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Sommario del 03/10/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: pregare è stare con Dio come con un amico, ma la preghiera non è individualista
  • Vigilia dell'arrivo del Papa a Loreto. Interviste con il sindaco e il presidente della Regione Marche
  • Nomine episcopali in Messico e Brasile
  • Processo in Vaticano. Gendarmi: Gabriele ci ringraziò per il trattamento ricevuto
  • Immagini inedite della Filmoteca Vaticana nel documentario sui 50 anni del Concilio. Intervista con mons. Celli
  • I cardinali Mureşan, Alencherry e Ries prenderanno possesso dei rispettivi Titoli cardinalizi nei prossimi giorni
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: triplice attentato ad Aleppo, almeno 40 morti
  • Siria: bimbi prime vittime della guerra. La testimonianza di "Sos villaggi dei bambini"
  • Nigeria: l'ombra di Boko Haram dietro il massacro del campus costato la vita a 40 studenti
  • Perù: vertice Aspa tra Stati arabi e latinoamericani. L'esperto: un segno della globalizzazione
  • Caritas Torino apre una casa per favorire l'incontro tra padri separati e i loro figli
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: arcivescovo greco-ortodosso chiede la fine dell'invio delle armi
  • Patriarca Bartolomeo I: appello per far tacere le armi nel mondo
  • Bruxelles: seminario della Comece sull’ostilità contro i cristiani in Europa
  • Pakistan: il governo del Sindh concede un terreno alle Suore di Gesù e Maria
  • Pakistan. Sette giorni, 15 lingue: centinaia di cristiani alla maratona per la Bibbia
  • Terra Santa: scritte blasfeme sulla porta del Cenacolino a Gerusalemme
  • Sudan: sui Monti Nuba nè cibo nè scuola
  • Congo: ancora impuniti stupri e violenze contro piccole vittime innocenti
  • Burkina Faso: rafforzare il dialogo interreligioso per garantire la pace
  • Messico: ogni settimana 200 bambini honduregni vengono rimpatriati
  • Consiglio delle Chiese su salvaguardia del Creato e la tutela delle popolazioni povere
  • Il cardinale Brady: l'Anno della Fede tempo di rinnovamento in Irlanda
  • Regno Unito: nuova iniziativa dei vescovi per l’Anno della Fede
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: pregare è stare con Dio come con un amico, ma la preghiera non è individualista

    ◊   Benedetto XVI, durante l’udienza generale in Piazza San Pietro, è tornato a soffermarsi nella catechesi su una delle fonti privilegiate della preghiera cristiana: la sacra liturgia, “partecipazione alla preghiera di Cristo, rivolta al Padre nello Spirito Santo”. La Chiesa – ha detto il Papa - si rende visibile in molti modi: nell’azione caritativa, nei progetti di missione, nell’apostolato. Però il luogo in cui la si sperimenta pienamente come Chiesa è nella liturgia, “atto nel quale crediamo che Dio entra nella nostra realtà e noi lo possiamo incontrare, lo possiamo toccare”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Nella liturgia “ogni preghiera cristiana trova la sua sorgente e il suo termine”. Ma nella nostra vita – domanda il Papa - riserviamo uno spazio sufficiente alla preghiera?

    “La preghiera è la relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo (cfr ibid., 2565). Quindi la vita di preghiera consiste nell’essere abitualmente alla presenza di Dio e averne coscienza, nel vivere in relazione con Dio come si vivono i rapporti abituali della nostra vita, quelli con i familiari più cari, con i veri amici; anzi quella con il Signore è la relazione che dona luce a tutte le nostre altre relazioni”.

    La preghiera cristiana – ricorda il Santo Padre – consiste nel “guardare costantemente e in maniera sempre nuova a Cristo”...

    “ ... parlare con Lui, stare in silenzio con Lui, ascoltarlo, agire e soffrire con Lui”.

    Il cristiano “riscopre la sua vera identità in Cristo”. E trovare la propria identità in Cristo significa giungere a una comunione con Lui. Pregare – aggiunge il Papa – significa “elevarsi all’altezza di Dio” e partecipando alla liturgia, “facciamo nostra la lingua madre della Chiesa”:

    “Naturalmente questo avviene in modo graduale, poco a poco. Devo immergermi progressivamente nelle parole della Chiesa, con la mia preghiera, con la mia vita, con la mia sofferenza, con la mia gioia, con il mio pensiero. E’ un cammino che ci trasforma”.

    Ma come si impara a pregare, come crescere nella preghiera?

    “Guardando al modello che ci ha insegnato Gesù, il Padre nostro, noi vediamo che la prima parola è ‘Padre’ e la seconda è 'nostro'. La risposta, quindi, è chiara: apprendo a pregare, alimento la mia preghiera, rivolgendomi a Dio come Padre e pregando-con-altri, pregando con la Chiesa, accettando il dono delle sue parole, che mi diventano poco a poco familiari e ricche di senso”.

    La liturgia - spiega il Papa - non è una “specie di auto–manifestazione della comunità”, ma è invece l’uscire dal semplice "essere-se-stessi" ed entrare “nella grande comunità vivente, nella quale Dio stesso ci nutre”. La liturgia implica universalità:

    “La liturgia cristiana è il culto del tempio universale che è Cristo Risorto, le cui braccia sono distese sulla croce per attirare tutti nell’abbraccio dell’amore eterno di Dio. E’ il culto del cielo aperto. Non è mai solamente l’evento di una comunità singola, con una sua collocazione nel tempo e nello spazio. E’ importante che ogni cristiano si senta e sia realmente inserito in questo ‘noi’ universale, che fornisce il fondamento e il rifugio all’’io’, nel Corpo di Cristo che è la Chiesa”.

    "Non si può pregare Dio in modo individualista". "La liturgia non è un nostro 'fare', ma è azione di Dio in noi e con noi. Non è il singolo – sacerdote o fedele – o il gruppo che celebra la liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa":

    “Anche nella liturgia della più piccola comunità è sempre presente la Chiesa intera. Per questo non esistono ‘stranieri’ nella comunità liturgica. In ogni celebrazione liturgica partecipa assieme tutta la Chiesa, cielo e terra, Dio e gli uomini”.

    La liturgia cristiana, “anche se si celebra in un luogo e uno spazio concreti, ed esprime il ‘sì’ di una determinata comunità, è per sua natura cattolica”:

    “… proviene dal tutto e conduce al tutto, in unità con il Papa, con i Vescovi, con i credenti di tutte le epoche e di tutti i luoghi. Quanto più una celebrazione è animata da questa coscienza, tanto più fruttuosamente in essa si realizza il senso autentico della liturgia”.

    Nelle riflessioni sulla liturgia – conclude il Santo Padre – l’attenzione è centrata spesso sul come renderla attraente, interessante ma si rischia di "dimenticare l’essenziale: la liturgia si celebra per Dio e non per noi stessi", è opera del Signore. Dobbiamo lasciarci guidare da Dio e dal suo Corpo che è la Chiesa.

    Al termine dell'udienza generale, Benedetto XVI ha ricordato che domani si recherà in visita al Santuario di Loreto, nel 50.mo anniversario del celebre pellegrinaggio del Beato Papa Giovanni XXIII in quella località mariana, avvenuto una settimana prima dell’apertura del Concilio Vaticano II.

    “Vi chiedo di unirvi alla mia preghiera nel raccomandare alla Madre di Dio i principali eventi ecclesiali che ci apprestiamo a vivere. L’Anno della fede e il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione. Possa la Vergine Santa accompagnare la Chiesa nella sua missione di annunciare il Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo”.

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    Vigilia dell'arrivo del Papa a Loreto. Interviste con il sindaco e il presidente della Regione Marche

    ◊   Preparativi a buon punto per la visita, domani, del Papa al Santuario di Loreto. Benedetto XVI verrà a 50 anni dal viaggio nella città marchigiana di Giovanni XXIII e per raccomandare alla Vergine l’Anno della Fede, che si aprirà tra pochi giorni. Un programma estremamente sobrio: dopo l’arrivo in elicottero, il Papa salirà al Santuario per celebrare la Messa, poi sarà a pranzo al Centro "Giovanni Paolo II", dove saluterà gli organizzatori della visita. Nel pomeriggio, il ritorno in Vaticano. Da Loreto la cronaca dell'inviato, Alessandro Guarasci:

    Oramai è quasi tutto pronto per l’arrivo del Papa a Loreto. Gli operai stanno finendo di preparare la piazza di fronte a Santuario per accogliere le circa cinquemila persone previste, ma non è escluso che ne vengano di più grazie anche al bel tempo. Tutta la città è disseminata di bandierine bianche e gialle e di striscioni che salutano Benedetto XVI. Insomma, in questa tranquilla cittadina marchigiana di 14 mila persone, si respira l’atmosfera delle grandi occasioni. Ma in fondo Loreto è abituata ad accogliere il successore di Pietro. E’, infatti, questa l’ottava visita di un Pontefice negli ultimi 50 anni. Il pellegrinaggio alla Santa Casa, che ospitò Maria a Nazareth, in queste ore è discreto ma incessante. Un flusso che è sensibilmente aumentato nel 2012 e che ha avuto un picco a settembre, ci dice il rettore del Santuario, padre Giuliano Viabile:

    “Questa devozione mariana si sta risvegliando: che sia veramente un segno di grande fedeltà alla Chiesa. Loreto è stata sempre un centro di attrazione e questa Casa accoglie lo stesso Ratzinger, che quando era cardinale ebbe questa espressione bellissima: 'E’ una casa aperta, perché ha tre pareti, quindi come se volesse abbracciare idealmente tutti i suoi devoti'”.

    Vengono da tutta Italia i pellegrini, si soffermano per qualche minuto nella Santa Casa, con lo sguardo rivolto verso la statua della Madonna. I sentimenti che provocano sono intensi…

    R. - Ho provato amore per la Vergine, perché sono credente e la prego sempre. Quind,i è un trasporto verso di Lei.

    R. - E’ un fatto interiore, è un momento di preghiera. Io, in quel momento, ho pregato semplicemente”.

    R. - Una forte emozione!”.

    D. – Domani arriva il Papa: un momento importante per Loreto?

    R. – Sicuramente è importante, perché il Papa è una persona di cui tutti abbiamo bisogno, il mondo intero ne ha bisogno.

    Dunque, domani sarà un forte momento di devozione mariana. Ce n’è bisogno in un’Europa che rischia di scivolare sempre più nella secolarizzazione.

    Come l'imminente visita pontificia evidenzia, le Marche hanno da sempre un forte collegamento con il Papa e la Sede di Roma. La presenza di un Santuario importante come quello di Loreto ha contribuito nei secoli a rafforzare la spiritualità della popolazione. Ma che cosa si attendono i marchigiani dalla visita del Papa? Alessandro Guarasci lo ha chiesto al presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca:

    R. – Sicuramente, di rinforzare il proprio spirito. Nell’incontro con il Papa, in questa fase di profondo disorientamento, vogliono avere un momento forte di riflessione, per affrontare con più speranza tempi difficili. La nostra regione è molto legata al Santo Padre, è legata all’attuale Santo Padre, è legata a Giovanni Paolo II, e in ogni occasione c’è sempre stato un momento di forte riflessione che ha rinsaldato in profondità la comunità locale.

    D. – La spiritualità nelle Marche è ancora forte?

    R. – Nelle Marche, la gente è ancora profondamente ancorata a valori di spiritualità. Il sentimento religioso è molto forte nella nostra regione, è molto forte il legame con la tradizione nella nostra regione. Paradossalmente, questo non è indice di conservatorismo, ma spinge verso processi di innovazione forti che però sono molto rispettosi dei sentimenti tradizionali. Quindi, c’è grande attesa per la visita del Santo Padre, perché è riconosciuto come una guida forte della nostra comunità: le sue frequenti visite hanno rinsaldato questo legame. Credo ci sia un legame più forte con le autorità istituzionali religiose nella nostra regione che non con quelle laiche, perché certi ricordi, certe tradizioni legano molto fortemente le Marche a Roma e alla Città del Vaticano.

    D. – Il Papa, più di qualche volta, ha lanciato appelli per un’etica pubblica anche in politica. Questi sono giorni in cui le regioni, i conti dei Consigli regionali, vengono scandagliati dalle Procure e dalla Guardia di finanza. C’è bisogno di rivedere anche la spesa regionale in Italia, secondo lei?

    R. – Sicuramente sì, come presidenti delle regioni abbiamo anche chiesto il decreto che il governo nazionale si accinge a varare, perché ci siano controlli anche di autorità che certifichino i conti della regione, come fa la Corte dei Conti. Da parte nostra, nelle Marche ci siamo impegnati in un processo forte di autoriforma: noi presentiamo, anche nel paragone con le altre regioni, una situazione che è sicuramente accettabile e siamo impegnati in una riflessione anche con il Consiglio regionale per fare di più, senza attendere il decreto del governo nazionale.

    Loreto in queste ore sta ultimando i preparativi per la visita del Papa, il 4 ottobre. Le autorità civili stanno lavorando affinché la macchina organizzativa funzioni al meglio, anche per ospitare i 4500 fedeli previsti. Ma che cosa si aspettano i loretani da questa visita di Benedetto XVI? Alessandro Guarasci lo ha chiesto al sindaco della città, Paolo Niccoletti:

    R. - Dalla visita di Benedetto XVI, ci aspettiamo molto: a differenza delle altre precedenti visite, che hanno caratterizzato la presenza dei Papi a Loreto, in questo caso non c’è un raduno europeo dei giovani, non c’è un raduno di qualche movimento cattolico, ma c’è il Papa che si fa pellegrino tra i pellegrini e viene a pregare tra le mura della Santa Casa e celebrerà la messa nella Piazza della Madonna, che è il cuore della città. Quindi, sarà un incontro intimo tra il Papa e la Santa Casa e tra il Papa e i loretani.

    D. – I loretani come stanno vivendo questi momenti: c’è in qualche modo trepidazione per quello che succederà il 4 ottobre?

    R. – I loretani stanno vivendo questo momento con trepidazione e orgoglio: orgoglio innanzitutto perché, pure essendo abitanti di una cittadina di 12 mila abitanti, sono consapevoli di essere al centro dell’attenzione del mondo e non solo dei cattolici; trepidazione perché è un incontro importante e quindi bisogna adeguatamente attrezzarsi per questi appuntamenti. Ovviamente, la struttura di una città di 12 mila abitanti è fortemente sotto pressione, nel senso che è una fatica che ci rende gioiosi.

    D. – Sicuramente, il vostro è un territorio anche molto produttivo: le Marche sono uno dei motori economici dell’Italia. Questa crisi quanto ha inciso sul tessuto sociale della vostra area?

    R. – Tutte quelle imprese che non sono state in grado – per dimensioni e know-how – di rapportarsi con l’internazionalizzazione crescente, sicuramente hanno risentito in maniera forte della crisi. Proprio per questo, invece, grazie al Papa vorremmo dare un messaggio di speranza a tutti i nostri imprenditori. Infatti, la nostra produzione artigianale tipica - quella degli oggetti religiosi e della fisarmonica nella vicina Castelfidardo – sarà presente, proprio le eccellenze di questa produzione, con due doni al Papa: un rosario artistico in ambra e oro – Loreto è la capitale mondiale degli articoli religiosi – realizzato da un nostro valente artigiano, e una fisarmonica, perché nella nostra zona si concentra la produzione mondiale di questo tipico strumento musicale.

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    Nomine episcopali in Messico e Brasile

    ◊   In Messico, Benedetto XVI ha nominato arcivescovo di Monterrey mons. Rogelio Cabrera López, finora Arcivescovo di Tuxtla-Gutiérrez. Mons. Rogelio Cabrera López è nato il 24 gennaio 1951 a Santa Catalina, Stato di Guanajuato e diocesi di Querétaro. Ha compiuto gli studi umanistici, la Filosofia e parte della Teologia nel Seminario di Querétaro. Ha completato gli studi a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana ed il Pontificio Istituto Biblico, ottenendo la Licenza in Teologia ed in Sacra Scrittura. È stato ordinato sacerdote il 17 novembre 1978. Eletto Vescovo di Tacámbaro il 30 aprile 1996, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 30 maggio successivo. Il 16 luglio 2001 è stato trasferito alla diocesi di Tapachula. L’11 settembre 2004 è stato nominato alla Sede vescovile di Tuxtla Gutiérrez. Il 25 novembre 2006, in seguito alla creazione della Provincia Ecclesiastica di Chiapas, con l’elevazione di Tuxtla Gutiérrez a Sede metropolitana, ne è divenuto il primo arcivescovo. Nel 2009 è stato eletto Vice-Presidente della Conferenza Episcopale Messicana.

    In Brasile, il Papa ha nominato vescovo di Saõ José dos Pinhais mons. Francisco Carlos Bach, trasferendolo dalla diocesi di Toledo. Mons. Francisco Carlos Bach è nato il 4 maggio 1954 a Ponta Grossa, nell’omonima diocesi, Stato di Paraná. Ha compiuto gli studi medi a Ponta Grossa nel Seminario minore São José, quelli di Filosofia nel Seminario maggiore Rainha dos Apóstolos a Curitiba e quelli di Teologia presso lo Studium Theologicum di Curitiba. Ha conseguito la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino, a Roma. Il 3 dicembre 1977 ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale ed è stato incardinato nella diocesi di Ponta Grossa, nella quale ha svolto i seguenti ministeri: Economo e Professore nel Seminario São José (1978-1983); Parroco della Parrocchia São Jorge (1978-1980); Coordinatore diocesano della Pastorale (1980-1985); Vice-parroco della Cattedrale (1980-1981); Vice-parroco della parrocchia São Sebastião(1981-1983); Economo, Formatore e Professore dell’Istituto Filosofico e Teologico Mater Ecclesiae - IFITEME (1983-1985); Vice-parroco della Cattedrale (1983-1984); Professore dell’IFITEME(1987-1995); Giudice uditore del Tribunale Ecclesiastico (1987-1995); Rettore del Seminario maggiore e del Seminario minore (1991); Economo diocesano (1991-2005); Direttore della Radio diocesanaSant’Ana (1995- 2005); Amministratore diocesano (1997-1998 e 2002-2003) e Vicario Generale (2004-2005). Il 27 luglio 2005 è stato nominato Vescovo di Toledo ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 27 ottobre successivo. Come Vescovo è stato Membro della Presidenza della Conferenza Episcopale Regionale "Sul 2" e Responsabile regionale per la Pastorale della Salute.

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    Processo in Vaticano. Gendarmi: Gabriele ci ringraziò per il trattamento ricevuto

    ◊   “Nessuno ha mai maltrattato Paolo Gabriele lui stesso ha sempre ringraziato la gendarmeria per il trattamento ricevuto”. Così Luca Cintia, responsabile della custodia dell’ex assistente di Camera papale, ascoltato come teste nel processo in Vaticano per furto aggravato di documenti riservati. Quattro i testi ascoltati oggi, tutti chiamati dalla Difesa come quelli di ieri. Sabato, la parte finale del procedimento, precisato che sono circa un migliaio i documenti d’interesse sequestrati, molti in originale, altri in fotocopia, tutti nascosti in un immenso archivio cartaceo presso l’abitazione dell’imputato in Vaticano. Ha seguito il processo per la Radio Vaticana, Massimiliano Menichetti:

    Documenti riservatissimi a firma autografa del Papa, alcuni con indicato l’obbligo di distruzione, documenti della Curia Romana, dell’Organizzazione della Chiesa, atti cifrati della Segreteria di Stato, “documenti riguardanti la totale privacy e la vita familiare di Benedetto XVI”. Tutti nascosti abilmente da Paolo Gabriele, in grandi armadi stracolmi di altri fogli, migliaia secondo le quattro deposizioni rese oggi dagli uomini del Corpo della Gendarmeria Vaticana. Le testimonianze, tutte concordanti, hanno ripercorso la perquisizione del 23 maggio scorso presso l’abitazione in Vaticano del maggiordomo del Papa.

    Trovato un archivio immenso con “centinaia di migliaia di fogli”. I militari hanno precisato di aver avviato le ricerche “con il solo fine di rintracciare il materiale reso pubblico dal libro di Nuzzi” e che solo in un secondo momento si “sono resi conto della gravità della cosa”. “Circa mille i documenti trafugati”, tra originali e copie nascosti tra fogli riguardanti: massoneria, esoterismo, Loggia P2, P4, sul caso Bisignani, sul caso Calvi; trovati anche fogli su Berlusconi e il cosiddetto Vatileaks; pagine sullo Ior, ricerche su yoga, buddismo, e cristianesimo. Tra il materiale anche testi su come nascondere documenti o fotografie in formato elettronico, registrare e fare video e utilizzare “il cellulare in modo velato”.

    Gli uomini della Gendarmeria hanno ribadito di aver usato tutte le cautele del caso durante la perquisizione e di aver invitato la famiglia Gabriele ad uscire di casa, così da ridurre il più possibile il disagio ai figli e alla moglie. Confermata, da parte degli interrogati, l’originalità di molti documenti: infatti, più volte, il presidente del Tribunale, Dalla Torre, ha chiesto se personalmente avessero visto atti originali durante la perquisizione o successivamente, dopo il sequestro degli 82 scatoloni di materiale cartaceo ed informatico.

    Sul fronte dell’accertamento di violazioni degli standard detentivi, sul quale è stato aperto ieri, per iniziativa del Promotore di Giustizia Nicola Picardi, un fascicolo a parte, Luca Cintia incaricato della custodia di Paolo Gabriele, ha sottolineato che “mai nulla è mancato all’imputato e che è stato trattato nel miglior modo possibile, tanto che - ha aggiunto - lo stesso Gabriele ha sempre ringraziato”. Precisato anche che il capo della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani, aveva da subito dato disposizioni per tutelare Gabriele e la sua famiglia.

    Il presidente del Tribunale - ricordando che l’accertamento di violazioni durante la detenzione è oggetto di altro procedimento, volto ad accertare l’accaduto ma anche eventuali dichiarazioni false - ha precisato che agli atti, già acquisiti, risulta che Gabriele avesse avuto tutta una serie di garanzie come: le visite famigliari, l’assistenza spirituale e medica.

    Imbarazzo poi dell’avvocato di Gabriele, Cristiana Arru, sollecitata al termine dell’udienza dai giornalisti su come fossero conciliabili le dichiarazioni di ieri - in cui Gabriele ha parlato di pressioni e detto di risiedere nei primi giorni di detenzione in una cella in cui non poteva allargare le braccia ed in cui la luce era accesa continuativamente - rispetto a quelle fatte a luglio in conferenza stampa, dalla stessa Arru, presso la Radio Vaticana, in cui veniva precisato il buon trattamento e le buone condizioni dell’assistito nei primi giorni di detenzione. La Arru ha risposto: quelle “dichiarazioni si riferivano a quel giorno, a quel momento”. L’attenzione è rivolta a sabato prossimo quando si terrà la requisitoria del Promotore di Giustizia, l’arringa della difesa, le eventuali repliche e l’intervento probabile di Gabriele, prima della Camera di Consiglio.

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    Immagini inedite della Filmoteca Vaticana nel documentario sui 50 anni del Concilio. Intervista con mons. Celli

    ◊   Le immagini inedite della Filmoteca Vaticana sono state raccolte in un film documentario per celebrare i 50anni del Concilio Vaticano II. Il filmato, prodotto dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e Micromegas Comunicazione, sarà trasmesso dalla Rai l’11 ottobre, cinquantesima ricorrenza dall’apertura dei lavori conciliari. Sulla genesi e la particolarità del documentario, Michele Raviart ha intervistato mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali:

    R. – Il documentario nasce dal desiderio di far conoscere alle nuove generazioni, alla Chiesa e al mondo di oggi la ricchezza del Vaticano II. La Filmoteca Vaticana possiede 200 ore di filmati del Concilio Vaticano II e volevamo che questi filmati fossero un momento ispiratore, che ci aiutassero a scoprire la ricchezza del Vaticano II, in ciò che è stato, ma anche il suo valore per l’uomo e per il cristiano di oggi.

    D. – Di queste 200 ore di filmati, gran parte delle immagini sono inedite. Ma cosa rappresentano?

    R. – Dal primo annuncio del ’59 fatto dal Beato Giovanni XXIII, alla grande apertura dell’11 ottobre del 62. Inoltre, i lavori di preparazione, lo svolgimento delle sessioni e poi, infine, Paolo VI che, prendendo in mano la grande eredità lasciatagli da Papa Giovanni, conduce a termine il Concilio nel ’65. In archivio abbiamo ritrovato anche l’intervento in latino del cardinale Wojtyla, come arcivescovo di Cracovia.

    D. – Ci sono anche 14 testimonianze, 14 interviste, alcune delle quali inedite…

    R. – La prima intervista è quella di mons. Capovilla, segretario privato di Giovanni XXIII. Abbiamo chiesto poi a 13 cardinali di varie parti del mondo - e quindi con una estrazione culturale, con una esperienza ecclesiale diversa - di commentare alcuni documenti del Concilio e di ciò che ha significato in quel momento un documento e come quel documento è ancora ispirazione per la Chiesa oggi e per il mondo oggi.

    D. – Particolarmente rilevante è per l'appunto la testimonianza dell’allora padre Capovilla che rivela alcuni retroscena inediti…

    R. – Bellissima. Una particolarità, per esempio, è legata proprio alla stessa serata dell’11 ottobre, quando il Papa Giovanni XXIII, apparendo alla finestra, pronuncia quel famoso discorso, il cosiddetto “Discorso della Luna”. Oggi, abbiamo saputo, in questa sua intervista, che il Papa quella sera pensava di apparire alla finestra, di dare una benedizione e di non parlare. Invece, tutti noi oggi siamo consapevoli della ricchezza e della bellezza di quel discorso di Papa Giovanni XXIII: un discorso che ha toccato i nostri cuori in quel momento e che continua, ancora oggi, ad avere un suo effetto particolare.

    D. – Al Concilio ci sono anche immagini di un giovane Joseph Ratzinger…

    R. – Il teologo Ratzinger in quel momento era un esperto dell’episcopato tedesco ed era veramente colui che ha accompagnato la grande riflessione teologica dei Padri conciliari ed ecco perché abbiamo voluto iniziare questo filmato con questa dichiarazione iniziale di Papa Benedetto su come leggere e come vedere il Concilio: ciò che è stato fatto, come è stato fatto, se c’è qualcosa da correggere nell’applicazione, ma soprattutto vedere ancora che cosa non ha prodotto frutto per la vita della Chiesa.

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    I cardinali Mureşan, Alencherry e Ries prenderanno possesso dei rispettivi Titoli cardinalizi nei prossimi giorni

    ◊   Tre dei cardinali creati e pubblicati da Benedetto XVI nel Concistoro del 18 febbraio scorso si apprestano a prendere possesso nei prossimi giorni dei loro Titoli, relativi ad altrettante chiese romane. In particolare, lunedì 8 ottobre 2012, alle ore 18.00, il cardinale Lucian Mureşan, arcivescovo Maggiore di Făgăraş şi Alba Iulia dei Romeni, prenderà possesso del Titolo di Sant'Atanasio, in Via del Babuino. Domenica 14 ottobre, alle ore 16.00, sarà la volta del cardinale George Alencherry, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi, prendere possesso del Titolo di San Bernardo alla Terme, in Via Torino. Infine, il sabato successivo, 20 ottobre, alle ore 18.30, spetterà al cardinale Julien Ries prendere possesso della Diaconia di Sant'Antonio di Padova a Circonvallazione Appia.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Verso l'Anno della fede e il Sinodo: giovedì il Papa a Loreto a cinquant'anni dalla visita compiuta da Giovanni XXIII alla vigilia dell'apertura del concilio Vaticano II.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, i pesanti combattimenti in Siria.

    Protagonista è la Chiesa: in cultura, la prolusione del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, al convegno internazionale di studi, in Vaticano, sul tema "Il concilio ecomenico Vaticano II alla luce degli archivi dei padri conciliari". Un articolo di Silvia Guidi sulla presentazione, alla Filmoteca Vaticana, su un docufilm dedicato al Vaticano II.

    Frati precursori: Giuseppe Buffon su un progetto francescano di evangelizzazione che anticipava alcune linee del concilio già negli anni Quaranta del Novecento.

    Cronaca di pietra: Simona Verazzo sul rosone della basilica di San Francesco.

    Un articolo di Cristiana Dobner dal titolo "Nulla di inventato in una vita che sembra una favola": a cinque anni dalla morte del cardinale Jean-Marie Lustiger, il giornalista Henri Tincq ne ha scritto la biografia in un libro ricco di documenti ed episodi inediti.

    All'avanguardia del progresso: nell'informazione religiosa, il cardinale segretario di Stato per i settantacinque anni di presenza salesiana in Vaticano, e un articolo del cardinale Raffaele Farina dal titolo "Fedeltà alla sede di Pietro".

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: triplice attentato ad Aleppo, almeno 40 morti

    ◊   Mattinata di sangue in Siria. Sono almeno 40 le vittime e 90 feriti causati dall’esplosione di diverse auto-bomba ad Aleppo. Deflagrazioni confermate anche dai media ufficiali del governo di Damasco. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Da giorni ormai Aleppo, cuore economico della Siria e città più popolosa del Paese, è diventata il teatro più cruento del conflitto. Dopo settimane di battaglie terribili, oggi sono entrate in scena le autobomba; tre, per la precisione, lanciate in rapida successione contro i luoghi simbolo del regime. La prima ha raso al suolo il circolo degli ufficiali dell'esercito, nella centralissima piazza Jariri; la seconda ha preso di mira un edificio situato nella stessa piazza, la terza un importante albergo. Alle deflagrazioni sono seguiti lanci di mortaio e combattimenti che, secondo testimoni, starebbero proseguendo tutt’ora. Gli attentati sono stati i più gravi dal 28 agosto, quando un'autobomba saltò in aria nel corso del funerale di due fedelissimi del governo, in un sobborgo di Damasco, uccidendo 27 persone. In attesa della visita nel Paese, fissata per la prossima settimana, del mediatore Onu-Lega Araba Brahimi, il ministro degli esteri russo Lavrov ha affermato che la situazione in Siria può evolversi solo con la fine delle violenze e l’avvio dei negoziati. Completa contrarietà da parte di Mosca ad un’eventuale uscita di scena di Assad che significherebbe "istigare al proseguimento di una guerra fratricida".

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    Siria: bimbi prime vittime della guerra. La testimonianza di "Sos villaggi dei bambini"

    ◊   Il numero dei rifugiati siriani registrati o in attesa di registrazione in Giordania, Libano, Turchia e Iraq ha ormai superato quota trecentomila, il triplo rispetto al numero riscontrato appena tre mesi fa. A lanciare l'allarme è l'Alto Commissariato dell'Onu per i Rifugiati. Intanto, è ancora violenza nel Paese. Almeno 35 persone ieri hanno perso la vita in diverse località, riferiscono i comitati di coordinamento locali dei residenti delle zone colpite. La maggior parte delle vittime si registra nelle regioni di Damasco e di Daraa e a Idlib. Ma la guerra in Siria fa soprattutto strage di bambini. Secondo l’opposizione al regime, lunedì sarebbero rimasti uccisi 8 minori in un bombardamento, nel nord-ovest del Paese. In prima linea in difesa dei più piccoli è l’associazione “Sos villaggi dei bambini”, presente da 30 anni in Siria e che negli ultimi giorni ha dovuto trasferire alcuni bambini da Aleppo a Damasco per motivi di sicurezza. Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza della responsabile comunicazione Elena Cranchi:

    R . – E' un incubo che dura dal marzo del 2011 e quindi adesso siamo solo all’apice di una situazione drammatica. Siamo presenti in Siria in due villaggi: abbiamo un villaggio ad Aleppo e uno a Damasco. Nei villaggi accogliamo circa 143 bambini e 50 tra ragazzi e ragazze e poi ovviamente ci occupiamo di tutte le famiglie che rientrano nel nostro piano di rafforzamento familiare. Il trasferimento dei bambini dal "Villaggio Sos" di Aleppo era un qualcosa cui si pensava già da tempo, proprio perché Aleppo, negli ultimi tempi, era diventata tra l’altro teatro di combattimenti. Siamo riusciti a farlo solo adesso, perché era impossibile pensare ad un trasferimento aereo o con altri mezzi per problemi di sicurezza. Questa volta, invece, un po’ la situazione di emergenza e un po’ le condizioni hanno permesso fortunatamente di trasferire 60 bambini e 30 ragazzi, più lo staff, al "Villaggio Sos" di Damasco. Abbiamo pochi racconti se non la testimonianza dell’educatrice, che ovviamente fa riferimento al viaggio come una vera e propria odissea. Dovete pensare che i nostri bambini accolti nei villaggi sono già vittime di situazioni di emergenza cui si aggiunge un’altra emergenza. Erano stati, tra l’altro, bloccati più volte da questi check-point istituiti sia dall’esercito siriano che dall’opposizione. Fortunatamente i bambini sono stati accolti dai loro nuovi fratelli in un modo meraviglioso e si è creato immediatamente un clima di condivisione, di comprensione, di amore: in questo momento stanno andando a scuola tutti insieme.

    D. – Attraverso le sofferenze indicibili e difficilmente raccontabili, come diceva lei, dei bambini si può vedere la gravità della guerra in Siria: attraverso la sofferenza dei bambini si può davvero capire quanto grave è la situazione nel Paese…

    R. – E’ un conflitto che sta mietendo vittime tra i bambini e la morte di un bambino è comunque inaccettabile! I bambini sempre, ma a maggior ragione in tempi di conflitto, hanno il diritto alla protezione, al cibo, all’istruzione - che in questo momento è compromessa, perché ci sono otto milioni di bambini in Siria che non potranno andare a scuola, anche perché molte scuole sono state distrutte e molte altre, invece, sono rifugio per le famiglie sfollate – e poi ovviamente hanno diritto alle prestazioni sanitarie di base. Quindi il nostro lavoro, come quello di tutte le organizzazioni internazionali – sia locali, sia anche quelle che lavorano in Siria da tanti anni e noi siamo lì da trent’anni – stanno continuando a lavorare, affinché i diritti dei bambini non siano violati.

    D. – Cosa che purtroppo sembra succedere su una scala terribile: l’Onu e diverse altre Ong hanno denunciato addirittura violenze e torture sui bambini…

    R. – Devo dire che fortunatamente i nostri villaggi sono stati "toccati" dal conflitto, ma la paura che ci potessero essere delle incursioni è stata soltanto una paura: all’interno dei nostri villaggi non è entrato nessuno e la vita dei bambini è stata protetta. Poi certo il conflitto è conflitto! Collaborando in Siria, in questi ultimi tempi, con delle organizzazioni presenti nel Paese, abbiamo fornito alimenti di base a 3900 persone, perché manca tutto – dallo zucchero al latte per neonati, al riso; siamo riusciti a fornire dei kit per l’igiene personale a tutte le famiglie sfollate a Damasco. Il nostro lavoro, in questo momento, è quello non solo di dare agli operatori stessi di queste Ong una formazione psicosociale, proprio per potersi rapportare al meglio con bambini e famiglie che hanno subito questo trauma, ma anche quello di portare alimenti e altri oggetti che servono evidentemente a salvare la vita a più persone possibili.

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    Nigeria: l'ombra di Boko Haram dietro il massacro del campus costato la vita a 40 studenti

    ◊   La Nigeria è sotto choc dopo la barbara uccisione di 40 studenti avvenuta ieri nel campus del Politecnico federale a Mubi, nello stato di Adamawa. I ragazzi sono stati uccisi anche a colpi di machete dopo essere stati chiamati per nome. Molti analisti ritengono che dietro l’attacco ci sia il gruppo fondamentalista islamico Boko Haram, da tempo attivo nel Paese africano. Benedetta Capelli ne ha parlato con Anna Maria Gentili, docente di Storia e Istituzioni dell'Africa all’Università di Bologna:

    R. - È evidente che Boko Haram c’entra qualcosa perché, ad esempio, come hanno fatto a entrare in città e in questi studentati dal momento che, dal gennaio di quest’anno, nella regione c’è un coprifuoco molto rigoroso? Secondo aspetto che fa pensare che vi sia la mano di Boko Haram è che proprio lì, in quella regione, le forze militari speciali avevano qualche tempo fa arrestato più di 150 presunti terroristi con un’azione di forza rivendicata dal governo nigeriano. Quest’ultimo, sostiene di essere ormai sulla strada della vittoria contro il terrorismo e dice che in pochissimo tempo sono stati fatti molti passi in avanti. C’è poi il problema che questi giovani siano stati chiamati per nome. Questo può essere anche collegato al fatto che circa una decina di giorni fa, c’è stata un’elezione di rappresentanti studenteschi molto contestata, molto divisiva, in cui si sono confrontati soprattutto studenti del Nord e studenti del Sud, non solo studenti cristiani e studenti islamici. Infatti, tra i morti, ci sono sia cristiani che islamici. Un’altra cosa che fa pensare che sia stato Boko Haram è che il nome di Boko Haram significa “Libro empio”: è un movimento che iniziò le sue azioni soprattutto contro l’istruzione occidentale.

    D. - Abbiamo detto degli arresti e dell’uccisione di un capo del gruppo fondamentalista islamico di Boko Haram nei giorni scorsi. Che momento sta passando questo movimento e quali possibili alleanze si possono profilare con altri gruppi?

    R. - Evidentemente, questo movimento è sotto assedio. Nello stesso tempo, però, almeno dal 2009 si è più regionalizzato nella misura in cui era evidente l’alleanza con una galassia di movimenti fondamentalisti islamici, soprattutto con quelli che oggi stanno agendo in Mali. La questione del Mali preoccupa molto il governo nigeriano, in particolare per l’ipotesi di un possibile intervento militare dell’Ecowas, l’organizzazione regionale di cui la Nigeria è la principale potenza. Non dimentichiamo che un africano su cinque è un nigeriano. La Nigeria è il “gigante dell’Africa”, è il Paese che ha sempre fornito le forze militari per le operazioni di peacekeeping nella regione. Evidentemente, questo significa che Boko Haram è sul piede di guerra per ragioni interne, cioè la repressione più decisa del governo nigeriano, e per ragioni regionali, in quanto la Nigeria potrebbe essere un elemento importante del tentativo di condurre il Mali alla sua unità statuale.

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    Perù: vertice Aspa tra Stati arabi e latinoamericani. L'esperto: un segno della globalizzazione

    ◊   Si è concluso ieri a Lima, in Perù, il terzo vertice dell’Aspa, l’Associazione internazionale dei Paesi arabi e latinoamericani. Al centro dei lavori, la Siria e le vicende della "primavera araba", ma anche i rapporti economico-commerciali tra le due aree. Nella dichiarazione finale, si esorta il mondo a perseguire la pace, il disarmo, la non proliferazione nucleare, il rispetto dei diritti umani e la lotta al terrorismo. Quali le possibilità di dialogo tra due regioni così lontane? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’economista Riccardo Moro:

    R. – Il punto di contatto fondamentale è la globalizzazione, cioè il fatto che oggi, in un quadro d’interdipendenze generali, tutti si affaccino a una corresponsabilità nel prendere decisioni riguardanti il futuro del pianeta, e tutti - in un riequilibrio dei poteri che si sta determinando - ritengano giustamente di poter dire la propria. Quindi, vediamo che il gruppo latinoamericano ha grandi iniziative politiche, in questo momento, volte a costruire relazioni non più solo con il Nord America o l’Europa, ma con l’Asia, con l’Africa, con la Cina e certamente con il mondo arabo, e viceversa. Gli arabi, dunque, cercano alleanze in America Latina per legittimare e difendere percorsi - in modo particolare palestinesi - e comunque per lo sviluppo del futuro mediorientale, in un quadro che non sia dominato esclusivamente da Israele. Al di là di questo, c’è poi il tema più economico dell’energia, dell’esportazione del petrolio e del gas, affinché non passi attraverso le grandi compagnie occidentali.

    D. – Possiamo dire che a Lima si è incontrato gran parte del mondo di domani. Da una parte, i Paesi di nuova formazione, con la primavera araba, dall’altra alcuni dei Paesi in via di sviluppo, che stanno facendo registrare grossi progressi...

    R. – Per certi aspetti sì, non vi è dubbio che l’America Latina in questo momento sia una terra di sperimentazione dei nuovi percorsi di partecipazione. Questa è esattamente la sfida che oggi stanno affrontando i Paesi arabi. Il mondo arabo può produrre, com’è stato in Europa molti decenni fa, nuovi percorsi di democrazia interessanti, che guardano al di fuori dei propri confini, per arricchirsi e magari per provocare nuovi assetti di concertazione. In questo senso, io trovo molto interessante che ci sia questo dialogo. Credo che Paesi come l’Europa o il blocco nordamericano debbano aprire il più possibile dialoghi con tavole di questo tipo, in una logica di concertazione, in cui si possa costruire meglio il mondo di domani, e in cui ci si faccia influenzare anche nei nostri modelli di democrazia.

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    Caritas Torino apre una casa per favorire l'incontro tra padri separati e i loro figli

    ◊   Inaugurazione questo pomeriggio a Torino della “Casa di nonno Mario”, progetto ideato dalla Caritas diocesana per offrire un aiuto concreto ai padri separati, categoria di persone in aumento e sempre più in difficoltà. La casa che oggi sarà benedetta dall’arcivescovo, Cesare Nosiglia, intende favorire il mantenimento della relazione di questi padri con i propri figli, garantendo loro un luogo di incontro decoroso e familiare. Per saperne di più, Adriana Masotti ha sentito Pierluigi Dovis, direttore della Caritas torinese:

    R. - È un’opportunità offerta ai padri separati che vivono in una situazione di vulnerabilità sociale di poter esercitare ugualmente, almeno una parte, del proprio ruolo genitoriale. Voglio dire: negli ultimi mesi abbiamo incontrato diversi papà separati che si sono trovati a vivere una situazione molto complessa: da una parte, il fatto di non poter vivere più nella casa coniugale e, dall’altro, l’impossibilità di aver una casa adeguata per sè e tanto meno per poter ricevere i bambini secondo le tabelle che le sentenze dei tribunali avevano prestabilito. Per cui, alcuni di loro ci dicevano: ”Noi d’estate incontriamo i nostri bambini al parco e d’inverno andiamo in un bar”. L’idea è stata allora quella di provare a mettere a disposizione un luogo "fisico", che sapesse di casa, nel quale il papà e i bambini, possano vivere alcune ore, al massimo quattro giornate - notti comprese - e svolgere una vita di famiglia. Ma ci pareva che non fosse giusto che quella fosse “la casa del papà”. E allora abbiamo intitolato questa casa “Nonno Mario”, un nonno, per la verità un diacono permanente, venuto a mancare pochi mesi fa, che per oltre venti anni è stato l’animatore del Centro di ascolto diocesano della nostra Caritas. Questa casa quindi è stata intitolata a lui come ricordo, ma anche per far sentire questo luogo come una vera è propria casa. Sono già dieci i papà che a partire da dopodomani, inizieranno ad abitare per periodi più o meno lunghi questa casa con i loro bambini.

    D. – Non si tratta, dunque, di una residenza più o meno stabile per i padri, ma proprio finalizzata a questo incontro con i figli...

    R. - Esattamente. Non una residenza, ma al massimo un pernottamento per quattro notti. Alcuni servizi sociali con i quali stiamo collaborando, ci hanno anche chiesto di poter utilizzare per un’ora o due questo ambiente, come luogo neutro, dove far incontrare i figli con entrambi i genitori sotto la supervisione di un’assistente sociale o di uno psicologo per quelle famiglie che vivono dei momenti difficili.

    D. – Mi sembra un’iniziativa molto originale: forse la prima di questo tipo in Italia?

    R. – Nel circuito delle Caritas diocesane italiane sta crescendo l’attenzione per i papà soli, e diverse stanno pensando - e alcune già attuando - delle piccole comunità residenziali per i papà. Un’iniziativa di questo tipo, mi pare di poter dire - ma potrei essere smentito - che sia unica in questo momento nel panorama italiano. E noi ci auguriamo che la cosa diventi più ampia perché non c’è bisogno di avere tante risorse dal punto di vista abitativo….

    D. – Sono già dieci i padri che hanno contattato la vostra iniziativa. La “Casa di nonno Mario” accoglierà un nucleo famigliare per volta o più padri con i propri figli anche contemporaneamente?

    R. -No, un nucleo per volta. Proprio perché l’obiettivo è curare la genitorialità. Un papà con uno, due, tre, quattro figli… ma solo loro, nessun altro. Quando poi hanno finito il loro “turno”, sarà il turno di un altro, perché quello che vogliamo realizzare è ciò che un altro papà ci ha detto: “Mi piacerebbe poter cucinare personalmente un piatto di spaghetti per i miei figli per sentirmi ancora il loro genitore”. Non per niente, il progetto che sta sotto la “Casa di nonno Mario” è stato intitolato: “Àncora papà”, ma mettendo anche l’accento sulla “a” iniziale, per cui si può leggere anche "áncora papà": un’áncora che aiuta i papà ad essere ancora tali.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: arcivescovo greco-ortodosso chiede la fine dell'invio delle armi

    ◊   “Un esplosione forte, fortissima e altre due in sequenza. I vetri delle finestre hanno tremato, qui siamo vicini al punto in cui è avvenuta la deflagrazione in piazza Saad Allah al Jabri, nel pieno centro di Aleppo”: a raccontare all'agenzia Misna l’ultimo drammatico episodio avvenuto questa mattina nella seconda città del paese è mons. George Tauma Abu Zakhem, arcivescovo greco-ortodosso di Homs. “Sono dovuto riparare qui dopo l’offensiva su Homs. Ho lasciato una città in fiamme e ora mi trovo in una città in fiamme. Dovete riportare il mio appello all’Occidente e al mondo: basta inviare armi in Siria! Stanno distruggendo un Paese meraviglioso, culla di civiltà e tradizioni antichissime, oltre a provocare la morte di migliaia di innocenti”. Secondo le prime ricostruzioni in circolazione sulla stampa internazionale, le deflagrazioni sarebbero state provocate da due autobombe con l’obiettivo di colpire una sede del circolo degli ufficiali del partito Baath. Nessuno vuole intervenire. C’è chi invia armi, a una parte e all’altra, e nessuno dice niente” denuncia il religioso che sull’incendio al mercato della città, dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità aggiunge: “Hanno distrutto una perla di bellezza che attirava milioni di visitatori da tutto il mondo. Hanno saccheggiato, depredato, ucciso persone innocenti, e tutto questo senza che nessuno muova un dito per fermare questo scempio. La disgrazia si è abbattuta su questo povero Paese”. (R.P.)

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    Patriarca Bartolomeo I: appello per far tacere le armi nel mondo

    ◊   “Rispetto delle differenze religiose e cessazione delle violenze”. È quanto chiede il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I in un comunicato diffuso oggi e ripreso dall'agenzia Sir, nel quale esprime preoccupazione e “profonda tristezza”: “L’umanità - si legge - è entrata in un periodo di confusione e di instabilità, caratterizzato da una esaltazione religiosa, il cui risultato è la manifestazione di violenza e contraddistinto dalla perdita di rispetto per la differenza religiosa. Quando agiamo in modo impudente e violento, in nome dei nostri pregiudizi religiosi o delle nostre credenze religiose - prosegue la dichiarazione del Patriarcato -, allora noi mettiamo in pericolo la nostra stessa vita e la nostra fede, creando un clima di rabbia, di odio e di sfiducia, che distrugge i legami di coesione che hanno caratterizzato l’umanità fin dalla creazione del mondo”. Il Patriarca rinnova così il suo appello “a tutti i protagonisti coinvolti nella violenza a far tacere le loro armi”. Osservando quanto accaduto nelle ultime settimane, l’appello chiede “l’assunzione di impegni per il mantenimento della pace e del rispetto reciproco per l’intera umanità”. Un appello che - osserva il Patriarca ecumenico - “si presenta più critico che mai”. “Noi, che professiamo di conoscere Dio - aggiunge Bartolomeo I -, dobbiamo riconoscere il dono divino della vita in ciascuno degli uomini e rispettare questo Seme Divino”. Ecco perché il Patriarcato ecumenico ritiene “suo obbligo il dialogare con quanti sono diversi” a partire dalla conoscenza dei simboli religiosi e dei modi di pensare degli “altri”. “I simboli - si legge nella dichiarazione - costituiscono rappresentazioni caratteristiche esterne, verso i quali tutti gli uomini collegano i propri pensieri e valori interni”. “Distruggere i simboli significa infliggere un dolore agli uomini che onorano questi simboli e le tradizione che rappresentano nei loro cuori”. Il Patriarca richiama l’umanità ad adottare “un cambiamento radicale degli atteggiamenti, delle abitudini e pratiche” e ripudia “chi affronta il prossimo con mancanza di rispetto, con disprezzo e odio distruttivo”. “Non servono a nessuno i discorsi pieni di intolleranza, le accuse infondate, l’impossibilità di comprensione delle differenze culturali, il biasimo dell’altro. Indipendentemente dalla via che ognuno di noi ha scelto consapevolmente di seguire, tutti siamo legati in modo infrangibile con gli altri, come i fili di uno stesso tappeto, opera di Dio, e dobbiamo riconoscere la bellezza ed il valore inerente di ciascuno e cessare la distruzione di qualsiasi parte della nostra bellezza collettiva”. (R.P.)

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    Bruxelles: seminario della Comece sull’ostilità contro i cristiani in Europa

    ◊   Si è tenuto ieri a Bruxelles il “seminario sulla discriminazione contro i cristiani in Europa”, che ha visto intervenire anche membri del Parlamento europeo. Il seminario - riferisce l'agenzia Sir - organizzato per il secondo anno dal segretariato Comece con il Gruppo dei conservatori e riformisti europei (Ecr) e il Gruppo del Partito Popolare Europeo (Epp), ha preso avvio da una domanda posta da Konrad Szymanski, parlamentare e moderatore del dibattito:“quale relazione esiste tra la democrazia liberale e la libertà di religione?” la riflessione ha richiamato a “un contesto europeo che sembra sempre più voler escludere il cristianesimo e le sue manifestazioni dal contesto pubblico”. Martin Kugler, dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione, ha presentato il rapporto che l’istituto cura ogni anno e che testimonia casi d’intolleranza e discriminazione contro i cristiani al punto da sostenere che “l’ostilità è nell’aria”. Un dato che emerge anche da un sondaggio condotto in Gran Bretagna nel 2011, secondo cui per il 74% dei cristiani intervistati “c’è più discriminazione contro i cristiani, che contro le persone di altre fedi e la si vede crescere sul posto di lavoro, nella vita pubblica, nei mass media”. La denuncia arriva da John Deighan, incaricato per la Conferenza episcopale scozzese di seguire l’attività del Parlamento. Intervenendo al seminario sulla discriminazione contro i cristiani, ha raccontato del suo incarico per contrastare la ridefinizione del matrimonio, come proposto dal governo scozzese al fine di accogliere i diritti delle coppie omosessuali. Questo sarebbe l’ultimo passo di un percorso che ha visto in questi anni emergere e dominare i diritti delle coppie gay, ivi compreso il diritto all’adozione. Nella terza parte del seminario, hanno preso la parola membri del Parlamento europeo, di estrazione cristiana; tra cui Silvia Costa (Gruppo dei social-democratici, Italia) che ha invitato a riflettere sul significato di laicità: “Quale spazio pubblico per le religioni? Quale politica laica che tuteli libertà, diritti, giustizia sociale, dialogo?”. (L.F.)

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    Pakistan: il governo del Sindh concede un terreno alle Suore di Gesù e Maria

    ◊   Il governo della provincia del Sindh (nel Sud del Pakistan) ha dato in comodato gratuito alle Suore di Gesù e Maria un terreno nel centro di Karachi per un periodo di 99 anni. Nel corso di una cerimonia tenutasi nei giorni scorsi, Ishrat ul Ebad, governatore del Sindh, ha consegnato i documenti ufficiali a suor Maria Langan e suor Berchmanns Conway, rappresentanti delle congregazione. Come riferito all'agenzia Fides, il terreno è stato presentato dal governo come “dono gratuito”, in riconoscimento del lavoro educativo delle Suore di Gesù e Maria in Pakistan. Consentirà alle religiose di ampliare e consolidare la scuola femminile che gestiscono Karachi dal 1952. Il governo del Sindh ha compiuto gesti significativi di apprezzamento per il lavoro della Chiesa cattolica in Pakistan. Tre ospedali cattolici in Sindh sono stati esentati dalle tasse di proprietà. Il governo è in procinto di concedere un'esenzione fiscale a 40 scuole gestite dalla diocesi di Hyderabad nelle aree urbane economicamente depresse e per le popolazioni indigene nel deserto del Thar. Di recente ha dato a 30 famiglie tribali del gruppo etnico parkari koli, colpite dalle alluvioni, quattro acri di terra e nuove case, che rientrano in un programma di aiuto avviato dall’ospedale cattolico Sant’Elisabetta di Hyderabad. Il governatore ha elogiato il ruolo e la presenza della Chiesa cattolica come parte integrante della società pakistana. Le Suore di Gesù e Maria sono giunte nel subcontinente indiano nel 1856 (ben prima della partizione fra India e Pakistan) e hanno avviato scuole a Lahore, Karachi, Islamabad, Mariakhel, Murree e Toba Tek. Nelle loro scuole hanno studiato l’ex primo ministro Benazir Bhutto, Asma Jehangir, presidente della Commissione per i diritti umani del Pakistan, Tehmina Janjua, ambasciatore del Pakistan in Italia, e altre eminenti personalità politiche musulmane. (R.P.)

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    Pakistan. Sette giorni, 15 lingue: centinaia di cristiani alla maratona per la Bibbia

    ◊   Una maratona della Bibbia lunga sei giorni e sette notti, con letture di tutti i passi dalla Genesi all'Apocalisse in ben 15 lingue diverse fra locali e straniere. È l'iniziativa lanciata dai cristiani pakistani al Santuario mariano di Mariamabad, nella provincia del Punjab, partita il 30 settembre scorso e che si concluderà la sera del 6 ottobre. Durante la messa inaugurale mons. Sebastian Francis Shaw, amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Lahore ha ricordato ai fedeli presenti che "leggere la Bibbia è un dono speciale (che abbiamo) ricevuto da Dio", perché possiamo "ascoltare, ma soprattutto agire" in accordo alla sua parola. L'amministratore apostolico di Lahore ha anche espresso "piacevole stupore" per la presenza di moltissimi giovani e bambini; egli si è poi rivolto a sacerdoti, suore, catechisti e fedeli chiedendo loro di rafforzare l'amore per la Bibbia e di trasformarsi in veri evangelizzatori. Dopo il prelato sono intervenuti missionari e rappresentanti delle diverse congregazioni cristiane, che hanno letto i primi cinque versetti tratti dal libro della Genesi nelle lingue di origine. L'idea della maratona per la Bibbia è nata nel 2010 ed è stata scelta Mariamabad perché centro del culto alla Vergine Maria. In questa settimana speciale dedicata alla Parola di Dio, i sacerdoti pakistani invitano i fedeli a partecipare alla messa, accostarsi alla confessione, recitare il rosario e unirsi alle processioni eucaristiche in programma. (L.F.)

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    Terra Santa: scritte blasfeme sulla porta del Cenacolino a Gerusalemme

    ◊   L’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) esprime la sua profonda costernazione per la scoperta di graffiti blasfemi in ebraico sulla porta d’ingresso del convento francescano del Monte Sion a Gerusalemme, nei pressi del Cenacolo. Secondo quanto riferito dalla Custodia di Terra Santa, che sul proprio sito riporta la notizia titolandola con un significativo “Ancora”, il gesto ricorda quello analogo di un mese fa circa, contro l’abbazia di Latroun. “Gesù viene insultato - affermano dalla Custodia - e la firma è quella del ‘prezzo da pagare’, che rivela un tipico modo di agire di estremisti israeliani”. Dal canto suo l’Assemblea esprime costernazione unita al sostegno “nella preghiera e nella fraternità” ai francescani e a tutta la comunità cristiana in Terra Santa. In una nota l’Aocts ribadisce la sua “preoccupazione per l’educazione fornita ai giovani in alcune scuole dove si insegna il disprezzo e l’intolleranza”. La richiesta dell’Assemblea, infine, è quella che “il sistema educativo cambi radicalmente, altrimenti le stesse cause produrranno gli stessi effetti. Questo attacco fa parte di una serie di atti di intolleranza in Terra Santa e in tutto il mondo, che sono insostenibili”. Anche il Presidente israeliano Shimon Peres ha condannato l'episodio affermando che gli slogan blasfemi anti-cristiani ''sono incompatibili con lo spirito dell'ebraismo e nocivi per Israele. Queste provocazioni ormai non rappresentano piu' episodi isolati, ma piuttosto ''un fenomeno a cui non e' possibile abituarsi. Abbiamo l'obbligo - ha aggiunto Peres - di rispettare quanto e' santo per altri popoli o altre religioni''. (R.P.)

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    Sudan: sui Monti Nuba nè cibo nè scuola

    ◊   “Niente cibo niente scuola” dicono all'agenzia Misna missionari che vivono sui Monti Nuba, una regione del Sudan dove un conflitto armato e un pessimo raccolto stanno ipotecando il futuro di migliaia di bambini. L’apertura dell’anno scolastico era prevista lunedì 1° ottobre. “La maggior parte delle classi – riferiscono i missionari – erano vuote o c’erano solo pochi bambini: il problema è che non c’è nulla da mangiare, né a scuola né a casa”. All’emergenza stanno contribuendo diversi fattori. Da un lato, le precipitazioni inferiori alla media nella stagione delle piogge che termina questo mese; da un altro, i bombardamenti aerei e gli scontri armati tra i soldati di Khartoum e i combattenti del Movimento di liberazione popolare del Sudan-Nord (Splm-N) in corso da quasi 16 mesi. Secondo le fonti della Misna, gli amministratori dell’Splm-N ripetono che le lezioni si terranno normalmente e che gli insegnanti saranno al loro posto nonostante ogni settimana migliaia di persone continuino ad attraversare la frontiera con il Sud Sudan nel tentativo di sfuggire alla violenza. “Da ieri sera – dicono alla Misna – circolano voci sulla possibilità che alcune scuole rinviino l’inizio dell’anno scolastico a lunedì prossimo”. L’Splm-N ha legami storici con gli ex ribelli ora al potere in Sud Sudan, un Paese divenuto indipendente nel luglio 2011. Come la vicina regione di Abyei, ricca di petrolio, i Monti Nuba sono rimasti fuori dagli accordi sottoscritti venerdì ad Addis Abeba dai governi di Khartoum e di Juba. (R.P.)

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    Congo: ancora impuniti stupri e violenze contro piccole vittime innocenti

    ◊   Una ondata di recenti casi di stupro ha scatenato le critiche locali sulla debolezza del sistema di giustizia nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc), dove le risorse inadeguate e l’incompetenza garantiscono poche speranze alle vittime che subiscono violenze sessuali. Si tratta prevalentemente di ragazzine abusate da adulti, tra queste anche alcune bambine di 6 anni. E’ quanto padre Jean Okutu, parroco presso la Chiesa Sacré Cœur nel remoto territorio di Mushie, ad ovest del paese, ha denunciato nelle ultime settimane. Per perseguire i criminali - riferisce l'agenzia Fides - le madri delle sopravvissute si sono unite per lamentare il fallimento del sistema giuridico locale e provinciale e hanno chiesto al Governo di prendere in considerazione anche lo spostamento di questi bambini per permettere loro di studiare all'estero a spese dello Stato e garantire che siano protetti da insulti e isolamento da parte degli altri bambini della loro età. Nella provincia di Bandundu è già in vigore un programma contro l’impunità per violenze sessuali, ma molti dei residenti sono scettici visto che i criminali che vengono arrestati spesso riescono a scappare dalle carceri a causa delle precarie misure di sicurezza. A Mushie, c’è un solo magistrato per tutte le cause ed è urgente rinforzare il sistema di giustizia. Con una popolazione di circa 80 milioni di persone c’è un giudice ogni 20 mila residenti nella Rdc. Anche se sono stati appena nominati 2 mila nuovi magistrati, l’intero sistema giudiziario congolese conta solo 4 mila membri. Occorre la collaborazione di tutta la popolazione, ogni cittadino ha l’obbligo di denunciare un crimine. (R.P.)

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    Burkina Faso: rafforzare il dialogo interreligioso per garantire la pace

    ◊   Il rafforzamento del dialogo interreligioso, la creazione di una piattaforma di concertazione interconfessionale e l’adozione di un documento di riferimento sul principio della laicità in Burkina Faso. Sono le proposte emerse dal Forum nazionale sulla laicità organizzato nei giorni scorsi nella capitale Ouagadougou. Scopo dell’incontro, che ha visto la partecipazione di esponenti politici e di leader religiosi delle diverse confessioni presenti in Burkina Faso, era di riflettere insieme su come prevenire i pericoli dell’estremismo religioso per rafforzare la pace e la coesione sociale nel Paese. I partecipanti – riportano i quotidiani locali “Sidwaya” e “Le Pays” ripresi dall’agenzia Apic – hanno indicato proprio nel principio costituzionale della laicità dello Stato la chiave per la pacifica convivenza tra le religioni in Burkina Faso. Per questo tra le indicazioni emerse vi è stata quella di introdurre l’insegnamento della Costituzione nelle scuole e l’apertura di un canale di dialogo tra le autorità religiose e quelle comunitarie. Si è inoltre parlato di istituzionalizzare il Forum con il compito di valutare i progressi nell’applicazione del principio della laicità nel Paese. I partecipanti hanno espresso soddisfazione per l’esito dell’incontro in cui - ha evidenziato mons. Philippe Ouédraogo, arcivescovo di Ouagadougou - si è cercato “di definire una visione comune della nozione di laicità”. Il Forum - ha affermato da parte sua il pastore evangelico Mamadou Philippe Karambiri - ha permesso di trovare “un terreno di intesa” che è il rispetto reciproco e la comune aspirazione a una nazione pacificata che non può prescindere dalla pace religiosa. Anche per El Hadj Adama Sakandé, presidente ad interim della comunità musulmana del Burkina Faso, l’incontro è stato “proficuo”. Il Primo Ministro burkinabé Beyon Luc Adolphe Tiao si è felicitato per la volontà dimostrata da tutte le comunità religiose nel Paese di convivere pacificamente nel rispetto reciproco. (L.Z.)

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    Messico: ogni settimana 200 bambini honduregni vengono rimpatriati

    ◊   Da due città di frontiera dell’Honduras, Aguas Calientes e El Corinto, da dove rientrano circa 200 minorenni ogni settimana, arriva la testimonianza di Suor Lidia Mara Silva de Souza, coordinatrice nazionale per la Pastorale della mobilità umana dell’Honduras. La religiosa fa notare che circa il 10% dei migranti che intraprendono il pericoloso viaggio verso gli Stati Uniti, è costituito da bambini honduregni. Di questi, almeno quattro su dieci vengono rimpatriati tutti i giorni dal Messico. Nella nota, ripresa dall'agenzia Fides, suor Lidia afferma che “nel caso dei minori migranti, questi non vogliono tornare, perché le principali ragioni che portano un bambino ad emigrare verso gli Stati Uniti sono il ricongiungimento familiare e la vita di violenza che subisce nella propria famiglia, con maltrattamenti fisici, mentali ed emotivi, nonché lo sfruttamento sessuale e lavorativo”. La religiosa, che riceve il supporto di diverse case di migranti e Ong ha anche denunciato che i consolati dell’Honduras in Messico e in Guatemala non offrono nessun aiuto a questa terribile situazione, mentre il numero dei bambini che escono dal Paese aumenta e purtroppo il silenzio dei genitori non aiuta a definire il numero reale dei bambini che si trovano fra Honduras, Guatemala e Messico. (R.P.)

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    Consiglio delle Chiese su salvaguardia del Creato e la tutela delle popolazioni povere

    ◊   “Alternative sostenibili per la riduzione della povertà e la giustizia ecologica” è il tema del convegno svoltosi nei giorni scorsi presso l’Accademia ortodossa di Creta, a Kolympari, Grecia, promosso dal Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc), dalla stessa accademia insieme ad altre organizzazioni. All’evento – riporta L’Osservatore Romano - hanno preso parte settantacinque tra scienziati, ecologisti, filosofi e teologi che hanno offerto un notevole contributo per comprendere al meglio le dinamiche sempre più connesse dello sviluppo economico e della sostenibilità ambientale. “Senza dubbio — ha spiegato Guillermo Kerber, responsabile per il Wcc del programma esecutivo per la tutela del Creato e la giustizia climatica — lo sradicamento della povertà e l’eco-giustizia sono strettamente correlate poiché le comunità povere, in varie parti del mondo, subiscono le conseguenze più gravi del degrado ambientale, dei cambiamenti climatici e del modello di sviluppo attuale”. Sebbene il Wcc e l’Accademia ortodossa di Creta si occupino dagli anni Settanta delle tematiche delle comunità sostenibili, oggi sono costrette ad affrontare nuove e difficili sfide dovute ai cambiamenti climatici accelerato, al degrado ambientale e alla crisi economica globale. “Questa conferenza di Kolympari — ha affermato Kerber — facilita la condivisione di esperienze provenienti da Africa, Asia, America, Europa e le isole del Pacifico, tutte alla ricerca di risposte sostenibili alle numerose problematiche in corso”. Durante l’incontro , i partecipanti hanno presentato approfondimenti specifici e studi relativi all’agricoltura, all’energia, allo sviluppo economico, alla sanità e alla finanza. Per Elias Abramides, del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, “dietro le sfide economiche ed ecologiche, e alla ricerca di un quadro concettuale globale ed etico, sorge una crisi spirituale che invita alla conversione personale e sociale. L’umanità — ha spiegato — sembra dimenticare che noi condividiamo lo stesso mondo e le stesse risorse. Eppure, questa umanità può decidere anche adesso di adottare misure efficaci per salvare il creato e porre fine alle ingiustizie che colpiscono le popolazioni più povere”. (L.Z.)


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    Il cardinale Brady: l'Anno della Fede tempo di rinnovamento in Irlanda

    ◊   Un “invito” e una “sfida” per “celebrare” e “rinnovare” la fedeltà a Cristo e riflettere su come affrontare l’impegnativa stagione della nuova evangelizzazione. Tutto questo sarà per la Chiesa in Irlanda l’Anno della fede ormai alle porte. A sostenerlo è il cardinale arcivescovo di Armagh e primate di tutta l’Irlanda, Seán Baptist Brady, in un articolo che viene pubblicato sul numero di ottobre di «Intercom», rivista di pastorale e liturgia, anticipato sul sito in rete dell’episcopato irlandese e ripreso da L’Osservatore Romano. Dal porporato arriva dunque l’invito, rivolto all’intera comunità cattolica irlandese, a cogliere la straordinaria opportunità fornita dall’Anno della Fede indetto da Benedetto XVI, la cui apertura pressoché coincide con il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Un’altra occasione “provvidenziale” — che segue quella della celebrazione nel giugno scorso del Congresso eucaristico internazionale — per l’isola di San Patrizio, tradizionale baluardo della fede cattolica oggi battuto dai venti della secolarizzazione e dagli scandali degli abusi su minori commessi da uomini di Chiesa. Tanto che un recente sondaggio pone proprio l’Irlanda in testa alle classifiche dei Paesi più atei, con soltanto il 47% della popolazione che si definisce credente. Di qui, il particolare accento che il porporato pone sulla necessità di rilanciare con più vigore l’opera della catechesi rivolta non soltanto all’infanzia per la tradizionale preparazione sacramentale. In questo senso, viene auspicata l’approvazione e la conseguente pubblicazione, proprio nel corso dell’Anno della Fede, del nuovo catechismo per gli adulti. “L’Anno della fede – afferma il cardinale Brady - è contemporaneamente un invito e una sfida, una sfida che, spero, tutti nella Chiesa in Irlanda sapranno cogliere, rinvigoriti e incoraggiati dal Congresso eucaristico internazionale. È un’occasione per celebrare e rinnovare la nostra fede — individualmente, nelle famiglie, nelle parrocchie e nelle scuole, in ogni diocesi, nel nostro Paese e in tutta la nostra comunità cattolica. È un momento provvidenziale per riflettere su come possiamo far conoscere meglio la nostra fede attraverso i moderni mezzi di comunicazione, attraverso l’arte, attraverso il rinnovamento di molte delle pratiche tradizionali della nostra fede come i pellegrinaggi ai santuari mariani e ai luoghi sacri, attraverso la celebrazione e la conoscenza dei santi irlandesi e attraverso una serie di molte altre attività». Inoltre, il cardinale Brady sottolinea in particolare la necessità di riscoprire la ricchezza dei documenti fondamentali del Concilio Vaticano II, insieme a “uno dei suoi frutti più importanti”, quale il Catechismo della Chiesa cattolica. (L.Z.)

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    Regno Unito: nuova iniziativa dei vescovi per l’Anno della Fede

    ◊   Brevi messaggi quotidiani di fede lanciati su Twitter in collaborazione con la Società Biblica; una Settimana di preghiera nelle scuole primarie e secondarie sulle orme di Santa Teresa di Lisieux; uno speciale sussidio di riflessione per piccoli gruppi di fede intitolato “Radiating Christ”. Sono solo alcune delle numerose iniziative promosse dalla Conferenza episcopale inglese e gallese attraverso il suo Ufficio per la Missione interna (Home Mission Desk) per l’Anno della Fede che prende il via il prossimo 11 ottobre. A queste – come riferisce un comunicato - si aggiunge ora il lancio di una serie di video-testimonianze di vescovi e arcivescovi del Paese che saranno diffuse con una cadenza mensile nel corso dei prossimi dodici mesi. A dare il via alla serie è una testimonianza di mons. Vincent Nichols, presidente della Conferenza episcopale. Si tratta di un’intervista rilasciata lo scorso mese di giugno durante il Congresso Eucaristico Internazionale di Dublino, in cui l’arcivescovo di Westminster racconta il suo personale incontro con Dio e la sua esperienza di fede, sottolineando la centralità dell’Eucaristia. (L.Z.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 277

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.