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Sommario del 07/11/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Appello del Papa per la Siria: pace, prima che sia troppo tardi! Gli aiuti di Benedetto XVI per chi soffre
  • Udienza generale. Il Papa: nella ricerca di Dio siamo compagni di viaggio anche di chi non crede
  • Il Papa si congratula con Obama: "altissime responsabilità" di fronte alla nazione e al mondo
  • Benedetto XVI visiterà la Casa-Famiglia "Viva gli Anziani" di Sant'Egidio a Roma
  • Rinuncia e nomine
  • Nomine per l’Autorità di Informazione Finanziaria in Vaticano
  • Sarà il Molise a donare quest'anno l'Albero di Natale al Papa
  • Burundi: i vescovi salutano l’Accordo-quadro tra Burundi e Santa Sede
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Usa: la rielezione di Obama: "Andiamo avanti insieme come una sola nazione"
  • Usa: voto referendario apre alle unioni gay. Via libera anche in Francia
  • Uragano Sandy. Haiti in ginocchio: morti e ingenti danni all'agricoltura. L'appello della Chiesa alla solidarietà
  • Abusi su minori. Telefono Azzurro: allarme nel mondo, in Italia casi triplicati dal 2006
  • La tortura non è ancora reato in Italia. Appello per una legge entro la fine della legislatura
  • Padre Luigi Gaetani nuovo presidente della Conferenza Italiana Superiori Maggiori
  • Il 30.mo Torino Film Festival. Intervista con il direttore Amelio
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Egitto: a Il Cairo i salafiti sequestrano un terreno della Chiesa copta
  • Nigeria: ad Owerri il cardinale Filoni incontra i giovani
  • Russia: Kirill atteso in Terra Santa per la prima visita da Patriarca di Mosca
  • India: stuprate in Orissa due ragazze cristiane, una uccisa
  • Nigeria: le alluvioni hanno colpito finora 7 milioni e 700 mila persone
  • Sudan: fallito piano per aiuti umanitari nel Sud Kordofan
  • Etiopia: per l'Ogaden la pace è più lontana
  • Mali: aumentano gli sfollati ed i timori per il futuro
  • Sri Lanka: appello del cardinale Ranjith per i profughi di Mullikulam
  • Bangladesh: il cardinale Murphy-O’Connor Inviato Speciale del Papa per il 125° dell’arcidiocesi di Dhaka
  • Panama: un minuto di preghiera per la pace nel Paese
  • Brasile: le proposte del Forum dei vescovi per il dialogo fra governo e istituzioni assistenziali
  • Costa Rica. Record storico: un adolescente su tre è povero
  • Sud Sudan: precisazioni del vescovo di Torit sul contributo alla ricostruzione della cattedrale da parte di studenti musulmani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Appello del Papa per la Siria: pace, prima che sia troppo tardi! Gli aiuti di Benedetto XVI per chi soffre

    ◊   Un nuovo appello di pace per la Siria: lo ha lanciato il Papa, stamani, al termine dell’udienza generale in Piazza San Pietro. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Benedetto XVI continua “a seguire con particolare apprensione la tragica situazione di violenza in Siria, dove non cessa il rumore delle armi e aumenta ogni giorno il numero delle vittime e l’immane sofferenza della popolazione, in particolare di quanti hanno dovuto lasciare le loro case”. Per manifestare la sua solidarietà e quella di tutta la Chiesa alla popolazione in Siria e la vicinanza spirituale alle comunità cristiane del Paese, era suo desiderio inviare una Delegazione di Padri Sinodali a Damasco:

    “Purtroppo diverse circostanze e sviluppi non hanno reso possibile l’iniziativa nelle modalità auspicate, e perciò ho deciso di affidare una missione speciale al cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum”.

    Da oggi fino al 10 novembre il porporato si trova in Libano, “dove incontrerà pastori e fedeli delle Chiese che sono presenti in Siria; visiterà alcuni rifugiati provenienti da tale Paese e presiederà una riunione di coordinamento delle istituzioni caritative cattoliche, alle quali la Santa Sede ha chiesto un particolare impegno in favore della popolazione siriana, sia dentro che fuori del Paese”:

    “Mentre elevo la mia preghiera a Dio, rinnovo l’invito alle parti in conflitto e a quanti hanno a cuore il bene della Siria a non risparmiare alcuno sforzo nella ricerca della pace e a perseguire, attraverso il dialogo, le strade che portano ad una giusta convivenza, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto. Dobbiamo fare tutto il possibile perché un giorno potrebbe essere troppo tardi!".

    Sull’appello del Papa è intervenuto con una nota il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:

    “Dall’inizio della crisi siriana la Santa Sede è intervenuta più volte per una soluzione pacifica del conflitto. Il Santo Padre ha chiesto ripetutamente che si interrompesse la spirale della violenza e si promuovesse la strada del dialogo e della riconciliazione. Nel recente Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione era stata annunciata, per desiderio del Sommo Pontefice, la missione di un gruppo di rappresentanti dei Padri Sinodali, che volevano esprimere la solidarietà del Santo Padre, del Sinodo e di tutta la Chiesa alla popolazione in Siria e desideravano manifestare una commossa vicinanza spirituale alle comunità cristiane del Paese, insieme ad un incoraggiamento a quanti sono impegnati nella ricerca di una soluzione rispettosa dei diritti e dei doveri di tutti. Diverse circostanze e sviluppi non hanno consentito lo svolgimento della missione nelle modalità previste. Pertanto il Santo Padre, animato dal vivo desiderio di dare sollecito seguito all’iniziativa, ha scelto di realizzarla con una missione speciale del cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum. Al Porporato è stato affidato il compito di manifestare la sentita partecipazione della Santa Sede e di tutta la Chiesa al processo di pacificazione, di esprimere la vicinanza della Chiesa universale alle popolazioni duramente provate e di rafforzare l’impegno umanitario della Chiesa cattolica nella Regione. A tal fine, il cardinale Sarah visita il Libano dal 7 al 10 novembre corrente. Sono previsti incontri con i rappresentanti delle Chiese dei diversi riti, in particolare con pastori e fedeli della Chiesa greco-cattolica di Siria e del Libano, e con gruppi di rifugiati siriani. Il giorno 9 novembre si terrà a Beirut, sotto la direzione di Cor Unum, un incontro di coordinamento con le agenzie cattoliche che operano in Siria e nei Paesi vicini, in particolare a sostegno dei rifugiati. La riunione identificherà le maggiori aree d’intervento e concorderà un rafforzato impegno delle istituzioni cattoliche nella Regione, per venire incontro alle necessità della popolazione siriana. A questo scopo sarà devoluta l’annunciata donazione del Sinodo dei Vescovi, alla quale il Santo Padre ha voluto aggiungere un Suo personale e cospicuo contributo, per un ammontare complessivo di 1 milione di dollari Usa. La Santa Sede confida che detta iniziativa, di natura umanitaria ed ecclesiale, contribuirà ad alleviare la situazione di quanti soffrono per l’attuale crisi e a spingere le parti coinvolte, come pure quanti hanno a cuore il bene della Siria, alla ricerca di una soluzione equa e pacifica del conflitto”.

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    Udienza generale. Il Papa: nella ricerca di Dio siamo compagni di viaggio anche di chi non crede

    ◊   L’uomo è in cerca di Dio anche se non lo sa. È il pensiero di fondo che ha guidato la catechesi tenuta questa mattina da Benedetto XVI, nel corso dell’udienza generale presieduta in Piazza San Pietro. In questa ricerca di Dio, ha affermato il Papa, sarebbe utile promuovere “una pedagogia del desiderio”, sentendosi “compagni di viaggio anche di coloro che non credono”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Affermarlo oggi davanti all’uomo occidentale secolarizzato suona come una “provocazione”. Benedetto XVI lo sa e tuttavia ribadisce: che ne sia consapevole o meno, “l’uomo porta in sé un misterioso desiderio di Dio”:

    “Molti nostri contemporanei potrebbero infatti obiettare di non avvertire per nulla un tale desiderio di Dio. Per larghi settori della società Egli non è più l’atteso, il desiderato, quanto piuttosto una realtà che lascia indifferenti, davanti alla quale non si deve nemmeno fare lo sforzo di pronunciarsi. In realtà, quello che abbiamo definito come ‘desiderio di Dio’ non è del tutto scomparso e si affaccia ancora oggi, in molti modi, al cuore dell’uomo”.

    Per spiegare questo “dinamismo”, il Papa parte dall’esempio più immediato: cosa succede quando ci si innamora. La prima percezione, dice, è quella di un’“estasi”, cioè di una spinta a uscire da sé stessi. E se l’amore è vero e non un’“illusione”, questa spinta porta a desiderare il “bene dell’altro”, a servirlo. Tuttavia, ha notato, anche questa spinta ha dei limiti:

    “Nemmeno la persona amata, infatti, è in grado di saziare il desiderio che alberga nel cuore umano, anzi, tanto più autentico è l’amore per l’altro, tanto maggiormente esso lascia dischiudere l’interrogativo (…) sulla possibilità che esso ha di durare per sempre. Dunque, l’esperienza umana dell’amore ha in sé un dinamismo che rimanda oltre se stessi, è esperienza di un bene che porta ad uscire da sé e a trovarsi di fronte al mistero che avvolge l’intera esistenza”.

    Essendo un mistero, ha proseguito Benedetto XVI, ciò vuol dire in definitiva che l’uomo “conosce bene” soprattutto ciò che “non lo sazia” e “non può immaginare o definire” ciò che invece “gli farebbe sperimentare quella felicità di cui porta nel cuore la nostalgia”. E qui, da maestro, il Papa lancia un’indicazione: anche “nella nostra epoca, apparentemente tanto refrattaria alla dimensione trascendente”, si potrebbe “aprire – suggerisce – un cammino verso l’autentico senso religioso della vita, che mostra come il dono della fede non sia assurdo, non sia irrazionale”:

    “Sarebbe di grande utilità, a tal fine, promuovere una sorta di pedagogia del desiderio, sia per il cammino di chi ancora non crede, sia per chi ha già ricevuto il dono della fede. Una pedagogia che comprende almeno due aspetti. In primo luogo, imparare o re-imparare il gusto delle gioie autentiche della vita”.

    Quelle, sostiene Benedetto XVI, che si possono “assaporare” in famiglia, in un’amicizia, nell’essere solidali con chi soffre e alle quali si dovrebbe educare “sin dalla tenera età”:

    “Tutto ciò significa esercitare il gusto interiore e produrre anticorpi efficaci contro la banalizzazione e l’appiattimento oggi diffusi. Anche gli adulti hanno bisogno di riscoprire queste gioie, di desiderare realtà autentiche, purificandosi dalla mediocrità nella quale possono trovarsi invischiati. Diventerà allora più facile lasciar cadere o respingere tutto ciò che, pur apparentemente attrattivo, si rivela invece insipido, fonte di assuefazione e non di libertà. E ciò farà emergere quel desiderio di Dio di cui stiamo parlando”.

    Il rovescio della medaglia è rappresentato dal fatto – ha osservato il Pontefice - che si può essere sviati dal vero bene e finire per desiderare “paradisi artificiali”. Ebbene, ha affermato, non dobbiamo “mai dimenticare che il dinamismo del desiderio è sempre aperto alla redenzione”. Non si tratta, ha concluso, “di soffocare il desiderio che è nel cuore dell’uomo, ma di liberarlo”, consapevoli di essere tutti “pellegrini verso quel bene pieno, eterno, che nulla ci potrà più strappare":

    “In questo pellegrinaggio, sentiamoci fratelli di tutti gli uomini, compagni di viaggio anche di coloro che non credono, di chi è in ricerca, di chi si lascia interrogare con sincerità dal dinamismo del proprio desiderio di verità e di bene. Preghiamo, in questo Anno della fede, perché Dio mostri il suo volto a tutti coloro che lo cercano con cuore sincero”.

    Al momento delle catechesi nelle altre lingue, Benedetto XVI ha rivolto un particolare saluto ai fedeli croati, ricordando la sua visita a Zagabria dello scorso anno e sottolineando nuovamente l’importanza della famiglia come “risorsa decisiva per l’educazione alla fede”. Inoltre, il Papa ha salutato anche il gruppo di circa cinquemila pellegrini polacchi, appartenenti alla famiglia degli ascoltatori di Radio Maria, presenti in Piazza S. Pietro con i loro vescovi, che prima dell’udienza generale hanno partecipato a una celebrazione eucaristica, presieduta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone.

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    Il Papa si congratula con Obama: "altissime responsabilità" di fronte alla nazione e al mondo

    ◊   Una preghiera a Dio “perché lo assista nelle sue altissime responsabilità di fronte al Paese e alla comunità internazionale”. È quanto scrive Benedetto XVI in un messaggio al rieletto presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Nel testo inviato tramite la nunziatura apostolica a Washington, il Papa prega anche perché “gli ideali di libertà e giustizia che hanno guidato i fondatori degli Stati Uniti d’America continuino a risplendere nel cammino della nazione”. Anche il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha commentato la riconferma del capo della Casa Bianca:

    Come tutti sappiamo, il compito del presidente degli Stati Uniti è un compito di immensa responsabilità non solo per il suo grande Paese, ma per tutto il mondo, dato il ruolo degli Stati Uniti sulla scena internazionale. Perciò tutti auguriamo al presidente Obama, riconfermato oggi nella sua funzione dalle elezioni appena compiute, di rispondere alle attese che si rivolgono verso di lui dai suoi concittadini, perché possa servire il diritto e la giustizia per il bene e la crescita di ogni persona, nel rispetto dei valori umani e spirituali essenziali, nella promozione della cultura della vita e della libertà religiosa - da sempre così preziosa nella tradizione del popolo americano e della sua cultura -; perché possa trovare le vie migliori per promuovere il benessere materiale e spirituale di tutti; perché possa promuovere efficacemente lo sviluppo umano integrale, la giustizia e la pace nel mondo.

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    Benedetto XVI visiterà la Casa-Famiglia "Viva gli Anziani" di Sant'Egidio a Roma

    ◊   In occasione dell’Anno Europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà fra le generazioni, il prossimo lunedì 12 novembre Benedetto XVI si recherà in visita alla Casa-Famiglia “Viva gli Anziani” della Comunità di Sant’Egidio, in Via Nicola Fabrizi 2, Roma. La visita è prevista alle ore 11 e durerà circa un’ora.

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    Rinuncia e nomine

    ◊   In Brasile, il Santo Padre ha nominato Vescovo della diocesi di Patos il Rev.do Eraldo Bispo da Silva, finora Vicario Generale a Barreiras.

    Sempre in Brasile, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Paracatu, presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Leonardo de Miranda Pereira, in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha nominato nuovo Vescovo di Paracatu Sua Eccellenza Monsignor Jorge Alves Bezerra, S.S.S., trasferendolo dalla diocesi di Jardim.

    Il Santo Padre ha nominato Membri Ordinari della Pontificia Accademia della Scienze gli Illustrissimi Signori: Vanderlei Salvador Bagnato, Professore di Fisica presso l'Università di San Paolo (Brasile) e Joachim von Braun, Professore Ordinario di Economia e Innovazione Tecnologica e Direttore del "Centro di Ricerca per lo Sviluppo" dell'Università di Bonn (Rep. Federale di Germania).

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    Nomine per l’Autorità di Informazione Finanziaria in Vaticano

    ◊   L’avvocato Francesco De Pasquale, funzionario con lunga esperienza nell’Ufficio italiano cambi e Banca d’Italia, dal giugno del 2011 direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria, è diventato membro del Consiglio Direttivo della medesima Autorità che, come è noto, oltre al presidente, cardinale Nicora, comprende il prof. Condemi, il prof. Dalla Torre, il prof. Bianchi e il dott. Testa.

    Per succedergli, il cardinale Nicora ha nominato il dott. René Brülhart. Questi, già direttore dell’Unità di Informazione Finanziaria del Liechtenstein e vicepresidente del Gruppo Egmont, la rete internazionale di unità di informazione finanziaria, da settembre di quest’anno è consigliere della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

    Con la promozione dell’avvocato De Pasquale nel Consiglio Direttivo e la nomina del dott. Brülhart a direttore, l’Aif potenzia la sua organizzazione interna. Inoltre, ciò rappresenta un ulteriore passo, nel processo di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.

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    Sarà il Molise a donare quest'anno l'Albero di Natale al Papa

    ◊   Quest’anno a donare al Papa l’Albero di Natale sarà la comunità molisana di Pescopennataro in provincia di Isernia: sarà installato in Piazza San Pietro accanto al presepe offerto dalla Basilicata. Si tratta di un abete bianco, scelto nella località "Bosco degli Abeti Soprani", misura 24 metri e sarà prelevato dalla sede naturale il prossimo 5 dicembre. E’ un albero che già doveva essere abbattuto: il legno, come ogni anno, verrà donato ad associazioni per la lavorazione a scopi di beneficenza. L'accensione dell’Albero di Natale è programmata per il pomeriggio del 14 dicembre.

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    Burundi: i vescovi salutano l’Accordo-quadro tra Burundi e Santa Sede

    ◊   “Un accordo che assicura la pace sociale e religiosa del Paese nella misura in cui la popolazione cattolica e i suoi Pastori vedono le loro esigenze comprese e protette dallo Stato”. Così i vescovi del Burundi salutano, in un comunicato inviato all’agenzia Fides, la firma dell’Accordo-quadro tra lo Stato del Burundi e la Santa Sede. L’accordo è stato firmato ieri dal Ministro degli Esteri del Burundi, Laurent Kavakure, e da mons. Franco Coppola, nunzio apostolico in Burundi. Nel Preambolo dell’Accordo si ricorda che il suo scopo è offrire un quadro giuridico per le relazioni tra Stato e Chiesa in modo da favorire una “collaborazione armoniosa a beneficio della popolazione burundese”. “Questa rivesta una grande importanza ed urgenza in un Paese che è il più cristiano dell’Africa, con più del 65% dei fedeli cattolici, e che è stato il primo ad avere una rappresentanza della Santa Sede. Era l’11 febbraio 1963” affermano i vescovi. Ricordando che i rapporti tra Stato e Chiesa non sempre sono stati buoni, il comunicato sottolinea che questo accordo dimostra la volontà del governo di “voler progredire nel processo democratico che si caratterizza, tra le altre cose, sia per il rispetto dei diritti umani che dei partner come la Chiesa cattolica”. Creando un preciso quadro giuridico, affermano i vescovi, lo Stato permette l’intervento della “grandi Congregazioni religiose che sono altrimenti poco incoraggiate a investire in scuole, ospedali e quant’altro, in un Paese senza alcuna garanzia di tutela legale delle loro opere”. Il Burundi è uno dei primi Stati africani a firmare un accordo del genere con la Santa Sede. L’Accordo-quadro fornisce la cornice giuridica nella quale si inseriranno accordi specifici tra Stato e Chiesa in campi come l’educazione, la sanità, lo sviluppo ed altro. (R.P.)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   All'udienza generale il Papa lancia un appello per la pace in Siria.

    Altri quattro anni per Obama: in prima pagina, l'esito delle elezioni presidenziali americane.

    In cultura, il cardinale bibliotecario emerito di Santa Romana Chiesa, Raffaele Farina, presenta il saggio dell'arcivescovo Agostino Marchetto sul Concilio Vaticano II. Sullo stesso tema, un articolo di Riccardo Burigana.

    Cinema e disabilità: Giulia Galeotti su una rassegna al Goethe Institut di Roma.

    Processare un uomo per scrivere la storia: Gianpaolo Romanato sulla cattura in Argentina e la condanna a Gerusalemme del criminale nazista Adolfo Eichmann.

    Il valore permanente della “Nostra aetate”: intervento del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, in occasione della plenaria della Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo.

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    Oggi in Primo Piano



    Usa: la rielezione di Obama: "Andiamo avanti insieme come una sola nazione"

    ◊   Barack Obama è stato rieletto presidente degli Stati Uniti. Questo l’esito del voto in base al quale il capo della Casa Bianca ha avuto la meglio sul repubblicano Mitt Romney: 332 i grandi elettori conquistati dal leader dei democratici, 206 dal candidato repubblicano. Ad Obama, i messaggi augurali da parte di gran parte dei leader del mondo. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Gli americani hanno deciso: Barack Obama avrà altri quattro anni a disposizione per affrontare con maggior decisione i temi caldi del momento, interni ed esteri: la crisi economica, la riforma sanitaria, la posizione statunitense nel conflitto siriano, sul nucleare iraniano e nel difficile processo di pace israelo-palestinese. Problemi di non poco conto, per la soluzione dei quali il capo della Casa Bianca, nel suo primo discorso a Chicago da presidente rieletto, ha chiesto la collaborazione del Paese.

    “We are an american family and...
    Noi siamo una famiglia americana e andiamo avanti insieme come una sola Nazione e un solo popolo”.

    Non facile il prossimo mandato di Obama. Queste elezioni presentano un Paese ancor più diviso, con la Camera a maggioranza repubblicana ed il Senato ai democratici. Dalla sua Romney, riconoscendo la sconfitta, parlando nel suo quartier generale a Boston, ha rivolto il suo pensiero augurale a Obama:

    “I have just called president Obama...
    Ho espresso le mie congratulazioni al presidente Obama. Prego che abbia successo nel guidare la Nazione”.

    Per quanto riguarda i numeri di queste elezioni, più diffuso il voto repubblicano dal punto territoriale, ma Obama è riuscito a conquistare gli Stati decisivi, che garantiscono un maggior numero di grandi elettori, cioè coloro che ufficialmente nomineranno il presidente, che ha dalla sua anche la maggioranza, sia pure di poco, del voto popolare. Obama ha conquistato, tra gli altri gli Stati decisivi di California, Ohio, Illinois, Michigan, Pennsylvania e New York. Le affermazioni più importanti di Romney in Texas, Arizona, Missouri, Indiana, Tennessee, North Carolina.

    Dunque, mandato ad Obama per proseguire nel suo lavoro. Lo chiedono soprattutto i tanti disoccupati, il cui tasso è giunto al livello record di 7.9%, un ostacolo che Obama ha superato e che in altre elezioni ha rappresentato uno scoglio insormontabile.

    Al di là del risultato, le presidenziali americane hanno rappresentato una grande celebrazione della democrazia. Ne è convinto l’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Miguel Diaz, che nei giorni scorsi si è congedato da Benedetto XVI. L’intervista è di Alessandro Gisotti:

    R. – Prima di tutto sono lieto, una volta di più, per aver visto il popolo americano votare secondo questo grande ideale della nostra Nazione americana: il principio democratico. Una società in cui si può liberamente votare ed esprimere la volontà di un popolo. L’affermazione della democrazia è una cosa fondamentale.

    D. – Un dato di queste elezioni, che colpisce molto, è il voto delle minoranze, in particolare degli ispano-americani, che mai hanno votato così tanto come in queste elezioni...

    R. – Quello che si può dire è che ovviamente la nostra Nazione è sempre stata in cambiamento: non è un Paese statico, ma ha un dinamismo sempre in fase di miglioramento. Durante la storia, abbiamo avuto il contributo di differenti gruppi, differenti comunità e, in questa elezione, penso si sia vista la grande diversità americana, sia di quelli che hanno votato per Romney, sia di quelli che hanno votato per il presidente Obama. Quello, però, che mi è piaciuto davvero è il fatto che il popolo abbia voluto offrire la sua opinione. Io sono stato il primo ambasciatore ispano-americano presso la Santa Sede: mi piace allora sapere che il popolo ispanoamericano abbia offerto la sua visione e il suo voto nella società americana.

    D. – Quattro anni fa, il presidente Obama aveva ottenuto il 54% del voto cattolico, mentre quest’anno si è ridotto. Probabilmente, ha pesato anche la controversia sul tema della vita e sull’obiezione di coscienza nella riforma sanitaria. Su questo c’è la possibilità di un nuovo terreno comune con i cattolici?

    R. – Sia negli Stati Uniti, che nell’ambito internazionale, abbiamo un gran bisogno di “fare ponti”. Quello che io penso sia importante in questo momento, non solo per il nostro Paese, ma per il mondo intero, è continuare a lavorare per il dialogo, continuare l’azione comune, continuare lo sforzo per il bene comune. Questa penso sia la sfida più grande, che abbiamo non solo nella nostra nazione, ma nel mondo intero.

    I festeggiamenti di Obama sono partiti prima degli annunci ufficiali; Romney invece ha tardato a riconoscere la sconfitta. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Alberto Simoni, americanista del quotidiano La Stampa:

    R. - Romney ha aspettato di avere la certezza del voto in Virginia: voleva avere la certezza che non ci fossero scarti minimi che obbligassero al riconteggio in alcuni Stati. Nel momento in cui ha capito che non c’era il margine per rimontare, a quel punto è arrivata la decisione di concedere la vittoria a Obama.

    D. – Romney ancora non aveva riconosciuto la sconfitta, i festeggiamenti erano in corso e Obama ha parlato sulla rete con un messaggio, ribadendo "continueremo il lavoro iniziato", un po’ violando il rito che vede il vincitore parlare solo dopo l’ammissione della sconfitta da parte dell'altro candidato. Una particolarità di queste elezioni?

    R. - Obama nel 2008 fu il primo ad utilizzare Internet, il web, i social network, come potentissimo strumento di campagna elettorale. Uomo del suo tempo, è capace di avere un contatto immediato col suo elettorato e col popolo americano. Ecco, quindi, che intervenire su Twitter, per anticipare i tempi, fa un po’ parte di quella trasformazione della politica e della comunicazione americana, che ormai è sotto gli occhi di tutti.

    D. – Che cosa ha pesato in questa vittoria di Obama?

    R. – Penso che, alla fine, Obama abbia vinto perché molti americani non erano convinti del candidato repubblicano. Il presidente è arrivato al voto indebolito, con un’economia in difficoltà, in lenta ripresa, e Romney era tra tutti quelli che si erano presentati alle primarie come il più accreditato. Però, non era sicuramente un candidato totalmente convincente. Quindi, la vittoria di Obama è anche in parte legata alla debolezza del suo avversario.

    D. – Gli ultimi interventi sul settore auto, il rilancio del settore auto hanno inciso in questi ultimi mesi?

    R. – Sì, penso che abbiano inciso perché Stati che potevano essere dalla parte di Romney e in genere dei repubblicani, di fatto, non sono mai stati in gara. Pensiamo al Michigan che è andato agilmente a Obama; pensiamo al Wisconsin che addirittura è lo Stato di Paul Ryan, il "running mate" di Romney, il Wisconsin che è stato ancora assegnato a Obama; pensiamo all’Ohio dove tutto sommato la partita c’è stata ma si è risolta a favore di Obama. Sono tre Stati molto importanti dove General Motors e Chrysler hanno i loro quartieri generali, dove ci sono tantissimi operai, tantissimi lavoratori legati all’indotto dell’industria automobilistica. La politica di Obama di salvare l’industria dell’auto, evidentemente, è piaciuta a questi elettori.

    D. – A un certo punto, si è parlato anche del peso del voto dei cattolici preoccupati dei temi etici soprattutto per le decisioni di Obama in merito all’aborto. Pensa che questo abbia spostato consensi?

    R. – I temi etici sono rimasti fondamentalmente esclusi da questa campagna elettorale, come in parte la politica estera, quindi non penso che il mondo cattolico abbia avuto un ruolo determinante questa volta. Penso che un po’, come storicamente accade, i cattolici si siano divisi: qualcuno più preoccupato delle questioni etiche, come l’aborto, come la riforma della sanità che non piace alla Chiesa e non piace neanche a molti cattolici, ma altri abbiano preferito seguire le questioni legate al sociale e le politiche di welfare, che con Obama dovrebbero, quantomeno, avere una priorità e certezza.

    Il voto presenta, dunque, un Paese diviso. Su questo aspetto, Antonella Palermo ha intervistato Ferdinando Fasce, americanista dell'Università di Genova:

    R. – I partiti da decenni non riescono più a coagulare un consenso tale da costruire delle maggioranze coese tra l’esecutivo e il Congresso. L’elettorato è spaccato, ma è spaccato anche perché una parte – forse un terzo – vota in maniera divisa: vota il partito del presidente, da un lato, e vota un partito diverso alla Camera o al Senato.

    D. – Quali sono i nervi scoperti negli Stati Uniti?

    R. – La questione economica. Non dimentichiamo che è una questione che ha molte sfaccettature. La questione di una tassazione più equa è un tema davvero molto importante, così come lo è quel mancato – finora, nel primo quadriennio obamiano – tentativo di regolamentare i grandi potentati economici. Poi, ci sono le questioni dell’immigrazione, delle armi, dell’aborto, la questione delle unioni tra persone dello stesso sesso…

    Ma quali le sfide sul fronte internazionale che il nuovo quadriennio di Obama si appresta ad affrontare? Emanuela Campanile lo ha chiesto a Mattia Diletti, docente di Relazioni internazionali all'Università La Sapienza di Roma:

    R. – Obama ha lasciato anche alcune crisi non risolte alle spalle. Vedremo come verrà affrontata, anche in seguito alle nuove elezioni, quella in Israele e in Medio Oriente. Ci sono alcune questioni che sono ancora aperte, come anche quella della crisi in Asia tra Cina, Giappone e Nord Corea. Ce ne sono molte altre che vanno affrontate e che non sono state trattate in questa campagna elettorale, perché si è parlato poco di politica estera. Adesso, il presidente sarà più libero di cercare di fare la storia su questi temi. Poi, c’è da sostenere questo sistema ancora fragile di nuovi governi, che sono usciti dalle “primavere arabe”. C’è anche il capitolo Russia e che cosa fare rispetto al rapporto con Mosca. Più in generale, l’America ha bisogno di rafforzare se stessa. Questo è un messaggio che Obama lancia sempre. Anche nel discorso di oggi ha detto che “noi siamo credibili e sapremo ricostruire l’America come un esempio per tutti” e quindi diventare di nuovo forti dal punto di vista economico, della qualità della vita, nel saper tollerare le diversità. Questo è il messaggio che lancia Obama: l’America è forte e riesce a essere un esempio per se stessa e per gli altri.

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    Usa: voto referendario apre alle unioni gay. Via libera anche in Francia

    ◊   Oltre a scegliere il presidente degli Stati Uniti, gli elettori americani di 37 Stati si sono pronunciati ieri su alcuni quesiti referendari. La California ha bocciato la proposta di sostituire la pena di morte con l’ergastolo, senza la possibilità di libertà anticipata. Maryland e Mayne hanno detto "sì" alle unioni tra persone dello stesso sesso: incerto l’esito per lo Stato di Washington, mentre il Minnesota ha bocciato la consultazione. Negli Stati del Colorado e di Washington, è stata legalizzata la marijuana per uso generale e anche il Massachusetts ha votato a favore della sua legalizzazione, ma solo per coloro che la useranno a scopi terapeutici. In Europa, la Francia ha approvato il disegno di legge che prevede i matrimoni tra persone dello stesso sesso e la possibilità di adozione anche per le coppie omosessuali. All’inizio dell’anno, sarà il parlamento a pronunciarsi in merito. Ieri, in Spagna la Corte Costituzionale, a 7 anni dalla norma sulle unioni gay approvata dal governo Zapatero, ha bocciato il ricorso di incostituzionalità presentato dal Partito popolare. Benedetta Capelli ha intervistato Alberto Gambino, professore di Diritto privato e direttore del Dipartimento di Scienze Umane presso l’Università Europea di Roma:

    R. - Sono fatti che segnalano una tendenza in base alla quale, da un punto di vista antropologico, si possono configurare dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Questo in un’ottica di dispiegamento della libertà individuale e non in un’ottica di valore oggettivo della persona e della sua dignità. Quindi, la libertà individuale diventa la stella polare di queste decisioni prese in qualche modo a colpo di popolo, perché nel caso dei referendum americani è il popolo dei singoli Stati che si è pronunciato, mentre nel caso della Spagna è stata la Consulta, che è l’organo di garanzia suprema. Si stabilisce dunque il principio che anche con riferimento agli status - quindi alla possibilità di celebrare matrimoni - si debba rispettare la libertà individuale e non invece il dato oggettivo che ha un’origine plurimillenaria e che vede nel matrimonio la cellula fondante della famiglia.

    D. - Cosa sta cambiando, secondo lei, nell’opinione pubblica e qual è il segnale che a questo punto si deve cogliere?

    R. - Stanno cambiando le modalità di raccogliere il consenso da parte dei leader politici su questi temi. Trovo sbagliato che, accanto a delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, si voti anche per dei referendum che hanno una portata di sensibilità con temi oggettivamente legati all’antropologia. Un conto è il dato tutto politico – l’elezione di chi deve governare gli Stati Uniti – dall’altro quello dei referendum, strettamente legato alle battaglie di tendenza. Ora, siccome il presidente Obama si era espresso a favore delle nozze gay, non c’è dubbio che anche questo abbia inciso sull’esito di questi referendum. Quindi, io più che cambiamento dell’opinione pubblica parlerei del rapporto tra la costruzione del consenso intorno a questi temi e le leadership politiche. Sarebbe più corretto che il popolo fosse chiamato a esprimersi su questi temi al di fuori di un agone politico generale, con la riflessione che si deve per la delicatezza di questi temi. Quindi, non all’interno di un contesto elettorale presidenziale che, almeno a livello di trascinamento, può avere l’effetto di incidere anche sull’esito di questi referendum.

    D. - Un altro quesito referendario negli Stati Uniti ha riguardato l’abolizione della pena di morte in California: quesito respinto. Respinta anche la proposta in Florida di proibire l’uso di fondi pubblici per assicurazioni sanitarie che comprendano l’aborto. Sul fronte della vita, cosa sta accadendo?

    R. - Intanto, bisogna entrare nella cultura nordamericana, perché questo non è di per sé un elemento nuovo. Proprio in nome di questa libertà, si valuta in modo diverso anche il valore della vita umana che, nel caso specifico, viene ritenuto secondario. E allora, pure il tema della pena di morte, che per noi europei è comunque aberrante, in quell’ordinamento significa la reazione della società a chi ha prevaricato la libertà altrui attraverso dei reati efferati e quindi molto gravi, che a tal punto giustificherebbero l’eliminazione dell’essere umano. Di per sé, questo non è molto lontano anche da questa deriva nel campo “parafamiliare” delle nozze gay: anche qui non è neutrale il fatto di riconoscere convivenze gay a livello di nozze. Da qui si richiama il tema dell’adozione dei figli e la scelta di quale società vogliamo costruire per il futuro. Sono libertà che ricevono da parte dello Stato e della collettività il rango di diritti soggettivi. Tra l’altro, vorrei sottolineare che però sono ancora una minoranza gli Stati che hanno approvato queste nozze gay.

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    Uragano Sandy. Haiti in ginocchio: morti e ingenti danni all'agricoltura. L'appello della Chiesa alla solidarietà

    ◊   La Fao e il governo di Haiti reputano necessari 74 milioni di dollari entro i prossimi 12 mesi per aiutare il settore agricolo del Paese a rimettersi in piedi a seguito all'uragano Sandy. Nel Paese caraibico, tra i più poveri la mondo, già in ginocchio dopo il devastante terremoto l'uragano ha provocato circa 60 morti, danni al 70% dell'agricoltura e un aggravamento dell’epidemia di colera. Al microfono di Paolo Ondarza l’appello di mons. Launay Saturné, vescovo della diocesi haitiana di Jacmel:

    R. – In Haiti, dopo il passaggio dell’uragano Sandy, ci sono tanti problemi. Ci sono stati anche dei morti, le case sono state distrutte e la gente è povera, al punto che i genitori non riescono a mandare i bambini a scuola, perché non hanno soldi. Per tutte queste ragioni, rivolgo un appello di aiuto per la gente povera in Haiti. E’ qualcosa che dobbiamo sostenere!

    D. – Le cronache ci riferiscono di almeno 60 persone morte e del 70 per cento del raccolto, per quanto riguarda l’agricoltura, andato perduto. Questo è un grave danno per l’economica di Haiti, così duramente provata già da altre calamità naturali in passato…

    R. – Non c’è abbastanza lavoro e quindi la gente ha soprattutto l’agricoltura: tutto questo è andato perso! Prima di questo uragano ci voleva un aiuto per sostenere l’agricoltura, ora - dopo questo uragano - l’appello diventa una chiamata urgente.

    D. – Mons. Saturnay, non va poi dimenticata la tragedia rappresentata dall’epidemia di colera, che è esplosa due anni fa, e che certo l’urgano Sandy non ha migliorato…

    R. – Certo, perché tutta questa acqua non è certo una cosa buona e c’è stata una crescita del colera…

    D. – L’acqua diviene veicolo di trasmissione del colera?

    R. – Sì.

    D. – La Chiesa come si sta organizzando per far fronte all’emergenza?

    R. – La Chiesa sta lavorando con la Caritas per cercare di aiutare la gente. La gente ha una grande fiducia nella Chiesa e quindi si rivolge alla Chiesa: la Chiesa aiuta la gente spiritualmente, ma anche materialmente.

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    Abusi su minori. Telefono Azzurro: allarme nel mondo, in Italia casi triplicati dal 2006

    ◊   Nel mondo le situazioni di maltrattamento nei confronti di bambini e adolescenti restano allarmanti. In Italia, in particolare, dal 2006 ad oggi sono più che triplicati i casi di abuso fisico sui minori. E’ quanto emerge dal dossier 2012 “L’emergenza infanzia e adolescenza in Italia e nel mondo” a cura del Centro studi di Telefono Azzurro, presentato stamani a Roma nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica Italiana. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Tra le varie forme di abuso, quello sessuale, continua ad affliggere nel mondo le vite di molti bambini. Il presidente di telefono Azzurro, il prof. Ernesto Caffo:

    “Nonostante i dati ci dimostrino un calo dei casi di abuso all’infanzia, vediamo che le situazioni restano tantissime e vediamo che la prevalenza dei casi di abuso delle femmine va da 164 su mille a 197 su mille, metre per i maschi da 66 su mille a 88 su mille”.

    Nel mondo, sono oltre 215 milioni i minori implicati nel lavoro minorile e ogni anno scompaiono circa 8 milioni di bambini, circa 22 mila al giorno. Un’emergenza sempre più grave riguarda, poi, i rischi legati ad Internet:

    “Secondo una recente ricerca, più del 17.mo dei ragazzi è stato molestato online. Un ragazzo su cinque è stato adescato e quasi uno su dieci ha ricevuto offerte di denaro e regali in cambio di atti sessuali”.

    La situazione è preoccupante anche in Italia, dove negli ultimi sei anni sono più che triplicati i casi di abuso fisico su minori. In aumento percosse e maltrattamenti e, in percentuale minore, i casi di abuso psicologico e di inadeguatezza genitoriale. Ma a cosa è dovuto l’aumento dei casi di abuso? Ancora il prof. Ernesto Caffo:

    “Un elemento centrale è la crisi molte volte delle reti sociali, che impedisce di dare le risposte necessarie. Quindi, la carenza di risorse economiche porta le famiglie a non avere tempo da dedicare ai bambini; la carenza di risorse economiche nei servizi sociali, di assistenza, fa sì che molte volte le famiglie non abbiano quell’appoggio nel sistema educativo, nel sistema di supporto di comunità che sarebbe necessario. E quando entra in crisi il nucleo familiare, i bambini, le fasce deboli, sono le prime vittime di questo sistema”.

    In Italia, il pericolo per i bambini è soprattutto in casa. Altri luoghi a rischio sono la strada, la scuola o le abitazioni di amici e parenti. Nel 2012, quasi il 20% delle segnalazioni ha riguardato un bambino straniero.

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    La tortura non è ancora reato in Italia. Appello per una legge entro la fine della legislatura

    ◊   L’Italia ancora non ha introdotto il reato di tortura. Per questo ieri alcune associazioni e alcuni parlamentari hanno lanciato un appello per arrivare a una legge entro fine legislatura. Il provvedimento è, infatti, fermo in commissione Giustizia al Senato. Alessandro Guarasci:

    La tortura non è una questione che riguarda solo i regimi totalitari. Abusi, fisici e psicologici, avvengono anche negli Stati democratici. E’ il caso delle carceri o dei commissariati di polizia. Sono 25 anni che l’Italia ha recepito la convenzione che condanna questo crimine ma il reato ancora non c’è nel codice penale. Pietro Marcenaro, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato:

    “Abbiamo ratificato le Convenzioni contro la tratta, contro la violenza sulle donne, il Protocollo opzionale sulla tortura. Se adesso sulla questione dell’Autorità indipendente sui diritti umani e dell’introduzione del reato di tortura nel Codice penale – e ci sono i tempi per farlo! – noi concludessimo questo lavoro, noi potremmo dire che questa legislatura, da questo punto di vista, potrebbe avere dei risultati importanti”.

    Troppo spesso, quindi, i giudici riconoscono che sono state commesse forme di tortura, ma il reato applicato è un altro. Mauro Palma, presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura.

    “Soltanto già quest’anno abbiamo avuto almeno una sentenza del Tribunale di Asti in cui il giudice dice: 'Questo reato è tortura. Tuttavia posso perseguirlo soltanto con questo reato di abusi, e questo è andato già prescritto'".

    Su un binario morto anche la Commissione nazionale per la promozione dei diritti umani. A proporla furono Frattini, Maroni e Alfano.

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    Padre Luigi Gaetani nuovo presidente della Conferenza Italiana Superiori Maggiori

    ◊   La Conferenza Italiana Superiori Maggiori (Cism), riunita dal 5 novembre scorso ad Acireale per l’annuale Assemblea generale, ha eletto il nuovo presidente. Si tratta di padre Luigi Gaetano, dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi. Lucia Fiore lo ha intervistato, chiedendogli come abbia accolto la nomina:

    R. – L’ho accolta con sorpresa, l’ho accolta come un dono che il Signore ti fa a un certo momento della tua vita, come un segno di un cammino che deve intraprendere con tanti altri fratelli, come un segno di comunione dentro un’esperienza di vita consacrata, che già ci educa a questa tipologia di incontri e di condivisione con gli altri. Quindi, come rendimento di grazie al Signore per quanto ci dona, per quanto ci consente di fare insieme ad altri fratelli.

    D. – Cosa sono chiamati a fare i religiosi per l’Anno della Fede?

    R. – Il Papa ci dà un’immagine bellissima, quella della porta. Ma subito dopo, ci ha detto che dopo la porta non c’è il nulla, c’è la comunione con Dio. Credo che noi come religiosi siamo chiamati a fare veramente un percorso sino a quella comunione con Dio, che è segno di una intimità, di una capacità di saper vivere un innamoramento profondo, che ti prende la vita, che ti cambia la vita, che ti riscalda la vita. Una capacità di vivere la fede come compagnia, capacità di vivere la fede come comunione intima e rapporto profondo di amicizia con in Signore Gesù, come impatto con la sua persona. Siamo chiamati anzitutto a testimoniare questa bellezza di incontro, questa capacità di saper vivere la fede come una esperienza di una amicizia che ti colora la vita, ti colora l’esistenza di tante sfumature bellissime, che puoi raccontare agli altri, perché l’Anno della Fede non è poi solo la tua esperienza, ma l’Anno della Fede è l’esperienza di una compagna che è comunità credente, che è Chiesa e che ha la capacità di poterla condividere con gli altri, mettendo a disposizione l’esperienza che hai fatto, coniungandola con l’esperienza degli altri. Facendoti compagno cammino, un po’ come Gesù che accompagna i due che scendono da Gerusalemme ad Hemmaus e che li ha aiutati a mettere le ali, a ritornare e a testimoniarlo con gioia.

    D. – Su quali fronti intende impegnarsi?

    R. – Anzitutto, quello della comunità, perché un organismo come il nostro è espressione e segno di una Chiesa che si fa comunione e quindi un dialogo aperto, un dialogo fraterno, un dialogo di grande condivisione con tutti gli istituti che aderiscono alla Cism. Questa mi sembra essere la cosa più importante: la comunione che si fa dialogo con loro, che si fa corresponsabilità, che si fa condivisione, che si fa Chiesa.

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    Il 30.mo Torino Film Festival. Intervista con il direttore Amelio

    ◊   E’ stato presentato il 30.mo Torino Film Festival, l’ultima edizione diretta dal regista Gianni Amelio. Si aprirà il 23 novembre con l’esordio alla regia di Dustin Hoffman, che dirige “Quartet”, una commedia ambientata in una casa di riposo per cantanti lirici. Fino al 1° dicembre tantissimi titoli in arrivo dai Cinque continenti, molte opere prime o seconde, film classici e sperimentali nelle diverse sezioni, un omaggio a Joseph Losey e il premio Gran Torino conferito ai registi Ken Loach e Ettore Scola. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Il Torino Film Festival festeggia i suoi trent’anni e da quattro è diretto dal regista italiano Gianni Amelio. Si conferma come una manifestazione originale, che sa amministrare assai bene i pochi fondi a disposizione e le moltissime idee con le quali, ogni anno, rinnova la sua curiosa ricerca di opere nelle cinematografie dei cinque continenti. Per questo Amelio, che finisce il suo mandato, si dice orgoglioso del lavoro svolto:

    R. - E’ vero che l’ho vissuta con orgoglio questa esperienza, perché ho dato il massimo a livello di impegno. Qualcuno, magari, può pensare che un regista prestato a un Festival prenda il lavoro alla leggera: io mi sono speso e mi spendo come se davvero le sorti del mondo dipendessero dal mio lavoro e non le sorti del Festival di Torino.

    D. - Direttore, dei 223 titoli selezionati, 75 sono opere prime e seconde, delle quali sedici entrano in concorso. Una caratteristica del Festival di cui va fiero…

    R. – Assolutamente. E’ nato per essere il Festival del cinema giovane – si chiamava così i primi anni – ed è nato per valorizzare chi ancora non aveva la forza di essere valorizzato. Il Festival che consacra il già consacrato è un Festival che ha meno interesse – per quanto mi riguarda – di quanto non ne abbia un altro che, invece, va alla ricerca del talento e cerca di promuoverlo.

    D. - C’è un tema ricorrente che ha trovato quest’anno nel film selezionati?

    R. – E’ uno sguardo molto duro e molto appassionato al presente e non so se con questa espressione sono generico oppure colgo davvero il cuore del Festival di quest’anno, ma anche degli anni scorsi. Sono film che raccontano in presa diretta quello che viviamo noi oggi.

    Il vicedirettore del Festival, Emanuela Martini, ha curato con passione e rigore storico la bella retrospettiva dedicata al regista americano Joseph Losey, scappato in Inghilterra nel periodo della cosiddetta “caccia alle streghe” scatenata ai tempi del maccartismo. Verranno proiettati tutti i suoi 37 lungometraggi e molti cortometraggi, ma rimane un autore sconosciuto ai più:

    "Sconosciuto? Dipende – credo – dall’età delle persone. Una volta Losey – negli anni Settanta – veniva considerato uno dei grandi autori europei degli anni Sessanta e Settanta ed era paragonato a Bergman e a Antonioni. E’ morto nel 1985 e si è perso, se ne è persa la memoria. Chissà perché? Certo, ha avuto degli alti e bassi, ma tutti i grandi autori hanno avuto degli alti e bassi, a partire da Orson Wells. Per cui, io spero veramente che i giovani lo afferrino, perché ci sono delle atmosfere e delle storie - nel 'Servo', nell’'Incidente', ma anche in thriller precedenti o successivi come 'Caccia Sadica' – che possono essere afferrate dai giovani, così come i problemi sull’identità, sulla storia, sulla crisi dell’individuo che ai giovani possono interessare".

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Egitto: a Il Cairo i salafiti sequestrano un terreno della Chiesa copta

    ◊   "L'occupazione del terreno della diocesi di Shubra al-Kheima è una minaccia dei salafiti contro il nuovo patriarca copto Tawadros II". È quanto afferma all'agenzia AsiaNews padre Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana. Il sacerdote sottolinea che con tale gesto gli estremisti islamici vogliono intimorire il successore di Shenouda III per le sue dichiarazioni contro l'introduzione della sharia nella futura costituzione egiziana. Nella notte fra 5 e il 6 novembre, circa un centinaio di estremisti armati di bastoni e spranghe ha occupato uno spazio situato a pochi metri dalla chiesa di S. Mina a Shubra al-Kheima, nel cuore de Il Cairo. Nell'indifferenza della polizia, gli islamisti hanno presidiato il luogo per più di 24 ore e issato uno striscione con la scritta "Moschea Ebad al-Rahman". Gli agenti sono intervenuti solo questa mattina, dopo la registrazione della denuncia al ministero degli Interni. La diocesi è retta dal vescovo Antonius Morcos, responsabile dei media della Chiesa copta e portavoce del nuovo patriarca. "L'atto in sé - spiega padre Greiche - non è una novità nel panorama egiziano, ma è la prima volta che gli estremisti colpiscono da vicino un alto prelato copto". Proprio ieri Tawadros II ha denunciato lo strapotere degli islamisti nell'Assemblea costituente, dichiarando che "la Chiesa copta ortodossa si opporrà a qualsiasi iniziativa per introdurre i principi della sharia nella nuova costituzione". Oggi, diversi gruppi di attivisti cristiani e musulmani hanno chiesto l'arresto dei salafiti responsabili del gesto. I giovani del Maspero Youth Movement e i leader del Free Egyptian Party, hanno lanciato un appello al presidente Morsi per porre fine a tali atti che fomentano l'odio interreligioso. (R.P.)

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    Nigeria: ad Owerri il cardinale Filoni incontra i giovani

    ◊   “E' veramente con gioia che inizio la mia visita pastorale qui a Owerri incontrando voi, cari e amati giovani, che siete la speranza della Chiesa, gli ultimi eredi dell’evangelizzazione di coloro che, cento anni fa, hanno dato la loro vita al Signore per annunciare il Vangelo in questa terra benedetta”: con queste parole il cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha iniziato l’omelia durante la Messa per i giovani che ha presieduto questa mattina, ad Owerri, all’inizio della sua visita pastorale in questa Provincia ecclesiastica nigeriana, per concludere le celebrazioni per il centenario dell’Evangelizzazione. Dopo aver commentato il brano evangelico della preghiera di Gesù al Padre (Mt 11,25-30), proclamato nella liturgia del giorno, il cardinale Filoni ha invitato i giovani a riflettere su quale significato possano avere queste parole per loro, oggi. “Ogni volta che ci sentiamo pieni di ammirazione per tutte le cose buone che Dio ha creato, noi siamo i piccoli di cui parla Gesù!” ha detto il cardinale. “Ogni volta che nella nostra vita ci rendiamo conto che abbiamo bisogno di Dio e che la nostra vita è vuota senza la sua presenza, allora siamo i piccoli, per i quali Gesù si rallegra! Accettiamo con semplicità Gesù come nostro compagno nel cammino della nostra vita, a scuola, a casa, per la strada…”.Un altro aspetto sottolineato dal Prefetto del Dicastero Missionario riguarda la preghiera: “è importante che impariamo a pregare come Gesù prega… Gesù ci insegna che quando preghiamo il Padre celeste dobbiamo ringraziarlo e quindi terminare la nostra preghiera pregando non solo per le nostre esigenze ma anche per le esigenze delle persone che ci sono vicine, in modo da poter diventare noi stessi dono per gli altri. Le parole con cui Gesù conclude la sua preghiera – ‘Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò’ - sono rivolte alla folla, ma si rivolgono anche a noi” ha proseguito il porporato, esortando i giovani ad invitare il Signore Gesù “a venire a stare con noi”, quindi ha concluso: “E' meraviglioso sapere che sempre, e ripeto sempre, in ogni situazione della nostra vita, possiamo andare a Gesù, possiamo rivolgerci a Lui, sapendo che non ci abbandonerà mai!”. (R.P.)

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    Russia: Kirill atteso in Terra Santa per la prima visita da Patriarca di Mosca

    ◊   In quella che sarà la sua prima visita in Terra Santa da quando è diventato Patriarca di Mosca e di tutte le Russie nel 2009, Kirill, si recherà in Israele e Territori palestinesi dal 9 a 14 novembre. Lo ha reso noto il ministero degli Esteri israeliano, secondo il quale si tratterà "della più importante visita di un'autorità religiosa, dopo quella di papa Benedetto XVI". La missione - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata confermata anche dal Patriarcato greco ortodosso a Gerusalemme, che ufficialmente ospiterà Kirill. Il leader religioso dei greco-ortodossi, Theofilo III, aveva già incontrato il Patriarca russo lo scorso maggio in Kazakhstan. Lo stesso Kirill, allora a capo del dipartimento relazioni esterne della Chiesa russa, aveva guidato una delegazione da Mosca in occasione dell'intronizzazione di Theofilo III a Gerusalemme nel 2005. La visita di Kirill ha un programma denso e prevede tappe a Betlemme, Nazareth e Tiberiade, in un momento in cui è si fa sempre più delicata la situazione dei cristiani in Medio Oriente stretti tra guerre, terrorismo ed estremismo islamico. Ma ci saranno anche incontri politici. Il 13 novembre il leader della Chiesa russa attraverserà il fiume Giordano per poi incontrare ad Amman il re Abdullah II, prima di tornare a Mosca. Nonostante il portavoce del Patriarcato di Mosca, Alexander Volkov, abbia sottolineato che "la visita non ha e non può avere alcun aspetto politico", i riflettori sono puntati sui colloqui con il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e quello israeliano Shimon Peres. Quest'ultimo è atteso a sua volta domani a Mosca per colloqui con il capo del Cremlino, Vladimir Putin, come ha ricordato il sito di informazione Newsru.com, correlando i due eventi. Si presume che i capi di Stato discuteranno i temi chiave della cooperazione bilaterale e avranno uno scambio di opinioni sugli argomenti più importanti di politica estera. In particolare dovrebbero parlare della ripresa dei negoziati tra Israele e i palestinesi, ma soprattutto della crisi in Siria e del programma nucleare iraniano. Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, si discuterà anche della fornitura da parte di Mosca di armamenti ai regimi ostili a Israele. Lo stesso giornale racconta, inoltre, che per problemi di salute, Putin ha disdetto numerosi incontri previsti per la settimana, ma non ha voluto mancare a quello con Peres. La comunità russo-ortodossa in Israele riunisce circa 300mila persone giunte negli anni '90 e provenienti dall'ex Unione Sovietica. Quella russa è la più grande tra le Chiese e ortodosse orientali, con circa 150 milioni di fedeli in tutto il mondo. (R.P.)

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    India: stuprate in Orissa due ragazze cristiane, una uccisa

    ◊   Orrore e sdegno nella comunità cristiana dell’Orissa. Due ragazze cristiane di 13 anni sono state stuprate e una delle due è stata uccisa. Le due separate aggressioni di gruppo sono avvenute nel distretto di Kandhamal circa due settimane fa, ma solo ora ne è stata data notizia all’agenzia Fides. Gli episodi sono accaduti durante il festival di “Dussehara”, festività indù che celebra la vittoria del Dio Rama sul male. Secondo fonti e testimonianze locali, gli aggressori sono giovani induisti, forse legati a gruppi estremisti, che prendono di mira le ragazze cristiane perché più vulnerabili e indifese. Il distretto di Kandhamal è noto per i massacri anticristiani avvenuti nel 2008. Oggi, nota a Fides John Dayal, attivista cristiano e collaboratore della Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale dell’India, “c’è panico nei villaggi cristiani, ma anche un senso di disgusto tra gli attivisti, soprattutto per l'atteggiamento poco collaborativo della polizia”. Dayal, che ha incontrato le famiglie delle due vittime, riferisce a Fides che la prima era una studentessa della classe VII del villaggio di Dadamaha. Era andata nel vicino villaggio di Simanbadi per assistere a un 'yatra' (performance teatrale). Nella notte fra il 25 e il 26 ottobre è stata aggredita da un gruppo di giovani che l’hanno stuprata. La ragazza ha tentato di dare l'allarme ma è stata legata a un albero e strangolata. Il suo corpo è stato trovato sul bordo della strada il giorno dopo. La seconda 13enne viveva con i suoi genitori a Bhubaneswar . Il 27 ottobre era andata a vedere i festeggiamenti del “Dussehara”, che attirano una grande folla. Sulla strada di casa, è stata rapita da sei uomini, condotta nel bosco e ripetutamente violentata. Svenuta, è stata abbandonata sul posto e ritrovata la mattina dopo. Nonostante le denunce circostanziate, “la polizia locale non si è mossa, anzi è stata scortese e ha ostacolato le famiglie” riferisce Dayal. La ragazza è stata condotta davanti alla Commissione statale per i diritti dell'infanzia, dove è stata interrogata, ma le è stato dato scarso credito. La vittima, tuttora in stato di shock, è stata sottoposta a un esame medico solo il 3 novembre, una settimana dopo la sua esperienza traumatica. Quello che colpisce, conclude Dayal “è il silenzio dei mass-media e delle autorità su tali gravi casi di violenza contro le minoranze indifese”. (R.P.)

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    Nigeria: le alluvioni hanno colpito finora 7 milioni e 700 mila persone

    ◊   Continua ad aggravarsi il bilancio delle vittime causate dalle peggiori inondazioni registrate negli ultimi decenni nel sud della Nigeria. Secondo le stime dell’Agenzia nazionale per la Gestione delle emergenze della Nigeria (Nema), dal mese di luglio sono morte circa 400 persone e altre 2 milioni e centomila hanno dovuto abbandonare le loro case. Le alluvioni, definite dalle autorità locali ‘disastro nazionale’, hanno colpito 7 milioni e 700 mila persone, delle quali 18.282, travolte dai fiumi, sono rimaste ferite. Nonostante le autorità non lo confermino, le conseguenze del disastro sono molto gravi e potrebbero causare una crisi alimentare a causa delle colture rimaste sommerse dall’acqua. Danni sono stati arrecati anche all’estrazione petrolifera, una delle principali fonti di guadagno pubblico, e la produzione si è ridotta a 500 mila barili al giorno, circa un quinto del suo potenziale. La maggior parte degli alluvionati ha criticato la risposta inadeguata delle autorità, nonostante ogni anno forti piogge si abbattano tra agosto e ottobre negli stati di Bayelsa e Delta. (R.P.)

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    Sudan: fallito piano per aiuti umanitari nel Sud Kordofan

    ◊   Il governo del Sudan ha annunciato il fallimento di un’iniziativa internazionale che avrebbe dovuto consentire la distribuzione di aiuti umanitari nelle regioni di frontiera del Sud Kordofan e del Nilo Blu, dove nell’ultimo anno e mezzo un conflitto armato ha costretto centinaia di migliaia di persone a lasciare le loro case. “Il protocollo d’intesa sottoscritto dal governo del Sudan con l’Onu, l’Unione Africana e la Lega Araba il 5 agosto – ha detto ieri il commissario del Sudan per gli Aiuti umanitari, Abdul Rahman – prevedeva un piano da applicarsi entro 90 giorni; i termini sono scaduti il 2 novembre, senza che sia stato raggiunto alcun risultato”. Secondo il commissario, il fallimento dell’iniziativa è dovuto al rifiuto dei ribelli del Movimento di liberazione popolare del Sudan-Nord (Splm-N) di acconsentire a un cessate-il-fuoco temporaneo e all’apertura di corridoi umanitari nelle zone sotto il loro controllo. Il piano internazionale - riferisce l'agenzia Misna - prevedeva che gli aiuti fossero distribuiti dalla Mezzaluna Rossa del Sudan e che raggiungessero esclusivamente la popolazione civile. Khartoum si è sempre opposta al coinvolgimento di altri Paesi, in particolare il Sud Sudan, accusato di offrire basi e sostegno all’Splm-N dall’altro versante del confine. Secondo l’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), il conflitto tra esercito e ribelli nel Sud Kordofan e nel Nilo Blu ha costretto oltre 415.000 persone a lasciare le loro case e circa 240.000 ad attraversare i confini con il Sud Sudan e l’Etiopia. Solo nelle aree del Sud Kordofan sotto il controllo dell’Splm-N bombardamenti e scontri armati avrebbero contribuito a un’emergenza alimentare che sta colpendo tra le 200.000 e le 250.000 persone. (R.P.)

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    Etiopia: per l'Ogaden la pace è più lontana

    ◊   Ancora una volta, le speranze di una soluzione al conflitto nell’Ogaden alimentate dall’annuncio di un nuovo negoziato di pace si sono sciolte come neve al sole. Il fallimento degli incontri, mediati dal Kenya tra rappresentanti del governo e esponenti dell’Onlf (Fronte nazionale per la liberazione dell’Ogaden), ha allontanato le possibilità di una pacificazione della Regione cinque, a maggioranza somala, nel sud-est del paese. “La decisione di avviare nuovi colloqui era stata avanzata dall’ex-primo ministro Meles Zenawi. Era lui che aveva chiesto al Kenya di mediare, nella speranza che un terzo elemento potesse scongiurare il rischio dell’impasse in cui si sono sempre arenati i precedenti tentativi di dialogo – racconta all'agenzia Misna Ahmed Gurhan, esponente dell’ufficio politico dell’Onlf – Noi, dal canto nostro, avevamo chiesto che gli incontri si svolgessero in un luogo neutro e che non fossero sottoposti a precondizioni”. Fondato nei primi anni ’80, mentre il Paese era ancora teatro della guerra civile, l’Onlf rivendica a nome del popolo ogadeni, il diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza da Addis Abeba tramite referendum. In base al calendario stabilito negli incontri preliminari, quest’ultima tornata di colloqui avrebbe dovuto cominciare il 30 agosto ma il 20, appena dieci giorni prima, il governo di Addis Abeba ha confermato la notizia – circolata come un’indiscrezione già nei giorni precedenti – della morte di Zenawi. “Il mediatore keniano ci ha chiesto di rinviare l’appuntamento – ricorda Gurhan – per dare svolgimento alle esequie a livello nazionale. Ma all’incontro successivo, il 6 e 7 settembre, la delegazione governativa ci ha chiesto di riconoscere la Costituzione etiopica del 1994 come condizione preliminare al dialogo. I presupposti erano radicalmente mutati rispetto agli impegni presi”. Una versione, quella riferita da Gurhan, parzialmente smentita da Tesfu Fissaha, consigliere politico dell’Ambasciata etiopica in Italia per cui “il riconoscimento della Costituzione non costituisce di per sé una precondizione ma un elemento che da sempre contraddistingue l’approccio del governo sulla questione”. Di sicuro, mentre l’iniziativa per il negoziato sembra ferma ad un binario morto, restano gli allarmi sollevati dalle agenzie umanitarie che dal 2007 non hanno più accesso all’Ogaden, in conseguenza del blocco imposto dalle autorità etiopi. A intervalli costanti, elementi della società civile denunciano abusi e torture dei gruppi paramilitari nei villaggi della regione, ai danni di circa 7 milioni di abitanti, vittime di un conflitto ‘fantasma’ nel cuore del Corno d’Africa. (R.P.)

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    Mali: aumentano gli sfollati ed i timori per il futuro

    ◊   In due mesi è aumentato di 85.000 il numero di persone sfollate all’interno del territorio del Mali: una condizione che in tutto riguarda 203.845 cittadini del paese del Sahel. L’ultimo dato - riportato dall'agenzia Misna - è stato diffuso dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr). Il precedente bilancio del mese di settembre, ha ricordato il portavoce Adrian Edwards, confermava la presenza di 118.795 sfollati interni. La sola capitale, Bamako ha accolto almeno 46.000 persone invece di 12.000 lo scorso luglio. Operatori umanitari e fonti di stampa maliane ricollegano l’impennata di sfollati all’insicurezza diffusa e alle gravi violazioni dei diritti umani commessi dai gruppi armati che da sette mesi hanno preso il controllo delle regioni settentrionali di Gao, Kidal e Timbuctù, ma anche alla “paura per un intervento militare imminente”, allo “scarseggiare dei beni di prima necessità” e all’ “accesso limitato ai servizi essenziali”. L’aggiornamento dei dati, ha sottolineato Edwards, è stato reso possibile dai censimenti realizzati a Bamako dall’Organizzazione internazionale per la migrazione (Oim) e dal gruppo di lavoro istituito con altri organismi Onu – la Commissione sui movimenti delle popolazioni in Mali – che è riuscito ad andare sul fronte di crisi. Agli sfollati interni si aggiungono altri 200.000 maliani che hanno varcato i confini entrando nei confinanti Niger, Burkina Faso e Mauritania, ma anche in Guinea e Costa d’Avorio. L’Unhcr ha sottolineato che il flusso continua ma che l’accesso ai campi sta diventando più difficile, soprattutto in Niger “dove il livello della sicurezza è davvero preoccupante” ha precisato il portavoce dell’organismo Onu, evocando i “rischi aumentati di rapimento degli operatori umanitari che devono circolare scortati da agenti armati”. Nei giorni scorsi sono stati liberati cinque operatori umanitari nigerini – un collega ciadiano è rimasto ucciso – rapiti lo scorso 14 ottobre, a Dakoro, località della regione sud-orientale nigerina di Maradi, o dagli islamici del Movimento per l’unità e il jihad nell’Africa occidentale (Mujao), un gruppo che controlla il Nord del Mali con Ansar Al Din e Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi). L’agenzia Onu ha espresso una particolare preoccupazione per la sorte dei bambini e degli adolescenti rifugiati che da mesi non hanno accesso all’istruzione; nei campi del Niger devono ancora essere allestite le aule scolastiche. Dei 150 milioni di dollari richiesti per prestare assistenza a sfollati e rifugiati l’Unhcr ne ha effettivamente ricevuti il 41,7%. Gli ultimi dati sulle conseguenze umanitarie della crisi nel Nord del Mali sono stati diffusi mentre a Bamako i capi di stato-maggiore dei Paesi membri della Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale (Cedeao) stanno valutando la strategia militare da attuare al Nord, che prevede il dispiegamento di 4000 uomini degli eserciti della regione. Nei giorni scorsi esperti della Cedeao, dell’Onu e dell’Unione Africana hanno messo a punto uno schema di intervento di una missione africana – sostenuta dai militari europei e statunitensi – da presentare al Consiglio di sicurezza dell’Onu che il 12 ottobre ha dato una scadenza di 45 giorni ai Paesi dell’Africa occidentale. (R.P.)

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    Sri Lanka: appello del cardinale Ranjith per i profughi di Mullikulam

    ◊   I profughi di Mullikulam (distretto di Mannar) nutrono "speranza e fiducia" nel cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, e in Gotabaya Rajapaksa, segretario alla Difesa, attesi nei prossimi giorni. Durante la visita, gli sfollati interni affronteranno il problema del loro reinserimento. Cacciati nel 2007 dal loro villaggio d'origine, nel giugno scorso il governo li ha "sistemati" nella giungla di Marichchikattu. Al momento, ci vivono 212 famiglie, tutti tamil cattolici. "Il cardinale - spiegano gli sfollati all'agenzia AsiaNews - è un grandissimo pilastro della Chiesa, che può comprendere il nostro dolore. Dal 2007 siamo senza cibo, rifugio e lavoro". La richiesta di questa gente è tornare nelle loro case di Mullikulam, che dal punto di vista legale sono ancora di loro proprietà. "Anche se ci dicessero di costruire delle abitazioni altrove - sottolineano -, noi non accetteremmo. Vogliamo tornare nelle nostre terre". Da quando è iniziata la stagione delle piogge, la vita nella giungla è ancora più difficile del solito. "Metà delle famiglie - raccontano - se ne sono andate per timore che le alluvioni spazzassero via le loro povere capanne. Se potessimo tornare a casa, non dovremmo più aspettare che qualcuno venga a portarci cibo, o vestiti. Vogliamo guadagnarci da vivere, per sfamare i nostri figli e tornare alla normalità. Invece, siamo qui a soffrire". (R.P.)

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    Bangladesh: il cardinale Murphy-O’Connor Inviato Speciale del Papa per il 125° dell’arcidiocesi di Dhaka

    ◊   Con una visita al seminario di Dacca e un incontro con i vescovi del Bangladesh, riuniti per la loro assemblea plenaria nella capitale bengalese, è iniziata lunedì la visita ufficiale in Bangladesh del cardinale Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo emerito di Westminster. L’ex primate inglese è stato nominato Inviato Speciale del Santo Padre alle celebrazioni del 125° anniversario dell’arcidiocesi di Dhaka e del IV centenario dell’evangelizzazione del territorio bengalese, previste dal 9 al 10 novembre. Ad accompagnarlo una missione composta da don Abel B. Rozario e da padre Adam Pereira. Nella prima giornata di visita il cardinale O’Connor ha presieduto una Messa per i seminaristi bengalesi ai quali ha trasmesso la benedizione del Santo Padre ed è intervenuto alla plenaria dei vescovi. Al centro della sua riflessione i quattro documenti conciliari ai quali ha fatto riferimento il Santo Padre Benedetto XVI all’Udienza generale del 10 ottobre scorso, alla vigilia della solenne apertura dell’Anno della Fede: la Costituzione sulla Sacra Liturgia “Sacrosantum Concilium”, quella sulla Chiesa “Lumen Gentium”, quella sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum” e la “Gaudium et spes”, la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo moderno. Il cardinale O’Connor ha esortato in particolare i vescovi del Bangladesh ad incoraggiare i loro fedeli e sacerdoti alla preghiera, alla lettura assidua della Bibbia e a pianificare la loro azione pastorale per approfondire la fede dei cattolici bengalesi, soprattutto in questo anno speciale. Con riferimento alla “Gaudium et Spes”, il porporato ha esortato la Chiesa bengalese a “testimoniare la carità cristiana” continuando la sua opera nel settore educativo, sanitario e sociale e a promuovere il dialogo con i fratelli musulmani. La visita del cardinale O’Connor è proseguita ieri con una messa per la Conferenza dei religiosi del Bangladesh. Oggi ha rivolto un discorso alla Islamic Fundation. Quindi, il 9 novembre, la solenne celebrazione per il 125° anniversario dell’arcidiocesi di Dacca e l’apertura dell’Anno della Fede in Bangladesh. Il porporato svolgerà l’omelia e rivolgerà un discorso ai rappresentanti delle altre Chiese cristiane presenti alla celebrazione. (R.P.)

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    Panama: un minuto di preghiera per la pace nel Paese

    ◊   La Chiesa cattolica di Panama ha promosso una iniziativa speciale: ha chiesto a tutti, ovunque si trovassero (a casa, al lavoro, per strada, in macchina) un minuto di preghiera per la nazione, ieri, 6 novembre, alle 3 del pomeriggio. Mons. José Domingo Ulloa Mendieta, arcivescovo di Panama, ha guidato il minuto di preghiera attraverso Fetv Canale 5, e nella riflessione che è seguita ha chiesto all'Onnipotente di liberarci dal male, da tutto ciò che umilia la condizione umana, dall’egoismo che ci rende insensibili al dolore degli altri. La motivazione principale di questa iniziativa di preghiera è stata quella di offrire un servizio, da parte dei cattolici, “al nostro amato Paese, specialmente in questo mese di novembre", come ha scritto l'arcivescovo di Panama in una nota inviata all'agenzia Fides. Novembre infatti è il mese della festa nazionale, il 3 novembre si è celebrato la Giornata di Panama, e oggi, si riapre il dialogo su Colon. Dopo il minuto di preghiera, l’arcivescovo si è recato nella Basilica Minore Don Bosco, dove ha presieduto l'Eucaristia del pomeriggio, in occasione della Giornata di Digiuno e Preghiera per la Patria, iniziativa della Commissione arcidiocesana. All'Eucaristia erano presenti funzionari del governo, tra cui il Presidente Ricardo Martinelli, ed alcuni ministri. Nell'omelia l'arcivescovo ha detto tra l’altro: "Dobbiamo somigliare a Dio e scoprire che il nostro prossimo è un fratello, dobbiamo trasformare la nostra vita e lavorare per il bene comune dei panamensi. Mettiamo davanti al Signore il tavolo di dialogo che inizia domani a Colon, affinché riusciamo a trovare la via definitiva per la riconciliazione e lo sviluppo umano". Secondo le informazioni raccolte da Fides, l'iniziativa dell'arcidiocesi, si è svolta anche in tutte le diocesi del Paese, dove l’intenzione di preghiera si è incentrata nella richiesta di riconciliazione e pace dopo i tristi eventi di Colon. (R.P.)

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    Brasile: le proposte del Forum dei vescovi per il dialogo fra governo e istituzioni assistenziali

    ◊   Dopo due giorni di lavoro, i rappresentanti delle organizzazioni della società civile hanno presentato, nel pomeriggio di ieri a Brasilia, alcuni suggerimenti a conclusione del Seminario "Relazioni Stato e società". Le proposte sono state presentate al Ministro della Segreteria Generale della Presidenza della Repubblica, Gilberto Carvalho, che ha partecipato alla cerimonia di chiusura della manifestazione. La nota inviata dalla Cnbb all’agenzia Fides informa che il Seminario, organizzato dalla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), in coordinamento con varie organizzazioni sociali e Chiese cristiane, ha riunito numerosi esperti e si è concluso con 14 proposte finali. Esse mirano a favorire il dialogo tra la società e lo Stato, oltre a soddisfare le esigenze delle istituzioni religiose e delle organizzazioni della società civile, in modo che possano continuare il loro servizio alla società. Secondo il Segretario Generale della Cnbb, mons. Leonardo Ulrich Steiner, il nuovo quadro normativo dovrebbe facilitare l'azione e il dialogo con gli enti governativi. "Il documento che abbiamo consegnato al ministro Gilberto Carvalho è motivato dalla preoccupazione di una diminuzione delle nostre istituzioni nel servizio che prestiamo ai bisognosi. Questo accade per la fiscalizzazione e per alcuni decreti. Pertanto instaurare un dialogo tra lo Stato e la società è di vitale importanza". Il Ministro, nel suo intervento finale, ha informato che entro la fine della prossima settimana il processo di consultazione per quanto riguarda il quadro normativo dovrebbe essere riaperto, e poi portato al Congresso. “La volontà politica del governo è di approfondire il contributo delle istituzioni che partecipano all'assistenza delle persone” si legge nella nota della Cnbb. (R.P.)

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    Costa Rica. Record storico: un adolescente su tre è povero

    ◊   Un bambino o un adolescente su 3 vive in condizioni di povertà, e 481.764 minori hanno difficoltà a soddisfare i loro bisogni primari di cibo, accesso ai servizi sanitari, casa, acqua ed elettricità. E’ quanto emerge dal 18° rapporto Estado de la Nación presentato ufficialmente nel Paese. Il problema è particolarmente critico tra i minori di 12 anni, che costituiscono la fascia di età più povera del Costa Rica. Tra questi l’incidenza della povertà supera il 35%. Secondo alcuni ricercatori, la tendenza è dovuta agli alti tassi di natalità che si registrano negli ambienti più poveri. In percentuale i livelli di povertà e povertà estrema sono simili a quelli dell’anno scorso e si attestano rispettivamente al 21,6% e al 6,4%. Tuttavia, considerando la crescita della popolazione, la cifra totale dei poveri nel 2011 ha raggiunto il suo livello storico più alto: 1.140.435. Di queste persone 336.305 vivono in condizioni di povertà estrema. Inoltre, il rapporto segnala che continua a crescere la disuguaglianza tra i settori della popolazione che guadagnano di più e quelli che guadagnano meno. L’iniquità si manifesta anche in termini geografici: nella zona centrale la povertà è del 17,7%, in quelle più povere, come Brunca e Chorotega, supera il 30%. (R.P.)

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    Sud Sudan: precisazioni del vescovo di Torit sul contributo alla ricostruzione della cattedrale da parte di studenti musulmani

    ◊   In relazione alla proposta di un gruppo di giovani musulmani di contribuire alla ricostruzione della Cattedrale di Torit (in Sud Sudan), un comunicato, emesso per conto di mons. Akio Johnson Mutek, vescovo di Torit, chiarisce la situazione. Il documento, inviato all’agenzia Fides, ricorda che un anno fa un gruppo di studenti musulmani del Darfur, in un incontro con mons. Mutek, si dichiarò disponibile a contribuire alla ricostruzione della Cattedrale dei santi Pietro e Paolo e della chiesa della parrocchia di Kimotong, come gesto di riconoscenza per quanto Lopez Lomong, atleta americano di origine sudanese (ed ex bambino soldato fuggito ai suoi aguzzini), stava facendo per il Darfur. Lamong, membro del “Team Darfur” alle Olimpiadi di Pechino, aveva lanciato un appello alla comunità internazionale perché intervenisse a fermare i bombardamenti aerei contro i civili del Darfur. Visto che questa proposta ha suscitato alcune incomprensioni tra i fedeli, mons. Mutek desidera precisare i fatti attraverso un comunicato in cui si afferma che lui non ha sollecitato alcun aiuto da parte di questo gruppo, l’offerta è frutto di una loro spontanea iniziativa; gli studenti fanno parte di una fondazione no-profit con base negli Usa, la Sudan Sun Rise che ha tra i suoi scopi quello di favorire la riconciliazione tra le comunità del Sud Sudan e del Sudan; la ricostruzione della cattedrale è ancora nella fase di dialogo tra la diocesi e il gruppo di studenti e nessuna decisione definitiva è stata presa; gli studenti hanno affermato con chiarezza di non avere nessuna fonte di finanziamento ma che intendono raccogliere fondi attraverso una campagna mediatica condotta negli Usa e in Europa; la diocesi non è a conoscenza di nessun’altra organizzazione alla quale gli studenti sono collegati, a parte Sudan Sun Rise; gli studenti hanno promesso un “contributo finanziario” e non che avrebbero ricostruito la cattedrale da soli. “La diocesi è molto attenta e sensibile alle preoccupazioni espresse dai cristiani e vuole quindi assicurare l’opinione pubblica, e specialmente i fedeli, che nulla è stato finora concretamente eseguito. Le consultazioni continuano per far sì che ogni aspetto di questa delicata questione venga meticolosamente affrontato, chiarito e compreso da tutti” conclude il comunicato. La cattedrale ha subito diversi danni durante i decenni di guerra civile, ma “è sempre rimasta il simbolo di una lunga storia di profonda fede e di tradizione religiosa della Chiesa locale”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 312

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.