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Sommario del 08/11/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: l'universo non è frutto del caos, scienza e fede collaborino per il bene dell’umanità
  • Il dolore del Papa per le vittime del terremoto in Guatemala: gli aiuti siano efficaci e generosi
  • Congresso mondiale dell’Apostolato del mare in Vaticano. I diritti violati di marittimi e pescatori
  • Santa Sede. Messaggio per la festa indù del Deepawali: educare i giovani alla pace
  • Il cardinale Grocholewski al Congresso Mondiale di Metafisica: non spegnere mai la ricerca dell’assoluto e dell’infinito
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Guerra in Siria: muore più di un bambino al giorno. Il cardinale Sarah tra i profughi
  • Cina: aperto il Congresso del partito comunista
  • Usa: Obama riparte dalla crisi economica. Messaggio del card. Dolan
  • Sfida sull'economia tra gli Usa di Obama e la nuova leadership cinese
  • Procreazione: emendamento permette di disconoscere i bimbi nati in provetta
  • Cei e Confesercenti unite: stop all'apertura domenicale dei negozi
  • Convegno su informazione e lotta alla pedofilia. Intevista con don Fortunato Di Noto
  • Sugli schermi in Italia il nuovo film di Castellitto "Venuto al mondo"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Mindanao: cristiani e musulmani insieme per il dialogo interreligioso
  • Cina: 6 tibetani si danno fuoco per protesta
  • Delegazione ecumenica ad Atene per manifestare solidarietà al popolo greco
  • Mali. In corso i negoziati con i ribelli del Nord perché rinuncino alla lotta armata
  • Mons. Moraglia alla conferenza in Vaticano a cento anni dalla nascita di Papa Luciani
  • Mons. Crociata: il sacerdote non si riduca a mestierante o mago
  • Il patriarca Kirill in visita in Terra Santa
  • Nigeria. Il cardinale Filoni apre il Simposio sull’Evangelizzazione a Owerri
  • Angola. Allarme siccità: quasi 2 milioni di persone a rischio fame, 500 mila sono bambini
  • Università Gregoriana: convegno su Teilhard de Chardin e il Concilio Vaticano II
  • Giani: proteggere dai furti il patrimonio artistico religioso è una necessità culturale assoluta
  • L’Onu rinnova il mandato alle forze di pace in Somalia
  • Aperto a Roma il quarto Congresso Mondiale dei Cooperatori Salesiani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: l'universo non è frutto del caos, scienza e fede collaborino per il bene dell’umanità

    ◊   Scienza e fede sono necessarie per costruire una “cultura di rispetto per l’uomo”. E’ uno dei passaggi forti del discorso del Papa ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze, ricevuti stamani in udienza in occasione della sessione plenaria sul tema “Complessità e analogia nella scienza: aspetti teoretici, metodologici ed epistemologici”. Benedetto XVI ha quindi ribadito che il cosmo non è frutto del caos, ma “un’ordinata complessità”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “L’universo – ha detto il Papa - non è caos, non è frutto del caos”, ma piuttosto “un’ordinata complessità che, attraverso analisi e analogie comparative, ci permette di elevarci” da un punto di vista specifico ad uno più universale. Nel suo discorso all’Accademia delle Scienze, il Papa ha sviluppato il suo ragionamento sulla prospettiva di una “nuova visione di unità delle scienze”. Ed ha richiamato, in particolare, quegli sforzi della tecnologia che tendono a “ridurre le diverse forme di energia ad un’unica e fondamentale forza elementare”:

    “Such an interdisciplinary approach…”
    “Un tale approccio interdisciplinare – ha osservato – mostra anche che le scienze non sono mondi intellettuali disconnessi l’uno dall’altro e dalla realtà, ma piuttosto sono interconnessi e diretti allo studio della natura come un’unica, intellegibile e armoniosa realtà”. Se i primi momenti del cosmo e della vita “sfuggono all’osservazione scientifica”, ha proseguito, la scienza si trova tuttavia a scoprire una vasta serie di dinamiche che rivelano un ordine evidente e una creazione permanente.

    “Such a vision ha fruitful points of contact…”
    “Una tale visione – ha detto – ha dei fruttuosi punti di contatto con la visione filosofica e teologica cristiana dell’universo” e con la sua concezione di “essere partecipato”. E’ proprio questa organizzazione “logica” e “analogica” della natura, ha aggiunto, che incoraggia la ricerca scientifica e porta la mente umana “a scoprire la compartecipazione orizzontale tra gli esseri umani e la partecipazione trascendentale” da parte di Dio. Del resto, ha annotato, la complessità della scienza contemporanea, con i suoi potenti strumenti di ricerca, ha “delle dirette ripercussioni sugli esseri umani”. Di qui, nell’Anno della fede, il rinnovato appello del Papa alla collaborazione tra uomini di scienza e di fede:

    “I am convinced of the urgent need…”
    “Sono convinto – ha affermato – dell’urgente bisogno di un continuo dialogo e una continua cooperazione tra il mondo della scienza e della fede per costruire una cultura del rispetto dell’uomo, della sua dignità, della sua libertà”. E ancora “per il futuro della famiglia umana e per il duraturo sviluppo sostenibile del nostro pianeta”:

    “Without this necessary interplay…”
    “Senza questa necessaria azione reciproca – ha avvertito – le grandi questioni dell’umanità” lasciano il “terreno della ragione e della verità” e “sono abbandonate all’irrazionale, al mito o all’indifferenza con grande danno per l’umanità, la pace e in definitiva per il nostro destino”.

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    Il dolore del Papa per le vittime del terremoto in Guatemala: gli aiuti siano efficaci e generosi

    ◊   Il Papa ha espresso in un messaggio il suo profondo dolore per le vittime del terremoto che ha colpito ieri le regioni nordoccidentali del Guatemala: finora i corpi recuperati sono 48, oltre 20 i dispersi, 17mila gli sfollati, ingenti i danni materiali a case e infrastrutture. Il sisma, di magnitudo 7.4 della scala Richter, ha interessato soprattutto il dipartimento di San Marcos, tra i più grandi del Paese e confinante con il Messico. Benedetto XVI ha voluto manifestare la sua vicinanza spirituale alla popolazione di “questo amato Paese” invocando la consolazione di Dio su quanti sono stati colpiti da tale “enorme sciagura”. Ha quindi lanciato un appello ad una “fraterna solidarietà” incoraggiando “vivamente le comunità cristiane, le istituzioni civili e le persone di buona volontà, perché in questo momento triste, forniscano un aiuto efficace alle vittime, con spirito generoso e sollecita carità”. Infine, il Papa ha invocato “la protezione amorevole” di Nostra Signora del Rosario sull' “amato popolo del Guatemala, così presente nel mio cuore”.

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    Congresso mondiale dell’Apostolato del mare in Vaticano. I diritti violati di marittimi e pescatori

    ◊   “Nuova evangelizzazione nel mondo marittimo”: il tema del XXIII Congresso mondiale dell'Apostolato del mare, che si terrà in Vaticano nell'Aula Nuova del Sinodo, dal 19 al 23 novembre prossimo. L’evento è stato presentato, stamani, nella sala stampa della Santa Sede, dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e da padre Gabriele Ferdinando Bentoglio, sotto-segretario del dicastero. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Un’ancora intrecciata con un salvagente e al centro il Sacro Cuore di Gesù: questo il logo dell’Apostolato del mare, che ha le sue radici nella seconda metà dell’800, all’epoca delle grandi migrazioni europee verso le Americhe e che oggi rinnova il suo mandato attraverso 110 centri Stella Maris, dove centinaia di di sacerdoti, religiosi, diaconi e, soprattutto, laici volontari assicurano assistenza materiale e spirituale a marittimi e pescatori di ogni nazionalità o religione, ha spiegato il cardinale Vegliò:

    “Teniamo conto che oggi si contano circa 1 milione e duecentomila marittimi, che trasportano via mare il 90% delle merci che circolano sul pianeta, mentre si stima che nella pesca, a livello industriale e artigianale, lavorino circa 36 milioni di persone”.

    Senza dimenticare “le famiglie di questi lavoratori” che sperimentano “disagi” e “vulnerabilità” legate ai rischi del mestiere e alla lontananza, anche per diversi mesi. Da qui l’importanza di questo Congresso mondiale per affrontare – ha sottolineato il porporato – gli aspetti più critici “che oggi minacciano la vita della gente di mare.”

    Alle innovazioni tecnologiche sulle navi – ha denunciato il presidente del Pontificio Consiglio – “non sempre corrisponde un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi”

    “A ciò si aggiungono, in anni recenti, l’abbandono delle navi, con i loro equipaggi, in porti stranieri senza cibo e senza risorse, misure sempre più restrittive che impediscono ai marittimi di scendere a terra, abusi e sfruttamento”.

    Molte attese sono riposte – ha annunciato il cardinale Vegliò - nella nuova Convenzione Onu sul lavoro marittimo, in vigore dal prossimo agosto

    “…si tratta di un importante strumento normativo per la protezione degli standard sindacali della gente di mare e la tutela degli armatori onesti dalla concorrenza sleale di chi specula al ribasso sui diritti umani”.

    E si spera che sarà presto operativa anche la Convenzione sul lavoro dei pescatori, già siglata nel 2007, in attesa di essere ratificata da almeno 10 Stati, di cui 8 costieri

    “Si tratta di una norma che vuole eliminare dall’industria della pesca quei pescherecci che costringono i marittimi in condizioni lavorative inaccettabili e lesive della dignità della persona umana”.

    Tra i temi emergenti al Congresso sarà anche la pirateria marittima, che porta un danno - ha documentato padre Bentivolgio - ogni anno di 10-15 miliardi di collari, e soprattutto sono in aumento le violenze sugli ostaggi, e l’allungamento della detenzione, in media di 180 giorni.

    Un Congresso - ha concluso il cardinale Vegliò - che arriva appena terminato il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione e in apertura dell’Anno della Fede: “Una sfida per i cappellani e i volontari dell’apostolato del mare” “per cercare risposte” ai problemi della gente di mare.

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    Santa Sede. Messaggio per la festa indù del Deepawali: educare i giovani alla pace

    ◊   “La pace non è la semplice assenza di guerra” ma è “un recupero dell’armonia”, “un frutto della carità”. Così il Messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso pubblicato oggi per la festa indù del Deepavali. Si tratta di una delle più antiche e importanti feste del mondo induista che simboleggia la vittoria del bene sul male, della vita sulla morte e durante la quale si usano accendere candele e lampade per dire che la luce è più forte delle tenebre. Genitori, insegnanti, capi politici e religiosi sono chiamati ad educare i giovani ad essere “costruttori di pace” e in ogni educazione alla pace le differenze culturali si devono considerare come una ricchezza e non un pericolo, sottolinea il testo a firma del presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il cardinale Jean-Louis Tauran, e del segretario, padre Miguel Angel Ayuso Guixot. “La famiglia è la prima scuola di pace”, dove si insegnano reciproca fiducia, rispetto e perdono – evidenzia ancora il Messaggio - così come anche la scuola e l’università hanno il compito di assicurare un’educazione che rispetti l’innata dignità di ogni essere umano. I capi religiosi, in particolare, devono poi “divenire messaggeri di pace” e così “quella completezza che la pace trasmette darà forma ad un mondo più fraterno”. (A cura di Debora Donnini)

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    Il cardinale Grocholewski al Congresso Mondiale di Metafisica: non spegnere mai la ricerca dell’assoluto e dell’infinito

    ◊   Si è aperto oggi a Roma il quinto Congresso Mondiale di Metafisica, organizzato dalla Fondazione Idente di Studi e di Ricerca. Il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha portato il saluto di Benedetto XVI ai partecipanti, circa 150 da oltre 25 nazioni: “tutti sappiamo dell’importanza” – ha detto - che il Papa attribuisce alla metafisica, così come al dialogo stimolante, vivo e fruttuoso tra studiosi e ricercatori”. Il campo della metafisica – ha proseguito il porporato – “ci dà prova che un vivo interesse per l’assoluto, per l’infinito, per il fondamento ultimo della nostra esistenza e del nostro pensare non è scomparso dalla cultura umana considerata nella sua universalità. Non esisterebbero infatti filosofia né religione né i grandi ideali che possono trasformare la storia senza la ricerca metafisica”. “Cercare di rispondere alle grandi domande di senso – ha aggiunto - è certamente un compito che i filosofi non dovrebbero mai abbandonare, come non possono neanche rinchiudersi in nessuna torre d’avorio fuori dal mondo e dai progressi che si fanno nei diversi ambiti del sapere umano”. Ma “purtroppo – ha precisato - nella realtà attuale si cerca spesso di evitare queste domande e limitare l’uso della ragione a ciò che è sperimentabile, dimenticando ‘che ogni scienza deve pur sempre salvaguardare l’uomo e promuovere la sua tensione verso il bene autentico. Sopravvalutare il «fare» oscurando l’«essere» non aiuta a ricomporre l’equilibrio fondamentale di cui ognuno ha bisogno per dare alla propria esistenza un solido fondamento e una valida finalità’ (Benedetto XVI, Discorso alla Pontificia Università Lateranense, 21 ottobre 2006) . Da parte sua il prof. Jesús Fernández Hernández, presidente del Congresso, ha sottolineato che “già da tempo, il mondo intellettuale non vede di buon occhio la metafisica, e questo è preoccupante”. In un tempo in cui regnano relativismo e pragmatismo – ha spiegato - “la metafisica è morta alla sensibilità storica del pensiero debole che la ignora totalmente”. Padre Fernández Hernández ha quindi sottolineato le carenze degli esiti della metafisica “ma non è meno vero il fiasco strepitoso di uno scientificismo che s’era innalzato per decenni come la panacea esplicativa e comprensiva della realtà. Le carenze umane continuano ad essere presenti: l’ingiustizia, la povertà, l’emarginazione, la violenza, la malattia, la solitudine, l’insicurezza e, in ultimo, l’inesorabile morte”. L’unica metafisica possibile – ha concluso – è quella dell’amore assoluto “che può darci una visione sempre più formata, quella che possa dare unità, direzione e senso al nostro essere ed al nostro agire”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Chi mette ordine nel caos dell'universo: il Papa alla plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, i lavori del XVIII congresso del Partito comunista cinese.

    Il telegramma del Papa per le vittime del terremoto in Guatemala.

    Come una partita di calcio: in cultura, il testo dell'aprile 1962 in cui il vescovo di Vittorio Veneto, Albino Luciani, spiegava alla diocesi il significato del concilio Vaticano II che stava per apririsi, e un articolo di Giulia Galeotti sul convegno - organizzato da "L'Osservatore Romano" nell'Aula vecchia del Sinodo - a cent'anni dalla nascita del futuro Giovanni Paolo I.

    Stralci del discorso del cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, in apertura del quinto congresso mondiale di metafisica a Roma, e del saluto di Giuseppe Scotti, presidente della fondazione Joseph Ratzinger -Benedetto XVI, ai partecipanti al simposio internazionale (a Rio de Janeiro) sul pensiero del Papa.

    Cristo in dialogo con il mondo che soffre: nell'informazione religiosa, il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli - in visita in Nigeria - sul senso della missione.

    Nella formazione dei laici il futuro dell'ospitalità: intervista a Jesus Etayo Arrondo, nuovo priore generale dei Fatebenefratelli.

    Anticipazione del discorso del cardinale segretario di Stato in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico dello Studio Rotale e della prolusione del decano, Pio Vito Pinto.

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    Oggi in Primo Piano



    Guerra in Siria: muore più di un bambino al giorno. Il cardinale Sarah tra i profughi

    ◊   In Siria, non si ferma la violenza. Anche oggi scontri con vittime e feriti, tra pro e contro Assad, in varie parti del Paese. Unicef e Croce Rossa internazionale parlano di situazione umanitaria insostenibile. Quasi un milione e mezzo di bambini toccati dal conflitto. Intanto, prosegue la missione del cardinale Robert Sarah in Libano: oggi l'incontro con i profughi siriani. Massimiliano Menichetti.

    “Voglio vivere e morire” nel mio Paese, la Siria è “l'ultimo baluardo del laicismo, della stabilità e della coesistenza nella regione”. Così, il presidente Bashar al Assad in un'intervista ad una tv russa, mentre nel suo Paese il sangue non smette di scorrere. Oggi si registrano scontri, tra lealisti e ribelli, nella provincia di Hasaka, vicino al confine con la Turchia. Un aereo armeno diretto in Siria è stato costretto ad atterrare nell'aeroporto turco di Erzurum per una ispezione ed è stato autorizzato poi a ripartire dopo che a bordo non sono state trovate armi. E mentre Il presidente turco, Abdullah Gul, ribadisce che “Ankara ha il diritto di acquisire ogni tipo di arma per difendersi contro qualsiasi minaccia siriana”, bombardamenti dell’esercito di Assad hanno preso di mira Homs, Daraa e Damasco, dove si combatte anche in strada. Circa 200 le vittime nelle ultime 24 ore, molti i civili. Una situazione insostenibile denuncia la Croce Rossa Internazionale. Il commento Massimo Barra membro della commissione permanente della Croce Rossa Internazionale e Mezzaluna Rossa:

    R. – La Croce Rossa internazionale è stata la prima a definire il conflitto per quello che è: una guerra civile, con attori multipli, alcuni dei quali informali e quindi non vincolati alle previsioni della Convenzione di Ginevra. Questo rende la situazione ingovernabile anche dal punto di vista dell’accesso possibile alle vittime. Il presidente del Comitato internazionale si è recato in visita in Siria, ha parlato personalmente con Assad, il quale gli ha assicurato ogni possibile intervento da parte sua per favorire l’accesso alle vittime. Però la realtà sul terreno è diversa. Il fatto che esistano molteplici attori, a volte non collegati fra di loro, fa sì che i centri di comando siano eterogenei e che quindi il risultato finale sia l’impossibilità per la gente della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa di accedere alle vittime.

    D. - La situazione del movimento dei profughi: quali notizie avete?

    R. – Le popolazioni civili, che ai sensi della quarta Convenzione di Ginevra dovrebbero essere risparmiate dal conflitto, in realtà, nelle nuove forme di guerra sono quelle che pagano un "pedaggio" più elevato con un numero crescente di persone, che sarà sempre più crescente perché lì è impossibile vivere. Se non si ha una soluzione politica o una soluzione militare - questo è un problema non della Croce Rossa - la situazione tenderà inevitabilmente, ineluttabilmente, a peggiorare ancora.

    D. – In un primo momento si era parlato della necessità di corridoi umanitari, poi questo è stato accantonato?

    R. – Il corridoio umanitario vuol dire l’accesso alle vittime: se c’è la volontà politica è possibile tutto. Servirebbe un’intesa fra i ribelli e il regime.

    D. – Ma Assad permetterà l’avvio dei corridoi umanitari, che vuol dire far entrare persone nel proprio territorio?

    R. –Sarebbe anche nel suo interesse: per alleggerire le sue responsabilità.

    E mentre è in corso la missione in Libano dell’inviato del Papa, il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, che oggi ha visitato i campi profughi del Nord-Est del Paese, l’Unicef denuncia: “In Siria oggi muore più di un bambino al giorno”. La testimonianza di Andrea Iacomini portavoce di Unicef Italia:

    R. – La situazione è davvero drammatica e auspichiamo al più presto una soluzione, anche perché la popolazione è stremata e aumenta sempre di più il numero di profughi. Ci sono più di duemila persone che ogni giorno varcano i confini della Siria per andare nei territori vicini, in Paesi come la Turchia, come l’Iraq, ma soprattutto il Libano e la Giordania. Noi come Unicef nella regione lavoriamo in condizioni molto difficili: ci sono stati bombardamenti che hanno colpito ambulanze e anche ospedali mobili. Non c’è dubbio che a fare le spese di tutta questa situazione siano in particolar modo i bambini.

    D. – Poco tempo fa la denuncia: un bambino al giorno muore in Siria. Adesso qual è la situazione?

    R. - La situazione è assolutamente cambiata in peggio. Non più un bambino, ormai siamo a cifre molto più alte, questo perché i bombardamenti sono aumentati. Oggi muore più di un bambino al giorno. Ci sono in totale quattro milioni di persone che in modo diverso sono state colpite da questo conflitto. Di questi, circa un milione e mezzo sono bambini. Bisogna mettere fine a questa barbarie, perché a farne le spese sono poveri innocenti.

    D. – Qual è la situazione del vostro intervento, cosa state facendo?

    R. - Il nostro personale è attivissimo e malgrado le difficoltà dialoga costantemente tanto con le autorità governative quanto con l’opposizione per cercare di soccorrere - ci tengo a precisarlo - i bambini: non esiste fazione ma il supremo interesse dei bambini. L’Unicef è impegnata in Siria, nelle zone di Damasco e di Aleppo, per offrire un supporto sanitario, un supporto logistico, aiuti in termini di cibo, di vaccinazioni. Per quanto riguarda invece i Paesi limitrofi, l’Unicef è molto attiva nel campo profughi di Zaatari: si trova in Giordania ed è il campo più grande, dove l’affluenza aumenta giorno dopo giorno. C’è un dato dell’Acnur che in termini di profughi, non lo dimentichiamo, afferma che entro la fine del 2012 si supereranno le 700 mila unità, che è un numero davvero enorme.

    D. - Qui siete impegnati anche nel cercare di fornire un’istruzione ai bambini?

    R. – Si. Non dimentichiamo che questi bambini hanno bisogno di tornare alla normalità e nei campi sono state allestite scuole proprio per dare la possibilità di proseguire con le lezioni, per dare possibilità a questi bambini di trovare anche spazi che non sono solo quelli tradizionali ma anche quelli ricreativi.

    D. - Quali sono gli altri campi dove siete attivi?

    R. – Anche in Iraq e in Turchia l’attività prosegue sempre a supporto di questi poveri profughi e di queste famiglie spesso, purtroppo, mutilate: è il termine giusto da utilizzare, perché non ci sono più il papà, la mamma, molti bambini perdono entrambi i genitori, oppure non li trovano perché, a causa del conflitto, ci sono anche persone scomparse di cui non si hanno più notizie.

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    Cina: aperto il Congresso del partito comunista

    ◊   Con un lungo discorso, il presidente cinese Hu Jintao ha dato il via al 18.mo Congresso del Partito Popolare cinese, in programma a Pechino fino al prossimo giovedì. Economia, politica estera e la piaga della corruzione al centro del suo intervento, l’ultimo alla guida del partito che uscirà da questo incontro totalmente rinnovato nei suoi vertici. Ma quali sono le novità del discorso di Hu Jintao? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Francesco Sisci, corrispondente da Pechino per il Sole 24 Ore:

    R. – Questo è stato un discorso, in realtà, di chiusura dei dieci anni. Per il discorso di apertura, nei prossimi dieci anni, dovremo aspettare l’intervento del prossimo segretario generale, che sarà eletto alla fine del Congresso, e sarà Xi Jinping. L’apertura fatta da Hu Jintao, in realtà, ha come centro la questione dello sviluppo. Lo sviluppo economico è il punto centrale dell’economia e della politica cinese per i prossimi dieci anni e la Cina si ripromette che, da qui al 2022, il prodotto interno lordo nazionale sarà raddoppiato.

    D. – Hu Jintao ha puntato molto l’accento sulla corruzione e ha invitato all’autodisciplina. Dichiarazioni che sono arrivate dopo lo scandalo di Bo Xilai, uomo di punta del partito, ma anche dopo alcuni articoli americani riguardanti i patrimoni nascosti della dirigenza cinese. Un messaggio rivolto a chi?

    R. – Non è un messaggio particolare contro una persona specifica, ma credo sia un messaggio generale contro un’abitudine, in qualche modo, diffusa e pervasiva nel Paese: la questione della corruzione o, ancora peggio, dell’uso privato di poteri, dell’uso inappropriato del potere, dell’uso non regolato del potere. Sono tutte questioni aperte per il partito comunista. Negli ultimi venti anni, il divario sociale è estremamente aumentato, allora tutti erano poveri allo stesso modo, oggi c’è gente molto ricca e gente che magari sta meglio, ma in condizioni molto diverse di quelle del suo compagno di classe di tanto tempo fa.

    D. – “La Cina non copierà mai un sistema politico occidentale”: ha detto Hu Jintao, ma questo nuovo sistema cinese quale sarebbe?

    R. – Anche questa è una dichiarazione di quelle che vanno lette con grande attenzione. “La Cina non diventerà mai un Paese occidentale”: questa è un’ovvietà però dietro questa ovvietà che cosa si nasconde? Si nasconde una progressione, una trasformazione in corso. E’ come dire che la Cina ha bisogno di apprendere, di imparare dalle esperienze internazionali. Dobbiamo poi vedere cosa succederà di concreto, in pratica.

    D. – Ci sono stati anche riferimenti alla politica estera, in particolar modo al contenzioso con il Giappone e poi anche a Taiwan. Anche qui non ci sono grossi elementi di novità?

    R. – No, però, in particolare sulla questione di Taiwan bisogna dire che ci sono stati toni rassicuranti e Hu Jintao ha sottolineato i progressi raggiunti e il fatto che ormai la distanza con Taiwan - che era poi primo punto di tensione, sia per la Cina sia per la regione - sia ormai veramente sotto controllo. La prospettiva di una riunificazione con Taiwan non è più così distante come poteva esserlo anche semplicemente cinque o dieci anni fa.

    D. – Cosa attendersi, dunque, da questo Congresso?

    R. – La cosa più importante che dovrebbe uscire da questo Congresso è una qualche linea un po’ più chiara sulle riforme politiche. Dobbiamo anche pensare che le riforme economiche che hanno stravolto e cambiato radicalmente la Cina, negli ultimi 30 anni, sono cominciate sottovoce. In realtà, le riforme hanno poi trasformato la Cina e il mondo, perché la crescita della Cina ha trainato la crescita del resto dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. Pur con tutte le prudenze del caso, potremmo veramente pensare che se un annuncio di riforma politica avverrà alla fine di questo Congresso, questo annuncio potrebbe effettivamente aprire la porta a cambiamenti molto importanti.

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    Usa: Obama riparte dalla crisi economica. Messaggio del card. Dolan

    ◊   Dopo il successo elettorale, Barack Obama è rientrato a Washington e si appresta ad avviare i contatti con i leader repubblicani per un’agenda bipartisan. Un accordo che sarà necessario visto che il Congresso uscito dal voto è ancora spaccato. Al rieletto presidente, ieri, anche il messaggio di congratulazioni dal cardinale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, presidente dei vescovi cattolici statunitensi. Il servizio di Cecilia Seppia:

    Dopo la vittoria più ampia del previsto, sia nel Collegio elettorale che nel voto popolare dove ha conquistato oltre 2 milioni e mezzo di preferenze rispetto a Romney, Barack Obama, è ora alle prese con una serie di importanti sfide: innanzitutto l’esigenza di superare le divisioni interne con un Senato in mano ai Democratici e una Camera a maggioranza repubblicana. Un’urgenza avvertita da entrambi gli schieramenti e che trova conferma nei toni concilianti del presidente della Camera, il repubblicano Bohener, sino a ieri capofila di una linea ostruzionista. In cima alla sua agenda lavoro, immigrazione e ovviamente il cosiddetto “fiscal cliff”, il precipizio fiscale. Entro il 31 dicembre, Repubblicani e Democratici dovranno trovare l'accordo su tagli fiscali e spesa pubblica. Il rischio di un mancato compromesso porterebbe il Paese dritto verso una crisi senza precedenti. Obama lo sa, e spinge sullo slogan della sua campagna elettorale “Forward”, "avanti" tutti assieme.

    Altro nodo la formazione del nuovo governo e le due poltrone chiave del Tesoro e quella di segretario di Stato, con la possibile candidatura di Susan Rice, attuale ambasciatore Usa all’Onu. E mentre giungono le congratulazioni dai capi di Stato e governo, arrivano anche i primi avvertimenti delle agenzie di rating con la minaccia del declassamento degli Usa e i mercati, che dopo una prima impennata non mantengono l’entusiasmo. Si congratula con Obama anche il cardinale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, presidente dei vescovi cattolici degli Stati Uniti a nome dell’episcopato del Paese. Il porporato, rilevando le grandi responsabilità che gravano sul presidente americano, gli assicura preghiere perché Dio gli doni “la forza e la saggezza per affrontare le difficili sfide che attendono l’America”: il perseguimento del "bene comune, specialmente in favore dei più vulnerabili, tra cui i non nati, i poveri, gli immigrati". “Noi continueremo – ha affermato il porporato - a difendere la vita, il matrimonio e la nostra libertà più importante e cara, quella religiosa. Preghiamo anche – conclude il cardinale Dolan - perché lei aiuti a ripristinare un senso di civiltà per l’ordine pubblico in modo che le nostre pubbliche conversazioni possano essere permeate da rispetto e carità verso tutti”.

    Sul messaggio che il cardinale Dolan ha inviato al presidente Usa, Obama, ascoltiamo il commento di suor Mary Ann Walsh, portavoce della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, al microfono di Christofer Altieri:

    R. – The cardinal was very quick to get out a response showing congratulations …
    Il cardinale è stato rapido nell'inviare le sue congratulazioni al presidente Obama, offrendogli le preghiere della Conferenza dei vescovi e dei cattolici, affinché abbia la forza e la saggezza necessarie per affrontare le sfide che l’America si trova di fronte. Ha anche evidenziato l’esigenza che egli possa perseguire il bene comune, in particolare nella cura di coloro tra di noi che sono più vulnerabili, e tra questi i bambini non nati, i poveri e gli immigrati. Il cardinale Dolan ha ribadito con forza la nostra posizione in difesa della vita, l'affermazione del matrimonio come unione tra un uomo e una donna e, ovviamente, la nostra libertà religiosa. Speriamo che egli riesca a restituire un senso di civiltà al confronto pubblico, affinché i dibattiti pubblici possano essere improntati al rispetto e alla benevolenza nei riguardi di tutti.

    D. – Ora che nel dopo-elezioni le “temperature” della politica tornano a scendere, lei pensa che ci sia una speranza concreta per ripristinare un vero dialogo nazionale?

    R. – I do believe so. I believe that, you know, Americans are people of good will. …
    Sì, ne sono convinta. Io credo che gli americani siano gente di buona volontà. A noi preme che il Paese progredisca, ci preme ottenere la meta di una vita decorosa per tutti. Le manovre politiche ormai sono alle nostre spalle. Se questo Paese vuole vivere in pace e progredire, le persone devono unirsi. E io credo che l’abbiano capito.

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    Sfida sull'economia tra gli Usa di Obama e la nuova leadership cinese

    ◊   E già tempo di lavoro per Barack Obama. Subito dopo la sua rielezione, il presidente Usa è immediatamente tornato alla Casa Bianca, dove ad attenderlo ci sono numerosi nodi da sciogliere, soprattutto la crisi economica che attanaglia gli Stati Uniti. Quali saranno, in tal senso, le prime emergenze che dovrà affrontare? Salvatore Sabatino lo ha chiesto ad Angelo Baglioni, docente di economia internazionale presso l’Università Cattolica di Milano:

    R. - Il problema di fondo, che dovrà affrontare Obama, da subito, e che lo accompagnerà per tutto il quadriennio, sarà quello della finanza pubblica. Si parla spesso dei Paesi europei sotto questo profilo, ma è chiaro che anche gli Stati Uniti non sono messi affatto bene: hanno un debito sul Pil che raggiunge ormai il 100 per cento; hanno un deficit sul Pil attorno al 10 per cento. Quindi la prima cosa da fare è mettere ordine nella finanza pubblica.

    D. - Sono in molti ad immaginare una "cura di austerità" che provocherà negli Stati Uniti, nel breve termine, una nuova recessione e una svalutazione del dollaro. Un piano che è stato, forse, tralasciato proprio per dare spazio - forse troppo - alla campagna elettorale, non crede?

    R. - Su questo fronte c’è il problema del "Fiscal Cliff, quell’accordo che deve essere raggiunto al Congresso per consentire l’emissione di ulteriore debito pubblico. Questo accordo deve essere raggiunto entro la fine dell'anno, altrimenti partono i tagli automatici alla spesa e gli aumenti automatici delle tasse. Questo avrebbe un effetto recessivo immediato. Al di là del problema del "Fiscal Cliff", è chiaro che occorre comunque attuare delle misure di contenimento della spesa che siano mirate: riformando, ad esempio, il sistema di assistenza sanitaria agli anziani; riformando il sistema pensionistico; aumentando le imposte sui ceti più ricchi; intervenendo, quindi, con alcune misure ad hoc ed evitando così misure su larga scala, che avrebbero effettivamente effetti recessivi.

    D. - Durante la prima amministrazione Obama, gli Stati Uniti hanno volto lo sguardo più verso Oriente che non verso l’Europa. Ora che la Cina, con il suo 18.mo Congresso del Partito Popolare, sta configurando la nuova leadership per i prossimi dieci anni, come possiamo immaginare i rapporti tra le due maggiori economie mondiali?

    R. - I rapporti sono stati molto tesi per parecchio tempo. Recentemente mi sembra che siano un po’ meno tesi, anche per una maggiore disponibilità del governo cinese a lasciar rivalutare il cambio della moneta: lasciare cioè che il cambio della moneta sia determinato più da forze di mercato. Questa è stata sempre la materia del contendere fra Stati Uniti e Cina.

    D. - Anche perché bisogna ricordare e sottolineare che ci sono rapporti molto stretti tra Washington e Pechino: non a caso la Cina ha acquistato una quota molto importante del debito americano…

    R. - Sì, naturalmente la Cina è molto esposta nei confronti degli Stati Uniti e quindi ha tutto l’interesse che l’economia statunitense riprenda e questo anche grazie ad una stabilizzazione dei rapporti di cambio. Una crisi fiscale degli Stati Uniti, dovuta anche alla poca crescita, ovviamente si ripercuoterebbe sui creditori degli Stati Uniti e quindi, in primo luogo, sulla Cina.

    D. - L’Europa, invece, continuerà per Washington ad essere un attore di secondo piano dal punto di vista economico?

    R. - L’Europa è comunque, nel suo complesso, un continente di grande importanza: il problema per l’Europa - come noto - è quello di superare le divisioni interne e quindi di avviare un processo di integrazione - e questo almeno tra i Paesi dell’area Euro - più forte di quello che è avvenuto finora, accompagnando l’integrazione fiscale a quella monetaria. In questo modo si potrà avviare un cammino in cui si scongiuri definitivamente lo scenario del break-up, dello spaccamento dell’unione monetaria. Questo è il problema fondamentale e su questo gli americani hanno sempre insistito - anche questo governo - con l’Europa, perché faccia di tutto per scongiurare questo scenario.

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    Procreazione: emendamento permette di disconoscere i bimbi nati in provetta

    ◊   Fa discutere l’emendamento presentato dall’Idv e approvato ieri dalla commissione Affari Sociali della Camera, con il solo voto contrario della Lega, in merito ad una legge a sostegno della segretezza della gravidanza. Tale emendamento modifica la legge 40 sulla procreazione assistita perchè prevede che anche le madri che hanno avuto un figlio in provetta possano disconoscerlo al momento della nascita, come avviene per le donne che lo hanno avuto da una gravidanza naturale. Paolo Ondarza ha chiesto un commento a Lucio Romano, presidente di Scienza e Vita:

    R. – E’ opportuno prima di tutto fare una precisazione in merito alla possibilità di ricorrere all’anonimato da parte della madre che ha concepito naturalmente il proprio figlio. Questa possibilità di ricorrere all’anonimato da parte della madre, al momento della nascita del figlio, ha la specifica finalità di dare una concreta possibilità di evitare il ricorso all’aborto, quando la gravidanza non è stata desiderata. Quindi, nella fattispecie, il ricorso all’anonimato ha un fondamento di intrinseca eticità e assoluta condivisibilità. Ma la situazione in merito a gravidanze con ricorso a procreazione medicalmente assistita presenta caratteristiche sue proprie.

    D. - Quindi se da una parte la possibilità di non riconoscere un figlio al momento della nascita evita il ricorso all’aborto, va detto però che i bambini che nascono con la fecondazione assistita sono nella stragrande maggioranza intensamente desiderati…

    R. – Infatti nell’esperienza comune non risultano casi di disconoscimento di maternità dopo procreazione medicalmente assistita o perlomeno non si rilevano significativi dati ufficiali.

    D. – Il voto di ieri è stato salutato positivamente da chi da sempre è contrario alla Legge 40, tanto che c’è chi parla di un blitz montato ad arte per riscrivere le norme in materia…

    R. - Io mi attengo a quanto è stato riportato dalle agenzie subito dopo l’approvazione dell’emendamento. Bene, molte dichiarazioni in merito parlano in maniera inequivocabile di una volontà: modificare per via legislativa la Legge 40 o attraverso modifiche parcellari, vale a dire con emendamenti o addirittura, come qualcuno ha riportato, di una volontà assoluta di ridiscutere tutta la legge 40 e di riformularla; chiaramente nei tempi e nei modi che saranno possibili perché sappiamo che questa legislatura è in via di conclusione.

    D. – Con questo emendamento sarebbe tecnicamente possibile indurre una donna a condurre una gravidanza per conto di altri, affittare l’utero, per dirlo in altre parole?

    R. – In forma di clandestinità praticamente sì. Ci si dovrebbe avvalere di procedure che sono illegali in Italia. Ma il discorso diventa molto complesso sotto il profilo dell’ordine legale perché le procedure di adozione e di affido sono molto puntuali nella legislazione italiana.

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    Cei e Confesercenti unite: stop all'apertura domenicale dei negozi

    ◊   Uno stop all’apertura domenicale dei negozi. Lo hanno chiesto Confesercenti e Conferenza Episcopale Italiana, lanciando la campagna “Libera la domenica”, per chiedere l’abolizione dell’apertura degli esercizi commerciali introdotta dal decreto ‘Salva-Italia’ meno di un anno fa. Domenica 25 novembre si darà il via, sui sagrati delle chiese italiane, alla raccolta di firme da inviare in Parlamento. Le domeniche aperte, denuncia Marco Venturi, presidente di Confesercenti, non hanno incentivato i consumi, inoltre hanno favorito la grande distribuzione penalizzando gli esercizi piccoli e medi. In questo modo, denuncia mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, un’intera dimensione antropologica e sociale viene ad essere compromessa. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. – La domenica è un giorno da rispettare nel riposo. Dopo la petizione popolare si potrà pensare di chiudere la legge statale delle liberalizzazioni estreme e di riprendere la legge che regolamenta l’apertura domenicale in base alle esigenze territoriali di ogni regione. Questo è il nocciolo. Noi non vogliamo combattere battaglie estreme, o tutto aperto o tutto chiuso, ma diciamo che Dio ci ha fatti per il riposo e che la domenica, così come il ferroviere lavora, come l’altoforno è aperto, come l’ospedale funziona, se c’è bisogno anche il negozio può essere aperto.

    D. – Ma quali sono le ragioni di questa battaglia?

    R. – Prima di tutto la necessità che ogni uomo abbia il riposo. Come dice la Bibbia: “Dio il settimo giorno si riposò”. Secondo: la famiglia. E’ tristissimo che una mamma che fa la commessa senta dire dal suo bambino: “Mamma, anche oggi te ne vai? E’ l’unico giorno che sono a casa!”. E’ necessario poi dire che l’economia non ha avuto alcun vantaggio, anzi, tenere aperto la domenica di fatto costituisce per i negozianti una perdita, specie per i piccoli negozianti. Terzo, c’è un discorso etico: una libertà senza verità, senza uno scopo, è un capriccio. Dietro c’è una grande battaglia ideologica, valoriale: Dio ci ha fatti per il riposo. La famiglia in primo luogo, il cuore dell’uomo, è la sede in cui Dio trova pace se l’uomo trova pace con se stesso e con la sua famiglia e gode del suo lavoro.

    D. – Gli orientamenti dei commercianti quali sono? Ad esempio di coloro che non sono di religione cristiana…

    R. – Le comunità ebraiche, e anche quelle islamiche, sono pienamente d’accordo con noi. Un mese fa, nella conferenza preparatoria, accanto a me avevo i rappresentanti della comunità ebraica di Roma. Anch’essi sentono che quel giorno è il giorno del riposo, è il sabato, come vuole Dio nella Parola del Signore.

    D. – Lei ha sottolineato la possibilità di apertura domenicale dei negozi in caso di necessità. Che cosa s’intende?

    R. – Si intende ad esempio quando una regione riconosce che quella zona è a forte presenza turistica, oppure se si è nel periodo natalizio, o nel periodo di Ferragosto. Ci sono dei criteri per le eccezioni e dove normalmente è chiuso si può aprire, in base alle situazioni.

    D. – Il cardinale Schoenborn, arcivescovo di Vienna, e presidente della Conferenza episcopale austriaca, ieri ha sollevato proprio questa questione: i vescovi austriaci sottolineano come i cristiani chiedano la domenica libera dal lavoro. E’ quindi una tendenza a livello europeo?

    R. – Sì, per varie ragioni. Nella Conferenza episcopale di maggio, il vescovo svizzero, rappresentante di quella Conferenza episcopale, ha fatto arrossire tutti noi vescovi italiani quando ha detto: “Guardate che in Svizzera e in Germania i negozi sono chiusi”. Allora, visto che noi guardiamo allo spread, alle varie realtà in Germania, e le prendiamo come modello, anche in questo caso potremmo prendere questo aspetto come un modello positivo. Inoltre il Sinodo ha ribadito nelle sue Proposizioni questa necessità. Questo richiamo di Schoenborn ci fa un immenso piacere. Ormai siamo in sintonia, perché molti negozi, per esempio nel Nord Italia, cominciano a chiudere. Ci si rende conto che è un danno per la persona, per la famiglia e per la società. La dignità di ogni persona è praticamente garantita dalla dignità della domenica.

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    Convegno su informazione e lotta alla pedofilia. Intevista con don Fortunato Di Noto

    ◊   “TutelAmi” è il titolo del convegno nazionale sull’infanzia, con particolare attenzione alla questione informazione e minori e al reato di pedofilia e, dunque, rispettivamente alla Carta di Treviso e alla Convenzione di Lanzarote. Ad intervenire, fra gli altri, anche don Fortunato Di Noto, presidente dell’Associazione Meter onlus che si occupa proprio di lotta alla pedofilia. Fabio Colagrande lo ha intervistato:

    R. – I minori sempre ci chiedono di essere tutelati. Non a caso, il titolo del convegno è “TutelAmi”, su due fronti. Il primo è quello dell’informazione. Non a caso, questo convegno nazionale l’abbiamo realizzato insieme all’Ordine nazionale dei giornalisti in Italia. Dall’altra parte, era necessario puntualizzare come i mass media, i giornalisti debbano occuparsi come una specie di servizio, di missione, di ministero, in particolare delle fasce più deboli, in particolare delle fasce vulnerabili e dei piccoli, con competenza e con responsabilità. Questa è la dimostrazione di come la Chiesa sta scendendo in campo: non soltanto per eventuali, possibili scandali che si sono succeduti o si succedono nella nostra realtà ecclesiale; ma la Chiesa ha visto un fronte nuovo, un fronte nuovo di servizio alla carità: quello di stare dalla parte dei bambini, delle vittime e soprattutto elaborare percorsi sostenuti affinché questi atti aberranti che avvengono nei confronti dei piccoli non accadano mai più.

    D. – In questi ultimi 20 anni, la Carta di Treviso firmata nel ’90 proprio per disciplinare i rapporti tra infanzia e informazione, è stata tenuta presente dai professionisti dell’informazione?

    R. – Certamente non tutti l’hanno adottata. Si è più tentati – e l’abbiamo detto in maniera forte – dalla notizia spettacolarizzata, alla lesione totale dei diritti fondamentali alla privacy non soltanto del bambino ma anche di tutto l’entourage che vive intorno al bambino: dalla famiglia, ai genitori, alla scuola, ai compagni, agli amici. Gli ultimi fatti accaduti in Italia dimostrano come non ci sia quella accortezza necessaria per la tutela dei bambini. La Carta di Treviso è una pietra miliare, ma sicuramente le violazioni sono molte di più di quelle che l’Ordine dei giornalisti ha sanzionato in qualche caso ritenuto non adeguato nel rispetto dei bambini. Non dimentichiamo che forse la Carta di Treviso dovrebbe essere rivista ancora una volta, specificatamente per quanto riguarda il mondo di internet. Abbiamo una informazione che ormai è diventata una specie di blogosfera; non sappiamo se l’informazione corrisponde alla verità della parola e non soltanto della parola, ma dei fatti!

    D. – La recente ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di Lanzarote è anche un’occasione per richiamare il contrasto a reati come l’istigazione a pratiche di pedofilia e pedopornografia, l’adescamento di minori … Cosa dice il vostro convegno su questi temi?

    R. – Il nostro convegno ha cercato e sta cercando innanzitutto di far conoscere l’importanza della Convenzione di Lanzarote che, ancora una volta, è un fiore all’occhiello dell’ordinamento giuridico italiano: per la prima volta, la parola pedofilia entra in un contesto di ordinamento giuridico e questo è fondamentale, importante. Ma pedofilia intesa soprattutto per quanto riguarda la cosiddetta istigazione, cioè avallare quelle pratiche o quelle idee che normalizzano le pratiche nei confronti dei bambini per quanto riguarda gli abusi sessuali, anche comportamenti disdicevoli che ledono la loro dignità. Certamente questo è un punto importantissimo. E’ stata una battaglia ventennale di Meter – non dimentichiamolo – ottenere il riconoscimento che la pedofilia è un fenomeno trasversale. Basti pensare che, negli ultimi dieci anni di Meter, abbiamo segnalato 90 mila siti pedo-pornografici in tutto il mondo su 800 mila monitorati: quindi, un lavoro enorme, veramente. Poi abbiamo contato più di 100 mila volti di bambini coinvolti, e questo veramente dice come il fenomeno sia molto drammatico: bambini dalla tenerissima età fino anche ai 12 anni. Oltre a questo, non dimentichiamo la pedofilia culturale: un’enormità di produzione di materiale pubblicitario per la rivendicazione di normalizzazione della pedofilia, dal boy-love-day, alle giornate dell’orgoglio pedofilo, a siti personali e comunitari, al punto che le lobby pedofile sono arrivate anche a farsi un’agenzia di stampa pedofila. Quindi, questa è la dimostrazione di come il fenomeno sia veramente esteso. Per questo si chiede una formazione, un’informazione, una prevenzione e – perché no? – una presa d’atto. Il crimine della pedofilia non è soltanto normato dalle leggi e dalla Convenzione di Lanzarote, ma dovrebbe essere dichiarato veramente un crimine contro l’umanità.

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    Sugli schermi in Italia il nuovo film di Castellitto "Venuto al mondo"

    ◊   Esce oggi nelle sale italiane “Venuto al mondo”, il nuovo film di Sergio Castellitto tratto dall’omonimo romanzo della moglie Margaret Mazzantini: un viaggio emozionale e tragico sospeso tra Italia e Bosnia, tra un recentissimo passato segnato dal sangue e dalla guerra e un presente che ne porta le dolorose ferite, una storia di madri e donne alla ricerca della verità e del perdono. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Gemma non può diventare madre, Diego, ragazzo americano, per questo non sarà mai un padre e ha un passato difficile alle spalle, la loro storia dolorosa si interseca e collide con le tragedie e gli orrori della guerra in Bosnia, dove la vita che loro cercano è invece offuscata, calpestata, annullata dalla violenza. Nella Sarajevo assediata tutti troveranno il loro destino, di sangue e di speranza, un figlio nascerà, alcuni non troveranno pace, altri in forza dell’amore saranno capaci di perdonare e di guardare avanti. L’omonimo romanzo di Margaret Mazzantini è stato trasposto dal marito e regista Sergio Castellitto in un film denso e sincero con una coppia di ottimi attori, Penelope Cruz e Emile Hirsch, a rappresentare un futuro negato e una sorriso in cui le vittime sopravvivono alla più tragica delle verità. Così il regista italiano ricorda la genesi di questo progetto a cui ha lavorato con grande emozione. Per Sergio Castellitto girare questo film è stata anche un’avventura umana, perché è entrato in contatto con storie che tentiamo sempre di respingere:

    R. - Sei anni fa non c’era niente. Sei anni fa c’erano un uomo e una donna che hanno preso un aereo e sono andati a Sarajevo. Io ho accompagnato Margaret ed è stata tre giorni in quella città. Poi è tornata e ha cominciato a scrivere. Ha cominciato a scrivere qualcosa il cui primo germe, il cui primo virus, nasceva dieci anni prima, quando Margaret, incinta di Pietro - quindi con l’idea dell’attesa, della fiducia verso il futuro, perchè aspettava il nostro primo figlio - vedeva Gad Lerner che ci raccontava che dall’altra parte dell’Adriatico c’era l’assenza del futuro, cioè il sopruso della guerra. Ho fatto lunghissimi sopralluoghi, ho viaggiato, sono stato a Sarajevo, in quella città ferita, emotivamente ancora "fuori sync", in qualche modo, dove forse vittime e carnefici ancora passeggiano assieme e non sanno chi sia la vittima e non sanno chi sia il carnefice, per andare a raccontare l’esatto opposto di tutto quell’orrore, che è una storia d’amore. Tarkowsky diceva che ogni opera artistica, ogni film che abbia un’intenzione artistica è semplicemente una dichiarazione d’amore. Io ho tentato di fare soltanto questo. La vita è un buco, che si infila in un altro buco e stranamente lo riempie: questa è la frase del libro, che mi ha sempre accompagnato e che ho scritto sulla mia fronte dal primo all’ultimo giorno di riprese. E quel buco, quel “manco”, quell’assenza, quella necessità dell’altro - o nel senso dell’amore o nel senso dell’amicizia o nel senso della fraternità - è questo film.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Mindanao: cristiani e musulmani insieme per il dialogo interreligioso

    ◊   Futuro del processo di pace fra governo ed estremisti islamici, formazione dei leader musulmani e cristiani e lotta alla povertà nelle zone tribali. Sono alcuni dei temi che verranno discussi nella riunione annuale del movimento per il dialogo interreligioso Silsilah, in programma dal 10 all’11 novembre a Zamboanga, nell'isola di Mindanao. Padre Sebastiano d’Ambra missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere) e fondatore del movimento, sottolinea ad Asianews, che alla due giorni sono attese oltre 300 persone provenienti da tutta l’isola a maggioranza musulmana. “Fra i partecipanti - afferma - vi saranno per la prima volta anche musulmani e cristiani del movimento di Manila”. Per l’occasione tutti i membri di Silsilah rinnoveranno il loro impegno a diffondere lo spirito del dialogo interreligioso e della pace nelle loro comunità, spesso colpite da faide familiari, religiose ed etniche. “Il nostro movimento - racconta il sacerdote - si basa sulla concezione che Dio è fonte e sorgente di ogni dialogo. Silsilah propone una vita in dialogo per tutti, cristiani, musulmani e tribali. Esso è rivolto soprattutto ai giovani che attraverso le nostre iniziative imparano la fiducia e l’amore per l’altro, facendo una comune esperienza di armonia, solidarietà e pace”. Quest’anno l’incontro è dedicato alla memoria della regista filippina Marilou Diaz-Abaya, membro del Silsilah e famosa in tutto il Paese per il suo impegno nel dialogo fra musulmani e cristiani, morta lo scorso 8 ottobre dopo una lunga battaglia contro il cancro. (C.S.)

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    Cina: 6 tibetani si danno fuoco per protesta

    ◊   Ancora proteste e gesti estremi in Tibet. Ieri cinque tibetani si sono dati fuoco per chiedere il ritorno in patria del Dalai Lama e la fine del regime di Pechino, due di loro sono morti gli altri versano in gravissime condizioni. In mattinata poi la sesta immolazione, sempre un giovane, deceduto per le ferite riportate. Gli autori del gesto sono tre monaci adolescenti della provincia del Sichuan e una giovane madre della provincia del Qinghai. Del quinto non si conosce ancora l’identità. Con le autoimmolazioni di ieri, salgono a 69 i tibetani morti in questo modo, dal 2009. I tre monaci - Dorje, 15 anni Samdrub, 16 Dorje Kyab, 16 si sono dati fuoco davanti alla stazione di polizia di Ngaba, intonando slogan per un Tibet libero. La quarta immolazione è quella di una donna di 23 anni, Tamsin Tso, madre di un bimbo di cinque anni. Dopo il suo gesto, circa 3mila tibetani si sono radunati nella zona del mercato, dove vi sono una scuola e molti negozi, intonando slogan contro la Cina. (C.S.)

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    Delegazione ecumenica ad Atene per manifestare solidarietà al popolo greco

    ◊   Una delegazione ecumenica composta da rappresentanti delle varie Chiese cristiane e comunità ecclesiali di Europa e del mondo si recherà dal 18 al 21 novembre in Grecia per manifestare la “solidarietà e il sostegno” al popolo greco in un momento in cui il Paese sta attraversando “una profonda crisi finanziaria, causando uno stato di inquietudine e di insicurezza tra i cittadini”. La delegazione che sarà guidata dai segretari generali della Conferenza delle Chiese europee (Kek), Guy Liagre, e del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc), Olav Fykse Tveit - si incontrerà con i membri della Chiesa di Grecia e la Chiesa evangelica in Grecia, nonché con i funzionari del governo, come riferisce l’agenzia SIR. E’ previsto anche un incontro con Hieronymos II, arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia e Primate della Chiesa ortodossa autocefala di Grecia. “La visita - si legge in un comunicato congiunto - avviene in risposta alle preoccupazioni per la crisi economica in Grecia, espressa dagli organismi direttivi della Kek e del Wcc”. A settembre, i Comitati centrali delle due organizzazioni si erano infatti riuniti a Creta mettendo a tema proprio la crisi finanziaria in Grecia sulla quale entrambe le organizzazioni avevano pubblicato due documenti. “In un momento di continua e profonda recessione economica, la nostra fede ci dà la forza per affrontare la disoccupazione, la povertà e l‘ansia, non solo come individui, ma come una comunità che ha una memoria etica radicata nel Vangelo", afferma il rev. Guy Liagre. (C.S.)

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    Mali. In corso i negoziati con i ribelli del Nord perché rinuncino alla lotta armata

    ◊   “Gli incontri che si susseguono a Ouagadougou e Bamako sono finalizzati a convincere una parte dei gruppi che controllano il nord del Mali a rinunciare alla lotta armata” dice all’Agenzia Fides don Edmond Dembele, segretario della Conferenza Episcopale del Mali. “Si tratta in particolare dell’MNLA (Movimento Nazionale per l’Indipendenza dell’Azawad) e di Ansar al Dine. Nella capitale del Burkina Faso, a Ouagadougou, nei giorni scorsi si sono tenuti degli incontri con i rappresentanti dei due gruppi, per convincerli a rinunciare alla lotta armata e ad ogni forma di terrorismo. Ansar al Dine sembra aver rinunciato alla violenza e i negoziati continuano per arrivare ad un accordo definitivo” dice don Dembele. “Qui a Bamako si sono tenuti invece degli incontri di esperti militari del Mali, della CEDEAO, dell’Unione Africana e di alcuni Paesi europei per preparare l’offensiva contro l’AQMI (Al Qaida nel Maghreb Islamico) e gli altri movimenti che non intendono deporre le armi. I piani militari sono stati approvati dal Capo di Stato Maggiore della forza della CEDEAO”. “Da una parte quindi si fanno progressi nei negoziati con i gruppi armati del nord disponibili al dialogo, dall’altra si stanno attivamente preparando le operazioni militari per riconquistare il nord” sottolinea il sacerdote. Secondo le indiscrezioni che circolano, riprese dalla stampa, l’offensiva militare dovrebbe scattare a gennaio. “Purtroppo più il tempo passa più gli sfollati del nord vengono dimenticati” afferma don Dembele nel descrivere la situazione umanitaria. “Quelli che erano stati accolti nelle scuole qui al sud, hanno dovuto trovare nuovi alloggi, perché è ripreso l’anno scolastico. La stagione delle piogge che è finita ad ottobre ha provocato l’aumento della diffusione di malattie infettive, come il colera e la malaria. Rimane infine il problema di nutrire questa massa di persone. La probabile offensiva militare nel nord porterà ad una nuova ondata di sfollati e rifugiati” aggiunge don Dembele. La situazione nelle aree controllate dai ribelli rimane precaria, e minaccia non solo la vita dei civili ma anche l’identità culturale del Mali a causa delle distruzione di importanti monumenti storici che appartengono alla nazione. “La distruzione del monumento dell’indipendenza a Tomboctou ha suscitato un’ondata di indignazione in tutto il Mali. Chi ha commesso questo atto dimostra la volontà di distruggere tutto, non solo i valori dello Stato ma anche i valori culturali della nazione” conclude don Dembele.

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    Mons. Moraglia alla conferenza in Vaticano a cento anni dalla nascita di Papa Luciani

    ◊   Dal breve pontificato di Giovanni Paolo I si evince un "richiamo totale" alla semplicità della fede e di Dio "a cui non possiamo e non dobbiamo rinunciare nel nostro modo di credere", rilanciato anche dal recente Sinodo sulla nuova evangelizzazione: è quanto ha affermato mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia, intervenendo oggi alla conferenza ''Ostensus magis quam datus. A cento anni dalla nascita di Albino Luciani", promossa dall'Osservatore Romano e dal Messaggero di Sant’Antonio e svoltasi nell'Aula Vecchia del Sinodo in Vaticano. "Luciani - ha spiegato mons. Moraglia - fu chiamato a un alto ministero in anni tempestosi come pochi. Fu un credente, un sacerdote e un vescovo che cercò di annunciare il Vangelo senza mai rinnegarlo, senza scendere a compromessi e senza mai abbandonarsi alla tentazione di conquistarsi una facile popolarità". Il Patriarca di Venezia ha quindi ricordato l'appello a una "effettiva comunione ecclesiale" lanciato da Luciani nel suo primo discorso da Pontefice in cui invitava i fedeli a "superare anche le tensioni interne''. "La sua apparizione - ha anche osservato - può essere spiegata come un intervento di Dio, come se il suo breve pontificato fosse stato un'antifona, una ripartenza che ha azzerato vecchi schemi umani comprensibilissimi presenti nella Curia, consentendo, dopo la sua morte, la novità dell'elezione di un Papa polacco dopo oltre quattro secoli di Papi italiani".

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    Mons. Crociata: il sacerdote non si riduca a mestierante o mago

    ◊   Oggi sono due i “pericoli” che “minacciano la specificità” del servizio del prete: “quello di ridursi a mestierante o, all’opposto, a mago”. A denunciarlo è mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, in una meditazione tenuta oggi nella cattedrale di Udine, durante il ritiro dei presbiteri e dei diaconi delle diocesi del Friuli-Venezia Giulia in occasione dell’Anno della fede. Soffermandosi sulla necessità, per il sacerdote, dell’“incontro tra fede personale ed esercizio del ministero”, mons. Crociata – riferisce l’Agenzia Sir - ha esortato a “sfatare un grave equivoco”: la “dissociazione tra l’una e l’altro, per effetto o di una spiritualità individualistica e tendenzialmente privata o di una visione funzionalistica del ministero, così che quest’ultimo diventa una sorta di attività professionale prestata a utenti che chiedono servizi religiosi”. In realtà, ha spiegato il presule, “i due motivi della dissociazione possono anche trovarsi a convivere nella stessa persona, delineando un profilo alienante”. Risiede in questa “dissociazione”, secondo mons. Crociata, il rischio del “burn out”, cioè dell’”esaurimento delle energie fisiche e delle risorse psichiche” del prete”. “È vero che oggi - ha ammesso il vescovo - ai preti viene chiesto troppo in termini di responsabilità e di impegni, a motivo della riduzione del clero e della sempre più complessa forma organizzativa dell’attività pastorale”, ma “a svuotare, prima che le molte cose da fare, è la perdita del senso di ciò che si fa”. Per il prete, in altre parole, “il pericolo non è la mancanza di fede, ma la dissociazione tra la cura della propria e di quella degli altri”. Di qui la necessità, per il sacerdote, di recuperare il senso del “mistico”, cioè ”il senso di Dio”, la consapevolezza che un ministro “ha a che fare con Dio quando celebra, quando lo annuncia e insegna, ma anche quando tratta le persone” che, “non meno dei sacramenti e della Scrittura, sono terreno sacro, terra di Dio da accostare con incondizionato rispetto e attenzione”. “Prenderci cura della nostra fede è dimensione essenziale del nostro ministero”, ha ricordato mons. Crociata, secondo il quale in un’epoca in cui la fede “è sempre più frutto di libera scelta e sempre meno condivisione di una cultura religiosa dell’ambiente di provenienza o di appartenenza”, nei ministri ordinati deve “risultare evidente” che la fede è “il frutto di una fede abbracciata per scelta profondamente motivata e convinta, una scelta compiuta una volta per tutte ma tenuta viva da una dedizione costante”.

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    Il patriarca Kirill in visita in Terra Santa

    ◊   Da domani al 14 novembre, su invito di Sua Beatitudine Theofilo III, patriarca della Chiesa ortodossa di Gerusalemme, il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, si recherà in visita a Gerusalemme. A dare l’annuncio della visita è oggi il Patriarcato di Mosca con un comunicato diffuso anche in lingua inglese. “L’evento principale della visita - si legge nel comunicato - sarà il pellegrinaggio del primate della Chiesa russa ai luoghi più sacri del mondo cristiano. È previsto che il patriarca Kirill concelebrerà con il patriarca Theofilo nella chiesa del Santo Sepolcro e camminerà lungo la Via Dolorosa. Il programma prevede anche visite alla Basilica della Natività a Betlemme, e visite a Nazareth, sul Getsemani, sul Monte Tabor, Tiberiade, e “in altri luoghi - si legge nel comunicato citato dal Sir - legati alla vita terrena del Signore Gesù Cristo”. Kirill consacrerà anche la cattedrale nel Convento Gorny e condurrà una solenne benedizione delle Acque nel fiume Giordano sul sito del battesimo di Gesù. Il patriarca Kirill s’incontrerà con i leader d’Israele, dell’Autorità nazionale palestinese e del Regno di Giordania. Presenterà anche il suo libro “Libertà e responsabilità” pubblicato in lingua ebraica e farà visita al complesso memoriale “Yad Vashem”. “La visita del patriarca Kirill - si legge ancora nel comunicato - servirà a rafforzare i legami fraterni che uniscono per molti secoli, Gerusalemme e la Chiesa ortodossa russa. Secondo la tradizione ortodossa, tutti i primati delle Chiese ortodosse locali devono visitare i loro fratelli delle altre Chiese locali dopo la loro elezione”. Il Patriarcato ricorda, a questo proposito, che nel 2009, il patriarca Kirill ha visitato la Chiesa di Costantinopoli e negli anni successivi le Chiese di Alessandria, Antiochia, Bulgaria, Cipro e Polonia.


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    Nigeria. Il cardinale Filoni apre il Simposio sull’Evangelizzazione a Owerri

    ◊   “Gesù Cristo è il soggetto primo ed ultimo di tutta l'evangelizzazione, sia l'evangelizzazione come Missio ad gentes che della Nuova Evangelizzazione. La Chiesa, come Corpo di Cristo, ha ricevuto questo mandato dal Signore stesso: andate, battezzate, portate la salvezza. La Chiesa è un corpo vivo e ha bisogno dei due solidi pilastri della Missio ad gentes e della Nuova Evangelizzazione per continuare ad adempiere a questo mandato”. Così – riferisce l’Agenzia Fides - si è espresso il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, citando l’omelia di Benedetto XVI all’apertura dell’Anno della Fede, nel suo discorso al Simposio sull’Evangelizzazione, che si è tenuto oggi ad Owerri (Nigeria), a conclusione del Centenario dell’evangelizzazione di questa Provincia ecclesiastica. “Il Concilio Vaticano II è stato decisivo per quanto riguarda lo sviluppo delle cosiddette Chiese indigene – ha ricordato il cardinale - In effetti, l'attenzione che il Concilio ha dato a queste Chiese ha fatto sì che esse non fossero solo considerate come ‘luoghi’ in cui potesse essere esercitato il servizio missionario ma, soprattutto, venissero considerate esse stesse protagoniste nel lavoro missionario”. Il porporato ha quindi attinto dall’ampio Magistero ecclesiale post conciliare per richiamare i principi fondamentali della Missio ad gentes, che “non è nata per iniziativa umana. E' il risultato dell’ispirazione divina… Evangelizzare e condividere con gli altri la gioia del Vangelo e la convinzione che Gesù è risorto, ha vinto la morte e si è assiso alla destra del Padre, è un atto d'amore. Il cristiano non può dare agli altri qualcosa che lui non ha. Può solo dare Gesù se ha già lo ha incontrato e si è lasciato riempire dal suo amore. Questo intimo incontro di amore con il Signore spinge il credente a proclamare, con le sue parole e con l'esempio della sua vita, la bellezza e la bontà di Dio”. L’importanza fondamentale dell’evangelizzazione è stata ribadita dal recente Sinodo dei Vescovi, in continuità con il Sinodo sull’evangelizzazione nel mondo contemporaneo del 1974, ha ricordato ancora il Prefetto del Dicastero Missionario. Del resto l’evangelizzazione è stata anche una delle priorità del Pontificato del beato Giovanni Paolo II, che ha coniato l’espressione “Nuova Evangelizzazione”. “Gesù, inviato dal Padre, manda anche noi come suoi discepoli – ha proseguito il cardinale Filoni - . Il campo della nostra missione non è racchiuso nelle nostre Chiese, ma deve essere presente nelle piazze e nelle strade, nei luoghi dove gli uomini e le donne si incontrano, vivono, lavorano, soffrono e si divertono. Non possiamo accontentarci di aspettare fino al loro arrivo. E' necessario per noi uscire per andare a incontrare gli uomini e le donne, per annunciare loro il Vangelo con fantasia e creatività evangelica, anche se ciò non sarà privo di difficoltà”. L’evangelizzazione non è opzionale per il cristiano, ma riguarda tutti, non si può essere cristiani senza evangelizzare, perché chi ha incontrato e fatto esperienza del Signore risorto non può tenerla per sé, ma sente l’urgenza di comunicarla agli altri. “La Nuova Evangelizzazione parla di un'esperienza intensa, coinvolge l’intera persona – ha sottolineato il Prefetto -. Se uno è appassionato, allora l'evangelizzazione sarà effettuata con creatività e fantasia, con totale dedizione e generosità”. Nella parte conclusiva del suo discorso, il cardinale Filoni si è soffermato sul dialogo come parte integrante dell’evangelizzazione: “Nell’attuale momento di fratture e sofferenze, questo processo essenziale di dialogo che proviene dalla nostra fede, ci rende capaci come credenti in Gesù, di vedere la dolcezza di Dio negli altri, di affermare questa bontà con gioia e, in una comunione profonda nata dalla compassione, di lavorare per la riconciliazione, la giustizia e la pace”.

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    Angola. Allarme siccità: quasi 2 milioni di persone a rischio fame, 500 mila sono bambini

    ◊   Circa 500.000 bambini angolani sono a rischio fame a causa della siccità che ha colpito il Paese nell’ultimo anno. L’allarme – riferisce l’Agenzia Fides - è stato lanciato dallo stesso governo angolano, secondo il quale “10 delle 18 province del Paese stanno attraversando una grave crisi alimentare, che minaccia almeno 500.000 bambini”. “Per far fronte a questa situazione, il governo dell’Angola, insieme a diversi partner internazionali (inclusa l’ONU) ha lanciato un programma di lotta alla malnutrizione infantile” afferma una fonte del governo, citata dal quotidiano cattolico Apostolado. Il programma concerne le province di Zaire, Bie, Huambo, Kwanza-Sul, Cunene, Huila, Bengo, Benguela, Moxico e Namibe. Secondo la stessa fonte, l'iniziativa mira a "costruire centri sanitari e a formare più di duemila operatori comunitari sanitari, che lavoreranno con circa 350 mila famiglie nelle quattro province più colpite: Kwanza-Sul, Zaire, Huambo e Bie”. Nell’ultimo anno si è registrato in Angola un calo del 60% delle piogge. La produzione agricola ha subito una riduzione di più di 400.000 tonnellate rispetto al raccolto precedente e 1 milione 800.000 persone si trovano in una situazione di insicurezza alimentare. Una situazione paradossale per un Paese che contende alla Nigeria il primato della produzione petrolifera in Africa, con una popolazione di circa 20 milioni di abitanti (la Nigeria ha invece una popolazione di ben oltre 100 milioni di abitanti).

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    Università Gregoriana: convegno su Teilhard de Chardin e il Concilio Vaticano II

    ◊   L'influsso indiretto di Pierre Teilhard de Chardin sul Vaticano II ma anche il suo sguardo profetico e il suo giudizio mai affrettato sulla modernità e sul difficile rapporto tra fede e scienza. È la prospettiva ma anche la traccia ideale su cui si snoderà il convegno che si tiene domani e sabato a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana dal titolo: “Sfide antropologiche oggi. Una lettura di Teilhard de Chardin per una evangelizzazione rinnovata. A 50 anni dal Concilio Vaticano II”. Un’occasione – riferisce il quotidiano Avvenire - che permetterà soprattutto di riprendere in mano i testi più famosi dell’antropologo, filosofo e paleontologo gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin (1881 – 1955) come Fenomeno Umano, L’Avvenire dell’uomo, L’ambiente divino ma anche di poter raccogliere il contributo e il confronto di studiosi importanti su questo tema: dal cardinale Paul Poupard a Rosino Gibellini, da Antonio Spadaro ad Annamaria Tassone Bernardi, da Thierry Magnin a Luciano Mazzoni Benoni, fino al vescovo ausiliare di Parigi Érich de Moulins-Beaufort. Lo sfondo ideale di questa due giorni sarà il pensiero di Teilhard, le sue grandi intuizioni sull’«evoluzionismo cristiano», la sua concezione del «Cristo cosmico», «la fede nel mondo» ma soprattutto l’influenza indiretta del suo pensiero sul Concilio Vaticano II e in particolare sulla Costituzione pastorale Gaudium et spes.

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    Giani: proteggere dai furti il patrimonio artistico religioso è una necessità culturale assoluta

    ◊   Proteggere dai furti il patrimonio artistico religioso è una necessità culturale assoluta. Lo ha affermato nel suo intervento alla 81.ma sessione della assemblea generale dell'Interpol il comandante della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani. "Solo se saremo pienamente consapevoli che una sconfitta, anche se su un fronte limitato nello spazio e nel tempo, ci costerebbe un pezzo del nostro passato - ha affermato Giani - comprenderemo fino in fondo quanto la nostra unione sia effettivamente la nostra forza". Il comandante ha ribadito la volontà di "cooperare a livello internazionale per la salvaguardia di un patrimonio che - ha affermato - non c'è ombra di dubbio, appartiene all'umanità intera". Ha inoltre spiegato come egli "personalmente", nella prevenzione dei furti, punti molto "su quel valore aggiunto che è il fattore umano nella consapevolezza che non c'è dispositivo elettronico o nuova tecnologia per quanto precisi e sofisticati, che abbiano la facoltà di percezione di una persona".

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    L’Onu rinnova il mandato alle forze di pace in Somalia

    ◊   Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha esteso di quattro mesi, fino al 7 marzo 2013, il mandato della forza africana di pace l’Amisom in Somalia e rinnovato, per lo stesso arco di tempo, l’embargo sulle armi, al centro di un acceso dibattito negli ultimi giorni, come riporta l’agenzia Misna. Diplomatici delle Nazioni Unite hanno spiegato che la decisione di rinnovare il mandato di soli quattro mesi, invece dei soliti 12, risponde alla necessità di aggiornare le regole di ingaggio – vista la mutata situazione sul terreno. Il Consiglio di Sicurezza aveva decretato l’embargo sulle armi nel Paese nel 1992, nel tentativo di bloccare l’afflusso di rifornimenti ai signori della guerra che l’anno precedente avevano rovesciato il governo del presidente Siad Barre. L’embargo sull’esportazione di carbone da Porto di Kisamyo, principale fonte di reddito per gli insorti al Shabaab, risale invece al febbraio scorso. Allo stato attuale sono 17.600 i soldati di Amisom, per lo più ugandesi e burundesi, presenti in Somalia. Il recente rapporto di esperti in cui il governo di Kampala e quello di Kigali (Rwanda) sono accusati di sostenere e armare una ribellione nell’Est del Congo, rischia di avere ripercussioni sui delicati equilibri somali – spiega l’agenzia Misna- poiché l’Uganda ha minacciato di ritirare il suo contingente se le accuse verranno formalizzate. Intanto, sul piano politico, procede il percorso di transizione sancito nella “road map” e culminato con l’elezione del presidente Hassan Sheikh Mohamud. Questi ha presentato lunedì una lista di nomi per il nuovo governo che dovrà presentarsi nei prossimi giorni in Parlamento per il voto di fiducia. (C.S.)

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    Aperto a Roma il quarto Congresso Mondiale dei Cooperatori Salesiani

    ◊   Si è aperto oggi a Roma il quarto Congresso Mondiale dell’Associazione dei Salesiani Cooperatori. Circa 250 i delegati presenti che provengono dalle varie associazioni locali e nazionali. Il tema del congresso – Il Progetto di Vita Apostolica: via di fedeltà al carisma di Don Bosco – si concretizzerà nel conseguimento dei tre obiettivi principali: approvazione definitiva del Progetto di Vita Apostolica (PVA); nomina del nuovo Coordinatore Mondiale; definizione delle linee programmatiche per i prossimi sei anni. I lavori sono stati aperti dai saluti del Coordinatore mondiale, dott. Rosario Maiorano, del Rettor Maggiore, e di Madre Yvonne Reungoat, Superiora delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Il dott. Maiorano, ricordando la missione del salesiano cooperatore – “essere la proiezione viva della perfetta ‘humanitas’ del Cristo incarnato in mezzo ai giovani ed ai poveri, sull’esempio e l’insegnamento di Don Bosco” – ha descritto il percorso di verifica e approvazione del PVA varato ad experimentum nel 2006. Con definizione del PVA in questo congresso si conferma definitivamente anche il cambio di identificativo: Salesiani Cooperatori. Una scelta che ribadisce la realtà carismatica, un ritorno alle origini e al cuore di Don Bosco, e “vincolare più saldamente alla comune missione salesiana il nostro impegno nella Famiglia di Don Bosco”. Don Bosco, infatti, inizialmente pensava che un ramo della sua nascente congregazione dovesse essere composta da salesiani esterni: “Qualunque persona anche vivendo nella propria casa in seno alla propria famiglia può appartenere alla nostra Società” (MB VII 885). “Sono qui per testimoniare la nostra presenza di gruppo storico della Famiglia salesiana che, con i Salesiani, i Salesiani Cooperatori e l’Associazione di Maria Ausiliatrice, condivide il privilegio e la responsabilità di essere stato fondato direttamente da Don Bosco”, ha detto la Superiora delle Fma ricordando come gli eventi che la Chiesa sta vivendo – l’Anno della Fede, l’anniversario di apertura del Concilio Vaticano II, il recente sinodo sulla Nuova Evangelizzazione – sono una “preziosa consegna che ci impegna a testimoniare la vita cristiana nei vari continenti”. Il PVA deve essere affiancato dalla “Carta di Identità della Famiglia Salesiana” che “sottolinea l’importanza delle comuni radici della spiritualità salesiana dei diversi gruppi, partecipi dell’unico carisma che crea unità e senso di appartenenza, dona significatività a tutta la Famiglia salesiana, pur nella diversità delle vocazioni al suo interno”, ha detto la Superiora delle Fma. La Famiglia salesiana costituisce “una rete indispensabile, un ancoraggio fondamentale per vivere in modo fecondo il nostro tempo, caratterizzato da grandi mutamenti” e ha un orizzonte apostolico ben chiaro: “Vorremmo che i nostri giovani, tutti i giovani tornassero a sognare e a sperare”. Ha poi fatto seguito la lectio magistralis di Don Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore e Superiore dell’Associazione dei Salesiani Cooperatori. L’Associazione dei Salesiani Cooperatori, fondata da Don Bosco nel 1876, è composta da laici, religiosi e sacerdoti che s’impegnano a vivere e operare secondo il carisma salesiano come servizio specifico alla Chiesa nell’educazione e evangelizzazione. Sono circa 30.000 i Salesiani Cooperatori nel mondo e s’impegnano, con questo Congresso, per una maggiore visibilità a livello ecclesiale, sociale e politico, al servizio dell’educazione e dell’evangelizzazione dei giovani. Il Congresso si concluderà domenica 11 novembre con la partecipazione, in Piazza San Pietro, all’Angelus del Papa.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 313

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