Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 06/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Vigilia di apertura del Sinodo sulla nuova evangelizzazione. Il Papa proclamerà due nuovi Dottori della Chiesa
  • Il Papa alla Gendarmeria vaticana: quest'anno stima e apprezzamento ancora più intensi
  • Rinuncia e nomine
  • Sinodo e ascolto: l’editoriale di padre Lombardi
  • Messa per Pio XII. Il card. Bertone: la Chiesa non si lascia turbare dagli sconvolgimenti del mondo
  • Cortile dei Gentili. Napolitano: all'Italia serve lo spirito di Assisi. Ravasi: nuovo slancio alle coscienze
  • Processo in Vaticano: Gabriele condannato a 18 mesi di reclusione. Il legale: sentenza equilibrata
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nuovo scambio di colpi fra Turchia e Siria: torna alta la preoccupazione internazionale
  • Presidenziali in Venezuela: Chavez contro il liberista Capriles
  • Migliaia di persone in marcia in India contro gli squilibri sociali
  • Cei: preoccupa situazione in campi rom. Mons. Feroci: a Roma sgomberi disumani
  • Critiche dei bioeticisti al video choc dei radicali nel quale si promuove l'eutanasia
  • Imperia: presentato studio sul rapporto tra Bibbia, letteratura e cinema
  • Il commento di padre Secondin al Vangelo della domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nel Pacifico, l'Anno della Fede "viaggia" attraverso il web
  • Unicef Italia: acquistare un'orchidea per salvare la vita dei bambini
  • Madagascar: al via programma di integrazione scolastica per bambini disabili
  • Roma: reliquia di Giovanni Paolo II nella parrocchia di San Mauro Abate
  • Africa: “Imamma”, la prima App gratuita a favore dei parti sicuri
  • Il Papa e la Santa Sede



    Vigilia di apertura del Sinodo sulla nuova evangelizzazione. Il Papa proclamerà due nuovi Dottori della Chiesa

    ◊   Dopo la visita di due giorni fa a Loreto, Benedetto XVI si prepara alla solenne apertura del Sinodo sulla nuova evangelizzazione di domani. Alle 9.30, il Papa presiederà la Messa sul sagrato della Basilica di San Pietro, e durante la celebrazione proclamerà Dottori della Chiesa Santa medievale tedesca, Ildegarda di Bingen, e del Santo spagnolo Giovanni d’Avila, vissuto nel 1500. Sulla statuta ecclesiale di queste grandi figure, e sulle modalità di attribuzione del titolo di Dottore della Chiesa, Roberto Piermarini ha intervistato il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi:

    R. - Il titolo di Dottore della Chiesa universale è conferito a quei Santi e Sante, come appunto Santa Ildegarda di Bingen e San Giovanni d'Avila, che, con la loro eminente dottrina, hanno contribuito all'approfondimento della conoscenza della Divina Rivelazione, arricchendo il patrimonio teologico della Chiesa e procurando ai fedeli la crescita nella fede e nella carità. Da da un punto di vista teologico, essi evidenziano aspetti inediti della verità evangelica. Da un punto di vista pastorale, suscitano nei fedeli un rinnovato appello alla coerenza di vita.

    D. - Può dire qualcosa sulla eminente dottrina della badessa benedettina Ildegarda di Bingen, vissuta tra il 1098 e il 1179?

    R. - La benedettina tedesca Ildegarda di Bingen, fondatrice e badessa di due monasteri, nelle sue opere enuncia una dottrina esimia per profondità, originalità e fedeltà al dato rivelato. Animata da un'autentica carità intellettuale, ella illustra con densità di contenuto e freschezza di linguaggio il mistero di Dio Trinità, dell'Incarnazione, della Chiesa, dell'umanità. Per Ildegarda, ad esempio, l'essere umano è visto come unità corpo-anima con l'apprezzamento positivo della corporeità in ordine al merito. Che il corpo non sia stato concesso all'uomo solo come peso, lo dimostra il fatto che le anime dei santi desiderano ardentemente la riunificazione con il loro corpo mortale. Di conseguenza il compimento escatologico significa una trasformazione e una risurrezione del corpo per la vita eterna.

    D. - Cosa dire di San Giovanni d'Avila?

    R. - Lo spagnolo San Giovanni d'Avila, vissuto tra il 1500 e il 1569, fu uno dei maestri spirituali più prestigiosi e consultati del suo tempo. Ricorsero alla sua sapienza per un retto orientamento di vita, fra gli altri, Sant'Ignazio di Loyola, San Giovanni di Dio, San Francesco Borgia, San Tommaso di Villanova, San Pietro d'Alcantara, San Giovanni de Ribera, Santa Teresa di Gesù, San Giovanni della Croce. Era anche un eccellente catechista e predicatore e non tralasciò di fare un uso magistrale dello scritto per esporre i suoi insegnamenti.

    D. - Qual è la sua opera principale e quale influenza essa può avere per noi oggi?

    R. - La sua opera principale, Audi filia, è un classico della spiritualità cattolica. Altri scritti eccellenti sono la Doctrina cristiana, sintesi pedagogica per l'istruzione della fede; il Tratado del amor de Dios, un gioiello letterario, che approfondisce con sapienza il mistero di Cristo redentore e il Tratado sobre el sacerdocio. Una sua peculiarità è l’affermazione della chiamata universale alla santità per tutti i battezzati, soprattutto per i sacerdoti. Lungo i secoli i suoi scritti sono stati di grande ispirazione per la formazione sacerdotale e per l'educazione dei laici.

    D. - Come si giunge al dottorato?

    R. - Sono principalmente i pastori e i fedeli a sollecitare il Santo Padre a compiere questo passo. Per quanto riguarda Ildegarda di Bingen, ad esempio, in una delle ultime petizioni datata 1979, i Vescovi tedeschi richiedevano con insistenza il dottorato per la santa badessa benedettina. Tra i firmatari della supplica, al terzo posto c'è la firma dell'allora Cardinale Joseph Ratzinger. Ovviamente, oltre alla santità, il criterio principale per il dottorato è la verifica della eminens doctrina.

    D. - E per San Giovanni d’Avila

    R. - Il movimento per la promozione del suo dottorato ebbe inizio fin dalla sua canonizzazione, avvenuta nel 1970. Il titolo di Maestro, attribuito tradizionalmente al Santo, motivava l'ipotesi di un dottorato, promosso soprattutto dalla Conferenza Episcopale Spagnola. Veniva evidenziato il carisma di sapienza a lui conferito dallo Spirito Santo per il bene della Chiesa e l'influenza benefica del suo insegnamento sul popolo di Dio e soprattutto sui sacerdoti.

    inizio pagina

    Il Papa alla Gendarmeria vaticana: quest'anno stima e apprezzamento ancora più intensi

    ◊   "Spiritualmente presente alla Festa della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, desidero esprimere sentimenti di sincera stima e di vivo apprezzamento, che quest’anno vogliono essere ancora più intensi ed affettuosi". Lo scrive Benedetto XVI in un messaggio alla gendarmeria vaticana, in occasione della festa del Corpo celebrata ieri pomeriggio.

    Nel rinnovare la sua riconoscenza "per la fedeltà, la passione e lo spirito di sacrificio" con cui i gendarmi "prestano il loro generoso servizio al successore di Pietro" assicurando "la tutela dell’ordine pubblico e la sicurezza di quanti risiedono o giungono quotidianamente in Vaticano", il Papa prosegue il messaggio - letto ieri da mons. Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato - incoraggiando i vertici della Gendarmeria e ogni singolo appartenente al Corpo a "proseguire con serenità e fiducia nel solco della lunga e benemerita tradizione segnata dall’esemplare diligenza di tanti vostri colleghi, che - conclude Benedetto XVI hanno dato testimonianza di adesione ai più alti ideali, in conformità allo spirito evangelico".

    inizio pagina

    Rinuncia e nomine

    ◊   Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico in Danimarca, Finlandia e Norvegia mons. Henryk Józef Nowacki, arcivescovo titolare di Blera, Nunzio Apostolico in Svezia e Islanda.

    In Polonia, il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare della diocesi di Sandomierz, presentata da Mons. Edward Frankowski, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    A Malta, il Papa ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Malta il Reverendo Monsignore Charles J. Scicluna, del clero della medesima arcidiocesi, finora promotore di giustizia presso la Congregazione per la Dottrina della Fede, assegnandogli la sede titolare vescovile di San Leone.

    inizio pagina

    Sinodo e ascolto: l’editoriale di padre Lombardi

    ◊   Grande attesa nella Chiesa per l’inizio del Sinodo sulla “nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. Il grande evento ecclesiale avrà inizio domani con la Messa solenne celebrata dal Papa in Piazza San Pietro. Sul Sinodo e sulle sfide della nuova evangelizzazione, si sofferma il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava dies”, il settimanale d’informazione del Centro Televisivo Vaticano:

    Ancora una volta vescovi di tutto il mondo sono convocati dal Papa a Roma per un Sinodo. Sinodo: cioè “far strada insieme”. Per ascoltare che cosa lo Spirito del Signore suggerisce e indica per continuare la via della Chiesa nella giusta direzione.

    Al Sinodo non si viene solo per parlare, ma almeno altrettanto per ascoltare. Ascoltare insieme la Parola di Dio, ma anche ascoltare le voci e le esperienze degli altri vescovi sparsi nel mondo. Intrecciare i diversi linguaggi per riuscire a continuare a capirsi nonostante le immense diversità di situazione e di cultura, e così trovare sulle cose essenziali un linguaggio comune, che parli all’universalità della Chiesa, alla sua “cattolicità”, che vuol dire appunto “universalità”.

    L’ascolto umile e attento dell’altro fa così parte del mettersi alla scuola dello Spirito Santo. Se ciò è avvenuto in misura eccezionale nel Concilio Vaticano II, può e deve avvenire in misura minore ma reale nel Sinodo, in modo che esso rappresenti un vero tempo di collegialità dei vescovi intorno al Papa nella sollecitudine per la missione della Chiesa.

    Il tema della “nuova evangelizzazione” è assolutamente fondamentale. “Guai a me se non annuncio il Vangelo!”, diceva San Paolo con il suo tono appassionato. Le prossime tre settimane di Sinodo non sono un convegno di studio. Devono essere un tempo spirituale vissuto con intensità da chi sa che è in gioco il messaggio della salvezza, la conoscenza di Gesù nel mondo di oggi e di domani, perché “il Figlio dell’uomo, quando ritornerà, trovi ancora la fede sulla Terra”. I vescovi si ascoltino a vicenda e ascoltino lo Spirito, e noi preghiamo con loro.

    inizio pagina

    Messa per Pio XII. Il card. Bertone: la Chiesa non si lascia turbare dagli sconvolgimenti del mondo

    ◊   La Chiesa, profondamente ancorata in Dio, non si lascia turbare dagli sconvolgimenti del mondo: così, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, alla Messa celebrata stamani nelle Grotte Vaticane per l’anniversario della morte di Pio XII, avvenuta il 9 ottobre del 1958. Il porporato ha definito Papa Pacelli un “baluardo della verità e del diritto” in un tempo contrassegnato dallo scatenarsi di ideologie anti-umane e anti-cristiane. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “La solida roccia su cui è costruita la Chiesa” è costituita “inseparabilmente dalla persona di Pietro e dalla sua fede”: è quanto sottolineato dal cardinale Tarcisio Bertone nella Messa per l’anniversario della morte di Pio XII. Un Pontefice, ha detto, che ha guidato la Barca di Pietro in tempi difficilissimi in cui ideologie anti-umane e anti-cristiane moltiplicarono il loro potenziale negativo con la guerra. “La figura ieratica di Papa Pacelli - ha detto - la chiarezza e la fermezza dei suoi insegnamenti e dei suoi messaggi, la saggezza e la prontezza dei suoi interventi, furono in quei tempi autentico baluardo della verità e del diritto, ben oltre i confini della Chiesa cattolica”. Nel ministero di Pio XII, ha osservato, si vede realizzare la promessa che il Signore fece a Simon Pietro durante l’ultima Cena: “Io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”. “La capacità del Papa di respingere le insidie del maligno - ha poi sottolineato - è assicurata dalla speciale preghiera del Signore Gesù, che è sostanzialmente una preghiera per la fede di Pietro e dei suoi Successori”.

    D’altro canto, ha aggiunto, questa roccia che è Pietro poggia sulla “vera e unica Roccia che è Cristo”. Sia Pietro sia la sua fede “dipendono interamente da Gesù Cristo”. “Ecco perché - ha ribadito - ‘tra gli sconvolgimenti del mondo’ la Chiesa ha una base di appoggio solidissimo che le permette di non essere turbata, sconvolta, perché è profondamente ancorata in Dio”. Proprio questo ancorarsi in Dio, è stata la riflessione del cardinale Bertone, ha permesso a Pio XII di compiere la sua missione con efficacia, specie nelle ore in cui “dovette portare il peso di situazioni assai gravose per la Chiesa e per l’umanità”. Un peso, ha evidenziato, “aumentato dall’ansia per la sorte di diverse Chiese locali, dalle incomprensioni, dalle minacce”. Quindi, ha rammentato che non si può giudicare un ministero petrino secondo criteri meramente terreni. “L’efficacia del servizio dei Pastori della Chiesa - ha osservato - non si misura con gli stessi criteri applicabili alle società puramente terrene, perché dipende dall’azione della Grazia di Dio, è questa è frutto della Croce e opera secondo la logica della Croce”.

    Da ultimo, il cardinale Bertone ha ricordato che tra i momenti culminanti del Pontificato di Pio XII vi è stata la proclamazione dell’Assunzione di Maria. “Anche in questo – ha concluso – la Chiesa di oggi e l’intera umanità, devono essere grate” a Papa Pacelli per aver indicato che “all’orizzonte della storia brilla la stella della Madre del Redentore”.

    inizio pagina

    Cortile dei Gentili. Napolitano: all'Italia serve lo spirito di Assisi. Ravasi: nuovo slancio alle coscienze

    ◊   “Il Cortile dei Gentili”, la struttura vaticana nata per promuovere il dialogo con i non credenti, fa tappa da ieri e fino a stasera ad Assisi. Il nuovo appuntamento, dedicato al tema “Dio questo sconosciuto”, vede alternarsi 40 relatori in 9 appuntamenti. Ieri, l’inaugurazione, nella piazza inferiore di San Francesco, con un dialogo d’eccezione tra un laico e un uomo di Chiesa, il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano e il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il servizio di Fabio Colagrande:

    “Per superare la crisi attuale l’Italia ha bisogno dello spirito d’Assisi”. A dirlo, non è un religioso, ma il presidente Giorgio Napolitano inaugurando il Cortile dei Gentili nella città di S. Francesco. Il Capo dello Stato italiano ha esordito ricordando come la Nazione abbia oggi più che mai bisogno di una ripresa di slancio ideale e di senso morale, tracciando poi una diagnosi precisa:

    “La società italiana sta attraversando una fase di profonda incertezza e inquietudine, nella quale forse sarebbe da rivisitare e più fortemente affermare la nozione di ‘bene comune’ o quella di ‘interesse generale’”.

    L’incertezza che viviamo – ha proseguito il presidente tra gli applausi - nasce dalla crisi economica europea, ma è acuita in Italia dall’inadeguatezza del quadro politico, da fenomeni di degrado del costume e di scivolamento nell’illegalità che provocano il rifiuto fuorviante della politica. Da qui, l’appello a superare l’incertezza con una “straordinaria concentrazione e convergenza” ad opera di credenti e non credenti, così come accadde nel clima dell’Assemblea costituente. L’obiettivo è rianimare il senso dell’etica e del dovere, una nuova consapevolezza dei valori spirituali, dei doni della cultura e della solidarietà.

    Napolitano ad Assisi ha anche detto "no" a contrapposizioni pregiudiziali tra forze politiche che si pongono come rappresentanti dei credenti e dei non credenti, in particolare su questioni delicate inerenti a scelte delle persone e delle famiglie. Poi, l’appello finale nello spirito del Cortile:

    “Abbiamo bisogno in tutti campi di apertura, di reciproco ascolto e comprensione, di dialogo, di avvicinamento e unità nella diversità. Abbiamo bisogno cioè dello spirito di Assisi”.

    Nel suo intervento, il cardinale Ravasi ha commentato le parole del capo dello Stato italiano, esprimendo una forte consonanza in particolare sul concetto di un’antropologia di base, punto d’incontro fra laici e cattolici. “Le identità vanno affermate – ha sottolineato – ma c’è sempre una base comune che chiamiamo umanità”. E tornando sull’appello al risveglio morale il porporato ha sottolineato la necessità di voci – come quella del Presidente – che ridestino le coscienze, soprattutto in un’epoca dominata dall’amoralità e cioè “dall’arroganza nel mostrarsi immorali”.

    In un’altra sessione del Cortile di Francesco, nella cattedrale di San Rufino, si è parlato ieri sera di ‘Lavoro, impresa e responsabilità’ sociale, ribadendo la necessità di una nuova etica globale per superare la crisi nata dalla finanziarizzazione dell’economia. In particolare, Bernabè, amministratore delegato della Telecom, ha chiesto uno sforzo convergente per realizzare riforme che rilancino economia e società. Mentre la responsabile delle Cgil, Susanna Camusso, ha denunciato, da par suo, l’assenza di veri obbiettivi, anche in certe scelte del governo italiano. “I giovani non pensano di avere un lavoro, un futuro. Vivono nell’angoscia e spesso perciò hanno poca fede”.

    Tutto esaurito in sala per uno degli incontri più seguiti, stamani ad Assisi, quello dedicato a ‘Contemplazione e meditazione’, al quale hanno partecipato, tra gli altri, il filosofo Giulio Giorello e il priore di Bose, Enzo Bianchi. “La preghiera – ha detto quest’ultimo – è pensare davanti a Dio. E’ un atto che toglie ogni possibilità all’autarchia del pensiero. Meditare e contemplare significa sempre rivolgersi a ‘un altro’. Anche se questo ‘altro’ per i non credenti non ha la maiuscola”. Gli ha fatto eco Giorello ribadendo l’idea di contemplazione e meditazione come “apertura verso l’altro da sé”, come attività che, al di là delle contrapposizioni tra credenti e non credenti, unisce gli uomini ‘intelligenti’, disposti cioè a ‘intelligere’ le ragioni degli altri. Enzo Bianchi ha concluso citando il discorso di Giovanni Paolo II alla Curia romana del dicembre 1986, dedicato all’incontro interreligioso di Assisi, da lui fortemente voluto. In esso – ha ricordato – si sottolinea che l’umanità ha un’unità ben più profonda di quella che risulta dalle differenti vie religiose. Quell’umanesimo integrale che diventa sempre più la piattaforma di dialogo del Cortile dei Gentili.

    inizio pagina

    Processo in Vaticano: Gabriele condannato a 18 mesi di reclusione. Il legale: sentenza equilibrata

    ◊   Un anno e sei mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali: è questa la decisione del Tribunale vaticano nei confronti di Paolo Gabriele, l’ex assistente di camera del Papa riconosciuto colpevole di furto aggravato di documenti riservati. L’udienza di questa mattina aveva visto la requisitoria del promotore di giustizia e l’arringa del difensore. “Ho agito per esclusivo amore viscerale per la Chiesa”, “non mi sento un ladro”, ha ribadito alla Corte il maggiordomo del Papa, a conclusione del dibattimento. Padre Lombardi ha poi commentato: la possibilità della grazia da parte del Papa è molto concreta. Massimiliano Menichetti:

    Si chiude, per il momento, con una condanna a tre anni - ridotta grazie alle attenuanti a 18 mesi di reclusione - il processo a carico di Paolo Gabriele, colpevole di furto aggravato di documenti riservati. “Una condanna equilibrata”, un eventuale ricorso in appello sarà valutato “in un secondo momento”, è stato il primo commento dell’avvocato di parte, Cristiana Arru. I giudici hanno seguito il Codice penale vaticano Zanardelli e applicato l’articolo 26 della legge 50 promulgata da Paolo VI nel 1969, che introduce le attenuanti e quindi la possibilità di ridurre la pena.

    In sostanza, i giudici hanno diminuito della metà la pena vista: “l’assenza di precedenti penali, le risultanze dello stato di servizio in epoca antecedente ai fatti contestati, il convincimento soggettivo seppur erroneo di Gabriele quale movente della sua condotta e la dichiarazione di sopravvenuta consapevolezza di aver tradito la fiducia del Santo Padre”.

    “L’eventualità della grazia da parte del Papa è molto concreta”, ha ribadito il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, sollecitato dai giornalisti al termine della lettura della sentenza. “Non vi so dire tempi o modi – ha precisato – ma verosimilmente Benedetto XVI procederà” in questo senso. Padre Lombardi ha anche ribadito la piena e totale indipendenza della magistratura vaticana

    Gabriele, ora agli arresti domiciliari, questa mattina al termine del dibattimento ha nuovamente dichiarato “la convinzione di avere agito per esclusivo amore viscerale per la Chiesa di Cristo e per il suo capo visibile”. E al presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Dalla Torre, che gli ha domandato se si sentisse colpevole o meno del reato ascrittogli, Gabriele ha detto: “Se lo devo ripetere, non mi sento un ladro”.

    In precedenza, durante il suo intervento, il promotore di giustizia, Nicola Picardi, aveva escluso, per mancanza di prove, che l’ex aiutante di camera del Pontefice avesse altri complici o correi e aveva concluso la requisitoria chiedendo anche l’interdizione dai pubblici uffici di Gabriele, non accolta dai giudici.

    L’avvocato di parte, Cristiana Arru, negando il furto aveva chiesto la derubricazione del reato in "appropriazione indebita", sostenendo che si poteva "parlare di mancato rispetto dei limiti di utilizzo dei beni, da parte di Gabriele, ma non di sottrazione del bene stesso", poichè - ha ribadito - "non erano stati sottratti originali ma solo fotocopie". In subordine - il difensore - aveva comunque chiesto la riduzione al minimo della pena per il reato di furto aggravato.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore dal titolo "La novità che germoglia nel deserto".

    Nell'informazione internazionale, Pierluigi Natalia sulle elezioni presidenziali, domani, in Venezuela.

    Anche i Costituenti sapevano che siamo uomini di fronte al mistero - Vogliamo colmare il vuoto del nostro tempo: in cultura, gli interventi del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, all'incontro, ad Assisi, per il Cortile dei gentili, con un articolo di Silvia Guidi sul bene comune e la miopia dei progetti a breve termine.

    Settario ma con moderazione: l'inviato Marcello Filotei sul conferimento a Pierre Boulez del Leone d'oro alla Biennale musica di Venezia.

    Alla vigilia della proclamazione di san Giovanni d'Avila e santa Ildegarda di Bingen a "dottori della Chiesa", gli articoli del cardinale Antonio Maria Rouco Varela, presidente della Conferenza episcopale spagnola, e del vescovo di Magonza, Karl Lehmann, e un'intervista di Nicola Gori e Marta Lago al cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per la Causa dei Santi.

    A difesa della verità e del diritto: nell'anniversario della morte, il cardinale segretario di Stato ricorda Pio XII.

    La sentenza del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano al processo per la sottrazione di documenti riservati al Papa.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Nuovo scambio di colpi fra Turchia e Siria: torna alta la preoccupazione internazionale

    ◊   Ancora colpi di artiglieria al confine tra Turchia e Siria. L'esercito di Ankara ha risposto al fuoco dopo che nuovi esplosioni di mortaio sparati da territorio siriano sono esplosi nel sud della Turchia. Dopo i cinque civili uccisi giorni fa da bombardamenti siriani, la risposta e le scuse di Damasco, sembra rientrata ieri molta della tensione. Intanto, i ribelli siriani anti-regime affermano di aver conquistato un valico informale di frontiera con la Turchia, nella regione nord-occidentale di Idlib. Resta dunque alta la preoccupazione per un possibile coinvolgimento della Turchia nella guerra civile. El rischio, Fausta Speranza ha parlato con Alessandro Colombo, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Milano:

    R. - Credo che la ragione dipenda da un fallimento che avevamo già sperimentato in occasione di grandi crisi internazionali degli ultimi anni: il fallimento cioè della politica di cordone sanitario, che ora sta cercando naturalmente di evitare un allargamento della crisi siriana ai Paesi limitrofi. Il problema è che, con il prolungamento della crisi, questo allargamento diventa pressoché inevitabile: o per volontà espressa di qualche attore, oppure semplicemente per effetto di incidenti che non possono essere controllati. Non penso che la Siria e la Turchia abbiano in questo momento un qualche interesse a entrare in un conflitto armato vero e proprio. Il problema è che il conflitto in Siria non è più controllabile all’interno dei confini ,siriani e dai confini siriani quasi fatalmente tende - almeno in piccola parte finora - a tracimare altrove.

    D. - Ma si tratta di micce fuori controllo o c’è una strategia, secondo lei?

    R. - Una strategia non credo: ce ne sono probabilmente molte. La Siria è sostanzialmente collassata dal punto di vista della capacità statuale del controllo del territorio: quello che sta avvenendo - e questo almeno sembra abbastanza evidente - è l’intromissione di una serie di attori, statuali o non statuali, che stanno penetrando in Siria, ciascuno con strategie diverse e in competizione con quella degli altri. Quindi, potremmo dire che, in questo momento, la guerra civile siriana si è - senza dubbio alcuno - internazionalizzata e, internazionalizzandosi, il rischio di un allargamento del conflitto anche oltre la Siria naturalmente aumenta.

    D. - In tutto questo, c’è anche la questione curda, che fa un po’ da sfondo sia per quanto riguarda il territorio turco, sia anche per il territorio siriano…

    R. - Sì. Come sempre in questo tipo di conflitti, le minoranze diventano una sorta di arma che ciascuno può impiegare contro gli altri: è una sorta di gruppo di collegamento tra un Paese e l’altro e l’altro ancora. E’ chiaro che, tra le altre cose che teme la Turchia, c’è il rischio che la Siria come atto di disperazione sostenga la minoranza curda più radicale all’interno dei confini turchi per produrre a propria volta problemi al vicino.

    L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha lanciato di recente un nuovo allarme sul numero dei siriani costretti ad abbandonare il loro Paese: i profughi sono ormai oltre 300 mila in tutta la regione, il triplo rispetto a tre mesi fa. Tra i principali Paesi di destinazione c’è il Libano, dove la Caritas è in prima linea nell’assistenza. A Beirut, Davide Maggiore ha intervistato Kamal Sioufi, presidente del Centro per i Migranti della Caritas libanese:

    R. – Dans certain régions, nous étions les premiers...In alcune regioni, noi siamo stati i primi a iniziare il lavoro: in buona parte della regione della Bekaa, per esempio, Caritas Libano è stata la prima organizzazione che ha cominciato a prendere contatti sul posto e che quindi ha cominciato a portare aiuto. In altre regione abbiamo lavorato soprattutto insieme all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) e ad altri organismi locali, che sono molto impegnati in piccoli villaggi e in piccole zone. Noi siamo al Nord e là sono presenti molti siriani, ma siamo presenti anche nella Bekaa dove c’è ancora un buon numero di siriani. Attualmente abbiamo poi un programma con Acnur, ugualmente al sud, dove ci occupiamo dell’accoglienza delle famiglie, avendo così una panoramica generale della situazione, e dove prepariamo gli aiuti che vengono consegnati sul posto, ma anche direttamente quando andiamo presso di loro per visitarli e per distribuire quanto è gli necessario.

    D. – Circa il 30 per cento dei rifugiati siriani hanno passato la frontiera tra la Siria e il Libano in modo irregolare e ci sono quindi anche dei rischi per loro…

    R. – Quand quelqu’un travers le frontière di un façon illégal…
    Quando qualcuno passa la frontiera in Libano in modo illegale, risiede in Libano in modo illegale! Certamente poi, non importa quale sia la ragione, se viene fermato e se non ha documenti che provano un passaggio regolare attraverso la frontiera, sarà soggetto ad essere imprigionato o anche ad essere direttamente espulso dal Libano verso la Siria. Ma la cosa sulla quale io vorrei attirare l’attenzione è soprattutto la questione dei numeri. Fino ad oggi, ci sono 80 mila siriani che si sono registrati presso l’Acnur: certamente questo, però, non è il numero reale, perché ci sono molti siriani che hanno paura e che non vogliono dare il loro nome all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati perché temono che il loro nome venga poi consegnato alle autorità siriane. Un’altra cosa importante da sottolineare è che in un anno e due mesi il numero non ha mai superato 32 mila e poi soltanto in poche settimane – 3-4 settimane – sono passati da 32 mila a 80 mila. Abbiamo assistito a un esodo che è stato molto più importante rispetto a tutto l’anno passato.

    D. – Circa un quarto della popolazione dei rifugiati siriani ha tra i 6 e i 14 anni: si tratta, quindi, di bambini. Quali sono i loro bisogni specifici?

    R. – Certainement le besoin spécifique des enfants…
    Certamente, il bisogno primario dei bambini è prima di tutto la scolarizzazione: non si può tenere i bambini tutto l’inverno sotto una tenda, in una sistemazione provvisoria o presso i propri parenti senza che ci sia almeno una certa formazione. La scolarizzazione risulta, però, essere molto problematica poiché il livello scolastico non è lo stesso di quello assicurato nelle diverse scuole libanesi. Quindi, anche se il governo libanese ha chiesto a tutte le scuole pubbliche di aprire le loro porte agli studenti e agli allievi siriani, il problema è ancora un problema relativo al livello. Quindi ancora una volta sarà importante il ruolo delle Ong, che potrebbero riunire questi allievi in piccoli gruppi di lavoro per portarli allo stesso livello dei programmi libanesi, consentendogli così di poter proseguire i corsi nelle scuole libanesi. Certamente questo rappresenta un problema molto grave, perché si stima che tra i rifugiati vi siano circa 40 mila studenti che dovrebbe prendere parte a questo programma: ma bisogna anche tener contro che vi sono famiglie più fortunate, più agiate, che non hanno dato il loro nome all’Alto Commissariato perché non hanno bisogno di aiuto, ma che sono qui, in territorio libanese, e che hanno bisogno di inserire i loro figli nelle scuole private.


    inizio pagina

    Presidenziali in Venezuela: Chavez contro il liberista Capriles

    ◊   Il Venezuela, domani, alle urne per le elezioni presidenziali. Dopo 14 anni, il capo dello Stato uscente, Hugo Chavez, si trova di fronte un concorrente temibile: il 40enne Henrique Capriles. Una sfida incerta, quella tra i due candidati, tutta incentrata sui programmi sociali e di sviluppo del Paese latino-americano. Sul possibile risultato del voto, Giancarlo La Vella ha intervistato con Roberto Da Rin, esperto di America Latina del "Sole 24 Ore":

    R. – Nessuno può dire come finirà. Fino a poche settimane fa, gli istituti di sondaggio davano Chavez abbondantemente in vantaggio. Poi, però, negli ultimi giorni hanno tutti fatto marcia indietro e, quindi, nessuno esclude un colpo di scena.

    D. – Quali sono le differenze nella politica dei due candidati, che si sono evidenziate in campagna elettorale?

    R. – In campagna elettorale le differenze ci sono state, naturalmente; però Capriles – che è un candidato che si oppone ovviamente alla linea di Hugo Chavez – alla fine ha "rincorso" Chavez sullo stesso terreno, dichiarandosi lui stesso un socialista di mercato, dicendo che non avrebbe di certo abbandonato le politiche familiari che Chavez ha messo in piedi 14 anni fa. E, quindi, si è mostrato molto meno frontale di quanto tutti si sarebbero aspettati, perché ormai da 14 anni, in Venezuela, ci sono diverse realtà, come i programmi sociali, gli assegni familiari, i libri e le scuole gratis, presidi medici nelle favelas, che ormai sono riconosciuti anche dagli avversari politici di Chavez, come anche Capriles, e non sono più messi in discussione.

    D. – Come i venezuelani guardano a questo confronto?

    R. – Il grande merito di Henrique Capriles è che ha saputo coagulare un’opposizione che fino a quest’anno era sempre stata molto frammentata. Non dimentichiamo che nelle precedenti tornate elettorali non aveva mai saputo esprimere un candidato capace davvero di fronteggiare Chavez. Quindi l’elettorato venezuelano guarda alle elezioni, forse, con maggiore interesse rispetto al passato, perché capisce che la battaglia politica è aperta. D’altra parte, gli organismi internazionali sostengono che il sistema elettorale venezuelano è "pulito". Questo non accade in tutti i Paesi latinoamericani; e quindi, aspettiamo domani per vedere che cosa succederà.

    inizio pagina

    Migliaia di persone in marcia in India contro gli squilibri sociali

    ◊   Circa 35 mila persone sono partite giorni fa da Gwalior, città al centro dell’India settentrionale, per raggiungere Nuova Delhi in una marcia di 350 chilometri. Attraverseranno cinque Stati e si stima che arriveranno ad essere 100 mila. Protestano per la difficile situazione delle comunità emarginate, escluse dallo sviluppo. A causa dell’industrializzazione del Paese, i terreni agricoli tendono sempre più ad essere destinati alle fabbriche. Delle ragioni della imponente marcia in India, Fausta Speranza ha parlato con il prof. Arduino Paniccia, docente di Studi strategici all’Università di Trieste:

    R. – Le ragioni sono ragioni strutturali che l’India, nuova potenza mondiale e faro di democrazia nel continente asiatico, non ha tuttavia risolto. Non c’è stata mai una vera riforma agraria nazionale: il problema delle caste – che è un problema gravissimo – è stato affrontato con degli espedienti ma le caste, sostanzialmente, sono rimaste e inficiano molto la democrazia indiana. Non c'è stato poi nelle parti marginali del Paese lo sviluppo che si è invece naturalmente registrato nelle zone più industrializzate o dove vi è la nuova tecnologia, come il software e la parte elettronica. Quindi, il Paese presenta oggi dei gravissimi squilibri che, in qualche modo, coloro che marciano in questo lungo cammino verso la capitale di New Delhi vogliono mettere in evidenza. Incominciano a pensare che questi problemi non troveranno una soluzione a breve.

    D. – Che idea si è fatto? Si tratta di una partecipazione trasversale, di diversi ceti sociali, di diverse regioni...

    R. – Il tentativo, diciamocelo, da parte governativa è quello di far credere che la manifestazione sia soprattutto dei senzaterra e sia confinata a coloro che sono più in basso nella scala sociale dell’India moderna. In realtà, questo non è vero. Il richiamo del corteo ai valori della "Grande marcia" di Gandhi è un richiamo molto più profondo di quello che il governo voglia fare apparire: è anche – uso un’espressione pesante – "eversivo" non nel senso che i partecipanti siano violenti, ma perché incrina l’immagine di grande Paese in sviluppo, di grande potenza che invece nasconde grandi problemi. L’iniziativa, dunque, è assolutamente trasversale e non bisogna credere che sia ristretta a una massa di poveri contadini: comunque, il 70% degli indiani è ancora fuori dal vero sviluppo.

    D. – Diciamo una parola sull’influenza sulla regione, su tutta l’Asia…

    R. – La marcia avrà un impatto molto forte anche nei Paesi vicini, anch’esso inaspettato. Infatti, la verità è che in tutto il Sudest asiatico - al di là delle trionfali dichiarazioni ai vertici di Apec, Asean, le grandi organizzazioni, e al di là di quanto giornalisticamente viene affermato - molti Paesi sono in crisi o stanno andando verso una crisi abbastanza profonda che li ha colpiti. Quindi, il caso della grande marcia dell’India non rimarrà isolato. Paesi che sembravano avere spiccato il volo – uno per tutti, il Vietnam – sono ripiombati in uno stato di depressione e in molti il fermento è veramente forte. L’importante è che la marcia e i suoi obiettivi rimangano, appunto, non violenti. Per certi versi, il grande "boom" asiatico sta incominciando a mostrare la corda.

    inizio pagina

    Cei: preoccupa situazione in campi rom. Mons. Feroci: a Roma sgomberi disumani

    ◊   I vescovi della Commissione Cei per le migrazioni esprimono preoccupazione per “la ripresa degli sgomberi dei campi in alcune città italiane, senza un preciso progetto abitativo futuro”, annullando la prospettiva “indicata dall’Europa e recepita in un recente Piano di integrazione nazionale”. Su questa emergenza, che riguarda in particolare rom e rifugiati, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore della Caritas diocesana di Roma, mons. Enrico Feroci:

    R. - Quanto è stato detto sia per i rifugiati e soprattutto per i rom, corrisponde esattamente a quanto, purtroppo, è avvenuto e sta avvenendo in questi giorni. Ho esperienza diretta di recente, soprattutto per quanto riguarda il mondo dei rom. Venerdì scorso, il campo di Tor de’ Cenci è stato sgomberato. Lo sgombero è avvenuto in modo molto violento. Le autorità pubbliche - la polizia, i vigili - si sono presentate alle 7.30 con le ruspe, e hanno distrutto le abitazioni delle persone che ci vivevano già da tanti anni e che il Comune di Roma aveva costruito. Le hanno distrutte davanti ai miei occhi, e davanti agli occhi esterrefatti delle famiglie che hanno portato fuori dalle loro abitazioni quello che potevano. Delle persone sono rimaste sotterrate durante questo sgombero. Sono rimasto addolorato nel vedere gli occhi dei bambini, sui quali sarà senz’altro rimasta impressa l’immagine di questa violenza della distruzione. C’erano una novantina di bambini.

    D. - Dove sono state portate le persone sgomberate dal campo di Tor de’ Cenci?

    R. - Tutte queste persone sono state prese e portate in un grande stanzone alla Fiera di Roma, con l’indicazione che, quando sarebbe stato pronto un campo attrezzato, li avrebbero trasferiti. La mia domanda, quella dell’uomo della strada, è stata molto semplice: che motivo c’era di una tale preoccupazione? Quando c’è un terremoto, un’inondazione si prendono le persone e - giustamente - si portano dove c’è un campo sportivo, dentro una palestra. Ma qui le persone vivevano dentro le loro case, dove c’era luce, acqua. Lì adesso sono stati sistemati in un grande ambiente, in un grande stanzone. Fuori ci sono solamente 15 bagni chimici e solo cinque o sei fontanelle. Quando sono stato lì, sono rimasto veramente con il cuore addolorato, nel vedere tutte le persone che vivevano in promiscuità. Quando sono arrivato stavano distribuendo il cibo, erano seduti per terra con i piatti di carta. Questo è veramente disumano e io mi sono permesso di dirlo ad alta voce sia alle autorità pubbliche sia all’opinione pubblica, perché non si può ammettere nella nostra situazione, nelle nostre città, nella nostra cosiddetta "civiltà", che avvengano delle discriminazioni di questo tipo.

    D. - Occhi esterrefatti, cuori addolorati: però, ci sono purtroppo anche troppi occhi indifferenti...

    R. - Ci sono occhi indifferenti e occhi che vorrebbero giustificare questi sgomberi. Mi è stato detto che lo sgombero è stato fatto perché potevano esserci tanti delinquenti, perché c’erano situazioni igienico-sanitarie che potevano produrre malattie. È come se in un palazzo ci fosse una famiglia che delinque e l’intero palazzo venga distrutto. L’ambiente si ripara, si mette apposto, ci si sta dentro, ci si spende per poter far crescere queste persone. Contemporaneamente, però, c’è l’indifferenza. Ma quello che più mi addolorato è che ci sono persone che hanno esultato davanti a un fatto del genere. Si sono visti dei manifesti per la città che inneggiavano a quello che è avvenuto. Questo è doloroso. E’ proprio doloroso vedere oggi, nel 2012, cose di questo genere.

    inizio pagina

    Critiche dei bioeticisti al video choc dei radicali nel quale si promuove l'eutanasia

    ◊   Sta sollevando molte polemiche la campagna choc dei radicali, diffusa su internet, nella quale si cercano malati terminali che chiedono l’eutanasia. “Agghiacciante cinismo mascherato da humor nero” è quanto si legge in una nota del Centro di Bioetica dell'Università Cattolica di Milano. Quali i sentimenti di fronte a questa campagna? Benedetta Capelli lo ha chiesto allo stesso direttore del Centro di Bioetica, Adriano Pessina:

    R. - Direi che si è indecisi tra l’indignazione e la profonda tristezza, perché utilizzare in modo cinico questioni così serie come quelle dei malati terminali, la loro sofferenza, il loro dolore, per fare una campagna pubblicitaria a favore dell’eutanasia - che è la negazione di ogni tipo di assistenza e di centralità del paziente - è qualche cosa che sconvolge e che addolora, perché non si pensava che la nostra civiltà potesse ancora accettare queste cose.

    D. - È un po’ speculare sul dolore e sulla sofferenza?

    R. - Sì è il solito modo con cui, comunque, si strumentalizzano i vissuti delle persone e questo, a mio avviso, va a ledere davvero la dignità delle persone. Poi, il messaggio è anche sconvolgente perché, in qualche modo, nei comunicati stampa che lo accompagnano si gioca su una serie di equivoci: si mette insieme l’eutanasia con il diritto di rifiutare i trattamenti, con la questione delle cure palliative. Quindi, si crea anche una grande confusione.

    D. - L’Associazione Luca Coscioni ha più volte ribadito che la politica si è fermata di fronte al problema dell’eutanasia a fronte delle numerose richieste in Italia. C’è un dato di realtà in questo?

    R. - Io credo assolutamente di no. Questo dato di realtà funziona solo se si confrontano le carte, cioè se con la parola eutanasia si coprano situazioni tra di loro assolutamente differenti. Io credo che il punto fondamentale sia questo: in un momento in cui c’è una crisi economica, il welfare stesso in crisi, la questione decisiva sembra essere - invece di dare una risposta in termini di sollievo dolore, di assistenza - quella di promuovere una sospensione delle cure e di promuovere la fine della vita stessa. Io credo che l’Associazione Luca Coscioni stia facendo davvero un pessimo servizio alle persone che in questo momento chiedono attenzione, chiedono di essere sollevate dalla solitudine, chiedono comprensione.

    D. - Come si sta comportando la politica di fronte ai tanti malati che hanno bisogno di essere assistiti anche in fase terminale?

    R. - Noi crediamo davvero che le questioni dei pazienti giochino o passino attraverso il tema della politica? Io su questo continuo a nutrire molti dubbi. Credo che in questi anni la politica abbia fatto pochissimo perché ha dimenticato una cosa fondamentale, cioè quella di dare un aiuto, un sostegno a quelle famiglie che in qualche modo oggi si trovano ad affrontare le situazioni dei malati terminali, le situazioni e le spese che riguardano il fine vita. Questo dovrebbe fare la politica, ma a me sembra che oramai la politica sia impegnata nelle beghe interne ed abbia dimenticato questo tema.

    inizio pagina

    Imperia: presentato studio sul rapporto tra Bibbia, letteratura e cinema

    ◊   “Il volto e gli sguardi: Bibbia, letteratura, cinema”: è il titolo del volume che viene presentato oggi pomeriggio a Imperia nel corso di una tavola rotonda organizzata dall’Associazione “Mons. Nicolò Palmarini” e dall’Istituto Teologico Diocesano di Albenga-Imperia. Docenti di alcune università italiane di diverso ambito storico e scientifico approfondiscono l’orizzonte cristologico nel quale si stagliano film di ieri e di oggi, andando a scoprire inedite tracce di letteratura e arte cristiana che hanno attraversato i secoli approdando sul grande schermo. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Il volto è quello di Cristo, adombrato nelle pieghe del dolore e della solitudine, descritto seguendo i Vangeli oppure immaginato dai testi apocrifi, contemplato e interpretato attraverso gli sguardi del cinema, arte che in modo unico riesce a fondere testo scritto e immagine in movimento. Lo spazio di approfondimento non può essere lasciato in mano soltanto a chi il cinema lo fa e lo studia: per questo, docenti di discipline diverse legate al cristianesimo e alla sua storia nei secoli si sono date appuntamento a Imperia due anni fa per discuterne e oggi presentano gli atti di quel convegno. Cristianisti, storici dell’arte e della letteratura cristiana antica, hanno scelto film cristologici di ieri e di oggi e hanno studiato e messo in evidenza le tracce di spiritualità cristiana approfondendo in senso dinamico e vitale la materia cinematografica. I risultati sono stati di estremo interesse, come spiega Sandra Isetta, docente presso l’Università di Genova, che ha ideato con passione questo incontro e curato con grande cura il volume.

    R. – “Il volto e gli sguardi”, che inizialmente si intitolava “E la parola si fece film”, non è altro che la prosecuzione di un progetto culturale che le Giornate genovesi di cultura cristiana intendono perseguire. Per cui, non c’è solamente la ricerca della testimonianza o biblica o letteraria cristiana antica, ma c’è la ricerca di trovarne gli ulteriori sviluppi, la continuità: in altri termini, come questa parola venga continuamente riutilizzata e come l’ultimo sbocco sia proprio quello della parola filmica. Qui abbiamo isolato tre sezioni, di cui una sulla figura di Gesù, sul come venga recepita, e ovviamente per alcuni passaggi abbiamo dovuto rifarci anche all’arte. Alcune immagini di Gesù, infatti, specialmente nei tre grandi film che vengono citati – quelli di Pasolini, di Zeffirelli e di Gibson – abbiamo dovuto consultare anche uno storico dell’arte, perché l’arte ha impressionato tantissimo la produzione filmica, come è ovvio e come è giusto che sia. Inoltre, noi abbiamo tenuto conto anche della letteratura apocrifa, perché in relazione alla produzione filmica presenta delle affinità piuttosto stringenti. Noi potremmo dire, infatti, che nel cinema moderno si tenti di scavare in queste figure - in primis Cristo e poi figure della sua famiglia, Maria e così via – per offrirne una visione, proprio in senso letterale, al pubblico, che è un po’ la stessa esigenza che si avvertiva nei primi secoli cristiani, quando di Gesù, della Vergine Maria, si voleva conoscere più di quello che i Vangeli narravano.

    inizio pagina

    Il commento di padre Secondin al Vangelo della domenica

    ◊   Nella 27.ma domenica del tempo ordinario, il brano del Vangelo di Marco presenta l’episodio in cui alcuni farisei avvicinano Gesù e per metterlo alla prova gli domandano se sia lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma Cristo risponde loro:

    “L'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto”.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo la riflessione del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Tema delicato e insieme spinoso quello del Vangelo: la fedeltà solida nella vita matrimoniale. I farisei sembrano interessati solo a giocare con i drammi, a provocare Gesù con questioni che meriterebbero molta più delicatezza e rispetto. Per loro il legame reciproco sta in piedi solo se il marito vuole, lui ha la libertà di romperlo come gli pare, anche per un capriccio. Una visione puramente maschilista.

    Gesù vuole riportare al sogno iniziale di Dio: una unione che fonde insieme carne e cuore, sogni e fecondità; fusione che riempie la vita e non la imprigiona, assume la vita dell’altro come parte della propria, una dualità che è come salvezza al mio fianco. Gesù invita allo stupore e alla meraviglia per questo cercarsi e donarsi che, nonostante tutte le crisi e le ferite, sempre fiorisce e può rifiorire ancora attraverso il perdono e la grazia di cuori abitati dalla grazia di Dio, puliti, sereni e solidi.

    L’abbraccio finale ai bambini completa l’insegnamento: accettare i bambini, amarli con cuore generoso e sincera tenerezza fa parte del regno che viene. Gesù ne è esempio e prova: li prendeva fra le braccia, li benediceva. Che bello!

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Nel Pacifico, l'Anno della Fede "viaggia" attraverso il web

    ◊   “L’Anno della Fede è per noi cattolici del Pacifico un’opportunità tempestiva, di immenso valore, per approfondire la nostra fede. Lo faremo attraverso seminari, conferenze, programmi di formazione e catechesi, in piena comunione con la Chiesa di Roma, anche se siamo dall’altra parte del mondo. Lo faremo soprattutto grazie ai nuovi strumenti come il web". E’ quanto dichiara all’Agenzia Fides, mons. Paul Donoghue, vescovo di Rarotonga, nelle Isole Cook, responsabile delle Missioni nella Conferenza Episcopale delle Isole del Pacifico. Il presule sottolinea che “i circa 20mila fedeli cattolici delle Cook amano il Santo Padre e sono pronti a seguire le sue indicazioni, vivendo l’Anno della Fede, studiando e migliorando la propria formazione”. “Le difficoltà e le sfide – spiega – sono soprattutto quelle relative alla enorme distanza fra le isole dell’arcipelago e fra le comunità, anche piccolissime, sparse a migliaia di chilometri. Ci aiuta molto – conclude – l’utilizzo, per fini pastorali, delle nuove tecnologie della comunicazione, che accorciano le distanze: programmi pastorali, discorsi del Papa, interventi dei vescovi viaggiano via email e raggiungono le comunità nei posti più remoti. In tal modo si coltiva la comunione e si avverte la vicinanza”. (L.F.)


    inizio pagina

    Unicef Italia: acquistare un'orchidea per salvare la vita dei bambini

    ◊   “L’Orchidea Unicef: cogli l’occasione salva la vita ai bambini”. E’ Lo slogan scelto per un’iniziativa di solidarietà che si svolge, oggi e domani, in circa 2 mila 500 piazze italiane. Un contributo minimo di 15 euro per un’orchidea, l’unica pianta fiorita in questo periodo dell’anno che simboleggia l’obiettivo della manifestazione: garantire ai bambini un futuro pieno di colori. Coinvolti migliaia di volontari e decine di volti noti, capitanati dall’attore Lino Banfi nelle vesti di ambasciatore Unicef e di testimonial d’eccezione. La finalità pratica è quella di sostenere intereventi salva-vita per i più piccoli in diversi Paesi dell’Africa centrale e occidentale. Ogni anno – ricorda però l’Unicef – quasi 7 milioni di bambini sotto i 5 anni muoiono per cause prevedibili e per malattie curabili. Si tratta di 19 mila decessi al giorno: un dato inaccettabile benché in continua diminuzione. Ed è proprio questa la notizia: sconfiggere la mortalità infantile è possibile, ma c’è bisogno dell’aiuto di tutti. I proventi dell’iniziativa, realizzata in collaborazione con Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, serviranno a promuovere la “strategia accelerata per la sopravvivenza e lo sviluppo della prima infanzia”: si tratta di un pacchetto integrato di interventi con vaccinazioni, alimenti, vitamina A, zanzariere e altri strumenti necessari per la sopravvivenza dei bambini. (L.F.)

    inizio pagina

    Madagascar: al via programma di integrazione scolastica per bambini disabili

    ◊   In Madagascar è in fase di attuazione il programma di integrazione scolastica diretto ai bambini diversamente abili. Il percorso prevede un laboratorio per giovani con disabilità visiva, fisica e intellettuale mentre sono circa 400 gli insegnanti che hanno ricevuto una specifica formazione sull’insegnamento. L’agenzia Fides ricorda che nel Paese quasi 200 mila bambini sono esclusi dall’istruzione scolastica perché portatori di disabilità. I genitori preferiscono non mandarli a scuola per evitargli di essere emarginati e perché sono convinti che inviare un bambino con disabilità a scuola sia una perdita di tempo e di denaro. Nel 2008 il governo, attraverso un decreto, ha introdotto un programma per la loro inclusione. Tuttavia, l’anno successivo è stato bloccato: in seguito al colpo di stato, infatti, il budget per l’istruzione venne ridotto notevolmente, limitandolo ai finanziamenti dei benefattori e passando da 82 milioni di dollari nel 2008 a 14,9 milioni. Così, al fine di coprire i costi per gli stipendi degli insegnanti, le autorità locali hanno imposto il pagamento delle tasse scolastiche provocando un aggravio delle spese in capo alle famiglie. Di conseguenza le iscrizioni scolastiche sono diminuite. In particolare si è passati dall’83,3 % del 2005 al 73,4% del 2010. In alcune zone del Paese il tasso scende al 55%, mentre si calcola che un quarto dei bambini - circa un milione di bambini – non vada a scuola. Ed è aumentato anche il numero di quelli che abbandonano gli studi: su 100 che iniziano la scuola elementare, 25 non arrivano al secondo grado e solo 33 frequentano la scuola secondaria. Peggiore la situazione per i piccoli disabili, con un tasso di iscrizione dell’11%. (E.B.)

    inizio pagina

    Roma: reliquia di Giovanni Paolo II nella parrocchia di San Mauro Abate

    ◊   Una reliquia contenente il sangue del Beato Giovanni Paolo II verrà esposta domani a Roma, alle ore 18, presso la cappella del SS. Sacramento nella parrocchia di San Mauro Abate. A presiedere l’inaugurazione – riporta l’agenzia Zenit - il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. “Si tratta di un ritorno di Giovanni Paolo II nella nostra parrocchia a distanza di trenta anni dalla sua visita pastorale del 9 maggio 1982”, dichiara il parroco don Giancarlo Graziano. “Fu lui – prosegue - che desiderò fortemente la costruzione nel quartiere popolare del Laurentino di questa chiesa e della sua canonica, non previste nel breve tempo”. L’esposizione della reliquia – conclude – “è un modo per mostrare la nostra riconoscenza a questo indimenticabile Papa, oltre che un’occasione per tutti i fedeli e i parrocchiani di pregare e chiedere delle possibili grazie, visto che ormai è Beato (speriamo presto Santo) e può meglio intercedere per noi presso il Padre”. Il reliquiario si colloca nella parte destra della circolare della Cappella del SS. Sacramento – appena restaurata secondo il progetto e la consulenza del prof. Andrea Braciarlini, architetto esperto in arte liturgica – che è adibita per le celebrazioni in piccoli gruppi e organizzata intorno all’importante Tabernacolo frontale in travertino e all’Altare lapideo centrale. (E.B.)

    inizio pagina

    Africa: “Imamma”, la prima App gratuita a favore dei parti sicuri

    ◊   "Imamma", la prima App gratuita per le donne in gravidanza e i ginecologi, ha deciso di sostenere "Medici con l‘Africa" Cuamm e il progetto “Prima le mamme e i bambini". Sviluppata in collaborazione con medici specialisti qualificati a livello internazionale, "Imamma" offre alle future mamme la possibilità di monitorare il progresso della gravidanza dal proprio iPhone. Attraverso l'app sarà possibile calcolare la data presunta del parto, ricordare gli esami da compiere, cercare articoli scientifici, immagini ecografiche in 3D e 4D, alimenti consigliati, controllo peso e persino “conta calcetti”. Ogni anno sono 265mila le madri africane che muoiono per cause legate alla gravidanza: molte di queste potrebbero essere salvate garantendo l'assistenza sanitaria di base. L‘applicazione "Imamma" permette di accedere all'area “Solidarietà”, dove è possibile conoscere e sostenere il progetto per garantire l'accesso gratuito al parto sicuro e la cura del neonato in 4 ospedali di Angola, Uganda, Tanzania, Etiopia. (L.F.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 280


    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.