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Sommario del 10/11/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: la musica sacra ravviva la fede ed esprime la bellezza di Dio
  • Benedetto XVI istituisce la Pontificia Accademia di Latinità
  • Il Papa nomina il cardinale Poupard suo inviato alle celebrazioni giubilari della Serva di Dio Pauline Jaricot
  • Mons. Tommaso Caputo nominato nuovo prelato di Pompei
  • Processo in Vaticano: Sciarpelletti condannato a due mesi con la condizionale
  • Conclusa la missione del cardinale Sarah in Libano: l'aiuto ai profughi siriani
  • La Chiesa proclama Beata la mistica benedettina Maria Luisa Prosperi
  • Mons. Müller: neo-ateismo disumano e intollerante, la fede è sempre moderna e apre alla speranza
  • Il cardinale Bertone ricorda il Venerabile don Giuseppe Quadrio
  • Messaggio del cardinale Koch al nuovo primate della Comunione anglicana, Justin Welby
  • Card. Ravasi: vorrei un "Cortile dei Gentili" a Oslo, terra di dialogo coi luterani
  • Un padre e una madre: editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Attentati in Siria: almeno 20 morti. L'opposizione sceglie il suo leader
  • Più Stato e coesione sociale contro la camorra: l'appello di don Maurizio Patriciello
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: distrutta con esplosivo la storica chiesa evangelica di Aleppo
  • Libano: il patriarca maronita alla ricerca del dialogo con Hezbollah
  • Pakistan: nella “Giornata per Malala” un nuovo programma di alfabetizzazione
  • Guatemala: salito a 52 il bilancio dei morti. Avviato il piano d’aiuti
  • Nigeria: il card. Filoni conclude le celebrazioni per il centenario dell’evangelizzazione di Owerri
  • Denuncia all’Osce: in Europa è in pericolo la libertà di espressione dei cristiani
  • Usa: alla prossima plenaria di Baltimora al voto un documento sull'omiletica
  • Congo: nel Masisi un conflitto interetnico ignorato da tutti
  • Sudan: appello per porre fine ai bombardamenti sui monti Nuba
  • Sud Sudan: cresce la preoccupazione per un’epidemia di epatite tra i rifugiati
  • Argentina: vescovi respingono accusa di complicità della Chiesa col passato regime militare
  • Spagna: i vescovi ribadiscono che la legge in vigore sul matrimonio è ingiusta
  • Referendum in Irlanda per sancire i diritti dei bambini nella Costituzione
  • Regno Unito: ente d'assistenza cattolico costretto a chiudere perché rifiuta adozioni a coppie gay
  • Il cardinale Piacenza: educare l'uomo e il suo "senso religioso"
  • Terremoto in Emilia: appello del cardinale Caffarra per la costruzione di chiese provvisorie
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: la musica sacra ravviva la fede ed esprime la bellezza di Dio

    ◊   La musica sacra nella liturgia non è un fatto estetico, ma aiuta a “esprimere la fede”, contribuendo così alla nuova evangelizzazione. È il concetto che in sintesi ha espresso questa mattina il Papa nell’udienza ai membri dell’Associazione italiana Santa Cecilia, che in circa seimila hanno gremito l'Aula Paolo VI. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Millecinquecento anni di distanza tra l’uno e l’altro e la medesima esperienza: il canto sacro che entra tra le pieghe dell’anima come come se le sue note fossero la voce di Dio. Per spiegare di cosa sia capace la musica sacra, Benedetto XVI si rifà a due celebri testimonianze. Quella di Agostino di Ippona, grande padre della Chiesa del IV-V secolo, che racconta delle lacrime che gli sciolgono dentro i salmi cantati nelle liturgie di Sant’Ambrogio a Milano. E quella di Paul Claudel – famoso poeta e drammaturgo francese scomparso a metà del Novecento – che abbraccia il cristianesimo in un “istante”, “grande” e “potente”, ascoltando il canto del Magnificat durante i Vespri di Natale nella Cattedrale di Notre-Dame:

    “Se infatti sempre la fede nasce dall’ascolto della Parola di Dio – un ascolto naturalmente non solo dei sensi, ma che dai sensi passa alla mente ed al cuore – non c’è dubbio che la musica e soprattutto il canto può conferire alla recita dei salmi e dei cantici biblici maggiore forza comunicativa”.

    Per il Papa, la testimonianza di Sant’Agostino aiuta a capire cosa significhi ciò che il Vaticano II ha stabilito nella Sacrosanctum Concilium, la Costituzione dedicata alla liturgia, e cioè che “il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne”. E osserva:

    “Perché ‘necessaria ed integrante’? Non certo per motivi puramente estetici in un senso superficiale, ma perché coopera a nutrire ed esprimere la fede, e quindi alla gloria di Dio e alla santificazione dei fedeli, che sono il fine della musica sacra. Proprio per questo vorrei ringraziarvi per il prezioso servizio che prestate: la musica che eseguite non è un accessorio o un abbellimento della liturgia, ma è essa stessa liturgia”.

    Il canto del Magnificat che spazza via ogni “specie di dubbio” dall’anima di Claudel è l'esperienza di un uomo dei nostri giorni che per Benedetto XVI dimostra come il canto sacro aiuti la “partecipazione attiva” del Popolo di Dio alla liturgia, che – sottolinea – “non consiste solo nel parlare, ma anche nell’ascoltare, nell’accogliere con i sensi e con lo spirito la Parola, e questo vale anche per la musica liturgica”:

    “Ma, senza scomodare personaggi illustri, pensiamo a quante persone sono state toccate nel profondo dell’animo ascoltando musica sacra; e ancora di più a quanti si sono sentiti nuovamente attirati verso Dio dalla bellezza della musica liturgica come Claudel. E qui, cari amici, voi avete un ruolo importante: impegnatevi a migliorare la qualità del canto liturgico, senza aver timore di recuperare e valorizzare la grande tradizione musicale della Chiesa, che nel gregoriano e nella polifonia ha due delle espressioni più alte, come afferma lo stesso Vaticano II”.

    Una indicazione, questa, che il Papa affida al lavoro dell’Antica Associazione Santa Cecilia accompagnandola dall’auspicio che “in Italia la musica liturgica tenda sempre più in alto” per mostrare “come la Chiesa sia il luogo in cui la bellezza è di casa".

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    Benedetto XVI istituisce la Pontificia Accademia di Latinità

    ◊   Promuovere e valorizzare la lingua e la cultura latina, in particolare presso le istituzioni formative cattoliche: questo lo scopo della Pontificia Accademia di Latinità che Benedetto XVI ha istituito oggi con una Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio. Come presidente dell’Accademia, che dipenderà dal Pontificio Consiglio della Cultura, il Papa ha nominato il prof. Ivano Dionigi, mentre in veste di segretario ha designato il religioso salesiano, don Roberto Spataro. La loro nomina avrà durata di cinque anni e sarà costituita da un massimo di cinquanta membri ordinari, detti accademici, studiosi e cultori della materia, nominati dal segretario di Stato. Il servizio di Adriana Masotti:

    “Sin dalla Pentecoste la Chiesa ha parlato e ha pregato in tutte le lingue degli uomini”, tuttavia, scrive il Papa nella sua Lettera Apostolica, “le comunità cristiane dei primi secoli usarono ampiamente il greco ed il latino”, strumenti di incontro tra la novità della Parola di Cristo e l’eredità della cultura ellenistico-romana. Sempre poi, continua, la lingua latina “è stata tenuta in altissima considerazione dalla Chiesa Cattolica e dai Romani Pontefici”, che l’hanno eletta a propria lingua, perché “capace di trasmettere universalmente il messaggio del Vangelo”. Anche ai nostri tempi, osserva Benedetto XVI, la conoscenza della lingua e della cultura latina risulta quanto mai necessaria per lo studio delle fonti a cui attingono discipline ecclesiastiche quali, ad esempio, la Teologia, la Liturgia, la Patristica ed il Diritto Canonico. Inoltre, proprio per evidenziare la natura universale della Chiesa, è “in questa lingua che sono redatti i libri liturgici del Rito romano, i più importanti Documenti del Magistero pontificio e gli Atti ufficiali più solenni dei Romani Pontefici”. Nella cultura contemporanea, prosegue il Papa, se da un lato "si nota il pericolo di una conoscenza sempre più superficiale della lingua latina”, dall’altro, “proprio nel nostro mondo, nel quale tanta parte hanno la scienza e la tecnologia, si riscontra un rinnovato interesse”. Ecco perciò l’urgenza, si legge nel documento, di “sostenere l’impegno per una maggiore conoscenza e un più competente uso della lingua latina, tanto nell’ambito ecclesiale, quanto nel più vasto mondo della cultura”. Di questo dunque si occuperà la Pontificia Accademia di Latinità a cui, come prevede lo Statuto, spetterà curare pubblicazioni, incontri, convegni di studio e rappresentazioni artistiche; dare vita e sostenere corsi e altre iniziative formative; organizzare attività espositive, mostre e concorsi.

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    Il Papa nomina il cardinale Poupard suo inviato alle celebrazioni giubilari della Serva di Dio Pauline Jaricot

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e mons. Richard William Smith, arcivescovo di Edmonton in Canada e presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Canada, accompagnato dal vicepresidente, mons. Paul-André Durocher, arcivescovo di Gatineau.

    Il Papa ha nominato il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, suo Inviato speciale alle celebrazioni conclusive dell’anno giubilare dedicato alla Venerabile Serva di Dio Pauline Jaricot, nel 150.mo anniversario della sua morte e nel 50.mo anniversario del decreto dell’eroicità delle sue virtù, in programma a Lione (Francia) il 9 gennaio 2013.

    In Argentina, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Mendoza, presentata per raggiunti limiti di età da mons. José María Arancibia. Il Papa ha nominato al suo posto mons. Carlos María Franzini, finora vescovo di Rafaela. Mons. Carlos María Franzini è nato a Buenos Aires il 6 settembre 1951. Ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Seminario Maggiore di San Isidro ed ha ottenuto la Licenzia in Teologia nella Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica Argentina. Ordinato sacerdote il 13 agosto 1977 nella sua diocesi di origine, cioè San Isidro, è stato, dal 1977 al 1990, cancelliere della Curia, formatore nel seminario e Vicario Generale. È stato inoltre Segretario Aggiunto della Conferenza Episcopale, incaricato per la formazione permanente del clero e direttore della rivista sacerdotale Presbíteros. Nominato Vescovo di Rafaela il 29 aprile 2000, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 19 giugno successivo. In seno alla Conferenza Episcopale è Presidente della Commissione per la Vita Consacrata.

    In Canada, il Pontefice ha nominato Vescovo della diocesi di Timmins mons. Serge Poitras, finora sottosegretario aggiunto della Congregazione per i Vescovi. Mons. Serge Poitras è nato il 27 maggio 1949 a Jonquière, Québec. Ha compiuto gli studi classici presso il Seminario minore della diocesi di Chicoutimi (1961-1967) e quelli di Teologia al Seminario maggiore (1968-1971) della stessa diocesi per concluderli al Seminario maggiore di Québec (1971-1973). Ha conseguito il Baccalaureato in Teologia all’Università del Québec a Chicoutimi (1971) e la Laurea in Teologia presso l’Università di Laval (1973). È stato ordinato sacerdote il 27 maggio 1973 per la diocesi di Chicoutimi. Ha poi conseguito il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma nel 1988. Nei primi anni del suo ministero sacerdotale è stato Vicario parrocchiale della Cattedrale di Chicoutimi. Nel 1980 è stato nominato Professore nel Seminario minore della diocesi e Responsabile del Centro diocesano per gli studenti fino al 1990. Dal 1990 al 1998 è stato Professore e membro dell’équipe dei formatori presso il Seminario maggiore di Montréal. Responsabile dell’anno di Propedeutica e di Liturgia (1992-1997) per poi essere Direttore degli Studi per un biennio (1998-2000). In questi anni di ministero a Montréal è stato vicario parrocchiale domenicale in diverse parrocchie della città. Nel 2000 è divenuto Collaboratore della Nunziatura Apostolica di Ottawa. Nel dicembre del 2010 è stato nominato Sotto-Segretario Aggiunto della Congregazione per i Vescovi.

    Ad Haiti, Benedetto XVI ha nominato ausiliare di Port-au-Prince padre Quesnel Alphonse, dei Padri Monfortani., finora parroco della parrocchia Saint-Louis, Roi de France, a Port-au-Prince. Mons. P. Quesnel Alphonse, S.M.M., è nato il primo dicembre 1949 a Port-au-Prince. Ha fatto gli studi primari e quelli secondari presso i Fratelli del Sacro Cuore a Port-au-Prince. È entrato nella Congregazione dei Padri Monfortani (S.M.M.) dove ha emesso i primi voti religiosi nel 1972 ed i voti perpetui nell’ottobre 1977. Ha seguito gli studi filosofici e teologici presso il Grand Séminaire Notre-Dame d’Haïti a Port-au-Prince. Ha completato la formazione con studi di specializzazione in Catechesi presso l’Institut Catholique a Parigi nel 1986-1987 e ha seguito corsi per formatori in Bolivia nel 1988. È stato ordinato sacerdote il 16 luglio 1977. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi ministeriali: Insegnante e Direttore del Collège Notre-Dame de Lourdes a Port-de-Paix (1978-1980); Direttore del Centro Catechetico dell’arcidiocesi di Cap-Haïtien e al contempo Maestro dei Novizi monfortani (1980-1986); Direttore dello Scolastico dei Monfortani (1988-1989); Superiore Provinciale dei Monfortani (1990-1996); anno sabbatico in Francia (1996-1997); Parroco della parrocchia a Chansolme, nella diocesi di Port-de-Paix (1998-2001); Direttore del Centro catechetico della diocesi di Port-de-Paix, e nello stesso tempo, Direttore del Centro diocesano per la promozione dei pellegrinaggi e della Radio diocesana Voix de la Paix (2002-2007). Dal 2008 è Parroco della parrocchia Saint-Louis, Roi de France a Port-au-Prince.

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    Mons. Tommaso Caputo nominato nuovo prelato di Pompei

    ◊   Il Papa ha nominato prelato di Pompei e delegato pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario mons. Tommaso Caputo, arcivescovo tit. di Otricoli, finora nunzio apostolico in Malta e in Libia. Mons. Caputo è nato ad Afragola, in provincia di Napoli, il 17 ottobre di 62 anni fa. Ordinato sacerdote per l'arcidiocesi di Napoli, il 10 aprile 1974, ha conseguito la licenza in Teologia e la laurea in Diritto Canonico. Ha prestato servizio come vice-parroco nella Parrocchia San Benedetto all'Arco Mirelli in Napoli ed è stato insegnante di Religione nelle scuole statali. Entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede, il 25 marzo 1980, ha prestato successivamente la propria opera presso le Rappresentanze Pontificie in Rwanda, Filippine, Venezuela e infine presso la Segreteria di Stato. Nel 1993 è stato nominato capo del Protocollo della Segreteria di Stato e nel 2007 nunzio apostolico in Malta e in Libia. Parla correntemente anche inglese, francese e spagnolo.

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    Processo in Vaticano: Sciarpelletti condannato a due mesi con la condizionale

    ◊   Il Tribunale Vaticano ha condannato Claudio Sciarpelletti, il tecnico informatico della Segreteria di Stato, a quattro mesi di reclusione per favoreggiamento, pena ridotta a due, per le attenuanti generiche. Concesso il beneficio della sospensione della pena per 5 anni. La sentenza giunge nell’ambito delle indagini per furto aggravato di documenti riservati; filone che ha portato alla condanna anche dell’ex assistente di camera del Papa, Paolo Gabriele. Il Tribunale presieduto da Giuseppe Dalla Torre ha anche disposto la non menzione della condanna nel casellario giudiziario. A carico di Sciarpelletti disposto il pagamento delle spese processuali. Massimiliano Menichetti:

    Quattro mesi di carcere, ridotti a due, per “lo stato di servizio e la mancanza di precedenti penali”. Claudio Sciarpelletti secondo il Tribunale Vaticano ha aiutato ad “eludere le investigazioni dell’autorità”, nell’ambito dell’inchiesta che ha portato alla condanna, per furto di documenti riservati, dell’ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele. I magistrati hanno anche concesso la sospensione della pena “per cinque anni” e la non menzione della condanna nel casellario giudiziario a patto che Sciarpelletti non commetta altri reati. Accolta quindi la richiesta del promotore di giustizia, Nicola Picardi, respinta invece quella di assoluzione presentata dall’avvocato di parte, Gianluca Benedetti.

    In sostanza, i giudici hanno considerato, come un intralcio alla giustizia, le diverse dichiarazioni rilasciate da Sciarpelletti dopo il ritrovamento, in un cassetto della sua scrivania, di una busta con il timbro dell’Ufficio informazione della Segreteria di Stato e una scritta che indicava Paolo Gabriele.

    Avvocati e giudici oggi hanno ascoltato la ricostruzione di quanto accaduto nei mesi scorsi anche attraverso le deposizioni di quattro testimoni voluti dalla difesa.

    Sciarpelletti ha ribadito lo sconcerto, ha confermato la sua dedizione alla Santa Sede, che non conosceva il contenuto della busta, che aveva dimenticato di averla riposta in un cassetto inutilizzato e che non ricordava chi gliela avesse consegnata anche se ha escluso dai suoi ricordi sia Paolo Gabriele sia mons. Carlo Maria Polvani, responsabile dell'ufficio informazione della Segreteria di Stato, come precedentemente invece dichiarato ai gendarmi.

    Chiamato a deporre come testimone mons. Carlo Maria Polvani ha ribadito l’amore al servizio per la Chiesa, la gratitudine per la fiducia rinnovata dei superiori e della Segreteria di Stato. Ha poi tratteggiato l’efficiente profilo professionale di Sciarpelletti, pur sottolineando la tendenza del tecnico ad “andare nel pallone” per questioni personali. Poi ha precisato che il timbro rilevato sulla busta, oggetto del processo, è facilmente accessibile perché riposto in un corridoio frequentato da molte persone, anche dallo stesso Sciarpelletti. Ha poi precisato: "per quanto mi risulta Sciarpelletti e Gabriele erano buoni amici".

    Sollecitato dai magistrati l’ex assistente di Camera ha confermato di aver consegnato a Sciarpelletti i documenti contenuti nella busta, di non ricordare come e quando e che non si trattava di atti riservati d’ufficio, ma altro materiale tra cui una e-mail. Ha evidenziato che i due si confrontavano anche su questioni vaticane “che all’epoca dei fatti lo preoccupavano”. E che più di una volta ha invitato il tecnico a leggere documenti da lui selezionati frutto di ricerche su internet.

    Assente, per giustificati motivi, il capo della Gendarmeria Domenico Giani, l’avocato di parte ha rinunciato ad acquisire la sua testimonianza. Concordi nel definire Sciarpelletti collaborativo, il vice comandante della Guardia Svizzera, William Kloter, e il vicecommissario della Gendarmeria, Gianluca Gauzzi Broccoletti, che nelle loro deposizioni hanno definito l’uomo spaventato dal ritrovamento della busta.

    Durante le deposizioni di oggi è emerso anche il nome di mons. Pietro Pennacchini in riferimento ad una busta che Sciarpelletti avrebbe dovuto portare a Gabriele. Nel briefing seguito alla sentenza il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha precisato che “Sciarpelletti ha dichiarato che lui riceveva delle buste e le portava a destinazione in altri uffici, cosa che succedeva abitualmente'' e che il fatto “che avesse ricevuto una busta da parte di un monsignore per portarla da un'altra parte era una prassi normale in un ufficio articolato''. Padre Lombardi ha anche precisato che da oggi decorre il termine di tre giorni per il ricorso da parte del promotore di giustizia e di Sciarpelletti.

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    Conclusa la missione del cardinale Sarah in Libano: l'aiuto ai profughi siriani

    ◊   Si è conclusa la missione dell’inviato del Papa in Libano, il cardinale Robert Sarah, chiamato a manifestare la vicinanza della Santa Sede e della Chiesa universale alle popolazioni duramente provate dal conflitto siriano. Nella sede della Caritas di Beirut, il presidente di Cor Unum ha coordinato ieri l'incontro con i rappresentanti di circa 20 agenzie caritative cattoliche operanti in Libano, Siria, Giordania, Turchia e Irak. La riunione ha consentito di coordinare l’impegno umanitario della Chiesa cattolica nella regione, valutando anche i progetti da finanziare con la donazione di un milione di dollari che Benedetto XVI - attraverso il cardinale suo inviato – ha voluto destinare al soccorso delle popolazioni siriane sofferenti. Il servizio di Roberto Piermarini:

    Nel corso della sua visita di tre giorni il cardinale è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica libanese, Michel Suleiman ed ha incontrato il Sinodo dei vescovi maroniti - prendendo parte al loro incontro mensile. Inoltre ha fatto visita al patriarca armeno cattolico Nerses Bedros XIX Tarmouni, al patriarca ortodosso di Antiochia, Ignatius IV Hazim e all’anziano patriarca ortodosso Ignatius. Particolarmente toccante la visita nell'area libanese nord-orientale nella valle della Bekaa, dove si concentrano buona parte dei profughi fuggiti dalla Siria. Padre Simon Faddoul, presidente di Caritas Libano e organizzatore della visita del prelato, racconta all'agenzia Asianews la straordinaria accoglienza ricevuta dal cardinale Sarah che “è stato acclamato come un padre. Una folla di persone commossa si è raccolta intorno alla nostra delegazione. La quasi totalità erano musulmani, che hanno ringraziato il Vaticano, il Papa e tutta la Chiesa per il loro lavoro disinteressato. Una madre con un figlio di quattro mesi ha chiesto esplicitamente al cardinale di adottare il bambino per salvarlo da questa situazione terribile". Padre Faddoul aggiunge che centinaia di persone, bambini, donne, anziani hanno lanciato un appello al Papa chiedendo di fare tutto quello che è in suo potere per influenzare le alte sfere politiche e far cessare la guerra fra esercito siriano e ribelli. Il sacerdote spiega che la situazione nei campi profughi con centinaia di migliaia di rifugiati è terribile. Il governo non ha ancora regolarizzato gli spazi e la gente costruisce la sua tenda o la sua baracca con quello che trova in giro. "La situazione - continua - è terribile: fogne a cielo aperto, acqua non potabile, cumuli di spazzatura. Nessuno ha accesso a luce e acqua; solo la Caritas riusce ad intervenire afferma padre Faddoul.

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    La Chiesa proclama Beata la mistica benedettina Maria Luisa Prosperi

    ◊   Quella terra umbra che le diede i natali il 19 agosto 1799, oggi la proclama Beata: nella Cattedrale di Spoleto, alle 16, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, eleva agli onori degli altari la Venerabile Maria Luisa Prosperi, badessa benedettina del Monastero di Santa Lucia in Trevi. Per l’esemplarità della sua vita monastica fu eletta e confermata badessa per ben quattro volte fino alla sua santa morte, avvenuta il 12 settembre del 1847, dopo una lunga e sofferta malattia. Un ritratto della nuova Beata nel servizio di Claudia Di Lorenzi:

    Il silenzio, la preghiera, l’esperienza mistica del dialogo con Cristo e la devozione al cuore di Gesù. E poi il forte carisma personale, che la rendeva amabile e insieme autorevole, e la pose alla guida di quella comunità benedettina che l’accolse appena ventenne. Sono solo alcune delle molteplici sfumature che caratterizzano la figura di Maria Luisa Prosperi, che la Chiesa proclama Beata. “Una donna innamorata di Dio” – la descrive il cardinale Angelo Amato – che fu eroica anzitutto nella fede:

    “Una fede ferma, salda, illimitata, la elevava alle vette dei misteri di Dio. Sembrava che vedesse con gli occhi quanto noi crediamo per fede”.

    Una mistica depositaria di “doni e grazie straordinarie”, che si rivela modello anche per i fedeli di oggi. Ancora il cardinale Amato:

    “Di fronte alla grandezza della sua fede, del suo amore e della sua umiltà si prova un senso di smarrimento. La nostra fede piccina, timorosa, mediocre forse ritiene esagerata la sua testimonianza. Ma dimentichiamo che la fede (…) non può che essere esagerata. Non è forse esagerato l'amore di Dio verso di noi?”.

    Del valore esemplare della sua testimonianza parla anche l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, che evidenzia come “il riflesso luminoso” della sua santità, vissuta nel raccoglimento della vita monastica, incoraggia i fedeli a proseguire nel cammino di fede, e consolida la certezza che a ciascuno è offerta la possibilità di “vivere l’amicizia con Dio e far sì che il rapporto personale con Lui dia forma ai pensieri, alle parole alle azioni”. Dal nascondimento della vita monastica, un esempio luminoso per la Chiesa intera.

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    Mons. Müller: neo-ateismo disumano e intollerante, la fede è sempre moderna e apre alla speranza

    ◊   La Chiesa è “promotrice della vera ‘modernità’, in cui la speranza torna per tutti possibile nell’apertura a Dio, futuro dell’uomo”: è quanto ha affermato oggi mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel suo intervento alla giornata conclusiva del quinto Congresso Mondiale di Metafisica, organizzato a Roma dalla Fondazione Idente di Studi e di Ricerca. Il servizio di Sergio Centofanti.

    La fede è anche oggi più che mai “moderna” e apre alla speranza di fronte al pessimismo di quanti negano “la possibilità della conoscenza di Dio per mezzo della Rivelazione. Mons. Müller è esplicito: “l’ottimismo della visione cristiana del mondo e dell’uomo si contrappone alla “visione del mondo pseudo-scientifica propagandata dal neo-ateismo” che “viene ai nostri giorni esaltata come programma di opinione da imporre all’intera umanità”. Di qui il “carattere disumano e intollerante” di questa visione nichilista che si maschera con una “morale filantropica e umanitaria”, per cui “se qualcuno crede all’esistenza di un Dio personale, a costui non deve essere concesso diritto d’esistenza né mentale, avendo contratto un ‘virus divino’ che richiede di essere isolato, né fisica, e deve perciò essere considerato un parassita”.
    Eppure – ha affermato il presule – “diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi più fondamentali: cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che continuano a sussistere malgrado ogni progresso? Cosa valgono quelle conquiste pagate a così caro prezzo? Che apporta l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?”. “È un fatto – ha rilevato mons. Müller - che la vita dell'uomo sulla terra sia breve, e quanto più passano i suoi giorni, tanto più ciascuno percepisce la brevitas vitae come una sfida esistenziale. Ma proprio questo è il punto: merita profittare del tempo quale risorsa per destarsi dal sonno dell'ideologia dell'autorealizzazione e dell'uomo che si costruisce da sé”.

    Infatti – ha sottolineato il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede - ”l'uomo riconosce se stesso come persona” solo alla luce di Dio: “solo in Dio incontra la pace nella sua ricerca della verità e nella sua tensione al bene”. E solo in Dio realizza la sua piena libertà “sotto forma di amore”. “La forma della libertà umana, quindi, non si realizza nell'opposizione a Dio”, come vorrebbe il neo-ateismo, “ma solo sul fondamento della perfetta libertà spirituale di Dio. Se Dio viene esaltato, anche l'uomo viene esaltato di conseguenza. La salvezza dell'uomo – ha concluso mons. Müller - non può che arrivare dal Dio che offre liberamente all'uomo la sua grazia”.

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    Il cardinale Bertone ricorda il Venerabile don Giuseppe Quadrio

    ◊   Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone è intervenuto oggi al Convegno sul Venerabile don Giuseppe Quadrio, sacerdote salesiano (1921-1963), in occasione del 75.mo anniversario della Facoltà di Teologia di Torino-Crocetta. Don Quadrio – ha detto il porporato – è stato un uomo di fede e di cuore, maestro di dialogo: “ha visto tutto nella luce dello Spirito di Dio, ha fatto la sintesi interiore tra la contemplazione e l’azione, tra la fede e la vita, tra la tradizione e la modernità, ha realizzato quello che il Concilio Vaticano II chiama unità di vita”. Come i Santi – ha proseguito il cardinale Bertone – don Quadrio “si è svuotato di sé per farsi riempire da Dio e di Dio, come fanno i veri uomini contro corrente. Ci aiuti ad imitarlo nell’oggi della Chiesa. Oggi, infatti, si sente molto parlare di ‘nuova evangelizzazione’ anche a motivo del recente Sinodo dei Vescovi che ne ha sviscerato il contenuto e le modalità”.

    “E’ indubbio – ha sottolineato il cardinale Bertone - che i nuovi evangelizzatori si formano pregando Dio, mettendosi in ginocchio in adorazione, aprendosi con fiducia all’opera di Dio, che è la più efficace, ed anche rendendosi disponibili alla fraternità verso tutti. Don Quadrio è uno di questi; ci ha fatto capire che la Chiesa sulla terra è sempre un episodio di cielo. Egli ha collaborato ad aiutare il mondo ‘a risvegliar l’aurora’ (Sal 57, 9). Ha suscitato in chi lo incontrava la nostalgia del totalmente Altro, in un mondo che Daniel Rops già aveva preconizzato come un mondo senz’anima”. Il porporato ha infine affermato che “don Quadrio ha incarnato l’amore della verità per poter conseguire la verità dell’amore”.

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    Messaggio del cardinale Koch al nuovo primate della Comunione anglicana, Justin Welby

    ◊   Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha inviato un messaggio al nuovo primate della Chiesa d’Inghilterra e della Comunione anglicana, il reverendo Justin Welby. Il porporato si unisce “a tutti coloro che pregano ed augurano ogni gioia e felicità” per il nuovo ministero che il reverendo Welby, vescovo di Durham, sta per assumere. Il cardinale porge inoltre “congratulazioni e i più sentiti auguri” al nuovo primate da parte di Benedetto XVI e a nome del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Il messaggio ricorda come “le relazioni tra la Chiesa cattolica romana e la Comunione anglicana” siano “una parte enormemente importante" dell’ecumenismo. Il cardinale prosegue ricordando i quasi cinquant’anni del dialogo teologico che ancora oggi “continua a ricercare una comprensione più profonda della grande eredità condivisa da anglicani e cattolici, e dei punti di divergenza che ancora sono di ostacolo a una comunione ecclesiale pienamente ristabilita”.

    Allo stesso tempo, prosegue il messaggio, “le relazioni tra i Papi e gli Arcivescovi di Canterbury che si sono succeduti sono state caratterizzate da numerosi incontri” in cui si sono manifestate “un’intensa amicizia spirituale e umana” e “una preoccupazione condivisa per la nostra testimonianza del Vangelo e il nostro servizio alla famiglia umana”. Rivolgendosi al nuovo primate il cardinale si dice “certo che queste eccellenti relazioni continueranno a portare frutto”. “Confido – scrive inoltre il porporato al reverendo Welby – di incontrarla presto di persona, e anche in future occasioni per condividere il nostro comune impegno alla causa dell’unità cristiana”. (A cura di Davide Maggiore)

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    Card. Ravasi: vorrei un "Cortile dei Gentili" a Oslo, terra di dialogo coi luterani

    ◊   “Ai confini della cristianità: alla ricerca dell’eredità comune fra Norvegia e Santa Sede”. Su questo tema si è tenuta ieri a Roma una giornata di studio promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura e dall’Istituto di Norvegia. Archeologia, architettura, mistica nordica e pellegrinaggi sono alcuni degli ambiti indagati per illustrare i collegamenti tra la terra di sant’Olaf e la Sede di Pietro.Tra i relatori, mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, Rolf Trolle Andersen, ambasciatore di Norvegia presso la Santa Sede, e il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero della Cultura. Proprio il cardinale Ravasi ha espresso il desiderio di portare nella capitale norvegese Oslo l’esperienza del “Cortile dei Gentili”, nata come piattaforma di dialogo fra credenti e non credenti. Carl Vilhem Hojer, collega del programma scandinavo, ha chiesto al porporato le ragioni di questa scelta:

    R. – Il mio desiderio è quello di poter portare un Cortile dei Gentili a Oslo, per almeno due ragioni. La prima, perché siamo all’interno di un Paese luterano in cui la presenza cattolica è minoritaria, e un Paese laico, fortemente secolarizzato. Per cui, è interessante stimolare e vedere come un’altra confessione, come la luterana – che è nostra sorella – dialoghi con il mondo della non-credenza che all’interno di questo Paese ormai ha manifestazioni molto ampie. La seconda ragione è proprio la ricchezza della cultura moderna e contemporanea della Norvegia. Attraverso la pittura, con il grande simbolo di Munch, e quindi il tema del dolore, della lacerazione che è rappresentato anche dalla letteratura con la figura di Ibsen e altre figure particolarmente tormentate che rappresentano la tenebra. Dall’altra parte, però, riuscire ad introdurre anche questa forza, questa vitalità che la natura ha in Norvegia, e che è rappresentata dal Frogner Park, con tutta quella vitalità che sembra il desiderio di vincere la notte artica.

    D. – Secondo lei, esiste ancora una cultura veramente cristiana in Norvegia?

    R. – Io penso che esista ancora, almeno per quanto riguarda i grandi segni, i grandi simboli, la grande letteratura del passato, le grandi figure della tradizione che sono anche state studiate durante questo convegno, sono significative. Direi anche la bella presenza, per esempio, delle chiese di legno che rappresentano una spiritualità tutta particolare. E, dall’altra parte, penso anche ai valori umani che sono ancora presenti: la Norvegia è il Paese dove si assegna il Premio Nobel per la pace. Quindi, io sono convinto che sotto il velo della secolarizzazione che è dominante, ci sia ancora la brace, cioè le scintille, dell’antica spiritualità cristiana.


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    Un padre e una madre: editoriale di padre Lombardi

    ◊   Ci saranno sempre più bambini nel mondo che non potranno dire di avere un papà e una mamma, ma saranno costretti dagli adulti a subire due padri o due madri. E’ la nuova tendenza di certa legislazione occidentale che permette le adozioni anche alle coppie omosessuali, ormai equiparate in tutto al matrimonio tra un uomo e una donna. Insomma, sempre di più, i desideri dei più forti prevalgono sui diritti dei più piccoli. Ascoltiamo in proposito il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il Settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Negli ultimi giorni vi sono stati tre eventi preoccupanti per quanto riguarda la legislazione sul matrimonio. In Spagna, la Corte Costituzionale ha rifiutato un ricorso che contestava la legge attuale, che esclude ogni riferimento alla differenza fra l’uomo e la donna e parla semplicemente di coniuge A e B; questa rimane dunque la situazione. In Francia, il Governo ha presentato un progetto di legge per la trasformazione del matrimonio, così da comprendervi il matrimonio omosessuale. Negli Stati Uniti alcuni dei referendum tenuti in concomitanza con le elezioni presidenziali in diversi Stati hanno dato, per la prima volta, esito favorevole ai matrimoni omosessuali. E’ quindi chiaro che nei Paesi occidentali vi è una tendenza diffusa a modificare la visione classica del matrimonio fra l’uomo e la donna, o meglio a cercare di abbandonarla, cancellandone un riconoscimento legale specifico e privilegiato rispetto ad altre forme di unione.

    Non è una novità. Lo avevamo già capito. Tuttavia la cosa non cessa di stupire. Perché ci si deve domandare se ciò corrisponda veramente al sentire delle popolazioni e perché non se ne vede la logica in una prospettiva lungimirante di bene comune. Non lo dice solo la Chiesa cattolica; lo ha messo bene in rilievo – ad esempio - il Gran Rabbino di Francia in un suo argomentato documento. Non si tratta infatti di evitare discriminazioni ingiuste per gli omosessuali, poiché questo si deve e si può ben garantire in altri modi. Si tratta di ammettere che lo sposo e la sposa vengano riconosciuti pubblicamente come tali e che i bimbi che vengono al mondo possano sapere e dire che hanno un padre e una madre. Insomma, conservare una visione della persona e dei rapporti umani in cui il riconoscimento pubblico del matrimonio monogamico fra un uomo e una donna sia una conquista di civiltà. Se no, perché non contemplare anche la poligamia liberamente scelta e, naturalmente, per non discriminare, la poliandria? Non ci si attenda dunque che la Chiesa rinunci a proporre che la società riconosca un posto specifico al matrimonio fra un uomo e una donna.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Dalla parte dei profughi siriani: nell'informazione vaticana, intervista al cardinale Robert Sarah di ritorno dal Libano.

    In cultura, la Lettera Apostolica, in forma di “motu proprio”, con cui Benedetto XVI istituisce la Pontificia Accademia di Latinità; con un'intervista – “Quei classici più attuali di noi” – di Silvia Guidi al presidente Ivano Dionigi, e un articolo di Manlio Simonetti dal titolo “Tra fortune e sfortune”.

    “Come la musica sacra può favorire la fede”: il Papa all’Associazione Italiana Santa Cecilia.

    Per un rilancio dell’evangelizzazione in Nigeria: conclusa la visita del cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la crescita delle esportazioni in Cina.

    Le dimissioni del capo della Cia.

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    Oggi in Primo Piano



    Attentati in Siria: almeno 20 morti. L'opposizione sceglie il suo leader

    ◊   In Siria prosegue il sanguinoso scontro tra esercito di Damasco e milizie degli insorti. Stamani almeno 20 soldati sono rimasti uccisi in due diversi attentati. Due autobomba sono esplose nel giardino del Circolo ufficiali nella città di Daraa, nel Sud del Paese. Intanto, ieri è stato designato a Doha, in Qatar, il nuovo presidente del fronte dell’opposizione; si tratta del cristiano George Sabra. Con questa scelta gli insorti cercano di dare una svolta unitaria alla lotta contro il presidente Assad, anche se non tutte le fazioni vi hanno aderito. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Roger Bouchahine, direttore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:

    R. - Chiaramente, per l’opposizione è il momento del cambiamento. Abbiamo un’immagine nuova: quella di un’opposizione compatta, più ordinata, più organizzata. Questo è un punto chiave per il futuro.

    D. - Questo accordo è ancora parziale, dato che alcune fazioni degli insorti sembra siano rimaste fuori?

    R. - Secondo tanti osservatori, è ancora molto prematuro poter unire sotto uno stesso ombrello veramente tutta l’opposizione siriana. In tutto ciò, è un dato di fatto che la maggioranza dei ribelli si sia unita. Stanno cercando di costruire una sorta di governo ombra, che ruota intorno a quattro argomenti importanti: la giustizia, la parte militare, la parte economica, per il sostegno dei ribelli, e i rapporti con gli amici del popolo siriano. Dunque, una nuova immagine. Non c’è più quel caos che si vedeva fino a pochi giorni fa.

    D. - Perché le scelte operate sono state fatte tutte in chiave bellica e non di dialogo?

    R. - Chiaramente - lo dicono gli osservatori militari - il fronte degli insorti non può più perdere tempo. Ora il governo ribelle non può essere un governo burocratico con lo scopo di governare il Paese; deve chiudere con un’azione militare immediata nei riguardi di Assad. È un momento drammatico. Sembra che senza questo accordo e senza un sostegno militare molto forte da parte dell’Occidente o del mondo, questo governo militare non potrà unire l’opposizione e il popolo siriano che si oppongono a Damasco. È una vera azione militare: non la possiamo prendere sotto un profilo politico, perché non lo è assolutamente.

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    Più Stato e coesione sociale contro la camorra: l'appello di don Maurizio Patriciello

    ◊   Vasta eco ha avuto l’intervento di ieri dell’arcivescovo di Napoli il cardinale Crescenzio Sepe in occasione della fiaccolata cittadina, per le vittime innocenti di camorra. Nessuna indulgenza per chi rimane nel tunnel della violenza, ha detto il porporato, anche a costo di negargli i funerali in chiesa. E poi l’appello alla conversione e la riaffermazione della speranza in una società giusta. Parole condivise da chi è in prima linea e chiede più Stato e più collaborazione: è il caso di don Maurizio Patriciello parroco di Caivano. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:

    R. – L’uomo ha il dono della ragione: è libero di diventare immenso come Dio e anche di scendere negli abissi più profondi. Queste persone hanno imboccato una strada che è proprio il contrario esatto del Vangelo: hanno rinnegato la dignità della persona umana. Siamo arrivati all’assurdo.

    D. – Lei se la sentirebbe di ribadire questo “nessuna indulgenza” pronuciata dal cardinale Sepe, nei confronti dei camorristi, anche da morti?

    R. – Certo. Certo, anche perché questo è un linguaggio che capiscono. Nel momento in cui arrivano, facendo applausi, facendo volare palloncini bianchi, non fanno chiarezza. La Chiesa fa bene a essere veramente ferma, per le persone più semplici. Poi, affidiamo tutto quanto alla misericordia di Dio, anche queste persone che trascinano con loro le famiglie e un popolo intero. Ma noi non possiamo rimanere in ostaggio.

    D. – Chiedere “deponete le armi, scegliete la vita” come ha fatto il cardinale Sepe, serve?

    R. – Serve fino ad un certo punto. Finché questa gente sente che lo Stato è così distante, non sarà recuperata mai.

    D. – Serve questa denuncia della Chiesa, per lo meno per far prendere più coscienza di quello che accade?

    R. – Sì, vanno prendendo coscienza, ma il problema sta un po’ più a monte, secondo me. Un giovane di 14-15 anni che comincia a guadagnare 200 o 300 euro al giorno, lei pensa si potrà mai recuperare? Mandarlo a lavorare in fabbrica per 30 o 40 euro al giorno? E’ qua che bisogna arrivare. Vorrei dire a coloro che ci governano: “Signori, ma se c’è gente che non guadagna un soldo, questa gente dovrebbe morire di fame nel giro di 15 giorni. Se queste persone non muoiono, vuol dire che da qualche parte questi soldi arrivano”. E’ il serpente che si morde la coda. Finché, non si spezzerà questa serpe, le altre cose resteranno invariate; anche il grido del cardinale resta, come grido della Chiesa. E’ suo dovere, infatti, alzare la voce, denunciare ed essere voce della gente che non ha voce. Nel concreto, però, stasera verrà gente qui da me a dire: “Padre, aiutami, io non ho da mangiare”.

    D. – Il cardinale Sepe ha detto: “Noi rimaniamo nella determinazione che il cambiamento è possibile”. Lei stesso, spesso e volentieri, ripete di non perdere la fiducia...

    R. – Sperare non è facoltativo, sperare è un obbligo. La verità, però, è questa: tanta gente muore di fame. C’è gente che porta le bollette da pagare in parrocchia: i servizi sociali non esistono... Attorno alla droga circolano milioni. Non sto giustificando la cosa: attenzione. Ma io capisco quando una persona, a un certo punto, cede, e tutto questo va a rendere fecondo quel terreno maledetto, quel terreno paludoso, nel quale la mala pianta della camorra affonda le sue radici.

    D. – Che cosa si può fare don Maurizio?

    R. – Si debbono mettere insieme lo Stato centrale e lo Stato periferico. Pensare che questa mala pianta, questa maledizione, questa radice perversa si possa sconfiggere a livello locale, è una pia illusione. Si debbono mettere insieme lo Stato centrale e lo Stato periferico, le amministrazioni locali, con le associazioni di volontariato, con la Chiesa, con la scuola, senza guardarsi in cagnesco, senza interessi personali.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 32.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù invita a non fare come gli scribi che ostentano una vuota religiosità. Quindi, vedendo una vedova offrire due monetine per il tesoro del tempio, dice ai discepoli:

    «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Alla vedova di Gerusalemme che dona l’ultimo spicciolo che le restava per vivere, viene associata oggi nella prima lettura la vedova di Sarepta, che dona l’ultimo pane. Due donne povere e senza nome, ma dalla identità forte nella fede: danno tutto, con una fiducia che sfida l’impossibile. La vedova del tempio è figura in diretto contrasto con l’esibizione degli scribi che si pavoneggiano nelle lunghe vesti e arraffano nelle case delle vedove. Defilata e umile nessuna la nota, all’apparenza dà quasi niente, in realtà la vedova si pone tutta nelle mani di Dio. Solo Gesù coglie il valore supremo del gesto furtivo: ha dato tutto, ha dato la sua stessa vita. E diviene silenziosa icona di Colui che di lì a poco darà la sua stessa vita, non simbolicamente ma realmente e cruentemente, per la vita di tutti. Duplice la lezione: attenzione a non cadere nel tranello dell’ostentazione di certe parate sacre che non c’entrano niente con la fede; nonostante l’aria pia sono teatralità vuote. E invece riconoscere che a Dio si avvicina e ci avvicina chi dona con tutto cuore. Lezione stupenda che ci commuove, e sfida diretta per ogni vanità tinta di sacro.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: distrutta con esplosivo la storica chiesa evangelica di Aleppo

    ◊   La storica chiesa evangelica araba di Aleppo, nel quartiere di Jdeideh (nella città vecchia), è stata minata con esplosivo e fatta saltare in aria “da uomini armati, per puro odio settario”: è quanto afferma, in una dichiarazione inviata all’agenzia Fides, il Pastore Ibrahim Nasir, leader spirituale della Chiesa Evangelica araba in Aleppo, riferendo dell’esplosione avvenuta due giorni fa. Il rev. Ibrahim Nasir esprime “amarezza e tristezza di tutti i cittadini siriani” per un atto che rende i cristiani “inconsolabili”. Il messaggio inviato a Fides recita: “Oggi annunciamo la distruzione della Chiesa Evangelica araba, prima Chiesa martire. Oggi la Moschea degli Omayyadi di Aleppo e la Chiesa Evangelica di Aleppo sono riunite in un abbraccio di dolore, come erano abbracciate, fin dal 1848, nel culto di Dio e nel servizio all'uomo. Oggi è il giorno in cui gridiamo a Cristo per dire: mio Dio, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Nella tragedia che vive il popolo siriano, prosegue il leader, “ogni chiesa, ogni moschea è un rifugio per tutti coloro che sono stati costretti a fuggire dalle loro case”. E afferma: “Supereremo il nostro dolore e ricostruiremo il nostro Paese, la nostra chiesa, la nostra moschea e la nostra umanità”. Il testo conclude: “Ci aggrappiamo con fede alle parole del nostro Signore Gesù Cristo: Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo”, ringraziando “tutti coloro che hanno espresso solidarietà” e pregando Dio “di effondere su tutti i siriani lo spirito di amore”. (R.P.)

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    Libano: il patriarca maronita alla ricerca del dialogo con Hezbollah

    ◊   Un incontro importante per il futuro del Libano quello svoltosi ieri a Bkerke tra il patriarca maronita, Beshara al-Rahi, e una delegazione di Hezbollah, guidata da Sayyed Ibrahim Amin al-Sayyed, capo del consiglio politico del Partito di Dio. La motivazione era formale, la presentazione delle felicitazioni per la nomina a cardinale del patriarca, alle quali il neo-porporato ha risposto con un meno formale invito alla cerimonia di Roma del 24 novembre. L'occasione - riporta l'agenzia AsiaNews - è stata però sfruttata per uno scambio di opinioni su temi fondamentali, come la nuova legge elettorale e, soprattutto, per la ricerca di un modo per uscire da una crisi che da troppo tempo colpisce il Paese dei cedri. Il patriarca Rai si sta spendendosi molto, con cautela, su tale fronte. L'incontro con gli sciiti fa infatti seguito a quelli con l'opposizione, la rappresentanza del 14 marzo guidata da Fouad Siniora, e con esponenti politici cristiani, come Michel Aoun. Questo nel tentativo di "aprire una breccia nel muro contro muro" in atto tra le forze politiche. Una linea che di fatto vede il patriarca schierato con il presidente Michel Sleiman. Da parte sua, Sayyed ha definito il colloquio con il patriarca come "un'occasione per discutere questioni che interessano i libanesi" e di un accordo sul "ricorso al dialogo per la soluzione dei contrasti". Lo stesso Sayyed ha però negato che esista la possibilità di dar vita a quel "governo neutrale" ipotizzato dal 14 marzo. Non in contrasto, sul principio, appaiono le posizioni del patriarca e degli sciiti sulla nuova legge elettorale. Il prossimo cardinale Rai vuole che essa sia "veramente rappresentativa di tutte le componenti della società e che preservi la convivenza". Sayyed ha spiegato che il sostegno di Hezbollah a una legge elettorale proporzionale "significa che respingiamo quella del 1960" e che la nuova "deve garantire una reale rappresentatività e preservare la collaborazione tra la popolazione e l'autorità politica". Resta da vedere quali siano gli spazi concreti che queste affermazioni possono aprire. (R.P.)

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    Pakistan: nella “Giornata per Malala” un nuovo programma di alfabetizzazione

    ◊   Il governo pakistano, le Chiese e le minoranze, la società civile, tutta la nazione si stringe attorno a Malala Yusufzai, l’attivista 15enne, vittima un mese fa di un attentato per mano dei talebani, nel celebrare oggi la “Giornata per Malala”. In occasione dell'evento - celebrato in Pakistan, nel Regno unito (dove Malala si trova) e in altre parti del mondo - il governo pakistano ha lanciato un nuovo programma quadriennale di alfabetizzazione che raggiungerà oltre tre milione di bambini di famiglie povere, in aree remote o degradate. “Il Pakistan non permetterà ai radicali di imporre i loro piani. Malala Yusufzai è il volto moderato, moderno, e plurale del Pakistan”, ha detto il Primo ministro pakistano Raja Pervez Ashraf, definendo Malala “voce che ha difeso l’istruzione femminile, diritto garantito nella Costituzione”. Interpellato dall’agenzia Fides, Paul Bhatti, Ministro federale per l’Armonia, ha dichiarato: “Malala lascerà un segno importante nella storia del Pakistan. E’ una bambina che già da quando aveva 9 anni ha alzato la sua voce contro l’ingiustizia e l’estremismo nella società. Oggi tutta la società pakistana ha preso coscienza dell’urgenza di combattere il terrorismo e l’estremismo e di garantire i diritti delle donne. Il governo pensa anche di cambiare la definizione stessa di ‘talebani’ (che significa ‘studenti’), in quanto essi sono solo criminali, non certo studenti. Speriamo che il programma di istruzione femminile appena inaugurato possa avere effetti positivi, anche se c’è da combattere una mentalità radicata nelle famiglie, che non mandano le bambine a scuola”. “La vicenda di Malala e la mobilitazione odierna – conclude Bhatti – mostra alla comunità internazionale che nella società del Pakistan c’è la speranza di costruire e tutelare il pluralismo e il rispetto della dignità umana”. (R.P.)

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    Guatemala: salito a 52 il bilancio dei morti. Avviato il piano d’aiuti

    ◊   È salito a 52 il numero di morti provocati dal terremoto del 7 novembre mentre 22 persone sono ancora considerate disperse, secondo il rapporto della Caritas Guatemala, inviato all’agenzia Fides. I dati ufficiali presentano una situazione terribile: 5.251 sfollati, 150 feriti e 2.263 case gravemente danneggiate. I più colpiti sono in maggioranza persone molto povere. Anche i danni alle infrastrutture della zona sono gravi: 3 ponti distrutti, 10 scuole inagibili e 26 ospedali danneggiati. La Caritas Guatemala ha dato il via alla raccolta di informazioni in dettaglio per potere creare un quadro preciso al fine di offrire un aiuto mirato alle vittime nelle aree colpite: San Marcos, Quetzaltenango e Sololá. L'arcidiocesi di Guatemala ha aperto 2 centri di raccolta di generi alimentari e coperte, mentre è già partito dalla capitale un camion con provviste mediche e acqua potabile. (R.P.)

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    Nigeria: il card. Filoni conclude le celebrazioni per il centenario dell’evangelizzazione di Owerri

    ◊   “Cento anni di evangelizzazione di Owerri significano che questa Chiesa in Nigeria può essere considerata ‘venerabile’, anche se in relazione ad altre Chiese secolari è ritenuta giovane. Venerabile perché avendo ricevuto la Buona Novella, il Vangelo, la gente qui ha creduto immediatamente alla Parola che è stata loro proclamata. Giovane perché è una Chiesa che ha tutte le caratteristiche della gioventù: l'entusiasmo, la bellezza, il dinamismo, la generosità e la lealtà”. Così si è espresso il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, nel suo saluto conclusivo delle celebrazioni per il Centenario della Provincia ecclesiastica di Owerri, in Nigeria, al termine della Santa Messa che ha presieduto questa mattina. Queste celebrazioni ci hanno dato l'occasione “per ringraziare Dio Altissimo per il dono della fede che 100 anni fa è stata annunciata e che è stata accolta con entusiasmo dalla gente – ha detto il cardinale nel suo messaggio finale al termine della Messa -. Una fede che hanno continuato a trasmettere di generazione in generazione. Una fede che non è solo insegnamenti, detti saggi, un codice di moralità o una tradizione. Una fede che è un vero incontro e un rapporto di relazione con Gesù Cristo. Una fede che vi è stata consegnata e che vi viene chiesto non solo di proclamare, ma soprattutto di vivere, come sono sicuro stiate tentando di fare al meglio.” Il prefetto del Dicastero Missionario ha quindi invitato a rivolgersi a Maria, “nostra Madre e Madre della Chiesa”, che è “modello del nostro discepolato nella fede”, perché ci aiuti ad essere evangelizzatori nella nostra famiglia, nella nostra comunità, tra quanti professano un altro credo, e ha concluso: “Come la Santa Madre Maria impegniamoci come comunità cristiana ad evangelizzare ricordando che l'evangelizzazione è un'espressione dell’amore universale. Testimoniare agli altri la nuova vita in Cristo e proclamare il messaggio di speranza di Cristo, è segno di amore”. (R.P.)

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    Denuncia all’Osce: in Europa è in pericolo la libertà di espressione dei cristiani

    ◊   La libertà di espressione dei cristiani è in pericolo in tutta Europa. È quanto risulta da una denuncia presentata oggi dall’Osservatorio dell’Intolleranza e Discriminazione contro i Cristiani (Oidac) alla conferenza internazionale dell’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) in corso a Vienna sul tema della libertà di riunione e di associazione. L’Osservatorio segnala negli ultimi sei anni più di 800 casi in Europa nei quali la libertà dei cristiani di esprimere pubblicamente la loro fede è stata violata. «Molti di questi casi – spiega il sociologo torinese Massimo Introvigne, responsabile in Italia dell’Osservatorio della Libertà Religiosa promosso dal Ministero degli Esteri, i cui dati sono a loro volta utilizzati e citati nella denuncia presentata dall’Oidac – sono relativi a divieti e restrizioni imposti ai cristiani che intendono manifestare pubblicamente la loro contrarietà al matrimonio omosessuale o all’aborto. In particolare, è molto preoccupante che diversi Paesi creino o stiano pensando di creare il cosiddetto “banning mile”, un miglio quadrato intorno alle cliniche o ospedali dove si praticano aborti, o alle sale dove si celebrano matrimoni omosessuali, nel quale è vietata qualunque manifestazione, protesta o distribuzione di volantini critici». «Naturalmente – precisa Introvigne – quando le autorità vietano manifestazioni anti-abortiste o contrarie al matrimonio omosessuale violente ovvero che utilizzano insulti, minacce o toni offensivi contro le persone fanno semplicemente il loro mestiere, e queste restrizioni sono giustificate. Tuttavia sempre più spesso sono vietate anche manifestazioni del tutto pacifiche e pacate. E in questo secondo caso si tratta di violazioni della libertà dei cristiani di esprimersi su materie che per loro sono cruciali e non negoziabili. E c’è anche il rischio di adottare due pesi e due misure – conclude il sociologo –. Perché mai dovrebbe esserci un “banning mile” intorno alle cliniche dove si praticano aborti e non nelle aree intorno alle chiese cristiane, teatro spesso di proteste sguaiate e offensive?». (R.P.)

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    Usa: alla prossima plenaria di Baltimora al voto un documento sull'omiletica

    ◊   Mettere in dialogo la Bibbia con la vita quotidiana delle persone, conoscere la cultura contemporanea, approfondire il rapporto del fedele con Cristo. Sono queste alcune delle caratteristiche fondamentali che dovrebbe avere un’omelia per essere efficace ed incisiva e raggiungere il cuore dei fedeli. E’ quanto spiega il documento “Preaching the Mystery of Faith: the Sunday Homily” (“Predicare il Mistero della Fede nell’omelia domenicale”) che sarà presentato alla prossima sessione autunnale della Conferenza episcopale degli Stati Uniti dal 12 al 15 novembre a Baltimora. La guida omiletica, destinata a sacerdoti e diaconi e seminaristi, è stata messa a punto dalla Commissione per il Clero, la Vita Consacrata e le Vocazioni della Usccb che ne ha anticipato alcuni stralci sul proprio sito. Si tratta del secondo ampio documento dell’episcopato americano dedicato alla predicazione dopo quello pubblicato 30 anni fa e intitolato “Fulfilled in Your Hearing”. L’idea di pubblicare un nuovo documento aggiornato sulla predicazione – ha spiegato all’agenzia Cns il presidente della Commissione episcopale mons. Robert Carlson, arcivescovo di St. Louis - è nata sei anni fa, ma ha avuto nuovo impulso e ispirazione dalla pubblicazione nel 2010 dell’Esortazione apostolica di Benedetto XVI “Verbum Domini”, frutto del Sinodo dei Vescovi del 2008 sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. La nuova guida cita molti esempi tratti dalle Scritture a cominciare dalla predicazione di Gesù, invitando in particolare i celebranti a mettere in relazione l’omelia con il vissuto quotidiano dei fedeli: “L’omelista oggi – si legge - deve essere cosciente del fatto che si rivolge a un’assemblea culturalmente molto più eterogenea rispetto al passato e fortemente condizionata da un contesto sociale secolarizzato”, senza perdere di vista il nesso vitale tra l’omelia e l’atto liturgico dell’Eucaristia. Essa deve toccare la vita dei fedeli e rafforzare il loro legame con Cristo: “Richiamando l’attenzione sulla Sua umanità, povertà, compassione, sincerità, sofferenza e morte, un’omelia dimostrrerebbe ai fedeli quanto sono amati dal Figlio di Dio che si è incarnato nella nostra condizione umana”. In questo senso “il racconto di storie di vita che illustrano l’esperienza umana o le realtà della cultura contemporanea aiuta a rendere viva un’omelia e ad aprire la strada a una migliore comprensione del testo biblico”. Ecco perché i celebranti devono sapere “cosa i loro fedeli guardano in tv, il tipo di musica che ascoltano, da quali siti sono attirati e quali film li appassionano”. Solo così – afferma il documento - potranno suscitare l’interesse di chi li ascolta, in particolare di chi vive ai margini della fede. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Congo: nel Masisi un conflitto interetnico ignorato da tutti

    ◊   “Nella regione di Masisi (Nord Kivu) la popolazione soffre le conseguenze di un conflitto interetnico che è ignorato dalla comunità internazionale, mentre questa continua a focalizzare la sua attenzione solo sull’M23” dicono all’Agenzia Fides fonti della Chiesa locale, che per ragioni di sicurezza chiedono l’anonimato. L’M23 è il principale movimento di guerriglia operante nel Nord Kivu, ma accanto a questo ve ne sono diversi altri. Nel Masisi il conflitto oppone le comunità Hunde e Hutu con il coinvolgimento di diversi gruppi armati che operano nell’area (Nyatura, Raia Mutomboki). “Il 3 novembre, dopo giorni di relativa calma, grazie ad un intervento delle autorità locali volto a sensibilizzare la popolazione alla pacifica convivenza, un nuovo massacro di vittime innocenti ha sconvolto l’area” riferiscono le nostre fonti. “Quattro donne Hunde e due bambini sono stati massacrati a colpi di machete da membri della milizia Hutu, Nyatura. Le donne sono state sorprese dai loro assassini mentre raccoglievano banane. Prima di essere uccise hanno subito violenza sessuale”. Il massacro ha suscitato la protesta della popolazione Hunde. “I corpi delle vittime sono stati portati di fronte alla sede dell’Amministrazione territoriale di Masisi. La tensione era altissima. Gli Hunde chiedevano alle autorità locali di garantire la propria sicurezza mentre diversi giovani promettevano atti di vendetta contro gli Hutu”. Tra le due popolazione, Hutu e Hunde, si è creato un clima di paura reciproca. “Se il conflitto interetnico nel Masisi continuerà ad essere ignorato, altre persone innocenti moriranno nell’indifferenza delle autorità congolesi, delle organizzazione internazionali e dei media” concludono le fonti di Fides. (R.P.)

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    Sudan: appello per porre fine ai bombardamenti sui monti Nuba

    ◊   I residenti di Kauda nei Monti Nuba hanno lanciato un appello alla comunità internazionale perché eserciti pressioni sul governo sudanese al fine di fermare i bombardamenti sui civili. I Monti Nuba fanno parte del Sud Kordofan, stato del Sudan, al confine con il Sud Sudan, dove i ribelli dello Splm-n (Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese, Nord) si battono contro l’esercito di Khartoum. Gli aerei sudanesi bombardano obiettivi civili nelle aree controllate dai ribelli dello Splm-n dallo scoppio della guerra, nel giugno del 2011. Un abitante del posto, parlando con il Sudan Catholic Network ha detto che i bombardamenti aerei casuali hanno lo scopo di terrorizzare la popolazione prendendo di mira scuole, aziende agricole e mercati. Egli ha aggiunto che il governo di Khartoum vuole distruggere il popolo dei Monti Nuba. Un altro abitante ha aggiunto che le bombe hanno ucciso migliaia di vite innocenti, distrutto diverse fattorie e bruciato le colture. (R.P.)

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    Sud Sudan: cresce la preoccupazione per un’epidemia di epatite tra i rifugiati

    ◊   L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha lanciato l’allarme epatite in Sud Sudan. Il virus dell’epatite E, infatti, potrebbe diffondersi nel Paese con l’aumentare del numero di rifugiati. Per le prossime settimane - non appena le strade torneranno percorribili dopo la stagione delle piogge ci si aspetta che migliaia di persone attraversino il confine, fuggendo dall'instabilità e dal peggioramento delle condizioni umanitarie nei due stati di South Kordofan e Blue Nile. L'Acnur e agenzie partner stanno già affrontando un’epidemia di epatite E negli Stati sud-sudanesi di Upper Nile e Unity, due regioni nelle quali la patologia è endemica e in cui vivono 175mila rifugiati sudanesi. Finora nei campi per rifugiati sono stati riscontrati 1.050 casi di epatite E, causata da un virus che si contrae e si diffonde attraverso cibo e acqua contaminati. La malattia danneggia il fegato e può portare alla morte. Sono 26 finora le vittime tra i rifugiati nei campi dell'Upper Nile, 10 delle quali negli ultimi due mesi. In un ambiente densamente popolato come quello di un campo per rifugiati, il rischio di infezione è particolarmente alto e cresce ulteriormente nella stagione delle piogge, a causa degli allagamenti e delle pessime condizioni igienico-sanitarie. Le donne e i bambini più piccoli sono i soggetti più esposti. Per garantire la sopravvivenza dei pazienti, diventa fondamentale una diagnosi precoce: a tale scopo l'Acnur sta collaborando con i Centri Usa per il controllo delle malattie, che hanno inviato nell'area 6 operatori col compito di testare le acque e campioni di sangue, oltre che di effettuare sensibilizzazione porta-a-porta sulle pratiche igieniche da seguire. Migliorare la fornitura di acqua pulita nei campi, rinnovare i servizi igienici e allestire più postazioni per il lavaggio delle mani con sapone sono altre attività in cui l'Agenzia è impegnata. Finora, grazie a queste azioni, è stato possibile rallentare la diffusione della malattia ma raggiungere gli standard umanitari minimi - come ad esempio 15-20 litri di acqua potabile per rifugiato al giorno, un servizio igienico ogni 20 rifugiati - resta un'operazione difficile, anche a causa della scarsità di fondi, contro la quale l’Acnur ha lanciato un appello. (D.M.)

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    Argentina: vescovi respingono accusa di complicità della Chiesa col passato regime militare

    ◊   “Che ci sia stata una sorta di connivenza è totalmente lontano dalla verità dell’operato dei vescovi in quel periodo”. Questa è la risposta dei vescovi argentini alle recenti accuse di complicità di alcuni membri della Chiesa con gli orrori della dittatura. Al termine dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale argentina, i vescovi hanno diffuso la lettera: “La fede in Gesù Cristo ci porta alla verità, alla giustizia e alla pace”, nella quale percorrono i momenti oscuri della dittatura degli anni '70 e si impegnano a promuovere “uno studio più completo dei fatti alla ricerca della verità, nella certezza che questa ci farà liberi”. Nella lettera, i presuli riconoscono che sebbene siano passati ormai tanti anni “continuano a uscire domande su alcuni fatti e sulla responsabilità di persone e istituzioni” che però bisogna valutare nel “contesto socio-politico dell’epoca”. In particolare, i vescovi rifiutano categoricamente le “recenti affermazioni dell’ex presidente golpista J.R.Videla che attribuiscono alle persone allora alla guida dell’episcopato, la complicità nei delitti di Stato”. Anzi, i presuli ricordano “le sofferenze e i richiami della Chiesa per i tanti scomparsi, torturati, uccisi senza processo, per i bambini strappati dalle loro madri, vittime del terrorismo di Stato”. Una verità dolorosa che la Conferenza episcopale argentina si è impegnata a scoprire insieme a investigatori e a tutte le persone interessate alla verità. “Inoltre – si legge ancora nella nota - esortiamo chi conosce la fine dei bambini rapiti o i luoghi delle fosse comuni clandestine a sentirsi moralmente obbligato a rivolgersi alle autorità competenti”. Nella lettera l’episcopato ripropone alcuni testi di vescovi dell’epoca e ricordano la richiesta di perdono fatta dalla Chiesa argentina nel Giubileo dell’Anno 2000, per essere stata “indulgente con certe posizioni totalitarie” e per non essersi impegnata abbastanza nella difesa della democrazia. Riconoscendo che “una giustizia attesa cosi a lungo, non è più giustizia, e quindi si aggiunge dolore e scetticissimo”, i presuli riconfermano la loro richiesta di perdono. Infine, nella lettera i vescovi argentini, in questo Anno della Fede rinnovano l’impegno ad essere servitori dei più bisognosi e chiedono alla Vergine Maria di abbracciare con tenerezza quanti sono in attesa della consolazione della verità, della giustizia e della pace”. (A cura di Alina Tufani)

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    Spagna: i vescovi ribadiscono che la legge in vigore sul matrimonio è ingiusta

    ◊   La Chiesa spagnola manifesta il suo rammarico per la decisione del Tribunale Costituzionale che, dopo il ricorso presentato circa sette anni fa, ha confermato la ridefinizione giuridica del matrimonio che permette l’unione tra persone dello stesso sesso. Una nota della Conferenza episcopale spagnola afferma che indipendentemente dalla sua costituzionalità, l’attuale legislazione sul matrimonio è “gravemente ingiusta perche non riconosce ne protegge la realtà del matrimonio nella sua specificità”. Secondo i vescovi, la legge in vigore stabilisce che “il matrimonio non è più l’unione di un uomo e una donna, ma è diventato legalmente l’unione di due cittadini qualsiasi ai quali è riservata esclusivamente la denominazione di coniugi’ o ‘consorti’. In questo modo, afferma la nota dell’episcopato, la norma stabilisce un’insolita definizione legale del matrimonio con l’esclusione di ogni riferimento alla differenza tra maschio e femmina e di conseguenza, “gli spagnoli non hanno più il diritto di essere riconosciuti per legge come ‘sposo’ e ‘sposa’, ma devono inscriversi nel Registro Civile come ‘coniuge A’ e ‘coniuge B’”. La chiesa spagnola ribadisce “con dolore” che la leggi contenute nel Codice Civile del 2005, non riconoscono né proteggono il matrimonio e la famiglia, e per tanto chiede un’urgente modifica perché siano riconosciuti, in particolare, i diritti di chi nell’atto matrimoniale vorrebbe essere definito come sposo e sposa, nel diritto dei bambini e dei giovani ad avere un padre e una madre, essere accolti in una famiglia stabile ed essere educati come “sposi” del futuro. Nel disapprovare la sentenza del Tribunale Costituzionale, i vescovi rivendicano il diritto della Chiesa di difendere e promuovere il matrimonio nella sua specificità e il suo adeguato trattamento giuridico. Un argomento, che secondo il comitato dell’episcopato, è stato trattato di recente nell’Istruzione pastorale dell’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola dal titolo, “La verità dell’amore umano: Orientamenti sulla verità dell’amore coniugale, l’ideologia di genere e la legislazione familiare”. Il comunicato della Conferenza episcopale spagnola finisce con una preghiera alla Madonna perché protegga le famiglie e interceda per i governanti e per coloro ai quali compete il servizio di gestire con giustizia la vita sociale. (A.T.)

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    Referendum in Irlanda per sancire i diritti dei bambini nella Costituzione

    ◊   Passata la campagna elettorale pro o contro il referendum, superata la crisi della Corte Suprema irlandese che, qualche giorno fà, aveva definito “ingiusta, parziale e non dello stesso peso” la pubblicità a favore del 'si', presentata dal Governo, il voto oggi si sta svolgendo nella piena rogolarità. Gli irlandesi sono chiamati a sancire nella loro Costituzione i diritti dei bambini. Il nuovo articolo afferma che ”in casi eccezionali, quando i genitori, qualunque sia il loro stato civile, non accudiscono doverosamente i figli a tal punto che la loro sicurezza e benessere ne possano soffrire sostanzialmente, lo Stato, quale garante del bene comune, dovrà, con mezzi appropriati previsti dalla legge, sostituirsi ai genitori”. Questo nuovo articolo introduce una dichiarazione esplicita nella Costituzione che riconosce i diritti naturali e inviolabili dei piccoli, affermando che lo Stato ha l’obbligo di assicurare che tali diritti siano protetti e proclamati. Tutti i partiti politici sono favorevoli al 'si' nel voto referendaio odierno. Il fronte del 'no', composto solo da pochi elementi, ha condotto la sua campagna affermando che il referendum mina la natura della famiglia, spostando l’asse di responsabilità dalla famiglia allo Stato e che il concetto di famiglia, quale unione matrimoniale tra l’uomo e la donna e, quindi, come alveo naturale per l’educazione del bambino e per l’espletamento dei suoi diritti inviolabili, si stia perdendo. La Conferenza episcopale irlandese, invitando al voto come esercizio di corresponsabilità per il bene comune, ha affermato: “incoraggiamo fortemente tutti a considerare con attenzione i valori e le implicanze del voto referendario. E’ chiaro che le parole dell’emendamento proposto non vogliono sovvertire l’equilibrio costituzionale esistente tra i diritti dei genitori e dei bambini o quelli tra i genitori e lo Stato”. Il risultato del voto odierno si conoscerà lunedì verso mezzogiorno. (Da Dublino, Enzo Farinella)


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    Regno Unito: ente d'assistenza cattolico costretto a chiudere perché rifiuta adozioni a coppie gay

    ◊   “Catholic Care”, l’ultima agenzia di adozione cattolica rimasta nel Regno Unito ad opporsi alla nuova legislazione britannica che vieta a tutte le agenzie del settore nel Paese di rifiutare l’affidamento di bambini a coppie omosessuali, ha perso definitivamente la sua battaglia legale per continuare la sua attività rimanendo fedele agli insegnamenti della Chiesa. Il tribunale di appello di Leeds, dove ha sede l’agenzia – riporta il quotidiano “CatholIc Herald” - ha infatti respinto nei giorni scorsi il suo ultimo ricorso per vedersi riconosciuto il diritto di non accettare le richieste di adozione da parte coppie dello stesso sesso con l’argomento che queste potrebbero comunque rivolgersi ad altre agenzie per le adozioni. E’ stata così accolta la tesi della Charity Commission, la speciale commissione governativa incaricata di verificare lo status le attività delle organizzazioni caritative operanti nel Regno Unito, secondo la quale, ai sensi della nuova legge sulle pari opportunità e della normativa europea, la posizione dell’agenzia cattolica è discriminatoria nei confronti delle coppie omosessuali “le cui capacità di essere genitori – afferma - sono indiscutibili”. I responsabili di “Catholic Care”, da parte loro, hanno fatto sapere che senza l’autorizzazione richiesta essa si vedrà costretta a chiudere per mancanza di fondi. Si chiude così una battaglia legale durata cinque anni. A perderci, saranno ancora i bambini, cui “Catholic Care”, come ha sottolineato nel corso delle udienze il vescovo di Leeds, mons. Arthur Roche, “ha garantito un servizio eccellente per molti anni”. Dall’introduzione della legge sulle pari opportunità sotto il Governo Blair diverse agenzie cattoliche per le adozioni hanno dovuto optare per la chiusura. Altre hanno deciso di accettare le condizioni poste dalla legge rinunciando alla denominazione ‘cattolica’. (L.Z.)

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    Il cardinale Piacenza: educare l'uomo e il suo "senso religioso"

    ◊   “L’esperienza di duemila anni di tradizione ecclesiale ed un primo bilancio di questi primi cinquant’anni dal Concilio, indicano come il solo autentico modo per interpretare la giusta promozione umana sia quello di aiutare l’uomo a sottrarsi da ogni concezione riduzionista della realtà”. E’ uno dei passi centrali della prolusione - riporta l'agenzia Sir - con cui il cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione del Clero, ha aperto ieri ufficialmente l’anno accademico dello Studium generale Marcianum di Venezia. “Assumere con consapevolezza le sfide della modernità e, conseguentemente, essere Chiesa nel tempo della modernità - ha ammonito il cardinale Piacenza riferendosi al tema della sua prolusione - non può significare, in alcun caso, inseguire le ‘mode’ culturali, morali, o sociali” del momento”, assumendo modelli culturali “estranei all’uomo, e perciò estranei a Cristo e alla Chiesa”. “Non si tratta - ha precisato il cardinale - di ostinarsi nella proposta di modelli culturali passati, che forse danno maggiori sicurezze, ma che sono praticamente indecifrabili per l’uomo contemporaneo, quanto, piuttosto, di avere la capacità di stare realmente di fronte l’uomo, aiutandolo a riscoprire le proprie esigenze fondamentali e costitutive”, attraverso un’opera di “educazione dell’uomo e del suo senso religioso”. (R.P.)

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    Terremoto in Emilia: appello del cardinale Caffarra per la costruzione di chiese provvisorie

    ◊   In Emilia-Romagna, i fedeli di molte delle comunità colpite dal terremoto dello scorso maggio rischiano di restare, tra breve, senza luoghi di culto. E’ l’allarme lanciato dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, al termine dell’inaugurazione della mostra “Architetture della Fede. Chiese d’Italia dalle origini al Rinascimento”, nella Galleria Lercaro. Il cardinale ha voluto far sentire quella che ha definito “una mia grave preoccupazione” e “come un grido di dolore”. Le comunità che “non possono usare i loro edifici di culto” perché non sicuri o distrutti, perderanno a breve, con la stagione fredda, anche “i luoghi allestiti sotto l’urgenza”. La soluzione potrebbe essere rappresentata dalla realizzazione di prefabbricati che – ha specificato il porporato – sarebbero installati a spese delle chiese locali. I nulla osta per questi lavori, tuttavia, “non ci vengono concessi”, ha spiegato l’arcivescovo, che ha rivolto dunque un appello alle autorità competenti. “Aspettare che siano agibili le chiese distrutte o lesionate, significa aspettare mesi o perfino anni”, ha detto il cardinale, e restare senza un luogo dove celebrare “funerali eventuali, matrimoni, battesimi, e soprattutto l’Eucarestia festiva”. “Non ho alcun potere – ha concluso il porporato – se non quello di farmi voce dolente di tante comunità che potrebbero sentire aggiungersi amarezza ad amarezza”. (D.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 315

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.