per la pace, per tutti gli abitanti della Terra Santa!

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    Robert Spaemann: un Anno della fede per ridare forza anche alla ragione

    ◊   Giovedì scorso, al termine della Messa di apertura per l'Anno della fede, il Papa ha consegnato i Messaggi all’umanità del Concilio Vaticano II a varie personalità. A rappresentare gli intellettuali e scienziati, tra gli altri, il filosofo e teologo tedesco Robert Spaemann, amico di Benedetto XVI. Padre Bernd Hagenkord lo ha intervistato:

    D. - Uno dei temi più importanti di Benedetto XVI è il legame tra fede e ragione: si può dire, dunque, che l'Anno della fede è anche un anno della ragione?

    R. – „Ich glaube ja. Ein Mensch muss letzten Endes mit sich im…
    Penso di sì. Una persona deve essere, in ultima analisi, coerente con la sua ragione, e se la sua ragione e la sua fede gli dicono qualcosa di opposto, questo significa che c’è qualcosa che non va. Non può costringersi ad una alternativa al ribasso: “o la fede o la ragione”, ma deve cercare di trovare una unità. L'apostolo Paolo definisce la fede “rationabile obsequium”, ovvero un'obbedienza ragionevole. Lo scientismo di oggi indebolisce la ragione fino a dire che non è capace di raggiungere la verità. Così oggi l'ultima parola dovrebbe essere quella del relativismo che in realtà è incapace di vedere la verità. Ora, paradossalmente, è chi ha fede che oggi difende le capacità della ragione. Se oggi trovate qualcuno che afferma con forza la capacità della ragione di raggiungere la verità, allora si può quasi essere certi che si tratti di un cattolico.

    D. – Dunque la fede è grande amica della ragione. Allora la ragione ha bisogno di Dio e della fede?

    R. – „Ja. Ich glaube ja. Da wo Gott geleugnet wird…
    Sì, è così. Perché dove Dio è negato, alla fine anche la ragione è negata.

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    Beatificati a Praga 14 Francescani martirizzati in odio alla fede nel 1600

    ◊   Sono stati beatificati questa mattina nella Cattedrale di San Vito a Praga, Federico Bachstein e i suoi 13 compagni, tutti dell’Ordine dei Frati Minori, uccisi all’interno del loro convento il 15 febbraio 1611. In rappresentanza del Papa c’era il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio è di Roberta Barbi:

    La prima Beatificazione dell’Anno della fede ha riguardato 14 religiosi martirizzati nel 17.mo secolo, uccisi in odium fidei nel convento che abitavano a Praga da una folla inferocita, animata da uno sconsiderato odio contro la Chiesa cattolica. Siamo nella Boemia del 1611, dove proliferavano varie sette protestanti ostili ai cattolici e alla dinastia cattolica degli Asburgo, come spiega al microfono di Roberto Piermarini il cardinale Angelo Amato:

    “Era proprio l’odio contro la Chiesa cattolica, per cui i cattolici, religiosi e laici, vivevano in continuo pericolo di vita. Nessuno, infatti, poteva accusare i Francescani del Convento di Santa Maria delle Grazie, di nazionalismo o di cospirazione politica, essendo la maggior parte stranieri ed estranei a beghe sociopolitiche. Ad ogni modo, dalle fonti del tempo risulta la loro piena consapevolezza del pericolo cui andavano incontro, come testimoni della fede”.

    Padre Federico Bachstein, boemo di Baumgarten, era il maestro dei novizi; padre Giovanni Martìnez, spagnolo, sacrestano; padre Simone, francese, raccoglieva l’elemosina; padre Bartolomeo Dalmasoni, italiano, curava i restauri della chiesa; Fra Girolamo degli Arese, italiano, diacono; fra’ Gaspare Daverio, italiano, suddiacono; Fra Giacomo e Fra Clemente, entrambi tedeschi ed entrambi chierici minoristi con voti temporanei; Fra Cristoforo, olandese, fratello laico e cuoco del convento; Fra Giovanni, tedesco, laico; e Fra Emanuele, boemo, anch’esso laico; Fra Giovanni Bodeo, italiano e aiutante sacrestano; Frate Antonio, boemo, novizio. Tutti furono spogliati prima del martirio; molti di loro morirono nel tentativo di difendere l’Eucaristia o la cappella della Madonna, dove poi vennero sepolti, sotto l’altare di San Pietro d’Alcantara. Ma questa Beatificazione può incrinare i rapporti ecumenici? Ancora il cardinale Amato:

    “Non credo, anzi li può rafforzare. La solenne Beatificazione di questi eroici religiosi cerca di esortare tutti noi a vincere il male con il bene, memori della Parola del Signore, che sconvolge ogni logica umana: ‘Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano’. I Beati Martiri non odiavano, ma pregavano, lavoravano e operavano il bene. Erano umili testimoni della carità di Cristo, del suo calvario, del suo perdono. La loro Beatificazione, dunque, ispira sentimenti di pace, fraternità e gioia. Raccogliamo il loro seme di bene e facciamolo diventare albero maestoso, che porta fiori e frutti di umanità riconciliata e fraterna”.

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    Accordo tra Santa Sede e Guinea Equatoriale per i rapporti Chiesa-Stato

    ◊   Santa Sede e Guinea Equatoriale hanno rafforzato i reciproci rapporti siglando oggi nella città di Mongomo, nella struttura annessa alla Basilica Nazionale dell’Immacolata Concezione, un Accordo “sulle relazioni tra la Chiesa Cattolica e lo Stato”. Per la Guinea Equatoriale, la firma è stata posta dal ministro degli Esteri, Agapito Mba Mokuy, mentre per la Santa Sede dal capo della delegazione vaticana, l’arcivescovo Piero Pioppo, nunzio apostolico nel Paese africano. Alla cerimonia, oltre al capo dello Stato guineano, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, hanno preso parte numerose autorità istituzionali ed ecclesiastiche.

    L’Accordo che consta di 19 articoli e di un Protocollo Addizionale, entrerà in vigore – informa una nota ufficiale – con lo scambio degli strumenti di ratifica. “Nell’ambito dell’indipendenza e dell’autonomia della Chiesa e dello Stato, e nel solco del comune desiderio di collaborazione – si legge nella nota – viene fissato il quadro giuridico dei rapporti reciproci. In particolare, è riconosciuta la personalità giuridica della Chiesa e delle sue Istituzioni. L’Accordo riguarda anche il matrimonio canonico, i luoghi di culto, le istituzioni educative, l’assistenza spirituale ai fedeli cattolici negli ospedali e nelle carceri”.

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    Il cardinale Rosales inviato del Papa alla plenaria degli episcopati d'Asia

    ◊   Benedetto XVI ha nominato il cardinale Gaudencio B. Rosales, arcivescovo emerito di Manila, suo inviato speciale alla 10.ma Assemblea plenaria della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia (Fabc), che si terrà in Viêt Nam, presso lo
    Xuân Lôc Diocese Pastoral Centre
    (Centro Pastorale della diocesi di Xuân Lôc), dal 19 al 25 novembre 2012, e la cui cerimonia conclusiva avrà luogo nella Cattedrale di Ho Chi Minh City.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Con i nostri contemporanei: a mensa con i partecipanti all'assemblea il Papa propone una riflessione sul significato del Sinodo.

    Gli interventi dei padri sinodali.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, i tentativi di raffreddare la crisi siriana.

    In cultura, sulla stretta correlazione fra teologia e filosofia, un articolo di Inos Biffi dal titolo "Il realismo della fede".

    Paolo Vian, direttore del Dipartimento dei manoscritti della Vaticana, sul cardinale che non voleva la porpora: un convegno a Roteglia (Reggio Emilia) ricorda la figura di Giovanni Mercati, Bibliotecario e Archivista fino al 1955.

    In cerca di coordinate: Paolo Pecorari sul dilemma tra crisi nel sistema o crisi del sistema.

    Eroi in transito dall'Antico Testamento al grande schermo: Luca Pellegrini su una tavola rotonda, a Imperia, dedicata al rapporto tra cinema e Scritture.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: 33 mila le vittime per i ribelli. Il mediatore Brahimi in Turchia

    ◊   Il conflitto in Siria è sempre più drammatico. L’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che, dall’inizio della rivolta, sono oltre 33 mila le vittime accertate. In attesa dell’arrivo a Damasco del mediatore Onu-Lega Araba, oggi Brahimi è in Turchia per l’incontro con il ministro degli Esteri di Ankara, Davutoglu. Sul tavolo le recenti tensioni tra Siria e Turchia mentre il premier turco Erdogan ha invocato una riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, viste le difficoltà di intervento in Siria. Ma quali sviluppi ipotizzare? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Giuseppe Bettoni, docente di Geopolitica all’università Tor Vergata di Roma:

    R. - La Turchia cerca di imporre sempre di più - come ormai fa da qualche anno - un ruolo di leadership politica ed economica, ma anche militare, nell’area vicina e in quella mediorientale. La Siria in qualche modo non cerca di provocare la Turchia per una ragione precisa: ciò che comunque Damasco teme di più è - paradossalmente - una sorta di alleanza turco-curda, nonostante i terribili rapporti tra di loro, perché in quel caso si ritroverebbe veramente con un’opposizione molto compatta, cosa che Damasco vuole evitare ad ogni costo.

    D. - Il rapporto tra la Turchia e i curdi come può cambiare proprio alla luce del conflitto siriano?

    R. - È già cambiato molto, perché non dobbiamo dimenticare che nel novembre del 2011 Erdogan ha fatto delle scuse ufficiali alla comunità curda a nome della Turchia, per il massacro di decine di migliaia di curdi a Dersim tra il 1937 e il 1938. I turchi, comunque, guardano sempre con difficoltà al rapporto con i curdi, ma in ogni caso cercano di stabilire un legame positivo, perché sanno che non potranno mai fare nulla di importante se non hanno anche l’accordo dei curdi. Non a caso si negozia. è quasi certa la grazia di Ocalan, il leader del partito curdo. C’è una sorta di distensione in tutte queste difficoltà tra turchi e curdi. Fin dove arriverà e se si riuscirà ad arrivare veramente a un accordo, tutto questo non possiamo saperlo. Certo è che Erdogan lavora in questo senso e quindi bisognerà un po’ capire quale sarà l’evoluzione.

    D. - In caso di un coinvolgimento molto più diretto della Turchia nel conflitto siriano, come possono cambiare le relazioni tra la Turchia, la Russia e la Cina, che sono poi gli alleati storici della Siria?

    R. - Io non credo che la Turchia farà il minimo intervento militare in Siria, un intervento vero, autentico: un dispiegamento di forze a terra senza un accordo dei russi. È vero che i russi dal momento che hanno un porto importante in Siria, hanno un rapporto buono con Assad, ma è anche vero che quando i siriani hanno bombardato i villaggi di frontiera, gli stessi russi hanno tenuto in stand by la loro difesa, dicendo: “La Turchia è un nostro partner quanto la Siria”. Quindi, Assad rischia di perdere anche l’appoggio dei russi. Non credo che i turchi interverranno in modo importante né senza un accordo della Nato né senza un accordo dei russi. E soprattutto, prima di farlo, vorranno un 'intesa con i curdi stessi che - lo ricordiamo - occupano l’80% dei villaggi di frontiera tra Turchia e Siria. Aprire un fronte a nord, quindi, sembra quasi impossibile e significherebbe, per Erdogan, mandare delle truppe di terra per affrontare i battaglioni curdi che si oppongono ad Assad e le forze di Assad stesse. Sarebbero due nemici in uno e neanche i turchi possono affrontarli. Pensiamo poi alle conseguenze in termini di vite umane. C’è un rapporto tra turchi e curdi che si sta costruendo e che deve essere portato avanti. Non è facile perché comunque i curdi non vedono di buon occhio il tentativo di ingerenza della Turchia: temono infatti un eccessivo potere di Ankara in quell’area e loro sono contrari.

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    Ciad: espulso il vescovo di Doba. Aveva criticato la gestione delle risorse petrolifere

    ◊   Il governo del Ciad ha espulso ieri il vescovo italiano di Doba, mons. Michele Russo, che durante un’omelia aveva espresso perplessità sulla gestione e la distribuzione dei proventi del petrolio nel Paese. Il governo ha dato una settimana di tempo al presule per partire. Ma secondo l'Agenzia Fides si prospetta un'apertura di dialogo da parte dell'esecutivo. Il servizio di Giulio Albanese:

    Le autorità di N’Djamena hanno motivato la decisione spiegando che il missionario comboniano avrebbe svolto “attività incompatibili con il suo ruolo”. Questo perché il presule avrebbe pronunciato un’omelia, lo scorso 30 settembre, in cui criticava la gestione dei proventi del petrolio, denunciando il fatto che la popolazione locale viva nell’indigenza. Dietro questa vicenda, secondo alcuni osservatori, si celano gli interessi sia della nomenclatura politica locale, ma anche delle compagnie petrolifere, che già da tempo guardavano con sospetto al presule. Il Ciad produce in media 120.000 barili al giorno di greggio e già da tempo, diversi esponenti della società civile chiedono al governo di investire gli introiti prima di tutto per migliorare le condizioni di vita dei cittadini, anche considerando il fatto che le autorità locali si erano impegnate a investire il 70% delle entrate petrolifere nella riduzione della povertà.

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    Nobel Pace. Vescovi Ue: premiata l’aspirazione alla pace dei padri fondatori

    ◊   E’ stato premiato l’obiettivo della pace con cui è nata l’integrazione europea nella mente dei padri fondatori, politici cattolici: così i vescovi europei si felicitano per il Premio Nobel per la pace assegnato all’Unione Europea. All'annuncio ieri della decisione del Comitato di Oslo, insieme con tante felicitazioni non sono mancate critiche dagli euroscettici. Il servizio di Fausta Speranza:

    Adesione in cambio di democrazia, finanziamenti in cambio di diritti umani. E se la pace si costruisce con lo sviluppo, con 53 miliardi di euro di aiuti erogati nel 2011, l'Unione europea resta il primo donatore al mondo. Queste alcune delle motivazioni del Comitato di Oslo, che innanzitutto ricorda: Germania e Francia hanno combattuto tre guerre nel giro di 70 anni, e oggi un conflitto sarebbe impensabile. Gli euroscettici rispondono che non si premia la burocrazia o che l’Unione Europea non riesce a fare nulla nella crisi in Siria. Soddisfazione invece dai vescovi europei: la riflessione del cardinale Reinhard Marx presidente della Commissione delle Conferenze episcopali europee:

    “Sessant'anni di pace sono qualcosa di semplicemente grande e anche un esempio per tutto il mondo. All’inizio, naturalmente, vi erano anche degli interessi economici immediati, ma il grande obiettivo era il fatto che in Europa non poteva più prevalere la guerra. E bisogna sottolineare che sono stati soprattutto i politici cattolici che hanno dato l’avvio a questo progetto comune di pace. Questo, come Chiesa cattolica, dovrebbe renderci felici. La Chiesa ha sempre accompagnato l'Europa attraverso tutte le crisi e le vicissitudini della storia. Anche oggi incoraggiamo i cattolici a partecipare alla vita politica. Non è sufficiente restare ai margini della strada”.

    Onorate le reazioni da Bruxelles: ma la vicepresidente dell’europarlamento Roberta Angelilli avverte: deve essere uno stimolo di fronte alle urgenti sfide attuali:

    “L’impegno per la pace e per la difesa dei più deboli, delle persone più vulnerabili è uno dei pilastri delle istituzioni comunitarie. Noi siamo onorati di aver ricevuto questo riconoscimento, ma è uno stimolo ulteriore per continuare un impegno proprio per la pace, per i diritti umani, ma anche per la solidarietà e la coesione sociale, soprattutto in un momento di crisi economica. Non ci sono in ballo conflitti armati, ma ci sono in ballo conflitti economici, generazionali, che ovviamente dobbiamo affrontare con grande sforzo, così come dobbiamo comunicare ai cittadini che l’Europa c’è”.

    Da parte sua il presidente della Repubblica italiana, Napolitano, ribadisce che l’Ue rappresenta davvero un progetto di pace e invita i Paesi membri ad andare avanti nel processo di integrazione anche con il coraggio di cedere quote di sovranità per un avanzamento anche sul piano politico-istituzionale. E poi, tra le congratulazioni di tanti, il segretario generale della Nato, Rasmussen, dice: l'Unione Europea ha giocato "un ruolo vitale nel curare le ferite della storia”. Sembrano fargli eco i Paesi dei Balcani occidentali che, ricordando le loro ferite, ribadiscono la speranza di entrare presto nell’Unione.

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    Padova, bambino conteso. Belletti: sostenere le famiglie in difficoltà, compito per tutti

    ◊   Sempre più acceso in Italia il dibattito sulla vicenda del bambino di Cittadella, in provincia di Padova, conteso dai genitori separati e portato via da scuola, a forza, dai poliziotti. Si attende ancora l’esito dell’inchiesta interna avviata dal capo della polizia Manganelli. Emanuela Campanile ha sentito Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni familiari:

    R. – Questa vicenda dei bambini contesi a seguito della separazione è generalizzata. Per fortuna, in molti casi, non si arriva ad estremi di questo tipo, però non sono rari. Quindi, il problema è anche un segnale di allarme. Questo bimbo è diventato, suo malgrado, un simbolo di un’emergenza sociale, che è stata troppo banalizzata. Le famiglie si lasciano sole, le coppie in difficoltà hanno pochissimi interlocutori con cui parlare.

    D. – Non bastano gli avvocati...

    R. – Ovviamente, nel settore della tutela minorile sono in gioco affetti, sentimenti molto viscerali, però ci sono in gioco anche molti interessi economici. Troppo spesso le famiglie finiscono in mano a soggetti che alimentano la conflittualità, anziché trovare persone che facilitano la conciliazione o comunque la mediazione in caso di conflitto. Quindi, forse, è una sfida anche a tutte le professioni e partirei proprio dagli operatori della polizia, che spesso si trovano a dover lavorare in condizioni estreme. Certamente non giudico le persone, che sono state costrette ad eseguire un mandato del Tribunale, ma tutti - gli avvocati, gli assistenti sociali dei servizi, i mediatori familiari – devono proprio avere un sussulto di responsabilità.

    D. – Cosa fare perché i minori diventino un soggetto importante per la politica?

    R. – Credo che episodi del genere non passino invano, perché si attiva un grande dibattito tra gli operatori. Gli interlocutori sono tre. Una è la politica, che deve prendere delle decisioni di priorità, che oggi, secondo me, non sta prendendo. L’altra, sono tutti gli operatori del settore, che devono probabilmente trovare anche momenti di formazione autonoma, in cui avvocati, operatori dei servizi pubblici, giudici minorili, giudici ordinari, insomma tutti, si trovino sempre attorno allo stesso tavolo, a ragionare sul bene dei minori. E poi, ultima questione è quella che mi dà probabilmente più tranquillità e più speranza, cioè il fatto che il Forum sia costituito da tante associazioni che tengono insieme le famiglie. Questo è un compito per tutti, per la comunità ecclesiale, per le comunità civili, per i quartieri: non lasciare sole le famiglie; non lasciare soli soprattutto i giovani sposi e i giovani che hanno bambini piccoli.

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    Giornata per la riduzione dei disastri naturali: educare i giovani alla prevenzione

    ◊   “La nostra vulnerabilità ai disastri sta crescendo più rapidamente della resistenza. La riduzione del rischio di disastri dovrebbe essere un interesse quotidiano per tutti”. A scriverlo è il segretario generale dell’Onu in occasione della Giornata internazionale per la riduzione dei disastri naturali che ricorre oggi. Il messaggio è chiaro: tutti dobbiamo investire per un futuro più sicuro. Ma quest’anno la Giornata riconosce e promuove in particolare il coinvolgimento dei bambini e dei giovani. E cita esempi concreti: in Nepal ai bambini in età scolare vengono insegnati i principi fondamentali della sicurezza negli edifici. Attività di adattamento al cambiamento climatico coinvolgono i bambini a Cuba. Recentemente, oltre 600 giovani di Africa, Asia e America Latina hanno sviluppato una Carta dei Bambini per ridurre il rischio di disastri. Ma perché è così importante puntare sui più giovani? Al microfono di Adriana Masotti, Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei Geologi:

    R. – E’ importante perché è da lì che bisogna partire se vogliamo creare quella che spesso chiamiamo la cultura della prevenzione, basata sulla consapevolezza dei problemi. Credo che in Italia, come in tante altre parti del mondo, non si abbia una reale percezione dei rischi connessi con il nostro territorio. Se vogliamo veramente creare questa consapevolezza, dobbiamo partire dal crearla nelle scuole. Però, questo è ancora poco: bisogna che intanto le scuole siano luoghi veramente sicuri e in realtà moltissime scuole hanno invece problemi.

    D. – Più in generale, la questione della prevenzione è fondamentale quando si parla di riduzione dei disastri naturali. Nel messaggio delle Nazioni Unite per questa Giornata si legge: “Ogni volta che veniamo colpiti da un disastro si tende a incolpare la natura, solo raramente si prendono in considerazione le azioni umane che portano all’aumento dei rischi e trasformano un avvenimento da pericolo in catastrofe”. Quindi, c’è da fare in questo senso da parte di chi governa e amministra i territori e le città…

    R. – Intanto, partirei dal presupposto che ha ragione l’Onu: non si può incolpare la natura, la natura ci dà le risorse e la natura ovviamente fa il suo corso, fa il suo "mestiere". Siamo noi che dovremmo avere rispetto per la natura, non soltanto quando ne sfruttiamo le risorse, ma soprattutto quando non capiamo che in determinate aree non bisognerebbe compiere determinate azioni. Detto questo, il terremoto, l’alluvione, sono un fatto assolutamente naturale. Il problema è non mettersi in condizione di dover sopperire a questi fenomeni. Purtroppo però in Italia - ma anche in altre parti del mondo, mi riferisco ad esempio all’America Latina - il fenomeno naturale diventa quasi un fatto di destino ineludibile. Le faccio un esempio su tutti: le favelas sono costruite, ovviamente, in totale assenza di regole, laddove non dovrebbero essere costruite e quindi ogni tanto lì viene giù qualcosa e ci scappa regolarmente il morto. Non è accettabile che i governi possano permettere tutto questo. Penso che bisogna fare una profonda riflessione e, soprattutto, tornare al primo concetto: rendere consapevole la gente del fatto che sta compiendo azioni sbagliate, che costruisce laddove non deve costruire ecc… Ancora un altro esempio, tutto italiano: se chiediamo a qualunque cittadino italiano se vive in una casa sicura, i sondaggi riferiscono che dice di sì. In realtà, non ne ha una reale percezione, ma ritiene di vivere in un posto sicuro. L’Emilia Romagna purtroppo è stato un esempio negativo in questo senso. Dovremmo veramente fare un grossissimo lavoro che parta dalle scuole, ma che deve necessariamente estendersi a tanti altri profili anche di azioni governative. Invece, purtroppo devo dire che in Italia, nonostante le crisi siano ricorrenti - parlo di crisi naturali - da questo punto di vista siamo ancora un po’ al palo: cerchiamo sempre di concentrare i ragionamenti sugli aspetti economici e mai su quelli più strutturati che possono darci un futuro migliore.

    D. - Le conoscenze scientifiche e le tecnologie di oggi sono in grado di fornirci nuovi strumenti più adeguati per la riduzione delle conseguenze dei disastri come terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche?

    R. - Assolutamente sì. Devo dire che per fortuna - con tutti i problemi - la ricerca è andata avanti sia in Italia che nel mondo. Oggi, ci sono tecnologie e tecniche innovative: si può intervenire sulle strutture. Grazie agli ammortizzatori sismici, esiste la possibilità si calcolare strutturalmente i nostri edifici con delle norme che sono più avanzate. Inoltre, esiste una fondamentale conoscenza del territorio, attraverso gli studi di micro-zonazione sismica, cioè lo studio degli effetti di sito: ogni territorio risponde cioè all’onda sismica in modo diverso, in funzione di una serie di elementi. Oggi, siamo in grado di conoscere la risposta sismica di un terreno, ma purtroppo, non siamo ancora in grado di mettere a sistema queste conoscenze e queste nuove tecnologie affinché diventino realmente un motivo di prevenzione.


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    Il "Nobel Missionario" a due religiosi in Asia e due laiche da 30 anni in Congo

    ◊   Nei giorni in cui il mondo plaude ai nuovi Nobel, c’è dal 1980 un altro riconoscimento, il “Premio Cuore Amico”, che ogni anno viene assegnato – alla stregua di un “Nobel missionario” – a religiosi e laici impegnati in opere di apostolato e di solidarietà particolarmente significative. Stamattina, a Brescia, dove ha sede l’Associazione "Cuore Amico Fraternità" onlus, sono stati premiati padre Aldino Amato, da 50 anni in Pakistan, suor Maria Giovanna Alberoni, per 60 anni medico-chirurgo in India, e due laiche da 30 anni in Congo: l’animatrice rurale, Mariuccia Gorla, e l’infermiera Lucia Robba, che al microfono di Alessandro De Carolis racconta la lunga opera di assistenza ospedaliera radicata nella diocesi di Uvira e le vicende affrontate durante le varie guerre che hanno sconvolto il Congo negli ultimi 15 anni:

    R. – Io sono partita per il Congo, perché sin da piccola desideravo fare l’infermiera e andare in missione. Ora queste due cose le ho avute. Esprimo tutta la mia gioia, la mia serenità e il mio grazie, perché sono stata chiamata. Detto questo, però, le dico che il Congo è stato “biricchino” con noi, perché lì abbiamo vissuto la guerra del ’99, quella del 2001 e altre ancora. Siamo state anche prigioniere una settimana nelle mani dei ribelli e abbiamo fatto 150 chilometri di strada a piedi. Questa guerra – durante la quale ci hanno distrutto veramente tutto e quello che non hanno potuto rubare, lo hanno rotto – ci ha fatto comunque un regalo: quello di conoscerci di più. Oso dire che adesso siamo più di una famiglia.

    D. – La situazione, dove vivete, adesso è più tranquilla o c’è sempre tensione?

    R. – Lì da noi, dalle nostre parti, la situazione è tranquilla. Ci sono stati degli organismi internazionali che ci hanno dato qualcosa per ricominciare a far funzionare l’ospedale. Comunque da noi è tranquillo. Non posso dire, purtroppo, la stessa cosa per quanto riguarda il nord del Congo, verso Goma.

    D. – Avete profughi dal Nord Kivu nella vostra zona?

    R. – Non adesso. Noi abbiamo avuto moltissimi, moltissimi profughi durante la prima guerra del ’96 che arrivavano dal Rwanda. Tutti questi rwandesi, che sono arrivati dopo settimane e settimane di fuga, abbiamo avuto la fortuna di poterli curare.

    D. – Di che cosa ha bisogno concretamente la comunità dove lei vive?

    R. – La comunità avrebbe bisogno di tante cose. L’ospedale soffre: si tratta di un ospedale della diocesi, ma la diocesi è molto povera. Lo scorso anno, con i pochi aiuti che avevamo, abbiamo costruito il recinto dell’ospedale per cercare di proteggerlo. Se c’è però qualcuno che volesse, noi avremmo bisogno di una turbina, affinché l’ospedale potesse avere la luce, che ora non abbiamo. Adesso questo premio che ci ha dato “Cuore Amico”, sicuramente lo utilizzeremo per rinnovare tutti i serramenti dell’ospedale… Sono piccole, ma sono anche tante cose. Dopo se ci fosse anche l’elettricità, per noi, sarebbe il massimo!

    Per chi volesse offrire un contributo, può connettersi al sito dell’Associazione Cuore Amico Fraternità Onlus “cuoreamico.org” - sezione “Unisciti a noi” – “Donazioni”.

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    Musica: a Roma apre la stagione dell'Accademia di Santa Cecilia

    ◊   L'Accademia Nazionale di Santa Cecilia inaugura questa sera, al Parco della Musica di Roma, la sua stagione: Antonio Pappano sale sul podio dell'Orchestra e del Coro, affrontando un programma di profondo respiro spirituale, con un originale confronto tra due diversi modi di rapportarsi al sacro e al mistero: quello del cattolico Anton Bruckner, e quello del riflessivo e drammatico Giuseppe Verdi. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Al Buon Dio dedica Anton Bruckner la sua “Nona Sinfonia”, ponendo di suo pugno questa esplicita confessione di fede in testa alla partitura. E' il titolo sacro che apre la serata a dittico spirituale che inaugura la Stagione Sinfonica ceciliana. Composta tra il 1887 e il 1894, è l'espressione pura dell'anima di un compositore che fece della musica l'espressione dei più profondi moti dell'animo, fede non perturbata dal dubbio ma dal creativo impeto dell'arte che la vuole far riconoscere e far risplendere nei suoni e nelle amplissime architetture musicali, di cui Bruckner ne è l'esempio più grande. Voleva che si concludesse con il “Te Deum”, ma il maestro Antonio Pappano le ha voluto affiancare - in occasione delle celebrazioni verdiane che si protrarranno nel 2013 per celebrare il bicentenario della nascita del compositore di Busseto - i rari “Quattro Pezzi Sacri”, testimonianza della sua ultima stagione creativa. Per il carattere così spirituale del programma, Pappano confessa che questo concerto è per lui davvero speciale:

    R. – Sì, perché sono due compositori di grande importanza nella mia vita musicale e personale, Bruckner e Verdi. La spiritualità diventa più importante ogni giorno e, secondo me, combinare la musica con il più grande pubblico possibile è importante.

    D. – Lei ha detto che è musica, in qualche modo, che richiama le radici cattoliche. Perché?

    R. – Bruckner era cattolico e il fervore, quasi fuori le righe, della sua espressione musicale è molto cattolico. Questo per come la sento io. Verdi è molto spirituale e, come uomo di teatro, lavora con le parole e ha una risposta con un testo: lo Stabat Mater, il Te Deum, l’Ave Maria, un Lauda alla Vergine. E’ un po’ diverso e devo dire che nei pezzi di Verdi ci sono punti molto drammatici: tutto il suo sviluppo culmina quasi in questi, così come tutta la sua sapienza musicale.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 28.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù invita il giovane ricco, buon osservante dei comandamenti, a lasciare tutto per seguirlo. Ma questi si allontana rattristato a causa dei suoi molti beni. Allora il Signore dice ai suoi discepoli:

    «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!».

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Gesù propone oggi un di più, ad un candidato discepolo che già aveva vissuto in conformità con i comandamenti e desiderava continuare ancora meglio nella vita buona. Una ricerca sincera, di corsa, per arrivare fino davanti al “maestro buono”. Tra i due c’è uno sguardo di fiducia: dice il testo che “Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò”. Cioè lo riconosce cercatore sincero, che vuole vedere la verità su se stesso. Gesù gli propone qualcosa a cui forse non aveva mai pensato: mettere le persone prima delle cose, dare senso pieno a questa inquietudine, lasciando il molto che possiede per seguire il “maestro buono”. Eppure non ce la fa, e con tanta tristezza nel cuore. Non è ancora in grado di sopportare la verità di se stesso: misurarsi non sul possesso ma sulla sequela. Cala la tristezza anche nel cuore di Gesù: è mancato il coraggio, la libertà, il rischio. È stato onesto e leale con la legge di Dio, ma questo passo di libertà dal possedere per essere discepolo non gli è riuscito, non ha osato. “Quanto è difficile!” - commenta per due volte Gesù - lasciare tutto per avere tutto. Un salto di qualità: a volte diventa impossibile, troppo rischioso. Eppure a questo siamo invitati, a una generosità audace, senza rete.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Sudafrica. Vescovo di Rustenburg denuncia: cresce la violenza, ai sindacati sfugge la protesta

    ◊   In Sudafrica, “la violenza sta crescendo e non so cosa potrà accadere. I sindacati stanno perdendo il controllo dei minatori in protesta. I minatori stanno abbandonando i sindacati e vogliono scegliere direttamente i propri rappresentanti. Si rischia ormai di superare le normative adottate dal governo e dalle centrali sindacali per controllare i conflitti lavorativi”, dice all’Agenzia Fides mons. Kevin Dowling, vescovo di Rustenburg, località dove due giorni fa due persone sono state uccise in una baraccopoli vicina a una miniera di platino. Nel frattempo, i lavoratori delle miniere d'oro hanno respinto, giudicandola inadeguata, un'offerta di aumenti avanzata dai datori di lavoro. “I minatori in sciopero continuano a intimidire quelli che si recano al lavoro, anche nelle miniere dove non ci sono scioperi. A gettare benzina sul fuoco della protesta si è poi inserito un gruppo trotzkista, il Democratic Socialist Movement” dice Mons. Dowling. Il quale annuncia: “Il 28 ottobre, nella locale parrocchia cattolica, si terrà un incontro di preghiera per la pace e la riconciliazione. L’incontro si terrà poi ogni mese in un diverso luogo di culto cristiano”.(L.F.)


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    Pakistan, 16 morti per l’esplosione di una bomba in un bazar

    ◊   In Pakistan, è di almeno 16 morti il bilancio dell’attacco compiuto oggi in un bazaar a Darra Adam Khel, nel nordovest del Paese. La maggior parte delle vittime dell’attentato, non ancora rivendicato, sono miliziani filo-governativi e anti-talebani. L’esplosione dell’ordigno è avvenuta in un mercato ma, secondo fonti di polizia, l’obiettivo era il vicino ufficio di una milizia formata da ex guerriglieri che si sono dissociati dai talebani con l’obiettivo di sostenere gli sforzi dei capi tribù e del governo. La bomba è stata portata nel mercato con un veicolo a motore. L’esplosione ha anche provocato il ferimento di almeno 20 persone. La polizia ha subito isolato la zona del bazaar permettendo l’ingresso dei soccorritori. Ci sono stati anche gravi danni alle infrastrutture del mercato con una ventina di negozi andati completamente distrutti. In passato, militanti talebani hanno compiuto diversi attacchi nella zona semitribale nel nord ovest del Pakistan. Ieri altre 9 presone sono morte e 21 sono rimaste ferite in un altro attentato nella provincia del Baluchistan. (A.L.)


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    Italia: manifestazione nazionale contro l'export di armi

    ◊   Aquiloni e girandole fabbricate da bambini: è una delle iniziative che oggi a Venegono, in provincia di Varese, accompagnerà una manifestazione nazionale contro un accordo promosso dal governo italiano. L’intesa – ricorda l’agenzia Misna - prevede l’esportazione in Israele del nuovo velivolo addestratore M346 di Alenia AerMacchi. La manifestazione, promossa da diverse realtà tra cui la Commissione Giustizia e pace dei missionari comboniani, parte da una considerazione così sintetizzata dai promotori: benché definiti come “addestratori tecnologicamente avanzati”, i 30 M346 destinati a Israele sono “in realtà già strutturati per essere armati con missili o bombe”. Il timore è dunque che queste armi possano essere utilizzate in contesti di conflitto in particolare contro i palestinesi dei Territori occupati. “Il nostro Paese – sottolinea Elio Pagani, dell’associazione DisArmiAmoLaPace di Varese – non avrebbe dovuto sottoscrivere l’accordo di cooperazione con Israele perché esso viola la legge 185/90 che pone limiti all’export di armi verso paesi belligeranti; averlo fatto costituisce una grave violazione di quella legge”. (A.L.)


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    Repubblica Dominicana: alto il numero di bambini non censiti che perdono ogni diritto di base

    ◊   Migliaia di minorenni della Repubblica di Santo Domingo non hanno accesso allo studio e ad altri servizi di base semplicemente perché non risultano registrati nel censimento, in quanto immigrati o perché i genitori hanno difficoltà a registrarli. La casa di accoglienza per bambine "Doña Chucha", finanziata con gli aiuti della ong spagnola "Mensajeros de la Paz", ospita 90 bambine che vengono seguite negli studi. Secondo un rapporto dell’Unicef, oltre il 55% della popolazione tra 0 e 12 anni e il 49% di quella in età compresa tra 13 e 18 anni rientra nella fascia della povertà. La mancanza di un registro per le nascite, che implica il diritto di ogni persona ad avere un nome e una nazionalità, riguarda il 22% dei minori di 5 anni e il 6,1% di quelli tra 10 e 14 anni. Molti dei piccoli che arrivano al centro sono immigrati fuggiti dal terremoto di Haiti, o creoli della Repubblica di Santo Domingo che non sono stati censiti dai genitori perchè analfabeti, o semplicemente disinteressati, o per difficoltà amministrative o economiche incontrate mentre cercavano di eseguire la procedura legale. Nel Paese, la legge stabilisce che i genitori o un tutore debbano registrare il neonato entro 60 giorni dalla nascita, superati i quali si può sempre ricorrere alle “dichiarazioni tardive”, procedura più complessa che richiede ulteriori requisiti e spese che le famiglie con risorse precarie non possono permettersi.(L.F.)


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    Indonesia: seminari e incontri sull'Anno delle Fede e Concilio Vaticano II

    ◊   Per celebrare l'Anno della Fede e rendere omaggio ai 50 anni dall'apertura del Concilio Vaticano II, i cattolici indonesiani hanno organizzato per il prossimo mese di dicembre un incontro in cui verranno studiati alcuni fra i più importanti documenti lasciati in eredità dai Padri conciliari. Intanto, nei giorni scorsi, si è tenuto a Jakarta un seminario - organizzato dal gruppo attivista Kbkk, Kelompok Bakti Kasih Kemanusiaan - sulla Verbum Domini, la seconda Esortazione apostolica di Benedetto XVI, promulgata dal Papa nel settembre 2010. All’incontro, dedicato al documento pontificio, hanno partecipato molti fedeli assistendo a dibattiti e confronti pubblici, alternati a momenti di studio e approfondimento guidati da professori di teologia ed esperti di Sacre scritture. La Conferenza episcopale indonesiana (Kwi) - rende noto AsiaNews - ha inoltre organizzato, lo scorso 11 ottobre, un incontro con professori e teologi che hanno presentato alcuni studi sul Concilio Vaticano II. Prima del seminario di approfondimento delle Scritture, è stata celebrata la Santa Messa. Durante l’omelia, mons. Johannes Pujasumarta, arcivescovo di Semarang e segretario generale Kwi, ha sottolineato che l’Eucaristia è “simbolo della gratitudine al Signore” per il dono prezioso del Concilio Vaticano II, definito un “caposaldo” della Chiesa universale. Di quel periodo, quando era ancora un giovane seminarista, il presule ha ricordato la richiesta ad ogni futuro prete di “esercitare il sacramento della riconciliazione e la recita del Salve Regina”. Mons. Johannes Pujasumarta ha infine ribadito il cuore del messaggio lasciato dei Padri sinodali: “la comunione”. (A.L.)


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    Nell’Anno della Fede, le Carmelitane celebrano i 450 anni della riforma teresiana

    ◊   Con una solenne celebrazione eucaristica e un’intera giornata di Adorazione, le Carmelitane di Mumbai celebreranno il prossimo 15 ottobre, la festa di Santa Teresa d'Avila. Una giornata davvero speciale - spiega ad AsiaNews suor Gemma, madre priora del monastero - per due motivi: “Perché siamo nell'Anno della Fede; perché quest'anno celebriamo il 450.mo anniversario della fondazione del Monastero di San Giuseppe e l'inizio della riforma dell'ordine carmelitano”. “Il desiderio di Santa Teresa per la pienezza della vita – sottolinea suor Gemma – si è incarnato nella fondazione del monastero di San Giuseppe”. “Santa Teresa ha presentato un nuovo modo di essere carmelitana: questa 'novità' è lo stesso spirito che oggi c'è per il Sinodo e per l'Anno della Fede, per raggiungere la pienezza di Dio". Proprio in occasione di questo 450.mo anniversario, Benedetto XVI ha inviato recentemente un messaggio a mons. Jesús García Burillo, vescovo di Avila. "Il fine ultimo della riforma teresiana e della creazione di nuovi monasteri, in un mondo con pochi valori spirituali – ha ricordato il Papa nel messaggio – era di proteggere con la preghiera l'operato apostolico; proporre uno stile di vita evangelica che fosse modello per chi cercava un cammino di perfezione, a partire dalla convinzione che ogni autentica riforma personale ed ecclesiale passa per il riprodurre sempre meglio in noi la ‘forma’ di Cristo". “In questo appassionante compito – si legge ancora nel documento –l'esempio di Teresa d'Avila ci è di grande aiuto. Possiamo affermare che, al suo tempo, la Santa evangelizzò senza mezzi termini, con ardore mai spento, con metodi lontani dall'inerzia, con espressioni aureolate di luce”. (A.L.)


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    Conferenza episcopale siciliana: convegno su impegno educativo

    ◊   “Comunicare a Babele. L’impegno educativo nella nuova cultura mediatica”. E’ questo il tema del primo Convegno regionale delle comunicazioni sociali organizzato dalla Conferenza episcopale siciliana (Cesi) il 26 e il 27 ottobre prossimi ad Enna, rivolto agli operatori della comunicazione di ispirazione cattolica. L’appuntamento – spiegano i promotori al Sir – è pensato come “un momento di verifica e di rilancio della pastorale delle Comunicazioni sociali nelle nostre Chiese ma anche come un’opportunità di scambio delle esperienze che i nostri Uffici diocesani stanno realizzando in sintonia con il Progetto pastorale della Chiesa italiana del decennio”. “Un’occasione – aggiungono – per ritornare alla ricchezza dei contenuti del direttorio ‘Comunicazione e missione’ e alla promozione della figura pastorale dell’animatore della comunicazione nel 50.mo del Concilio Vaticano II”. Tra i relatori, mons. Domenico Pompili, direttore dell‘Ufficio nazionale Cei per le comunicazioni sociali, mons. Salvatore Di Cristina, vescovo delegato Cesi per le comunicazioni sociali, padre Antonio Spadaro, esperto di teologia delle nuove tecnologie della comunicazione, e don Giuseppe Rabita, direttore Ufficio regionale Cesi per le comunicazioni sociali. (A.L.)

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    Un anno fa la distruzione della statua della Madonna in via Labicana

    ◊   Domani, a un anno dagli incidenti nell'area di San Giovanni e dalla distruzione della statua della Madonna nella parrocchia dei Santi Marcellino e Pietro in via Labicana, verrà donato alla comunità parrocchiale un bassorilievo in marmo di Carrara con l’effigie della Beata Vergine Maria Immacolata. Il bassorilievo, donato dalla città di Carrara, sarà collocato proprio in via Labicana 1, sopra la porta d’accesso ai locali della parrocchia. Un gesto “riparatore” dopo i tragici fatti del 15 ottobre 2011, spiega alla rivista diocesana “RomaSette” il parroco don Giuseppe Sergio Ciucci. All’inaugurazione parteciperanno il cardinale vicario, Agostino Vallini, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e il primo cittadino di Carrara, Angelo Zubbani. Già nelle ore successive all’accaduto, il cardinale Vallini espresse la netta condanna per la profanazione e, due giorni dopo gli incidenti, si recò in visita alla comunità testimoniando la solidarietà dell’intera comunità diocesana. “L’atto vandalico e di oltraggio ai simboli della nostra fede - disse in quell’occasione - non solo ci addolora molto e ci offende, ma anche ci rattrista perché è un segno grave di povertà umana e spirituale”. (A.L.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 287

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.