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Sommario del 04/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa a Loreto affida a Maria le speranze del mondo: senza Dio l'egoismo prevale sull'amore
  • L'entusiasmo dei 10 mila fedeli che hanno accolto il Papa a Loreto, la partecipazione delle autorità civili
  • Attesa ad Assisi per la nuova tappa del Cortile dei Gentili
  • Al via Convegno internazionale sul Concilio. Il Papa: lodevole iniziativa su evento sempre vivo
  • Musei Vaticani. Conferenza internazionale sulla tutela del patrimonio etnografico
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Scontri e morti sul confine tra Turchia e Siria. Damasco chiede scusa ad Ankara
  • Presidenziali Usa: Romney si aggiudica il primo dibattito contro Obama
  • Centro Astalli: preoccupazione per la sorte di 20 mila migranti in Italia
  • 20 anni fa l’accordo di pace per il Mozambico, promosso da Sant’Egidio. La testimonianza di Andrea Riccardi
  • Medici di famiglia: impauriti dalla crisi gli italiani tagliano le cure
  • "Verso l'Anno della fede": incontro dei docenti universitari di Roma
  • Ad Assisi le celebrazioni per San Francesco, Patrono d'Italia
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Alto Egitto: due bambini copti arrestati per blasfemia
  • Esplosioni ad Aleppo: per mons. Nazzaro la città colpita al cuore
  • Amnesty: scomparso un noto avvocato cristiano per i diritti umani
  • Pakistan: a Faisalabad marcia cristiano-islamica per la pace e la libertà religiosa
  • “Ecclesia in Medio Oriente” allo studio di cristiani e musulmani della regione
  • Darfur: quattro caschi blu nigeriani uccisi in un agguato
  • Madagascar: ucciso per rapina un sacerdote gesuita
  • Haiti. Rapporto Onu: ancora 400 mila terremotati nelle tendopoli
  • Il cardinale Maradiaga: "La povertà è il più grande nemico della pace”
  • Germania: il cardinale Marx invoca un'Europa della solidarietà
  • Svizzera: “Scoprire la fede”, iniziativa triennale dei vescovi
  • Facebook: raggiunto un miliardo di utenti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa a Loreto affida a Maria le speranze del mondo: senza Dio l'egoismo prevale sull'amore

    ◊   “Nella crisi attuale che interessa non solo l’economia, ma vari settori della società, l’Incarnazione del Figlio di Dio” ci invita alla speranza, ci dice che anche nei momenti difficili non siamo soli: è quanto ha detto il Papa oggi durante la Messa a Loreto in occasione dei 50 anni del viaggio nella città marchigiana di Giovanni XXIII e per raccomandare alla Vergine il Sinodo sulla nuova evangelizzazione e l’Anno della Fede. Benedetto XVI ha affidato alla Madre di Dio le difficoltà che vive il nostro mondo alla ricerca della pace e i problemi delle famiglie e dei giovani che guardano al futuro con preoccupazione. Circa diecimila i fedeli presenti. Il servizio del nostro inviato Alessandro Guarasci:

    Per Loreto, per le migliaia di pellegrini che ogni anno arrivano qui per pregare nella Santa Casa oggi è una giornata di festa. Sono almeno in cinquemila nella piazza antistante la Basilica e altrettanti nelle vie limitrofe al Santuario, dove sono stati allestiti due grandi maxischermi. La folla saluta con gioia il Papa quando entra nella piazza, ricalcando le orme di Giovanni XXIII che 50 anni fa arrivò a Loreto per affidare alla Vergine il Concilio Vaticano II. Benedetto XVI si sofferma in preghiera nella canta Casa, celebra la Messa sul sagrato della Basilica, ribadendo che “senza Dio l’uomo finisce per far prevalere il proprio egoismo sulla solidarietà e sull’amore, le cose materiali sui valori, l’avere sull’essere”:

    “Bisogna ritornare a Dio perché l'uomo torni ad essere uomo. Con Dio anche nei momenti difficili, di crisi, non viene meno l’orizzonte della speranza: l’Incarnazione ci dice che non siamo mai soli, Dio è entrato nella nostra umanità e ci accompagna”.

    L’umanità vede venire meno tanti punti fermi, ma nulla è perduto se si segue il Vangelo. Benedetto XVI poi si rivolge direttamente ai pellegrini: dove abita Dio, dobbiamo riconoscere che siamo tutti a casa. Ed è la fede che può determinare la vera svolta della nostra vita, anche se a volte “abbiamo paura che la presenza del Signore possa essere un limite alla nostra libertà”:

    “Ma è proprio Dio che libera la nostra libertà, la libera dalla chiusura in se stessa, dalla sete di potere, di possesso, di dominio, e la rende capace di aprirsi alla dimensione che la realizza in senso pieno: quella del dono di sé, dell’amore, che si fa servizio e condivisione”.

    Poi il Papa mette in luce una particolarità della Santa Casa di Loreto: essa fu collocata su una strada. E questo sta a significare che “non è una casa privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti, che sta, per così dire, sulla strada di tutti noi”. Ed allora, ecco l’affidamento a Maria:

    “In questo pellegrinaggio vorrei affidare alla Santissima Madre di Dio tutte le difficoltà che vive il nostro mondo alla ricerca di serenità e di pace, i problemi di tante famiglie che guardano al futuro con preoccupazione, i desideri dei giovani che si aprono alla vita, le sofferenze di chi attende gesti e scelte di solidarietà e di amore”.

    Ma il Papa affida alla Madonna anche questo tempo di grazia per la Chiesa: tra pochi giorni infatti si apre l’Anno della fede e il Sinodo dei Vescovi. Due avvenimenti importanti che hanno come fine ultimo la nuova evangelizzazione.

    Al termine della Messa, il pranzo al Centro "Giovanni Paolo II", con il saluto agli organizzatori della visita. Alle 17.00, la partenza in elicottero da Loreto e il rientro in Vaticano dopo circa un'ora.

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    L'entusiasmo dei 10 mila fedeli che hanno accolto il Papa a Loreto, la partecipazione delle autorità civili

    ◊   Oltre diecimila persone hanno, dunque, accolto il Papa a Loreto. Grande l’entusiasmo dei fedeli che hanno partecipato all’evento. Sentiamo alcune voci, seguite dalle riflessioni del sindaco di Loreto, Paolo Niccoletti, e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, nella città marchigiana in rappresentanza del Governo Italiano. Le interviste sono stare raccolte da Alessandro Guarasci:

    (Voci di due fedeli)
    R. - E’ un’emozione forte. E’ una cosa mai vista, è una cosa bellissima, stupenda. E’ una grazia!

    R. - E’ una emozione grande, immensa. E’ una carica che ci dà in questo periodo un po’ particolare e poi in un Santuario così importante che il Papa ama tanto. E’ una grazia veramente grande, grande!

    D. – Sindaco Niccoletti, soddisfatto di com’è andata a Loreto?

    R. – Sono soddisfatto per la visita del Santo Padre, per la prova che ha dato la città di Loreto e per come la comunità ha risposto alle celebrazioni e alle invocazioni del Santo Padre.

    D. – Questo sicuramente rafforzerà anche i pellegrinaggi verso Loreto?

    R. – E’ chiaro che Benedetto XVII, con la sua presenza, ha confermato l’importanza di Loreto per tutto il mondo cattolico.

    D. – Sottosegretario Catricalà, il Papa ha fatto un accenno alla crisi economica e sociale. Secondo lei, può essere superata anche con più valori umani?

    R. – Soprattutto con più valori umani: questo l’ha detto anche il nostro presidente Monti. Dobbiamo cominciare a ricrescere, ritrovando la nostra identità personale e nazionale. Noi abbiamo imposto dei sacrifici ai cittadini italiani come governo e questi sacrifici sono stati accettati e capiti. Questo ci dà la certezza che riusciremo a fare dell’Italia, di nuovo, una grande nazione anche dal punto di vista economico. Noi abbiamo immaginato ed attuato una serie di programmi e il primo era quello di riportare i conti dello Stato in regola. Adesso abbiamo avviato una fesa di crescita e di sviluppo: quello che noi speriamo - già da questa sera - è anche di varare un decreto legge sullo sviluppo e sulla crescita. Questo è un pezzo di ciò che è stato già fatto e di ciò che ancora vogliamo fare.

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    Attesa ad Assisi per la nuova tappa del Cortile dei Gentili

    ◊   “Dio questo sconosciuto. Dialogo tra credenti e non credenti” è il tema della nuova tappa italiana del “Cortile dei Gentili” che si tiene il 5 e 6 ottobre ad Assisi per iniziativa del Pontificio Consiglio della Cultura, dei francescani del Sacro Convento e dell'Associazione Oicos Riflessioni. Ad aprire i lavori, venerdì pomeriggio alle 17, saranno il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, e il cardinale Gianfranco Ravasi, con un colloquio che sarà trasmesso in diretta dalla Radio Vaticana. Il servizio di Fabio Colagrande:

    E’ stato ribattezzato il “Cortile di Francesco”, questo nuovo appuntamento della struttura vaticana nata su iniziativa di Benedetto XVI per promuovere il dialogo con i non credenti. Le due giornate di confronto spaziano su tematiche attuali, come la crisi economica, il lavoro, l’ambiente, i giovani e il dialogo interreligioso, rileggendole nella prospettiva della fede anche alla luce dell'insegnamento di San Francesco. Lo spiega padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento d'Assisi:

    “A noi interessa poter fare un sano rumore per poter dire alla Nazione: ‘Non esiste solamente il gossip, la superficialità: c’è anche gente che pensa, che lavora, che cerca di proporre idee per edificare il cuore dell’uomo. Questo confronto, poi, non avviene tra militanti, tra credenti e non credenti che militano con una loro idea, ma avviene tra persone che con cuore puro e mente pura desiderano dialogare, aprirsi all’altro. E oggi, in una società che si scontra abbiamo bisogno, invece, di immagini dove l’uomo si incontra”.

    Saranno nove gli incontri del “Cortile di Francesco” e quaranta i relatori, esponenti di culture e approcci diversi alla spiritualità, come Umberto Veronesi, Ermanno Olmi, Susanna Camusso, Luigino Bruni, Umberto Galimberti, Moni Ovadia ed Enzo Bianchi. Torna inoltre ad Assisi, dopo l’ottimo esordio a Palermo nel marzo scorso, l’originale esperienza del “Cortile dei bambini” con una giornata, realizzata con la collaborazione dell’Agenzia spaziale italiana, dedicata a un tema francescano reinterpretato in chiave scientifica: “I giorni della creazione e il Big Bang”. Patrizia Martinez è la responsabile del “Cortile dei bambini”:

    “I bambini, nel Cortile dei Gentili, costruiscono ponti di amicizia tra una città e un’altra, tra un Paese ed un altro: questo è un apporto non indifferente al Cortile stesso, anche perché i bambini portano con sé le famiglie e tutti i luoghi in cui vivono. Portano le grandi domande della vita, perché un bambino già a quattro anni chiede: ‘Quando muoio, dove vado? Come si nasce?’, tutte domande fondanti della nostra vita. I bambini si stupiscono di sentire il mare dentro a una conchiglia e a vedere le foglie che cadono e la neve. Questo stupore lo porteremo anche a tutti i grandi del Cortile dei Gentili. Con il Cortile dei bambini qui, ad Assisi, stiamo assistendo a una cosa veramente splendida: il famoso tam-tam dei bambini. Ne stanno arrivando tantissimi e infatti dovremo ripetere due volte le rappresentazioni dell’Agenzia spaziale. La caratteristica del Cortile dei bambini è anche che tutto ciò che viene fatto, è atto di volontariato. Praticamente, i nostri sponsor sono sponsor di 'cuori'. Anche l’Agenzia spaziale ha abbracciato immediatamente questo progetto, non appena ho raccontato di questa iniziativa, come anche l’Ufficio scolastico umbro coinvolgendo tutte le scuole umbre. I partecipanti per eccellenza saranno i bambini delle scuole elementari di Assisi".

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    Al via Convegno internazionale sul Concilio. Il Papa: lodevole iniziativa su evento sempre vivo

    ◊   Ha preso il via, ieri in Vaticano, il Convegno Internazionale di Studi sul tema: “Il Concilio Ecumenico Vaticano II alla luce degli archivi dei Padri Conciliari”, nel 50.mo dall’apertura della grande assise ecclesiale. Una due giorni promossa dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche, in collaborazione con l’Università Lateranense che è stata salutata da un messaggio del Papa a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, in cui Benedetto XVI esprime “paterna vicinanza e compiacimento per la lodevole iniziativa”. Il servizio di Cecilia Seppia:

    “La testimonianza e le memorie dei Padri Conciliari e di quanti furono diretti protagonisti dell’assise contribuiscono a mantenere vivo davanti ai nostri occhi l’affresco di quell’evento che tanto ha significato per la vita della Chiesa”. Così, il Papa in un messaggio inviato per l’apertura del Convegno internazionale in Vaticano che si propone di ripercorrere appunto i passi salienti del Concilio Vaticano II, utilizzando criteri prettamente storici e scevri da ogni ideologia. L’obiettivo è quello di promuovere ancora una volta lo studio e la comprensione di quell’avvenimento che ha portato la Chiesa ad un provvidenziale "balzo in avanti", come ha spiegato il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano:

    "Bisogna rileggerlo considerando la grande ispirazione che Giovanni XXIII ebbe: quella di far fare un balzo innanzi alla Chiesa, come egli stesso dice, e all’interno di questo evento leggere tutti i documenti conciliari in unità, soprattutto le quattro grandi Costituzioni. Allora, la Chiesa emerge come un soggetto che è generato dalla Trinità, fondato su Cristo Gesù, che è come un’ellisse, che possiede due fuochi: un fuoco che La rivolge sempre al suo Signore ed un altro alla Salvezza degli uomini. Credo comunque che la Chiesa stia facendo questo cammino nel nostro tempo, che è anche cammino di assimilazione, di recezione del Concilio. Dopo tutti i grandi Concili, sono stati necessari molti decenni prima che questa assimilazione venisse fatta. Quindi, sono comprensibili tutte le fatiche che sono nate nel post-Concilio. Tuttavia, a me sembra che questa recezione sia progressivamente in atto".

    Nella sua prolusione in apertura dei lavori il cardinale Scola si è soffermato su tre punti salienti: il soggetto del Concilio che è la Chiesa stessa per mostrare la continuità del suo cammino all’interno della grande riforma che l’Assemblea ha rappresentato; l’indissolubile unità tra l’evento del Concilio e i documenti conciliari; infine l’interpretazione della sua indole pastorale, spunto imprescindibile del compito missionario della Chiesa e anche dell’imminente Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione. Ancora il cardinale Scola:

    "L’indole pastorale, secondo me - per come l’aveva posta Giovanni XXIII – è, appunto, il carattere, la destinazione salvifica della Chiesa, cioè: la Chiesa altro non è se non il Sacramento della presenza di Gesù, che viene incontro all’uomo per salvarlo e per redimerlo. La pastorale è questo, non è tanto l’invenzione di pratiche, di tecniche. Questo deve essere testimoniato da ogni cristiano personalmente e comunitariamente, in tutti gli ambienti dell’umana esistenza".

    Dunque, "ripartire dagli archivi", riprendere in mano le fonti, diari, appunti, memorie private di non facile reperibilità, visto anche l’altissimo numero di vescovi impegnati 50 anni fa, nei territori di missione per capire come i Padri conciliari hanno reagito di fronte all’Assemblea per antonomasia che dopo mezzo secolo rilancia la sfida di allora: attualizzare quei principi nel contesto culturale, farli recepire dai cristiani e dall’intera società civile. L'arcivescovo di Milano:

    "Quello che il Santo Padre, Benedetto XVI - prima di lui Giovanni Paolo II e anche Paolo VI – hanno, appunto, cominciato a chiamare la “Nuova Evangelizzazione”. Soprattutto nei 'mondi' come l’Europa, che sono stati evangelizzati molti secoli fa, noi notiamo un affaticamento, una stanchezza. Talora è un pregiudizio, per cui molti pensano di sapere cos’è il cristianesimo, senza più viverlo. Allora, è molto necessario in questo contesto che la Chiesa si esprima attraverso comunità vitali - dentro le parrocchie, dentro le diocesi, dentro le associazioni e i movimenti – nelle quali si fa l’esperienza di come Gesù va all’incontro dell’uomo e rivela all’uomo la grande vicinanza di Dio; a tutti gli uomini. Questo è tanto più importante in una società plurale come la nostra".

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    Musei Vaticani. Conferenza internazionale sulla tutela del patrimonio etnografico

    ◊   Conoscere e approfondire gli studi sulla materia Terra attraverso le collezioni etnografiche per conservare le identità e condividere le responsabilità dei patrimoni culturali del mondo. Questo il tema della seconda conferenza internazionale “Sharing Conservation”, che vedrà riuniti, oggi e domani in Vaticano, esperti di tutto il mondo nel campo del restauro e della conservazione. L’incontro è organizzato dal Laboratorio Polimaterico del Museo Etnologico dei Musei Vaticani. Sull’importanza di questo museo e le ragioni della conferenza, Michele Raviart ha intervistato padre Nicola Mapelli, curatore delle raccolte etnologiche dei Musei Vaticani:

    R. – Questo museo è una voce aperta sui popoli di tutti il mondo. Sono custodite più di 80 mila opere d’arte e oggetti che provengono dall’Asia, dall’America, dall’Africa, dall’Oceania … Abbiamo oggetti della preistoria, di arte precolombiana e di arte islamica. Quindi, non c’è continente, non c’è opera storica che non sia rappresentata in questo museo. Infatti, quello che per noi è importante non sono gli oggetti in se stessi, considerati come opere d’arte, ma gli oggetti come ambasciatori culturali. Per noi è importante che ogni singolo oggetto, un vaso, un dipinto, una maschera, racconti la storia del popolo che l’ha creata.

    D. – Come nasce il museo e come vengono acquisiti i reperti?

    R. – Le radici del Museo etnologico sono lontanissime: nasce dalla tradizione di effettuare donazioni e doni al Papa, nel corso dei secoli. Questi doni vengono dall’Asia, dalla Cina e dall’America – quando si è aperta l’epoca delle grandi scoperte sono arrivati doni al Papa, continuamente e da tutto il mondo. Il dono più antico che abbiamo porta la certificazione del 1692 e si tratta di cinque manufatti precolombiani di una etnia – i Tayrona – dell’odierna Colombia. Poi, nel 1925 ci fu una grande esposizione qui, in Vaticano, organizzata da Papa Pio XI, per mostrare l’apertura della Chiesa cattolica nei confronti dei popoli, delle culture, delle religioni e delle spiritualità. Al termine dell’esposizione, che fu un grande successo, visitato da oltre un milione di persone, il Papa disse: “Dobbiamo realizzare un Museo permanente”. Da allora, la collezione è cresciuta soprattutto grazie alle donazioni fatte ai Papi.

    D. – Una volta arrivati i reperti, qual è il lavoro dei Musei Vaticani?

    R. – La prima fase è sicuramente quella di presentare questi doni al direttore e al Pontefice; poi passano al Laboratorio Polimaterico, coordinato dalla dottoressa Stefania Pandozy, dove vanno soggetti ad una prima analisi, ad un primo controllo.

    D. – Il tema della conferenza sulla conservazione e il restauro di quest’anno, è la terra. Perché questa scelta?

    R. – Questo argomento – la terra – non è stato scelto casualmente, anche perché il termine terra può avere una duplice valenza: sia il materiale che viene utilizzato per creare gli oggetti, sia il pianeta Terra. Quindi, si è voluto giocare un po’ su questo duplice significato del termine per ricordare la passione ecologica del Museo etnologico: per noi è molto importante questo concetto di rispetto nei confronti dell’ambiente, di protezione dei popoli indigeni dalle minacce nei confronti dei loro territori da parte di compagnie minerarie, della deforestazione… Il secondo significato è legato al fatto che l’uomo, questo essere creativo, sa sfruttare questo elemento che è la Terra per creare oggetti sia di uso quotidiano – come può esserlo una ciotola per bere – ma poi anche creazioni che assumono il livello di produzioni artistiche.

    D. – E’ imminente la beatificazione di Catrina Tekhakwita, che sarà la prima santa nativa nordamericana. Come si prepara il Museo etnologico a questo avvenimento?

    R. – Proprio in occasione di questo avvenimento, esporremo due classi di oggetti. Anzitutto, metteremo in mostra una pipa di pace, un calumet che fu donato a Papa Giovanni Paolo II da un nativo americano che siamo riusciti a ricontattare in occasione dell’Incontro di Assisi del 1986; in secondo luogo, metteremo in mostra anche le statue di uno scultore tedesco che si chiamava Ferdinand Pettrich: sono statue molto belle e sono uniche nel loro genere perché nella prima metà dell’Ottocento questo scultore fu uno dei primi a prendere i nativi americani come modelli.

    D. – Il legame tra uomo e oggetto da lui creato è per voi molto importante, tanto che spesso cercate i discendenti di chi ha donato gli oggetti al Museo …

    R. – Nel nostro Museo sono conservati oggetti – soprattutto maschere – che furono donate dagli Yagan, una etnia della Terra del Fuoco, intorno agli anni Venti. Sono andato nella Terra del Fuoco e ho ritrovato la figlia dell’informatore che ha raccolto questa maschera, e lei mi ha raccontato una storia molto toccante perché questa donna – che ormai ha 84 anni – è l’ultima che parla la lingua di questa etnia. E questo per noi è importante, perché dimostra che dietro ad un oggetto c’è la storia di un popolo e nel caso specifico, la paura per una cultura che rischia di andare perduta. E noi vogliamo tenere viva questa cultura.

    Ma come si prepara il Laboratorio Polimaterico a questa conferenza? Michele Raviart lo ha chiesto a Stefania Pandozy, responsabile del laboratorio, al quale lavorano sette donne:

    R. – Siamo molto emozionate e molto onorate di ospitare questo evento. Siamo state incoraggiate anche dalla grande adesione alla giornata, che era stata organizzata lo scorso anno. I laboratori di restauro, negli ultimi anni, hanno avuto veramente una grande trasformazione e sono diventati proprio dei cantieri aperti. Attraverso l’esperienza e il rapporto continuo con curatori come padre Mapelli, che ci insegna ad allargare il nostro orizzonte a Paesi e mondi diversi, abbiamo sentito proprio l’esigenza di confrontarci con gli studiosi, con gli operatori che lavorano oltre i nostri confini.

    D. – Quale metodologia di lavoro impiegate?

    R. – Noi in questi anni stiamo avendo contatti con tutto il mondo orientale, cercando di unire le metodologie, le competenze occidentali con quelle che sono invece le competenze del mondo orientale, di confrontare i diversi approcci e cercare di cogliere le parti migliori da entrambe le esperienze.

    D. – Il tema di quest’anno è la valorizzazione della materia "terra". Praticamente, il Laboratorio come lavora la terra, nel senso più vasto del termine?

    R. – Il desiderio è proprio quello di muoverci verso nuove dimensioni, che rispettino anche nella scelta dei materiali, dei metodi, l’ambiente e l’uomo. Quindi, vorremmo cercare di andare verso un restauro sostenibile, che non intervenga in modo aggressivo, violento, nei confronti della materia, proprio perché noi intravediamo al di là della materia un mondo immateriale, intangibile, che è portatore di messaggi e di valori, che sono più ricollegati all’uomo che alla materia.

    D. – Chi parteciperà a questa conferenza?

    R. – In genere noi apriamo un bando di concorso attraverso il web. Abbiamo avuto più di 25 richieste di partecipazione che provengono da tutti i continenti. Abbiamo l’Africa, l’America Latina e tutte le rappresentazioni di approcci sia al patrimonio etnografico che alla conservazione delle collezioni.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del direttore sulla visita di Benedetto XVI a Loreto.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'alta tensione fra Ankara e Damasco.

    In cultura, un articolo di Marcella Serafini dal titolo "Colloqui scolpiti nel cuore": tra il 1942 e il 1945 padre Gabriele Allegra e padre Teilhard de Chardin si incontrarono spesso a Pechino.

    A proposito del libro "La Biblioteca Apostolica Vaticana", Agostino Paravicini Bagliani sulla Guida ai fondi manoscritti, numismatici e a stampa; Paolo Vian sui nuovi spazi voluti da Leone XIII; Paolo Portoghesi sul Salone Sistino oggi.

    Se basta un roditore: Cristian Martini Grimaldi su cosa intendiamo quando parliamo di Rete.

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    Oggi in Primo Piano



    Scontri e morti sul confine tra Turchia e Siria. Damasco chiede scusa ad Ankara

    ◊   Damasco ha chiesto ufficialmente scusa ad Ankara. Ieri cinque soldati siriani sono stati uccisi in un bombardamento turco in risposta al tiro di mortaio che dalla Siria ha colpito la Turchia, uccidendo cinque civili. Per il regime siriano si è trattato di un incidente che non si ripeterà più. Mosca aveva caldamente esortato Assad a compiere questo passo per stemperare i venti di guerra tra i due Paesi. Poco prima dell'arrivo delle scuse formali, il parlamento turco, approvando una mozione del premier Erdogan, aveva autorizzato operazioni militari in territorio siriano per un anno, anche se un esponente governativo si era affrettato a dichiarare che Ankara non vuole la guerra. Da parte sua, la Nato, di cui la Turchia fa parte, ha intimato a Damasco uno stop agli attacchi. Anche l’Onu, per voce del segretario generale Ban Ki-moon, ha ammonito la Siria a rispettare i Paesi vicini. Resta comunque l'allarme per un allargamento del conflitto fuori dai confini siriani. Ma cosa può aver spinto Damasco a violare i confini della Turchia? Roberta Gisotti lo ha chiesto al prof.ssa Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni Internazionali all’Università di Firenze:

    R. - Nessuna decisione logica e politica, o forse la voglia di colpire ribelli e profughi che erano oltre confine, oppure, un momento di sbandamento e di follia. Di tutti i Paesi che sono intorno alla Siria, la Turchia è il più importante: è un Paese non arabo, quindi neanche legato ai vecchi legami della Lega Araba, ed è anche il più forte - ancora più forte di Israele.

    D. - La Nato, chiamata in causa dalla Turchia, ha intimato a Damasco uno “stop” immediato ad altri atti aggressivi, ed anche l’Onu ha ammonito la Siria; ma le parole della Comunità internazionale finora non sembrano aver impressionato Assad…

    R. - Assad non si fa impressionare, lui sta combattendo non solo per conservare il suo regime, ma anche e soprattutto per la sua vita e quella di tutto il clan, tutto il settore che lo sostiene, che sono letteralmente con le spalle al muro. Non si arrenderanno. Certo, colpire la Turchia mette in ballo non soltanto un nuovo atteggiamento da parte dell’Onu - dove pian piano la Russia rimane sempre più isolata nel suo sostegno ad Assad - ma rischia di far intervenire quell’altra cosa, molto più operativa, che è la Nato: non che la Nato abbia intenzione di scattare subito - in base all’articolo che prevede il casus belli di attacco verso un membro - ma la Nato può avviare una serie di meccanismi, anche indiretti di aiuto tramite la Turchia, e questi possono esser dannosi per Assad. Il gesto di ieri sera non è stato ben valutato ma, d’altra parte, credo che a Damasco il regime abbia perso ogni serio criterio di valutazione.

    D. - Questo potrebbe compromettere il sostegno su Assad da parte, appunto, di alcuni Paesi come la Russia?

    R. - Può darsi di sì: perché la Russia, a sua volta, ha complessi rapporti con la Turchia per via del Caucaso ed altre questioni non da poco. Diciamo che questa estrema imprudenza di un regime che sta morendo, complica la vita anche al suo unico alleato, cioè la Russia e questo a Mosca non deve essere stato molto gradito.

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    Presidenziali Usa: Romney si aggiudica il primo dibattito contro Obama

    ◊   E’ durato un’ora e mezza il primo faccia a faccia tra i due candidati alla presidenza americana, ieri a Denver, in Colorado. Lo sfidante repubblicano Mitt Romney è apparso deciso e aggressivo nel colpire l'avversario sui temi di economia e lavoro, mentre il presidente in carica, Barack Obama, è risultato sulla difensiva, incapace di incalzare il suo avversario. Da New York, il servizio Elena Molinari:

    E’ arrivato al primo dibattito della stagione elettorale in una posizione di debolezza, e forse anche per questo Mitt Romney ha spiccato nel confronto per la sua prestazione forte. Il faccia a faccia fra i due candidati era sui temi di politica interna e si è consumato quasi completamente sull’economia. E’ stata un’occasione per gli americani per sentire i due avversari spiegare nei dettagli cosa intendono fare per creare nuovi lavori in America. “L’ho detto sempre - ha esordito Barack Obama - che avrei lottato ogni giorno per la classe media; quella promessa l’ho mantenuta e continuerò a lottare per questo”. Lo sfidante repubblicano invece ha smentito di voler difendere solo gli interessi dei più ricchi, e ha promesso invece di “sedersi a un tavolo con repubblicani e democratici per lavorare insieme, e affrontare le sfide del Paese”. Romney ha più volte interrotto sia il presidente che il moderatore, mostrandosi ansioso di correggere l’immagine di un miliardario che non conosce i problemi dell’americano medio. “Sei tu che hai ucciso l’occupazione, che hai aumentato le tasse”, ha accusato, infatti, il repubblicano rivolgendosi ad Obama. Il prossimo appuntamento è al 16 ottobre per il secondo dei tre dibattiti prima del voto.

    Intanto, secondo un primo sondaggio della Cnn, il 67 per cento dei telespettatori assegna la vittoria del dibattito a Mitt Romney. Una valutazione confermata dal prof. Tiziano Bonazzi, docente di Storia americana presso l’Università di Bologna, intervistato da Salvatore Sabatino:

    R. – Stando alle prime analisi di opinione pubblica, sembra che sia stato molto più convincente Romney, che ha costretto il presidente a stare sulla difensiva e ha presentato poi in modo estremamente chiaro ed efficace le proprie idee. D’altronde, si sa che questi dibattiti servono a cercare di convincere gli indecisi, non a ripresentare in modo dettagliato i propri programmi. E sembra che in questo Romney sia riuscito.

    D. – Obama ha ammesso che c’è ancora molto da fare. In pratica ha detto agli americani che la sua rielezione sarebbe necessaria, per portare a termine quelle riforme di cui il Paese ha bisogno. Questo, secondo lei, è un messaggio vincente?

    R. – In questo momento sembrerebbe di no. Tutta la campagna elettorale di Obama era stata centrata sullo smontare la personalità dell’avversario. Questa volta, invece, Romney lo ha costretto a difendere ciò che egli ha fatto e certamente quello che ha fatto, almeno apparentemente, non è molto. In ogni caso, non si può dire, negli Stati Uniti, agli americani, che l’America non è in grado di essere la prima potenza e la migliore potenza al mondo; cercare di far passare questa idea è sempre stato perdente e credo che lo possa essere anche per Obama.

    D. – E Romney invece è riuscito in qualche modo a “smontare” l’immagine del miliardario incapace di comprendere le difficoltà dell’americano medio?

    R. – Sembra proprio di sì. Soprattutto sembra che sia riuscito a far passare l’idea che a lui interessino i posti di lavoro, che lui sia l’uomo che riesce a creare lavoro. Questo con una disoccupazione molto alta, con salari indubbiamente bassi, è qualcosa cui gli americani comuni stanno molto attenti.

    D. – Un dibattito come quello andato in scena a Denver che peso può avere? L’opinione pubblica americana è davvero così attenta a questi eventi mediatici o aspetta in questo particolare momento storico, che sta vivendo il Paese, qualcosa di più concreto?

    R. – I dibattiti sono dibattiti, sono scontri, e ne deve venire fuori l’immagine del candidato, l’immagine del presidente. E’ tutta una questione d’immagine. Di conseguenza, da questo punto di vista, non da un punto di vista sostanziale, sono sicuramente molto, molto importanti: servono, in particolare, a cercare di spostare quel 10, 15 per cento di indecisi. Per cui, ad esempio, – almeno da quello che ho visto – Romney è riuscito a sembrare più presidenziale del presidente Obama. Questo sicuramente può avere delle conseguenze importanti. Io penso che al prossimo dibattito, Obama dovrà cambiare decisamente tattica e cercare di essere molto più aggressivo.

    D. – Chi si mostra più convincente nei dibattiti, poi in automatico diventa presidente o no?

    R. – No, questo è veramente un po’ troppo, però – ripeto – sappiamo tutti che oggi come oggi l’immagine è qualcosa di molto importante ed è estremamente importante negli Stati Uniti, in cui gli americani hanno sempre bisogno di cercare un leader.

    D. – Uno degli argomenti importanti, che sono stati affrontati durante questo dibattito, è la riforma sanitaria...

    R. – Per quanto riguarda la riforma sanitaria, Obama ha semplicemente ripresentato ciò che ha fatto. Romney ha preso una posizione molto importante, secondo me, cioè ha cercato di essere moderato, di mostrarsi moderato invece che di mostrarsi assolutamente radicale, come durante le primarie. Qui, di fronte ad un pubblico di decine di milioni di americani, sia democratici che repubblicani, si è dimostrato molto più possibilista e molto più pronto al compromesso. E questo ritengo che lo abbia avvantaggiato.


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    Centro Astalli: preoccupazione per la sorte di 20 mila migranti in Italia

    ◊   “Serve una risposta immediata per garantire un futuro a chi fuggito da guerre e persecuzioni”. Così padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, sulla sorte di circa 20 mila persone fuggite dalla Libia nel 2011 e ospitate in Italia. Un documento approvato di recente dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni parla di fine emergenza Nord Africa, senza precisare cosa accadrà a chi già presente sul territorio della Repubblica. Perplessità sul documento è stata espressa anche dall’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con lo stesso padre La Manna:

    R. – Denunciamo il fatto che l’Italia ha accolto – grazie a Dio – delle persone che, a causa della guerra in Libia, sono dovute venire via. Ma ora non c’è un’idea progettuale per l’accoglienza che si è realizzata per tali persone. Concretamente: hanno fatto richiesta di asilo politico e un buon numero di richieste sono state negate, interrompendo quei processi di integrazione che le tante realtà che si sono mobilitate hanno invece messo in atto.

    D. – Il 26 settembre la Conferenza unificata Stato-Regioni ha parlato di fine emergenza Nord-Africa. Questo quali interrogativi pone per le circa 20 mila persone, che ora sono in Italia?

    R. – Ci dobbiamo porre un problema: abbiamo accolto delle persone, abbiamo attivato progetti di aiuto, integrazione, ora si corre il rischio di vanificare tutto. Il 31 dicembre, queste persone che sono state accolte, che fine faranno? Rimarranno sul territorio senza documenti? Sono necessarie delle risposte.

    D. – Ribadiamo che tra queste persone ci sono anche rifugiati in fuga da persecuzioni ed anche migranti che da anni lavorano in Italia di fatto…

    R. – Innanzitutto, la preoccupazione è per quanti hanno dovuto lasciare il proprio Paese e che - alla luce degli accordi che l’Italia aveva stabilito con la Libia - erano rimasti bloccati in Libia. Noi, non lo possiamo dimenticare, c’eravamo macchiati di una cosa indegna, quella dei respingimenti: dal 2009 abbiamo respinto delle persone che sono andate in Libia e che erano nei centri di detenzione libici. Durante la rivolta in Libia, queste persone sono state nuovamente costrette a imbarcarsi e a venire in Italia. L’Italia, come la maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea è firmataria della Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Ora: questo diritto vogliamo renderlo reale, o vogliamo continuare a considerarlo un impegno formale?

    D. – Dove sono, in questo momento, queste 20 mila persone?

    R. – Essendosi attivata la Protezione civile, sono state distribuite sul territorio italiano. Questa è una cosa positiva: non creare centri con grossi numeri, perché i grossi numeri rendono più difficile l’integrazione, l’accoglienza da parte delle comunità. Che fine faranno al 31 dicembre? Ci auguriamo che l’Italia realizzi una risposta che rispetti la dignità delle persone, i diritti di queste persone e non vanifichi – in un periodo di crisi, dove tutti facciamo fatica – le risorse economiche che sono state impegnate.

    D. – La costituzione di un tavolo nazionale di coordinamento, secondo lei, rappresenta un approccio positivo?

    R. – Il tavolo ben venga. Ogni opportunità di confronto è qualcosa di positivo. Però, poi i tavoli devono essere operativi. Questa è una situazione che si protrae da un bel po’ di tempo: siamo a ottobre del 2012 e stiamo parlando di persone che abbiamo iniziato ad accogliere nel 2011. Siamo già in ritardo.

    D. – Qual è l’appello che lanciate ai nostri microfoni?

    R. – L’appello è che si decida di restituire dignità e diritti a queste persone.

    D. – Quindi è necessario che rimangano in Italia?

    R. – Certo, devono rimanere in Italia. Che senso ha averle accolte per un anno e poi rimandarle indietro, oppure – peggio ancora – creare delle persone clandestine, senza documenti?


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    20 anni fa l’accordo di pace per il Mozambico, promosso da Sant’Egidio. La testimonianza di Andrea Riccardi

    ◊   Il Mozambico festeggia, oggi, il 20.mo anniversario dell’accordo di pace che mise fine alla quasi ventennale guerra civile, esplosa all’indomani dell’indipendenza dal Portogallo. I vescovi locali, in una nota inviata all’agenzia Fides, ricordano il contributo dato dalla Chiesa per mantenere viva la speranza del popolo, anche nei momenti più bui della guerra. A festeggiare con grande partecipazione questa ricorrenza è la Comunità di Sant’Egidio, che portò avanti la mediazione tra il governo di Maputo e la guerriglia della Renamo. Una mediazione lunga ben due anni e tre mesi, articolata in 11 sessioni di lavoro. Rafael Belincanta ha ripercorso quella straordinaria iniziativa di pace con uno dei protagonisti, il ministro Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio:

    R. – Io ci ho sempre creduto. Penso che con don Matteo Zuppi siamo stati gli “architetti” dell’avvicinamento tra le due parti che non si parlavano. Erano due parti che davvero non si parlavano! Quando all’inizio dell’incontro le due parti si dovevano chiamare, il grande rischio era che gli uni dicessero agli altri “signori banditi armati” e quelli rispondessero: “governo illegittimo”. Queste erano le “posizioni culturali” da cui ci si muoveva. C’era un problema di avvicinamento della Renamo. Fu molto importante un viaggio di don Jaime Gonçalves a Gorongosa per parlare con Dlakama (leader della Renamo ndr). Poi fu importante la venuta a Roma di Dlakama con cui io parlai. Prima parlammo con il rappresentante della Renamo a Roma e poi col presidente della Renamo, Dlakama. Fu un discorso importante, che spiegò come loro non avevano altra strada che le trattative. Quindi, ci fu una maturazione all’interno del governo Chissano, vari tentativi, il ruolo delle religioni, etc. finché noi focalizzammo su Roma e sollecitammo il governo italiano - che allora aveva un grande prestigio in Mozambico, erano tempi in cui l’Italia era molto presente in Africa e aveva un grande prestigio in Mozambico - a nominare un suo rappresentante che fu Mario Raffaelli.

    D. – Per quanto riguarda il ruolo della Chiesa, lei ha parlato dell’arcivescovo di Beira, don Gonçalves... E’ stata decisiva anche la partecipazione della Chiesa per questo accordo di pace?

    R. – Io ricordo che don Jaime Gonçalves ebbe un bel ruolo, all’inizio soprattutto. Distinguerei tra il suo ruolo personale e quello della Conferenza episcopale che fu molto minore, veramente molto minore. Ci fu un suo ruolo all’inizio e sostanzialmente don Jaime dette alla Renamo la garanzia che quei negoziati non erano fatti per incastrarla. Quelli della Renamo non erano “stupidi” e sapevano che l’Italia era “amica” del governo e quindi la Chiesa e la presenza di don Jaime avevano la funzione di garantirli nell’équipe di mediazione. Questo fu il ruolo decisivo di Gonçalves, il quale agì a titolo personale e non come rappresentante della Conferenza episcopale mozambicana… Devo dire che un po’ i vescovi mozambicani, il cardinale di Maputo, all’inizio, prima dei negoziati, si erano un po’ mossi. Ma poi ci fu questo ruolo di Gonçalves come garanzia.

    D. – C'erano voci che dicevano che prima la Chiesa poteva essere considerata “nemica” del popolo…

    R. – I rapporti tra il governo mozambicano e la Chiesa cattolica erano pessimi. Gonçalves stesso era stato imprigionato per alcuni giorni, avevano avuto fortissime limitazioni... I rapporti migliorarono quando con la Comunità di Sant’Egidio prendemmo l’iniziativa di far incontrare Gonçalves con il segretario del partito comunista italiano, Enrico Berlinguer. Enrico Berlinguer incontrò due volte Gonçalves, ascoltò a lungo qual era la situazione e intervenne personalmente presso la Frelimo (che sosteneva il governo ndr) per un cambiamento della politica religiosa della Frelimo stessa.

    D. – Vuole dire che nessuno credeva che un’entità al di fuori del Mozambico stesso poteva dare inizio a un accordo di pace, come ha fatto sant’Egidio?

    R. – Nessuno ci credeva e fu il bisogno delle due parti, del governo e della Renamo, a portarci a questa conoscenza, a questo accordo e a questo ruolo. Devo dire che fu molto importante l’impegno di don Matteo Zuppi che fu un appassionato negoziatore per due anni; lo fu lo stesso Raffaelli. Si creò un’équipe tra noi quattro, soprattutto tra noi tre italiani, molto unita e molto forte. Devo segnalare che fu molto bravo l’ambasciatore italiano a Maputo, Incisa di Camerana, il quale prese lui stesso grandi responsabilità. L’Italia sentì questo accordo a tratti. Erano momenti politici difficili, ci fu un interessamento forte in una fase di Andreotti, in altri momenti meno. Ma poi ci fu un’attenzione della comunità internazionale molto importante e l’attenzione degli Stati Uniti. Io ricordo qui l’ambasciatore Usa, Cameron Hume. I negoziati di Roma furono visti dall’opinione pubblica come una cosa singolare: cos’era questo antico palazzetto di Trastevere dove entravano ogni giorno due gruppi di africani, dove si svolgevano lunghe trattative, lunghi silenzi, difficoltà? Insomma fu una cosa di grande interesse e originalità! Qualcuno ironizzò… Ricordo che “Le Monde” disse: i negoziati vanno a rilento tra ottimi ristoranti romani e antiche basiliche. Però si arrivò all’accordo. Perché? Perché prendemmo tempo, perché avemmo pazienza. C’erano molte pressioni per fare presto, ma le due parti dovevano maturare, in particolare la Renamo doveva passare dalla lotta armata alla lotta politica. C’era un salto da fare.

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    Medici di famiglia: impauriti dalla crisi gli italiani tagliano le cure

    ◊   La crisi morde e gli italiani reagiscono rinunciando alle visite mediche, anche necessarie, con conseguenze ora incalcolabili. Lo dice circa il 65% dei medici di famiglia in un’indagine curata dal Centro Studi della loro Federazione, la Fimmg, che conferma il recente dato Censis di 9 milioni di rinunciatari solo nell’ultimo anno. Un quadro che non induce all’ottimismo, come spiega, al microfono di Gabriella Ceraso, Paolo Misericordia, responsabile del Centro studi Fimmg:

    R. – E’ emerso che lo stato di salute della popolazione sembrerebbe peggiorato: appare decisamente più stressata e lo stress è in grado anche di far sovvertire delle priorità, ossia l’interrogativo categorico a questo punto sembrerebbe essere quello di non mettere a rischio il posto di lavoro piuttosto che gestire in maniera corretta il bene salute. Il 64,7% dei medici riferisce che la gente preferisce non chiedere, per esempio, al proprio datore di lavoro la giornata per prestazioni di tipo sanitario.

    D. – Esiste una casistica delle rinunce?

    R. – Le cure odontoiatriche sono tra le prestazioni sanitarie messe in secondo piano, perché ovviamente sono costose.

    D. – Chi è che rinuncia e dove si rinuncia di più in Italia ?

    R. – Le fasce d’età sono le fasce degli ultra sessantenni. Le aree invece che soffrono maggiormente sono quelle meno abbienti, quindi il Sud e le isole, forse meno le aree in cui il terziario è maggiormente rappresentato. C’è, soprattutto, una corrispondenza e una correlazione diretta con la perdita dei posti di lavoro.

    D. – Che cosa si può ipotizzare, guardando un po’ più in là, come effetti di questo mutato atteggiamento?

    R. – Sicuramente avrà un costo, che apparentemente in questo momento viene risparmiato dal soggetto direttamente coinvolto, ma che pagherà in termini di salute più avanti. E il costo economico poi sarà affrontato chiaramente dal Paese.

    D. – Le norme contenute nel decreto sanità al vaglio del governo potrebbero aiutare a migliorare tutti questi dati negativi?

    R. – Assolutamente sì. Dar maggiore risorse al territorio significa dare risposte più adeguate alla popolazione.

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    "Verso l'Anno della fede": incontro dei docenti universitari di Roma

    ◊   “Verso l’Anno della fede”: questo il tema dell’incontro dei docenti universitari degli atenei romani, che si è svolto ieri sera nel Palazzo Lateranense. La serata, promossa dall’Ufficio diocesano di Roma per la pastorale universitaria, ha dato il via alle diverse iniziative organizzate in occasione dell’Anno della fede, che sarà aperto ufficialmente l’11 ottobre prossimo da Benedetto XVI. Il servizio di Marina Tomarro:

    “La fede può veramente essere trasmessa? E qual è il modo migliore di fare conoscere agli altri e in questo caso ai giovani, la grande gioia di essere credenti?”. E’ con queste provocatorie domande che, ieri sera, mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense, ha aperto l’incontro “Verso l’Anno della fede”. "I Padri della Chiesa - ha continuato il presule - sono anzitutto dei santi. Se non sono santi, non sono Padri. Quindi la figura di chi forma alla vita, educando nella fede, deve essere anzitutto quella di una persona compatta e forte nella testimonianza; una persona in cui le parole sono intercambiabili con i fatti". Mons. Dal Covolo ha proseguito ricordando quel “realismo della fede” predicato da Benedetto XVI, che trova la sintesi tra la fede trasmessa e quella testimoniata nell’esistenza di ogni giorno, anche nelle aule universitarie. Durante l’incontro di ieri sera è stato anche presentato l’ultimo libro di mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo ausiliare di Roma e responsabile dell’Ufficio diocesano di pastorale universitaria, dal titolo “Dalla fede religiosa alla fede teologale. L’Anno della Fede, per la nuova Evangelizzazione”, edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Ascoltiamo l’autore:

    R. - Credo che il testo voglia offrire un’occasione di riflessione per comprendere se la fede cristiana è in grado di incontrare la questione antropologica contemporanea. Io credo che, affinché ciò avvenga, sia necessario che la fede cristiana si scopra come fede teologale: non è più sufficiente un’esperienza puramente religiosa, ma è necessario che l’esperienza cristiana si presenti per quello che è sempre stata e quindi quella novità di cui Paolo ci parla nelle sue Lettere. Anche Benedetto XVI continuamente insiste nel ricordare che il Battesimo è davvero una profonda trasformazione per la vita dell’uomo.

    D. - L’Anno della fede coinvolge anche gli universitari e lei, proprio in quest’occasione, scriverà ogni mese una lettera agli studenti: perché questa iniziativa e che cosa dirà a coloro che la leggeranno?

    R. - Anzitutto è per me il primo anno di ministero episcopale ed è anche la prima volta che la pastorale universitaria ha un vescovo. Proprio in questo "Anno della fede" vorrei comunicare ai giovani la possibilità di incontrare il Signore, perché il Signore si fa cercare e oggi i giovani sono davvero alla ricerca di valori fondamentali. Credo che sia importante che sentano la presenza della Chiesa, anche attraverso il ministero episcopale, affinché tutti insieme possiamo scoprire la presenza di Cristo Risorto nella storia contemporanea.

    Tra i presenti alla serata anche il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Francesco Profumo. Ma quanto l’apporto della scuola è importante nell’educazione delle nuove generazioni? Ascoltiamo il suo commento:

    R. - Credo che la scuola debba avere la centralità sugli studenti, ma affinché la scuola sia una scuola funzionante nel migliore dei modi deve avere una particolare attenzione anche alla qualità dei suoi docenti e la qualità dei docenti la si realizza attraverso una formazione continua del docente. E questo nel senso che il docente deve naturalmente essere selezionato all’ingresso, ma deve anche e soprattutto essere seguito in tutta la sua carriera. Credo che, da questo punto di vista, noi non abbiamo fatto il servizio migliore al nostro Paese. Credo che ci voglia un maggiore impegno da questo punto di vista.

    D. - Lei ha sottolineato l’importanza della ricerca e del dottorato. Quali saranno le novità in merito?

    R. - Con il nuovo regolamento, nell’anno accademico 2013-2014, avremo i nuovi dottorati e il percorso partirà proprio dall’accreditamento dei nuovi dottorati. Dovremo incentivare dei processi di gestioni autonome dei dottorati, che poi andremo a valutare. Naturalmente in questa nuova modalità ci sono nuove possibilità di sperimentazione. Nei prossimi giorni ci incontreremo per avvivare un percorso di dottorati congiunti tra le università pubbliche e le università pontificie qui a Roma. Credo che questo sia un bel momento, anche da questo punto di vista.

    D. - Il tema di questo incontro è “Verso l’Anno della fede”: i docenti possono aiutare, attraverso la fede, ad educare i giovani?

    R. - Certamente sì, perché i due momenti sono quello della fede e quello del faciendum. Credo che coniugando la fede con la quotidianità - quindi con il rispetto delle regole e con una maggiore attenzione agli altri in generale - avremo la possibilità di creare una società migliore e di fare l’investimento più importante che un Paese possa fare: formare dei cittadini e delle cittadine che sappiano rispettare gli altri e sappiano rispettare soprattutto le persone diverse da loro.

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    Ad Assisi le celebrazioni per San Francesco, Patrono d'Italia

    ◊   Sono già entrate nel vivo ad Assisi le celebrazioni per l'odierna festa di San Francesco, Patrono d’Italia. Ieri sera, nel ricordo del “Transito” la recita dei primi vespri nella Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola. Oggi, giorno della solennità dedicata al poverello, vari gli appuntamenti alla presenza delle autorità istituzionali. In un intervento, il ministro dell'Interno, Cancellieri, ha sottolineato l'attualità del messaggio di Francesco esortando la politica a "confermare con forza i valori dell'onestà e dell'etica" e la popolazione a sentirsi "un'unica comunità nazioanle". A offrire l'olio per la lampada votiva che arde sulla tomba del Santo quest’anno tocca al Friuli Venezia Giulia. Ma come si è preparata la Regione a questo appuntamento? Paolo Ondarza lo ha chiesto al vescovo di Trieste mons. Giampaolo Crepaldi:

    R. – La Regione si è preparata per tempo. I quattro vescovi della Regione hanno mandato a tutte le comunità cristiane un messaggio, intitolato: “Con Francesco varchiamo la porta della fede”. Il collegamento immediato è all’apertura dell’Anno della Fede, il prossimo 11 ottobre.

    D. – Come vescovi del Friuli Venezia Giulia portate al cospetto della tomba di San Francesco, patrono d’Italia, i bisogni e le preghiere dei vostri fedeli. Quali sono?

    R. – Direi che sono di due tipi: la prima grande esigenza che come vescovi abbiamo avvertito, è quella di andare verso un risveglio della fede: questo ci è stato chiesto dal Papa quando è venuto ad inaugurare il grande convegno di Aquileia 2 lo scorso anno. L’altra grande esigenza è quella di riscoprire una solidarietà più convinta e più diffusa, in un momento in cui anche le nostre terre – fatte di persone benestanti, di un tessuto produttivo molto solido – vivono una stagione caratterizzata dalla crisi economico-sociale. Quindi, la fede da una parte e la solidarietà dall’altra.

    D. – Dal 1939, San Francesco è patrono d’Italia. Che cosa viene a dire il “Poverello di Assisi” all’Italia dei nostri giorni?

    R. – L’Italia vive una stagione non facile, una lunga e interminabile transizione dal punto di vista politico, dal punto di vista economico. Di fronte alla tomba di San Francesco, bisogna riprendere la grande preghiera per questo Paese, affinché si apra una stagione della ragionevolezza, della giustizia, della tranquillità: un futuro più sereno.

    D. – Lo stile di vita sobrio, il distacco dai beni materiali – caratteri tipici di Francesco d’Assisi, ricordati da Benedetto XVI– possono essere modelli validi anche per i nostri giorni?

    R. – Sono modelli importantissimi, prima di tutto perché la sobrietà esterna nell’uso dei beni sollecita un affinamento di carattere spirituale. Viviamo in società caratterizzata da consumismo e spreco. Comportamenti che delle volte sono dettati da spinte compulsive verso l’acquisto di tutto e di più. Direi che è arrivato il tempo di voltare pagina, per una questione di giustizia verso i poveri.

    D. – Quale la sua preghiera a San Francesco?

    R. – San Francesco era un innamorato di nostro Signore Gesù Cristo. L’auspicio del vescovo di Trieste è che guardando lui, e imitando lui, anche noi riscopriamo, con amore e con dedizione, il nostro Signore Gesù Cristo. È lui, in fin dei conti, il nostro Redentore ed il nostro Salvatore.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Alto Egitto: due bambini copti arrestati per blasfemia

    ◊   Due bambini copti sono stati arrestati ieri nell'alto Egitto per aver profanato il Corano. Nabil Nagy Rzik, 10 anni, e Mina Nady Farag, 9 anni, entrambi analfabeti, stavano giocando vicino a un bidone dell'immondizia con alcuni fogli. Essi - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono stati fermati dall'imam locale che li ha accusati di aver urinato sulle pagine del Corano. Prima di rivolgersi alla polizia, il religioso musulmano ha portato Nabil e Nady in chiesa chiedendo al parroco di punirli. Al rifiuto del sacerdote l'imam ha preso i due bambini e si è recato in tribunale insieme ad altri tre musulmani del villaggio. Ora i due bambini si trovano nel carcere minorile di Beni Suef. Il padre di Nabil Nagy Rizk ha difeso i due ragazzi spiegando che non sanno leggere. Essi non potevano sapere ciò che vi era scritto sulle pagine, trovate dentro un sacchetto vicino a cumulo di spazzatura. Il caso di Beni Suef giunge dopo un'ondata di decine di arresti per blasfemia che si sono intensificati con la diffusione del film anti-islam "L'innocenza dell'islam" e le vignette satiriche su Maometto pubblicate dal settimanale francese Charlie Hebdo. La maggior parte degli arrestati sono copti. All'inizio di settembre a Sohag, Bishoy Kamel, insegnante di religione copta, è stato condannato a sei anni per la pubblicazione su Facebook di vignette blasfeme e insulti contro il presidente Mohammed Morsi. Il 13 settembre la polizia ha arrestato Saber Albert, un giovane copto di 25 anni per aver diffuso su internet il film anti-islam che ha causato manifestazioni in tutto il mondo. Saber si trova ancora in custodia cautelare in attesa di giudizio. Per mons. Botros Fahim Awad Hanna, vescovo ausiliare di Alessandria dei copti cattolici, la formulazione della denuncia che riguarda i due ragazzi contiene elementi controversi: “Qui in Egitto - spiega il vescovo all'agenzia Fides - l’accusa di aver distrutto il Vangelo e di aver orinato sopra le sue pagine strappate è al centro dell’indagine riguardante uno sceicco salafita, che ha compiuto quel gesto sacrilego nei giorni in cui era esplosa la rabbia dei musulmani per il famoso filmato offensivo nei confronti di Maometto prodotto negli Usa. Ora, guarda caso, la stessa identica accusa viene rovesciata su due ragazzini copti. Mi auguro che le indagini siano condotte in modo corretto, evitando di prendere come prove le chiacchiere messe in giro ad arte”. (R.P.)

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    Esplosioni ad Aleppo: per mons. Nazzaro la città colpita al cuore

    ◊   “Il cuore dei siriani sta sanguinando. Le immagini del mercato di Aleppo in fiamme e delle esplosioni in piazza Saad Allah al Jabri sono su tutti gli schermi, la gente è incredula”: in queste poche parole affidate all'agenzia Misna mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo, riassume la tristezza e il dolore di una città ferita come mai prima durante i lunghi mesi di conflitto. “La situazione non migliorerà fino a quando le potenze straniere continueranno ad inviare armi e finanziamenti ai rivoltosi” afferma dal canto suo mons. George Kassab, arcivescovo della chiesa siro-cattolica ad Homs, altro epicentro di violente battaglie nei mesi scorsi. “Di qualsiasi cosa stiamo parlando, a pagarla sono i civili disarmati intrappolati tra due fuochi. E per favore non venitemi a dire che si tratta di una battaglia per la libertà, perché sarebbe una bestemmia”. (R.P.)

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    Amnesty: scomparso un noto avvocato cristiano per i diritti umani

    ◊   Amnesty International ha denunciato la scomparsa di un noto avvocato per i diritti umani e di un suo amico, avvenuta martedi’ scorso a Sahnaya, un sobborgo della capitale siriana Damasco. Khalil Ma’touq, 53 anni, appartenenza alla minoranza cristiana, ha difeso centinaia di prigionieri politici e di coscienza nel corso della sua lunga carriera legale. Secondo i familiari e i colleghi, alla 9 di mattina del 2 ottobre Ma’touq ha lasciato la sua abitazione di Sahnaya e con un amico, Mohammed Thatha, si e’ diretto verso il suo studio a Damasco, dove non e’ mai arrivato. I cellulari dei due uomini sono risultati irraggiungibili. Lungo la strada sono presenti numerosi posti di blocco delle forze di sicurezza. ‘Le famiglie dei due uomini hanno il diritto di sapere cosa e’ successo. Se sono agli arresti, devono essere rilasciati immediatamente’ – ha dichiarato Ann Harrison, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. ‘Siamo estremamente preoccupati, perche’ Khalil Ma’touq soffre di gravi problemi polmonari e necessita di cure mediche e controlli regolari’. (R.P.)

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    Pakistan: a Faisalabad marcia cristiano-islamica per la pace e la libertà religiosa

    ◊   Una marcia cristiano-islamica per chiedere la fine delle violenze contro le minoranze religiose, il rispetto dei diritti umani e la fine degli attacchi personali contro giornalisti, donne e lavoratori innocenti. È l'iniziativa promossa dalla società civile di Faisalabad (nel Punjab), all'insegna del motto "La non-violenza per una coesistenza pacifica". La manifestazione per le vie della città si è svolta martedì scorso, in concomitanza dei festeggiamenti per la nascita del Mahatma Gandhi; proprio in quel giorno infatti si celebra a livello internazionale la Giornata per la pace e la non-violenza, indetta per la prima volta nel 2007, secondo i principi ispiratori della politica del leader indiano (assassinato da un estremista indù nel 1948). Promotori della marcia le organizzazioni Peace and Human Development (Phd Foundation), guidato dal leader cristiano Suneel Malik, e la Association of Women for Awarness and Motivation (Awam), della leader cristiana Naseem Anthony. In occasione della manifestazione, sono stati intervistati dall'agenzia AsiaNews alcuni esponenti musulmani tra cui il politico Arif Ayaz che lancia un appello al governo perché "rispetti e promuova le diversità etniche, religiose, linguistiche e culturali" che compongono il Paese, per creare un vero "clima di armonia". (L.F.)

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    “Ecclesia in Medio Oriente” allo studio di cristiani e musulmani della regione

    ◊   Comunità cristiane e musulmane leggono, diffondono, fotocopiano, studiano l’Esortazione apostolica post sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”, consegnata da Benedetto XVI durante il suo recente viaggio in Libano. Come riferito da fonti locali dell’agenzia Fides, la larga circolazione si registra in Libano ma anche in Siria, in Giordania, in Terrasanta. I fedeli cristiani, di tutte le confessioni, in attesa della stampa del documento ufficiale in lingua araba da parte della Libreria Editrice Vaticana, stampano l’esortazione dal sito web vaticano, la fotocopiano, la leggono e la studiano nelle diverse comunità. “E’ una lettura fatta con avidità e fortissimo interesse” spiega alla Fides il laico cattolico Wissam Lahham, membro della “Assembly of Eastern Christians”, Ong cristiana con sede a Beirut, che opera con progetti in favore delle comunità cristiane in Medio Oriente. Lahham spiega: “Comunità musulmane la stanno studiando e la apprezzano. Cristiani di tutte le confessioni, cattolici, ortodossi, protestanti, ne rimarcano un punto molto importante: l’invito a ‘Non avere paura’, a vivere in Medio Oriente costruendo la pace e la convivenza. E’ una frase fondamentale che resta impressa nelle menti dei cristiani, nel contesto in cui oggi viviamo”. “L’Ecclesia in Medio Oriente – conclude – ci insegna che siamo portatori di speranza, anche nella precarietà e nella sofferenza. Anche in questi tempi difficili, sappiamo che dopo il buio c’è la Risurrezione. E’ un documento che dà molta speranza ai cristiani in questa regione”. In Siria la diffusione risulta più difficile per il conflitto in corso, ma si sta facendo un lavoro ecumenico di conoscenza dei contenuti del documento. In Terra Santa, come comunica a Fides il Patriarcato di Gerusalemme, uno dei frutti della visita di Benedetto XVI in Libano è l’impulso alla diffusione degli insegnamenti del Papa in arabo, come avviene per l’Esortazione post Sinodale, il Catechismo in arabo, il Catechismo per i giovani “Youcat”, tradotto in arabo grazie alla Fondazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre” e distribuito in oltre 50.000 copie gratuite. L’Ecclesia in Medio Oriente incoraggia, infatti, la lettura e l'insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica. (R.P.)

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    Darfur: quattro caschi blu nigeriani uccisi in un agguato

    ◊   Quattro peacekeeper nigeriani sono stati uccisi ed altri otto feriti in un agguato nel Darfur dell'ovest, a due chilometri dal loro quartier generale. Ne ha dato notizia il comandante dell'Unamid (la forza di pace congiunta Onu-Unione Africana), generale Patrick Nyamvumba,
    secondo il quale la pattuglia e' stata attaccata da varie direzioni da uomini armati che hanno aperto il fuoco e sono poi fuggiti. Da quando la forza di pace Unamid opera nel Darfur - dove dal febbraio 2003 e' in corso una guerra civile che ha provocato centinaia di migliaia di vittime e milioni di sfollati - 42 Caschi blu sono stati uccisi durante scontri e agguati. Con l'accusa di crimini contro l'umanità a danno delle popolazioni del Darfur - riporta l'agenzia Ansa - la Corte Penale Internazionale ha emesso negli anni scorsi un mandato di cattura contro il presidente sudanese Omar el Bashir. Un accordo di pace firmato mesi fa in Qatar tra il governo di Khartoum e una delle organizzazioni che coordinano le attivita' antigovernative nel Darfur non ha ancora trovato attuazione. (R.P.)

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    Madagascar: ucciso per rapina un sacerdote gesuita

    ◊   “Padre Bruno è stato vittima di un assalto violentissimo ed ha subito una morte brutale. La comunità dei gesuiti locali è sconvolta” dicono all’agenzia Fides fonti della Chiesa da Antananarivo, capitale del Madagascar, dove domenica scorsa è stato ucciso, nel corso di una rapina in strada, padre Bruno Raharison, sacerdote gesuita di nazionalità malgascia, economo della congregazione Giovanni XXIII di Mahamasina. L’automobile del religioso - riporta l'agenzia Fides - è stata notata da alcuni abitanti il 30 settembre, parcheggiata lungo la statale 2 che conduce da Antananarivo a Tamatave, nei pressi della località di Carion. Allertati i gendarmi, questi ultimi hanno stabilito un servizio di vigilanza della vettura. Il giorno successivo un giovane che tentava di recuperare l’automobile è stato condotto in caserma. Contemporaneamente i gendarmi avviavano una battuta dell’area che permetteva, martedì scorso, di ritrovare il corpo di padre Bruno, a 400 metri dal luogo del ritrovamento della sua auto. Il religioso è stato colpito più volte con un’arma da taglia al dorso, al petto e alla testa. “I malviventi hanno voluto impossessarsi dell’automobile che il sacerdote aveva appena ricevuto per svolgere il suo servizio. Padre Bruno era accompagnato da un ragazzo che lo aiutava nei suoi spostamenti, insieme ad alcuni amici questi ha organizzato l’agguato lungo la strada” dicono fonti locali. Oltre al ragazzo, altre due persone sono state fermate in relazione all’omicidio del gesuita. I funerali di padre Bruno Raharison sono stati celebrati ieri. (R.P.)

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    Haiti. Rapporto Onu: ancora 400 mila terremotati nelle tendopoli

    ◊   Quasi 400 mila vittime del terremoto di Haiti del gennaio 2010 vivono ancora nelle tendopoli, che sono sempre più deteriorate a causa della mancanza di risorse: l’allarme viene da un recente rapporto delle Nazioni Unite presentato ieri al Consiglio di Sicurezza. Queste persone vivono in cattive condizioni di salute e sono vulnerabili ai rischi naturali, alle infezioni acute diarroiche e al colera, secondo il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Il rapporto - riferisce l'agenzia Fides - afferma che ancora sono da rimuovere il 30% dei 10 milioni di metri cubi di detriti derivati dal terremoto di due anni e mezzo fa. Circa l’epidemia di colera scoppiata a ottobre 2010, la relazione riporta il numero di 7.440 morti e di 581.000 infettati. Il rapporto riconosce inoltre che dei 5.500 milioni di dollari di aiuti promessi durante la conferenza del marzo 2010 tenutasi presso le Nazioni Unite, è stato ricevuto poco meno della metà (2.570 milioni). Dei 5.780 milioni di dollari provenienti dai donatori bilaterali e multilaterali nel periodo 2010-2012 per attività umanitarie, solo il 10% (556 milioni di euro) è stato consegnato al governo. La relazione del Segretario generale propone infine il ritiro di parte dei militari e della polizia della Minustah (Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti). (R.P.)

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    Il cardinale Maradiaga: "La povertà è il più grande nemico della pace”

    ◊   “La povertà è il più grande nemico della pace, e la solidarietà è la via d'uscita dal problema della povertà" ha detto l'arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras) e presidente di Caritas Internationalis, il cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, nella celebrazione per i 50 anni dei “Mensajeros de la Paz”, che si è svolta a Madrid martedì scorso. Il cardinale - riferisce l'agenzia Fides - ha denunciato come "scandaloso" il numero di uomini e donne che muoiono di fame e di sete, o per mancanza di vaccini, "letteralmente, in molte parti del mondo, sembra che siamo tornati ad abitare nelle grotte". "Ci sono milioni di persone che non sognano, non possono permettersi di fare progetti, perché riescono a malapena a sopravvivere" ha sottolineato il cardinale. Mensajeros de la Paz è un’associazione fondata nel 1962 da padre Angel Garcia Rodriguez. E’ una Ong di carattere pubblico, nazionale e internazionale. L'attività principale è quella di creare case funzionali per accogliere bambini e ragazzi privi di ambiente familiare o di una situazione di abbandono, fornendo loro l’ambiente di una famiglia. Nel corso degli anni ha ampliato la propria attività nell’accoglienza di altri gruppi socialmente svantaggiati: donne vittime di violenza domestica, persone fisicamente e mentalmente disabili e gli anziani che vivono soli, abbandonati o indigenti. (R.P.)

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    Germania: il cardinale Marx invoca un'Europa della solidarietà

    ◊   Fare la propria parte per un mondo migliore: questo l’appello del cardinale di Monaco Reinhard Marx e del vescovo evangelico della Baviera, Heinrich Bedford-Strohm, lanciato ieri nella capitale bavarese durante la cerimonia ecumenica inaugurale delle celebrazioni per la Giornata dell’unità tedesca. Lo ha riportato ieri il portale della Chiesa cattolica tedesca, ripreso dall'agenzia Sir: “Non siamo in cammino solo come tedeschi, ma anche come europei”, ha affermato il cardinale Marx, ricordando che “senza la comunità in Europa non ci sarebbe probabilmente una Germania unita. Poiché lo sappiamo, impegniamoci per un’Europa della solidarietà”. L’arcivescovo di Monaco ha dichiarato che “l’unità è stato un segno di fiducia dei Paesi vicini ed espressione della disponibilità a percorrere nuove vie comuni in Europa. Occorre un’immagine di futuro dell’Europa, che vada oltre le questioni monetarie, economiche e finanziarie”. Il vescovo evangelico Bedford-Strohm ha criticato la situazione di crescente diseguaglianza diffusa nel Paese, esortando a “cercare nuovi modi per consentire a tutti di partecipare in modo equo alla vita sociale”: “Non è normale”, ha commentato, “che persone che lavorano a tempo pieno siano costrette a cercare aiuti statali o che debbano rassegnarsi già ora ad una povertà nella vecchiaia”. (R.P.)

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    Svizzera: “Scoprire la fede”, iniziativa triennale dei vescovi

    ◊   “Scoprire la fede”: si intitola così l’iniziativa triennale lanciata dalla Conferenza episcopale svizzera, in vista dell’Anno della fede. Indetto da Benedetto XVI per commemorare il 50.mo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, l’Anno della fede verrà celebrato dal prossimo 11 ottobre al 24 novembre 2013. Sulla stessa linea, dunque, i vescovi elvetici hanno deciso suddividere il prossimo triennio in base ad argomenti specifici: l’anno 2012-2013 sarà dedicato alla “celebrazione della fede” e quindi incentrato sullo studio della Sacrosantum Concilium, la Costituzione conciliare sulla liturgia; il 2014, invece, avrà come sottotitolo “Uniti nella fede” e guarderà al tema dell’ecumenismo. Infine, per il 2015, i vescovi hanno pensato di sviluppare il tema “Una fede che impegna”, con l’obiettivo di mettere in luce la fede nel mondo contemporaneo, la libertà religiosa ed i rapporti tra le religioni. Il triennio si aprirà ufficialmente l’11 ottobre, 50.mo anniversario esatto della prima sessione del Concilio Vaticano II: per l’occasione, alle ore 10.30, il presidente dei vescovi svizzeri, mons. Norbert Brunner, presiederà una Santa Messa nella Chiesa della Trinità di Berna, alla presenza di 220 delegati del Paese. Nel pomeriggio, in programma conferenze e dibattiti per riflettere sulle sfide post-conciliari. A chiudere la giornata, sarà una tavola rotonda. (I.P.)

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    Facebook: raggiunto un miliardo di utenti

    ◊   Facebook raggiunge quota un miliardo di utenti che, almeno una volta al mese, usano il social network più popolare al mondo. Ad annunciare lo storico traguardo è il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, che commenta: “Celebrare il raggiungimento di un miliardo di persone mi riempie di gioia". Con la diffusione degli smartphone, Facebook é diventata l'applicazione più utilizzata. Rispetto al miliardo di persone che utilizzano il social network almeno una volta al mese - si legge sempre nella newsroom di Facebook -, sono 600 milioni quelle che lo utilizzano da piattaforme mobili come smartphone, iphone e tablet. Da quando è stato lanciato nel 2004, Facebook ha registrato 140,3 miliardi di “concessioni di amicizia”, 1.130 miliardi di “Mi Piace”, 219 miliardi di foto condivise. Le foto caricate giornalmente sono più di 300 milioni. (A.G.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 278

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