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Sommario del 09/11/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Interpol: rafforzare la collaborazione nella lotta a terrorismo e criminalità
  • Prossimi impegni del Papa: Concistoro, celebrazioni natalizie e visita a una parrocchia romana
  • Il Papa agli studenti romani ad Assisi: siate testimoni generosi come San Francesco
  • Altre udienze
  • Il Papa nomina mons. Zani segretario della Congregazione per l’Educazione cattolica
  • Nomina
  • Missione in Libano del cardinale Sarah: oggi l'incontro a Beirut con le Caritas della regione
  • Rapporto di Acs sulla libertà religiosa. Mons. Tomasi: prevenire ogni forma di violenza
  • Il card. Koch si congratula con il Rev.do Justin Welby, nuovo primate anglicano
  • Radici cristiane: l’eredità comune tra Santa Sede e Norvegia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: aumenta il flusso dei profughi in Turchia, Assad ribadisce di non voler lasciare il Paese
  • Grecia: dopo le misure di austerity ora l'approvazione del bilancio
  • Sisma in Guatemala: continuano le operazioni di soccorso
  • Mons. Santoro in visita all'Ilva: serve intesa fra azienda, governo e magistratura
  • Corea del Sud. Dal 1998, la "Casa di Anna" accoglie circa 500 senza fissa dimora al giorno
  • Attesi migliaia di giovani europei a Roma per l'incontro promosso a fine anno dalla Comunità di Taizè
  • Alla Gregoriana, convegno su Teilhard de Chardin. Il card. Poupard: è stato un precursore
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Profughi siriani: in Giordania sono 250 mila. Tra i bambini è “emergenza psicologica”
  • Siria: gli sforzi della Chiesa per liberare i cristiani sequestrati e per assistere gli sfollati
  • Nigeria. Il cardinale Filoni ai seminaristi: siate "araldi della nuova evangelizzazione"
  • Iraq: i vescovi chiedono un dialogo "coraggioso e sincero" per il Paese
  • Francia: la Chiesa respinge l'accusa di omofobia per il suo "no" alle unioni gay
  • Documento dei vescovi italiani sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia
  • Usa: i vescovi chiedono di "rafforzare e proteggere il matrimonio tra uomo e donna"
  • Nigeria: 100 mila persone colpite dalle inondazioni
  • Niger: per le inondazioni è emergenza umanitaria a Diffa
  • Congo: sui religiosi rapiti nel Nord Kivu "nessuna notizia ma siamo fiduciosi"
  • Congo: i missionari puntano su elezioni libere e trasparenti
  • Bolivia: l'integrazione scolastica necessaria alla formazione umana
  • Colombia: il vescovo di Buenaventura chiede aiuto contro la violenza
  • "No" della Chiesa della Colombia ad un farmaco abortivo nel Piano di salute pubblica
  • Brasile: al via a Rio de Janeiro il simposio della Fondazione Ratzinger
  • Emirati Arabi: per l'omicidio del medico cristiano indiano si esclude la motivazione religiosa
  • Conclusa ad Acireale l'Assemblea dei religiosi
  • Università Lateranense: all'inaugurazione dell'Anno accademico il cardinale Ravasi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Interpol: rafforzare la collaborazione nella lotta a terrorismo e criminalità

    ◊   La “società giusta esige anche l’ordine” per una “pacifica e serena convivenza civile”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nell’udienza all’assemblea generale dell’Interpol, che ha riunito a Roma i rappresentanti degli organismi di polizia di 190 Stati membri, tra cui dal 2008 figura anche il Vaticano. Il Papa ha condannato fermamente quei fenomeni come il terrorismo e la criminalità organizzata che, ha detto, rappresentano “un’offesa all’intera umanità”. All’evento, oltre ai vertici dell’Interpol, ha preso parte anche il ministro italiano degli Interni, Anna Maria Cancellieri. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    E’ “doveroso” reprimere il crimine “nell’ambito di regole morali e giuridiche”, perché “l’azione contro la criminalità va sempre condotta nel rispetto dei diritti dell’uomo”. E’ uno dei passaggi chiave del discorso di Benedetto XVI all’assemblea dell’Interpol, definita “presidio di sicurezza internazionale”. Nel suo intervento, il Papa ha auspicato una maggiore collaborazione internazionale per affrontare il crimine. Quindi, si è soffermato sulle diverse forme che la violenza assume nella nostra epoca, dopo le grandi speranze suscitate dalla fine della Guerra Fredda:

    “Les formes le plus graves des activités…”
    “Le forme più gravi delle attività criminali – ha detto – possono essere individuate nel terrorismo e nella criminalità organizzata”. Il terrorismo, ha denunciato, “è una delle forme più brutali della violenza, semina odio, morte, desiderio di vendetta”. E ha osservato: “Questo fenomeno, da strategia sovversiva tipica di alcune organizzazioni estremistiche” si è “trasformato in una rete oscura di complicità politiche, utilizzando anche sofisticati mezzi tecnici, ingenti risorse finanziarie ed elaborando progetti su vasta scala”:

    “De son coté, la criminalité organisée…”
    “Dal canto suo – ha proseguito – la criminalità organizzata prolifera nei luoghi della vita quotidiana e spesso agisce e colpisce al buio al di fuori di ogni regola”. Il Papa ha condannato in particolare la “tratta della persone”, “forma moderna di schiavitù”, come pure “il traffico di farmaci utilizzati in gran parte dai poveri che uccidono invece di curare”. Un commercio che diventa ancora più esecrabile quando riguarda gli organi umani di vittime innocenti. Questi delitti, ha avvertito, “infrangono le barriere morali” della civiltà e “ripropongono una forma di barbarie che nega l’uomo e la sua dignità”. E ha ribadito che la violenza è sempre “inaccettabile, perché ferisce profondamente la dignità umana e costituisce un’offesa all’intera umanità”. Il contrasto del crimine, ha però avvertito il Papa, deve sempre avvenire nel rispetto dei diritti umani:

    “En efecto, la lucha contra la violencia…”
    “Infatti – ha sottolineato – la lotta alla violenza deve mirare certamente ad arginare il crimine e a difendere la società, ma anche al ravvedimento e alla correzione del criminale”, che “non va escluso dalla società, ma recuperato”. Al tempo stesso, ha proseguito Benedetto XVI, “la collaborazione internazionale contro la criminalità non può esaurirsi soltanto in operazioni di polizia”. E’ essenziale, infatti, che alla pur necessaria “opera repressiva” si accompagni l’attenzione ai fattori di “esclusione sociale e di indigenza”, che “possono alimentare la violenza” e “favorire le condizioni affinché essa non nasca e non si sviluppi”:

    “La respuesta a la violencia…”
    “La risposta alla violenza e al crimine – ha ribadito il Papa – non può essere delegata alle sole forze dell’ordine, ma richiede la partecipazioni di tutti i soggetti che possono incidere su questo fenomeno”. Sconfiggere la violenza, è stata la sua esortazione, è allora “un impegno che deve coinvolgere non solo le istituzioni e gli organismi preposti, ma la società nel suo complesso”, comprese le realtà religiose. “Ciascuno – ha concluso il Papa – ha la sua specifica parte di responsabilità per un futuro di giustizia e di pace”. Al momento dei saluti, il Papa ha espresso la sua gratitudine all’Interpol per la collaborazione che offre alla Gendarmeria vaticana, soprattutto in occasione dei viaggi apostolici internazionali.

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    Prossimi impegni del Papa: Concistoro, celebrazioni natalizie e visita a una parrocchia romana

    ◊   Dal prossimo Concistoro del 24 novembre, alla conclusione della Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani del 25 gennaio 2013. Sono numerosi gli impegni che attendono Benedetto XVI, in particolare nel mese di dicembre dominato dalle tradizionali cerimonie natalizie. Il calendario papale è stato reso noto oggi dal Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Tra quindici giorni, il 24 novembre, il Collegio cardinalizio si arricchirà di sei nuovi membri, come annunciato in persona da Benedetto XVI al termine dell’udienza generale del 24 ottobre scorso. E il giorno dopo, 25 novembre, alle 9.30 in San Pietro, i nuovi porporati celebreranno la Messa assieme al Papa. Saranno questi i primi impegni di rilievo del Pontefice a fine mese, preludio di un dicembre tradizionalmente intenso. Già sabato primo dicembre, vigilia della prima Domenica di Avvento, Benedetto XVI incontrerà nella Basilica Vaticana, alle 17.30, gli universitari romani per celebrare con loro i Vespri. L’8 dicembre, alle 16, sarà invece in Piazza di Spagna a rendere il consueto omaggio alla statua dell’Immacolata nel giorno della solennità mariana. Quindi, prima di immergersi nell’atmosfera della Natività, per il Papa ci sarà l’occasione di un incontro con la gente della parrocchia romana di San Patrizio al Colle Prenestino, dove presiederà la Messa alle 9.30.

    Si arriva così alla Messa della Santa Notte di Natale, il 24 dicembre. Benedetto XVI la presiederà a partire dalle 22, mentre il giorno dopo, alle 12, impartirà la Benedizione Urbi et Orbi dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro. Che quattro giorno dopo – alle 18 di sabato 29 novembre – tornerà a riempirsi di migliaia di ragazze e ragazzi, i partecipanti all’annuale Incontro Europeo dei giovani organizzato dalla Comunità di Taizé: con loro, il Papa presiederà un momento di preghiera. Le ore tra la fine del 2012 e l’inizio del nuovo anno vedranno come da tradizione il Papa impegnato la sera del 31 dicembre, alle 17 in San Pietro, nella celebrazione del Te Deum, quindi alle 9.30 del primo gennaio con la Messa, sempre nella Basilica Vaticana, nella solennità di Maria SS. Madre di Dio e 46.a Giornata mondiale della pace. Sabato 6 gennaio, festa dell’Epifania, Benedetto XVI presiederà la Messa in San Pietro con inizio alle 9.30. Quindi, la domenica successiva – questa volta sotto le volte cinquecentenarie della Cappella Sistina – il Papa impartirà il Battesimo ad alcuni bambini. Ultimo impegno di fine gennaio, a carattere ecumenico, i Vespri solenni nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, alle 17.30, giorno conclusivo della Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani.


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    Il Papa agli studenti romani ad Assisi: siate testimoni generosi come San Francesco

    ◊   Il luminoso esempio di San Francesco susciti in voi “perduranti propositi di fedeltà a Cristo e di generoso impegno nella testimonianza della perenne novità del messaggio cristiano”. E’ l’esortazione che il Papa rivolge agli oltre 4 mila universitari romani in pellegrinaggio ad Assisi. Nel suo messaggio al vescovo Lorenzo Leuzzi, delegato per l’Ufficio della Pastorale universitaria di Roma, il Papa assicura le sue preghiere ai giovani universitari augurando loro “un fruttuoso anno accademico”. Il pellegrinaggio ha come tema un versetto del Vangelo di Luca: “Il padre lo vide da lontano” e si svolge nei luoghi di San Francesco, definito dal Papa nel suo messaggio “testimone privilegiato di Gesù e del suo Vangelo”.

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    Altre udienze

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il Sig.r Mirko V. Jelić, nuovo ambasciatore di Serbia, per la presentazione delle Lettere credenziali, nonchè l’arcivescovo Alain Paul Lebeaupin, nunzio apostolico presso l’Unione Europea.

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    Il Papa nomina mons. Zani segretario della Congregazione per l’Educazione cattolica

    ◊   Benedetto XVI ha nominato, oggi, segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica mons. Angelo Vincenzo Zani, finora sotto-segretario della medesima Congregazione. Il Papa ha elevato mons. Zani, in pari tempo, alla sede titolare di Volturno, con dignità di arcivescovo.

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    Nomina

    ◊   Negli Usa, Benedetto XVI ha nominato Vescovo Ausiliare di Boston Mons. Robert P. Deeley, del clero della medesima arcidiocesi, Vicario Generale, assegnandogli la sede titolare vescovile di Kearney.

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    Missione in Libano del cardinale Sarah: oggi l'incontro a Beirut con le Caritas della regione

    ◊   La visita del cardinale Robert Sarah “sta procedendo davvero bene. Al programma intenso si aggiungono incontri inattesi e sorprendenti, come quello avvenuto mercoledì scorso tra il cardinale e il patriarca ortodosso di Antiochia, Ignatius IV Hazim”: così mons. Simon Faddoul, direttore di Caritas Libano, offre all'agenzia Fides un'immagine sintetica della prima giornata trascorsa in terra libanese dal presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, inviato dal Papa nel Paese mediorientale con il compito di manifestare la vicinanza della Santa Sede e della Chiesa universale alle popolazioni duramente provate dal conflitto siriano. Sempre mercoledì, il porporato è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica libanese, il cattolico maronita Michel Suleiman. Poi ha incontrato il Sinodo dei vescovi maroniti - prendendo parte al loro incontro mensile – e ha fatto visita al patriarca armeno cattolico Nerses Bedros XIX Tarmouni. A questi incontri si è aggiunto quello “a sorpresa” con l'anziano Patriarca ortodosso, nato 91 anni fa in un villaggio siriano vicino ad Hama. Racconta a Fides padre Faddoul: “Il Patriarca Ignatius normalmente risiede a Damasco. Ho saputo che in questi giorni si trovava in Libano, per un check up sanitario. Ho avvertito il nunzio apostolico, l’arcivescovo Gabriele Caccia, e il cardinale Sarah, che ha voluto visitare il Patriarca ortodosso in ospedale. E' stato un incontro intenso tra due uomini di Chiesa. Il patriarca ha ringraziato di cuore il cardinale, e attraverso di lui anche il Papa, per questa iniziativa, chiedendo una vicinanza e una collaborazione più stretta tra le nostre Chiese, specialmente in questi tempi difficili”. Ieri il cardinale Sarah si è spostato a Baalbek, nella valle della Bekaa, nell'area libanese nord-orientale dove si concentrano buona parte dei profughi fuggiti dalla Siria. Padre Simon Faddoul, presidente di Caritas Libano e organizzatore della visita del prelato, racconta all'agenzia Asianews la straordinaria accoglienza ricevuta dal cardinale Sarah: "Al suo arrivo in uno dei campi della valle della Bekaa, egli è stato acclamato come un padre. Una folla di persone commossa si è raccolta intorno alla nostra delegazione. La quasi totalità erano musulmani, che hanno ringraziato il Vaticano, il Papa e tutta la Chiesa per il loro lavoro disinteressato. Una madre con un figlio di quattro mesi ha chiesto esplicitamente al cardinale di adottare il bambino per salvarlo da questa situazione terribile". Il sacerdote aggiunge che centinaia di persone, bambini, donne, anziani hanno lanciato un appello al Papa chiedendo di fare tutto quello che è in suo potere per influenzare le alte sfere politiche e far cessare la guerra fra esercito siriano e ribelli. Il sacerdote spiega che la situazione nei campi profughi con centinaia di migliaia di rifugiati è terribile. Il governo non ha ancora regolarizzato gli spazi e la gente costruisce la sua tenda o la sua baracca con quello che trova in giro. "La situazione - continua - è terribile: fogne a cielo aperto, acqua non potabile, cumuli di spazzatura. Nessuno ha accesso a luce e acqua; solo la Caritas ha installato dove possibile dei pannelli a energia solare". "A tutt'oggi - aggiunge padre Faddoul - la Caritas è l'unica organizzazione attiva in tutti i campi profughi della valle della Bekaa, che in questi mesi ha raccolto la maggior parte dei siriani. Speriamo di avere i fondi per continuare il nostro lavoro". Oggi, nell'edificio della Caritas di Beirut, il presidente di Cor Unum inviato dal Papa coordinerà l'incontro con i rappresentanti di circa venti agenzie caritative cattoliche operanti in Libano, Siria, Giordania, Turchia e Irak. La riunione no-stop, che si protrarrà per l'intera giornata, consentirà di coordinare l’impegno umanitario della Chiesa cattolica nella regione, valutando anche i progetti da finanziare con la donazione di un milione di dollari che Benedetto XVI - attraverso il cardinale suo inviato – ha voluto destinare al soccorso delle popolazioni siriane sofferenti. (R.P.)

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    Rapporto di Acs sulla libertà religiosa. Mons. Tomasi: prevenire ogni forma di violenza

    ◊   E’ stato presentato oggi al palazzo delle Nazioni Unite di Ginevra il "Rapporto 2012 sulla libertà religiosa nel mondo" realizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre. Alla presentazione è seguito un dibattito, con l’intervento, tra gli altri, di mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra. Davide Maggiore lo ha intervistato:

    R. – La libertà di religione sta diventando significativa nel dibattito contemporaneo. Si incomincia a vedere l’importanza di questo diritto. C’è un impegno rinnovato da parte delle strutture internazionali per continuare ad approfondire il tema della libertà religiosa, tanto che – nella prossima sessione di marzo del Consiglio dei diritti umani – si tornerà di nuovo su questo argomento in maniera formale. L’evoluzione in corso della cultura forza un po’ a porsi la domanda sul perché vi sia ancora tanta intolleranza in molti Paesi. Si spera che la riflessione contribuisca a portare soluzioni pratiche che prevengano forme di violenza contro le minoranze religiose in genere, tenendo conto che l’evidenza oggi mostra che il gruppo in cui i diritti umani in campo religioso sono maggiormente violati è il gruppo cristiano.

    D. – Lei ha accennato a passi formali che verranno intrapresi nelle future sessioni delle Nazioni Unite...

    R. – Un’idea, una proposta concreta che circola è quella di avere – nel contesto delle Nazioni Unite – una piccola unità organizzativa che faccia un monitoraggio delle situazioni di emergenza dove è in ballo la libertà religiosa e che quindi, prima che scoppi la violenza contro persone o gruppi a causa della loro fede, la comunità internazionale possa giocare un ruolo di mediazione e di sostegno che garantisca la convivenza.

    D. – Circolano già delle idee su come potrebbe essere organizzata questa unità a cui lei ha appena fatto cenno?

    R. – Siamo ancora in una fase di esplorazione e di proposta. Potrebbe essere un’unità all’interno dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, oppure in qualche altra struttura legata al sistema dell’Onu. Si spera che dopo questi dibattiti – dopo varie risoluzioni che negli ultimi anni sono state passate sulla libertà religiosa e sulla prevenzione dell’intolleranza religiosa al Consiglio dei diritti umani e all’Assemblea generale – si possa magari fare un passo più specifico di utilità pratica. Siamo in una fase di gestazione, direi, di questa idea: speriamo che possa andare avanti e maturare.

    D. – Al dibattito e alla presentazione del Rapporto, sono stati presenti anche esponenti di Paesi musulmani. Qual è stato il loro contributo alla discussione?

    R. – C’è stato uno scambio di idee molto sereno e molto chiaro, soprattutto nello sforzo di capire bene, esattamente, le posizioni, senza equivoci e senza fraintendimenti. In particolare, l’Egitto ha fatto accenno a un recente documento dell’Università al-Azhar del Cairo, in cui per la prima volta viene difeso il diritto di libertà e di pratica religiosa non solo per le religioni abramitiche monoteiste, ma per tutte le forme di credenza. E questo mi pare un segno de fatto che, portando avanti con pazienza un dialogo interreligioso, si possa arrivare a convergenze concrete che prevengano confronti violenti e mancanza di comprensione reciproca.

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    Il card. Koch si congratula con il Rev.do Justin Welby, nuovo primate anglicano

    ◊   La Chiesa d’Inghilterra e l’intera Comunione anglicana hanno un nuovo Primate. Si tratta dell’attuale vescovo di Durham, nel nord d’Inghilterra, reverendo Justin Welby, 56 anni, che diverrà il 105° arcivescovo di Canterbury, succedendo a Rowan Williams, che ricopriva la carica dal 2003. Le prime congratulazioni al reverendo Welby sono giunte proprio da quest’ultimo. La nomina è stata accolta favorevolmente anche dal cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Il porporato ha detto che parteciperà l’anno prossimo in Inghilterra alla cerimonia di intronizzazione e che, al più presto, lo inviterà in Vaticano per un incontro con Benedetto XVI. Per conoscere meglio la figura di Justin Welby, Philippa Hitchen ha intervistato il direttore del Centre for Catholic Studies, prof. Paul Murray, dell’Università di Durham:

    R. – R. – A number of people asked me the question: “Who’s Justin Welby?”…
    Molti mi hanno chiesto: “Chi è, Welby? Non ne abbiamo sentito parlare molto, non sappiamo neanche da dove venga…”. Ci sono state persone che mi hanno fatto questa domanda circa un anno, un anno e mezzo fa, qui a Durham. Posso dire che, se l’esperienza di Durham avrà modo di tradursi a Canterbury, subito dopo il conferimento dell’incarico i dubbi si trasformeranno in certezze e si coglierà l’unicità della persona che è stata loro donata.

    D. – In che modo ha accolto la nomina?

    R. – Well, my reaction – I guess- is twofold. One is admiration that it made …
    La mia reazione è duplice. Da un lato, l’ammirazione per aver fatto una scelta così intelligente, creativa e coraggiosa, non affatto di ripiego. So che qualcuno aveva predetto il suo nome… Ma c’è anche un inevitabile senso di perdita per la diocesi di Durham e più in generale per le chiese e le persone qui, nel Nordest. Infatti, anche se solo per un breve periodo, il vescovo Justin Welby ha lasciato una traccia profonda ed è stato palesemente un grande operatore di cambiamenti. E ora potrà fare cose molto buone per la Chiesa nazionale d’Inghilterra, ma anche più semplicemente per le persone di questo Paese.

    D. – Come lei dice, il vescovo Welby è stato considerato un personaggio importante a Durham. Che tipo di leader è stato in questo anno?

    R. – I would characterize him…
    Io lo caratterizzerei: è contraddistinto da una combinazione poco comune. È molto intelligente, ha una grande prontezza di spirito, ha una mente strategica con una grandissima esperienza nel trattare problemi organizzativi complessi, tensioni, sfide e le possibilità che le stesse offrono che gli vengono dalla sua attività passata, nel ramo dell’industria petroliera. E’ ovvio che egli trasferisca l’acume organizzativo con grande precisione nel contesto ecclesiale. E’ sicuramente un elemento di cambiamento, una persona con una fede cristiana profondamente impegnata, che gli viene da una tradizione fondata sul Vangelo, pur con un profondo e sincero impegno ecumenico. Per quanto ne so, il suo direttore spirituale è un benedettino cattolico, che è anche il suo confidente; ha da lungo tempo rapporti con un movimento cattolico per la dottrina sociale di lingua francese… E’, quindi, una figura un po’ inusuale, ma con un alto profilo pastorale, coinvolgente, impegnato a cercare la via per la quale il Vangelo e la pratica nella Chiesa possano diventare distintivi, affascinanti ed arricchenti per il nostro Paese e possano dare un contributo concreto: non basandosi solamente sulle strutture e sui luoghi della Storia, ma con la forza e la tensione creativi che il Vangelo e il messaggio cristiani hanno ancora da proporre.

    D. – Lei ha parlato della dimensione ecumenica che forse, per il vescovo Welby, non rappresenta una priorità per la Chiesa d’Inghilterra, oggi. Ma le sue speranze su questo fronte quali sono? Il suo Centro è ovviamente molto impegnato nell’attività ecumenica…

    R. – I think that one of the interesting…
    Credo che uno degli aspetti interessanti – e il vescovo Justin l’ha colto molto presto, nel suo ministero a Durham, e vi si è dedicato molto – è che tutti si chiedono quali siano i doni particolari di ciascuna tradizione e come le diverse tradizioni possono imparare e ricevere l’una dall’altra, in modo che tutti possiamo più liberamente, pienamente, con maggiore grazia, rendere la nostra specifica testimonianza davanti a un altare comune. Questo, credo, sarà il contributo che egli porterà al dibattito ecumenico. Lui ama vedere le cose trasformarsi in azione: non rimanere semplicemente sul tavolo della discussione o chiuse nei libri, ma osservare quali siano poi le implicazioni pratiche. Ora, ciascuna delle Chiese si trova di fronte a sfide comuni: il numero dei ministri che scende, il numero di laici impegnati in diminuzione, risorse ridotte… Come si può trasformare tutto ciò nella domanda di senso, in questo contesto? Noi siamo comunque sempre chiamati a predicare e a vivere il Vangelo, però ci chiediamo quali possano essere le forme particolari della nostra testimonianza, quale testimonianza siamo chiamati a rendere in questo nostro contesto.

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    Radici cristiane: l’eredità comune tra Santa Sede e Norvegia

    ◊   Ai confini della cristianità: alla ricerca dell’eredità comune fra Norvegia e Santa Sede. È il tema della giornata di studio organizzata oggi a Roma dal Pontificio Consiglio della Cultura e dall’Istituto di Norvegia. Archeologia, architettura, mistica nordica e pellegrinaggi sono solo alcuni dei campi messi a fuoco dagli esperti del Medioevo per illustrare i collegamenti tra la terra di sant’Olaf e la Sede di Pietro. Tra i relatori, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio segreto Vaticano, e l’ambasciatore di Norvegia presso la Santa Sede, Rolf Trolle Andersen. Marco Guerra ne ha seguito i lavori intervistando mons. Pasquale Iacobone, del Pontificio Consiglio della Cultura, intervenuto sul tema “L’Europa dei pellegrini”:

    R. – C’è un filo comune molto antico che cerchiamo di rispolverare e valorizzare in questa giornata di studio. Un filo che lega la storia cristiana di Norvegia - che ha in Sant’Olaf il punto culminante - con la Sede di Pietro, con la Chiesa cattolica. Questo legame ha creato tutta una serie di contatti, non ultimi i tanti pellegrinaggi che si svolgevano fra il mondo del nord Europa e Roma e poi anche Gerusalemme e Compostela. Credo che un riallacciare rapporti comuni oggi a livello culturale, artistico, più che religioso, possa essere una premessa a un ritrovare rapporti più intensi anche sul piano religioso, per quanto riguarda il dialogo fra le Chiese.

    D. – Quindi, ripartire dalle basi culturali comuni per poter riannunciare Cristo in società così secolarizzate…

    R. – Credo sia importante ripensare le radici cristiane non solo della Norvegia, ma di tutta l’Europa per ritrovare quella piattaforma comune, quella base indispensabile di dialogo da cui ripartire per un annuncio che va modulato sui linguaggi di oggi, sui tempi di oggi, sulle caratteristiche della società attuale della Norvegia, ma che non può venir meno, che deve ritrovare il coraggio di quegli evangelizzatori dell’antichità cristiana che hanno toccato anche le terre più a nord del nostro continente. Ultimamente, il cardinale Ravasi è stato a Stoccolma, nell’Accademia che conferisce i Nobel: è stato il primo cardinale a proporre un messaggio cristiano, evangelico, in quella sede. Credo ci sia molta attenzione, molta curiosità anche da parte della società norvegese e della Scandinavia, a riallacciare un dialogo che ritrovi spessore, che ritrovi profondità anche sui temi religiosi.

    D. – Il messaggio ecumenico può essere una delle basi per riscoprire le radici comuni in un’Europa che sta cercando una direzione in un momento di crisi?

    R. – Credo assolutamente di sì. L’Europa politica che si cerca di rifondare non può andare avanti, diceva Giovanni Paolo II, non può avere un’anima se non ritrova quello spirito profondo che era stata l’anima cristiana, quell’anima diffusa capillarmente sotto l’impulso di Gregorio Magno, per esempio dai benedettini e poi attraverso la riforma carolingia. Oggi, dobbiamo ritrovare quello spirito missionario che va modulato come spirito di dialogo, di collaborazione, di confronto, senza venir meno alla grandezza della tradizione e al peso della tradizione.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per rispondere alle sfide planetarie della violenza: il Papa all'assemblea generale dell'Interpol.

    Il coraggio di un pensiero alternativo: in prima pagina, Lucetta Scaraffia su Chiesa cattolica e battaglie culturali.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la situazione umanitaria in Siria, che peggiora di giorno in giorno.

    Le credenziali del nuovo ambasciatore di Serbia.

    In cultura, un articolo di Eric de Moulins-Beaufort, vescovo ausiliare di Parigi, dal titolo "Un avvocato al Vaticano II": come Pierre Teilhard de Chardin trovò un appassionato difensore e lo sforzo di Henri de Lubac per far conoscere il pensiero autentico dell'amico.

    Nei mille rivoli della tradizione: Il direttore della Sistina Massimo Palombella sulla Missa "L'anno Santo" di monsignor Georg Ratzinger, che verrà eseguita - alla presenza del Papa - domenica nella Cappella Sistina.

    Omero e Aristotele inediti cercansi (anche fatti in casa): Manlio Simonetti su antichi falsi letterari in ambito classico, giudaico e cristiano.

    Quelle strane girovaghe dello spirito: Alessandra Bartolomei Romagnoli su donne nordiche pellegrine nel medioevo.

    Educazione e comunicazione: laurea honoris causa dalla Lateranense al cardinale Gianfranco Ravasi.

    Nell'informazione religiosa, la nomina di Justin Welby ad arcivescovo di Canterbury.

    Il più grande servizio della Chiesa al mondo: il cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, su Vaticano II ed epoca moderna.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: aumenta il flusso dei profughi in Turchia, Assad ribadisce di non voler lasciare il Paese

    ◊   In Siria, la situazione sul terreno precipita con il passare delle ore con scontri e nuove vittime, una decina solo questa mattina. In Turchia sono arrivati in sole 24 ore quasi 8mila siriani, portando a più di 112 mila il totale di profughi giunti nel Paese. Tra di loro anche 71 militari siriani disertori, fra cui 2 generali e altri 24 ufficiali. Intanto, il presidente Assad - ad una tv russa - ha ribadito che non lascerà la Siria e che solo le urne potranno decidere il suo destino. Ma a chi è rivolto questo messaggio? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Luigi Goglia, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici all’università Roma Tre:

    R. - Gli interlocutori più importanti sono le forze che gli sono avverse nel Paese, ma soprattutto la scena internazionale, molto probabilmente il riconfermato presidente Obama. Il punto è su che cosa si basa tutto questo. Io credo che lui abbia ancora posizioni di forza dentro il Paese. Inoltre c’è la solidale alleanza con la Russia e con l’Iran e questi sono altri due punti di forza.

    D. - Sul terreno la situazione continua ad essere drammatica. Aumenta anche il flusso dei profughi e l’opposizione sembra assolutamente lontana dal compattarsi. È difficile intravedere una soluzione in questo contesto?

    R. - Io credo che sia difficile. Credo anche che la questione siriana sarà ancora lunga in questi termini, sarà un fenomeno che noi ci porteremo dietro ancora per molto tempo. La popolazione siriana ne soffrirà molto. Ma che le opposizioni non trovino un fronte comune è abbastanza evidente. Ci sono forze siriane che sono, secondo me, le più attendibili e sono la vera opposizione e poi ci sono gli interessi dell’Arabia Saudita, gli interessi dei conservatori radicali integralisti islamici... La Siria, malgrado tutto, è un Paese musulmano che ha una tradizione abbastanza laica e questi interessi si possono conciliare poco con altre posizioni più schiettamente politiche e democratiche dei siriani. Quelli che vengono da fuori non aiutano. Sul piano militare possono forse aiutare ma non sul piano di una compattezza, di un’unità delle forze anti-Assad... questa è la mia impressione.

    D. - Tra l’altro Assad ha detto che le violenze potrebbero cessare se terminasse il sostegno internazionale ai ribelli, ma con chi ce l’aveva, secondo lei?

    R. – Secondo me, lui ce l’aveva con tutti, però in particolare con il sostegno forte in soldi, armi, uomini, che viene dall’Arabia Saudita e dagli Emirati.

    D. – Allora, come uscire da questa situazione senza un intervento esterno?

    R. – Io parlerei forse di più di un non intervento esterno: se non intervenisse più massicciamente l’Iran, gli Hezbollah, gli aiuti che ha dalla Russia e forse anche dalla Cina ... questo sarebbe un grande aiuto alla pacificazione nazionale siriana.

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    Grecia: dopo le misure di austerity ora l'approvazione del bilancio

    ◊   La Grecia ancora al centro dell’attenzione internazionale. Dopo la contestata approvazione delle severe misure di austerity, richieste dalla Troika, formata da Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale, domenica l’esigua maggioranza parlamentare, che sostiene il governo Samaras, è chiamata ad approvare il bilancio dello Stato. Che cosa potrebbe accadere in caso, invece, di bocciatura? Giancarlo La Vella lo ha chiesto all’economista Riccardo Moro:

    R. – Se saltasse l’approvazione del bilancio, certamente bisognerebbe ricostruire un percorso di riforme da mettere in atto, perché in realtà già diversi interventi sono stato realizzati. Non sono gli interventi che molti ritengono i migliori, perché sono improntati a un’austerità probabilmente eccessiva. Se c’è la crisi e noi mettiamo per strada intere fasce di lavoratori non si capisce come possa nascere una maggiore domanda di beni e che inneschi l’esigenza di nuove richieste per le imprese e che, inoltre, permetta di conseguenza di riattivare l’occupazione. D’altra parte, se manteniamo nello Stato posti di lavoro completamente inefficienti, continuiamo ad usare denaro pubblico che potrebbe, invece, essere usato in modo più produttivo. Allora, bisogna dire che non si è ancora trovato il punto di equilibrio tra un alleggerimento dello Stato e, dall’altro, l’utilizzo di risorse per politiche espansive. Le riforme che sono state proposte in Grecia sono figlie di una logica di estremo rigore, che è stata in qualche modo proposta dal governo tedesco, che non per nulla suscita le proteste popolari.

    D. - Di fatto ci troviamo di fronte a un’intera popolazione, quella ellenica, nettamente in difficoltà, con un potere d’acquisto ridotto ai minimi termini…

    R. – Certo, non possiamo pensare che i greci, che fino al giorno prima hanno avuto stipendi di un certo livello e hanno potuto avere un tenore di vita soddisfacente, poi da un giorno all’altro possano vivere normalmente con un 30% per cento di riduzione degli introiti, che vuol dire anche un 30% di riduzione degli occupati, cioè tanta gente che viene messa in mezzo alla strada. Sono condizioni che a livello sociale sono molto difficilmente sostenibili. Tutti avremmo auspicato un percorso un po’ più graduale.

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    Sisma in Guatemala: continuano le operazioni di soccorso

    ◊   In Guatemala finora le vittime accertate sono 52, alcune decine i dispersi, 20 mila gli sfollati, ingenti i danni materiali a case e infrastrutture. Mobilitata la macchina degli aiuti. Il servizio di Francesca Ambrogetti:

    La situazione è sotto controllo e abbiamo sospeso l’allarme rosso ma la ricostruzione sarà lunga e difficile. Lo ha detto, dopo la sua seconda visita alla zona del nord del Paese colpita dal terremoto di mercoledi, il presidente del Guatemala Otto Perez Molina. Oltre 50 le vittime, numerosi i dispersi, 200 i feriti e migliaia gli evacuati. Ingenti i danni provocati dal sisma, il piu grave degli ultimi 35 anni. Alle operazioni di soccorso, proseguite ieri fino a tarda notte partecipano 2500 militari. Il messaggio di cordoglio del Papa Benedetto XVI è stato letto in tutte le chiese e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon ha fatto sapere che le Nazioni Unite sono pronte a fornire la necessaria assistenza umanitaria. Immediata l’offerta di aiuti da parte dei Paesi più vicini, in particolare il Messico, ma anche la Spagna e altre nazioni latinoamericane si sono fatte avanti per offrire la propria collaborazione nell’emergenza. Il Guatemala è uno dei Paesi piu poveri dell’America Centrale. L’economia basata sull’agricoltura e il turismo e fragile, la corruzione endemica e i trafficanti di stupefacenti stanno prendendo sempre piu spazio. Da molti definito un narcostato, il Guatemala con i vicini El Salvador e Honduras è la zona attraverso la quale circola quotidianamente la droga destinata agli Stati Uniti. Con un enorme giro d’affari e una dilagante violenza.

    Vicinanza è stata espressa ieri dalla Caritas italiana a quella Guatemalteca. Francesca Sabatinelli ha raggiunto telefonicamente il presidente di quest’ultima, mons. Rosolino Bianchetti:

    R. - Ci sono molte case distrutte. Bisogna pensare che qui le abitazioni della povera gente sono molto fragili e con molti danni.

    D. – Mons. Bianchetti, esattamente di cosa c’è bisogno adesso? Come sta intervenendo la Caritas?

    R. - Grazie a Dio, e alle Caritas diocesane, già da alcuni mesi abbiamo stabilito una bella rete, proprio perché sappiamo che le emergenze qui sono frequenti. Ora stiamo cercando di stabilire i contatti per rispondere il più possibile a quello che ci chiedono le Caritas locali, soprattutto quella di San Marcos. Cosa chiedono? In questo momento si sta ancora studiando un piano di interventi. Intanto noi, qui in Guatemala, abbiamo lanciato una campagna per stimolare la solidarietà delle chiese locali e anche della popolazione in generale.

    D. - Sappiamo che il Guatemala è un Paese estremamente povero. Chiederete anche aiuti esterni?

    R. - Io credo che l’aiuto dall’esterno sarà necessario. Per ora riusciamo a rispondere alle emergenze del momento. E dove non arriva il governo, la Chiesa è sempre come il buon samaritano: cerca di esserci. Però la parte più difficile arriverà dopo, soprattutto per le persone più povere, e noi come Chiesa vogliamo essere la loro voce.

    D. - Il Papa ha lanciato un appello per la solidarietà con il Guatemala. Una richiesta importante per voi…

    R. - Esattamente. Siamo molto grati al Santo Padre perché conosciamo la sua sensibilità e sappiamo che conosce molto bene il Paese. Siamo molto riconoscenti, sappiamo che la Chiesa universale ci è molto vicina, e questo ci da molta forza e ci consola molto.

    D. - Il governo del Guatemala è già intervenuto?

    R. - Si sono mossi. Speriamo si continui, perché all’inizio tutti si muovono e sembra che tutto sia in ordine, poi però si fa un po’ fatica. Quindi noi, come Caritas, dobbiamo essere molto attenti perché la gente molte volte è lasciata da sola.

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    Mons. Santoro in visita all'Ilva: serve intesa fra azienda, governo e magistratura

    ◊   Il ministero dell'Ambiente potrebbe presentare un ricorso contro la procura di Taranto in caso di mancata applicazione dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per l'Ilva. Lo ha detto il ministro Clini, precisando che, se non viene applicata, ''a mio giudizio si opera contro la legge e siccome la legge va rispettata ci muoveremo di conseguenza''. Per Clini, la situazione è complicata "perché l'iniziativa della procura rischia di essere in parte conflittuale con l'Aia''. Intanto, l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, stamani si è recato all’Ilva per visitare gli operai del movimento ferroviario che proseguono la loro protesta dopo la morte, il 30 ottobre, dell’operaio Claudio Marsella che ha perso la vita nel reparto movimentazione ferroviaria dello stabilimento. Debora Donnini ha raggiunto telefonicamente il presule:

    R. – Sono stato con loro per visitarli, per stare vicino a loro, prima di tutto per onorare la memoria dell’operaio Claudio, il giovane di 29 anni che è morto svolgendo il suo servizio. e poi, per dare un segno di vicinanza a loro che sentono e sentivano molto la perdita di un loro compagno. E anche per dimostrare solidarietà con questi giovani, con questi operai, con le loro famiglie, per invitarli a non perdere l’animo, il coraggio. La presenza del vescovo è la presenza della Chiesa che è solidale con il dramma umano e tutti coloro che hanno bisogno. Nella nostra città, questo è un punto che richiede un’attenzione speciale. Perciò, è importante la presenza del vescovo, affinché porti il conforto della presenza del Signore.

    D. – La situazione dell’Ilva in questo momento è ancora molto difficile. Lei cosa pensa di quello che sta succedendo?

    R. – Secondo me, qui ci vuole proprio un’intesa chiara tra i tre attori di questo dramma, che è innanzitutto l’impresa che si deve impegnare a fare tutte le prescrizioni indicate dall’Aia: a farle in una maniera precisa e profonda, con grande responsabilità. Si dovrebbe dare il segnale di voler accogliere l’Aia in forma integrale. Inoltre, lo Stato deve favorire l’effettiva realizzazione dell’Aia, indicando il commissario, indicando chi la pone in atto. Questo ancora non è accaduto e spero che accada quanto prima. D’altro lato, la magistratura deve fare il suo corso e secondo me in questo momento deve contribuire sia con la fermezza, sia anche con una capacità di dialogo sulla possibilità che l’impresa vada avanti. Perché il rischio di chiusura renderebbe immediatamente disoccupati 12 mila operai e 20 mila con l’indotto. Nell’insieme io dico: la speranza è legata all’accordo tra questi tre attori.

    D. – Lei è andato in fabbrica: il clima è molto teso, c’è molta preoccupazione tra gli operai?

    R. – Molta preoccupazione, sì, nel senso che questi operai hanno detto: noi domani facciamo una manifestazione, abbiamo invitato le autorità locali, chi è venuto a visitarci è stata la Chiesa, e noi siamo molto grati per la presenza del vescovo tra noi, per la sua solidarietà. Loro sentono e io confermo: la cosa peggiore è che siano lasciati da soli e che il dramma dei lavoratori sia solo il dramma dei lavoratori, che il dramma degli ammalati per le intossicazioni sia solo il dramma degli ammalati, che ognuno cioè sia lasciato da solo nel suo dolore e nella sua difficoltà. Invece, quello che ho voluto far presente è la vicinanza a tutti e il raccordo sia tra quelli che soffrono sia tra quelli che devono decidere il futuro dell’impresa. Abbiamo detto un’Ave Maria per Claudio, per gli operai e per la situazione. Ho sottolineato l’importanza di aver fiducia e di non demoralizzarsi in questa situazione.

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    Corea del Sud. Dal 1998, la "Casa di Anna" accoglie circa 500 senza fissa dimora al giorno

    ◊   A Song-nam, fuori Seoul, in Corea del Sud, dal 1998 la Casa di Anna accoglie circa 500 senza fissa dimora al giorno. A fondarla, padre Vincenzo Bordo, missionario degli Oblati di Maria Immacolata, originario di Piansano, un piccolo comune del viterberse. Al suo fianco lavorano circa 600 volontari senza distinzione di credo religioso. La struttura si chiama così per ricordare la mamma, Anna, di un ristoratore locale che lo aiutò ad avviare l’impresa. Il nostro inviato nel Paese asiatico, Davide Dionisi, ha intervistato padre Bordo:

    R.E’ innanzitutto un centro Caritas. Al primo piano ci occupiamo dei bisogni primari della gente: il mangiare, la doccia, il barbiere e la distribuzione dei vestiti. Poi, per quelli che desiderano fare un passo in più, al secondo piano, abbiamo una clinica. Lunedì, invece, viene l’avvocato per chi ha problemi legali. Il giovedì offriamo consulenze per chi cerca lavoro. E poi, con me, il sabato, un’attività di “counseling” per la fede. Quindi, una serie di programmi. Al terzo piano abbiamo un piccolo dormitorio, che usiamo per quelli che vogliono lavorare. Abbiamo una piccola fabbrica che fa sacchi della spesa. A quelli che vogliono lavorare diamo lavoro, un posto per dormire e di che mangiare.

    D. - Quanti sono i poveri che si presentano ogni giorno in questa struttura?

    R. - Ogni giorno vengono mediamente 500 persone per la cena.

    D. - Che cosa rappresenta, non solo per i cattolici, ma anche per gli atei o chi professa altre fedi, una struttura come questa?

    R. – Rappresenta, credo, una risposta stupenda al problema della nuova evangelizzazione, una risposta stupenda a quello che cercano i giovani oggi. Questa è una struttura cattolica, c’è scritto fuori. Qui vengono a fare volontariato pastori protestanti, monaci buddisti, agnostici… L’amore verso i poveri, come ci ha insegnato il Vangelo, quando è incarnato, comunica la presenza del Signore, la presenza di Gesù e dice tanto a tanta gente.

    D. - C'è una storia particolare da raccontare?

    R. - Ricordo una volta, ero agli inizi, e mi avevano detto: “Guarda, in quella parte della città c’è un anziano che vive da solo”. Mi hanno dato l’indirizzo e sono andato a visitarlo. Viveva in un seminterrato, buio, umido. Era un vecchietto paralizzato, non aveva nessuno, mangiava quando i vicini si ricordavano di portargli qualcosa, altrimenti non mangiava. Pur essendo abituato a queste realtà, aveva scosso anche me. Sono stato lì, gli ho parlato, e alla fine l’ho abbracciato e in quel momento ho sentito che Gesù vivo e risorto mi diceva: “Sono io”. La presenza di Gesù nei poveri. Sono questi i segni che ti fanno ricominciare il giorno dopo, lottare nei momenti di difficoltà e impegnarti di più, perché Gesù ama, Gesù è morto per salvare questa gente. Dio ama queste persone, sono i suoi figli, e non le possiamo abbandonare. Quindi, vedi in queste persone la presenza del Signore. Questa è la spiritualità della Casa di Anna, che insegna a tutti i nostri volontari, cattolici e non cattolici, che Cristo è risorto ed è presente in mezzo a noi. La sua presenza gloriosa noi la incontriamo nella Chiesa, nella Parola di Dio, nei Sacramenti. Questa è la presenza gloriosa di Cristo risorto in mezzo a noi. Ma Cristo risorto porta ancora delle piaghe nelle sue mani, nel suo costato, sui suoi piedi. Dove sono le piaghe di Cristo risorto in mezzo a noi? Dove c’è una persona che soffre, che piange, che è abbandonata, che è messa da parte: è una piaga di Cristo risorto. E quindi l’educazione che facciamo qua, in questo centro, è dire che noi non siamo qui a curare dei poveri disgraziati, perché noi siamo bravi: noi siamo qui perché siamo chiamati a curare le piaghe di Cristo risorto. Questa è un po’ la spiritualità che muove il centro e i volontari che vi lavorano.

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    Attesi migliaia di giovani europei a Roma per l'incontro promosso a fine anno dalla Comunità di Taizè

    ◊   Dopo 25 anni farà di nuovo tappa a Roma il “Pellegrinaggio di fiducia sulla terra” che, dal 28 dicembre al 2 gennaio prossimi, vedrà nella capitale migliaia di giovani provenienti da tutta Europa. Ad organizzarlo è la Comunità di Taizè in collaborazione con il vicariato di Roma e la pastorale giovanile. Intensa la fase di preparazione dell’evento che intende coinvolgere parrocchie e famiglie anche per l’accoglienza dei giovani stessi. Sul suo significato, Adriana Masotti ha intervistato frère Marek di Taizè:

    R. – La nostra comunità organizza incontri europei già da più di 30 anni. Questo incontro a Roma sarà il 35.mo incontro europeo e sarà una tappa del Pellegrinaggio di fiducia sulla terra, che Frère Roger ha cominciato per invitare i giovani ad approfondire la fede, per cercare come conciliare la fede con le sfide della vita di oggi. I giovani arriveranno a Roma per pregare insieme, per condividere le loro esperienze di fede, di vita e poi anche per conoscere e scoprire la Chiesa di Roma. Qui potranno scoprire la continuità della fede. Troveranno le tracce della vita dell’impegno dei primi cristiani ma poi, nelle parrocchie dove saranno accolti per questi sei giorni, incontreranno le persone che oggi ancora si impegnano per annunciare Cristo, per vivere il Vangelo.

    D. – Questa edizione avrà un tema di riflessione e di preghiera particolari?

    R. – Noi inviteremo i giovani ad andare alle sorgenti della fede per diventare più solidali verso la famiglia umana. Approfondire la fede non vuol dire fuggire dalle sfide e dai problemi del mondo di oggi, ma vuol dire impegnarsi ancora di più per creare la fiducia nell’umanità. Questo è l’invito per i giovani: quello di cercare le nuove vie della solidarietà.

    D. – Una ricerca che avverrà anche attraverso l’incontro con esperienze già in corso…

    R. - Per aiutare i giovani a scoprire i segni della speranza e trovare queste nuove vie della solidarietà, i giovani saranno accolti nelle parrocchie romane. Già da settembre un gruppo di noi sta preparando questo evento e stiamo visitando le parrocchie di Roma per invitare i giovani, soprattutto, ma anche le famiglie a partecipare con noi alla preparazione. Cercheremo insieme di trovare questi segni di speranza, trovare le persone che sono impegnate nelle parrocchie, che fanno qualcosa di bello, di ispirazione per gli altri, per amore del Vangelo e di Cristo. Poi cercheremo l’ospitalità per questi giovani che vengono qui da tutta l’Europa.

    D. – Avete preso contatti con le parrocchie non soltanto per la condivisione di esperienze, ma anche proprio per l’alloggio, per l’accoglienza concreta nei giorni dell’ incontro…

    R. - Sì, cerchiamo soprattutto le famiglie che sarebbero disposte ad accogliere uno, due, tre giovani ma anche le famiglie religiose, le comunità religiose. Oltre ad offrire accoglienza, alle parrocchie che lo vorranno, chiediamo anche di preparare un programma per i giovani al mattino. Infatti i giovani vengono qui per condividere l’esperienza della vita della Chiesa locale e allora ogni giorno, la mattina, passeranno qualche ora con le parrocchie per pregare insieme, per incontrare le persone impegnate, per conoscere come vive la Chiesa di Roma oggi.

    D. - Torniamo alle famiglie. In che cosa consiste questa accoglienza che voi sollecitate?

    R. - L’accoglienza che noi chiediamo è molto semplice perché i giovani vengono come pellegrini, non cercano comodità, basta uno spazio dove poter sistemare un materassino, la colazione la mattina… Ci sarà un giorno in cui le famiglie potranno godere un po’ di più la presenza dei giovani e sarà il primo gennaio quando i giovani si fermeranno nelle famiglie per il pranzo. Ma ciò che più conta è il cuore aperto, un po’ di bontà verso questi giovani che oggi hanno tanto bisogno del supporto delle persone adulte.

    D. - Dopo tanti anni la comunità di Taizé, voi, avete sempre lo stesso entusiasmo nell’organizzare questi incontri? Siete aiutati nel vedere anche i frutti di tutto questo impegno di tanti anni?

    R. - Penso che il vedere i frutti forse non è la cosa più essenziale in quello che facciamo. Noi ci diciamo sempre: il Vangelo ci chiede di seminare e seminare con gioia e con entusiasmo. Per avere questo entusiasmo e questa gioia di seminare dobbiamo sempre tornare alla sorgente. Quindi tutta la preparazione deve essere accompagnata dalla preghiera, dall’incontrare il Cristo che ci rinnova, che può rinnovarci anche se siamo stanchi, se incontriamo ogni tanto ostacoli. La preghiera vissuta come incontro quotidiano ci permette di continuare. Questa preghiera sarà anche al centro dell’incontro europeo di Roma e pregheremo nelle grandi basiliche nei giorni dell’incontro. Sette basiliche accoglieranno i giovani due volte al giorno. Certo saremo anche a San Pietro e il Santo Padre ci accoglierà il 29 dicembre alle ore 18 all’inizio dell’incontro e così, con la sua benedizione, la sua meditazione, potremo poi continuare.

    D. – E i giovani rispondono al vostro invito?

    R. - I giovani di tutta Europa rispondono a questo invito e l’invito a Roma per loro è importante in modo speciale. Verranno in tanti! Anche i giovani delle parrocchie romane rispondono alla nostra domanda di aiutarci ad accogliere i loro coetanei. Allora speriamo che per i giovani di Roma e anche per i giovani che verranno da tutta l’Europa, il pellegrinaggio sarà una vera avventura della fede in questo Anno della fede!

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    Alla Gregoriana, convegno su Teilhard de Chardin. Il card. Poupard: è stato un precursore

    ◊   “Sfide antropologiche di oggi. Una lettura di Pierre Teilhard de Chardin per una evangelizzazione rinnovata a 50 anni dal Concilio Vaticano II”. Questo il tema del convegno europeo apertosi oggi alla Pontificia Università Gregoriana. Il pensiero di padre Teilhard – si legge nel messaggio del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio Consiglio della Cultura – “ci invita a considerare la terra senza staccare lo sguardo dal cielo”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Padre Teilhard de Chardin – antropologo, filosofo e paleontologo gesuita francese, morto nel 1955 - è un testimone, una sentinella sulle frontiere tra scienza e fede che anche oggi, a 50 anni dal Concilio Vaticano II, propone attraverso una ricca eredità di opere e scritti, una visione illuminata sulle sfide antropologiche attuali, le stesse al centro del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione tenutosi in Vaticano dal 7 al 28 ottobre scorsi. Padre François-Xavier Dumortier, rettore della Pontificia Università Gregoriana:

    “Pere Teilhard de Chardin fait parti de ces hommes que …
    Padre Teilhard de Chardin fa parte di quegli uomini le cui parole forano i muri del silenzio e che cercano sulle frontiere dove si trovano, come far comprendere all’uomo di oggi l’assoluta singolarità del messaggio cristiano”.

    Il Concilio Vaticano II, apertosi 7 anni dopo la morte di padre Teilhard, ha ricevuto l’influenza indiretta del suo pensiero, divenuto un paradigma che sostiene il cammino della nuova evangelizzazione. Padre Teilhard è un precursore: con sguardo profetico esorta a portare l’annuncio del Vangelo attraverso vie e linguaggi nuovi. Scorge un mondo in trasformazione, già profondamente segnato dai processi della globalizzazione. Il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Cultura:

    “Un mondo nuovo che emerge attraverso la scienza, la tecnica e la difficoltà della Chiesa di partecipare al suo messaggio. Tutta l’opera di Teilhard De Chardin è animata proprio da questa ansia apostolica: riportare tutto a Cristo, un Cristo che sia capace di captare - se così si può dire - tutte queste energie nuove del mondo”.

    Il pensiero di padre Teilhard, autore di numerose opere tra cui “Fenomeno umano”, “L’avvenire dell’uomo” e “L’ambiente divino”, contribuisce anche oggi a leggere e ad interpretare la modernità ed il complesso rapporto tra scienza e fede.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Profughi siriani: in Giordania sono 250 mila. Tra i bambini è “emergenza psicologica”

    ◊   Il numero di profughi siriani che hanno trovato rifugio in Giordania ha raggiunto la soglia dei 250mila. E se il conflitto tra lealisti del governo Assad e ribelli non trova soluzione, potrebbero diventare mezzo milione entro aprile 2013. I dati e le proiezioni forniti all'agenzia Fides da Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania, descrivono da soli la catastrofe umanitaria che rischia di essere innescata come effetto collaterale dalle atrocità della guerra civile siriana. L'ultimo report appena redatto da Caritas Giordania conferma che ogni giorno varcano il confine col Regno hashemita almeno 4/500 siriani in fuga. La media mensile degli arrivi negli ultimi tempi ha raggiunto le 12/15mila unità. Il 75% delle persone accolte nei campi e nei centri di assistenza è rappresentato da donne e bambini. Nel campo profughi più grande, quello di Zaatari, la situazione è esplosiva. Lì, in un'area desertica, quasi 40mila profughi vivono in condizioni al di sotto della dignità umana. Suleiman spiega a Fides: “Abbiamo detto ai funzionari dell'Onu che quel campo andrebbe chiuso. I profughi, una volta entrati, non possono più uscire. Adesso è iniziato l'allestimento di un altro campo a 22 chilometri da Zarqa, che dovrebbe entrare in funzione ai primi di dicembre, dotato di quelle infrastrutture di base che a Zaatari non esistono”. In queste ore il cardinale Robert Sarah – presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, inviato del Papa – incontra a Beirut i rappresentanti di circa venti agenzie cattoliche operanti in Medio Oriente per coordinare l’impegno umanitario della Chiesa cattolica nella regione. In Giordania, i 120 addetti e i 1000 volontari della Caritas forniscono assistenza diretta a più di 52mila rifugiati siriani, con una attenzione particolare ai più deboli e ai bambini. “Con il sostegno della Caritas polacca - spiega Suleiman – stiamo lavorando a un progetto per affrontare l'emergenza psicologica di tanti fanciulli che rischiano di rimanere segnati per tutta la vita dalle cose terribili che hanno visto”. L'impegno di Caritas Giordania sul fronte del dramma siriano è iniziato già nel novembre 2011. Suleiman si rallegra dell'iniziativa del Papa che ha inviato in Libano il cardinale Sarah per manifestare la vicinanza della Santa Sede alle popolazioni colpite dal conflitto siriano. "Le persone stanno perdendo la speranza - dice infatti a Fides Wael Suleiman - e aspettano qualcuno che le aiuti. E la Chiesa su questo piano può fare molto. Me ne sono accorto quando ho accompagnato il vescovo Maroun Lahham in una sua visita al campo di Zaatari. Lì, dove ci sono solo musulmani, tutti si avvicinavano al vescovo per chiedergli di aiutarli e soprattutto di pregare per loro”. (R.P.)

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    Siria: gli sforzi della Chiesa per liberare i cristiani sequestrati e per assistere gli sfollati

    ◊   C’è uno sforzo in atto della Chiesa per cercare di liberare dieci cristiani rapiti nei giorni scorsi da un gruppo armato, mentre erano a bordo di un autobus diretto da Aleppo a Beirut. Si tratta di sette armeni, come riferito dall'agenzia Fides, ai quali si aggiunge un’altra famiglia cristiana: Bechara Rabbat, sua moglie Mary Rose Saghirv e il loro figlio Giorgio. Come riferisce a Fides mons. Youssef Anis Abi-Aad, arcivescovo Maronita di Aleppo, i dieci sono stati rapiti nella zona di Sarakeb da uomini armati non identificati: “Siamo molto preoccupati. Non sappiamo chi li ha presi. Stiamo cercando di identificare i rapitori e di stabilire un contatto con loro. Il giovane padre gesuita Murad Abi Seif e molte famiglie stanno lavorando per cercare di risolvere il caso”. “I rapiti sono persone innocenti e fuori da ogni logica di conflitto ma – nota l’arcivescovo – fra i ribelli vi sono numerose fazioni e gruppi, il che complica le cose”. L’emergenza-sequestri è solo un aspetto dell’opera di mons. Anis Abi-Aad. La piaga dei sequestri nel conflitto siriano ha fatto attualmente almeno 1.753 vittime, quasi tutti civili. In una situazione sempre più drammatica, l’arcivescovo spende la maggior parte del suo tempo incontrando i rifugiati, confortando gli afflitti, provvedendo ai bisognosi. Da “Buon Pastore”, visita i centri per rifugiati e senzatetto, visita gli ospedali per “alleviare le sofferenze del popolo siriano, mostrando solidarietà a tutti, senza eccezioni: questa è la missione della Chiesa”. “Non facciamo distinzione tra cristiani e musulmani siriani – spiega in un messaggio inviato a Fides – ma il coordinamento di tutte le Chiese, di diverse confessioni, è molto impegnato per gli aiuti”. Le famiglie più ricche e benestanti di Aleppo, riferisce, si sono spostate in Libano o verso la costa, ma “più della metà della popolazione è ancora in città e si rifiuta di lasciare le proprie case, nonostante i combattimenti: per questo aumenta il numero delle vittime”. Come cristiani maroniti, aggiunge, “stiamo provvedendo a 450 persone, di diverse religioni e comunità, ospitate in due scuole della nostra comunità”. Scuole e moschee accolgono gli sfollati e offrono assistenza mentre “i padri gesuiti, con il contributo delle suore francescane, preparano oltre 6.000 pasti al giorno, che vengono distribuiti alle famiglie sfollate, accampate in diversi luoghi”. Il vescovo - nota la forte - sostiene che esiste una forte solidarietà fra i civili, “che piangono e soffrono”, e sottolinea che “in Siria non c’è un problema di settarismo”. “La nostra speranza e il nostro più grande desiderio – conclude – non può che essere la pace: per questo preghiamo intensamente”. In mano ai sequestratori anche Austin Tice, reporter americano rapito in Siria il 13 agosto scorso e collaboratore del “Washington Post”. Il giornalista americano, 31 anni, viene da una famiglia cattolica che oggi è giunta a Beirut: i suoi genitori, Marc e Deborah Tice, ferventi cattolici, lanciano un Sos e annunciano a Fides che nei prossimi giorni diffonderanno un appello ai rapitori per la liberazione di Austin. In un video diffuso su Youtube il giornalista appare prelevato con la forza da militanti islamici al grido di “Allah è grande”. (R.P.)

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    Nigeria. Il cardinale Filoni ai seminaristi: siate "araldi della nuova evangelizzazione"

    ◊   Nella cappella del seminario di Owerri dedicato a Maria “Sedes Sapientiae” (Seat of Wisdom), che è “il cuore di tutte quelle diocesi e congregazioni che inviano qui i loro seminaristi per essere preparati per il sacerdozio”, il Prefetto del Dicastero Missionario, il cardinale Fernando Filoni, ha presieduto questa mattina la Concelebrazione Eucaristica, nella festa della Dedicazione della Basilica di San Giovanni in Laterano. Nell’omelia il porpotato ha ricordato anzitutto quanto Benedetto XVI afferma nel Motu proprio “Porta Fidei”, “è il dono dello Spirito Santo che ci rende adatti per la missione e rafforza la nostra testimonianza”, quindi ha esortato formatori, professori e seminaristi, a cercare di essere “il più aperti possibile alla guida dello Spirito Santo” per essere in grado di rispondere adeguatamente alle attese dell’umanità. “La vocazione di diventare o essere un prete – ha detto il cardinale - non è una scelta che ognuno di noi ha fatto, ma si tratta di una chiamata del Signore stesso che abbiamo accettato e a cui abbiamo risposto con il nostro ‘sì’… il lavoro del seminario è quello di aiutare a fare esperienza dell'azione dello Spirito Santo e a capire le cose dello Spirito di Dio. È necessario entrare in un rapporto intimo con lo Spirito Santo, affinché le intenzioni del Signore su di voi diventino chiare”. Proseguendo nella sua omelia, il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha sottolineato che “il seminario deve essere una scuola di sapienza e santità” e che gli anni della formazione devono preparare gli “araldi della Nuova Evangelizzazione”, che attraverso nuovi metodi e rinnovato entusiasmo, presentino il messaggio evangelico “non come una storia o un'idea o una ideologia, ma come un evento, una persona, cioè Gesù Cristo, morto e risuscitato il terzo giorno”. La formazione in seminario si basa su quattro pilastri: umana, accademica, spirituale e pastorale. “Ognuna è importante” ha sottolineato il cardinale Filoni, che si è soffermato in particolare sulla formazione umana e sull’importanza della maturazione, “per diventare per gli altri un ponte per l’incontro con Cristo”. “Se la gente ci ascolta – ha proseguito il porporato - non sarà perché indossiamo un collarino o perché pensiamo di essere persone importanti, ma ci ascolteranno solo perché siamo testimoni di colui che professiamo come nostro Signore e Maestro, Gesù Cristo. A tal fine, la comunità del seminario deve essere un luogo in cui la fede, nella sua pienezza e autenticità è professata, celebrata, vissuta e pregata. La fede cresce quando è vissuta”. Prima di esortare i seminaristi a seguire il Signore Gesù senza riserve, e di affidarli alla materna protezione della Vergine Sedes Sapientiae, il cardinale ha tenuto a sottolineare che “essere cristiano è un dono” e “essere chiamati a seguire il Signore è un privilegio”, quindi “non bisogna avere paura di offrire la propria vita alla sua Chiesa”. (R.P.)

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    Iraq: i vescovi chiedono un dialogo "coraggioso e sincero" per il Paese

    ◊   I vescovi cattolici dell'Iraq si sono riuniti dal 6 al 7 novembre nella loro annuale Assemblea a Ankawa, nella regione del Kurdistan. Lo riferisce l’agenzia Fides, citando il comunicato conclusivo dell’Assemblea. I prelati hanno discusso varie tematiche pastorali legate alle proprie Chiese, l'applicazione dell'Esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente”, i temi del Sinodo per la Nuova evangelizzazione e dell'Anno della fede lanciato da Benedetto XVI lo scorso 11 ottobre. L'Assemblea episcopale ha invitato “tutti i partiti politici a sedersi insieme, liberi da interessi personali e confessionali, per iniziare un dialogo coraggioso e sincero, rispettando i diritti di tutte le componenti della società e il pluralismo. L’auspicio dei vescovi è che “la religione rimanga distante dai conflitti politici”. “I bombardamenti, le uccisioni e le distruzioni compiute in nome della fede – prosegue il comunicato - offendono Dio e deformano il credo religioso”. L'Assemblea episcopale ha notato con tristezza che l’emigrazione dei cristiani continua, invitando tutti i fedeli “ad essere attaccati alla propria terra d'origine e a partecipare alla sua costruzione, prendendo esempio dai loro padri”. L'Esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente”, hanno poi ricordato i presuli, invita i figli di Abramo a non “essere strumentalizzati in conflitti reiterati e ingiustificabili per un autentico credente”. I vescovi sperano dunque “che la convivenza continui con migliori condizioni di giustizia e rispetto della dignità umana”, limitando così l’emigrazione e incoraggiando i migranti a tornare. I prelati si sono inoltre detti “preoccupati per le condizioni delle nostre sorelle e fratelli siriani”, e auspicano “che le riforme chieste dalla popolazione vengano attuate in modo pacifico, attraverso dialoghi e negoziati costruttivi e non con la violenza e la distruzione”. “Preghiamo – conclude il comunicato - per il rapido ritorno alla stabilità” della Siria. “Anche per quanto riguarda l’Iraq il documento invita i fedeli a rinvigorire la fede e la speranza e di pregare per il ritorno alla pace e alla stabilità del Paese in modo che tutti possano godere della libertà, dignità e gioia”. (D.M.)

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    Francia: la Chiesa respinge l'accusa di omofobia per il suo "no" alle unioni gay

    ◊   Nel suo discorso ieri mattina a Lourdes in chiusura dell’assemblea plenaria dei vescovi francesi, il presidente card. André Vingt-Trois ha respinto l’“accusa di omofobia” alla Chiesa per le posizioni prese nei confronti delle unioni e delle adozioni gay. Un discorso molto atteso, dopo l’approvazione mercoledì scorso in Consiglio dei ministri della proposta di legge che legalizza l’unione delle coppie omosessuali, aprendo loro anche la via alle adozioni. Una proposta di legge contro la quale si era schierato l’arcivescovo di Parigi esprimendo “interrogativi circa la pertinenza e l’urgenza del progetto”. Oggi - riferisce l'agenzia Sir - a conclusione della plenaria, il cardinale ha sottolineato come “la posizione molto ferma” adottata dalla Chiesa cattolica di Francia in merito “alla trasformazione legale del matrimonio, ha suscitato molto scalpore”. “Naturalmente - ha aggiunto -, l‘accusa di omofobia è la più comune. Ma esporre la falsità che comporta un matrimonio tra persone dello stesso sesso non impedisce, tuttavia, di comprendere la necessità di riconoscimento delle persone omosessuali, bisogno che il suddetto matrimonio non soddisferebbe comunque. Ci rammarichiamo - ha quindi proseguito - che la scelta del governo abbia polarizzato le attenzioni su un argomento che rimane secondario, se si tiene conto delle preoccupazioni prioritarie che affliggono molti dei nostri cittadini a causa delle conseguenze della crisi finanziaria ed economica”. (R.P.)

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    Documento dei vescovi italiani sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia

    ◊   “Educare all’amore e accompagnare nel percorso del fidanzamento sembrano, oggi, imprese particolarmente difficili, per alcuni, addirittura, improponibili, ritenendo che i mutamenti culturali e sociali siano tali da mettere radicalmente in discussione l’esistenza stessa dell’istituto del matrimonio”: con queste parole mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma e presidente della Commissione episcopale per la famiglia e la vita, introduce il documento Cei, reso pubblico oggi col titolo “Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia”. Il vescovo nota che, nell’attuale contesto, sembra “perdere valore la condizione del fidanzamento a favore di ormai diffuse forme di convivenza, prematrimoniali o permanenti o almeno 'finché ci vogliamo bene’. Anche il percorso di educazione all’amore pare seguire questa deriva, a tutto vantaggio della pretesa di una neutra informazione che assicuri un esercizio della sessualità privo di rischi per sé e per gli altri”. Il documento dei vescovi - riporta l'agenzia Sir - è motivato dalla considerazione che “la comunità cristiana conosce bene queste posizioni e le scelte che ne derivano, ma riconosce ancor più e ribadisce il valore e la fiducia nella persona umana come essere educabile all’amore totale, unico, fedele e fecondo, come è l’amore degli sposi, attraverso un percorso progressivo e coinvolgente”. “Credendo alla possibilità di educare e crescere nell’amore”, il documento si propone di offrire “linee rinnovate per i percorsi verso il matrimonio”. Tra le convinzioni che il documento propone vi è quella che “costruire la famiglia rinnova la società”, in quanto la famiglia si pone come “cellula vivificante e risorsa feconda” che “partecipa alla vita della società per far crescere in umanità i suoi membri”. La famiglia, inoltre, “alimenta la coesione sociale e ne è l’autentica sorgente”. Dentro questo orizzonte, il primo aspetto che il documento affronta è quello dell’“affettività e innamoramento”, in un contesto in cui sembra prevalere una banalizzazione dell’amore sotto forma di puro erotismo. Viene quindi riproposta la bellezza dell’amore umano con i valori correlati del “pudore” e della “castità”, ribadendo al riguardo il compito educativo dei genitori, oltre che il “prezioso apporto dei carismi e della vita consacrata”. La preparazione al matrimonio non è qualcosa d’improvvisato, ma - dice il documento - “un cammino graduale e continuo”, da proporre “per tempo”. Solo così i fidanzati possono giungere a considerare la loro come una “relazione umanamente matura” in cui si ravvisino i tre elementi della “identità”, della “reciprocità” e della “progettualità” come coppia. (R.P.)

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    Usa: i vescovi chiedono di "rafforzare e proteggere il matrimonio tra uomo e donna"

    ◊   Il 6 novembre gli elettori del Maryland e del Mayne hanno detto “sì”, tramite referendum, alle unioni tra persone dello steso sesso. Ancora incerti i risultati dell’analoga consultazione nello Stato di Washington, mentre il Minnesota ha bocciato il referendum. In risposta ai risultati referendari, mons. Salvatore Cordileone, arcivescovo di San Francisco e presidente della Sottocommissione per la promozione e la difesa del matrimonio della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, chiede “un rinnovato impegno per rafforzare e proteggere la vita matrimoniale e familiare”. Il 6 novembre, scrive l’arcivescovo, “è stata una giornata deludente per il matrimonio”, il cui significato “non può essere ridefinito giacché è insito nella nostra stessa natura”. Indipendentemente da “decisioni politiche, leggi o sentenze giudiziarie”, il matrimonio “è l‘unica istituzione che unisce un uomo e una donna tra loro e agli eventuali figli nati dalla loro unione. O è così, o non è niente”. Richiamando il diritto fondamentale di “ogni bambino di essere allevato da sua madre e da suo padre insieme”, mons. Cordileone ribadisce la necessità che il matrimonio sia rafforzato, difeso e non ridefinito”. Dal presule - riporta l'agenzia Sir - l’invito a “pregare e a costruire una rinnovata cultura del matrimonio e della famiglia”, fondamento “su cui poggia il futuro e la stabilità della nostra società”. “The Hope of the Gospel in Difficult Economic Times” (La speranza del Vangelo in tempi di difficoltà economiche) è il titolo del documento che i vescovi Usa voteranno nel corso della loro assemblea generale autunnale a Baltimora (12 - 15 novembre). Il testo intende chiedere un’azione per superare la povertà, affermare l’impegno dei cattolici in risposta alla crisi economica ed esprimere solidarietà con chi cerca lavoro in tempi economicamente difficili, mettere le persone e le famiglie al centro dell‘economia. “La nostra speranza - si legge nella bozza del testo - è che questa lettera possa incoraggiare la preghiera e lo studio, la discussione e il dibattito all‘interno delle nostre parrocchie e diocesi, in modo che insieme possiamo trovare modi creativi e costruttivi per risolvere i problemi economici che abbiamo di fronte”. “Le istituzioni economiche, i governi e le imprese, anche le più complesse di loro, non sono entità incontrollabili e impersonali. Almeno non dovrebbe essere così”, scrivono ancora i presuli, secondo i quali “è un errore, come insegna Benedetto XVI, ritenere che le dinamiche economiche non debbano essere influenzate da criteri di giudizio morale”. Dal documento l’invito ad “agire virtuosamente” e a mettere in pratica “i principi di sussidiarietà e solidarietà che vanno sempre di pari passo”. (R.P.)

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    Nigeria: 100 mila persone colpite dalle inondazioni

    ◊   “Non abbiamo acqua potabile, 160 persone sono già morte a causa delle piogge. Le acque hanno sommerso tutti i villaggi della zona” scrive all’agenzia Fides fratel Damian Krzystof, missionario polacco, che opera nel vicariato apostolico di Bomadi, nello Stato del Delta, nella Nigeria meridionale, una delle aree più colpite dalla recenti inondazioni che hanno sconvolto diversi Paesi dell’Africa occidentale. “Nessuno ci sta aiutando, come missionari rimarremo comunque con le popolazioni in difficoltà fino all’ultimo” afferma fratel Damian. “Abbiamo aperto due centri per accogliere gli sfollati ma ci sono almeno 100mila persone che necessitano di aiuto urgente nei nostri villaggi” conclude il missionario. Secondo la National Emergency Management Agency (Nema), le inondazioni in tutta la Nigeria hanno causato 363 morti e oltre 2 milioni di sfollati. I dati raccolti dalla Nema si riferiscono al periodo dal 1° luglio al 31 ottobre. In totale 7,7 milioni di persone sono state danneggiate dalle piogge torrenziali. Il governo federale ha promesso 110 milioni di dollari per far fronte ai danni causati dalle alluvioni, definite “senza precedenti”. (R.P.)

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    Niger: per le inondazioni è emergenza umanitaria a Diffa

    ◊   A poche settimane dalle inondazioni causate dallo straripamento del Komadougou Yobé, un corso d’acqua la cui fonte è nella vicina Nigeria, nella regione sud-orientale di Diffa decine di villaggi sono ancora sott’acqua. Ma l’emergenza umanitaria - riferisce l'agenzia Misna - potrebbe presto riguardare anche il capoluogo di Diffa, minacciato dall’insolito rialzamento del corso d’acqua che in pochi giorni ha raggiunto i quattro metri, il livello più alto degli ultimi 60 anni. In Nigeria da luglio lo stesso fiume ha già mietuto almeno 363 vittime e 2,1 milioni di sfollati. L’ultimo bilancio diffuso a Niamey dall’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) fa riferimento a migliaia di persone senza tetto, 91 villaggi e più di 2000 risaie e terreni agricoli inondati. Gli sfollati vivono in condizioni precarie sotto tende in campi allestiti in modo improvvisato, come quello sorto nel comune di Chetimari, dove scarseggiano medicinali e acqua potabile e si temono epidemie di colera e malaria. Un migliaio di disastrati è stato evacuato verso la confinante Nigeria grazie all’intervento delle forze armate, della protezione civile e della Croce Rossa del Niger. Negli ultimi mesi le autorità di Niamey hanno invece dovuto fare i conti con un nuovo ciclo di siccità e carestia, in un Paese dove la maggioranza dei bambini di meno di cinque anni soffre di malnutrizione cronica. Inoltre crescono i timori per la sicurezza del territorio nazionale, già teatro in passato di una ribellione tuareg, come conseguenza della guerra civile in Libia del 2011 e dell’attuale crisi nel vicino Nord del Mali. Dieci giorni fa migliaia di persone sono scese in piazza nella capitale per protestare contro il carovita, in particolare il recente rincaro del prezzo del carburante nonostante l’inaugurazione un anno fa della raffineria di Zinder, la prima in funzione in Niger. (R.P.)

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    Congo: sui religiosi rapiti nel Nord Kivu "nessuna notizia ma siamo fiduciosi"

    ◊   A tre settimane dal rapimento mancano ancora all’appello i tre religiosi congolesi della congregazione degli Agostiniani dell’Assunzione, portati via da non meglio identificati uomini armati da un convento della parrocchia di Nostra Signora dei Poveri a Mbau, a una ventina di chilometri a nord di Beni. “Siamo ancora nell’attesa di essere contattati direttamente dai rapitori ma rimaniamo fiduciosi su una prossima liberazione degli ostaggi. Il sostegno e le preghiere dei fedeli fanno vivere la speranza. Anche se non abbiamo prove siamo convinti che i tre religiosi sono in vita, forse trattenuti nella foresta a nord della diocesi” dice all'agenzia Misna mons. Paluku Sikuly Melchisedec, vescovo della diocesi di Butembo-Beni, nell’instabile provincia del Nord-Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Dagli indizi raccolti finora è emerso che gli autori del rapimento potrebbero essere i miliziani dell’Unione per la riabilitazione della democrazia in Congo (Urdc), un nuovo movimento politico-militare nato a Beni poche ore dopo la scomparsa dei tre religiosi, Jean-Pierre Ndulani, Anselme Wasinkundi e Edmond Bamutute. Altre due piste sono state individuate dagli esponenti locali della Chiesa cattolica: quella dei ribelli ugandesi delle Adf-Nalu, attivi nella zona e in passato già responsabili di azioni simili ai danni dei civili nel settore di Mbau-Beni. Tuttavia non è stato escluso un possibile coinvolgimento della ribellione del Movimento del 23 marzo (M23), appena ribattezzato Esercito rivoluzionario del Congo (Arc); pur avendo il suo ‘feudo’ nel territorio di Rutshuru alcuni dei suoi uomini sarebbero già infiltrati a Beni. “Anche se esponenti della società civile e politici locali sono stati contattati dai rapitori per una presunta richiesta di denaro, noi crediamo che si tratti di un gesto rivolto alle istituzioni congolesi per dimostrare quanto lo Stato e la sicurezza siano carenti, per non dire assenti, nella regione” prosegue monsignor Sikuly, ribadendo la posizione della Conferenza episcopale nazionale congolese (Cenco) che chiede “una liberazione senza condizioni” e respinge ogni eventuale richiesta di riscatto. Nelle ultime settimane altri rapimenti sono stati denunciati nella stessa zona dove persone comuni sarebbero state portate via mentre transitavano per le strade circostanti a Beni. (R.P.)

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    Congo: i missionari puntano su elezioni libere e trasparenti

    ◊   “Ciò che si deve assolutamente evitare è un eventuale scontro tra due grandi blocchi: da una parte l’M23 e i gruppi alleati, dall’altra l’esercito nazionale rinforzato mediante l’integrazione di altri gruppi armati. Sarebbe trasformare una guerra di aggressione in una guerra civile” scrivono i missionari della Rete Pace per il Congo in una nota inviata all’agenzia Fides sul nord e sud Kivu (est della Repubblica Democratica del Congo), dove “la situazione si fa più complessa”. “Il movimento del 23 Marzo (M23), un gruppo armato appoggiato dal Rwanda e dall’Uganda, occupa militarmente il territorio di Rutchuru, riorganizza la sua struttura militare, conclude alleanze con altri gruppi armati e minaccia di riprendere le ostilità, se il governo congolese non accetterà trattative. Da parte sua, il governo sta procedendo all’integrazione di altri gruppi armati nelle file dell’esercito nazionale”. La nota prosegue descrivendo i passi politico-diplomatici avviati dai Paesi della regione: “I Paesi membri della Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi (Cirgl) stentano a mettere in piedi una forza internazionale neutra per combattere i vari gruppi armati, tra cui l’M23 e le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (Fdlr)”. Il problema è che della Cirgl fanno parte Rwanda e Uganda, accusati dall’Onu di sostenere l’M23. Ad accrescere la complessità della situazione, secondo la Rete Pace per il Congo, si aggiunge il fatto che i servizi di sicurezza e le alte cariche dello Stato e dell’esercito sono espressioni di gruppi a loro volta legati al Rwanda. “Per uscire da questo sistema e porre fine alla guerra nella Rdc - afferma la nota - la via politica non violenta delle elezioni è sicuramente la più democratica. Per questo è importante continuare a lottare per una ristrutturazione radicale della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (Ceni) che possa permettere elezioni davvero libere, trasparenti e credibili” . Accanto a questo occorre anche che i Paesi che beneficiano delle ricchezze (come il coltan) illegalmente sottratte al popolo congolese con la complicità dei gruppi armati operanti nel Kivu smettano di alimentare il conflitto. (R.P.)

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    Bolivia: l'integrazione scolastica necessaria alla formazione umana

    ◊   “Nonostante gli sforzi e i progressi, c'è ancora molto da fare nelle scuole e nelle comunità per raggiungere una istruzione uguale per tutti, per il superamento delle barriere culturali, economiche, sociali e razziali, che sono la nostra grande sfida”: lo ha detto il direttore della Federazione internazionale di Fe y Alegría, Ignacio Suñol, durante il 43° Congresso di Fe y Alegría, in corso a Cochabamba da martedì scorso, che si conclude oggi. Secondo Sunol più di 3 milioni di bambini nei Paesi dell'America Latina sono esclusi dalla scuola primaria per diverse situazioni, motivo per cui la sfida è di costruire un modello di gestione sociale pubblica, gratuita e inclusiva. Nella nota inviata all’agenzia Fides, si leggono anche le dichiarazioni al Congresso del Padre generale della Compagnia di Gesù, Adolfo Nicolás, il quale ha sollevato la necessità che Fe y Alegría, presente in America Latina, Africa ed Europa, estenda i confini della sua missione sociale specificamente nell'area educativa che è campo di lavoro dei gesuiti. Secondo il Superiore dei Gesuiti, l'integrazione scolastica "è la porta d'ingresso alla formazione umana, oggi necessaria perché viviamo in una pluralità e diversità molto più esplicita e drammatica". Il modello di integrazione scolastica portato avanti da Fe y Alegría in diversi paesi, ha successo perché, secondo padre Nicolás, è adattabile alle diverse nazioni in base alla loro realtà, ma è sempre necessario formare gli educatori costantemente, secondo le sfide che si presentano. (R.P.)

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    Colombia: il vescovo di Buenaventura chiede aiuto contro la violenza

    ◊   “Chiediamo aiuto all'opinione nazionale e internazionale perchè presti attenzione a Buenaventura, per uscire dalla violenza”: questo l’appello preoccupato di mons. Héctor Epalza Quintero, vescovo di Buenaventura, per la grave situazione di violenza che vive questa regione. “La Commissione Vita, Giustizia, Solidarietà e Pace della diocesi di Buenaventura, rende pubblica questa denuncia che io, come Pastore, appoggio pienamente perché crediamo che la realtà di Buenaventura, il momento critico che sta vivendo, riguardi non solo le autorità di Buenaventura, ma anche la Regione e la Nazione” afferma mons. Epalza Quintero nel comunicato inviato all'agenzia Fides. Il vescovo chiede un intervento urgente del governo nazionale e dei diversi organismi di controllo, perché “nell’esercitare i loro obblighi costituzionali e giuridici, forniscano le garanzie dei diritti alle comunità e al territorio”. La richiesta viene anche inoltrata alle organizzazioni dei diritti umani, nazionali ed internazionali, per far conoscere la realtà e mostrare “la situazione di violenza barbara che subiscono costantemente gli abitanti della città, in particolare le zone di periferia e le comunità rurali". Il comunicato della diocesi si riferisce agli scontri tra i gruppi paramilitari che si fanno chiamare "La Empresa" e "los Urabeños" che si battono per il controllo del territorio e il dominio delle aree dei porti, che sono rotte ambite del narcotraffico e delle risorse minerarie. Mons. Epalza Quintero avverte che questa situazione di violenza si può constatare ogni giorno attraverso gli omicidi, le sparizioni e gli spostamenti forzati di cui è testimone lo stesso comune. Secondo dati ufficiali, dal 6 ottobre ci sono stati 40 omicidi (commessi con barbarie e crudeltà), 35 sparatorie e 75 sparizioni segnalate dal Commissariato locale. (R.P.)

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    "No" della Chiesa della Colombia ad un farmaco abortivo nel Piano di salute pubblica

    ◊   “E’ nostro dovere affermare che l’introduzione del ‘Misopostrol’ nel Piano obbligatorio di salute è una misura medica giuridicamente illegale” ha detto mons. José Daniel Falla, segretario della Conferenza episcopale della Colombia, in una conferenza stampa convocata dopo la conferma dell’Istituto Nazionale di Vigilanza dei Medicinali e Alimenti del Ministero della Salute Pubblica della Colombia (Invima) circa l’utilizzo del farmaco nei casi in cui il feto risulti clinicamente morto. Il segretario della Conferenza episcopale della Colombia, ha anche ribadito che i vescovi rifiutano energicamente l’inclusione del farmaco - che potrebbe causare l’aborto - nel Piano obbligatorio di Salute presentato dal governo. Il presule ha spiegato che “questo medicinale comunemente usato per controllare le emorragie, ha l’autorizzazione dell’Invima solo per problemi gastrointestinali e per l’espulsione del feto morto nel ventre della madre”, ma per i suoi effetti secondari può essere usato anche per la pratica dell’aborto di essere umani vivi. Pertanto, ha affermato il segretario dell’episcopato, le autorità sanitarie non possono permettere l’inclusione dell’aborto chimico perché il registro del farmaco non è stato concesso per questi fini. A ottobre, la Commissione di Regolazione della Salute (Cres) ha permesso l’inclusione del farmaco abortivo, lasciando ai “criteri medici” l’uso ritenuto pertinente, anche se non esplicitamente segnalato nel registro sanitario. Dal 2006 la legge colombiana permette la pratica dell’aborto chimico o chirurgico in tre casi: la malformazione del feto, in gravidanze dopo uno stupro o quando è in pericolo la vita della madre. La Chiesa colombiana, in questi anni, ha sostenuto una forte battaglia contro i gruppi che sempre più insistentemente chiedono la legalizzazione dell’aborto. (A.T.)

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    Brasile: al via a Rio de Janeiro il simposio della Fondazione Ratzinger

    ◊   Si è aperto ieri a Rio de Janeiro, presso la Pontificia Università cattolica (Puc), il simposio promosso dalla Fondazione vaticana “Joseph Ratzinger/Benedetto XVI”, dedicato all‘approfondimento del pensiero del Pontefice, in particolare modo su “Umanizzazione e senso della vita”. Un simposio, ha spiegato mons. Giuseppe Scotti, presidente della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger, pensato “per capire, per ascoltarci, cercare insieme la verità e una parola forte sull‘uomo”. Partecipano all’incontro - riferisce l'agenzia Sir - 600 convegnisti provenienti da tutta l‘America Latina, mentre hanno dato la loro adesione 138 fra Università e istituti di cultura. Si tratta del secondo appuntamento, dopo che lo scorso anno, a Bydgoszcz, in Polonia, si era tenuto un altro simposio a 25 anni dall‘incontro di Assisi fra Giovanni Paolo II e i rappresentanti di tutte le religioni del mondo. Da quell‘incontro è nato il “Centro studi Ratzinger”, braccio operativo della Fondazione Ratzinger, oggi diretto da don Marinsz Kucinski, uno degli organizzatori del convegno di Rio. In apertura di lavori è stato riproposto un video di Benedetto XVI, durante l‘udienza generale di mercoledì scorso, quando ha salutato, in portoghese, il convegno augurando buon lavoro perché si aiutino gli uomini di oggi a trovare la gioia nella propria vita. (R.P.)

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    Emirati Arabi: per l'omicidio del medico cristiano indiano si esclude la motivazione religiosa

    ◊   Non vi è una motivazione religiosa nè il fondamentalismo islamico dietro l’omicidio del medico cristiano indiano Rajan Daniel, ucciso il 2 novembre negli Emirati Arabi. L’uomo è stato ucciso con numerose coltellate dal pakistano Mohamed Abdul Jamil, nell’Ahalia Hospital di Abu Dhabi, dove lavorava. Ultimati gli accertamenti medici, la salma è stata rimpatriata ed è giunta ieri mattina a Thiruvananthapuram (nello stato indiano del Kerala). Il dottor Daniel era un cristiano appartenente alla comunità dell’Esercito della Salvezza. I solenni funerali si sono celebrati oggi, nella Sala della sua comunità, nella località di Kavadiar, a Thiruvananthapuram. Interpellato da Fides, padre Stephen Alathara, Segretario del Consiglio dei vescovi cattolici del Kerala, a nome dell’episcopato “condanna l’omicidio, avvenuto mentre il dottore stava svolgendo la sua missione, il suo servizio professionale”, chiede una “pronta indagine”, affermando che i vescovi “pregano per la sua anima e per la sua famiglia, ma anche per il suo assassino”. Fonti di Fides nella comunità cristiana presente negli Emirati Arabi notano che i leader delle Chiese nella penisola arabica non si sono pronunciati sul caso, ma la vicenda va pian piano chiarendosi. L’omicida, infatti, era un paziente del dottor Daniel, che lo seguiva nei suoi disturbi da circa tre mesi. Secondo quanto riferito dagli inquirenti, l’uomo era scontento perchè, a suo dire, la terapia assegnatagli dal dott. Daniel non aveva prodotto miglioramenti. Per questa ragione, in un attacco di rabbia e di follia, ha ucciso il medico. La polizia ha informato che Mohamed Abdul Jamil, arrestato subito dopo il folle gesto, è accusato di omicidio premeditato e che due giorni fa l’uomo ha tentato il suicidio in carcere, dando evidenti segni di squilibri mentali. Sarà perciò sottoposto a una perizia psichiatrica. L’instabilità mentale, piuttosto che la motivazione religiosa, spiegherebbe quindi l’omicidio. Fonti di Fides informano che il dottore, originario del Kerala (India del Sud), era molto religioso e, durante le pause nel suo lavoro, leggeva la Bibbia. Poco prima di essere ucciso, ha riferito un suo paziente, aveva meditato le Sacre Scritture. L’uomo lascia la moglie e una figlia. (R.P.)

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    Conclusa ad Acireale l'Assemblea dei religiosi

    ◊   E’ terminata questa mattina ad Acireale la 52.ma Assemblea generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (Cism) sul tema “Tempo di nuova evangelizzazione: responsabilità dei Religiosi”. Oltre che per la vita della Conferenza, l’Assemblea è stata particolarmente interessante, perché, subito dopo il Sinodo, la Cism è stato il primo organismo a fare una riflessione sulla Nuova Evangelizzazione, sia perché ne ha chiarito la realtà - cosa vuol dire Nuova Evangelizzazione - sia per i contributi che, come Vita consacrata, la Chiesa aspetta dei Religiosi. Nelle due ultime giornate si sono avuti gli interventi di quattro Ministri Generali, due dei quali hanno partecipato al Sinodo. Tutti ne hanno ovviamente sottolineato l’importanza (anche se non tutti i partecipanti hanno potuto parlare per mancanza di tempo). “La Nuova Evangelizzazione – hanno detto – è far risuonare il Vangelo della Risurrezione. E’ una nuova Pentecoste; è conoscenza degli uditori per un annuncio efficace. E’ una progressiva evangelizzazione, è un andare alle frontiere geografiche e delle culture; è scegliere sentieri nuovi; è andare e restare. Gli ultimi interventi sono stati quelli di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, e del cardinale Angelo Scola. Il primo ha elencato i mali della società italiana, che continua a respirare aria cristiana, anche se qualcuno vorrebbe privarla di questo respiro”. Il cardinale (che non ha potuto raggiungere l’Assemblea per i lavori nell’aeroporto di Catania) ha ricordato ai Religiosi che si evangelizza vivendo la propria vocazione. Accennando ai voti ha detto che l’ubbidienza testimonia la libertà, la povertà avvicina ai veri poveri, la castità è la prova che è possibile vivere in Cristo Risorto. (Da Acireale, padre Egidoio Picucci)

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    Università Lateranense: all'inaugurazione dell'Anno accademico il cardinale Ravasi

    ◊   "Educazione e comunicazione. Come crescere nella fede in Università". È questo il titolo della Lectio Magistralis che il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura Gianfranco Ravasi ha tenuto oggi presso la Pontificia Università Lateranense. La lezione ha rappresentato uno dei momenti del Dies Academicus, tradizionale giornata di solenne inaugurazione dell'Anno Accademico 2012-2013 (240° dalla fondazione) di quella che "a titolo speciale" è l'Università del Papa. Il porporato ha ricevuto, per l'occasione, il dottorato honoris causa in Sacra Teologia per il suo impegno pastorale orientato alla comunicazione della fede. L'evento è stato introdotto dai saluti del cardinale Agostino Vallini, Gran Cancelliere della Lateranense, cui è seguita la prolusione del rettore dell'Ateneo il vescovo Enrico dal Covolo. La laudatio del cardinale Ravasi è stata invece, proferita dal decano della Facoltà di Teologia dell'Università Lateranense, Nicola Ciola. «Il conferimento del dottorato in Sacra Teologia con un particolare riferimento alla comunicazione della fede, riflette — spiega il rettore dal Covolo — uno l'obiettivo fondamentale dell'Università Lateranense per quest'anno accademico: riflettere sul legame strettissimo tra educazione e comunicazione. Come afferma Benedetto XVI nel Messaggio per la XLV Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2012), i mezzi di comunicazione hanno un ruolo particolare: non solo informano, ma anche formano lo spirito dei loro destinatari, e quindi possono dare un apporto notevole all'educazione dei giovani». (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 314

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.