Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 23/11/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Apostolato del Mare: Chiesa vicina a pescatori e marittimi in difficoltà
  • Il Papa riceve il presidente libanese Sleiman
  • Mons. Harvey nuovo arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura: domani sarà cardinale
  • Altre udienze e nomina espicopale in Ucraina
  • Concistoro: domani il Papa crea sei nuovi cardinali. Intervista col patriarca Béchara Raï
  • P. Lombardi: Santa Sede aderisce al Kaiciid per promuovere il dialogo interreligioso
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Hamas accusa Israele di aver infranto la tregua. Mons. Twal: "Occorre una pace giusta e duratura"
  • Egitto. Tensione dopo l'allargamento dei poteri di Morsi, 50 feriti ad Alessandria
  • Catalogna si prepara al voto: favorito il partito indipendentista
  • Congo. Si combatte a Goma, migliaia i profughi. I vescovi: guerra per le risorse naturali
  • Myanmar, è emergenza umanitaria. Continuano le violenze etniche
  • A chi fa paura il presepe? Il sociologo Introvigne sul Natale "politicamente corretto"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Violenze anticristiane in Nigeria. Mons. Onayekan: gli attentati alle chiese non le svuotano
  • Questione tibetana: nuova immolazione nella Cina occidentale
  • Mozambico: cresce il Pil ma è allarme per le diseguaglianze sociali
  • Il governo del Kenya vieta le importazioni di prodotti ogm
  • Il ruolo sociale della donna al centro della Settimana Sociale dei cattolici francesi
  • Al via la due giorni di Scienza & Vita sul futuro degli embrioni crioconservati
  • Domani Giornata della colletta alimentare in 9000 supermercati italiani
  • Poseguono i convegni regionali per la Settimana sociale dei cattolici italiani 2013
  • Domenica a Brescia incontro tra cristiani e musulmani sul tema della famiglia
  • Slovacchia: inchiesta web indica il cardinale Korec come figura più stimata dal popolo
  • A un anno dalla morte, Convegno ricorda Aniceto Molinaro, sacerdote e filosofo di fama mondiale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Apostolato del Mare: Chiesa vicina a pescatori e marittimi in difficoltà

    ◊   Anche il mondo del mare ha bisogno di un rinnovato impegno per la nuova evangelizzazione. E’ quanto sottolineato da Benedetto XVI nel suo discorso, stamani in Vaticano, ai partecipanti al Congresso mondiale dell’Apostolato del Mare, svoltosi in questi giorni a Roma. Il Papa ha ribadito la vicinanza della Chiesa a marittimi e pescatori, alle prese con difficoltà e, a volte, situazioni di ingiustizia. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del dicastero della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Di fronte ai disagi che affrontano gli operatori marittimi, come pure i pescatori, è necessaria “una visione integrale dell’uomo”. E’ l’esortazione che Benedetto XVI ha rivolto agli operatori dell’Apostolato del Mare, aggiungendo che la Chiesa è chiamata oggi a dare un rinnovato slancio all’evangelizzazione del mondo marittimo. Come ai tempi dei viaggi di San Paolo, ha aggiunto, anche oggi la Chiesa “solca i mari per portare il Vangelo a tutte le nazioni”. Quindi, si è soffermato sulle “situazioni di ingiustizia” a cui a volte sono soggetti gli equipaggi, fino ad essere vittime della pirateria marittima:

    “La vulnerabilità dei marittimi, pescatori e naviganti, deve rendere ancora più attenta la sollecitudine della Chiesa e stimolare la materna cura che, attraverso di voi, manifesta a tutti coloro che incontrate nei porti o sulle navi, o assistete a bordo nei lunghi mesi d’imbarco”.

    Il Papa ha così rivolto un pensiero particolare ai pescatori e alle loro famiglie che vivono le “difficoltà del presente” e “l’incertezza del futuro”, segnato dagli “effetti negativi dei cambiamenti climatici e dall’eccessivo sfruttamento delle risorse”:

    “A voi pescatori, che cercate condizioni di lavoro dignitose e sicure, salvaguardando il valore della famiglia, la tutela dell’ambiente e la difesa della dignità di ogni persona, vorrei assicurare la vicinanza della Chiesa”.

    Ha quindi ricordato l’impegno dei diaconi e dei volontari nei Centri “Stella Maris” che incoraggiano i marittimi ad intensificare il rapporto con Dio, specie durante le “lunghe traversate oceaniche”. Infine, ha rivolto parole di incoraggiamento a quanti sono in prima linea nella nuova evangelizzazione di persone di diversa nazionalità che transitano nei porti:

    “Siate apostoli fedeli alla missione di annunciare il Vangelo, manifestate il volto premuroso della Chiesa che accoglie e si fa vicina anche a questa porzione del Popolo di Dio, rispondete senza esitare alla gente di mare, che vi attende a bordo per colmare le profonde nostalgie dell’anima e sentirsi parte attiva della comunità”.

    inizio pagina

    Il Papa riceve il presidente libanese Sleiman

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina il presidente della Repubblica del Libano, Michel Sleiman, che domani presenzierà, con una delegazione di circa 500 libanesi, al Concistoro nella Basilica Vaticana dove, tra gli altri, verrà creato cardinale il patriarca maronita Béchara Boutros Raï. Tra i doni portati al Papa dal presidente libanese anche un album di fotografie che raccoglie istantanee del recente viaggio apostolico del Pontefice nel Paese dei Cedri.

    inizio pagina

    Mons. Harvey nuovo arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura: domani sarà cardinale

    ◊   Il Papa ha nominato arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura mons. James Michael Harvey, arcivescovo titolare di Memfi, finora prefetto della Casa Pontificia. Domani, durante il Concistoro, lo creerà cardinale.

    Nato a Milwaukee, negli Stati Uniti, il 20 ottobre 1949, mons. Harvey il 29 giugno 1975 viene ordinato presbitero per l'arcidiocesi di Milwaukee da Paolo VI. Nel 1980 entra nel servizio diplomatico della Santa Sede svolgendo il suo servizio nella nunziatura della Repubblica Dominicana. Due anni dopo è in Segreteria di Stato come officiale. Nel 1998 Giovanni Paolo II lo nomina prefetto della Casa Pontificia, elevandolo alla sede titolare vescovile di Memfi. Papa Wojtyla lo consacra nella Basilica Vaticana il 19 marzo 1998, per poi elevarlo alla dignità arcivescovile il 29 settembre 2003. Il 24 ottobre scorso Benedetto XVI annuncia la sua volontà di crearlo cardinale nel concistoro di domani.

    inizio pagina

    Altre udienze e nomina espicopale in Ucraina

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattina un gruppo di presuli della Conferenza Episcopale di Francia in Visita "ad Limina Apostolorum". Nel pomeriggio, il Pontefice riceve il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

    In Ucraina, il Papa ha nominato ausiliare della Diocesi di Odessa-Simferopol padre Jacek Pyl, degli Oblati di Maria Immacolata (Omi), finora parroco della parrocchia di San Michele Arcangelo a Tyvriv nella Diocesi di Kyiv-Zhytomyr, assegnandogli la sede titolare vescovile di Novasinna. Mons. Jacek Pyl è nato il 17 agosto 1962 a Garwolin, nella Diocesi di Siedlce in Polonia. Nel 1977 è entrato nel Seminario Minore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata (O.M.I.). Nel 1981 ha iniziato il noviziato presso la medesima Congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, dove ha emesso i voti perpetui l’8 settembre 1986. E’ stato ordinato Sacerdote il 20 giugno 1988. Dal 1988 al 1990 è stato Assistente del Maestro dei novizi della propria Congregazione a Swiety Krzyz in Polonia. Dal 1990 svolge il ministero pastorale in Ucraina, dove dal 1997 al 2003 ha ricoperto per tre mandati consecutivi anche l’incarico di Superiore della Delegazione dei Missionari Oblati. Attualmente è parroco della Parrocchia di San Michele Arcangelo a Tyvriv nella Diocesi di Kyiv-Zhytomyr.

    inizio pagina

    Concistoro: domani il Papa crea sei nuovi cardinali. Intervista col patriarca Béchara Raï

    ◊   Domani alle 11.00, alla vigilia della Solennità di Cristo Re, il Papa presiederà nella Basilica Vaticana il Concistoro per la creazione di 6 nuovi cardinali: i nuovi porporati provengono da tre continenti: America, Africa e Asia. Si tratta di mons. James Michael Harvey, prefetto della Casa Pontificia, nominato oggi arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura; Sua Beatitudine Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano); Sua Beatitudine Baselios Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi (India); mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja (Nigeria); mons. Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotà (Colombia), e mons. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila (Filippine). “I cardinali – ha ricordato il Papa il 24 ottobre scorso - hanno il compito di aiutare il Successore di Pietro nello svolgimento del suo Ministero di confermare i fratelli nella fede e di essere principio e fondamento dell’unità e della comunione della Chiesa”. Si tratta del quinto Concistoro di Benedetto XVI. Tracey McLure ha chiesto al patriarca maronita Béchara Boutros Raï come stia attendendo questo importante momento:

    R. – Con molta, molta gioia e anche con molta gratitudine al Santo Padre che ha voluto fare questo gesto per il Libano e per la Chiesa in Libano. Io cercherò, come ha auspicato il Santo Padre, di aiutare a far crescere la mia comunità ecclesiale nella comunione e nella testimonianza. La notizia è stata accolta da tutti – all’interno del Libano e fuori dal Paese – con grande entusiasmo, e tutti l’hanno letta come un sostegno alla Chiesa in questo momento molto critico del Libano e del Medio Oriente. E’ previsto che almeno 500 persone vengano dal Libano e altre da altri Paesi per esprimere la loro gioia e anche per esprimere la loro gratitudine al Santo Padre. Il pellegrinaggio sarà guidato dal presidente della Repubblica libanese, che verrà per ringraziare il Santo Padre. Io considero l’elevazione alla porpora una nuova spinta all’apostolato che possiamo dare alla Chiesa in Libano e alle Chiese tutte in Medio Oriente. E speriamo di potere andare avanti! Questo entusiasmo non è stato espresso soltanto dai cristiani, ma anche dai musulmani: ci saranno anche molti musulmani; tutte le comunità saranno presenti e tutte le fazioni politiche, per dire come il tessuto sociale libanese sia compatto. Purtroppo, la politica è tutta un’altra cosa. Il Libano subisce le crisi regionali con implicazioni internazionali, non senza problemi interni. Perciò, questo rappresenta anche un momento di gioia e di ripresa.

    D. – Al suo ritorno in Libano, quali saranno le sfide maggiori che dovrà affrontare?

    R. – Io ho scelto come motto del mio patriarcato “Comunione e amore”, perché la nostra società libanese e mediorientale ha bisogno di essere più unita. Comunione con Dio, unione con tutte le persone. Abbiamo sempre più bisogno di comunione e di amore perché viviamo molti conflitti, molte divisioni politiche. La vita sociale tra i libanesi musulmani e cristiani dei diversi gruppi e delle diverse fazioni politiche procede molto bene. Ma viene la politica e divide, crea conflitti, mancanza di fiducia e questo influisce molto sulla vita pubblica perché le istituzioni sono paralizzate. Abbiamo un grande problema economico e sociale dovuto alla crisi politica. Quindi la sfida essenziale è andare avanti, ri-creare, ri-costruire l’unità interna e poi sostenere i nostri fratelli cristiani del Medio Oriente e creare maggiori legami con i musulmani per alleggerire un po’ le tensioni causate dai radicali e dai fondamentalisti. Questi sono i maggiori problemi che vogliamo affrontare.

    D. – In Libano si è parlato spesso della possibilità di creare un nuovo Stato che non contempli la religione, cioè uno Stato non confessionale. Potrebbe funzionare?

    R. – No, è impossibile. Il Libano ha la caratteristica di avere separato la religione e lo Stato. L’unica cosa è che non sono i partiti ad essere rappresentati nel governo, quanto le rappresentanze delle confessioni religiose, secondo il loro numero: questo si chiama “il patto libanese”. Noi viviamo in un mondo musulmano che mai separa la religione dallo Stato: la religione per loro è tutto. E il Libano, in un ambiente come questo, profondamente religioso, teocratico, islamico, ha operato questa separazione. Quindi i musulmani libanesi hanno rinunciato alla loro tendenza teocratica e i cristiani hanno rinunciato alla laicità nel senso occidentale dell’accezione. Quindi, il Libano è un Paese che separa religione e Stato e la vita pubblica viene compartecipata da tutti secondo la rappresentanza confessionale. Questo non è male: il problema è che la politica regionale è una politica islamista e quindi influisce su di noi e così i libanesi si dividono.

    D. – Vediamo, infatti, i grandi conflitti in Medio Oriente …

    R. – Sì, adesso, per esempio, il grande conflitto in Medio Oriente è tra sunniti e sciiti: lei sente parlare di riforme, democrazia, guerre … No: il problema è un grande conflitto sunnita-sciita a livello regionale, con alleanze e ripercussioni internazionali. Questo è il conflitto che subisce il Libano. Adesso in Libano il conflitto è tra musulmani sunniti e sciiti: un conflitto politico.

    D. – E il Libano resta un modello per gli altri Paesi mediorientali …

    R. - Direi che vivendo in Medio Oriente, il Libano offre un esempio – come diceva Giovanni Paolo II – non solo per l’Oriente, ma anche per l’Occidente. Un esempio per l’Oriente dove tutto è organizzato secondo un sistema religioso: in questo Paese, il sistema non è religioso ma rispetta le religioni. E all’Occidente dice lo stesso: può esistere uno Stato laico, che separi la religione dallo Stato ma che non per questo ignori Dio. Il famoso articolo 9 della Costituzione libanese, che è unico sia in Oriente sia in Occidente, dice: “Il Libano, rendendo omaggio a Dio, rispetta tutte le religioni, riconosce la libertà di culto e di coscienza e tutte le libertà pubbliche, e garantisce lo Statuto personale delle diverse comunità”. Questo significa che lo Stato libanese, pur essendo laico e pur separando la religione dallo Stato, non interferisce mai – a livello legislativo – su questioni di religione o di matrimonio o affetti: queste le lascia alle norme confessionali. Di per sé questo faciliterebbe ottimamente la vita sociale, a formare un bel mosaico, finché la politica viene a toccare il tasto confessionale. Però, noi ci teniamo a rimanere in questo sistema, anche se è difficile perché oggi tutto il Medio Oriente si orienta verso il radicalismo islamico: in Egitto, in Siria, ora, sta accadendo lo stesso … Oggi parlano della Legge islamica, vogliono islamizzare tutto: perché non possiamo vivere insieme, rispettandoci gli uni gli altri?

    inizio pagina

    P. Lombardi: Santa Sede aderisce al Kaiciid per promuovere il dialogo interreligioso

    ◊   “Un’occasione importante per presentare in una sede di alto livello culturale e internazionale la visione della Chiesa sul dialogo”. Con queste parole, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, definisce la scelta della Santa Sede di aderire, in qualità di “Osservatore Fondatore”, al Centro Internazionale per il Dialogo Interreligioso e Interculturale Re Abdullah Bin Abdulaziz (Kaiciid), che lunedì prossimo sarà ufficialmente inaugurato a Vienna.

    Dialogo, ma anche la persona umana e la sua vocazione, come pure l’etica e la religione, i rapporti sociali, la giustizia e la pace. Sono tutti ambiti – spiega padre Lombardi – di fronte ai quali la Santa Sede può porsi con “esperienza” e autorevolezza”. Il nuovo organismo, ponte di dialogo fra religioni e culture, va visto “con favore” “nell’ottica della comprensione della pacifica convivenza tra i popoli”. Ed è importante – nota ancora il direttore della Sala Stampa vaticana – che il Centro intitolato al Re Abdullah Bin Abdulaziz non si qualifichi come “una istituzione propria del Regno dell’Arabia Saudita, ma come Organizzazione internazionale indipendente”, riconosciuta dall’Onu e avente, fra i tre Stati fondatori (Arabia Saudita, Austria e Regno di Spagna), due che vantano “antiche tradizioni cristiane”. Del resto, ricorda padre Lombardi, della finalità del Centro lo stesso Re d’Arabia aveva parlato al Papa nell’udienza del 6 novembre 2007 in Vaticano.

    Dunque, si tratta – prosegue padre Lombardi – “di un’opportunità e di uno spazio di dialogo, di cui è giusto trarre vantaggio e in cui è bene essere presenti” da parte della Santa Sede, attraverso lo status di “Osservatore Fondatore”, definito “il più adatto a garantire tale presenza, rispettando la natura propria della Santa Sede e consentendole di esprimere le proprie aspettative”.

    Certo, questo tipo di presenza ha visto, oggi come in passato, la Santa Sede protagonista “in molte sedi e in molte diverse occasioni”. Tuttavia, afferma padre Lombardi, “la varietà e il pluralismo del mondo di oggi richiedono di moltiplicare le direzioni e le occasioni in cui sviluppare il ruolo attivo e propositivo della Chiesa ogni volta che ciò si manifesta possibile”. E tale adesione, conclude, sarà importante anche perché permetterà alla Santa Sede “di mettere in luce le proprie preoccupazioni per il rispetto effettivo dei diritti fondamentali dei cristiani che vivono in Paesi a maggioranza musulmana, al fine di promuovere la libertà religiosa nelle sue diverse espressioni”. Il nuovo Centro di Vienna quindi – è l’auspicio conclusivo – “offrirà in tal modo uno spazio idoneo affinché tali istanze trovino modo di essere manifestate ed ascoltate, e i problemi che affioreranno trovino le opportune soluzioni”. A rappresentare la Santa Sede sarà padre Miguel Ayuso Guixot. segretario del dicastero per il Dialogo Interreligioso.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Protezione, giustizia e lavoro per la gente del mare: Benedetto XVI ai partecipanti al congresso mondiale per i marittimi.

    Intervento della Santa Sede, a Ginevra, sulla responsabilità degli Stati di fronte al diritto internazionale umanitario.

    Giulio Salvadori e la bellezza “inutile” della letteratura: in cultura, Angelo Bianchi, preside della Facoltà di Lettere e Filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ricorda – a 150 anni dalla nascita – l’eredità culturale del professore toscano titolare della prima cattedra dantesca istituita in Italia.

    La prefazione del cardinale Giuseppe Versaldi al libro di Fabrizio Casazza “Il dito sul sole. Religioni e Costituzione in Messico” in occasione del ventesimo anniversario, domani, del ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra Messico e Santa Sede.

    La mistica, anima della teologia: Inos Biffi sull’esigenza di superare la deleteria opposizione tra le dimensioni speculativa e contemplativa.

    Disegni che tornano a casa: Silvia Guidi su Goethe pittore per caso a Roma e Marcello Filotei che ricorda quel viaggio in Italia di un padre troppo fortunato.

    La luce che illumina la ragione: nell’informazione religiosa, su ecumenismo ed evangelizzazione in Cirillo e Metodio, la lectio magistralis di Cyril Vasil’, segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia.

    Nell’informazione vaticana, suor Enrica Rosanna, già sotto-segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, sulla beatificazione - domani in Ecuador - di Maria Troncatti, delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Hamas accusa Israele di aver infranto la tregua. Mons. Twal: "Occorre una pace giusta e duratura"

    ◊   Ancora fragile la tregua israelo-palestinese. Hamas ha accusato oggi lo Stato ebraico di aver infranto il cessate il fuoco. Un giovane palestinese è stato ucciso a sud della città di Khan Yunes, nella Striscia di Gaza. Secondo Hamas si tratta della seconda infrazione dopo che ieri altri quattro palestinesi sono stati feriti dal fuoco israeliano. L'uccisione è avvenuta immediatamente a ridosso dei reticolati che demarcano il confine tra Israele e la Striscia di Gaza. Restano comuqnue positivi i commenti sull'interruzione degli scontri armati. Il cessate il fuoco - ha detto mons. Giuseppe Lazzarotto, nunzio in Israele e delegato apostolico a Gerusalemme e Palestina - è motivo di “grande soddisfazione”. La speranza – ha aggiunto – è “che ci sia una tenuta”. Sul significato di questa tregua, Amedeo Lomonaco ha intervistato il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal:

    R. - La tregua significa, in primo luogo, assenza di guerra e di violenza, ma non significa affatto una soluzione e una pace giusta e duratura per tutti. Tanti sono stati i promotori di questa tregua e ciascuno cercava di trovare il suo credito, da una parte e dall’altra. Non so… Ad ogni modo, questa tregua permetterà almeno alla gente di curare i feriti, che sono centinaia e centinaia.

    D. - Quella della tregua è una storia che si ripete in Medio Oriente. Ma in questa tregua - rispetto a quelle del passato - c’è qualche speranza in più?

    R. - No, perché rappresenta soltanto un ‘gioco’, portato avanti ormai da tanti attori. Quello che c’è in più questa volta è che i palestinesi sono stati uniti nel chiedere questa tregua e condannare la guerra.

    D. - Nessuna guerra è santa, come sostengono alcuni gruppi fondamentalisti palestinesi e nessuna guerra è necessaria, come è invece ribadito dal governo israeliano. Si può uscire da questa empasse?

    R. - Dopo tante esperienze, speriamo ora che i dirigenti politici abbiano il consenso per poter dire che sarebbe meglio per tutti quanti tornare alla pace, tornare ad una pace giusta e al rispetto della persona umana, non continuare a fare la prova delle armi e delle strategie per altri motivi. E’ tempo di ritornare a vivere, è tempo di tornare ad avere una vita normale per tutti quanti. Credo che tutti abbiano perso: chi ha perso meno, pensa di aver vinto! Non è bello per gli israeliani a Tel Aviv essere nascosti nei rifugi per cinque giorni con tutto l'impatto negativo per la loro economia. Non è bello vedere che tanti gruppi di pellegrini e turisti hanno cancellato il loro incontro con me al Patriarcato. E questo significa che tanti altri gruppi non sono arrivati in Terra Santa. E’ un male per tutti quanti: è un male per i palestinesi, è un male per gli israeliani, è un male anche per noi cristiani. Credo che tutti abbiano perso!

    D. - Uno scenario drammatico in cui, però, si condivide il male, in cui si condividono le sofferenze. Il fatto di aver sofferto tanto, può finalmente far capire che bisogna andare oltre…

    R. - Questo è il mio augurio. Questo è il nostro augurio. A livello di patriarcato e di diocesi, sia in Cisgiordania sia qui, abbiamo decretato tre giorni di preghiera e di digiuno per la pace.

    inizio pagina

    Egitto. Tensione dopo l'allargamento dei poteri di Morsi, 50 feriti ad Alessandria

    ◊   In Egitto, è stata una mattinata di violenza. Almeno 50 i feriti si contano nella sola Alessandria, dopo gli scontri fra i sostenitori e ogli ppositori del presidente Mohamed Morsi, che ieri ha deciso il varo di una dichiarazione costituzionale con la quale ha ampliato a dismisura i suoi poteri a svantaggio di quello giudiziario. Sempre ad Alessandria, alcune sedi del partito Giustizia e Libertà, partito del presidente Morsi, sono state incendiate. Roghi sono stati segnalati anche ad Assiut, nel nord del Paese. Stamani al Cairo si sono verificati scontri tra le forze di sicurezza e l’opposizione che ha definito i provvedimenti presi da Morsi “un golpe contro la legittimità”. Le misure prevedono anche che le leggi da lui emanate siano immediatamente esecutive e non soggette ad appello o revisione. Inoltre, si prevede che nessun organo giudiziario possa sciogliere il Consiglio della Shura e l'Assemblea costituente, organi entrambi guidati dalle formazioni islamiste, in particolare i Fratelli musulmani di cui Morsi è espressione. Sulle misure decise dal presidente egiziano Morsi, Benedetta Capelli ha intervistato Francesca Maria Corrao, docente di Lingua e Cultura araba presso la Luiss “Guido Carli” di Roma:

    R. – I cambiamenti sono sempre un po’ ambigui, di doppia lettura. Da una parte, realizzano mutamenti che sono legittimi, o quantomeno accolgono il favore della popolazione perché vogliono riaprire le inchieste e i processi che hanno giudicato sia Hosni Mubarak sia la sua giunta. Quindi, Morsi fa questa mossa per proteggere la rivoluzione e per fare realmente giustizia. In pratica, però, dice che è un’operazione di tipo temporaneo e che nel momento in cui sarà stata ristabilita la giustizia, restituirà agli organi giudiziari le libertà e le prerogative costituzionali. Questo, al tempo stesso, allarma moltissimo l’opposizione di matrice liberal-costituzionalista, perché comunque è difficile procedere a una vera giustizia senza tener saldi i diritti istituzionali e costituzionali.

    D. – La tutela dei Fratelli musulmani, che dominano sia il Consiglio della Shura sia l’Assemblea costituente, può influire anche sulla realizzazione e sulla messa a punto del testo costituzionale che proprio l’Assemblea costituente sta scrivendo?

    R. – Mi pare proprio di sì. Credo che da una posizione liberale sia giusto che le varie componenti partecipino. Mi sembra che il modo in cui sia stata stilata e il modo in cui si stia ancora lavorando dimostra che si ha rispetto delle opinioni e delle istituzioni maggiori. Io auspico che questo passo del presidente possa rientrare e che quindi il Morsi mantenga la parola data e che sia garante di tutti i cittadini egiziani.

    D. – Quanto deciso mette all’angolo anche il generale Tantawi, ex capo della giunta militare: è un bene o un male, questo?

    R. – La situazione è molto complessa, perché comunque i militari – anche economicamente – rappresentano una potenza notevole nel Paese. Tuttavia, nei militari non c’è una sola anima: ci sono espressioni politiche di tipo diverso. Comunque, la decisione di Morsi accentra il potere e l’accentrare il potere non è un elemento che garantisce liberalità e democrazia.

    D. – Quali scenari si apriranno adesso, secondo lei, nel Paese? Quanto la comunità internazionale, che tanto ha puntato su Morsi per mediare nel conflitto israelo-palestinese, vorrà intervenire in questo contesto?

    R. – La società egiziana è una società matura e all’interno del Paese ci sono interlocutori di grandissimo valore. La scuola giuridica egiziana è molto importante e ci sono dei protagonisti politici attivi e preparati, tali da potersi immaginare un dibattito interno che possa fare evolvere in senso positivo questa fase di transizione. E’ chiaro che è una fase di transizione, una scelta tutta interna all’Egitto. Ma noi dobbiamo essere sensibili alle sollecitazioni per favorire lo sviluppo positivo del Paese in questa fase, e credo che ci sia bisogno di molto sostegno, sicuramente anche in termini economici e non soltanto politici: è chiaro che l’Egitto stia attraversando una fase molto critica.

    inizio pagina

    Catalogna si prepara al voto: favorito il partito indipendentista

    ◊   Domenica prossima, la Catalogna al voto anticipato per il rinnovo del parlamento locale. Le consultazioni rappresentano un importante test sulle istanze indipendentiste della regione orientale spagnola, considerata uno dei quattro motori economici dell’Europa. Gli ultimi sondaggi prevedono la vittoria del partito nazionalista catalano del primo ministro Artur Mas, fautore dell’indipendenza. Ma su quali basi si fonda il desiderio di Barcellona di separarsi da Madrid? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al giornalista spagnolo, Antonio Pelayo, corrispondente dall’Italia per l’emittente Antena Tres:

    R. - L’attuale presidente dell’autonomia catalana, Artur Mas, ha concentrato la sua campagna elettorale su questo argomento, perché, secondo lui, questo tema rappresenta una tematica alla quale la popolazione catalana è molto attenta. Ma la cosa è tutta da dimostrare. Secondo i partiti dell’opposizione con l’istanza nazionalista, che esiste sicuramente, Mas vuole nascondere l’insuccesso del governo, la corruzione del suo partito. tuttavia, bisogna dire che all’interno della popolazione catalana, come in quella basca ad esempio, c’è una parte che sente molto questo desiderio di indipendenza.

    D. - In un’Europa che punta - sia pure con difficoltà - a una maggiore unione, che cosa accadrebbe se la Catalogna optasse per l’indipendenza?

    R. - C’è una forte delusione per l’Europa, che favorisce certi sentimenti, ma il problema è che il presidente Mas nasconde nella sua campagna elettorale che la Catalogna indipendente automaticamente uscirebbe dall’Europa e questo sicuramente i catalani non lo vogliono. Un’uscita dall’Unione significherebbe abbandonare l’euro, richiedere di nuovo l’ingresso nella Comunità europea, passare tutti gli esami necessari. Ovvero, per 8-10 anni i catalani non avrebbero la possibilità di essere europei. Malgrado tutte le delusioni, questo non è ciò che vogliono.

    D. - Secondo te, gli spagnoli si riconoscono ancora in un’unità rappresentata dalla monarchia, dal parlamento, dalla capitale, dalla bandiera?

    R. - Credo che la cosa fondamentale sia non vedere questo come un’alternativa. Ci sono molti catalani che oggi dicono: “Io voglio essere catalano, voglio avere la mia lingua, la mia cultura, il mio modo di essere, di vivere; ma, nello stesso tempo, non voglio non essere spagnolo”. Finora, questo ha funzionato e dovrebbe funzionare ancora, ma evidentemente soltanto con il ricorso alle urne possiamo sapere se ci sarà una maggioranza di catalani che vogliono la secessione, o se c’è una maggioranza di catalani che dice: amiamo la nostra lingua, la nostra cultura, la nostra religione, tutto quello che vogliamo, ma senza rompere l’unità della Spagna che è una parte della nostra storia, come la Catalogna è una parte della storia della Spagna.

    inizio pagina

    Congo. Si combatte a Goma, migliaia i profughi. I vescovi: guerra per le risorse naturali

    ◊   Nella Repubblica democratica del Congo sono in corso violenti combattimenti a Goma, conquistata ieri dai ribelli di M23. Le forze governative congolesi sono riuscite a riprendere il controllo di Sake, città vicino Goma. Intanto, il capo delle forze armate del Paese, il generale Gabriel Amisi, è stato sospeso dal suo incarico perché sospettato di vendere armi alla guerriglia che ha minacciato di avanzare verso la capitale, Kinshasa. Forte la denuncia dei presidenti delle Conferenze episcopali africane: “Lo sfruttamento illegale delle risorse naturali - affermano - è la principale causa di questa guerra” che sta provocando una catastrofe umanitaria. Decine di migliaia i profughi. Xavier Sartre ha intervistato il presidente della Conferenza episcopale congolese, mons. Lola Nicola Djomo:

    R. – Il y avait un camp très important au Nord de Goma …
    C’era un campo grande, a Nord di Goma, sulla via per Rutshuru, ad una diecina di km dalla città, e in questo campo vivevano circa 70 mila persone. Queste persone hanno dovuto lasciare il campo, domenica, perché i belligeranti si stavano avvicinando, e si sono riversate nella città di Goma. Quando la città è caduta, ci sono stati momenti di grande panico e molti sono fuggiti nella foresta nel tentativo di raggiungere il confine per rifugiarsi in Rwanda. Quindi, le stesse famiglie di Goma che avrebbero dovuto accogliere tutte queste persone in fuga, già si trovavano esse stesse in un clima di instabilità; la gente fugge, alcuni si sono riparati nelle scuole ma il fenomeno più grave riguarda il fatto che le ong presenti – una cinquantina – hanno dovuto lasciare la città a causa della mancanza di sicurezza: adesso, qui, è rimasta soltanto la Caritas; quindi tutto il supporto umanitario che avrebbe dovuto accogliere ed assistere queste persone, non c’è. Immaginatevi la situazione: si tratta di migliaia di persone senza alcuna assistenza. E’ presente la nostra Caritas che cerca di fare quello che può!

    D. – Che cosa è riuscita a fare la Caritas a Goma, a tutt’oggi?

    R. – Actuellement, la Caritas à Goma …
    Attualmente, la Caritas di Goma si occupa sostanzialmente di portare l’assistenza di emergenza. Le Caritas sorelle del Nord e del Sud stanno operando al fine di definire le priorità e fare arrivare il loro contributo il più presto possibile. Stiamo lavorando.

    D. – Quali sono le necessità concrete della Caritas nella regione di Goma e di Sake?

    R. – Les besoins les plus urgents, il s’agit de trouver des abris, la nourriture, …
    Le necessità più urgenti riguardano l’alloggio, il cibo, i medicinali, l’acqua potabile … Sicuramente lei sa che a Goma non ci sono acqua né elettricità, non c’è acqua potabile e questo fa sì che la gente vada a prendere acqua non potabile per bere … Quindi, sono necessità elementari. Ora c’è il rischio-colera e ci sono i feriti di guerra … Ecco, queste sono le necessità cui dobbiamo fare fronte in questo momento.

    inizio pagina

    Myanmar, è emergenza umanitaria. Continuano le violenze etniche

    ◊   Sono oltre 110 mila gli sfollati a causa delle violenze in Myanmar. Il Paese è attraversato da gravi conflitti etnici, come quello a nord fra l’esercito e i ribelli Kachin e a ovest tra la maggioranza buddista birmana e la minoranza musulmana di etnia Rohingya. E questo avviene nonostante la proclamazione dello stato di emergenza da parte del presidente birmano, Thein Sein. Molte le difficoltà incontrate dalle agenzie umanitarie, gli sfollati necessitano di cibo e alloggi. Alessandro Filippelli ne ha parlato con Federico Fossi, dell'Ufficio Comunicazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati:

    R. – Si è svolta proprio recentemente una missione di monitoraggio tra diverse agenzie, che ha incluso oltre all’Unhcr altri organismi umanitari internazionali, con l’obiettivo di valutare i bisogni degli sfollati. La valutazione ha riscontrato problemi drammatici: molte le persone colpite, che riportavano ferite da arma da fuoco, ustioni, ferite da freccia, ma anche donne in gravidanza a seguito di violenze. E poi una crescente necessità di teli di plastica per la costruzione di alloggi e di cibo.

    D. – Cresce il numero degli sfollati: come pensate di accogliere queste persone?

    R. – Le persone sono, per ora, ospitate da comunità locali, per cui è necessario ovviamente dare un sostegno anche a queste comunità locali, che si fanno carico generosamente dell’accoglienza di queste persone. Inoltre, è necessario attrezzare il più possibile i campi nei dintorni di Sitve, dove si trova la maggior parte degli sfollati e fare in modo che vi sia una maggiore presenza di medici e che le persone possano essere protette.

    D. – Le tensioni stanno generando confusione nei villaggi. Alcune famiglie, durante i colloqui con i vostri operatori, hanno affermato di avere abbandonato i propri bambini al momento della fuga. Come pensate di arginare questa emergenza?

    R. – L’obiettivo è quello di fare in modo che le persone non debbano più fuggire. La minoranza Rohingya è una minoranza linguistica e religiosa, da sempre perseguitata. C‘è un’altissima percentuale di queste persone che sono apolidi, cioè non hanno una cittadinanza. Parliamo di oltre 800 mila persone, quindi è necessario ristabilire assolutamente la calma, far cessare le ostilità e cercare di fare in modo che termini la condizione di segregazione verso questa minoranza, affinché possano vivere in pace nel loro Paese e non essere più costretti alla fuga, rischiando la vita.

    D. – Si avvicina anche la stagione della malaria: in che modo farete fronte a questo problema?

    R. – C’è una carenza di personale medico. Da questo punto di vista, l’Unhcr, proprio in uno sforzo tra agenzie, collabora con diverse organizzazioni umanitarie internazionali che si occupano più propriamente degli aspetti legati alla salute, ong composte da medici. E’ necessario assolutamente incrementare la presenza di personale medico, per far sì che epidemie e cure ai feriti siano somministrate e verificate il più possibile.

    inizio pagina

    A chi fa paura il presepe? Il sociologo Introvigne sul Natale "politicamente corretto"

    ◊   Nella cittadina di Caorso, in provincia di Piacenza, con la motivazione di non offendere i bambini stranieri, la direttrice di un istituto scolastico comprensivo ha pensato di eliminare il presepe ed altri riferimenti religiosi a 120 bambini per far vincere - secondo lei - il multiculturalismo. Lucia Fiore ne ha parlato con il sociologo, Massimo Introvigne, responsabile in Italia dell’Osservatorio della Libertà Religiosa, promosso dal Ministero degli Esteri italiano:

    R. – Siamo di fronte a uno “sciocchezzaio” spesso neppure fondato su una conoscenza degli elementi di fatto. Ogni anno mi capita di intervenire su questi temi. Solo per rimanere alla mia regione, in Piemonte negli ultimi anni abbiamo avuto una scuola elementare che ha cambiato la parola “Natale” con “Festa della luce” - senza rendersi conto che per questo esiste un precedente ed è quello della Germania nazional-socialista - e un istituto scolastico che ha abolito il Natale per rispetto agli alunni cinesi prima di accorgersi che i pochi alunni cinesi presenti erano tutti cristiani!

    D. – Togliere i riferimenti religiosi al Natale per concentrarsi su temi universali come l’amicizia e la fratellanza può essere questo un sano concetto di laicità?

    R. – Credo proprio di no. Penso che chi fa queste proposte dovrebbe rileggersi le opinioni dei giudici della Corte europea e dei diritti dell’uomo in sede di appello nella sentenza Lautsi relativa al Crocifisso. Questi giudici ci dicono, con chiarezza, che proprio il riferimento a Gesù Cristo in un Paese come l’Italia - che, piaccia o no, è segnato così profondamente dalla cultura cristiana - anche ai non cristiani parla di temi universali come l’amore per tutti, il dare la vita per gli altri e il rispetto per ogni uomo.

    D. – Si sentono discriminati questi ragazzi che non sono cristiani nel veder celebrare la festa?

    R. - Chi si sente discriminato di solito fa parte di minoranze più spesso laiciste che non di altre religioni. Posso raccontare un altro episodio. Qualche anno fa proprio mentre a Milano alcune scuole pubbliche eliminavano il presepe o i fraterni “Buon Natale” per il presunto rispetto agli alunni musulmani, la scuola islamica - e io ci sono entrato quell’anno - proprio all’ingresso aveva un grosso cartello che augurava “Buon Natale”.

    D. – Quale appello lancerebbe a chi ha preso questa decisione?

    R. – L’appello è quello di riflettere sul deporre, per un momento, l’ideologia e fare prevalere quella che dopo tutto rimane una delle caratteristiche dell’ethos italiano, cioè il buon senso. Il buon senso, che è stato felicemente condiviso dopo i furori ideologici di primo grado dai giudici di appello della Corte europea dei diritti dell’uomo, ci dice che per gli italiani il Natale, la Pasqua, i riferimenti a Gesù Cristo, sono portatori di un messaggio universale che percorre tutta la nostra cultura, tutta la nostra letteratura, la nostra arte, la nostra storia, e che è un messaggio che fa appello ai valori più alti e nobili nell’uomo che come tale è stato condiviso e, di fatto, è condiviso da tanti non credenti.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Violenze anticristiane in Nigeria. Mons. Onayekan: gli attentati alle chiese non le svuotano

    ◊   In Nigeria, cinque cristiani sono rimasti uccisi nelle violenze scatenate ieri da integralisti islamici nella città settentrionale di Kano. I fondamentalisti, in seguito ad una frase pronunciata da un commerciante e considerata blasfema, hanno incendiato una chiesa pentecostale e attaccato altri fedeli cristiani a colpi di machete. La polizia locale, accorsa in forze nella zona, ha imposto una serie di limitazioni alla circolazione notturna e assicura di aver ripreso il controllo della situazione. Sempre ieri altre otto persone, tra cui tre bimbi, sono morte in più attacchi messi a segno a Maiduguri, capoluogo dello Stato nord-orientale di Borno. Le autorità locali hanno affermato ai media locali che si tratta con ogni probabilità di omicidi commessi dal gruppo terroristico di matrice islamica Boko Haram. Mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, che domani sarà creato cardinale dal Papa, ha detto all’Agenzia Fides che gli attacchi contro le chiese non le hanno affatto svuotate: i fedeli non si sottraggono dal dare testimonianza di fede anche sotto la minaccia di un attentato.

    inizio pagina

    Questione tibetana: nuova immolazione nella Cina occidentale

    ◊   Ennesima immolazione di un cittadino cinese di etnia tibetana. Si tratta di un diciottenne che si è suicidato dandosi fuoco nella provincia occidentale cinese del Qinghai, che confina con la regione del Tibet. La notizia è stata confermata dall’agenzia ufficiale Nuova Cina. Il bilancio diffuso dai gruppi di esuli tibetani parla della 79.ma immolazione dalle rivolte del 2009, la 65.ma dall'inizio dell'anno, per protestare contro le politiche centraliste del governo di Pechino. Secondo il governo tibetano in esilio, che ha la sede in India, solo una ripresa del dialogo tra Cina e rappresentanti tibetani può mettere fine a queste forme estreme di protesta.

    inizio pagina

    Mozambico: cresce il Pil ma è allarme per le diseguaglianze sociali

    ◊   L’aumento del prodotto interno lordo non corrisponde a un miglioramento delle condizioni di vita e del benessere di tutta la popolazione. È quanto denunciano i vescovi del Mozambico che tornano a parlare dei gravi squilibri all’interno del Paese africano. “Le condizioni di vita della popolazione restano molto difficili, segnate da una situazione di povertà sempre più accentuata, soprattutto nelle zone rurali del paese” si legge in comunicato dei presuli ripreso dalla Misna. “Nonostante ci sia sempre più ricchezza, i poveri sono sempre più poveri”, dicono, collegando questo fatto anche alla diffusione della criminalità e dell’insicurezza. A 20 anni dalla firma del trattato di pace che mise fine a una lunga guerra civile, la Conferenza episcopale mozambicana ha anche sottolineato l’esigenza di consolidare i risultati raggiunti per favorire un clima di giustizia e di dialogo tra le varie componenti. “Dobbiamo riscoprire il dialogo giusto e rispettoso, nel rispetto dei diritti delle persone e delle popolazioni per una soluzione dei conflitti che affliggono la nostra società in un momento cruciale”, aggiungono i vescovi. Secondo le organizzazioni per la difesa dei diritti umani, gli squilibri del Paese si riflettono anche sulla situazione della giustizia. In un rapporto diffuso oggi dalla Lega mozambicana per i diritti umani e da Amnesty International si denunciano in particolare le condizioni delle carceri. Sulla base dei dati contenuti nel rapporto, migliaia di persone sono attualmente detenute per motivazioni pretestuose, reati inesistenti, processi mai svolti. “Particolarmente a rischio – si legge – sono le persone dei gruppi sociali più poveri, detenuti per mesi e a volte per anni in celle squallide e sovraffollate pur non avendo commesso alcun crimine”. (M.G.)

    inizio pagina

    Il governo del Kenya vieta le importazioni di prodotti ogm

    ◊   Condurre accertamenti su possibili rischi per la salute dei consumatori. Con questa motivazione, il governo del Kenya ha proibito le importazioni di granturco e di altri prodotti geneticamente modificati. “Finora – ha affermato durante una conferenza stampa, ripersa dalla Misna, il ministro Beth Mugo – non sono state raccolte prove sufficienti che dimostrino la sicurezza dei prodotti geneticamente modificati per i consumatori”. Secondo il quotidiano keniano Daily Nation, all’origine del bando ci sono in particolare timori relativi alla diffusione di tumori. Quantità significative di granturco e altri prodotti “ogm” sono state importate dal Kenya a partire dal 2009, un anno di siccità, carestia e carovita in molte regioni del Paese. Secondo la Coalizione per la biodiversità del Kenya, un’alleanza nazionale composta da circa 50 organizzazioni non governative, le pressioni delle multinazionali che producono “ogm” sono state decive perché da quella scelta non si tornasse più indietro nonostante raccolti abbondanti. La contestazione contro il granturco transgenico conquistò le prime pagine dei giornali nel 2010, quando gli attivisti della Coalizione impedirono la consegna di un carico da 40 mila tonnellate nel porto di Mombasa. Il granturco arrivava dal Sudafrica e aveva il marchio della multinazionale statunitense Monsanto. L’importazione dei prodotti ogm è vietata da diversi Paesi dell’area subsahariana, nonostante le crisi alimentari ricorrenti in varie regioni, dal Sahel al Corno d’Africa. (M.G.)

    inizio pagina

    Il ruolo sociale della donna al centro della Settimana Sociale dei cattolici francesi

    ◊   “La grande evoluzione delle donne in questi decenni è essere arrivate ad avere lavoro, figli e un ruolo sociale più determinante. Ma i cervelli sono rimasti arcaici e occorre ancora sgretolare tutti quegli stereotipi che appiccicano alle donne una falsa identità”. Così Brigitte Grésy, ispettrice generale degli Affari sociali del governo francese, in apertura dei lavori odierni della Settimana Sociale dei cattolici francesi in corso a Parigi, di cui riferisce il Sir. “Se oggi il lavoro salariato per le donne segna la grande differenza”, ha detto Claude Martin, sociologo e direttore del Cnrs francese, è “perché garantisce protezione sociale e diritti propri ma il modello di conciliazione famiglia-lavoro deve ancora cambiare verso una maggiore ripartizione dei compiti tra uomini e donne”. Dal canto suo, Najat Vallaud-Belkacem, ministro francese per l’Uguaglianza delle donne, nell’elencare gli impegni del governo in questo ambito ha affermato tra l’altro che “l’uguaglianza non è una lotta tra uomini e donne ma è una leva per far progredire la società”. Alla vigilia della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la relatrice ha invitato ad assumere tre impegni: “La prevenzione e l’educazione a ogni livello; l’opposizione a tutte le rappresentazioni sessiste, la determinazione a rompere i troppi silenzi che circondano le diverse violenze contro le donne”. (M.G.)

    inizio pagina

    Al via la due giorni di Scienza & Vita sul futuro degli embrioni crioconservati

    ◊   “Embrioni crioconservati, quale futuro?”, partendo da questo interrogativo si svolgeranno i lavori del X convegno dell’associazione Scienza & Vita, che si svolge sabato e domenica prossimi a Roma. In un’intervista al Sir alla vigili dell’evento Lucio Romano, presidente di Scienza & Vita, ha spiegato che “il sempre maggior numero di embrioni, formati con tecniche di procreazione medicalmente assistita, solleva molteplici interrogativi in ambito biomedico, etico, giuridico e legislativo”, tra cui “la durata della crioconservazione, le conseguenze delle procedure sull’evolutività degli embrioni allo scongelamento, il destino degli embrioni abbandonati o per rinuncia all’impianto”. Nel 2010, sono stati formati 113.019 embrioni, dei quali 16.280 crioconservati (14.4% del totale). “È prevedibile che il numero di embrioni formati e crioconservati aumenterà ancor più”, commenta Romano. Tutto ciò, anche grazie alla sentenza della Corte Costituzionale che, nel 2009, che ha dichiarato illegittimo l’art.14 della legge 40, abolendo di fatto il limite di tre embrioni a impianto e aprendo la strada a un’interpretazione “estensiva” dell’espressione: “Numero di embrioni strettamente necessario”. In media, il 70-80% degli embrioni sopravvive dopo crioconservazione, il 50% senza danni evidenti allo scongelamento, mentre nel 25% ci sono segni evidenti di danno parziale. (M.G.)

    inizio pagina

    Domani Giornata della colletta alimentare in 9000 supermercati italiani

    ◊   Più di 130 mila volontari della Fondazione Banco Alimentare onlus, in oltre novemila supermercati, inviteranno a donare alimenti a lunga conservazione che verranno distribuiti a più di 8.600 strutture caritative (mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d’accoglienza, ecc.), che aiutano un milione e 700 mila persone povere. Sono questi i numeri previsti per la 16.ma Giornata nazionale della colletta alimentare (Gnca), che si svolgerà domani in tutta Italia. Secondo quanto riferisce il Sir, le donazioni di alimenti ricevute durante la Giornata nazionale di sabato 24 novembre andranno a integrare quanto la Rete Banco alimentare recupera grazie alla sua attività quotidiana, combattendo lo spreco di cibo (nel 2011, 58.390.000 kg di alimenti, pari a un valore di circa 128 milioni di euro, ovvero al carico di oltre 1.700 tir). Le ragioni di fondo di questo gesto di carità sono descritte nel testo delle “dieci righe”, pensate per favorire un dialogo con tutti coloro che a vario titolo partecipano alla Gnca. “Anche dentro le difficoltà – si legge nel testo – io esisto e non mi sto dando la vita da solo, sono fatto e voluto in questo istante da Dio. Solo la riscoperta di questo rapporto originario permette di vivere ogni cosa da uomini: perché tutto è occasione per incontrare Chi mi sta dando la vita ora”. (M.G.)

    inizio pagina

    Poseguono i convegni regionali per la Settimana sociale dei cattolici italiani 2013

    ◊   “Alle radici del bene comune. Situazione e prospettive della famiglia in Abruzzo e Molise” è il tema del convegno in programma domani, sabato 24 novembre a Chieti, il quarto dei 16 Convegni pubblici regionali promossi dalla presidenza dell’Azione cattolica italiana con le delegazioni regionali, allo scopo di offrire un contributo alla fase di preparazione della prossima Settimana sociale dei cattolici italiani (Torino, 12-15 settembre 2013). La famiglia, spiega al Sir Antonio Pensa, delegato regionale Ac Abruzzo-Molise, è il “fondamento da cui partire per promuovere il bene comune nelle nostre regioni, ma anche nell’intero Paese”. Oggi, essa “appare da sola a resistere e ad affrontare la crisi che investe il mondo del lavoro, delle relazioni educative, delle dinamiche sociali e politiche”; per questo, prosegue il delegato, metterla al centro della riflessione significa proporre “un reale percorso di crescita e sviluppo per i nostri territori e le nostre genti”. All’incontro, sono previsti interventi di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, Giulia Paola Di Nicola, docente di Sociologia presso l’Università degli Studi di Chieti “G. D’Annunzio, Franco Miano, presidente nazionale dell’Ac. Modera Angela Trentini, giornalista del Tg3-Rai. I lavori saranno conclusi da mons. Domenico Sigalini, assistente ecclesiastico generale dell’Ac. (M.G.)

    inizio pagina

    Domenica a Brescia incontro tra cristiani e musulmani sul tema della famiglia

    ◊   Creare un contesto interculturale e interreligioso finalizzato all’investimento comune sui valori familiari. È questo l’obiettivo della giornata islamo-cristiana, che si terrà a Brescia domenica 25 novembre, co-promosso dal movimento dei Focolari e dal Dipartimento formazione e dialogo interreligioso del Consiglio delle relazioni islamiche italiane. L’iniziativa, di cui da notizia l’agenzia Zenit, si inserisce in un percorso condiviso e iniziato da più di dieci anni tra le comunità musulmane e cristiane nel confronto su valori universali e indiscutibili da entrambe le religioni, come la difesa della vita e dei diritti delle famiglie. “Solo grazie a uno scambio tra famiglie di religioni diverse – ha detto l’imam di Massa Carrara, Youssef Sbai, durante la conferenza stampa per la presso la sede della rivista Città Nuova, quindicinale di opinione del Movimento dei focolari – potremmo finalmente smettere di vivere secondo degli stereotipi e arrivare a capire chi è realmente l’altro che consideriamo così diverso da noi. Scoprendo la reale identità del musulmano, il cristiano può così riscoprirsi e viceversa”. Alla conferenza stampa, erano presenti anche il responsabile del Dipartimento formazione e dialogo interreligioso nel Consiglio delle relazioni islamiche italiane, Kamel Layachi, e Roberto Catalano, corresponsabile per il dialogo interreligioso del Movimento dei Focolari. L’imam Kamel Layachi ha ribadito che “i dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani è consolidato ormai da decenni - ha spiegato Layachi - ma gli incontri avvenivano solo nei luoghi di culto. Con la giornata dedicata alle famiglie, vogliamo che il messaggio di fraternità in cui crediamo da sempre, arrivi ad ogni singolo individuo”. “Nella società odierna, esistono molte relazioni on line ma poche relazioni umane fondate sul confronto diretto – ha detto Roberto Catalano –. È fondamentale valorizzare la morale religiosa che accomuna musulmani e cristiani ed affrontare senza timori i punti in contraddizione dei rispettivi credi per curare ferite provocate dal pregiudizio e dalla scarsa informazione sulle diverse realtà”. “Le famiglie musulmane si preoccupano degli stessi temi cari alle famiglie cristiane: casa, lavoro, educazione dei figli – ha concluso l’esponente dei Focolari –. Se riusciremo a creare un ponte tra il mondo delle famiglie cristiane e musulmane, si potrà ottenere una grande ricchezza socio-culturale che se ben orientata, si dimostrerà il miglior trait d’union per l’Italia”. (M.G.)

    inizio pagina

    Slovacchia: inchiesta web indica il cardinale Korec come figura più stimata dal popolo

    ◊   È il cardinale Ján Chryzostom Korec, 88 anni, vescovo emerito di Nitra, che fu perseguitato e imprigionato dal regime comunista negli anni ‘60 del secolo scorso, “la figura pubblica più ammirata e stimata della Slovacchia” sulla base dei risultati di un’inchiesta – citata dal Sir – condotta via Internet da aprile a settembre di quest’anno. Ad esprimersi sono stati 3.075 visitatori del sito web “Informal Economic Forum - Commercial Club”, che hanno votato per uno dei 14 candidati proposti, rappresentanti della vita politica e sociale del Paese, in occasione del XX anniversario dell’istituzione della Repubblica slovacca. Il cardinale Korec ha preceduto l’attuale primo ministro, Robert Fico, e il presidente, Ivan Gasparovic (in quinta posizione). Tra i candidati, anche l’ex primo ministro, Iveta Radicová, secondo il quale il risultato dell’inchiesta è “una prova evidente del fatto che la gente si aspetta e desidera che questa società sia retta e dominata da autentici valori”. La proclamazione ufficiale è avvenuta nei giorni scorsi presso il Pálffy Palace di Bratislava . Il porporato non ha potuto partecipare personalmente alla cerimonia solenne a causa di gravi problemi di salute. (M.G.)

    inizio pagina

    A un anno dalla morte, Convegno ricorda Aniceto Molinaro, sacerdote e filosofo di fama mondiale

    ◊   Quattro giorni di riflessione e studio sulla figura e sul pensiero di Aniceto Molinaro, sacerdote e filosofo: l’iniziativa è in corso a Codroipo, in privincia di Udine, e si tiene ad un anno dalla morte del grande pensatore friulano, per oltre 40 anni docente alla Pontificia Università Lateranense di Roma. Filosofo di eccezionale statura, autore di testi di metafisica considerati dei classici, in dialogo con filosofi italiani e stranieri: questo è stato mons. Molinaro, nato l’8 gennaio 1936 a Passariano di Codroipo e lì morto il 25 novembre 2011 a 75 anni. A promuovere l’evento, aperto ieri con uno spettacolo teatrale sulla vita del sacerdote, la Forania di Codroipo-Sedegliano con il sostegno dell’Arcidiocesi di Udine e il patrocinio di vari enti. Stasera, il programma prosegue con un concerto. Domani il convegno filosofico su: “Metafisica, etica e religione nel pensiero di Aniceto Molinaro”. Una solenne concelebrazione presieduta domenica dall’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, concluderà la manifestazione. Citando un passo del libro della Sapienza, mons. Ivan Bettuzzi, vicario foraneo di Codroipo, scrive: “Mons. Aniceto non è stato solo un grande uomo di cultura, ma soprattutto un servitore di quella Sapienza che ha amato più della salute e della bellezza, che ha preferito alla luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta”. In riconoscimento dei meriti scientifici di mons. Molinaro, lo scorso 12 novembre il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha conferito una medaglia d’oro alla sua memoria.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 328

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.