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Sommario del 12/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai Padri conciliari: aggiornamento non è rottura con la tradizione ma dire la perenne attualità della fede
  • Benedetto XVI: nella rete di Pietro anche pesci cattivi, ma la bontà di Dio è più forte della fragilità umana
  • Anno della fede nella gioia umile: l’editoriale di padre Lombardi
  • Nomina episcopale nelle Filippine
  • Al centro del Sinodo anche gli abusi: vanno riconosciuti. Appello per la Nigeria: la religione non sia strumentalizzata
  • Sinodo. Mons. Warduni: nei Paesi musulmani si può evangelizzare solo con la testimonianza
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nigeria: gravi crimini compiuti da Boko Haram e dall'esercito di Abuja
  • Guerra senza fine in Siria: decine di morti nelle ultime ore
  • Presidenziali Usa: dibattito tv tra i vice Ryan e Biden. Incerto l'esito del confronto
  • Nobel per la pace all’Unione Europea, promotrice di democrazia e diritti umani
  • Bimbo conteso a Padova. Le scuse del governo per il comportamento della Polizia
  • Ogni anno 40 mila invalidi sul lavoro. Il ministro Fornero: faremo di più per sicurezza
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Pakistan: imam accusa 15.enne di aver diffuso sms che offende Maometto
  • Senegal. Più di 160 tombe profanate in due cimiteri cristiani a Dakar: l’indignazione della Chiesa
  • Stati Uniti. A novembre la prossima plenaria dei vescovi a Baltimora
  • I vescovi della Colombia invitano a pregare per i negoziati di pace tra governo e Farc
  • Indonesia: giovani cattolici pronti per la prima Giornata nazionale della gioventù
  • Anno della Fede. I giovani della Papua Nuova Guinea: il Vangelo per dire “no” alle dipendenze
  • Cristiani pakistani: progetti innovativi contro povertà ed emarginazione
  • Nel 10.mo anniversario dell’attentato, l’Indonesia ricorda le vittime della strage di Bali
  • Roma. Commemorazione di don Di Liegro a 15 anni dalla morte
  • Francescani: pellegrinaggio in Terra Santa guidato dallo storico Franco Cardini
  • Reliquie di Giovanni Paolo II e Padre Pio a Roma nella Chiesa di S. Salvatore in Lauro
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai Padri conciliari: aggiornamento non è rottura con la tradizione ma dire la perenne attualità della fede

    ◊   Sono 69 i Padri ancora in vita che 50 anni fa presero parte al Concilio Vaticano II. Benedetto XVI ne ha salutato questa mattina un piccolo gruppo, ricevendolo in udienza assieme ai capi delle Conferenze episcopali mondiali, al Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e al primate della Comunione anglicana, Rowan Williams. Il Papa ha incentrato il suo discorso sull’immutabile attualità del messaggio cristiano che, ha detto, “non deve essere abbassato" a cio "che piace all'opinione pubblica”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Non sono le parole senza tempo del Vangelo a doversi adattare alle mode intellettuali di chi le ascolta. È il contrario: è l’attualità che vive l’uomo a dover essere ricondotta ogni volta all’eternità di Dio, espressa dalle Parole di Gesù. Circondato dai visi oggi più anziani di una dozzina di coloro che assieme a lui condivisero il “tempo di grazia” del Vaticano II, Benedetto XVI ha aggiunto un nuovo tassello all’ampia riflessione sul Concilio che da giorni è al centro dei suoi pensieri. In particolare, il Papa ha imperniato il suo discorso su una parola controversa, che – ha ricordato – “ritornava continuamente nei lavori conciliari: ‘aggiornamento”. Per alcuni, ha detto, fu un’espressione “non del tutto felice”, per altri no. Il Papa è andato oltre questo confronto alla fine sterile:

    “Sono convinto che l’intuizione che il Beato Giovanni XXIII compendiò con questa parola sia stata e sia tuttora esatta. Il Cristianesimo non deve essere considerato come ‘qualcosa del passato’, né deve essere vissuto con lo sguardo perennemente rivolto ‘all’indietro’, perché Gesù Cristo è ieri, oggi e per l’eternità”.

    “Dio eterno, che è entrato nel tempo ed è presente ad ogni tempo”, ha proseguito, rende il cristianesimo “sempre nuovo”:

    “Non lo dobbiamo mai vedere come un albero pienamente sviluppatosi dal granellino di senape evangelico, che è cresciuto, ha donato i suoi frutti, e un bel giorno invecchia e arriva al tramonto la sua energia vitale. Il Cristianesimo è un albero che è, per così dire, in perenne ‘aurora’, è sempre giovane”.

    In quest’ottica, allora, parlare di “aggiornamento” non significa, ha affermato Benedetto XVI, “rottura con la tradizione”, ma vuol dire esprimerne la “continua vitalità”:

    “Non significa ridurre la fede, abbassandola alla moda dei tempi, al metro di ciò che ci piace, a ciò che piace all’opinione pubblica, ma è il contrario: esattamente come fecero i Padri conciliari, dobbiamo portare l’‘oggi’ che viviamo alla misura dell’evento cristiano, dobbiamo portare l’‘oggi’ del nostro tempo nell’‘oggi’ di Dio”.

    E coloro che riescono, in ogni epoca, a portare Dio nell’oggi della storia e la storia all’eternità di Dio sono i Santi, ha asserito il Papa, che ha concluso auspicando a tutte le Chiese locali di tornare alla “sorgente viva del Vangelo” approfittando dello speciale periodo appena inaugurato:

    “L’Anno della fede che abbiamo iniziato ieri ci suggerisce il modo migliore di ricordare e commemorare il Concilio: concentrarci sul cuore del suo messaggio, che del resto non è altro che il messaggio della fede in Cristo, unico Salvatore del mondo, proclamata all’uomo del nostro tempo. Anche oggi quello che è importante ed essenziale è portare il raggio dell’amore di Dio nel cuore e nella vita di ogni uomo e di ogni donna, e portare gli uomini e le donne di ogni luogo e di ogni epoca a Dio”.

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    Benedetto XVI: nella rete di Pietro anche pesci cattivi, ma la bontà di Dio è più forte della fragilità umana

    ◊   La bontà di Dio è più forte dei peccati dell'uomo: così il Papa, ieri sera, salutando dalla finestra del suo studio i tanti fedeli radunati in Piazza San Pietro a conclusione della fiaccolata promossa dall’Azione cattolica. Una manifestazione che voleva ricordare quella avvenuta 50 anni fa all’inizio del Concilio Vaticano II con il celebre "discorso della luna" di Giovanni XXIII. Ascoltiamo le parole di Benedetto XVI nel servizio di Fausta Speranza:

    “Abbiamo visto che nel campo del Signore c’è sempre anche la zizzania. Abbiamo visto che nella rete di Pietro si trovano anche pesci cattivi. Abbiamo visto che la fragilità umana è presente anche nella Chiesa, che la nave della Chiesa sta navigando anche con vento contrario, con tempeste che minacciano la nave”.

    Sono le espressioni particolarmente forti di Benedetto XVI, che racconta: “Anch’io ero in piazza l’11 ottobre del ’62. E con un ricordo personale apre il cuore alla folla che 50 anni dopo attende sulla stessa piazza la sua parola. Benedetto XVI ricorda la gioia dell’inizio del Concilio in cui - dice - eravamo sicuri che si apriva una nuova primavera per la Chiesa:

    “Una nuova primavera della Chiesa. Una nuova Pentecoste, con una nuova presenza forte della grazia liberatrice del Vangelo”.

    Cinquant’anni anni dopo, Papa Benedetto XVI parla con parole accorate di “una gioia forse più sobria, una gioia umile” perché “in questi 50 anni abbiamo visto che il peccato originale esiste e si traduce sempre di nuovo in peccati personali, che possono anche divenire strutture di peccato”. Con grande umanità, Benedetto XVI confida la debolezza del dubbio:

    “E qualche volta abbiamo pensato: il Signore dorme e ci ha dimenticato”.

    Ma c’è la fede, il Signore è presente nonostante le fragilità umane:

    “Questa è una parte delle esperienze fatte in questi 50 anni, ma abbiamo anche avuto una nuova esperienza della presenza del Signore, della Sua bontà, della Sua forza. Il fuoco dello Spirito Santo, il fuoco di Cristo non è un fuoco divoratore, distruttivo, è un fuoco silenzioso, è una piccola fiamma di bontà, di bontà e di verità, che trasforma dà luce e calore”.

    Dunque, l’appello a confidare nel Signore:

    “Abbiamo visto che il Signore non ci dimentica, anche oggi, a Suo modo, umile. Il Signore è presente e dà calore ai cuori, mostra vita, crea carismi di bontà e di carità che illuminano il mondo e sono per noi garanzia della bontà di Dio. Sì, Cristo vive, e con noi ed è con noi anche oggi, e possiamo essere felici anche oggi perché la Sua bontà non si spegne ed è forte anche oggi”.

    Poi il richiamo alle parole di Giovanni XXIII nel discorso passato alla storia come il “discorso della luna”, che definisce “indimenticabili”, “piene di poesia, di bontà, parole del cuore”, e – dice – osa farle sue:

    “Andate a casa, date un bacio ai bambini e dite che è del Papa”.

    (Applausi)

    Il bacio di Benedetto XVI ai bambini si unisce idealmente alla carezza di Papa Giovanni XXIII, così come la benedizione 50 anni dopo in San Pietro prosegue il cammino conciliare della Chiesa.

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    Anno della fede nella gioia umile: l’editoriale di padre Lombardi

    ◊   Parole e immagini suggestive ieri sera durante la fiaccolata in Piazza San Pietro. Ne parla il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il Settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Il profilo dell’anziano Pontefice si staglia nella sera dell’11 ottobre, nel riquadro della finestra più amata del mondo, in un momento alto ed emozionante. Egli sa bene che occhi e cuore di tutti aspettano una parola che si avvicini a uno dei discorsi improvvisati più famosi di tutti i tempi, quello “della Luna” del suo indimenticabile predecessore Giovanni XXIII. L’aspetto e lo stile sono ben diversi, ma il messaggio non è meno intenso e profondo.

    50 anni fa il giovane Ratzinger, cuore sacerdotale puro e intelligenza appassionata, guardava anche lui dalla Piazza verso la finestra, pieno di ardore ideale. Ora lo sguardo di Benedetto sembra mirare verso l’alto più che verso la folla, perché mentre parla scruta il mistero di Dio. Dio, prima priorità del Pontificato, primo riferimento di quel Concilio che egli ci invita a rifar nostro nella sua più profonda verità ed intenzione.

    Dio e la nostra storia, Dio e la storia della Chiesa. “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini, sono pure quelle dei discepoli di Cristo…”: così si apre l’ultimo documento conciliare. Storia da leggere alla luce della parabole evangeliche, come quelle della zizzania e della rete. Storia di peccato insidioso e terribile, cristallizzato nelle sue “strutture”, di peccato personale che ferisce e avvilisce l’esperienza di ognuno di noi. Ma anche storia di grazia che lavora silenziosa e si manifesta in “piccole fiamme di bontà, carità, verità”, come quelle che punteggiano innumerevoli e accendono la Piazza in questa notte senza Luna. Perciò gioia sobria, gioia umile; ma gioia vera, consapevole della presenza e dell’opera dello Spirito del Signore che è con noi – nonostante tutto – ed è forte e fedele.

    Gioia umile, piccole fiamme di bontà e verità, che trasformino e diano calore. Chi pensava che l’Anno della fede dovesse manifestarsi in una serie di eventi trionfali non aveva capito bene. Papa Benedetto mira in tutt’altra direzione. E tornando a guardare verso i fedeli nella Piazza conclude riecheggiando Papa Giovanni: “Andate a casa, date un bacio ai bambini, e dite loro che è del Papa”. Un semplice bacio leggero pieno d’amore di Dio. L’Anno della fede comincia così.

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    Nomina episcopale nelle Filippine

    ◊   Nelle Filippine, Benedetto XVI ha nominato mons. Renato P. Mayugaba, vescovo della diocesi di Laoag. Mons. Pine Mayugba è nato a Sampaloc, nell’arcidiocesi di Manila, il 4 dicembre 1955. Ha seguito gli studi di filosofia e teologia all’ Immaculate Conception, Vigan, Ilocos Sur. E’ stato ordinato sacerdote il 25 aprile 1981 per l’arcidiocesi di Lingayen-Dagupan. Dopo l’ordinazione è stato per due anni Vicario Parrocchiale nella parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, Calasio, Pangasinan; poi, dal 1982 al 1985, Rettore del Seminario di Orientamento a Bonuan, Dagupan. Dal 1985 al 1988 ha continuato gli studi a Roma, presso l’ Angelicum, ove ha conseguito la Licenza in S.Teologia. Tornato in patria è stato successivamente Rettore dell’ Immaculate Conception School of Theology di Vigan, e Direttore dell’anno di Formazione Spirituale nel medesimo istituto. Dal 2003 al 2005 è stato Rettore del Seminario Mary Help of Christians College a Bonuan, Dagupan. Eletto alla sede titolare di Centuriones ed Ausiliare di Lingayen-Dagupan il 18 ottobre 2005, è stato consacrato il 27 dicembre 2005.

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    Al centro del Sinodo anche gli abusi: vanno riconosciuti. Appello per la Nigeria: la religione non sia strumentalizzata

    ◊   Vicinanza e solidarietà alla Nigeria, con l’auspicio che la religione non venga manipolata dalla politica, ma sia uno strumento di pace. Questo il pensiero espresso stamani dal Sinodo dei Vescovi, in corso in Vaticano sul tema della nuova evangelizzazione. All’ordine del giorno, anche lo scandalo degli abusi sessuali che, afferma l’Assemblea, non bisogna temere di riconoscere. Al termine della mattinata, nell’atrio dell’Aula Paolo VI, Benedetto XVI ha pranzato con i Padri Sinodali ed alcuni Padri conciliari. Presenti anche il Patriarca ecumenico Bartolomeo I e l’arcivescovo di Canterbury, l’anglicano Rowan Williams. Nel pomeriggio, i lavori in Aula riprenderanno con l’intervento di Verner Arber, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze e premio Nobel per la medicina nel 1978. Il servizio di Isabella Piro:

    Una preghiera per la Nigeria, in particolare per il Nord del Paese, scenario di numerosi e prolungati scontri: si apre così la settima Congregazione generale del Sinodo dei Vescovi. I presuli esprimono vicinanza e solidarietà alla Chiesa nigeriana che da tempo si adopera per promuovere la pace e la giustizia, con la speranza la religione non venga manipolata a scopo politico o dai singoli gruppi, ma possa essere davvero uno strumento di riconciliazione.

    Poi, lo sguardo dell’Assemblea episcopale si sofferma sullo scandalo degli abusi sessuali. Non bisogna aver paura di riconoscerli, dicono i vescovi, anzi: la nuova evangelizzazione non dimentichi le vittime di tali abusi, ma le ascolti, cercando di comprenderne il dolore e la sfiducia. Ciò che occorre, continuano i presuli, è creare ambienti sani per i bambini ed i più vulnerabili. E per farlo, serve un cambiamento nella mentalità e nelle strutture della Chiesa, insieme ad un maggior coinvolgimento delle donne.

    Altro tema particolarmente sentito dall’Assemblea episcopale è quello del sacerdozio: crisi della fede e crisi della vocazione sono collegate, dicono i vescovi, forse anche a causa della Chiesa stessa che non si appassiona più come una volta alla predicazione di Cristo. La scelta vocazionale non può essere di comodo, ma deve essere un’opzione preferenziale per Cristo: se il messaggio del Vangelo non è più attraente per i fedeli è forse perché non lo è più per i sacerdoti stessi, ipotizza il Sinodo.

    Il pensiero dei vescovi va, quindi, ai più poveri, anche a quelli nello spirito, discriminati dalla società per razza, genere, casta. Oggi che l’asse della cristianità si sta spostando sempre più verso i Paesi in via di sviluppo, evidenziano i presuli, l’attenzione per gli emarginati deve essere il primo punto dell’agenda della nuova evangelizzazione.

    E ancora: il Sinodo affronta il tema del rapporto tra scienza e fede, ribadendo che esse sono distinte, ma non contrapposte, poiché unico è il loro oggetto, ossia l’essere umano. Indispensabile, perciò, un dialogo reciproco scevro di arroganza e di confusione dei rispettivi approcci.
    Nello stesso contesto, l’Assemblea episcopale affronta l’emergenza educativa: oggi, le scuole e le università, soprattutto quelle cattoliche, sono sempre più sottomesse al controllo dello Stato, che impone la sua visione attraverso i programmi, i libri di testo e la formazione dei docenti, definita un vero “cavallo di Troia”. In molti casi, in Occidente, ciò ha provocato una sorta di scristianizzazione ed è quindi urgente che la Chiesa promuova il dialogo tra fede e cultura, coinvolgendo nell’attività di formazione le famiglie e gli altri centri educativi, come gli oratori.

    Nell’ambito della secolarizzazione, inoltre, l’Aula del Sinodo riconosce il successo del Cortile dei gentili, l’iniziativa voluta dal Papa e promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura per favorire il dialogo con i non credenti che non conoscono Dio ma, in fondo, lo cercano. E fondamentale anche un altro tipo di dialogo: quello interreligioso, soprattutto là dove esso si declina come cristiano-islamico. In quest’ambito, esso va visto essenzialmente con un dialogo di vita, nel cuore della testimonianza evangelica.

    Due, invece, i temi dominanti della discussione generale di ieri pomeriggio: le parrocchie ed i mass-media. Riguardo alle prime, i vescovi le definiscono "luoghi privilegiati" per la nuova evangelizzazione e la trasmissione della fede, perché senza un nuovo slancio missionario delle comunità parrocchiali, sarà difficile vivere una radicale nuova evangelizzazione.

    Quanto ai mass-media, il Sinodo chiede a Pastori, insegnanti e catechisti di comprendere al meglio la sfida di evangelizzare in un mondo in cui la comunicazione di massa ha potere sulla sfera religiosa e morale dell'uomo. Non è sufficiente, sottolineano i vescovi, che la Chiesa abbia mass-media proprio o che promuova film religiosi: ciò che occorre è avvicinare i fedeli alla natura del mistero della fede come antidoto alla spettacolarizzazione della realtà. In pratica, per essere evangelizzatrice, la Chiesa deve essere mediatica. E i giornalisti, chiamati ad accendere nell'uomo la speranza attraverso la verità, devono sentirsi come capitani di una nave, per salvare l'umanità dal mare del secolarismo contemporaneo.

    L'Assemblea dei vescovi non dimentica, poi, i malati ed i sofferenti e richiama la necessità di includere, nel progetto evangelizzatore, la cura degli infermi ed il sollievo dalle sofferenze, guardando alla Chiesa come comunità sanata dal Signore e quindi risanante. Anche i giovani non vengono trascurati dal Sinodo: tra i destinatari della nuova evangelizzazione, essi occupano un posto primario poiché, anche se lontani dalla pratica religiosa, portano nel cuore la sete di Dio. L'attenzione dei presuli va, in particolare, ai figli di coppie divorziate e risposate, i quali spesso rimangono estranei ai sacramenti a causa della non partecipazione dei loro genitori. Ed è qui, allora, che occorre una svolta nel senso della carità pastorale ed una riflessione sui modi e i tempi necessari per il riconoscimento della nullità del vincolo matrimoniale.

    Un ulteriore suggerimento guarda alla possibilità di rendere concisi, precisi e chiari i dogmi di fede, così che riescano a toccare la vita quotidiana e le aspirazioni umane, dei fedeli.

    Infine, al Sinodo giunge il saluto del Consiglio mondiale delle Chiese che ribadisce l'importanza ecumenica del Concilio Vaticano II e sottolinea che operare per l’unità della Chiesa significa operare per l’unità di tutta la vita.

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    Sinodo. Mons. Warduni: nei Paesi musulmani si può evangelizzare solo con la testimonianza

    ◊   Al Sinodo è risuonato anche il grido dei cristiani dell’Iraq. In questo Paese, provato da anni di guerra, la piccola comunità cattolica offre la sua silenziosa testimonianza di carità, come unica forma possibile di evangelizzazione. Al microfono di Paolo Ondarza sentiamo il vescovo ausiliare caldeo di Bagdad Shlemon Warduni che partecipa in Vaticano ai lavori sinodali:

    R. - Vengo con grande entusiasmo, con grande letizia. La Chiesa è chiamata sempre a rinnovarsi. Come diceva Papa Giovanni XXIII, all’apertura del Concilio Vaticano II: “La Chiesa deve scuotere la polvere accumulata”. Questo Sinodo muove tutte le forze della Chiesa perché vogliamo arrivare a compiere ciò che Cristo vuole da noi: “Andate e predicate. Fate miei discepoli tutti gli uomini della Terra”. Per questo motivo noi dobbiamo riunirci e chiedere la grazia dello Spirito Santo, per poter conoscere ciò che Lui dice, Lui vuole, non ciò che vogliamo noi. La nostra testimonianza influisce sulle persone quando vedono le nostre opere.

    D. - Qui al Sinodo è rappresentata la Chiesa universale. Ma nello specifico della Chiesa che lei rappresenta, che cosa vuol dire parlare di nuova evangelizzazione?

    R. - Nei Paesi musulmani non si può quasi parlare dell’evangelizzazione, perché la gente pensa che la propria religione sia la prima tra tutte le religioni. Non è consentito convertirsi al cristianesimo, quindi non si può evangelizzare. Tuttavia per noi evangelizzare è una questione vitale. Vivere ciò che il Signore vuole da noi, testimoniarlo con la nostra vita, è già una predica, è una nuova evangelizzazione. Come vivevano i nostri cristiani all’inizio? Noi dobbiamo tornare a quella vita, per poter testimoniare la fede agli altri.

    D. - Il Papa ha detto: “La Fede deve albergare nel cuore, ma poi deve trovare spazio nella bocca”, quindi essere proclamata. La testimonianza dei cristiani in Iraq può offrire un esempio di coraggio alla Chiesa Universale?

    R. - Certamente è una grande consolazione per noi il fatto che i nostri cristiani vivano la loro vita come Cristo ha insegnato. Dobbiamo predicare il Vangelo dai tetti. Però dobbiamo fare questo con grande sapienza, con grande saggezza, per non spingere gli altri a dire: “Vogliono farci cristiani”. No, occorre saper dire le parole giuste al momento giusto. Per esempio, quando organizziamo un raduno nelle nostre chiese annunciamo che Dio è amore. Loro apprezzano la nostra esortazione ad amarci gli uni gli altri, a vivere in comunione. Il nostro comportamento, le nostre attività caritative, li spingono a dire: “Allora è questo il cristianesimo! Perché noi dobbiamo andare contro il loro Dio mentre loro ci fanno del bene e ci esortano ad amarci gli uni gli altri?”.

    D. - Qual è il suo augurio per questo Sinodo sulla nuova evangelizzazione?

    R. - Il mio augurio è che tutte le forze della Chiesa si uniscano, facciano presente al mondo che il cristianesimo non arretra di fronte alle nuove sfide. Il cristianesimo va avanti nel Signore: Lui ci ha detto: “Non abbiate paura!". Dunque, predichiamo a tutte le genti con la nostra vita, anche a costo di perderla.

    Senza donne non ci sarà la nuova evangelizzazione. Il riconoscimento della presenza femminile all’interno della comunità ecclesiale è stato rimarcato nei giorni scorsi al Sinodo. Impegnata sul fronte dell'annuncio è suor Luisa Ciupa, vicepresidente della Commissione per la catechesi della Chiesa greco-cattolica ucraina. Paolo Ondarza l'ha intervistata:

    R. - Prima di tutto noi evangelizzatori, catechisti, oggi dobbiamo predicare la Buona Novella e portarla a tutte le persone che Dio ci dona, ci fa incontrare; dobbiamo portare loro il Cristo vivente perché il nostro non sia solo un annuncio di un evento storico, ma di un evento attuale, una vita, che è vita oggi.

    D. - La Catechesi deve nascere da un incontro con il Risorto nella propria esperienza di vita…

    R. - Un incontro personale, perché la Catechesi in sé non è solo una trasmissione della Dottrina ma è una relazione: deve proporre una persona viva: Cristo. Oggi siamo nell’epoca dell’immagine, della tecnologia. Dobbiamo usare questi nuovi mezzi di comunicazione per l’evangelizzazione.

    D. - Secondo lei, come mai oggi c’è una certa pavidità, una certa timidezza nel testimoniare? Si pensa che la fede - tutto sommato – debba essere relegata nell’ambito privato…

    R. - Questa è una delle sfide. Oggi viviamo la tentazione di tenere fuori dal dibattito pubblico tutto quello che è sacro. Fare un gesto, un segno della Croce passando davanti a un tempio, a una chiesa, è una testimonianza della nostra fede, la manifestazione che crediamo in Cristo che è nato per me, è morto, è stato crocifisso, ma è risorto e vive. E c’è anche un’altra tentazione, quella di dire: “Non importa oggi se tu appartieni a una comunità confessionale o ad un'altra, che tu sia cattolico, o altro. Dio è uno per tutti, è uguale per tutti. A volte non lo chiamano neanche “Dio” ma, un’entità superiore, “una forza dall’alto”. Queste sono cose che vanno sradicate dal nostro modo di pensare. Ecco allora che la catechesi deve venire incontro per aiutare a conoscere più in profondità Cristo e vivere in Lui.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il cristianesimo è sempre nuovo: il Papa chiude la giornata commemorativa del cinquantesimo anniversario dell'inizio del Vaticano II salutando i partecipanti alla fiaccolata in Piazza San Pietro.

    L'intuizione di Papa Giovanni: Benedetto XVI ai vescovi che hanno partecipato al Concilio. Intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo Loris Capovilla, antico segretario di Giovanni XXIII.

    Gli interventi dei padri sinodali.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la denuncia dell'Unicef sui matrimoni precoci: nel mondo sono 23 milioni le spose bambine.

    All'Unione Europea il premio Nobel per la pace.

    Come ho salvato Origine dall'oblio: in cultura, gli interventi di Marina Molin Pradel - in occasione dell'inaugurazione, oggi pomeriggio, dell'anno accademico dell'Augustinianum - che illustra la sua clamorosa scoperta delle omelie del teologo greco (avvenuta alla Bayerische Staatsbibliothek), e del patrologo Lorenzo Perrone che ne dirigerà l'edizione critica.

    Un articolo del cardinale Gianfranco Ravasi dal titolo "Dante promosso all'esame di fede": il XXIV canto della "Divina commedia" è il primo di un trittico che vede sfilare le virtù teologali.

    Realista e visionario in cerca delle radici: Claudio Toscani sull'opera del cinese Mo Yan, premio Nobel per la letteratura.

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    Oggi in Primo Piano



    Nigeria: gravi crimini compiuti da Boko Haram e dall'esercito di Abuja

    ◊   Per la grave situazione in Nigeria, Human Right Watch lancia un forte allarme. In un rapporto l’organizzazione afferma che, sia Boko Haram, gruppo terroristico di matrice islamica, sia le forze di sicurezza nigeriane sono responsabili di crimini contro l'umanità. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Enrico Casale, esperto di Africa del periodico dei Gesuiti “Popoli”:

    R. – Il problema della Nigeria è l’esplodere di questo fondamentalismo religioso, la cui espressione più violenta è la setta di Boko Haram: il movimento fondamentalista islamico radicale, che rifiuta tutto ciò che viene dall’Occidente e quindi anche la fede cristiana. Questa situazione rappresenta quindi un grande pericolo per la stabilità del Paese, il Paese più popoloso dell’Africa e principale esportatore di petrolio del continente.

    D. – Precise accuse vengono fatte anche all’esercito…

    R. – Certamente. La reazione dell’esercito e della polizia è stata molto dura e ha quindi coinvolto anche la popolazione civile, che non c’entra nulla né con Boko Haram né con le forze armate. Così come, d’altra parte, anche Boko Haram colpisce gente inerme: in particolare i cristiani che vanno in chiesa la domenica mattina.

    D. – Quali altri Paesi africani stanno vivendo questa problematica così drammatica?

    R. – Quello del fondamentalismo islamico è un problema che si sta estendendo in alcuni Paesi del Sahel e dell’Africa sub-sahariana. Pensiamo al Mali, dove, sull’onda della rivolta tuareg, inizialmente laica, si sono inseriti movimenti fondamentalisti che, di fatto, hanno preso il controllo delle regioni settentrionali del Paese. Pensiamo soprattutto anche alla Somalia, dove il movimento degli Al-Shabab, legato fortemente ad al Qaeda, è tuttora attivo e si teme che, nonostante abbia perso alcune roccaforti, possa ancora opporsi al governo attraverso una strategia di guerriglia, che probabilmente ancora per molto tempo infiammerà il Paese del Corno d’Africa.

    D. – Un grave ostacolo, tutto questo, al percorso di stabilizzazione di questi Paesi: un percorso difficile, arduo…

    R. – Certamente. Soprattutto il Mali, che fino a poco tempo fa era considerato uno dei Paesi più stabili dell’intero continente africano e dove si teme un’offensiva delle forze armate maliane, sostenute da alcuni alleati dell’Africa occidentale. Ma anche la Somalia, che viene da più di 20 anni di guerra civile, è tuttora infiammata da questo conflitto contro le forze fondamentaliste islamiche.

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    Guerra senza fine in Siria: decine di morti nelle ultime ore

    ◊   Si combatte ormai su due fronti il conflitto siriano: quello interno, nel quale si registrano nuove vittime e violenze negli scontri tra esercito e insorti, e quello fatto di tensioni con la Turchia, dopo che Ankara nei giorni scorsi ha costretto all’atterraggio un aereo siriano proveniente da Mosca, su cui erano stipati armamenti russi destinati alle forze di Damasco. Il quotidiano russo Kommersant ha oggi confermato che 12 casse di elementi di radar per le batterie antiaeree siriane erano trasportate sull’aereo di linea Mosca-Damasco. Intanto anche oggi fonti dell’opposizione denunciano la morte di alcune decine di persone. Della situazione Giancarlo La Vella ha parlato con Cristiano Tinazzi, giornalista free-lance che si trova ad Aleppo, a pochi chilometri dal confine turco:

    R. - La situazione è di guerra totale diffusa su tutto il territorio. Ormai questa zona che circonda Aleppo in pratica è quasi totalmente in mano alle milizie sunnite dell’esercito libero siriano. Ci sono dei villaggi alawiti, sciiti e curdi che sono fuori dal conflitto. Comunque siamo in una situazione di tipo libanese, dove ogni villaggio è una milizia e queste si confrontano e si sparano tra di loro. I mig e gli elicotteri continuano a passare, e a scaricare il loro carico di morti su obbiettivi spesso casuali.

    D. - Questo ulteriore fronte che si è aperto con la Turchia fortunatamente è fatto più di tensioni che di scontri reali. Che ricadute ha sulla situazione?

    R. - Il fatto che abbiano intimato ai siriani di non bombardare entro dieci chilometri dal confine con la Turchia, rende di fatto l’area una sorta di zona cuscinetto. Bisogna vedere se poi i siriani la rispetteranno. In ogni caso non si aspettano molto dall’esterno.

    D. - C’è la sensazione che ci sia delusione per un mancato intervento internazionale in quello che sta diventando anche un gravissimo dramma umanitario?

    R. - Sì, purtroppo poi in situazioni del genere sono i civili che subiscono le conseguenze maggiori. Quelli che possono scappano, però il problema è che qui mancano l’energia elettrica, il rifornimento di acqua in bottiglia… Molte famiglie non hanno di che sostentarsi perché l’economia è bloccata, per cui dove si può vengono organizzate delle collette per distribuire il cibo. La situazione ad Aleppo è ancora più grave perché comunque ci sono difficoltà per entrare in città, è difficile muoversi, spostarsi e chiaramente la situazione peggiora di giorno in giorno, perché questa guerra non ha fine. Non ci sono possibilità di finirla con un accordo tra le due parti; o vince una parte o vince l’altra. E questo, sarà fino alla fine.

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    Presidenziali Usa: dibattito tv tra i vice Ryan e Biden. Incerto l'esito del confronto

    ◊   Negli Stati Uniti si è concluso il primo e unico dibattito tv tra i vice di Obama e Romney: Biden e Ryan. A Danville, nel Kentucky, è andato in scena un duello che ha toccato vari temi dall’economia alla politica estera. Il confronto, secondo diversi sondaggi, si sarebbe concluso in parità anche se gli esperti hanno considerato molto positiva la prestazione del candidato repubblicano alla vicepresidenza americana. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    Diversi per età e scelte politiche ma entrambi figli della middle class americana ed entrambi cattolici. Similitudini e differenze per Biden, 70 anni, e Ryan, 42, che hanno animato il dibattito tv non risparmiandosi colpi cancellando invece la formale educazione del duello di Denver tra Obama e Romney. Politica estera in primo piano con le accuse del repubblicano Ryan all’amministrazione Obama, rea di debolezza con l’Iran. Immancabile il riferimento alla morte dell’ambasciatore Stevens in Libia, “vicenda – replica Biden – sulla quale si sono dette molte menzogne”. “L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno ora è una guerra” l’affondo del democratico. Sui temi economici la battaglia di Ryan. “L’economia sta andando male, la disoccupazione non cala” ha detto. Risposta ironica di Biden che ha snocciolato gli ultimi dati sulla crescita di posti di lavoro. Sul fronte della sanità, Ryan propone di puntare sul mercato delle assicurazioni private al posto dell’Obamacare. “Non è vero che state meglio ora?”: la domanda di Biden direttamente rivolta al pubblico a casa. E poi le schermaglie sulle gaffe di Romney “che – ha aggiunto il vicepresidente – si vuole disinteressare del 47% degli americani che però pagano più tasse di lui”. “Eppure – replica Ryan – di scivoloni pubblici dovresti saperne qualcosa”, riferendosi ad alcune dichiarazioni di Biden. Obama affida a twitter il suo commento, dicendosi “orgoglioso” del vice ma i sondaggi di Cnn e Cbs, seppur con percentuali diverse, danno Ryan in vantaggio. Per la Cnbc è però esattamente il contrario.

    Su questo acceso confronto, Benedetta Capelli ha raccolto il commento di Tiziano Bonazzi, docente di Storia americana presso l'Università di Bologna:

    R. – Biden è noto per avere una personalità estremamente forte e per essere capace di esprimere anche in modo molto duro le sue opinioni. Che queste sue caratteristiche siano state usate per un cambio di strategia è molto probabile, perché la precedente strategia di Obama nel primo dibattito, quella di voler sembrare presidenziale, cioè distaccato, evidentemente non ha funzionato. Quindi si è pensato di passare a una strategia più aggressiva di cui Biden poteva essere senza dubbio la migliore incarnazione.

    D. – Che bilancio si può fare invece della prestazione televisiva di Ryan?

    R. – Ryan è uscito sicuramente molto bene, perché a confronto con una vecchia volpe della politica quasi di 30 anni più anziano di lui, come Biden, ha dimostrato di sapere mantenere molto bene i suoi punti. Ryan sicuramente è un po’ il futuro del partito repubblicano o almeno dell’ala più conservatrice del partito repubblicano. E’ un uomo di grande intelligenza, di notevole finezza intellettuale e psicologicamente capace di esprimere con grande chiarezza le sue posizioni. A mio parere ne è uscito molto bene.

    D. – Politica estera, crisi economica, sanità, sono stati tanti gli argomenti di discussione, ma su quale tema si è giocata di più la partita e chi è stato più convincente?

    R. – A me è sembrata importante la partita sulla politica estera americana in cui i due chiaramente hanno mostrato atteggiamenti estremamente diversi. Ryan ha attaccato la politica di Obama come una politica inconcludente, lo ha attaccato per avere addirittura abbandonato Israele. Quindi è stato estremamente duro ed estremamente chiaro. Estremamente duro ed estremamente chiaro è stato anche Biden in materia, nella sua difesa della politica… Ma la cosa interessante è che tutti e due poi sono arrivati a dire cose simili cioè che entro il 2014 bisogna lasciare le questioni della sicurezza in Afghanistan agli afghani, che probabilmente l’Iran è più lontano dalla bomba atomica di quanto non si creda… Sugli altri punti si sapevano le cose che i due avrebbero detto, soprattutto per quanto riguarda il problema del Medicare, cioè dell’assistenza sanitaria; sono visioni estremamente diverse… Mi sembra che entrambi abbiano fatto soprattutto riferimento alla propria base più che cercare di convincere gli indecisi.

    D. - Martedì secondo confronto elettorale tra Obama e Romney: cosa cambierà secondo lei nella strategia dei due candidati presidenti?

    R. – Sinceramente io non lo so. Penso che Obama cercherà di essere estremamente più propositivo di quanto non sia stato. Anche se penso che sia per ragioni caratteriali sia perché lui è il presidente e non giungerà ad avere l’aggressività che John Biden ha avuto. Di conseguenza può darsi che ci troveremo di fronte ad un Obama molto più sicuro di sé, molto più propositivo, ma non estremamente aggressivo. Non so quale possa essere la contromossa di Romney, di fronte a questo preferisco non esprimermi.

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    Nobel per la pace all’Unione Europea, promotrice di democrazia e diritti umani

    ◊   Il premio Nobel per la pace 2012 è stato assegnato all'Unione Europea. Il Comitato norvegese ha spiegato che l’Ue e i suoi membri per oltre sei decenni hanno contribuito al "progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa”. Il servizio di Fausta Speranza:

    Germania e Francia hanno combattuto tre guerre nel giro di 70 anni, ma oggi un conflitto sarebbe impensabile. Negli Anni Ottanta, sono entrati Grecia, Spagna e Portogallo e la condizione per la loro adesione è stata l'instaurazione della democrazia. L'ammissione della Croazia, il prossimo anno, e l'apertura di negoziati con il Montenegro sono passi per rafforzare il processo di riconciliazione nei Balcani. Tutti esempi concreti di promozione della pace e della democrazia, riportati dal Comitato di Oslo.

    Le reazioni onorate da Bruxelles si moltiplicano quanti sono i vertici: il presidente dell’Europarlamento, Schultz, afferma che il premio è per tutti i cittadini europei. La vicepresidente, Roberta Angelilli, sottolinea la responsabilità di fronte alle sfide attuali:

    “L’impegno per la pace e per la difesa dei più deboli, delle persone più vulnerabili è uno dei pilastri delle istituzioni comunitarie. Noi siamo onorati di aver ricevuto questo riconoscimento, ma è uno stimolo ulteriore per continuare un impegno proprio per la pace, per i diritti umani, ma anche per la solidarietà e la coesione sociale, soprattutto in un momento di crisi economica. Non ci sono in ballo conflitti armati, ma ci sono in ballo conflitti economici, generazionali, che ovviamente dobbiamo affrontare con grande sforzo, così come dobbiamo comunicare ai cittadini che l’Europa c’è”.

    Il capo della Commissione europea, Manuel Barroso, sottolinea che l’Unione Europea rappresenta “qualcosa di molto prezioso per il bene degli europei e del mondo”. Il presidente permanente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha parlato dell’Unione Europea come “il più grande operatore di pace nella storia”. E ci sono poi le congratulazioni di tanti: tra questi, il segretario generale della Nato, Rasmussen, ch rimarca come l'Unione Europea abbia giocato "un ruolo vitale nel curare le ferite della storia” e, aggiunge, nel promuovere riconciliazione e libertà.

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    Bimbo conteso a Padova. Le scuse del governo per il comportamento della Polizia

    ◊   Continua a destare sconcerto la vicenda del bambino di Padova portato via da scuola a forza dalla polizia, dopo il provvedimento del giudice che ha assegnato l'intera patria potestà del piccolo al papà. “La scena del trascinamento del minore richiede le scuse del governo”, ha detto il sottosegretario agli interni De Stefano, riferendo alla Camera, che ha comunque definito “necessario” l’intervento delle forze dell’ordine. Intanto ministro degli Interni Cancellieri aspetta l’esito dell’inchiesta interna avviata dal capo della Polizia Manganelli. Piccola manifestazione delle mamme oggi davanti alla scuola del bambino. Ma in che modo queste vicende incidono nei vissuti dei bambini? Marco Guerra lo ha chiesto al prof. Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici:

    R. – Vicende così drammatiche e così impattanti, dal punto di vista traumatico, non possono che ledere quella che è la fiducia del bambino verso gli adulti. In qualche modo le figure adulte diventano figure minacciose e quindi un bambino - già di per sé ferito e vulnerabile - perde ancor più fiducia. Questo è gravissimo per un bambino!

    D. – La spettacolarizzazione della vicenda può avere ulteriori ripercussioni?

    R. – Da un lato questa spettacolarizzazione ha il merito di aver creato le premesse per un dibattito e quindi questo è stato favorevole; dall’altro, però, per la vittima della situazione, non fa altro che accentuarne il dolore, che renderlo individuabile perché così facilmente messo davanti a tutti. Io direi che probabilmente su questo ha fatto bene il garante della privacy: dobbiamo saper informare.

    D. – Molti dicono che se i genitori si comportano bene, non c’è bisogno di ricorrere alla legge. Secondo lei, qual è il modo migliore per affrontare queste situazioni?

    R. – Io direi che, purtroppo, i bambini, i nostri figli sono spesso vittime dei conflitti degli adulti: adulti incapaci, adulti incompetenti di essere dei buoni genitori e incapaci di gestire i propri conflitti senza far ricadere questi sui bambini. E’ necessario riscoprire l’aspetto valoriale dell’essere genitori: colui cioè che è, in qualche modo, responsabile e consente la crescita di un figlio, e questo è importantissimo. In questo senso anche noi genitori andiamo educati e contesti educativi spesso improntati ad un tema di fede, come quelli religiosi, sono contesti formidabili, che aiutano le famiglie a superare crisi che, a volte, potrebbero essere superate se le famiglie non fossero abbandonate a se stesse.

    Ma perché nel caso di Padova si è arrivati a tanto e cosa prevede la normativa italiana in casi del genere? Sentiamo al microfono di Alessandro Guarasci il garante per l’infanzia, Vincenzo Spadafora:

    R. – Credo che in questo momento ci sia anche da chiedersi poi perché si è arrivati a questo, perché nel nostro Paese sia la polizia a dover eseguire questo tipo di provvedimenti. Questo sicuramente è causa del fatto che manca una normativa da questo punto di vista. Leggo in queste ore tantissime dichiarazioni da parte di esponenti di vari gruppi politici: spero che la stessa attenzione venga rivolta nelle prossime settimane ad approvare finalmente una riforma della giustizia minorile che il nostro Paese attende da molti anni e sulla quale le forze politiche non riescono a trovare un accordo.

    D. - Questo vuol dire che questo caso potrebbe in qualche modo non essere isolato?

    R. – Certamente non è isolato. Non è isolato e non mi riferisco tanto al comportamento della Polizia ma sicuramente alla sottrazione forzata di minori. Questo lo posso testimoniare anche per le decine e decine di segnalazioni che ho ricevuto già in questi primi mesi. A volte può essere la Polizia, a volte possono essere i servizi sociali o altre strutture, ma casi simili avvengono molto frequentemente. Noi ci occupiamo anche di tanti bambini di cui non si sa nulla, di cui ci occupiamo solo noi che ne abbiamo in qualche modo il dovere.

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    Ogni anno 40 mila invalidi sul lavoro. Il ministro Fornero: faremo di più per sicurezza

    ◊   I, Italia, il governo è impegnato a completare l'attuazione del testo unico sulla sicurezza entro la fine della legislatura. Lo ha affermato il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, intervenendo alla Celebrazione per 62.ma Giornata per le vittime degli incidenti sul lavoro, organizzata al Quirinale. Ogni anno, circa 800 mila persone subiscono un infortunio o si ammalano. In 10 anni, comunue, i casi sono calati del 29%. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    C’è ancora da fare in Italia per prevenire gli infortuni sul lavoro, tutelare chi è rimasto vittima di un incidente e i suoi familiari. Domenica prossima, sarà la Giornata nazionale per ricordare queste persone, ma quest’anno il presidente, Giorgio Napolitano, ha voluto che la celebrazione d’apertura si svolgesse al Quirinale. Per tanti un vero dramma: sono infatti 40 mila coloro che ogni anno rimangono invalidi e 1400 i morti. Il governo vuole semplificare la normativa attuale per renderla più efficace. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero:

    "La sfida è comprendere che questi comportamenti virtuosi rappresentano anche uno strumento per la produttività e la competitività del nostro sistema economico".

    Sulla stessa linea il presidente dell’Associazione mutilati e invalidi sul lavoro, Franco Bettoni:

    "Il nostro obiettivo è che la sicurezza sul lavoro diventi un valore condiviso, una ricchezza e un punto di forza delle nostre aziende, una garanzia per i nostri lavoratori e per le loro famiglie".

    Tante le storie di chi ha subito un incidente. Tra questi, Gianfranco Mereu, operaio edile, ora in carrozzella, che da tre anni racconta la sua storia attraverso un spettacolo teatrale itinerante:

    "Ci sono energie che prima di toccare il fondo non conoscevamo e delle quali ignoravamo l'esistenza. Ma adesso, che sei solo con il tuo corpo, con il tuo corpo le devi scovare. Sono diventato ciò che i miei limiti mi hanno permesso. Cerco disperatamente di sbagliare il meno possibile".

    Il pericolo è che con la crisi calino anche le garanzie di sicurezza per i lavoratori.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Pakistan: imam accusa 15.enne di aver diffuso sms che offende Maometto

    ◊   Nuovo caso di accuse di blasfemia a un cristiano in Pakistan: stavolta il dito è stato puntato contro un adolescente residente nel quartiere di Gulshan-i-Iqbal, area borghese di Karachi, città nel sud del Paese. Il giovane è accusato di aver diffuso un sms dai contenuti blasfemi ed è stato per questo oggetto di minacce, proteste e di un tentativo di giustizia sommaria che per fortuna non è sfociato in tragedia: la casa della famiglia del ragazzo, infatti, è stata saccheggiata e poi data alle fiamme, ma per fortuna non c’era nessuno. La famiglia del ragazzo, che ha 15 anni e si chiama Ryan Brian Patus, era stata portata in salvo dall’ong “World Vision in progress”. Ad accusarlo ufficialmente – precisa l’agenzia Fides – è un imam che ha presentato denuncia formale contro il giovane. Il caso ricorda molto da vicino quello di Rimsha Masih, la bimba cristiana falsamente accusata da un imam e attualmente libera su cauzione. Il 17 ottobre prossimo è attesa la prossima udienza contro il leader religioso che accusò la bambina e fu in seguito a sua volta accusato di falsa testimonianza contro la bambina. L’ong locale Human Rights Commission of Pakistan, infine, ha segnalato che solo nel 2012 nel Paese sono stati registrati 22 casi ufficiali di blasfemia, tutti controversi: perciò a livello internazionale si è riacceso il dibattito sulla legge in vigore che disciplina la materia. (R.B.)

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    Senegal. Più di 160 tombe profanate in due cimiteri cristiani a Dakar: l’indignazione della Chiesa

    ◊   Grave atto sacrilego contro la comunità cristiana a Dakar: nella notte tra il 6 e il 7 ottobre più di 160 tombe sono state profanate da ignoti nei due cimiteri cristiani di Saint Lazare de Béthanie e di Bel Air della capitale senegalese. Secondo quanto riporta il quotidiano locale “L’Observateur” ripreso dall’agenzia Apic, durante il raid notturno, diverse croci sono state divelte e alcuni oggetti rubati. “Costernazione e indignazione” per il grave gesto sacrilego, fatto senza precedenti in Senegal, Paese tradizionalmente caratterizzato dalla pacifica convivenza interreligiosa, è stata espressa dalla Chiesa locale. Una nota dell’arcidiocesi parla di un “atto oltraggioso verso la croce, il simbolo al cuore della fede cristiana”. L’arcivescovo di Dakar, il cardinale Théodore Adrien Sarr, e il Comitato di gestione dei cimiteri cristiani cittadini si sono detti “profondamente scioccati da una tale violenza contro la memoria dei defunti e delle loro famiglie”. Il cardinale Sarr ha quindi esortato credenti e non credenti a moltiplicare gli sforzi per costruire una società pluralista e fondata sul rispetto comune di ciò che ognuno considera più sacro. Egli ha inoltre chiesto alle autorità cittadine di proteggere la sicurezza dei cimiteri, sia cristiani che musulmani, per “garantire il rispetto e la considerazione dovuta ai defunti”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Stati Uniti. A novembre la prossima plenaria dei vescovi a Baltimora

    ◊   Si terrà dal 12 al 15 novembre, a Baltimora, la prossima sessione autunnale della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb). Tra i principali punti all’ordine del giorno, la discussione del piano d’azione pastorale dei vescovi e l’approvazione di diversi documenti sull’omiletica, sul Sacramento della penitenza e sull’attuale situazione economica. I vescovi ascolteranno le relazioni di mons. Kevin farrell, vescovo di Dallas, presidente del Comitato nazionale per le collette, e di mons. Gerald Kicanas, vescovo di Tucson e presidente dell’opera di carità della Chiesa statunitense "Catholic relief Services" (Crs), che farà il punto sugli aiuti ad Haiti nel post-terremoto. L’arcivescovo di San Francisco, mons. Salvatore Cordileone, aggiornerà i presuli sulle iniziative intraprese dal sottocomitato per la Promozione e la difesa del matrimonio, da lui presieduto. Tra gli altri temi all’attenzione dei vescovi, i preparativi della prossima Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro nel 2013. Ad aprire l’assemblea, sarà il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale. Interverrà anche il nunzio apostolico negli Stati Uniti, mons. Carlo Viganò. (L.Z.)

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    I vescovi della Colombia invitano a pregare per i negoziati di pace tra governo e Farc

    ◊   A pochi giorni dall'inizio della seconda fase del processo di negoziazione per la pace, la Chiesa cattolica della Colombia chiama i fedeli e tutte le persone di buona volontà a pregare perché si realizzi tale anelito. La nota inviata dalla Conferenza episcopale Colombiana all'Agenzia Fides riporta il documento, che sarà letto in tutte le parrocchie del Paese, dove l'arcivescovo di Bogotá e presidente della Conferenza Episcopale, mons. Rubén Salazar, chiede di recitare la preghiera della pace di San Francesco d’Assisi alla fine di ogni celebrazione eucaristica. Attraverso questa preghiera, afferma l’arcivescovo, “troveremo un fecondo cammino spirituale che ci aiuterà a costruire la riconciliazione nelle nostre famiglie, nelle comunità e nel nostro Paese”. Il documento ricorda che il governo e le Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) apriranno i dialoghi di pace per porre fine a mezzo secolo di conflitto armato, il 16 ottobre a Oslo, in Norvegia, e dice testualmente: “Nonostante le difficoltà che possono sorgere nella sessione di negoziazione o al di fuori di essa, dobbiamo sostenere questo processo. Non possiamo rimanere nelle trincee della logica di guerra per paura di fallire. Possiamo e dobbiamo sconfiggere, uniti, lo scetticismo e la disperazione. Come discepoli di Cristo, Principe della Pace, siamo chiamati a dare il nostro contributo alla ricerca della verità, della giustizia, del perdono e della riconciliazione, sostenendo con decisione il processo di pace che inizia adesso”.

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    Indonesia: giovani cattolici pronti per la prima Giornata nazionale della gioventù

    ◊   Manca poco, in Indonesia, per le celebrazioni della prima Giornata nazionale della gioventù, organizzata dalla Chiesa cattolica indonesiana. Il programma dell’evento – che si terrà dal 20 al 26 ottobre nella diocesi di Sanggau – prevede iniziative legate al catechismo e alla missione, ma si toccheranno anche tematiche attuali, come l'ecologia, e si vivranno momenti culturali e racconti legati a esperienze di fede. Il momento clou sarà la Messa solenne, concelebrata dai vescovi e sacerdoti presenti. Il motto scelto per questo primo appuntamento – e già usato per la XXVI Gmg a Madrid – è "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede" ed è tratto da un passo della lettera di San Paolo Apostolo ai Colossesi. La settimana sarà animata dalla presenza di almeno 100 ragazzi, in rappresentanza di ciascuna delle 37 diocesi in cui è suddiviso il Paese, accompagnati da sacerdoti e guide laiche in qualità di capo-missione. Sarà inoltre presente una nutrita delegazione malaysiana proveniente da Sabah e Serawak, i due Stati del Borneo sotto l'amministrazione di Kuala Lumpur. Per i giovani è un evento storico, che segna l'inizio di un appuntamento che toccherà – ogni quattro anni – tutte le diocesi indonesiane. (M.G.)

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    Anno della Fede. I giovani della Papua Nuova Guinea: il Vangelo per dire “no” alle dipendenze

    ◊   L’Anno della Fede è, per i giovani della Papua Nuova Guinea, “una potente opportunità e un invito a riscoprire il Vangelo per dire ‘No’ alla droga, al consumo di alcolici, al libertinaggio e al disordine in campo sessuale”. Lo afferma, in un messaggio inviato all’agenzia Fides, padre Shanthi Puthussery del Pontificio Istituto Missioni Estere, coordinatore nazionale della Pastorale giovanile in seno alla Conferenza episcopale della Papua Nuova Guinea. Padre Shanti si sofferma sulla cosiddetta “generazione perduta”, cioè sulla fascia dei giovani fra i 15 e i 20 anni che, nel contesto del Paese, vive rilevanti problematiche sociali: “Moltissimi di questi giovani sono già danneggiati e quasi distrutti dall’uso della droga, dalla pornografia, da rapporti sessuali disordinati, dal consumo smodato di alcol – racconta il sacerdote – non sono sicuro che le autorità civili abbiano piena coscienza della gravità di questi problemi ma, come Chiesa cattolica, credo che abbiamo la responsabilità di promuovere attività di formazione integrale per i giovani. L’Anno delle Fede va accompagnato con l'azione sociale e la trasformazione della società”. “In caso contrario – prosegue padre Shanti – le pratiche di fede restano vuote e non colmano il vuoto nella società e nei rapporti interpersonali. Dobbiamo aiutare i giovani a prendere sul serio i nostri insegnamenti, al fine di cambiare la loro vita: il che è oggi molto difficile per loro”. (L.F.)

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    Cristiani pakistani: progetti innovativi contro povertà ed emarginazione

    ◊   In un periodo caratterizzato da una grave crisi economica, acuita da una discriminazione diffusa e sistematica ai danni delle minoranze religiose, un gruppo di cristiani pakistani ha ideato una serie di attività, corsi e iniziative per aprire nuove prospettive di sviluppo. Ed è proprio con questo spirito che, di recente, il Pakistan Social Institute (Psi) - diretto dal sacerdote e attivista padre Bonnie Mendes - ha promosso tre giorni di corso dedicati all'ideazione, allo sviluppo e alla presentazione - anche in chiave di ricerca fondi - di progetti innovativi in grado di conquistare frammenti di mercato, con una particolare attenzione ai giovani. Interpellato da AsiaNews, padre Bonnie Mendes sottolinea che "il mondo sta cambiando" ed è in atto una "profonda competizione fra organizzazioni". Per questo, è necessario potenziare al massimo "gli standard di lavoro" rendendolo il più possibile moderno. Aggiornamento continuo e professionalità sono le chiavi vincenti per potersi affermare, mentre vanno al contempo garantiti "gli standard di lavoro richiesti dalle organizzazioni internazionali”. L'obiettivo è quello di formare una leadership giovane e intraprendente in seno alla comunità cristiana, fornendola delle ricerche e degli studi più avanzati per risultare competitiva nel settore dello sviluppo e dell'innovazione. "Il futuro appartiene ai giovani - spiega Michelle Chaudary, segretario generale del movimento - e il Psi darà il massimo per potenziarli e dar loro le conoscenze necessarie per essere competitivi". (L.F.)

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    Nel 10.mo anniversario dell’attentato, l’Indonesia ricorda le vittime della strage di Bali

    ◊   Con un minuto di silenzio carico di emozione e fiori deposti a "ground zero", l'Indonesia ha reso omaggio alle vittime della strage di Bali, in occasione del 10.mo anniversario dell'attentato che ha causato 202 morti, in maggioranza turisti stranieri in vacanza sull'isola. Nel contesto delle celebrazioni, era presente una delegazione australiana composta da esponenti di maggioranza e opposizione, capeggiata dall'attuale primo ministro, Julia Gillard, e dall'ex premier John Howard, a capo dell'esecutivo al momento dell'attacco. Di contro, è destinata a sollevare polemiche politiche l'assenza del presidente indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono, che ha disertato l'appuntamento di Legian Beach, a Denpasar - capoluogo della provincia di Bali - delegando in sua vece il ministro degli Esteri, Marty Natalegawa. Un episodio grave, secondo i critici, anche in virtù del fatto che il capo di Stato dell’Indonesia era membro di primo piano, al momento dell’attacco, del Ministero per gli affari politici, legali e della sicurezza e responsabile in prima persona dell'antiterrorismo. Da parte sua, Yudhoyono ha sottolineato che l'attentato ha fallito l'obiettivo di creare divisione, rafforzando invece la cooperazione e il dialogo interreligioso in Indonesia. "Musulmani, indù, cristiani e buddisti - scrive il presidente - hanno condannato nella maniera più ferma l'attacco e ripudiato quanti abusano della religione per compiere atti violenti".(L.F.)

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    Roma. Commemorazione di don Di Liegro a 15 anni dalla morte

    ◊   Con una celebrazione eucaristica, in programma oggi pomeriggio nella Basilica dei SS. Apostoli a Roma, sarà ricordato don Luigi Di Liegro, fondatore e primo direttore della Caritas romana, nel 15.mo anniversario della sua scomparsa. La cerimonia sarà officiata da mons. Matteo Maria Zuppi, vescovo ausiliare di Roma Centro, e allietata dai canti del coro Santa Susanna Singers, diretto dal maestro Raimondo Pereira Martinez. L’intuizione di don Di Liegro incarnò la volontà di quanti erano impegnati concretamente – e lo sono tuttora – nell’aiuto e nel sostegno alle categorie sociali più svantaggiate e “l’invenzione” della Caritas seppe offrire una nuova prospettiva alla città sul tema dell’accoglienza di poveri e immigrati. Il testimone ideale di don Di Liegro è oggi raccolto dalla Fondazione internazionale a lui dedicata, che si propone di diffonderne il pensiero attraverso attività sociali tese a promuovere e tutelare il rispetto della persona umana e il valore della solidarietà. (R.B.)

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    Francescani: pellegrinaggio in Terra Santa guidato dallo storico Franco Cardini

    ◊   È un itinerario sui generis quello che, dal primo al nove novembre prossimi, sarà percorso in Terra Santa da un gruppo di pellegrini europei su proposta dei Francescani della Custodia di Terra Santa. Oltre a visitare i tradizionali luoghi Santi, il programma prevede diverse tappe ad alcuni tra i più famosi e suggestivi castelli crociati della regione. A guidare il gruppo – precisa la Fides - con la sua competenza di studioso di fama internazionale, sarà Franco Cardini, storico fiorentino specializzato nello studio del Medio Evo, insieme con padre Stefano De Luca, archeologo dello Studio Biblico Francescano di Gerusalemme. Le Crociate in Medio Oriente continuano a rappresentare un argomento controverso. In Libano, dalla fine di settembre, la formazione al-Machreq – che si presenta come porta-parola di gruppi di giovani cristiani ortodossi – sta conducendo una campagna contro la proiezione del film turco "Fetih 1453" (Conquista 1453 ndr) che racconta la presa di Costantinopoli da parte degli ottomani avvenuta per l'appunto nel 1453. Rodrigue Khoury, portavoce del gruppo, ha denunciato il film e le sue falsificazioni storiche come un'operazione di propaganda politico-religiosa per fomentare conflitti tra cristiani e musulmani. (L.F.)

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    Reliquie di Giovanni Paolo II e Padre Pio a Roma nella Chiesa di S. Salvatore in Lauro

    ◊   In occasione dell’Anno della fede, domani sabato 13 ottobre, dalle ore 16.00 alle ore 18.00 presso la Sala Salviati nel complesso di San Salvatore in Lauro in via dei Coronari a Roma, saranno esposte le reliquie di Papa Giovanni Paolo II e di San Pio da Pietrelcina nella cornice del convegno “San Pio da Pietrelcina e il Beato Giovanni Paolo II: Testimoni in Cristo della sofferenza redenta”, presieduto da mons. Michele Castoro, presidente dell’Opera di Padre Pio e relatore dell’incontro insieme a mons. Lorenzo Leuzzi, incaricato della pastorale sanitaria a Roma e a mons. Darius Giers, officiale al Pontificio Consiglio per la salute. Le preziose testimonianze, composte da un’ampolla con il sangue di Papa Wojtyla e dal mantello ed un’ampolla con il sangue delle stigmate del frate di Pietrelcina, potranno essere ammirate nella chiesa di San Salvatore in Lauro, che le custodisce per 10 giorni fino al 23 ottobre, facendo parte del programma di manifestazioni religiose “In cammino in compagnia dei Santi”, che si inaugura con il convegno di sabato 13 ottobre. Di seguito, un estratto del programma: 13ottobre, ore 16.00, convegno “La reliquia di Padre Pio e di Giovanni Pa-olo II”, presiede mons. Michele Castoro; 20 ottobre, ore 17.00, inaugurazione solenne del quadro di Giovanni Paolo II del maestro Ulisse Sartini; ore 18.00, Santa Messa presieduta da mons. Zigmunt Zymoskj, presidente del Pontificio Consiglio degli operatori sanitari; 23 ottobre, ore 18.00, Santa Messa presieduta da mons. Filippo Iannone, vice-gerente di Roma, che benedirà il mantello di Padre Pio. La chiesa di San Salvatore in Lauro, santuario dedicato alla Madonna di Loreto, è centro di coordinamento romano e regionale dei gruppi di preghiera di Padre Pio.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 286

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.