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Sommario del 25/11/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Solennità di Cristo Re. Il Papa: il potere di Gesù è quello della verità e dell’amore e non sarà mai distrutto
  • Il neocardinale filippino Luis Antonio Tagle: portare al mondo l'ottimismo che viene dalla fede in Dio
  • Il Papa all'Angelus: nelle tormentate vicende della storia, Dio continua a costruire il suo Regno di amore
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: giudici in sciopero contro i poteri di Morsi. Scontri al Cairo
  • Tunisia: crescono i timori per una deriva islamica della Rivoluzione dei Gelsomini
  • Congo. Il governo ai ribelli di M23: negoziati solo dopo il ritiro da Goma
  • Si celebra in tutto il mondo la Giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne
  • Arriva l'Imu per le scuole paritarie. L'Agidae: rischio chiusura, licenzieremo 200 mila persone
  • Il capo del Dap Tamburino: per le misure alternative fare salto culturale in avanti
  • "Maestri di strada", iniziativa per sconfiggere l'abbandono scolastico
  • Si conclude la Settimana europea del baratto
  • “Università, verso dove?”: convegno organizzato dalla Fuci a Roma
  • "Parva", un Cd per aiutare i bambini della Sierra Leone
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Bangladesh: incendio in una fabbrica di abbigliamento, oltre 120 morti
  • Nigeria. Autobomba contro chiesa: almeno 5 morti. Il cardinale Onaiyekan: isolare gli estremisti
  • Siria: ribelli conquistano base aerea nei pressi di Damasco
  • Afghanistan: 2 morti negli scontri tra studenti. Università chiuse per 10 giorni
  • Terra Santa. Dopo la tregua, urge rimuovere il blocco di Gaza: appello di Oxfam
  • Kenya: appello della Chiesa per fermare l’escalation di violenza etnica e religiosa
  • Premio Sant'Agostino al cardinale Scola e al principe di Giordania Bin Talal
  • India: nel Kerala via libera alla “Commissione per le minoranze”
  • Hong Kong: il cardinale Tong su ruolo della famiglia e formazione dei giovani
  • A Roma incontro dei vescovi europei sulla pastorale dei migranti
  • Immigrazione: soccorsi 80 somali al largo della Sicilia
  • Messico: il recupero scolastico dei bambini di strada
  • Malawi: i 10 anni di Radio Alinafe al servizio della carità
  • Opam: un concerto di Natale per l’alfabetizzazione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Solennità di Cristo Re. Il Papa: il potere di Gesù è quello della verità e dell’amore e non sarà mai distrutto

    ◊   Il potere di Gesù è quello della verità e dell’amore e non sarà mai distrutto: così il Papa stamani, nella Basilica Vaticana, durante la Messa presieduta in occasione della solennità di Cristo Re. Hanno concelebrato con lui i sei nuovi cardinali creati nel Concistoro di ieri: mons. James Michael Harvey, arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, il Patriarca maronita Béchara Boutros Raï, l’arcivescovo maggiore siro-malankarese di Trivandrum Baselios Cleemis Thottunkal, l’arcivescovo di Abuja, John Olorunfemi Onaiyekan, l’arcivescovo di Bogotà, mons. Rubén Salazar Gómez e l’arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle. Il servizio di Sergio Centofanti.

    Una solennità per capire se davvero Gesù è il re della nostra vita, se siamo attratti dal suo amore o se ci interessano di più i poteri di questo mondo. Il Papa invita a volgere “lo sguardo al futuro, o meglio in profondità, verso la meta ultima della storia, che sarà il regno definitivo ed eterno di Cristo” quando “manifesterà pienamente la sua signoria” e “giudicherà tutti gli uomini”. Sulla terra Gesù sceglie la via dell’umiliazione e della croce. La gente attende un altro tipo di Messia che risolva con la violenza le ingiustizie e resta delusa. Anche i suoi discepoli, “pur avendo condiviso la vita con Gesù e ascoltato le sue parole, pensavano ad un regno politico, instaurato anche con l’aiuto della forza”:

    “Nel Getsemani, Pietro aveva sfoderato la sua spada e iniziato a combattere, ma Gesù lo aveva fermato (cfr Gv 18,10-11). Egli non vuole essere difeso con le armi, ma vuole compiere la volontà del Padre fino in fondo e stabilire il suo regno non con le armi e la violenza, ma con l’apparente debolezza dell’amore che dona la vita. Il regno di Dio è un regno completamente diverso da quelli terreni”.

    Anche Pilato rimane sorpreso davanti a Gesù che parla di un potere che non risponde alla logica del dominio e della forza:

    “Il potere del vero Messia, potere che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto, non è quello dei regni della terra che sorgono e cadono, ma è quello della verità e dell’amore. Con ciò comprendiamo come la regalità annunciata da Gesù nelle parabole e rivelata in modo aperto ed esplicito davanti al Procuratore romano, è la regalità della verità, l’unica che dà a tutte le cose la loro luce e la loro grandezza”.

    Chi segue Cristo sulla via della croce partecipa alla sua regalità:

    “Con il suo sacrificio, Gesù ci ha aperto la strada per un rapporto profondo con Dio: in Lui siamo diventati veri figli adottivi, siamo resi così partecipi della sua regalità sul mondo. Essere discepoli di Gesù significa, allora, non lasciarsi affascinare dalla logica mondana del potere, ma portare nel mondo la luce della verità e dell’amore di Dio”.

    La solennità di Cristo Re è dunque un forte invito a “convertirsi sempre di nuovo al regno di Dio, alla signoria di Dio, della Verità, nella nostra vita”:

    “Lo invochiamo quotidianamente nella preghiera del “Padre nostro” con le parole “Venga il tuo regno”, che è dire a Gesù: Signore facci essere tuoi, vivi in noi, raccogli l’umanità dispersa e sofferente, perché in Te tutto sia sottomesso al Padre della misericordia e dell’amore”.

    Infine, il Papa, rivolgendosi in particolare ai sei nuovi cardinali creati nel Concistoro di ieri, li ha invitati a “dare testimonianza al regno di Dio, alla verità. Ciò – ha detto - significa far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze”: un impegno che richiede “di amare sino all’estremo, donando la propria vita per le persone amate”.

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    Il neocardinale filippino Luis Antonio Tagle: portare al mondo l'ottimismo che viene dalla fede in Dio

    ◊   I sei nuovi porporati provengono da tre continenti: America, Africa ed Asia. Tra di essi c’è l’arcivescovo filippino di Manila, Luis Antonio Tagle. Philippa Hitchen lo ha intervistato:

    R. – I would like to thank...
    Vorrei ringraziare il Santo Padre per la sua fede e fiducia non solo nei miei confronti, ma nei confronti della Chiesa di Manila e della Chiesa nelle Filippine. Prendo tutto questo non solo come un dono, ma anche come una chiamata affinché la Chiesa filippina prenda sul serio la nostra missione, specialmente in Asia. Oggi, specialmente attraverso i nostri immigrati filippini in tutto il mondo, la fede cristiana è presente e si diffonde dappertutto. Quindi, forse, questo è tempo per noi per ringraziare il Signore ed anche tempo per prendere seriamente la nostra missione.

    D. – Tornando nelle Filippine cosa spera di riportare?

    R. – To the people of the Philippines...
    Al popolo filippino, come anche agli altri popoli in Asia, io vorrei portare molto ottimismo e speranza. Ho sentito diverse volte la paura di alcune Chiese, abituate ad essere maggioranza: paura per la diminuzione dei fedeli e forse anche per il calo di una certa influenza. Io le ho ascoltate e ho detto loro che questa è stata la storia della Chiesa negli ultimi 2000 anni! Non vi spaventate! Vivete tutto con la fiducia che il Signore è sempre con voi e che lo Spirito Santo continua a soffiare nonostante noi stessi e molte volte grazie anche a noi stessi. Alla mia gente dirò che forse verrà un tempo in cui potremo condividere la nostra esperienza con altre Chiese che hanno paura o che non sono abituate ad essere una minoranza e potremo condividere con loro la gioia che abbiamo ed anche quel modo eroico in cui tante persone qui trasmettono e testimoniano la loro fede.

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    Il Papa all'Angelus: nelle tormentate vicende della storia, Dio continua a costruire il suo Regno di amore

    ◊   Al termine della Santa Messa in San Pietro, il Papa ha guidato la preghiera mariana dell’Angelus dalla finestra del Palazzo Apostolico. Tornando a riflettere sulla solennità odierna, Benedetto XVI ha affermato che il "Regno di Cristo è stato affidato alla Chiesa che ne è germe e inizio". Ha quindi invitato a pregare per i nuovi cardinali e poi, nei saluti in francese, si è rivolto in particolare ai tanti pellegrini libanesi giunti per accompagnare il neoporporato Béchara Raï ed ha invocato la pace. Il servizio di Isabella Piro

    “Prolungare l’opera salvifica di Dio convertendosi al Vangelo”: è questa la chiamata che tocca il cuore di ogni fedele, dice il Papa, perché Cristo Re “non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare testimonianza alla verità”. Di qui, il pensiero va ai sei nuovi cardinali che, provenienti da diverse parti del mondo, “ben rappresentano – sottolinea Benedetto XVI – la dimensione universale della Chiesa”:

    “Invito tutti a pregare per i sei nuovi Cardinali che ieri ho creato, affinché lo Spirito Santo li rafforzi nella fede e nella carità e li ricolmi dei suoi doni, così che vivano la loro nuova responsabilità come un’ulteriore dedizione a Cristo e al suo Regno”.

    Un’altra invocazione il Papa la innalza alla Vergine Maria: a Lei chiede protezione per la Chiesa e per tutti i fedeli:

    “La Vergine ci aiuti tutti a vivere il tempo presente in attesa del ritorno del Signore, chiedendo con forza a Dio: «Venga il tuo Regno», e compiendo quelle opere di luce che ci avvicinano sempre più al Cielo, consapevoli che, nelle tormentate vicende della storia, Dio continua a costruire il suo Regno di amore”.

    Nei saluti in varie lingue, poi, Benedetto XVI ricorda due eventi importanti: la Beatificazione, avvenuta ieri in Ecuador, di Suor Maria Troncatti, “generosa testimone” che si pose al servizio “dell’evangelizzazione e della promozione umana”; e la celebrazione dei Primi Vespri di Avvento con gli studenti universitari, in programma per sabato primo dicembre nella Basilica Vaticana, in occasione dell’Anno della fede.

    Infine, rivolgendosi ai tanti fedeli di lingua francese, Benedetto XVI saluta in particolare quelli numerosi – circa 500 - provenienti dal Libano. Tra loro, anche molti musulmani:

    "Laissons le Christ convertir nos cœurs…
    "Lasciamo che Cristo converta i nostri cuori e le nostre mentalità – ha detto – per riconoscere che la vera grandezza e pienezza dell’uomo sono unicamente nello stare con Dio e nell’amore ricevuto e donato”. Di qui, la preghiera che la benedizione del Signore conduca l’umanità “verso la pace”.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto: giudici in sciopero contro i poteri di Morsi. Scontri al Cairo

    ◊   In Egitto non si placa la dura protesta contro il decreto con cui il presidente Mohamed Morsi si è dotato di poteri straordinari. La magistratura ha convocato uno sciopero ad oltranza, mentre stamani al Cairo si registrano nuovi scontri tra la polizia e manifestanti dell’opposizione che da ieri presidiano piazza Tahir. Il servizio di Marco Guerra:

    Opposizione liberale, magistratura e organizzazioni non governative contro Morsi: in Egitto si allarga il fronte della protesta contro la dichiarazione costituzionale emessa giovedì che attribuisce poteri speciali al presidente. Nel mirino dei giudici in particolare il passaggio che dichiara “immediatamente esecutiva e inappellabile” in qualsiasi tribunale ogni sua decisione. Per questo motivo i magistrati hanno indetto uno sciopero che prevede “la sospensione delle attività in tutte le corti e le procure” fino a che non sarà ritirato il decreto che minaccia - affermano - l'indipendenza della giustizia. Chiedono il ritiro del provvedimento anche 20 Ong e il leader dell'opposizione El Baradei che lo definisce “dittatoriale”. Intanto resta alta la tensione al Cairo. Scontri fra manifestanti e polizia sono avvenuti stamani vicino all'ambasciata americana, mentre prosegue il presidio in piazza Tahir. I ministeri e altri palazzi del potere sono stati protetti da barriere di cemento. Prevista per martedì prossimo una grande manifestazione di tutte le forze liberali e di sinistra. Per opposti motivi si mobilitano anche i Fratelli Musulmani che hanno lanciato un appello a scendere in piazza a sostegno del presidente. Dal canto suo Morsi segue da vicino la situazione. Da ieri sera ha già incontrato due volte il suo staff, nel quale si annoverano tre defezioni in segno di protesta.

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    Tunisia: crescono i timori per una deriva islamica della Rivoluzione dei Gelsomini

    ◊   A quasi due anni dall’inizio della Primavera Araba e a uno dalle elezioni, in Tunisia, il sogno di una società finalmente libera e democratica sembra infrangersi contro una realtà fatta di imposizioni confessionali, crisi economica e regressioni annunciate nel campo dei diritti. A pagarne per prime l’alto prezzo sono le donne. Luca Attanasio, a Tunisi, ha parlato con due di loro: Nadia Hakimi, direttrice dell’Association Tunisienne des Femmes Democrates, e Lina Ben Mhenni, una delle blogger più attive nel periodo della Rivoluzione dei Gelsomini, e con Silvia Costa, in visita nella capitale nord-africana come membro della delegazione ufficiale della Commissione Femme del Parlamento Europeo:

    D. – Nadia Hakmi, avete da poco conquistato la libertà, e i diritti sembrano sparire all’orizzonte …

    R. – Notre rôle, je pense, c’est de poursuivre notre résistance parce-que …
    Penso che il nostro ruolo oggi sia continuare la resistenza. Abbiamo ormai acquisito dei meccanismi di opposizione al potere, ma ci troviamo a fronteggiare situazioni molto difficili. Oggi le cose sono molto cambiate e siamo di fronte ad una nuova lotta per mantenere i diritti per le donne. Registriamo una vera e propria regressione.

    D. – Qual è il problema più urgente, al momento?

    R. – C’est la Constitution, parce-que on parle du Préambule …
    Il problema più grande è la Costituzione. Al momento, si parla molto di Preambolo, ma non si dice nulla dei contenuti. Vogliono rimettere in discussione l’articolo 1 sul quale c’era un consenso generale: recita che la Tunisia è uno Stato laico a maggioranza islamica, mentre ora si spinge per scrivere che è uno Stato islamico.

    D. – Lina Ben Mhenni, temete che la rivoluzione vi venga portata via?

    R. – Usually, to do a revolution …
    In genere, per fare una rivoluzione ci vogliono gruppi organizzati, partiti politici; ma nel caso nostro, si è trattato di una rivoluzione spontanea, fatta da giovani, disoccupati … Non avevamo un piano, pensavamo solo a liberarci di Ben Ali, senza pianificare il futuro. E così, altri ne hanno approfittato e ce l’hanno letteralmente confiscata.

    D. – Onorevole Silvia Costa, una prima impressione sulla situazione generale del Paese …

    R. – La Tunisia è in una fase di transizione democratica complessa; promettente, per il fatto che si sta lavorando alacremente nell’Assemblea costituente – che vede la presenza del 27 per cento di donne – per dare finalmente alla Tunisia una nuova Costituzione, più aperta, più democratica rispetto a quella vigente nel regime passato. Dall’altro lato, le donne chiedono che non si torni indietro rispetto ad alcuni diritti.

    D. – Avete incontrato donne di ogni partito, rappresentanti della società civile. Cosa chiedono all’Europa?

    R. – Ci hanno chiesto di tenere lo sguardo fermo su di loro, di aiutarle e anche nelle forme di sostegno e di partenariato, che si condizionino gli aiuti al rispetto della democrazia e dei diritti delle donne.

    Sull’impegno dei tunisini per i diritti umani Luca Attanasio ha incontrato la presidente di Amnesty International Tunisia, Sondéss Garbouy, e le ha chiesto in che modo la sua organizzazione ha partecipato alla Rivoluzione dei Gelsomini:

    R. – Les jeunes d’Amnesty International…
    I giovani di Amnesty sparsi nelle regioni sono stati molto attivi; noi lavoriamo su base regionale e abbiamo 40 gruppi sparsi nel Paese. Il gruppo più attivo è proprio quello di Sidi Bouzid, dove si è dato fuoco Mohammed Bouazizi e da dove è cominciato tutto. I nostri coordinatori, i nostri militanti, sono scesi in piazza e hanno preso parte attivamente alla rivoluzione. Ma c’è un grosso lavoro, maggiore, da fare adesso, dopo la rivoluzione. Credo che ci aspetta un impegno enorme per un’azione di pressione verso l’Assemblea costituente perché siano scritti e garantiti i diritti umani fondamentali.

    D. - Quali sono le principali battaglie di Amnesty a quasi due anni dallo scoppio della rivoluzione?

    R. – C’est la grande bataille…
    La grande battaglia oggi è quella per l’abolizione della pena di morte. La Tunisia è un paese abolizionista de facto, che non esegue, cioè, da più di 20 anni l’esecuzione capitale. C’è un gruppo di pressione molto, molto, forte che spinge perché diventi nuovamente efficace. Noi, invece, premiamo perché nella nuova Costituzione ci sia l’abolizione totale della pena di morte. Ma ciò che davvero mi fa male al cuore è vedere che quei giovani che ora premono per il ritorno a questa misura, sono gli stessi per cui Amnesty International ha condotto campagne molto coraggiose quando erano nel braccio della morte, perché venissero garantiti loro i minimali diritti e, soprattutto, non venissero giustiziati.

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    Congo. Il governo ai ribelli di M23: negoziati solo dopo il ritiro da Goma

    ◊   Il governo della Repubblica Democratica del Congo non negozierà con i ribelli di M23 fino a quando questi non abbandoneranno la città di Goma. Così il presidente congolese Joseph Kabila nell’incontro tenutosi ieri sera in Uganda con una rappresentanza del movimento che da martedì scorso controlla la capitale della provincia del Kivu del Nord. Intanto, sul terreno, migliaia di civili sono in fuga di fronte all’avanzata dei ribelli verso la città di Bukavu, nel Sud Kivu. Gravissima l’emergenza umanitaria per la quale si è levato anche l’accorato appello dei vescovi del Paese che denunciano: siamo di fronte ad una guerra per lo sfruttamento delle risorse. Cecilia Seppia ha sentito Domenico Quirico, giornalista del quotidiano La Stampa, esperto di questioni africane: :

    R. – I capi dell’M23 sostengono di poter ripetere l’operazione di Kabila padre contro Mobutu, cioè di poter avanzare fino a prendere Kinshasa. Francamente mi sembra una “fanfaronata” ed è molto più probabile che il loro progetto sia quello di conquistare il massimo del territorio nel Kivu e poi procedere a una vecchia “malattia” o tentazione nella storia congolese che è quella della secessione: separare il Kivu dallo Stato congolese, creare una sorta di repubblica delle miniere. Infatti, c’è anche il ruolo che sta svolgendo il Ruanda, attraverso le sue minoranze etniche che vivono nel Kivu, e che ha mire ben precise che porta avanti con determinazione e astuzia da molto tempo in questa zona.

    D. – L’Onu sembra impotente, a parte questo ponte aereo che ha messo a disposizione per evacuare il personale a rischio. I caschi blu a Goma, per esempio, non hanno potuto sparare, non hanno aperto il fuoco. Forse ora si sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare droni ma solo per ricognizione. Questo potrebbe essere un segnale della presenza della comunità internazionale che guarda al Congo e a questo conflitto…

    R. – Questo contingente sta lì da un’eternità. Mi domando che senso abbia gettare denaro dalla finestra per queste presenze che servono semplicemente alla burocrazia. Questi sono posti dove armate intere possono sparire in una foresta senza essere più visibili, figuriamoci a cosa serve il drone.

    D. - A cosa servirebbe?

    R. – Quello che serve sempre in luoghi come il Congo: una volontà della comunità internazionale che attraverso pochi Paesi che contano, che hanno in questa zona un’influenza assai antica, possa intervenire direttamente per eliminare alla radice le cause di questa continua e ripetuta tragedia. Non dimenticando però, che il governo attualmente al potere a Kinshasa non è diverso dai suoi avversari, nel senso che anche questo governo, in particolare Kabila junior, è un personaggio impegnato nel saccheggio del proprio Paese.

    D. – Proprio ieri c’è stato un appello dei vescovi del Paese che parlano di una guerra per lo sfruttamento illegale delle risorse e chiedono ovviamente di cessare le armi. E’ così, ha una forte connotazione economica questa guerra?

    R. – L’unica ragione per cui si combatte e ci si massacra nel Congo orientale è lo sfruttamento privatistico delle immense ricchezze naturali della zona. In questo senso le bande di questi presunti ribelli e gli ufficiali, i generali dell’armata regolare congolese, si comportano esattamente nello stesso modo, cioè vendono, svendono, rubano queste ricchezze e poi regolano i propri conti periodicamente.

    D. - Quello che preoccupa ovviamente sempre quando c’è una guerra è l’emergenza umanitaria che ne scaturisce. Ci sono migliaia di sfollati. Nelle città cominciano a scarseggiare i viveri, l’acqua e ci sono cadaveri abbandonati per le strade, uno scenario drammatico…

    R. – I campi sono stati abbandonati, le capanne bruciate, nessuno ha più la possibilità di tornare indietro. Questi diventano sfollati permanenti, gente che è costretta a vivere di carità o si arruola, se sono maschi, perché chi ha un mitra è qualcuno, chi non ce l’ha è polvere, è niente.

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    Si celebra in tutto il mondo la Giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne

    ◊   Oggi in tutto il mondo con diverse iniziative si celebra la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, seguendo l’invito del segretario generale delle Nazioni Unite rivolto a governi, organizzazioni internazionali e Ong, a sensibilizzare l’opinione pubblica su una piaga sociale e culturale che non conosce confini di ambiente, censo e nazionalità. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Aggredite, picchiate, rapite, mutilate o addirittura uccise; a casa, al lavoro, a scuola, per strada. Oltre il 70% delle donne nel mondo ha vissuto almeno una volta l’esperienza di una violenza fisica o psicologica e le denunce sono ancora sopraffatte il più delle volte dal timore di impunità per gli aggressori o dalla mancanza di assistenza e sostegno adeguati. Dall’Onu è questo il quadro che emerge oggi. Cifre globali comparabili e più dettagliate per ora non ci sono: per l’Unione Europea, la prima ricerca del genere sarà pronta a inizio del 2013 con dati sulle violenze, analisi contestuali e anche la misurazione dei livelli dei servizi di assistenza post-denuncia. La firmerà l’Agenzia europea per i diritti fondamentali. Ma il problema c’è, è transnazionale e ha radici culturali, pur assumendo in ogni Paese volti e forme diverse. Per l’Africa abbiamo raccolto la testimonianza di Habi Bamba, presidente di United Nation Women Guild( UNWG):

    “Toutes les quinze minutes il y a une femme que….
    Ogni 15 minuti, c’è una donna che muore a causa della violenza coniugale: questo in tutti i Paesi, anche in quelli in via di sviluppo e chiaramente anche in Africa. Io sono originaria dell’ovest dell’Africa e posso dire che ci sono tipi diversi di violenza: i matrimoni forzati , la non scolarizzazione delle giovani donne, l’impossibilità di emanciparsi. Queste sono forme di violenza silenziosa. La violenza non si limita soltanto a colpire la donna: ci sono forme di violenza ancor più forti, come quelle mentali o quelle che incidono sullo sviluppo stesso della donna. Dunque tutto si gioca veramente sull’emancipazione reale della donna”.

    All’importanza di un’educazione sana e diversa, specie quella dei bambini che saranno i futuri uomini, richiama la scrittrice cinese Xinran Eady, ampliando l’orizzonte della riflessione:

    “When you have a child
    Quando hai un figlio, al maschio compri un’arma e una macchina, ad una femmina compri una bambola. Quindi, sin da piccoli i maschi imparano ad avere il potere, ad avere un’arma, mentre alle femmine viene insegnato a tenere in braccio il proprio bimbo, la bambola. Secondo: in un gioco per computer, in un film, quanta violenza! E sostanzialmente, tutto ruota intorno alle lotte tra maschi, tra eroi. Non dimenticate però che un eroe si costruisce sull’uccisione di altre persone. Il terzo punto va ricercato nell’istruzione: basta aprire i libri di storia. I vittoriosi, i vincitori, gli eroi sono tutti uomini …”

    La Cina, quella politicamente ed economicamente potente, è solo quella delle città, spiega Xinran. A sole cinque ore di distanza, in periferia o nelle campagne, si torna indietro di 500 anni:

    “Women in the country’s…
    Le donne in campagna vivono in condizioni terribili, senza acqua corrente ed elettricità e nemmeno il diritto di scegliere chi sposare; le ragazze non hanno il diritto di andare a scuola. In molte zone di campagna le donne sono rimaste incatenate e trattenute dalle tradizioni, costrette in condizioni di vita poverissime e assoggettate ad una cultura maschilista. E questo è costato molte vite in Cina”.

    Politiche specifiche fanno il resto: il figlio maschio è necessario, e le bambine sono inutili, racconta Xinran ...

    “From a my research…
    Da una mia ricerca durata tre anni, abbiamo scoperto che più di 150 mila bambine sono state adottate da Paesi occidentali. Ma quante ragazze nella storia, ed anche ora, sono state abbandonate o uccise? Non lo sappiamo, perché questo è un segreto di Stato”.

    In altri contesti, altrettanto difficili per la vita delle donne, ci sono progressi notevoli, anche se non sono ben visti. E’ il caso del Pakistan, dove sono donne il 22 per cento delle parlamentari, ma i retaggi culturali sono ancora pesanti. L’ambasciatore del Pakistan in Italia, Tehmina Janjua:

    “We have rights guaranteed to women by the Constitution...
    La Costituzione garantisce alle donne determinati diritti, ma i diritti che sono violati non sono violati in maniera sistematica, quanto piuttosto a causa di determinate mentalità; queste mentalità devono essere ri-orientate. Allo stesso tempo, abbiamo un movimento femminile molto forte che sta lavorando duramente per garantire che il rispetto dei diritti delle donne sia preservato e rafforzato anche attraverso la legislazione. Il nostro Parlamento ha recentemente approvato alcune leggi tra le quali quella contro la violenza nei confronti delle donne e quella contro la discriminazione nel mondo del lavoro”.

    Cosa fare, dunque? Per un fenomeno globale occorrono risposte globali. Lo ripetono le firmatarie del network internazionale HOW, acronimo della Onlus Hands Off Women, nata nei giorni scorsi a Roma. Vi aderiscono Associazioni e singole donne, che intendono seguire i dettami dell’Onu con piccoli gesti e piccole iniziative: più informazione, più promozione dei diritti umani e più sostegno alle vittime.

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    Arriva l'Imu per le scuole paritarie. L'Agidae: rischio chiusura, licenzieremo 200 mila persone

    ◊   Scuole cattoliche, e non solo, a rischio chiusura, non ce la fanno a reggere le nuove tassazioni: è l’allarme lanciato dall’Agidae, l’Associazione Gestori Istituti Dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica. E adesso - secondo il regolamento del Ministero dell'Economia pubblicato in Gazzetta ufficiale - le scuole paritarie non pagheranno l'Imu solo se l'attività è svolta a titolo gratuito o se il ''corrispettivo simbolico è tale da coprire solo una frazione del costo del servizio, tenuto conto dell'assenza di relazione con lo stesso''. Alessandro Guarasci ha chiesto un commento al presidente dell’Agidae, padre Francesco Ciccimarra:

    R. – Questa è la fine delle scuole cattoliche.

    D. – Perché lei dice che è la fine delle scuole cattoliche?

    R. – Perché nessuna scuola è gratuita. i docenti chi li paga? Con quali soldi? Tutte le scuole sono in fallimento, le chiuderemo in un anno, licenzieremo 200 mila persone, così tutti quanti saranno contenti. Ma questa è una follia.

    D. – Come pensate di intervenire? Farete opposizione in qualche modo?

    R. - C’è poco da fare opposizione. Io l’ho fatta a tempi opportuni, intervenendo ai convegni, facendo interviste. Fino a qualche mese fa sono stato attivo alla Camera, ho visto i presidenti delle varie commissioni parlamentari, ma il governo ha avocato a sé questo problema. Una cosa così distrugge tutto. Finiranno le opere cattoliche in Italia, non c’è dubbio. Io già giro l’Italia per fare contratti di solidarietà, con riduzioni dello stipendio del 25%, perché non ce la fanno ad andare avanti, avendo il governo dimezzato i contributi. Con la crisi economica delle famiglie e con l’Imu, sarà la fine delle opere cattoliche in Italia.

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    Il capo del Dap Tamburino: per le misure alternative fare salto culturale in avanti

    ◊   Nuovo tentativo di suicidio in un carcere. Un detenuto del penitenziario fiorentino di Sollicciano si è dato fuoco e ora si trova in gravi condizioni al Centro ustionati. Giovedi, nel ricevere i direttori delle Amministrazioni Penitenziarie del Consiglio d'Europa, il Papa ha detto che “una detenzione fallita nella funzione rieducativa diventa una pena diseducativa“. In questo senso, le misure alternative alla detenzione in carcere sono importanti? Alessandro Guarasci lo ha chiesto a Giovanni Tamburino, a capo del Dap, il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria:

    R. – Sicuramente, noi dobbiamo fare questo salto culturale in avanti, nel pensare che la pena non è soltanto il carcere, non è la pena detentiva e basta. Ci sono una serie di fatti illeciti – penalmente illeciti – che richiedono quindi una risposta sanzionatoria da parte della società, per dare sicurezza alla società e anche per la giustizia, nei confronti delle vittime. Però, non necessariamente questo deve essere il carcere. Cioè, l’idea che "pena uguale carcere" è un’idea che dev’essere superata con una visione culturale più aggiornata e più adatta ai tempi.

    D. – La spending review quanto sta incidendo sul funzionamento ordinario delle carceri? Ma non solo la spending review: diciamo tutti i tagli di spesa che sono stati avviati nell’ultimo anno …

    R. – Sta incidendo in modo notevole e in particolare per quanto riguarda due settori: quello del lavoro e quello, anche, dell’educazione, della scuola in carcere. Così come per la presenza di quel supporto di carattere psicologico e, a volte anche psichiatrico, di cui si ha bisogno non infrequentemente in relazione alla popolazione detenuta. Tutto questo fa soffrire di più la situazione penitenziaria generale. Devo dire che vi è anche un grande sforzo, coronato pure da buoni risultati, di razionalizzazione della spesa, cioè ottenere gli stessi risultati pur con risorse che si sono molto ridotte.

    D. – E’ soddisfatto della qualità dei programmi di reinserimento che a volte vengono avviati nelle carceri italiane?

    R. – La realtà carceraria è molto articolata, è molto differenziata. E’ sbagliato presentare solo gli aspetti negativi, perché ci sono anche aspetti di realtà molto positive, e quando si dà un giudizio si deve tener conto sia di quello che non va bene, ma anche di quello che va bene. Bollate, ma anche Padova, anche altre realtà come Viterbo, Rieti … ci sono realtà in cui la rieducazione è qualcosa di concreto: passa attraverso il lavoro, l’impegno, con risultati molto positivi.

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    "Maestri di strada", iniziativa per sconfiggere l'abbandono scolastico

    ◊   Sono quasi 114 mila i ragazzi che tra i 14 e i 17 anni abbandonano le scuole ogni anno in Italia: oltre il 20 per cento di questi vivono in Campania, a Napoli sono 1.283. E’ questa l’istantanea scattata dalla ricerca curata dall’Isfol, l’istituto per la formazione professionale dei lavoratori. Un valido aiuto per questi ragazzi è rappresentato dalle reti di supporto come l’associazione ‘Maestri di strada’, che opera a Napoli e aiuta i ragazzi considerati irrecuperabili. Cesare Moreno, ideatore e spina dorsale dei maestri di strada spiega, al microfono di Maria Cristina Montagnaro, in che modo operano:

    R. – Noi ci rivolgiamo alla persona, all’uomo, non allo studente. Noi ci occupiamo di ristabilire una relazione umana con le persone e significa anche aiutare i giovani a stare meglio con se stessi: giovani arrabbiati, pieni di rancore, frustrati da sconfitte ripetute, che vivono situazioni di emarginazione, esclusione. Poi sulla base di questo, dopo si realizzano anche gli apprendimenti, ma se non si fa questo… E pare che questo nessuno lo voglia capire.

    D. – Che cosa fate nel concreto per non abbandonare a se stessi i ragazzi che lasciano la scuola?

    R. - Noi cerchiamo di fare un intervento quanto più possibile sistemico, quindi ci occupiamo di un intero gruppo di quartieri nella Napoli orientale, l’ex-zona industriale di Napoli, sono quasi 200mila abitanti, dove ci sono nove scuole medie e molte scuole superiori. Noi andiamo in tutte e nove le scuole medie. Abbiamo fatto anche un protocollo di intesa per cui le scuole ci segnalano tutti i ragazzi di terza media che, a detta degli insegnanti, hanno il forte rischio di abbandonare gli studi o ancora prima della licenza o subito dopo la licenza media.

    D. – Qual è l’identikit del ragazzo che abbandona la scuola?

    R. – La dispersione scolastica riguarda anche quartieri e strati sociali che non sono socialmente marginali. Ma c’è un’emarginazione interiore che non ha confine di classe, dove sta la miseria, l’assenza di soldi, il lavoro minorile. Tutte queste cose esistono. Noi sappiamo che ci sono figli di poveri che hanno voglia di apprendere. Ma come mai i figli degli immigrati studiano più dei figli degli italiani? Eppure dal punto di vista sociale sono molto più emarginati, ma se non altro quelli hanno ancora una speranza, hanno voglia di emergere, i nostri, no. Se uno vuole fare una seria analisi della dispersione deve capire che il punto fondamentale è l’emarginazione interiore. Per combattere l’emarginazione interiore non ci vogliono tanto i soldi quanto una relazione diversa con i giovani. Questa società ha una buona relazione con i giovani? No. La scuola ha una buona relazione con i giovani? No. Quindi i risultati sono questi.

    D. - Perché passano gli anni e i dati sulla dispersione scolastica non diminuiscono?

    R. – Per quale motivo… Il motivo è noto da sempre e lo sanno anche i sassi. Se uno ripete la stessa partita con le stesse regole, gli stessi giocatori, lo stesso campo, lo stesso pubblico, per quale motivo il risultato dovrebbe cambiare? In tutte le parti del mondo in cui c’è la crisi i capi di governo si impegnano prioritariamente sull’istruzione; noi non abbiamo nessuno che sente il bisogno di dire che metà della crisi italiana deriva da una cattiva gestione dell’istruzione.

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    Si conclude la Settimana europea del baratto

    ◊   Nell’ambito della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti e in coincidenza con la Settimana europea del baratto, termina oggi la 33.ma edizione della Fiera del baratto e dell’usato di Napoli. La Fiera, che riunisce artigiani, collezionisti e privati cittadini, ha lo scopo di sensibilizzare verso strategie e politiche di prevenzione dei rifiuti, attraverso la cultura del riutilizzo, del riciclo e del recupero di oggetti. Oggetti che, altrimenti, verrebbero gettati aumentando la già pesante quantità di rifiuti. Al microfono di Eliana Astorri, Augusto La Cala, vicepresidente di ‘Bidonville’, l’associazione culturale che ha organizzato l’evento:

    R. - Bidonville è l’associazione che riutilizza tutto. Lo scopo è quello di dare uno stimolo alle persone perché riflettano un po’ di più su quelli che potrebbero essere - per noi lo sono - dei piccoli contributi e delle soluzioni alle problematiche sia ambientali sia a quelle che consentirebbero di poter risparmiare qualcosa - visto che l’usato si contrappone, per così dire, al nuovo anche da questo punto di vista - per potersi permettere la soddisfazione del desiderio di esigenze a prezzi inferiori. La società del consumo e di quell’usa e getta, purtroppo, ha preso un po’ il sopravvento, ed è per questo che anche il nostro nome “Bidonville” è inteso proprio ad indicare “la città dei bidoni” in quanto il bidone per noi non è un rifiuto ma piuttosto una risorsa. Noi parliamo di scarti; non parliamo mai di rifiuti. Scarti che potrebbero essere per qualcuno, in quel momento, non necessari ma invece essere utili, anzi importanti per altri: quindi, contestualizzare le esigenze, il bisogno degli oggetti o della funzione dell’oggetto, a seconda dei momenti di vita di ognuno di noi. Noi sosteniamo che oggi dare una seconda vita alle cose è un’esigenza sicuramente prioritaria. Se guardiamo negli armadi, nelle soffitte, nelle cantine, siamo pieni di merci, di cose che a volte non usiamo e teniamo lì perché poi è un peccato buttarle o perché sono in ottime condizioni e possono essere donate ad altri. Ecco, questo è quello che a noi piace come momento, come filosofia: entrare nella mentalità che usato è più bello. Usato è più bello perché prima di tutto è collaudato, seconda cosa perché è economico, terza cosa perché quell’atto, quel gesto che andiamo a fare sappiamo che in qualche modo eviterà l’incrementarsi in discarica di quello che appunto sono le vergogne che questo nostro territorio sta vivendo. Inoltre non dimentichiamo che in contemporanea con la Settimana della riduzione dei rifiuti, si svolge la Settimana europea del baratto: ecco che le due cose si abbinano e sono perfettamente parallele; il baratto come forma arcaica di scambio - baratto o permuta che dir si voglia, integrazione economica del valore di quello che può essere l’effettivo scambio tra due soggetti - perché poi la sua funzione non è soltanto quella di interesse specifico. Se andiamo ad analizzarla in modo più approfondito, si scoprono anche degli aspetti sociali, di solidarietà. Ci sono dei momenti all’interno della Fiera del baratto e dell’usato - ormai è giunta alla sua 33.ma edizione - in cui le classi sociali si azzerano.

    D. - La Fiera del baratto e dell’usato si svolge nel weekend a Napoli: vogliamo invitare gli ascoltatori di Roma e provincia?

    R. - Con molto piacere, perché le occasioni per i collezionisti - io la chiamavo la caccia al tesoro - per gli amanti del piccolo modernariato, del piccolo antiquariato sono tante. Poi ci sono oggetti firmati, quadri…. Qui la cultura esce fuori perché a volte un Topolino, un Diabolik o un quadro firmato proposti a chi ne conosce il valore permette di fare degli affari, dando l’opportunità di soddisfare le proprie voglie al giusto prezzo. Quindi lo slogan per noi è: “Fa bene all’ambiente, fa bene alla tasca”. Questo è fondamentale da tener conto.

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    “Università, verso dove?”: convegno organizzato dalla Fuci a Roma

    ◊   “Negli altri Paesi, al dottorato corrispondono competenze, da noi talvolta viene riconosciuta un'anzianità maggiore ma non c'è una cultura sulla sua importanza per la formazione. Bisogna lavorare su questo tema assieme alle aziende, va cambiato il rapporto col mondo dell'impresa''. Così il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, venerdì scorso a Roma, durante l’incontro nazionale organizzato dalla Fuci, la Federazione Universitaria Cattolica Italiana, sul tema “Università, verso dove?”. Ma cosa vuol dire oggi far parte di questa Federazione? Marina Tomarro lo ha chiesto a don Roberto Regoli assistente ecclesiale della Fuci:

    R. – Significa avvicinarsi a tutte le problematiche universitarie sociali, politiche, culturali, con la criticità della fede: cioè, avere quella funzione di vigilanza che ha i suoi punti di riferimento nella fede e nella ragione illuminata nella fede. Studenti come gli altri ma con qualcosa in più da condividere.

    D. – In che modo opera la Fuci all’interno delle università?

    R. – La Fuci ha il senso nella sua presenza discreta ma che dà lievito. Sono gruppi di giovani che parlano ad altri giovani. All’interno dei gruppi c’è questo percorso intellettuale, culturale, politico e di formazione cristiana, per dare una formazione concreta ai singoli individui e per portare questa nuova proposta nei loro ambienti, nei corsi, nelle aule universitarie. E’ una presenza di fede ma di fede che ragiona.

    D. - Riprendendo anche il tema della settimana, “Università verso dove?”, secondo lei verso dove stiamo andando in questo momento?

    R. – C’è un fatto. La crisi del momento è una crisi antropologica che è centrale in tutti gli ambiti dei saperi, della società e del lavoro. Noi dobbiamo dare una risposta in cui venga messo di nuovo al centro l’uomo. Il problema è che tante volte l’uomo ha ridotto alla funzione produttiva invece noi vogliamo vedere l’uomo nella sua integrità.

    Ascoltiamo la testimonianza di due universitari della Fuci, Francesca e Stefano. Francesca:

    R. - La Fuci si prende in carico di completare il percorso di studi universitario. L’università sta diventando sempre più altamente specializzante però è importante che in questi anni decisivi ci formiamo non solo come persone competenti ma anche come persone complete. Questo si raggiunge innanzitutto attraverso l’incontro e lo scambio di conoscenze tra percorsi formativi diversi. Inoltre, vivendo anche l’approfondimento e la formazione intellettuale come dono, che ci rende ora studenti e un giorno professionisti e lavoratori che hanno una competenza specifica ma che soprattutto sanno metterla al servizio di un bene comune più grande.

    D. – Stefano, per te cosa vuol dire far parte della Fuci?

    R. - Per me significa essere convinto che da giovane universitario posso sia addentrarmi nel sapere scientifico che lasciarmi illuminare dalla fede, considerando che entrambi portano nella stessa direzione e non sono contrastanti.

    E all’incontro era presente anche il vescovo ausiliare di Roma, mons. Lorenzo Leuzzi delegato per la pastorale universitaria per la diocesi di Roma:

    “Un gruppo Fuci che convive nelle università e che vive un percorso formativo di fede, adeguato alla vita dei giovani, può costituire una grande ricchezza. Nelle università questa esperienza di dialogo, di interpretazione della realtà culturale, diventa una possibilità che deve diventare sempre di più a servizio di tutta la Chiesa. Per questo, credo che sarà la nuova evangelizzazione ad essere la grande occasione per rilanciare i gruppi Fuci nell’università".

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    "Parva", un Cd per aiutare i bambini della Sierra Leone

    ◊   Le note di una cetra diventano un progetto solidale per aiutare i bambini della Sierra Leone. A comporle e a pensarle insieme a quelle di altri strumenti è stata Elide Siviero, insegnante di cetra, che con la Onlus Murialdo World, legata alla Congregazione di San Giuseppe, ha dato vita al Cd "Parva". Le sue musiche originali vogliono contribuire alla raccolta di fondi per finanziare un programma di assistenza nutrizionale. Il servizio di Tiziana Campisi:

    Cetra, flauto e archi: dà voce a questi strumenti "Parva", una raccolta di 21 composizioni neomelodiche inedite di Elide Siviero, interpretate insieme a Stefania Soave, all’orchestra dei fiati di Padova e al quartetto d’archi Paul Klee per sostenere un progetto che vuole migliorare la nutrizione infantile a Lunsar, nella Sierra Leone. L’idea è quella di mettere insieme piccoli contributi di diversi artisti - "Parva" appunto, piccole cose - in un Cd, che può diventare un dono di Natale attraverso il quale finanziare anche un progetto missionario, come spiega la stessa Elide Siviero:

    “L’iniziativa nasce dalla Murialdo World, che si occupa della formazione, in terra di missione, di giovani. Precisamente è un progetto a Lunsar, in Sierra Leone, che dovrebbe avviare una scuola di agraria e un impianto agricolo in questo villaggio, che è stato assegnato dalla guerra dei diamanti, dove ci sono molti bambini che muoiono di fame. Con questo progetto ci si prefigge di togliere dalla fame 240 bambini. Tutti si sono messi in gioco in questo progetto. Ci ha uniti l’amore per l’arte, che può diventare solidarietà”.

    A far conoscere la missione dei Giuseppini del Murialdo cui "Parva" è legato, è il sito internet www.progettoparva.org, dove è possibile richiedere lo stesso Cd, che con le sue note - scrive Elide Siviero - può diventare pane per chi ha fame e suscitare fame in chi ha pane.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Bangladesh: incendio in una fabbrica di abbigliamento, oltre 120 morti

    ◊   È di oltre 120 morti il bilancio del devastante incendio che ha distrutto una fabbrica di abbigliamento in Bangladesh. Le fiamme sono divampate in uno stabilimento di nove piani alle porte di Dacca, in cui sono rimasti intrappolati centinaia di lavoratori, in prevalenza donne. Secondo la stampa locale circa 200-250 operai erano al lavoro per il turno serale. Diversi dipendenti presi dal panico si sono buttati dalle finestre, mentre una cinquantina sono stati soccorsi dalle squadre dei pompieri. Incidenti del genere non sono nuovi in Bangladesh. Grazie alla manodopera a basso costo, infatti, il Paese asiatico è uno dei motori della produzione mondiale di abiti, ma le condizioni di lavoro sono spesso prive dei più elementari standard di sicurezza. (M.G.)

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    Nigeria. Autobomba contro chiesa: almeno 5 morti. Il cardinale Onaiyekan: isolare gli estremisti

    ◊   Almeno 5 persone sono morte e decine rimaste ferite nell'esplosione di un'autobomba nei pressi di una chiesa all'interno del compound militare di Jaji nello Stato nigeriano di Kaduna. Lo riferiscono fonti militari. Gli ultimi attentati anticristiani sono stati compiuti sempre di domenica durante le celebrazioni dal gruppo integralista islamici Boko Haram. Il neocardinale John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo nigeriano di Abuja, ha sottolineato, ai microfoni della Radio Vaticana, che i Boko Haram "rappresentano un’anomalia" nel mondo islamico "perché i musulmani nigeriani non sono i Boko Haram". Questi - ha aggiunto - sono poche persone che si possono isolare, "mentre la grande maggioranza di musulmani con cui abbiamo a che fare ogni giorno non coltiva le stesse idee. Per questo, dovremmo unire i nostri sforzi, anche intellettuali, per risolvere questo problema".

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    Siria: ribelli conquistano base aerea nei pressi di Damasco

    ◊   Non si fermano i combattimenti in Siria, dove, secondo le fonti dell’opposizione, si registra una lenta ma graduale avanzata del fronte anti-regime. Stamani i ribelli hanno annunciato di aver catturato una base aerea per elicotteri situata a 15 km ad est di Damasco. Conquistata al termine di una battaglia notturna, la base è la seconda struttura militare alla periferia della capitale a cadere nelle mani degli insorti dall'inizio del mese. L’ultimo bilancio - che si riferisce ai combattimenti di ieri in diverse zone del Paese - è di 32 morti, tra cui due donne e un bambino.

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    Afghanistan: 2 morti negli scontri tra studenti. Università chiuse per 10 giorni

    ◊   Le autorità afghane hanno ordinato 10 giorni di chiusura per quattro università di Kabul dopo gli scontri tra studenti sunniti e sciiti che hanno avuto un bilancio di due morti e 28 feriti. In un comunicato il Ministero dell'Istruzione superiore ha precisato che sui violenti incidenti è stata aperta un’inchiesta. A quanto si è appreso, le violenze sono partite poiché numerosi studenti sciiti volevano commemorare, flagellandosi il corpo, il Giorno dell'Ashura in ricordo di Husayn ibn Ali, nipote di Maometto, ma un gruppo di compagni sunniti, contrari alla cerimonia, hanno voluto impedirglielo.

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    Terra Santa. Dopo la tregua, urge rimuovere il blocco di Gaza: appello di Oxfam

    ◊   La tregua appena siglata da sola “non è sufficiente”: per ridare una speranza alla pace, oggi urge porre fine all’embargo di Gaza che “da cinque anni è soggetta a un blocco paralizzante, che ha limitato le importazioni e le esportazioni e ha distrutto la sua economia”. E' quanto afferma, in una dichiarazione inviata all’agenzia Fides, Martin Hartberg, portavoce dell’Ong Oxfam a Gerusalemme. L’Ong Oxfam, una delle maggiori al mondo, con sede nel Regno Unito, è presente in Israele e Palestina con progetti di sviluppo per le fasce deboli, interventi di tutela dei minori, attività in ambito socio-sanitario e sostegno allo sviluppo rurale. Nella nota inviata a Fides, Oxfam, accogliendo positivamente la notizia del cessate il fuoco, rimarca che la tregua è fondamentale, ma è solo il primo passo: “La violenza nel corso delle ultime settimane è stata devastante per la gente a Gaza e in Israele. Centinaia di vite sono state perse mentre case, scuole e asili sono distrutti. Le persone hanno bisogno di poter tornare a vivere una vita normale. Per oltre una settimana le scuole a Gaza e nel sud di Israele sono state chiuse e le attività grazie alle quali le persone si guadagnano da vivere a Gaza, come la pesca e l'agricoltura, sono state interrotte perché troppo pericolose”. Per questo ora è urgente rimuovere l’embargo che affligge Gaza: “Da quando il blocco di Gaza è iniziato, cinque anni fa – riferisce Oxafm – un terzo delle imprese di Gaza hanno chiuso e l'80% della popolazione ha ora bisogno di aiuto”. Oxfam chiede alla comunità internazionale “maggior coraggio”: “Solo togliendo il blocco avremo qualche possibilità di porre fine all’incessante ciclo di violenza che ha devastato milioni di vite. Se il blocco di Gaza continuerà e i palestinesi di Gaza e della Cisgiordania rimarranno separati, sarà impossibile raggiungere la soluzione di due stati per due popoli auspicata dalla comunità internazionale”. Nei giorni scorsi Oxfam, insieme con altre 37 Ong, aveva chiesto alla comunità internazionale di promuovere una tregua immediata, per proteggere i civili e prevenire una nuova catastrofe umanitaria a Gaza.

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    Kenya: appello della Chiesa per fermare l’escalation di violenza etnica e religiosa

    ◊   La Commissione Giustizia e Pace del Kenya (Cjpc) ha rivolto un pressante appello al Governo di Nairobi affinché fermi l’escalation di violenze di matrice etnica e religiosa che minacciano il pacifico svolgimento delle prossime elezioni presidenziali e politiche del 4 marzo 2013. Dal primo novembre ad oggi le violenze hanno causato una cinquantina di vittime, di cui 40 poliziotti uccisi nel nord, tre militari caduti al confine con la Somalia e una decina di persone uccise in un attentato domenica scorsa nel quartiere di Eastleigh di Nairobi, abitato da una folta comunità somala, presa a sua volta di mira dalla popolazione locale perché accusata di proteggere gli attentatori che si suppone siano legati agli estremisti somali Shabaab. Un comunicato letto nei giorni scorsi dal Presidente di Giustizia e Pace mons. Zacchaeus Okoth, parla di episodi “raccapriccianti e scioccanti” e chiama in causa l’inerzia delle autorità keniane. “Il Governo deve fare qualcosa di più che organizzare funerali. Dovrebbe stabilire una giornata nazionale di lutto in onore delle vittime”, si legge nella nota ripresa dall’agenzia Cisa. Dopo avere espresso le condoglianze ai familiari, mons. Okoth ha messo in guardia sul rischio che le violenze possano degenerare, compromettendo le elezioni del 2013. Il timore è che l’approssimarsi del voto accresca il rischio di un uso politico delle tensioni sociali ed etniche. Alla conferenza stampa erano presenti anche mons. Cornelius Arap Korir, vescovo di Eldoret e vice-presidente di Giustizia e Pace e un altro membro dell’organismo mons. Martin Kivuva Musonde, vescovo di Machakos. I tre presuli hanno concluso rivolgendo a tutti i keniani un accorato appello alla coesistenza pacifica e a tutte le parti in causa a impegnarsi per la riconciliazione. La Conferenza episcopale del Kenya sta intensificando in questi mesi le iniziative e gli appelli affinché il Paese non riviva più la drammatica esperienza delle elezioni del 2008 finite nel sangue. L’ultimo risale a due settimane fa. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Premio Sant'Agostino al cardinale Scola e al principe di Giordania Bin Talal

    ◊   La prima edizione del Premio Sant'Agostino, promosso dalla Fondazione Osservatorio del Mediterraneo in collaborazione con l'Accademia di Studi Interreligiosi di Milano, è stato assegnato al cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano e presidente della Fondazione Internazionale Oasis, al principe di Giordania Ghazi Bin Muhammad Bin Talal, al consigliere del Re del Marocco André Azoulay, presidente della Fondazione Euromediterranea Anna Lindh, e al direttore della rivista Le Monde des Religions, Frédéric Lenoir. La consegna del riconoscimento per la promozione del dialogo interreligioso è avvenuta questa mattina alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Per il principe di Giordania, che non era presente, ha ritirato il premio l'ambasciatore del Regno di Giordania, Zais Al-Lozi. Il premio ha inteso onorare la memoria di un grande santo che fu pioniere dei legami tra le due rive del Mediterraneo: nato sulla sponda africana trovò la fede sulla riva europea, per poi tornare ad esercitare a Ippona, l'attuale An-Naba in Algeria, il suo magistero di vescovo predicatore della concordia e del dialogo. Il direttore della Fondazione Osservatorio del Mediterraneo, Mohamed Nadir Aziza, ha spiegato che questo "è un doppio omaggio: a Sant'Agostino e a Sant'Ambrogio, e in particolare all'incontro tra i due. Agostino come promotore della tolleranza e per questo vogliamo che le religioni tornino ad essere una scuola di tolleranza". Il cardinale Angelo Scola ha ricordato che Sant’Agostino “è stato l’uomo della ricerca inesausta della verità” e - come ricorda Benedetto XVI - alla fine scoprì che “invece di raggiungere la verità, era stata la verità a raggiungere lui”. «Non dimentichiamo mai l’esperienza di sant’Agostino – esorta Benedetto XVI –: non siamo noi a possedere la Verità dopo averla cercata, ma è la Verità che ci cerca e ci possiede» . Questa consapevolezza – ha aggiunto il cardinale Scola - è tanto più necessaria in una società plurale quale quella odierna, qualora essa non voglia appiattirsi su un infecondo relativismo. Oggi i cristiani – ha proseguito - sentono la responsabilità di proporre la vita buona del Vangelo in tutti gli ambiti dell’umana esistenza. Non pretendono una egemonia e non possono sottrarsi al dovere della testimonianza. L’alternativa tra egemonia e testimonianza è davvero cruciale. E Sant’Agostino, con la sua vita e con i suoi insegnamenti, ci mostra come la seconda delle due posizioni sia più adeguata alla natura stessa della verità”. Il porporato ha quindi affermato che “a livello civile e anche politico, la logica della testimonianza piuttosto che dell’egemonia si traduce oggi nell’impegno per la libertà di religione, in tutte le sue dimensioni”.

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    India: nel Kerala via libera alla “Commissione per le minoranze”

    ◊   E’ imminente la creazione di una specifica “Commissione per le Minoranze “ nello Stato indiano del Kerala, nel Sud dell’India. Il Kerala è lo stato indiano con la maggiore percentuale di cristiani (oltre il 16%) e con un tasso di istruzione fra i più alti dell’India. Come riferiscono fonti locali dell'agenzia Fides, il governo dello stato, guidato dal Premier V.S. Achutandan, del Partito Comunista, ha dato il via libera al progetto di una “Commissione per le Minoranze”. Tale tipo di Commissione, che ha il compito di monitorare la situazione e tutelare i diritti di minoranze etniche, religiose, culturali, esiste già in 16 stati dell’India. La sua creazione in ogni singolo stato è stata formalmente auspicata dalla “Commissione federale per le minoranze”, già attivata in sede di stato centrale. In Kerala la Commissione è stata attivamente sostenuta in particolare dalle minoranze musulmane, ma ha trovato l’appoggio anche di cristiani, sikh, parsi e buddisti. Di recente osservatori e gruppi musulmani hanno segnalato violenze e una “campagna di intolleranza” verso di loro da parte di gruppi estremisti indù anche in Kerala. Interpellato dall’agenzia Fides, l’intellettuale cattolico Ignatius Gonsalves, Direttore del settimanale “Jeevanaadam”(“La Voce della Vita”), edito dalle Chiesa cattolica in Kerala smentisce questa lettura: “Sono alcuni gruppi musulmani fondamentalisti che sollevano questi allarmi, anche in opposizione ai musulmani moderati. In passato il Kerala è stato l'unico stato in India che è rimasto mirabilmente calmo anche quando in altri stati indiani si sono registrati violenti scontri fra musulmani e indù. Il merito di ciò va in gran parte alla Lega musulmana, partito moderato. Anche gli indù in Kerala sono generalmente di mente aperta e non sono settari. Il partito fondamentalista indù, Baratiya Janata Party (BJP), che governa il atri stati indiani, non ha nemmeno un membro in seno all'Assemblea legislativa del Kerala: questa è una prova sufficiente della mentalità della popolazione. Va detto invece che nel territorio va facendosi strada sempre più la militanza islamica, alimentata dai paesi del Golfo. E a volte gli indù si sentono minacciati”. In Kerala su una popolazione di oltre 33 milioni di persone, gli indù sono il 63%, i musulmani il 20%, i cristiani i 16% e credenti di altre religioni l’1%. (R.P.)

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    Hong Kong: il cardinale Tong su ruolo della famiglia e formazione dei giovani

    ◊   “La famiglia e la formazione dei giovani rivestono un ruolo importante per i futuri sposi che vivranno la vita matrimoniale cristiana”: è la convinzione del cardinale John Tong, vescovo di Hong Kong, Presidente di The Hong Kong Catholic Marriage Advisory Council, che ha voluto trasmettere ai volontari e ai membri dell’organismo riuniti per la 46° Assemblea annuale. Secondo quanto riferisce Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides), il cardinale Tong ha sottolineato che “la formazione al matrimonio si può dire abbia inizio fin dalla nascita”. La direttrice del Consiglio ha informato che la diocesi di Hong Kong celebrerà nel prossimo febbraio la Giornata del Matrimonio, per sottolineare il valore del matrimonio cristiano. Nel corso dell’Assemblea padre A. Deignan, membro del Consiglio, ha evidenziato che “non basta la formazione pre-matrimoniale, ci vuole una formazione permanente” visto che la vita familiare e coniugale cristiana è minacciata su diversi fronti nella società di oggi. L’anno scorso il Consiglio ha risolto 470 casi di crisi matrimoniale e ha ricevuto oltre mille telefonate sulla “linea verde pro-matrimonio”. Con l’aiuto dell’autorità civile, è stato poi attivato il progetto pilota di mediazione familiare che offre il servizio della mediazione e altri servizi di carattere generale. The Hong Kong Catholic Marriage Advisory Council è nato nel 1965 come un ente di servizio volontario finanziato dalla diocesi e dall’autorità civile. Il suo scopo è aiutare le coppie a vivere una felice esperienza matrimoniale e sostenere i genitori a realizzare la propria vocazione. (R.P.)

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    A Roma incontro dei vescovi europei sulla pastorale dei migranti

    ◊   “Una pastorale di comunione per una rinnovata evangelizzazione”: è il tema dell’incontro che vedrà riuniti a Roma, dal 27 al 29 novembre, circa 40 delegati rappresentanti vescovi e direttori nazionali per la pastorale dei migranti delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), ma anche di organismi ecclesiali continentali. Nel corso dei lavori - riferisce l'agenzia Sir - si farà il punto sull’impegno della Chiesa in Europa nell’ambito della pastorale dei migranti e si cercherà di definire una Road Map per le attività della sezione migrazioni della Commissione Ccee “Caritas in Veritate” che promuove l’incontro. Ad aprire il meeting, martedì 27 novembre, saranno il Presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti della Santa Sede, il cardinale Antonio Maria Vegliò e il cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria e presidente della Sezioni “Migrazioni” della Commissione Ccee, il Presidente della Fondazione Migrantes, mons. Paolo Schiavon e mons. Giampaolo Crepaldi, presidente della Commissione Ccee “Caritas in Veritate”. Il tema dell’evangelizzazione verrà inoltre affrontato da mons. Salvatore Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione e da mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes. (R.P.)

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    Immigrazione: soccorsi 80 somali al largo della Sicilia

    ◊   Ottanta migranti nazionalità somala sono stati soccorsi la scorsa notte dalla Guardia Costiera a 30 miglia a sud di Portopalo, in Sicilia. Sull’imbarcazione erano presenti 25 donne, delle quali due in stato di gravidanza. Sale così a 438 il numero dei migranti arrivati sulle coste siciliane negli ultimi due giorni. E di fronte a questa nuova ondata migratoria, il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini si è rivolto al governo perché agisca con tempestività ad evacuare il centro d’accoglienza sull’isola, che conta già circa 1000 presenze. (M.G.)

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    Messico: il recupero scolastico dei bambini di strada

    ◊   Dopo essere stati integrati nel programma “Dalla strada alla vita”, i bambini che lavorano agli incroci delle strade più importanti del municipio di Rioverde, sognano di trovare al più presto un buon lavoro e di riuscire ad intraprendere una carriera che permetta loro di andare avanti. Per alcuni, il Centro di Assistenza Familiare dove ogni giorno vanno a mangiare e studiare si è trasformato nella principale speranza. I più piccoli - riferisce l'agenzia Fides - evitano di parlare di eventuali sfruttamenti subiti in famiglia o anche fuori, e molti sono fiduciosi che se le istituzioni continuano ad aiutarli, un giorno potranno andare a scuola e all’Università. Grazie a questo programma, il numero di quelli che lavorano per strada è diminuito. Portano un distintivo con i dati anagrafici, devono rispondere gentilmente alle persone e obbedire agli automobilisti che non vogliono i loro servizi. Inoltre devono rispettare alcune misure di sicurezza per evitare di correre rischi di incidenti. Attraverso la Direzione per la Sicurezza Pubblica questi piccoli sono controllati costantemente, così che si possa intervenire nel caso in cui vengano aggrediti. (R.P.)

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    Malawi: i 10 anni di Radio Alinafe al servizio della carità

    ◊   Sacchi di granturco per gli orfani e i bambini abbandonati: Radio Alinafe, emittente cattolica della diocesi di Lilongwe, ha festeggiato in questo modo i suoi 10 anni di vita al servizio della comunità. Il direttore di Radio Alinafe, padre Gabriel Jana, aveva chiesto alle parrocchie della diocesi di raccogliere cibo e altri prodotti di prima necessità con l’obiettivo di sostenere l’impegno delle Sorelle delle carità che gestiscono scuole e orfanotrofi nel quartiere di Kawale. “Ringraziamo Dio per questi 10 anni – ha spiegato padre Gabriel all'agenzia Misna – e pensiamo anche ai nostri amici che soffrono”. Della raccolta e della distribuzione dei sacchi di granturco riferisce The Dawn, la rivista della Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale del Malawi. Radio Alinafe nacque nel 2002 raccogliendo l’appello del primo Sinodo dei vescovi sull’Africa in merito alla necessità di diffondere la parola di Dio attraverso i moderni mezzi di comunicazione di massa. (R.P.)

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    Opam: un concerto di Natale per l’alfabetizzazione

    ◊   Come da tradizione, anche quest'anno l'Opam - Organizzazione di Promozione dell’Alfabetizzazione nel Mondo presieduta da mons. Aldo Martini - organizza il Concerto di Natale presso la parrocchia romana di San Luigi Gonzaga. L'appuntamento è il 2 dicembre prossimo alle ore 17,30. Ad eseguire il concerto sarà il Coro polifonico di S. Agnese fuori le Mura, diretto dal maestro Roberto Musto. In programma inni sacri, canti popolari natalizi e opere di Bach e Brahms. L’evento musicale sarà un’occasione per raccogliere fondi in favore dei progetti che l’Opam sostiene in tutto il mondo a favore dell’alfabetizzazione. L’Opam ha festeggiato quest’anno il suo 40.mo di attività. Nel messaggio a mons. Martini per l’occasione, il Papa ha incoraggiato l’Opam a proseguire “con rinnovato slancio l’impegno per favorire l’istruzione e l’educazione nei Paesi più svantaggiati”, in uno stile di “reciproco arricchimento tra le diverse culture e fraternità tra le comunità ecclesiali”. (A.G.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 330

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