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Sommario del 07/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa apre il Sinodo sulla nuova evangelizzazione. L'invito all'Angelus: riscoprire il Rosario nell'Anno della Fede
  • Sinodo. Mons. Eterovic: riuniti per trovare modi nuovi di trasmettere la verità di sempre
  • Assisi, concluso Cortile dei Gentili. Interviste con il cardinale Ravasi e Enzo Bianchi
  • Il cardinale Lehmann su S. Ildegarda di Bingen: il suo esempio, una fede audace
  • Oggi in Primo Piano

  • Filippine: storico accordo di pace tra governo e ribelli islamici per il sud del Paese
  • M.O.: al via campagna elettorale a Ramallah per le municipali palestinesi
  • Carestia in Niger. Appello del Coopi: salviamo settemila bambini
  • Russia. Putin festeggia i 60 anni, i dissidenti ricordano la Politkovskaja
  • Caritas Emilia: cresce povertà nelle zone terremotate, meno burocrazia per ripartire
  • Le perplessità di padre La Manna dopo l'annuncio sui nuovi orientamenti per i Cie
  • Adozioni: Tar impone realizzazione della banca dati. Esulta Ai.Bi.
  • L'Aquila, inaugurazione del nuovo Auditorium progettato da Renzo Piano
  • Anno della Fede. Pellegrinaggio a Roma delle Canossiane. Intervista con Madre Pagiato
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: raid dell’esercito regolare su Aleppo. Ieri oltre 150 i morti
  • Presidenziali in Venezuela: appello alla calma dall’arcivescovo di Caracas
  • Francia: massima mobilitazione dello stato contro il terrorismo
  • Anno della Fede: pellegrinaggio per la vita e la libertà promosso dai vescovi americani
  • Repubblica Dominicana: i Salesiani inaugurano due scuole socio-sportive
  • Argentina: in migliaia al 38.mo pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora di Lujàn
  • Save the Children presenta il rapporto su mortalità e malnutrizione infantile
  • Vaticano II: chiuso Convegno internazionale del Coordinamento teologhe italiane
  • Italia: oggi si celebra la Giornata Nazionale dei Risvegli
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa apre il Sinodo sulla nuova evangelizzazione. L'invito all'Angelus: riscoprire il Rosario nell'Anno della Fede

    ◊   Favorire la riscoperta della fede, che porta speranza nella vita di ogni uomo: così Benedetto XVI definisce lo scopo della nuova evangelizzazione. Stamani, in Piazza San Pietro, il Papa ha presieduto la Messa di apertura del 13.mo Sinodo generale ordinario, dedicato al tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, in programma in Vaticano fino al 28 ottobre. Nella sua omelia, Benedetto XVI ha richiamato l’importanza del matrimonio, oggi profondamente in crisi, e della santità, protagonista dell’evangelizzazione. Proclamati dal Pontefice anche due Dottori della Chiesa: San Giovanni d’Avila e Santa Ildegarda di Bingen. Il servizio di Isabella Piro:

    È una Piazza San Pietro movimentata dallo sventolio di bandiere di ogni parte del mondo quella che accoglie l’apertura ufficiale del 13.mo Sinodo dei vescovi, dedicato alla nuova evangelizzazione, ovvero “l’orientamento programmatico – dice il Papa – per la vita della Chiesa, delle famiglie, delle comunità”. Oltre 400 i concelebranti che, assieme a Benedetto XVI, ribadiscono: “La Chiesa esiste per evangelizzare”:

    "L’evangelizzazione, in ogni tempo e luogo, ha sempre come punto centrale e terminale Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio; e il Crocifisso è per eccellenza il segno distintivo di chi annuncia il Vangelo: segno di amore e di pace, appello alla conversione e alla riconciliazione".

    La nuova evangelizzazione, spiega il Papa, guarda principalmente a quei battezzati che si sono allontanati dalla Chiesa e “vivono senza fare riferimento alla prassi cristiana”:

    "L’Assemblea sinodale che oggi si apre è dedicata a questa nuova evangelizzazione, per favorire in queste persone un nuovo incontro con il Signore, che solo riempie di significato profondo e di pace la nostra esistenza; per favorire la riscoperta della fede, sorgente di Grazia che porta gioia e speranza nella vita personale, familiare e sociale".

    Prendendo poi spunto dal Vangelo odierno, Benedetto XVI pone l’accento su una “realtà già nota ma forse non pienamente valorizzata”, ovvero sul matrimonio tra uomo e donna che “costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi”, soprattutto per quello “scristianizzato”:

    "L’unione dell’uomo e della donna, il loro diventare 'un’unica carne' nella carità, nell’amore fecondo e indissolubile, è segno che parla di Dio con forza, con un’eloquenza che ai nostri giorni è diventata maggiore, perché purtroppo, per diverse cause, il matrimonio, proprio nelle regioni di antica evangelizzazione, sta attraversando una crisi profonda".

    “Il matrimonio è legato alla fede, non in senso generico”, continua il Papa, bensì come “unione d’amore fedele e indissolubile”:

    "C’è un’evidente corrispondenza tra la crisi della fede e la crisi del matrimonio. E, come la Chiesa afferma e testimonia da tempo, il matrimonio è chiamato ad essere non solo oggetto, ma soggetto della nuova evangelizzazione".

    Il pensiero di Benedetto XVI va, quindi, ai due nuovi Dottori della Chiesa: lo spagnolo San Giovanni d’Avila, vissuto nel XVI secolo, “uomo di Dio che univa la preghiera costante all’azione apostolica”, e la tedesca Santa Ildegarda di Bingen, del XII secolo, “donna di vivace intelligenza”, capace di “discernere i segni dei tempi”. Questi e tutti i Santi, dice il Papa, sono “i veri protagonisti dell’evangelizzazione” ed anche “i pionieri ed i trascinatori della nuova evangelizzazione”:

    "La santità non conosce barriere culturali, sociali, politiche, religiose. Il suo linguaggio – quello dell’amore e della verità – è comprensibile per tutti gli uomini di buona volontà e li avvicina a Gesù Cristo, fonte inesauribile di vita nuova".

    Ma i Santi, ribadisce il Papa, insegnano anche che “solamente purificati, i cristiani possono ritrovare il legittimo orgoglio della loro dignità di figlio di Dio”:

    "Lo sguardo sull’ideale della vita cristiana, espresso nella chiamata alla santità, ci spinge a guardare con umiltà la fragilità di tanti cristiani, anzi il loro peccato, personale e comunitario, che rappresenta un grande ostacolo all’evangelizzazione, e a riconoscere la forza di Dio che, nella fede, incontra la debolezza umana. Pertanto, non si può parlare della nuova evangelizzazione senza una disposizione sincera di conversione".

    Infine, il ricordo del Santo Padre va al Beato Giovanni Paolo II, il cui lungo Pontificato è stato “esempio di nuova evangelizzazione”.

    All’Angelus, poi, Benedetto XVI si unisce spiritualmente al Santuario di Pompei, dove viene elevata la tradizionale “Supplica” alla Vergine Maria. Di qui, l’invito ai fedeli “a pregare il Rosario personalmente, in famiglia e in comunità”:

    “Vorrei proporre a tutti di valorizzare la preghiera del Rosario nel prossimo Anno della Fede. Con il Rosario, infatti, ci lasciamo guidare da Maria, modello di fede, nella meditazione dei misteri di Cristo, e giorno dopo giorno siamo aiutati ad assimilare il Vangelo, così che dia forma a tutta la nostra vita”.

    Nei saluti nelle diverse lingue, infine, Benedetto XVI chiede di pregare per il Sinodo, affinché “ogni cristiano sia rinnovato nella sua responsabilità di fare conoscere il Salvatore ed il suo messaggio di amore e di pace”.

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    Sinodo. Mons. Eterovic: riuniti per trovare modi nuovi di trasmettere la verità di sempre

    ◊   La nuova evangelizzazione e la trasmissione della fede: una sfida per la Chiesa dei nostri giorni, sulla quale saranno chiamati a confrontarsi nelle prossime tre settimane in Vaticano i 262 Padri Sinodali e i 94 invitati, tra esperti e uditori. Al microfono di Paolo Ondarza, il segretario generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterovic:

    R. - La trasmissione della fede cristiana è una grande sfida per la Chiesa nel nostro tempo, in una società secolarizzata. Dunque, i Padri sinodali, sotto la guida del Santo Padre, rifletteranno sulla trasmissione della fede e cioè come in questa nostra situazione odierna dobbiamo trasmettere la gioia di essere cristiani.

    D. – La nuova evangelizzazione pone sfide e accenti diversi a seconda dei contesti…

    R. – Questo è vero. Non è la stessa cosa trasmettere la fede oggi in Europa, nel mondo secolarizzato, o in Paesi dell’Africa, dell’Asia, dell’America e soprattutto America Latina. La verità, però, rimane sempre la stessa. Bisogna trovare metodi adatti, linguaggi comprensibili all’uomo contemporaneo, perché possa capire la Buona Notizia, accettarla, viverla e poi avere la gioia di annunciare agli altri, soprattutto con l’esempio della vita, ma anche – quando è necessario – con la parola.

    D. – I Padri sinodali coinvolti sono 262, la cifra più alta nella storia dei Sinodi. Presenti anche 45 esperti e 49 uditori...

    R. – Sì, il numero dei vescovi è più alto e questo mostra anche grande interesse per tema sinodale, che si percepisce molto attuale in tutti i continenti. E’ anche significativo il numero di esperti uditori – tra loro ci sono molti laici e laiche – che daranno il loro notevole contributo. Il compito della nuova evangelizzazione e della trasmissione della fede riguarda tutti. Include l’evangelizzazione ordinaria, quella che ha sempre fatto la Chiesa e sempre farà, ma ha anche due rami particolari: l’annuncio alle persone che non conoscono ancora Gesù Cristo – il primo annuncio e dunque l’aspetto missionario in senso proprio – e poi la nuova evangelizzazione rivolta alle persone che sono state battezzate e che si sono allontanate dalla Chiesa.

    D. – Cosa dire dei delegati fraterni e dei tre invitati speciali? Qual è il loro apporto ai lavori del Sinodo?

    R. – Nella prossima Assemblea sinodale, prenderanno parte capi di due Chiese cristiane che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa cattolica. L’11 ottobre, alla Messa in occasione del 50.mo dell’inizio del Concilio Vaticano II, sarà presente anche Bartolomeo I, Patriarca ecumenico, arcivescovo di Costantinopoli, e rivolgerà un saluto al Santo Padre e ai partecipanti al Sinodo. E poi, all’assemblea sinodale prenderà parte anche l’arcivescovo di Canterbury, il dott. Williams, che indicherà come gli anglicani vivono questo tema della nuova evangelizzazione e trasmissione della fede cristiana. Ci saranno poi altri 15 delegati fraterni rappresentanti di altrettante chiese e comunità cristiane, il numero più elevato. Questo mostra anche una dimensione ecumenica importante della prossima assemblea sinodale e questo vuol anche dire che l’evangelizzazione è un compito di tutti i cristiani.

    D. - E’ significativo che, a pochi giorni dall’inizio del Sinodo, il Papa abbia scelto di affidarne i lavori alla Vergine a Loreto. Potremmo dire che in questo modo, almeno spiritualmente, il Sinodo ha già avuto inizio?

    R. - Esatto. La dimensione spirituale è essenziale e durante i lavori sinodali avremo tanto tempo dedicato alla preghiera: lo Spirito Santo è il latore principale di ogni Assemblea sinodale, soprattutto quando si parla di evangelizzazione. Noi abbiamo avuto assicurazioni di tanti singoli, ma soprattutto di comunità religiose e anche monastiche, della preghiera per il buon successo del Sinodo. Questa è la nostra forza. Il pellegrinaggio del Santo Padre a Loreto è stato molto importante da questo punto di vista: Maria è stella di nuova evangelizzazione. Noi tutti siamo chiamati a ripetere quello che Maria ha fatto, quello che Maria ha vissuto, quello che Maria ha annunciato: la gioia della prossima nascita di Gesù Cristo a sua cugina Elisabetta. Noi tutti dobbiamo imitarla, cominciando ad annunciare la Buona Notizia che viviamo negli ambienti in cui viviamo.

    D. - Eccellenza, i lavori del Sinodo stanno per iniziare. Ma cosa vuol dire preparare un Sinodo come questo?

    R. - Si potrebbero distinguere tre livelli di preparazione e abbiamo già un po’ accennato alla preparazione spirituale. C’è poi una preparazione teologico-pastorale e inoltre c’è l’aspetto tecnico, che ci occupa moltissimo, fino all’ultimo minuto: qualche vescovo già nominato e ratificato dal Santo Padre che magari si ammala e non può più venire e c'è quindi bisogno di nominare un successore. O la necessità di trovare i posti dove alloggiare tutti i partecipanti al Sinodo, il pensare ai biglietti, ai posti in aula... Sono tutte cose tecniche che però ci occupano molto, ma ne siamo lieti perché rappresenta un grande servizio alla Chiesa. E’ un’organizzazione abbastanza impegnativa.

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    Assisi, concluso Cortile dei Gentili. Interviste con il cardinale Ravasi e Enzo Bianchi

    ◊   Si è chiusa ieri sera ad Assisi una nuova tappa del “Cortile dei Gentili” dedicata al tema “Dio questo sconosciuto”. Per due intense giornate la struttura vaticana del dicastero della Cultura, dedicata al dialogo con i non credenti, ha radunato nella città di San Francesco 40 relatori per nove incontri su temi spirituali, culturali, ma anche sociali ed economici. Il servizio del nostro inviato, Fabio Colagrande:

    Dal Sacro Convento alla Basilica superiore affrescata da Giotto, fino al vero e proprio cortile della piazza inferiore di San Francesco, il "Cortile" di Assisi anima i luoghi simbolici della città, rilanciando quel dialogo che va oltre la fede, per ritrovare l’antropologia di base evocata già nel colloquio inaugurale tra il presidente italiano, Giorgio Napolitano, e il cardinale Gianfranco Ravasi. Tutto esaurito, ieri mattina, per uno degli incontri più seguiti dedicato a "Contemplazione e meditazione", con il filosofo Giulio Giorello e il priore di Bose, Enzo Bianchi. “Contemplare – ha ricordato quest’ultimo - significa sempre rivolgersi a ‘un altro': anche se questo ‘altro’ per i non credenti non ha la maiuscola”. Gli ha fatto eco Giorello ribadendo l’idea di contemplazione come attività che unisce gli uomini "intelligenti", disposti cioè a "intelligere" le ragioni degli altri.

    Nel pomeriggio in piazza si parla del "Grido dei poveri" e l’economista Luigino Bruni sottolinea come la povertà nasca da un rapporto politico, relazionale, malato. La diseguaglianza non dipende dal Pil pro-capite e se non c’è l’abbraccio al lebbroso di Francesco, non bastano gli investimenti per combatterla. In chiusura, incontrando il cardinale Ravasi in Basilica, il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, rilancia l’appello all’unità per contrastare l’attuale fase di incertezza già evocata da Napolitano. “Nessuno si può tirare indietro, perciò l’Italia uscirà dalla crisi – ricorda il ministro – con un progetto che, come nel dopoguerra o negli anni bui del terrorismo, riguardi l'intera società in tutti i suoi settori". Dal canto suo, il cardinale, citando San Paolo, riconosce che la Chiesa dovrebbe contribuire al risveglio etico, condannando a voce più alta lo spreco del denaro pubblico e l’evasione fiscale. “Se non si pagano le tasse – ammonisce il cardinale Ravasi – non serve poi fare beneficenza. Resta un peccato”.

    A conclusione di questa nuova tappa del "Cortile dei gentili", il nostro inviato ad Assisi, Fabio Colagrande, ha chiesto di esprimere un'impressione e un bilancio al primo promotore di questa iniziativa, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura:

    R. - Da un lato, il discorso ha mantenuto il livello alto della comunicazione, il livello alto dei contenuti, il livello del quadro generale, della progettazione nella dimensione anche etica e politica nella terminologia più alta, nella dimensione anche religiosa più significativa. Dall’altra parte, però, c’è stata questa concretezza che è diventata soprattutto partecipazione, adesione, anelito quasi dell’assemblea che mai - in nessun’altra circostanza - ha vissuto questi temi con una sintonia, una simbiosi con chi parlava, con la convinzione che questi temi fossero nel profondo della propria esperienza. E’ per questo che il risultato è veramente straordinario.

    D. - Un tema ricorrente è stato quello delle nuove generazione e dei giovani, ai quali si guarda spesso con preoccupazione. Questo dialogo, basato su un umanesimo integrale, deve guardare soprattutto a loro?

    R. - Io ho posto il problema anche della "morte progressiva" del concetto di futuro, proprio perché l’orizzonte sembra essere così colmo di macerie o di delusioni. In realtà, noi abbiamo i giovani che, è vero, hanno chiuso occhi e orecchie rispetto al mondo in cui siamo inseriti, proprio perché non trovano degli orizzonti aperti. Tuttavia, io ho trovato - e ne ho fatto un’esperienza proprio incontrandoli in uno dei Cortili più affollati dedicati a loro - una sorta quasi di apertura e di attesa. Per cui, noi generazioni precedenti e soprattutto il mondo della Chiesa e anche il mondo della cultura laica non dobbiamo questa volta cercare di deluderli e soprattutto non dobbiamo cercare di pensare che questa generazione giovanile sia una generazione, in pratica ormai scontatamente, non dico perduta, ma sicuramente da archiviare.

    D. - Infine, che nota in più ha aggiunto al Cortile dei Gentili il teatro della città di Francesco?

    R. - Guardando nella vallata, idealmente possiamo dire che avevamo lo stesso sguardo di Francesco che vedeva questo mondo, queste campagne, queste presenze anche della natura. Dall’altra parte, però, direi anche l’arte che è in Assisi e che fa sì che anche coloro che arrivano con delle domande - penso ai giornalisti - che sono immediate, scontate e qualche volta - diciamolo - anche banali, qui idealmente stanno ad ascoltare anche qualcosa di più alto e tendono a registrare, invece, come ha voluto fare anche il presidente della Repubblica, il respiro che è il respiro della vera spiritualità e della vera laicità.

    A sottolineare l'ampio orizzonte di dialogo che le varie tappe del "Cortile dei Gentili", compresa quella appena conclusa di Assisi, hanno saputo finora sviluppare con credenti e non credenti è uno dei protagonisti dell'incontro umbro, il priore della Comunità ecumenica di Bose, Enzo Bianchi, al quale Fabio Colagrande ha chiesto di spiegare il senso profondo di questa manifestazione:

    R. - Significa proprio quello che il Concilio voleva e che Paolo VI ha sintetizzato nell’Ecclesiam Suam: la Chiesa si fa dialogo. Qui, abbiamo un’esperienza della Chiesa che si fa dialogo con tutti, con tutte le componenti di altre religioni, ma anche con quelli che non professano alcuna religione. E’ decisivo per il futuro dell’umanità che ci sia questa complicità tra credenti e non credenti nel cercare ciò che fa diventare l’uomo più uomo e, in questo senso, realizza anche la volontà e il piano di Dio sull’uomo.

    D. - Si è parlato di contemplazione e di meditazione: la Chiesa deve aver paura di altri metodi che arrivano da altre tradizioni o da altre religioni?

    R. - No, io credo che la pluralità dei metodi rappresenta tutte vie umane che possono servire anche alla meditazione e alla contemplazione cristiane. I cristiani devono solo ricordare che ciò che li salva non è un metodo, non è la meditazione, non è la contemplazione, ma ciò che li salva è ancora Gesù Cristo e soltanto Lui. Quindi, non scambieranno gli strumenti con ciò che è il fondamento.

    D. - Lei ha detto, però, che a volte c’è timidezza nel ricordare questo…

    R. - Sì, c’è timidezza, c’è paura oggi. Certamente, manca una certa speranza e una certa fiducia negli uomini e nei loro cammini. Noi siamo un po’ come paralizzati davanti a una certa audacia del dialogo. Ma il Concilio deve essere una forza che ci spinge e ci rende audaci, facendo cessare le nostre paure.

    D. - Sta per cominciare il Sinodo sulla nuova evangelizzazione, al quale lei partecipa: quali le sue speranza, i suoi auspici?

    R. - Io partecipo al Sinodo chiamato da Benedetto XVI come esperto e ho una buona speranza. Mi sembra che il cammino fatto fin qui indichi davvero una prospettiva fedele al Vaticano II su cosa sia la nuova evangelizzazione: una vera proposta di buona notizia, nessuna imposizione.

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    Il cardinale Lehmann su S. Ildegarda di Bingen: il suo esempio, una fede audace

    ◊   “Un carisma santo, profondo e scomodo”. È il titolo del lungo e appassionato discorso che ieri pomeriggio il cardinale vescovo di Magonza, Karl Lehmann, ha tenuto all’ambasciata della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede, in occasione di una Conferenza indetta per celebrare la proclamazione di Santa Ildegarda di Bingen a Dottore della Chiesa. “Per quasi 2000 anni i dottori della Chiesa sono stati esclusivamente uomini”, ha esordito il porporato, ricordando come “il periodo successivo al Concilio Vaticano II” abbia “segnato una svolta inaspettata”, poiché dal 1970 fino al 7 ottobre 2012, ha rilevato, “il destino di essere proclamate dottore della Chiesa è spettato a quattro donne”: il 27 settembre 1970 Santa Teresa d’Avila, il 4 ottobre 1970 Santa Caterina da Siena – entrambe proclamate da Paolo VI, e il 19 ottobre 1997 Santa Teresa di Lisieux, proclamata da Giovanni Paolo II.

    Ora, ha proseguito il cardinale Lehmann, a questo elenco si aggiunge Santa Ildegarda di Bingen, della quale il porporato ha ricordato i passaggi salienti della vita e soprattutto della poliedrica opera evangelizzatrice, scaturita da una intelligenza spirituale e umana fuori dal comune. “Oggi – ha osservato il vescovo di Magonza – Ildegarda si presenta a noi in tutta la sua universalità audace. Ci sentiamo attratti dall’affettuosa attenzione che ella presta alle forze risanatrici della Creazione, e dalle sue molteplici doti artistiche, ma soprattutto dalla sua intensa predicazione della fede; la sentiamo dunque vicina come donna che ha amato Cristo nella Sua Chiesa senza alcuna ingenuità e senza timore. Anzi – ha concluso il cardinale Lehmann – proprio grazie al suo contatto con il mistero di Dio fu in grado di dire la parola giusta alla sua epoca, in tutta libertà e senza alcun timore. Nella crisi dell’uomo d’oggi che stiamo affrontando, Ildegarda ha ancora molte cose importanti da dirci”. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Oggi in Primo Piano



    Filippine: storico accordo di pace tra governo e ribelli islamici per il sud del Paese

    ◊   Nelle Filippine, il governo e i ribelli islamici hanno trovato un accordo per porre fine alla ribellione nel sud del Paese, dopo 40 anni di conflitto e oltre 100 mila morti. Ad annunciarlo il presidente Benigno Aquino. Il servizio di Eugenio Bonanata:

    “Un accordo quadro per una pace lunga e duratura”: la presidenza di Manila definisce così l’intesa raggiunta con i separatisti, capeggiati dal Fronte islamico di liberazione Moro (Milf), che dagli anni settanta rivendicano l’autonomia di alcune regioni meridionali. Il protocollo, che sarà sottoposto a referendum popolare, arriva dopo diversi round di colloqui tra le parti svolti in Malaysia. La previsione è di creare entro il 2016 una regione musulmana semi-autonoma in una parte di Mindanao, che è una delle regioni più ricche di risorse naturali del Paese e quartier generale dei separatisti. Il governo, però, manterrebbe il controllo della difesa e della sicurezza, nonché la gestione della politica estera ed economica. I ribelli islamici si sono dichiarati “molto soddisfatti” per l’intesa ringraziando il presidente Aquino. La speranza dell’intero Paese - dove la maggioranza della popolazione è di fede cristiana - è di lasciare alle spalle quattro decenni di conflitto, segnati da numerosi morti e milioni di sfollati, che hanno contribuito a mantenere sottosviluppata la zona meridionale delle Filippine nonostante la massiccia disponibilità di risorse naturali.

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    M.O.: al via campagna elettorale a Ramallah per le municipali palestinesi

    ◊   E’ iniziata ieri a Ramallah la campagna elettorale palestinese per le consultazioni municipali che si terranno il 20 ottobre prossimo in Cisgiordania. Si tratta di un evento particolarmente atteso per il rinnovo delle istituzioni locali, anche in vista di un auspicato sblocco anche delle elezioni generali. Dell’importanza di questo voto e delle possibili ricadute sul processo di pace israelo-palestinese, Giancarlo La Vella ha parlato con Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:

    R. - Sono importanti, perché è il primo voto che si svolge nei territori palestinesi dal 2006. La situazione politica - dopo la vittoria di Hamas, nelle elezioni legislative del 2006 - è rimasta completamente bloccata. Queste elezioni municipali sono state rinviate già parecchie volte, mentre tutt’ora, non esiste una data in Palestina per le elezioni legislative: si parla del 2013, ma è una data ancora nell’aria nel senso che, non essendoci mai stato il famoso accordo di riconciliazione tra Fatah ed Hamas - che era previo a questa tornata elettorale – in realtà non si sono mai svolte.

    D. – La spaccatura tra Fatah ed Hamas proseguirà anche dopo l’esito di questo voto?

    R. – Assolutamente sì, ma credo che questo voto segnerà anche un dato interessante sul rapporto di forza, anche con le altre fazioni palestinesi e all’interno delle due fazioni stesse. Sia il presidente palestinese, Mahmoum Abbas, sia il leader di Hamas, Khaled Meshaal, hanno più volte manifestato la loro intenzione di farsi da parte, quindi sono importanti anche per i rapporti all’interno dei due principali schieramenti. Secondo me, bisognerà stare molto attenti anche alle altre fazioni: in questi ultimi anni, ad esempio, è cresciuta molto la presenza all’interno della società palestinese del gruppo militante alternativo ad Hamas, quello della Jihad islamica. Bisognerà vedere, al vaglio delle urne, quali fazioni avranno vantaggi. Sarà un primo termometro interessante per vedere quello che si sta muovendo.

    D. – Si parla, in questi giorni, sempre meno di Intifada. Questo vuol dire che c’è qualcosa di sopito che potrebbe riesplodere nei confronti di Israele da un momento all’altro, o che si sta risolvendo questa annosa questione?

    R. – Credo che il confronto sotto la cenere rimanga molto alto. C’è una sfiducia molto forte in un negoziato ed in un processo di pace che è ormai da due anni completamente congelato e senza prospettive. Oggi, però, la mia impressione è che l’attenzione principale in Palestina sia sui rapporti di forza interni: quei movimenti che stanno avvenendo nel mondo arabo, stanno avvenendo anche in Palestina, c’è una giovane generazione di militanti che sta cercando di venire alla ribalta. Io credo che queste elezioni municipali potrebbero anche serbare parecchie sorprese, perchè anche la situazione palestinese è rimasta per molti anni ingessata da questa spaccatura tra Fatah ed Hamas ed è fatta di leadership che ormai hanno evidentemente fatto il loro tempo. Credo che da questo processo elettorale – che finalmente sembra cominciare a delinearsi – potrebbe davvero emergere anche un ricambio generazionale all’interno della leadership palestinese.

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    Carestia in Niger. Appello del Coopi: salviamo settemila bambini

    ◊   Salvare settemila bambini in Niger dalla malnutrizione: è lo scopo della campagna che si conclude oggi, lanciata da Coopi, organizzazione umanitaria di cooperazione internazionale, fondata nel 1965 da padre Vincenzo Barbieri. Roberta Gisotti ha intervistato Jacopo Brusca dell’Ufficio relazioni con i donatori:

    R. – Il Niger, purtroppo, come il Sahel, la zona in cui è inserito questo Paese, che va dall’Ovest all’Est dell’Africa, sta affrontando un periodo di grave carestia e, quindi, conseguentemente, di malnutrizione, dovuta all’assenza delle materie prime, quindi del grano, a causa del raccolto scarso, e conseguentemente all’aumento dei prezzi del cibo. I bambini, dunque, sono le persone più colpite, la fascia più debole.

    D. – Il vostro sostegno sarà rivolto anche alle mamme...

    R. – Quello che facciamo nel progetto su cui stiamo lavorando, allestito nel distretto di Tillabéri nel sudovest del Niger, al confine con la Sierra Leone, prevede interventi di prima necessità e più urgenti a tutela della vita dei bambini stessi, evitando che si possano ripetere. Quindi, si interviene sull’alimentazione della madre, che sta per avere un bambino - perché una madre malnutrita può generare a sua volta un figlio malnutrito - ma si fanno anche dei corsi di formazione, perché uno dei grossi problemi della malnutrizione è la disinformazione che patiscono le madri stesse. Tante volte, infatti, portano il bambino ai centri nutrizionali quando ormai è troppo tardi, perché non sanno individuare le condizioni di malnutrizione dei loro figli.

    D. – Dott. Brusca, come si aderisce alla campagna?

    R. – Attraverso un sms solidale, con una donazione di 2 o 5 euro, digitando il 45509, che è il numero solidale che abbiamo a disposizione fino al 7 ottobre. L’emergenza è drammatica e quindi serve un aiuto concreto e immediato.

    D. – Come portate direttamente le somme raccolte alle popolazioni del Niger?

    R. – Tenga presente che il Coopi usa il 94% della donazione stessa, mentre solo un 6% viene utilizzato per finanziare la struttura. E’ una cifra molto, molto virtuosa perché ci sono associazioni, di cui ovviamente non faccio il nome, che hanno però una suddivisione della donazione molto diversa, che arriva tra l’80 e il 20%, e solo l’80% va sul progetto. Per cui chiunque potrà donare, sarà certo che donando un euro 94 centesimi della donazione andranno direttamente in aiuto, in questo caso, dei bambini del Niger.

    D. – Agite in Niger attraverso uffici in sede, attraverso reti di organizzazioni in loco, anche attraverso il governo?

    R. – Quello che cerca di fare Coopi è sicuramente legarsi ad associazioni locali, proprio perché è importante operare in questo ambiente non soltanto attraverso associazioni che lavorano nel Nord del mondo, ma che lavorano anche nel Sud del mondo, avendo un’idea e una percezione del lavoro necessario ad aiutare queste persone più diretto e più immediato. Noi abbiamo il nostro ufficio in Niger e abbiamo deciso di svilupparlo proprio per far fronte a questa crisi. Operiamo in partenariato con le associazioni in loco, perché la collaborazione e il partenariato sono fondanti e fondamentali per Coopi.

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    Russia. Putin festeggia i 60 anni, i dissidenti ricordano la Politkovskaja

    ◊   Giornata di festeggiamenti in Russia, in occasione del 60.mo compleanno del presidente, Vladimir Putin. In programma diversi appuntamenti celebrativi in tutto il Paese, mentre il leader del Cremlino trascorrerà la ricorrenza in privato. Di tono opposto la manifestazione organizzata a Mosca, dove – a sei anni dalla sua uccisione – si ricorderà Anna Politkovskaja, la giornalista famosa per i suoi reportage sulla guerra in Cecenia e per il suo impegno sul fronte dei diritti umani. La manifestazione era stata prima annullata dal governo russo e poi confermata. Benedetta Capelli ha intervistato in merito Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di questioni russe:

    R. – Certamente questo terzo mandato presidenziale di Putin è cominciato all’insegna di un giro di vite, di una maggiore intolleranza nei confronti della libera espressione dell’opinione pubblica. Anche questa manifestazione alla memoria della Politkovskaja rientra in questa tentazione, un pochino autoritaria, che però si scontra con il fatto che la Russia del terzo mandato di Putin non è più la Russia del secondo mandato di Putin, o peggio ancora del primo. La Russia, in questo momento, vede arrivare sulla ribalta del dibattito sociale generazioni che non hanno alcun ricordo dell’Unione Sovietica e che, quindi, non sono ricattabili con il discorso putiniano: "Lasciatemi le briglie in mano, rinunciate a parte dei vostri diritti perchè io non vi farò ritornare a quella situazione". Quindi, è tutto nuovo anche per Putin che, da un certo punto di vista, manifesta però una preoccupante stanchezza politica: non c’è innovazione, c’è il riciclo continuo di vecchie abitudini e in particolare quella di pensare che - impedendo questa o quella manifestazione di massa - si impedisca anche la circolazione delle idee.

    D. – Sul fronte della libertà di stampa, a che punto si è in Russia? C’è più diritto di cronaca, c’è più libertà oppure ci sono ancora delle denunce da fare?

    R. – Sicuramente, denunce da fare ce ne sono molte. Bisogna invece prendere coscienza che il problema in Russia è quello del rapporto tra il potere politico in quanto tale e la libertà di stampa. Qui, la questione della Politkovskaja, secondo me, è un esempio drammaticamente perfetto perchè quando venne uccisa, sei anni fa, si è subito detto - e in moltissimi l’hanno scritto - che il mandante del delitto fosse Putin. Questa è palesemente un’assurdità: la Politkovskaja era una giornalista molto famosa, molto apprezzata, molto stimata all’interno però di una cerchia intellettuale che era ed è assolutamente minoritaria in Russia. Quindi, non era un rischio reale per il potere di Putin: la Politkovskaja era molto più nota in Occidente che in Russia. Invece, il vero problema della Russia di allora, ma anche di oggi, è che ci sono potentati che hanno larghe zone di sovrapposizione con l’illegalità, che non vengono minimamente aggrediti, attaccati, minati nel loro potere dal potere politico che anzi, spesso, è loro complice e tollera le loro azioni. La Politkovskaja fu probabilmente uccisa da una congiura di militari che vedevono messi a rischio i loro interessi collegati alla guerra in Cecenia, nell’indifferenza del potere politico. Questa era ed è la vera questione della Russia.

    D. – A livello giudiziario, sulla vicenda della Politkovskaja non si è ancora raggiunta una verità...

    R. – No e io dubito che si arriverà mai a questo risultato. Si può arrivare agli esecutori, ai killer, alla manovalanza. Ma i mandanti affondano in ambienti dove l’omertà è assolutamente la regola.

    D. – Oggi, in Russia, ci sono altre Anna Politkovskaja?

    R. – Intanto, bisogna dire che molti giornalisti di spicco dell’epoca, maturati, venuti fuori al tempo di Eltsin, quando indubbiamente c’era una maggiore libertà di espressione, molti di loro sono stati eliminati oppure sono naturalmente invecchiati e quindi sono usciti dal giro. Non credo ci siano attualmente in Russia figure paragonabili a quella della Politkovskaja, anche perchè oggi in Russia non ci sono questioni così "roventi" come era la guerra in Cecenia. Le guerre in Cecenia – sia la prima quella di Eltsin, sia la seconda quella di Putin - furono veramente due discrimini, due spaccature laceranti non solo perchè la guerra lo è, ma anche perchè divisero profondamente le coscienze all’interno della Russia.

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    Caritas Emilia: cresce povertà nelle zone terremotate, meno burocrazia per ripartire

    ◊   La Caritas italiana ha chiuso ieri la fase di emergenza nelle zone dell’Emilia colpite dal terremoto di maggio dando il via ai tradizionali gemellaggi con le altre diocesi per restare al fianco della popolazione. Il direttore di Caritas, mons. Francesco Soddu, dopo una riunione dei vescovi dell’area, ha però lanciato un appello alla burocrazia a dare risposte più agili per aprire i centri comunitari polifunzionali, finanziati con le offerte raccolte dalla colletta nazionale. Queste strutture sono fondamentali per ridare speranza e normalità alla gente, ha detto don Andrea La Regina, referente Caritas per l’Emilia Romagna. Cecilia Seppia lo ha intervistato:

    R. – E’ chiaro che noi siamo per il rispetto delle regole e comprendiamo anche che dal punto di vista geologico, del sottosuolo, ci sono delle difficoltà. Però, noi chiediamo che per questi centri di comunità - che sono uno strumento socio-pastorale e un luogo in cui la comunità si riunisce per celebrare la Messa ma anche per svolgere tutte le proprie attività comunitarie, - possano essere installati al più presto, evitando una eccessiva burocrazia nell’ottenimento dei permessi. Anche perché si avvicina l’inverno ed è giusto che noi in 60 giorni, dopo aver ricevuto il permesso, possiamo chiedere alle ditte di poter installare queste strutture comunitarie.

    D. – Nonostante i fondi stanziati dal governo, che ormai hanno superato i nove miliardi di euro, e nonostante anche i fondi europei, il terremoto ha comunque ulteriormente impoverito le fasce della popolazione che già erano deboli. Voi avete registrato un aumento nella richiesta per esempio di generi alimentari?

    R. – E’ chiaro che i nostri centri di ascolto si sono moltiplicati sul territorio: non c’è soltanto quello di Cesano, ma ci sono centri parrocchiali di ascolto che captano proprio questi bisogni un po’ nascosti. Infatti, se quella degli immigrati è una realtà a cui la Caritas ha sempre riservato attenzione in Emilia e non solo, oggi abbiamo le famiglie di italiani che, o per avere perso il lavoro a causa del terremoto, o per essere in cassa integrazione, hanno difficoltà ad approvvigionarsi sia di viveri sia di vestiario. Il centro di ascolto e l’Osservatorio della povertà, che è uno strumento tradizionale della Caritas, intercetta questi bisogni e cerca di dare risposte di emergenza, ma anche risposte che diano dignità alle famiglie.

    D. – Ci sono segni di ricostruzione, di ripartenza; in questi giorni anche l’apertura di un complesso scolastico, quello del Sacro Cuore. Però, fondamentalmente, i numeri di questa tragedia rimangono importanti: ci sono ancora 2.700 persone sfollate, in tenda …

    R. – Certamente. I 2.700 sfollati, entro la fine del mese dovrebbero abbandonare le tendopoli secondo la riforma della Protezione civile che richiede che si ritorni alla normalità. Noi siamo d’accordo su questo ed è per questo che, in modo sussidiario, cerchiamo di dare attenzione a queste famiglie che diversamente non ne riceverebbero, sia per l’emergenza ma anche per un eventuale accesso al credito che aiuterebbe sia nella ricostruzione ma anche nella possibilità di riprendere la vita ordinaria.

    D. – Don Andrea, lei è lì in prima linea, insieme con i volontari alle delegazioni delle Chiese gemellate: la gente, provata da questi mesi di sofferenza, come sta vivendo, come sta reagendo?

    R. – La gente è provata. Vive con difficoltà tutte le contraddizioni del tempo. Però, ha molta speranza e la presenza dei volontari delle delegazioni sui territori aiuta in questa vicinanza e prossimità, e tutti i segnali che vengono anche dalle istituzioni danno la sensazione alle persone di poter riprendere, di poter ricostruire non solo le case, non solo le attività imprenditoriali, non solo le chiese, ma ricostruire la comunità dall’interno.

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    Le perplessità di padre La Manna dopo l'annuncio sui nuovi orientamenti per i Cie

    ◊   Entro la fine dell'anno il Ministero dell'Interno fornirà nuovi orientamenti per i Centri di identificazione e espulsione (Cie). Questo quanto annunciato ieri dal sottosegretario Saverio Ruperto. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Per la fine del 2012 il ministero dell’Interno intende adottare una serie di misure per migliorare il funzionamento all’interno dei Cie, Centri di identificazione e di espulsione. Questa è l’intenzione espressa ieri dal sottosegretario all’Interno, Saverio Ruperto, in questi giorni impegnato in un giro di ispezioni nei Cie italiani. Sarà affidato ad un tavolo tecnico, voluto dal ministro, Annamaria Cancellieri, il compito di fornire le indicazioni utili per migliorare la situazione, ma solo dal punto di vista organizzativo e gestionale perché, ha precisato Ruperto, la politica all’origine del Cie non sarà al centro dell’analisi del tavolo. Il parere di padre Giovanni La Manna, gesuita, presidente del Centro Astalli (Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati):

    R. - Quando si vede una criticità e si manifesta il desiderio di fare qualcosa è sempre positivo e quindi è un segno di speranza. Come Centro Astalli, siamo contrari ai Centri di detenzione. Va bene migliorare le condizioni delle persone che sono nei Cie, rispettandone la dignità e i diritti, ma ci aspetteremmo anche una riflessione per superare i Centri di identificazione. C’è il tentativo, solo quello, di migliorare la struttura, senza però intervenire radicalmente sull’esistenza dei Centri di detenzione: è ben poca cosa.

    D. - Padre La Manna, le indicazioni del sottosegretario Ruperto vanno proprio in questa direzione, perché lui ha precisato come l’analisi che si farà nel corso di questo tavolo tecnico, voluto dal ministro Cancellieri, non riguarderà le scelte politiche: sarà un tavolo dedicato solo ed esclusivamente a migliorare la condizione nei Cie…

    R. – Alla luce di questa intenzione, invito il Ministero dell’interno e il ministro ad andare a leggere il rapporto de Mistura. E’ stato già compiuta un’indagine da una commissione del ministero dell’Interno, quando era sottosegretario Marcella Lucidi, che volle capire come si viveva, cosa accadeva nei Cie. Fu istituita una commissione ministeriale, presieduta dall’attuale sottosegretario agli Esteri, Staffan de Mistura. Esiste quindi un bel po’ di documentazione. Non è cambiato molto dal tempo della commissione de Mistura. Migliorare, molto probabilmente, sarà un’opera strutturale e non risolverà la questione.

    D. – Padre La Manna, dalle indicazioni emerge come la questione Cie comunque non voglia essere toccata …

    R. – Sì, non vuole essere toccata. Però, in questo momento bisogna dire agli italiani quanto stia costando ciascun Centro di identificazione ed espulsione. Se poi questo, oltre ad offendere la dignità delle persone e i diritti delle persone straniere, si può giustificare agli occhi degli italiani ai quali si chiedono sacrifici e austerità, è un problema della coscienza di chi ha la responsabilità in questo momento di governare l’Italia.

    Uno degli aspetti ai quali si intende dedicare attenzione, ha annunciato Saverio Ruperto, sarà quello dell’assistenza medica. L’associazione Medici per i Diritti Umani (Medu), che opera all’interno dei Cie, non ha mai smesso di denunciare le continue violazioni della dignità e dei diritti fondamentali dei migranti detenuti nei Centri. “Il diritto alla salute per i trattenuti – ha recentemente dichiarato Medu – appare ancora meno garantito che in passato”. Alberto Barbieri è il coordinatore generale di Medu:

    R. – Plaudiamo alle buone intenzioni del governo, anche se le dichiarazioni del sottosegretario Ruperto non chiariscono poi effettivamente in che cosa consisterà il miglioramento dei Cie, questo ci preoccupa perché in questo momento non c’è bisogno di dichiarazioni di buone intenzioni, ma più che altro di atti concreti. Purtroppo, allo stato attuale dei fatti, la situazione e le condizioni di vivibilità all’interno dei Cie italiani sono estremamente allarmanti. La situazione è ulteriormente peggiorata dopo l’allungamento, nel 2011, dei tempi massimi di trattenimento, da sei ad addirittura 18 mesi. Quindi, non comprendiamo come il governo possa migliorare la situazione all’interno dei Cie senza mettere mano a una revisione profonda del sistema della detenzione amministrativa in Italia. Ricordo, tra l’altro, che le gare pubbliche che in questo momento assegnano la gestione dei vari Cie partono da una base d’asta di 30 euro per persona al giorno: un budget giornaliero per persona che tutti gli enti gestori hanno dichiarato essere del tutto insufficiente per assicurare servizi dignitosi. Che cosa verrà fatto per migliorare la situazione all’interno dei Cie, per migliorare l’erogazione dei servizi e l’assistenza sanitaria, è tutto da vedere.

    D. – L’ultima, forte, denuncia di Medu è di pochi giorni fa: avete scattato foto all’interno del Cie di Lamezia Terme che danno una testimonianza di una gravità estrema. Cosa avete visto?

    R. – Sì, anche in questo caso abbiamo riscontrato delle condizioni di vivibilità all’interno di queste strutture al di sotto degli standard minimi, trovando inoltre delle pratiche francamente sconcertanti di umiliazione o comunque di non rispetto della dignità delle persone. Nel Cie di Lamezia Terme, ad esempio, è presente una gabbia, una vera e propria gabbia, al cui interno i trattenuti si possono radere. Questa gabbia è nel cortile del Centro, quindi visibile agli altri trattenuti, al personale dell’ente gestore, alle forze dell’ordine, e quindi non assicura la minima privacy. Questa gabbia è stata inventata – come ci ha detto il direttore del Cie – per evitare che i trattenuti compiano atti di autolesionismo. Però, francamente, ci sembra una situazione che evidenzia la gravità di ciò che avviene all’interno di queste strutture, e l’inadeguatezza di questo sistema nel garantire i diritti fondamentali dei trattenuti e la loro dignità.

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    Adozioni: Tar impone realizzazione della banca dati. Esulta Ai.Bi.

    ◊   Il destino di centinaia di bambini abbandonati, ospiti delle strutture residenziali di tutta Italia, potrebbe cambiare. Il Tar del Lazio, infatti, di recente ha accolto il ricorso dell’Associazione Amici dei Bambini (Ai.Bi.) contro il Ministero della giustizia che - incaricato dalla legge 149 a creare la banca dati dei minori adottabili - in 10 anni non ha portato a termine il suo compito. Ora, lo dovrà fare entro 90 giorni. Grande la soddisfazione dell’Associazione. Al microfono di Adriana Masotti, il presidente di Ai.Bi., Marco Griffini:

    R. – E’ la conclusione di una battaglia lunghissima, durata dieci anni. Questa banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione era prevista da questa legge del 2000 – la 149 – la famosa legge chiamata “chiusura degli istituti”, ed era proprio pensata per favorire le adozioni, mettendo in rete i 29 tribunali dei minorenni. Purtroppo, di anno in anno abbiamo visto che, nel Ministero di Giustizia, questa banca dati, per motivi futili, non veniva fatta e quindi siamo dovuti ricorrere alla giustizia amministrativa, la quale ci ha dato ragione.

    D. – A che cosa servirà questa banca dati?

    R. – Pensi che in Italia, dalle informazioni che vengono prese dai vari tribunali, ci sono centinaia di bambini che non vengono adottati, perché nel tribunale di competenza - dove risiede quel bambino dichiarato adottabile - non c’è una coppia disponibile all’adozione. Lei si figuri che noi come Amici dei bambini alle volte inviamo in Brasile, piuttosto che in Russia, coppie che vanno ad adottare bambini di dieci, nove, dodici anni, quando sappiamo con certezza che ci sono dei bambini nei tribunali italiani. Il problema è che non sono in rete e che se c’è una coppia disponibile a Palermo e il bambino risiede a Milano, i tribunali non parlandosi fanno sì che quella coppia non l’adotti e che il bambino resti senza famiglia.

    D. – Stiamo parlando delle adozioni nazionali: qual è la situazione oggi, quale il numero dei minori fuori famiglia?

    R. – Noi sinceramente abbiamo solamente delle stime dei minori che attualmente sono fuori famiglia. Si parla di qualcosa come di 35 mila minori che vivono accolti nelle case famiglia, nelle comunità educative e nelle famiglie affidatarie. Ora, indubbiamente, questa banca dati dovrebbe portare chiarezza e innanzitutto far sapere se questi bambini possono essere adottati o meno. Sappiamo purtroppo che le comunità educative sono sempre più piene, perché abbiamo un dato sicuro: dieci anni fa i bambini fuori famiglia erano 28 mila e noi pensavamo e speravamo che, con la legge sulla chiusura degli istituti, questo numero diminuisse. Purtroppo le stime dicono che sono in aumento.

    D. – Ma gli istituti sono stati chiusi veramente?

    R. – Gli istituti così propriamente detti - l’istituto in Italia, per definizione, è una comunità educativa che accoglie contemporaneamente più di dodici bambini - formalmente sono stati chiusi, nel senso che non ci sono più realtà con 50, 100, 200 bambini come era dieci anni fa. Ci sono però queste comunità educative, le quali magari molte volte sono una semplice conversione degli istituti. Ad esempio, può succedere che al primo piano c’è una comunità con dodici bambini, al secondo piano una comunità con altri dodici bambini, al terzo un’altra e magari con i servizi in comune, per cui effettivamente dovrebbe essere svolta un’indagine per capire se effettivamente poi c’è stata la chiusura. Dal nostro punto di vista, ogni bambino fuori famiglia deve stare in una famiglia. E’ il rilancio dell’affido o è l’avvento di queste case famiglia, ma case veramente a misura di famiglia, dove l’accoglienza sia dedicata e svolta da una famiglia in carne ed ossa.

    D. – Famiglie e coppie che desiderano adottare o prendere in affidamento ce ne sono?

    R. – Purtroppo, stiamo assistendo a una diminuzione. Siamo passati dalle 16 mila domande delle coppie che nel 2003 chiedevano di adottare un bambino a livello nazionale, alle 9 mila del 2006. Quindi, c’è stato un crollo verticale. Quali possono essere le cause? La causa è una sfiducia nei confronti dell’istituto dell’adozione. Purtroppo, in Italia, anche per il fatto che mancava questa banca dati, le adozioni non erano più di mille all’anno, per cui le coppie nel pericolo o nella sfiducia di rimanere anni e anni in attesa addirittura rinunciavano a questa forma di accoglienza. E mentre è diminuita la richiesta di adozione, è aumentato contemporaneamente il ricorso alle pratiche di fecondazione assistita. Quindi, vuol dire proprio che si sta minando alla base la fiducia nell’accoglienza di un minore, di un minore abbandonato. Nella mia esperienza di 30 anni di padre adottivo, posso ormai dire che l’adozione di un bambino abbandonato credo sia il più grande atto di giustizia che una persona possa mai compiere nella propria vita.

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    L'Aquila, inaugurazione del nuovo Auditorium progettato da Renzo Piano

    ◊   Un luogo dove poter ascoltare musica, ma anche incontrarsi, assistere ad una conferenza o una proiezione. E’ “Auditoriumnelparco”, la nuova struttura polifunzionale che verrà inaugurata oggi pomeriggio all’Aquila, alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. La realizzazione dell’edificio, progettato dall’architetto Renzo Piano, è stata resa possibile grazie al contributo economico della Provincia autonoma di Trento. Marina Tomarro ha intervistato il presidente della Provincia, Lorenzo Dellai:

    R. - Il 6 aprile del 2009, poche ore dopo il terremoto, il Trentino era presente all’Aquila e non ce ne siamo praticamente più andati: sono state 2.758 le persone trentine che si sono date il cambio per prestare soccorso, per iniziare un’opera di ricostruzione. Abbiamo pensato - un po’ per concludere questa nostra presenza all’Aquila - che fosse utile e fosse bello fare un dono finale e questo dono finale è stato questo Auditorium, che ha progetto Renzo Piano e che abbiamo finanziato noi. Sappiamo come sia molto importante per una città riprendere la vita normale, perché vuol dire anche tornare a incontrarsi, a stare insieme, a vivere gli spazi pubblici. Pensiamo, in questo senso, di aver dato niente più che il nostro piccolo contributo.

    D. - Questo Auditorium è costruito interamente in maniera sostenibile: quali sono le sue caratteristiche?

    R. - L’Auditorium è interamente in legno, abete di risonanza delle nostre foreste di Paneveggio per la parte interna, per la parte più acustica: è una grande cassa armonica, dentro la quale ci sono le persone, c’è l’orchestra. Questo dà delle caratteristiche particolari dal punto di vista dell’acustica, ma anche dal punto di vista della sicurezza sismica, dal punto di vista della tenuta energetica. E’ un piccolo gioiellino quello che inauguriamo oggi.

    D. - Il Trentino e l’Abruzzo, quindi, uniti dall’amore per la musica, ma soprattutto per la solidarietà verso le persone colpite dal terremoto…

    R. - Questo è il messaggio più importante. E’ un segnale, credo, del fatto che l’Italia è migliore in realtà di come talvolta la si dipinge e che c’è ancora un tessuto fatto di valori importanti, fatto di responsabilità, fatto di solidarietà.

    Tra coloro che si sono impegnati alla costruzione dell’Auditorium, anche oltre 1.100 volontari della Federazione dei Vigili del Fuoco del Trentino. Ascoltiamo il presidente, Alberto Flaim:

    R. - La gente ha bisogno anche di piccole cose che manifestino un ritorno alla normalità. Anche questo Auditorium è parte di questo processo. E’ importante per la gente, è importante per tutti: per chi oggi in quell’Auditorium può esserci, ma anche per chi non c’è più. E’ anche una sottolineatura della grande amicizia che poi è rimasta tra la gente dell’Aquila e i trentini, perché è potuto nascere veramente questo momento di grande amicizia e che continua in maniera quotidiana. Io lo vedo spesso, sia con i trentini che tornano all’Aquila a ritrovare non solo i luoghi dove hanno lavorato, ma anche la gente che si è conosciuta e si è fatto amicizia, sia la gente dell’Aquila che viene spesso in Trentino proprio per rinvigorire questa amicizia.

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    Anno della Fede. Pellegrinaggio a Roma delle Canossiane. Intervista con Madre Pagiato

    ◊   All’Angelus di questa mattina erano presenti anche gli ex allievi e le ex allieve delle Figlie della Carità canossiane della Provincia Italia, a Roma per il Pellegrinaggio nazionale della fede. “Verso una fede adulta sui passi dei testimoni”: questo lo slogan dell’incontro, che ha preceduto la partecipazione all’Angelus e che ha voluto richiamare ad un impegno di vita che rispecchi i valori del cristianesimo, come spiega al microfono di Tiziana Campisi, madre Marilena Pagiato, superiora della Provincia Italia delle figlie della carità canossiane:

    R. – L’idea di questo pellegrinaggio è collegata all’esperienza che da tre anni stiamo facendo, vivendo il Convegno nazionale degli ex-allievi ed ex-allieve che hanno frequentato le nostre scuole in Italia. Itinerante – siamo al terzo anno – ci spostiamo nelle diverse regioni dove siamo presenti come comunità canossiane e quest’anno abbiamo desiderato che questo convegno diventasse il pellegrinaggio della fede. E quindi, non poteva non essere celebrato a Roma. Il Papa ci invita a uscire dal deserto per metterci in cammino verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso colui che ci dona la pienezza della vita.

    D. – Che cosa volete dire ai vostri ex-allievi e alle vostre ex-allieve, con questa iniziativa?

    R. – Vorremmo dire loro che essere credenti, essere uniti a Cristo è un’esperienza che coinvolge l’esistenza. Abbiamo fatte un po’ nostre le parole del Papa: “Che la fede diventi compagna di vita, che permette di percepire con uno sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie in loro”. Quindi, che possano riscoprire che l’essere cristiani è vivere in pienezza l’esistenza. Non è essere staccati dalla vita, ma è un vivere con amore là dove il Signore li chiama a vivere.

    D. – L’Anno della Fede: la vostra proposta è stata quella di un pellegrinaggio della fede...

    R. – Sì, qui iniziamo un percorso con questa idea di fondo: vivere la propria professione, il proprio essere marito o moglie, religiosa o prete o persona ancora in ricerca… Vivere la fede in Cristo come quella forza invasiva che coinvolge tutta l’esistenza. Essere di Cristo è un’esperienza gioiosa della vita, che non vuol dire non pensare anche al momento delle difficoltà, ma significa dire essere di Cristo, essere cristiani, persone realizzate nell’ambito della propria esistenza familiare, professionale.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: raid dell’esercito regolare su Aleppo. Ieri oltre 150 i morti

    ◊   Nuova giornata di violenze in Siria. Le forze regolari stanno bombardando la città di Aleppo dove proseguono violenti scontri iniziati la notte scorsa. Artiglieria in azione anche verso il confine con la Turchia dove, secondo testimoni, i ribelli hanno conquistato un importante avamposto militare. La tv di Stato, invece, ha riferito che nelle ultime ore diverse zone della provincia di Damasco sono state ripulite “dai terroristi”. Nell’area, l’opposizione segnala il ritrovamento di dieci cadaveri di combattenti. Ieri, il bilancio è stato di almeno 154 morti in tutto il Paese. (E.B.)

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    Presidenziali in Venezuela: appello alla calma dall’arcivescovo di Caracas

    ◊   Venezuela al voto per le elezioni presidenziali, che vedono il candidato dell’opposizione, Henrique Capriles, sfidare il capo di stato in carica, Hugo Chavez. Alla vigilia dell’appuntamento elettorale, l’arcivescovo di Caracas, il cardinale Jorge Urosa Savino, ha rivolto un appello a opporsi a ogni forma di violenza, prima, durante e dopo le elezioni. Sulla stessa linea anche gli altri leader religiosi del Paese, che venerdì scorso, assieme ad alcuni esponenti della Conferenza episcopale venezuelana, si sono riuniti a Caracas pregando per la pace e la riconciliazione ed esortando i dirigenti politici a controllare i seguaci più radicali. Dal canto suo, in una nota, il presidente uscente Chavez si è detto sicuro che il voto si svolgerà in totale tranquillità e che il popolo venezuelano saprà rispettare il verdetto delle urne. Il Consiglio nazionale elettorale comincerà a diffondere i primi dati dello spoglio dopo la chiusura dei circa 14 mila seggi prevista alle 18 ora locale (mezzanotte e mezzo in Italia). A vigilare sulle operazioni di voto, sono stati chiamati circa 140 mila soldati. (E.B)

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    Francia: massima mobilitazione dello stato contro il terrorismo

    ◊   Mobilitazione totale dello Stato francese contro tutte le minacce terroristiche. Lo ha garantito il presidente, Francois Hollande, ricevendo all’Eliseo i rappresentanti di alcune organizzazioni ebraiche, all’indomani della vasta operazione antiterrorismo che ha portato allo smantellamento di un gruppo islamico. Il bilancio è di dieci fermi e di una vittima, un uomo che aveva tentato di sfuggire alla cattura a Strasburgo. La cellula lo scorso 19 settembre ha attaccato con un ordigno di bassa potenza una drogheria kosher alla periferia della capitale. Durante le perquisizioni, è stata rinvenuta una lista di organizzazioni ebraiche e alcuni “testamenti”. Hollande ha confermato che il gruppo avrebbe colpito nuovamente nelle prossime settimane. (E. B.)

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    Anno della Fede: pellegrinaggio per la vita e la libertà promosso dai vescovi americani

    ◊   In occasione dell’ormai imminente Anno della Fede, i vescovi degli Stati Uniti hanno promosso un pellegrinaggio “per la vita e la libertà” che si terrà il 14 ottobre presso il santuario dell’Immacolata Concezione a Washington. Come riporta L’Osservatore Romano, sarà il presidente della Commissione ad hoc per la libertà religiosa della Conferenza episcopale (Usccb), mons. William Edward Lori, a presiedere la Messa, cui seguirà la recita del Santo Rosario nel primo giorno della novena dedicata alla vita e alla libertà che si concluderà il prossimo 22 ottobre. I presuli americani intendono così rinnovare il loro impegno a favore della libertà religiosa, “la più cara delle libertà”. Libertà che, come è noto, in numerosi Paesi del mondo subisce pesanti e violenti attacchi ai danni delle minoranze, in primo luogo contro i cristiani. Dalla Usccb viene ribadito, per l’occasione, che la libertà religiosa ha profonde implicazioni per il bene comune degli stessi Stati Uniti e per tutto il mondo. Nel Paese, questo tema è legato particolarmente alla tutela della vita. Da lungo tempo, i vescovi statunitensi conducono una pressante campagna di sensibilizzazione e di contrasto alle politiche volte alla diffusione delle pratiche abortive, che impongono limitazioni all’obiezione di coscienza di coloro che intendono rispettare i propri convincimenti religiosi. Si tratta, in particolare, delle nuove direttive sanitarie che, come è noto, impongono l’estensione della copertura assicurativa anche per l’interruzione volontaria della gravidanza e la contraccezione. Sul tema, sono disponibili nel sito dell’episcopato diversi sussidi e testi volti a favorire la comprensione della questione. Tra questi, il documento diffuso lo scorso aprile dal titolo “La nostra prima, più cara libertà”, richiamato, insieme ad altri, proprio per accompagnare la celebrazione del 14 ottobre. Per quanto concerne il contesto internazionale, alla nota che informa sullo svolgimento del pellegrinaggio, fa da sfondo anche un recente intervento del presidente della Usccb, il cardinale arcivescovo di New York, Timothy Michael Dolan, svolto durante una conferenza internazionale a Washington, in occasione della festa del Santissimo Nome di Maria. Il presidente dei vescovi statunitensi aveva ricordato che “l’assenza di libertà religiosa porta a terribili sofferenze umane e che, allo stato attuale, i cristiani sono il gruppo religioso che soffre per il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede”. Il pellegrinaggio del 14 ottobre si inserisce nel contesto delle iniziative che l’episcopato ha avviato per dare un rinnovato impulso alla testimonianza cristiana. Tra queste, è stato presentato recentemente anche un decalogo per l’Anno della Fede. (L. Z.)

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    Repubblica Dominicana: i Salesiani inaugurano due scuole socio-sportive

    ◊   Le prime due scuole socio-sportive nella Repubblica Dominicana sono state appena inaugurate dalla Procura delle Missioni Salesiane di Madrid e dalla Fondazione Real Madrid, in collaborazione con l’Agenzia spagnola di cooperazione internazionale per lo sviluppo (Aecid) e l’Ispettoria salesiana delle Antille. A darne notizia è l’agenzia Sir, precisando che si tratta della “Plaza Educativa Don Bosco” a Hainamosa e della Casa scuola “Domingo Savio” a Santo Domingo. Obiettivo di queste due nuove scuole, delle quali inizialmente beneficeranno 200 giovani, è utilizzare il calcio come strumento per l’integrazione sociale e così migliorare la qualità della vita dei ragazzi e delle ragazze che sono a rischio di esclusione sociale. Con la pratica sportiva, le scuole prevedono diversi servizi di supporto per i bambini e le loro famiglie, come l’accompagnamento scolastico, aule per i compiti, formazione professionale, prevenzione sanitaria, alimentazione, educazione ai valori e attività ricreative e culturali. La collaborazione tra la Procura Missionaria di Madrid e la Fondazione Real Madrid permette oggi ad oltre 2.000 ragazzi e bambini vulnerabili di partecipare a simili programmi. Attualmente, sono operative 13 scuole socio-sportive in nove paesi: Togo, Benin, Congo, Ghana, Sierra Leone, Portogallo, Brasile, Senegal e ora anche Repubblica Dominicana. (E. B.)

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    Argentina: in migliaia al 38.mo pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora di Lujàn

    ◊   Sono migliaia i partecipanti al 38.mo Pellegrinaggio giovanile al Santuario di Nostra Signora di Lujàn, patrona dell'Argentina, iniziato ieri a Buenos Aires. Oggi, ai piedi del Santuario si svolge una celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale primate argentino, Jorge Mario Bergoglio. Numerosi i partecipanti che dal 1975 intraprendono il faticoso percorso a piedi di 60 km per manifestare la loro profonda fede nella Madonna. Ad assistere i fedeli, circa cinquemila volontari e 50 postazioni sanitarie assieme ai funzionari della protezione civile. L’animazione è affidata ad agenti di pastorale - laici e religiosi - tra cui numerosi sacerdoti, seminaristi e vescovi di varie regioni del Paese. Il motto di quest’anno è “Madre insegnaci a lavorare per la giustizia”. Il responsabile della Commissione per la Pietà Popolare, padre Juan Bautista Xatruch, ha spiegato che il motto esprime il desiderio di giustizia sociale non solo a livello nazionale, ma anche quella che si realizza nella fratellanza e nell’amore verso il prossimo. I pellegrini e quelli vogliono accompagnarli virtualmente potranno seguire le trasmissioni della Catena Mariana di Fede, che riunisce più di 97 emittenti radio in onde medie e in modulazione di frequenza in tutto il paese. Intanto, la Conferenza episcopale argentina ha pubblicato un Sussidio Liturgico, preparato dal Dipartimento di Liturgia per animare e accompagnare le parrocchie e le comunità, nell’inizio dell’Anno della Fede, nelle celebrazioni del 13 e 14 ottobre in concomitanza con la Giornata Mondiale della Missione. (E. B.)

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    Save the Children presenta il rapporto su mortalità e malnutrizione infantile

    ◊   Martedì prossimo a Roma, alle 10.30, si terrà in Piazza del Campidoglio l’evento di rilancio della Campagna "Every One di Save the Children", la più grande iniziativa mondiale promossa in 64 Paesi nel mondo per fermare la mortalità infantile, ovvero la morte ogni anno nel mondo di quasi sette milioni di bambini con meno di 5 anni, per malattie facilmente prevenibili e curabili. Un terzo di queste morti ha come concausa la malnutrizione. Un dramma inaccettabile tanto più se si considera che nel mondo e in Italia si perdono e sprecano miliardi di tonnellate di cibo, come emerge dal nuovo dossier di Save the Children “WITH-OUT. Fame e sprechi: il paradosso della scarsità nell’abbondanza”. Anche quest’anno, il simbolo e lo slogan della Campagna "Every One" saranno il “Salvagioco”, un percorso ludico-educativo che vedrà coinvolti oltre 100 bambini, insieme al "Palloncino rosso" - con su scritto "Save Me" - che viaggerà lungo tutta l’Italia, attraverso 18 tappe (a partire da Roma), fino all’11 novembre. All’evento parteciperanno, tra gli altri, i giocatori della squadra di calcio della Fiorentina e saranno presenti rappresentanti istituzionali, testimonial, partner della Campagna e volontari di Save the Children. (L.F.)


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    Vaticano II: chiuso Convegno internazionale del Coordinamento teologhe italiane

    ◊   Un messaggio alla Chiesa a nome di tutte le donne. Lo hanno lanciato le oltre 200 teologhe cristiane provenienti da tutto il mondo, a conclusione del convegno teologico internazionale, dal titolo “Teologhe rileggono il Vaticano II. Assumere una storia, preparare il futuro”, che si è tenuto dal 4 al 6 ottobre a Roma. “Tantum aurora est. Donne, Vaticano II, futuro”: questo il titolo dell’evento conclusivo dell’appuntamento, organizzato dal Coordinamento teologhe italiane, che si è svolto ieri pomeriggio presso l’Auditorium di Via della Conciliazione dove immagini, parole e musiche hanno ricordato l’apertura del Concilio. Erano 23 le donne uditrici invitate al Concilio Vaticano II. E Marìa de la Luz Longoria de Alvarez Icaza, una delle due madri conciliari ancora viventi, ha aperto la manifestazione di ieri, seguita dalle testimonianze di Raniero La Valle, Paolo Ricca, Gladys Parentelli, Crispino Valenziano, Josefa Theresia Munch e dall’intervento della scrittrice Michela Murgia. “La nostra memoria in questo presente – si legge nel messaggio diffuso al termine dell’evento - sarà sacrario e semenza: custodirà il passato che siamo state e germoglierà il futuro che vogliamo essere, senza più lasciare indietro nessuna. Noi non dimenticheremo più, né lasceremo dimenticare”. (E. B.)

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    Italia: oggi si celebra la Giornata Nazionale dei Risvegli

    ◊   Riflettere intorno al coma e agli stati vegetativi promuovendo l’importanza della ricerca e un’alleanza terapeutica tra strutture sanitarie, famiglie e terzo settore. Questo l’obiettivo dell’odierna “Giornata nazionale dei Risvegli per la ricerca sul coma – vale la pena” promossa dall’Associazione di volontariato onlus “Gli amici di Luca” di Bologna sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Diverse le manifestazioni in programma in tutto il Paese per l’iniziativa giunta alla sua 14.ma edizione e il cui testimonial è l’artista Alessandro Bergonzoni. “Con la Giornata nazionale dei risvegli – afferma Fulvio De Nigris dell’Associazione 'Gli amici di Luca' e direttore del Centro studi per la Ricerca sul Coma presso la 'Casa dei Risvegli Luca De Nigris' - ancora una volta intendiamo dare voce a chi vive nella sua drammaticità l’esperienza del coma, mettendo in rete famiglie, medici e associazioni in modo da creare un sistema di cura efficiente attorno alle migliaia di persone che ogni anno entrano in coma per incidenti sul lavoro e nelle strade, per ictus, arresti cardiaci, aneurismi e intossicazioni”. (E. B).

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 281

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