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Sommario del 06/11/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa prega per la missione della Chiesa: sia luce di Dio tra le nazioni
  • Quinto anniversario del Summorum Pontificum. Il Papa: i fedeli manifestino la loro unità nella fede
  • Mons. Mamberti all'Interpol: alleanza cittadini-forze dell'ordine per sconfiggere la criminalità
  • Convegno sulla Sala Stampa vaticana: interviste con padre Lombardi e Navarro Valls
  • Venti anni del Catechismo. I commenti di padre Kowalczik: "Il desiderio di Dio nel cuore dell'uomo"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Stati Uniti al voto: Obama e Romney alla sfida del cambiamento
  • Grecia: tagli voluti dalla Troika al vaglio del Parlamento. Sciopero generale in tutto il Paese
  • Israele: nuove case per i coloni. Mons. Shomali: la Terra Santa ha bisogno di pace
  • Nicaragua: scontri nella capitale, dopo la netta vittoria dei sandinisti alle elezioni
  • Giornata Onu per tutelare l’ambiente in tempo di guerra
  • Piano del governo per distribuire alimenti agli indigenti: oltre 3,6 milioni in Italia
  • A Pavia l’associazione “no slot” chiede conti bloccati per i malati del gioco
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: Lavrov incontra premier disertore, nuove defezioni anti-Assad
  • Siria: la comunità cristiana chiede il rilascio di un cantautore armeno e di altri sette rapiti
  • Plauso del mondo ecumenico per l'elezione del nuovo Patriarca copto Tawadros
  • Terra Santa: suore e cristiani di Betlemme per la pace israelo-palestinese
  • Pakistan: ancora una scuola bruciata a Lahore
  • Irlanda: sì dei vescovi a emendamento costituzionale per la tutela dell’infanzia
  • India: 100 mila sfollati e 50 morti per le alluvioni in Andhra Pradesh
  • Il Somaliland sommerso dalle piogge: migliaia di sfollati e abitazioni distrutte
  • Sud Sudan: 200 persone nel braccio della morte in condizioni disumane
  • Anche a Cuba gravi danni a causa dell'uragano Sandy
  • Brasile: la missione al centro della riunione del Consiglio permanente dei vescovi
  • Bolivia: i vescovi celebrano i 50 anni della Conferenza episcopale e aprono l’Anno della Fede
  • Cina: le linee dei vescovi per vivere l’Anno della Fede
  • Malaysia: dai leader religiosi "no" alla religione per fini politici
  • Bangkok: incontro del Consiglio Mondiale delle Chiese sui lavoratori immigrati
  • Indonesia: i cattolici lanciano un movimento di massa anti-corruzione
  • Madagascar: la povertà fa dilagare la prostituzione
  • 52.ma Assemblea dei Superiori maggiori: evangelizzazione e responsabilità dei religiosi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa prega per la missione della Chiesa: sia luce di Dio tra le nazioni

    ◊   Con l’intenzione missionaria del mese di novembre, Benedetto XVI chiede preghiere affinché “la Chiesa pellegrina sulla terra risplenda come luce delle nazioni”. Il recente Sinodo sulla nuova evangelizzazione ha riproposto in modo ampio il tema dell’annuncio del Vangelo e della sua forza innovatrice. Una missione che Benedetto XVI ha sempre esortato a vivere con coraggio e creatività, nonostante il mondo viva “come se Dio non esistesse”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    È Papa da cinque giorni, Benedetto XVI, il 24 aprile 2005. La Chiesa che Dio gli ha appena affidato è a metà del primo decennio del nuovo secolo: un “guado” ostico, dal punto di vista cristiano, tra persecuzioni che affilano le lame a Oriente e masse crescenti di cristiani a Occidente che al rapporto con Dio preferiscono i “link” verso altre forme di comunicazione. In questo scenario, il nuovo Papa inizia il suo ministero enunciando con lineare certezza il ruolo della Chiesa nel mondo:

    “Noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita (...) Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui”. (Messa inizio Ministero petrino, 24 aprile 2005)

    Se il mondo ancora oggi tende a uno sviluppo sbilanciato, se sradicare la povertà è l’obiettivo alto di un millennio iniziato con troppi “bassi” – terrorismo, guerre, radicalismi armati – la Chiesa, ribadisce il Papa, ha un solo dovere. Quello di annunciare e riannunciare che in un mondo con molti mali…

    “…Dio ha introdotto la guarigione. È entrato in persona nella storia. Alla permanente fonte del male ha opposto una fonte di puro bene. Cristo crocifisso e risorto, nuovo Adamo, oppone al fiume sporco del male un fiume di luce (…) che viene da Cristo”. (Udienza generale, 3 dicembre 2008)

    E a incanalare questo fiume di luce nel mondo è e resta la Chiesa, perché è questa la missione affidatale da Gesù e perché il deficit di bene che scava il volto dell’umanità chiede urgentemente di essere colmato:
    “Quanto è importante che confluiscano nell’umanità forze di riconciliazione, forze di pace, forze di amore e di giustizia (...) È proprio ciò che avviene nella missione cristiana. Mediante l’incontro con Gesù Cristo e i suoi santi (...), il bilancio dell’umanità viene rifornito di quelle forze del bene, senza le quali tutti i nostri programmi di ordine sociale non diventano realtà, ma – di fronte alla pressione strapotente di altri interessi contrari alla pace ed alla giustizia – rimangono solo teorie astratte”. (Udienza alla Curia Romana, 21 dicembre 2007)

    Ha osservato alcuni anni fa Benedetto XVI: “Il compito missionario non è rivoluzionare il mondo, ma trasfigurarlo”. E la trasfigurazione è un “fenomeno” di luce, che da duemila anni accende la scintilla di un fuoco particolare:

    “Il vero fuoco, lo Spirito Santo, è stato portato sulla terra da Cristo. Egli non lo ha strappato agli dèi, come fece Prometeo, secondo il mito greco, ma si è fatto mediatore del ‘dono di Dio’ ottenendolo per noi con il più grande atto d’amore della storia: la sua morte in croce”. (Messa di Pentecoste, 31 maggio 2009)

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    Quinto anniversario del Summorum Pontificum. Il Papa: i fedeli manifestino la loro unità nella fede

    ◊   «Attraverso questo motu proprio, il Santo Padre ha voluto rispondere all’attesa dei fedeli legati alle forme liturgiche anteriori» al Concilio Vaticano II. Lo ha ribadito il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, nel messaggio inviato a nome di Benedetto XVI in occasione del quinto anniversario della lettera apostolica Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, entrata in vigore il successivo 14 settembre. «È cosa buona — ricorda il porporato, citato dall’Osservatore Romano — conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa e dar loro il giusto spazio, riconoscendo tuttavia pienamente il valore e la santità della forma ordinaria del rito romano». Nell’Anno della fede «promulgato mentre la Chiesa celebra il 50° anniversario del Concilio Vaticano II — aggiunge — il Santo Padre invita tutti i fedeli a manifestare in modo particolare la loro unità nella fede; così essi saranno artefici efficaci della nuova evangelizzazione». Il messaggio in lingua francese è stato letto in occasione del pellegrinaggio internazionale a Roma «Una cum Papa nostro», organizzato dal Coetus internationalis Summorum Pontificum e culminato con la Messa presieduta sabato pomeriggio, 3 novembre, nella Basilica di San Pietro, dal cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Alla celebrazione secondo la forma straordinaria del rito romano hanno partecipato numerosi fedeli appartenenti ai gruppi legati all’uso del messale approvato nel 1962 da Giovanni XXIII e in vigore fino alla riforma conciliare.

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    Mons. Mamberti all'Interpol: alleanza cittadini-forze dell'ordine per sconfiggere la criminalità

    ◊   “Nell’alleanza e nella solidarietà tra cittadini e forze dell’ordine si realizza il miglior bastione di resistenza alla criminalità”: è quanto ha affermato ieri mons. Dominique Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, nel suo intervento all'81.ma Assemblea generale dell'Interpol, aperta ieri a Roma alla presenza di oltre mille delegati di 170 nazioni. Durante l’incontro sono state ricordate le 500mila persone uccise ogni anno nel mondo per atti di violenza. Un prezzo ''che non possiamo permetterci'' – ha detto il segretario generale dell'Interpol, Ronald K. Noble, ''occorre rafforzare la cooperazione internazionale tra le polizie di tutto il mondo per prevenire e contrastare criminalità e terrorismo''.

    Da parte sua mons. Mamberti, ha sottolineato che “i primi anticorpi ad ogni forma di criminalità sono proprio i cittadini di ogni Paese”. Il presule ha osservato che “nel corso degli ultimi decenni il fenomeno criminale ha conosciuto un incremento sostanziale” e che “le caratteristiche dell’azione criminale si sono evolute in modo preoccupante, essendosi pericolosamente aggravate l’aggressività e l’efferatezza degli episodi. Inoltre, le attività criminali si articolano ad un livello ormai planetario, con sistemi di coordinamento e secondo patti criminali che superano i confini degli Stati. La globalizzazione è arrivata dunque a plasmare anche questo ambito drammatico della vita umana”. Ha quindi osservato che l’autorità pubblica “trae necessariamente la propria vitalità ed autorevolezza da un costante riferimento ad un oggettivo ordine etico. Quando l’autorità perde il credito e la fiducia dei cittadini, e si appoggia solo al formalismo giuridico, al mero governo delle regole, senza uno sguardo di verità sull’uomo, questa autorità diventa un gigante coi piedi d’argilla”.

    E’ necessario poi promuovere lo stato di diritto. Per realizzare questo obiettivo “occorre riunire, in un insieme armonico, un certo numero di condizioni: precise norme costituzionali concernenti la separazione dei poteri e le competenze dei diversi organi, la trasparenza degli atti di governo, il controllo giurisdizionale esercitato da una magistratura indipendente, ma anche l’esistenza di voci diverse capaci di esprimersi liberamente nello spazio pubblico”. Mons. Mamberti ha precisato che “il valore trascendente della dignità umana, radicata nella natura stessa dell’uomo e riconoscibile dalla retta ragione, offre allo stato di diritto un fondamento di sicura stabilità, perché corrispondente alla verità dell’uomo in quanto creato da Dio, e permette al tempo stesso che lo stato di diritto possa perseguire il suo vero scopo, che è la promozione del bene comune. Se, in effetti, manca questo riferimento fondamentale, si creano dei rischi di squilibrio: anche l’affermazione dell’eguaglianza davanti alla legge può servire di alibi a evidenti discriminazioni e, d’altra parte, un’affermazione eccessiva di uguaglianza può dar luogo a un individualismo dove ciascuno rivendica i propri diritti, sottraendosi alla responsabilità del bene comune”.

    Quindi, “tra le azioni più efficaci per creare un contesto sociale ordinato al bene comune figura la rimozione delle cause che originano ed alimentano situazioni di ingiustizia. In questo ambito un ruolo primario e preventivo deve essere riconosciuto all’educazione ispirata al rispetto della vita umana in ogni circostanza. Senza di essa non è possibile infatti realizzare un tessuto sociale forte e coeso nei valori fondamentali, capace di resistere alle provocazioni della violenza estrema”. Il presule ha poi sottolineato che “il criminale, per quanto gravi possano essere i reati commessi, resta sempre una persona umana, dotata di diritti e doveri”. Per questo, “ogni restrizione della libertà individuale, pur se finalizzata alla prevenzione o repressione dell’attività criminale, per essere legittima non dovrà mai divenire lesiva della dignità personale o compromettere ingiustamente un effettivo esercizio dei diritti umani”. “È solo operando in tali termini – ha concluso - che le autorità di governo, le forze di polizia e tutte le istituzioni deputate alla sicurezza, riusciranno a suscitare ed alimentare la fiducia e il rispetto dei cittadini, rinnovando il fondamento dello stato di diritto e rendendo sempre più efficace la lotta alla criminalità”. (S.C.)

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    Convegno sulla Sala Stampa vaticana: interviste con padre Lombardi e Navarro Valls

    ◊   “La nascita e lo sviluppo della Sala Stampa vaticana: dal Concilio ad oggi” è il titolo del convegno che si è tenuto oggi alla Lumsa, Libera Università Maria SS. Assunta di Roma. Un incontro per fare il punto sulle nuove sfide dell’istituzione vaticana ma anche sulle prospettive future. C’era per noi Benedetta Capelli:

    Un ufficio incaricato di diffondere le notizie riguardanti gli atti del Sommo Pontefice e l'attività della Santa Sede. In una lettera della Segreteria di Stato del 28 maggio 1986, Giovanni Paolo II approvava questa istituzione che prima di allora dipendeva dalla Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali. Precedentemente, nel 1966, la Sala Stampa era stata istituita come organismo informativo del Concilio Vaticano II, un momento cruciale non solo per la Chiesa ma anche per i giornalisti che lo dovevano comunicare. Un rapporto dunque diretto, istituzionale che – ha detto padre Federico Lombardi, attuale direttore della Sala Stampa – deve collocarsi e ricollocarsi continuamente in una prospettiva dinamica per tenere conto delle diverse "costellazioni" in cui svolge il suo lavoro:

    “Attualmente la Sala Stampa continua ad essere un’istituzione vitale per il rapporto fra la Santa Sede e tutto il mondo delle comunicazioni. E’ un po’ una porta aperta, di comunicazione, nei due sensi: le domande che vengono dal mondo, da una parte, e le risposte che l’istituzione dà. E’ un servizio estremamente importante, a cui fanno capo corrispondenti, giornalisti di tantissime testate. Ne abbiamo più di 400, attualmente, accreditati qui a Roma, anche se non tutti sono dei frequentatori assidui. Altri invece seguono con grande attenzione, con profondità ed anche con competenza gli argomenti che vengono presentati o che devono venire discussi. Spesso il confronto con loro è molto utile, anche per me, per noi informatori ecclesiali, per cogliere le attenzioni, i punti focali delle problematiche che la gente vive”.

    Altra parola chiave, più volte ripetuta da padre Federico Lombardi, è la trasparenza del comunicare, via obbligata soprattutto di fronte alle ultime situazioni drammatiche vissute nella Chiesa:

    “Io ho vissuto molto, in questi anni, le attese di crescita della trasparenza ecclesiale, per esempio, nei grandi dibattiti che ci sono stati sia sugli abusi sessuali nei confronti dei minori da parte di membri del clero sia sul tema dell’amministrazione economica o delle regole finanziarie a livello internazionale. Ecco, questi sono grandi temi di lungo percorso e, vivendo un punto cruciale come la Sala Stampa, ci si rende conto della crescita necessaria nella capacità di spiegazione e di risposta da parte della Chiesa su temi che, se non vengono affrontati, danno poi luogo a voci, a immagini negative, nei confronti della Chiesa e così via”.

    Più volte nel corso degli interventi è emersa la stretta sinergia tra la Sala Stampa vaticana ed i giornalisti. Toccante il ricordo di mons. Pierfranco Pastore, ex vice direttore, che dal vaticanista della Rai Giuseppe De Carli venne definito "l'amico dei giornalisti", durante la radiocronaca della sua Messa di ordinazione episcopale. Sono stati tanti gli aneddoti ricordati nel corso della mattina, alcuni legati a Giovanni Paolo II e raccontati dall’ex direttore della Sala Stampa Joaquin Navarro Valls:

    “Il Papa aiutava molto, quando c’era qualche dubbio da parte mia su un tema, sulla opportunità di una materia: parlavo con lui, la soluzione si raggiungeva in pochissimi minuti e si faceva qualche comunicazione. Devo aggiungere che è stato identico il sistema con Benedetto XVI nei primi due anni del Pontificato che lo ho accompagnato. Naturalmente con il cardinale Ratzinger c’erano stati moltissimi contatti, direi quasi un’amicizia, nel lungo Pontificato di Giovanni Paolo II, ma in quei primi due anni sono cominciati i viaggi, i primi messaggi, e si è fatto questo stesso lavoro. Anche lui era di una cordialità straordinaria, è stato un tipo di collaborazione stupenda che la gente riceveva con grande gioia e con grande interesse”.

    Comunicare dunque al mondo, facendosi interpreti corretti del messaggio che il Papa vuole dare. Una sfida importante e appassionante che si poggia su due pilastri – ha ribadito Joaquin Navarro Valls – cosa comunicare e perché comunicarlo:

    “Ho pensato sempre che il giornalismo è trasmettere una verità che il giornalista crede sia vera. Se il giornalista non crede che sia vera e la trasmette, allora sta facendo propaganda non giornalismo. Però, la sfida per il giornalista, per quello che trasmette, c’è sempre, perché la sfida per chi comunica è adattare quello che si vuole dire alla semantica propria del mezzo con il quale si dice. Non è lo stesso dire ciò che sto dicendo in televisione, in radio, in un sms… Ogni mezzo comunicativo ha una propria semantica e la persona che comunica deve conoscere quella semantica per adattare il suo linguaggio senza tradirlo. Nella comunicazione per me trasparenza è dire: faccio questo, ho deciso di fare questo e le ragioni per cui farò questo sono queste. Allora il messaggio è chiaro”.

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    Venti anni del Catechismo. I commenti di padre Kowalczik: "Il desiderio di Dio nel cuore dell'uomo"

    ◊   L'uomo aspira all'infinito perché è stato creato a immagine e somiglianza di Dio: è quanto afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica all'inizio del primo capitolo. E' il tema affrontato oggi dal padre gesuita Dariusz Kowalczyk nella nostra rubrica dedicata ai 20 anni di questo testo fondamentale della Chiesa:

    “Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo” – ecco le prime parole del Catechismo. Quest'affermazione significa che per l’uomo è costitutivo il rapporto personale con l’Infinito. Dio disse: Ti amo Adamo, e così Adamo fu creato. Pertanto sant’Agostino nelle sue “Confessioni” scrive: “Ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te”.

    Il desiderio di Dio non è l'errore di un'evoluzione cieca o un'assurda pretesa dell’uomo che vuole arrivare all’Infinito. Può essere veramente realizzato e compiuto. Il Catechismo sottolinea che l’uomo è capace di Dio, perché così è stato creato – da Dio e per Dio. Allora questo “essere capace” di trovarsi in comunione con Dio non è un’invenzione illusoria, ma ci è dato dal nostro Creatore e Salvatore. E proprio in questo consiste la ragione suprema della dignità umana.

    Ma sentiamo veramente in noi il desiderio di Dio? Il Catechismo dice che questo desiderio possa essere “dimenticato, misconosciuto e perfino esplicitamente rifiutato dall’uomo”. Potremmo quindi negare la voce profonda del cuore? Una delle cause di un tale atteggiamento può essere “la ribellione contro la presenza del male”. Poi, ci possiamo comportare come il seme evangelico seminato tra le spine: le preoccupazioni del mondo e delle ricchezze soffocano in noi il desiderio primario. Le altre cause dell’offuscamento del desiderio di Dio che indica il Catechismo sono: il cattivo esempio dei credenti, le correnti di pensiero ostili alla fede, e soprattutto la tendenza dell’uomo peccatore di nascondersi davanti a Dio.

    Prendi dunque il Catechismo in mano e leggi il testo dal numero 27. E guarda nel tuo cuore per riscoprire il desiderio di Dio, cioè la tua vera natura chiamata a riposare in Dio uno e trino.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il telegramma del Papa per la morte del Patriarca della Chiesa ortodossa bulgara Maxim.

    Il vero fondamento dello Stato di diritto: nell’informazione internazionale, l’arcivescovo Dominique Mamberti all’ottantunesima sessione dell’assemblea generale dell’Interpol.

    Chiesa universale e umanità riunita: in cultura, Jean-Pierre De Rycke su attualità e valore simbolico dell’Agnello mistico dipinto nel XV secolo dai fratelli Hubert e Jean Van Eyck.

    Identità sessuale, libertà e verità: Livio Melina presenta il libro “Amare nella differenza. Le forme della sessualità e il pensiero cattolico: studio interdisciplinare”.

    Una palestra in Vaticano: Giulia Galeotti su origini e sviluppo della Sala Stampa.

    Alessandro Scafi sul mondo di Shakespeare in mostra al British Museum.

    Per evangelizzare bisogna prima convertirsi: il presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, Julian Carron, dopo la tredicesima assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi.

    Come Aronne e Cur: nell’informazione vaticana, intervista di Nicola Gori a suor Sancho Herreros che traccia un bilancio dei tre anni di permanenza delle visitandine nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano.

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    Oggi in Primo Piano



    Stati Uniti al voto: Obama e Romney alla sfida del cambiamento

    ◊   Negli Stati Uniti è il giorno delle elezioni presidenziali. Gli ultimi sondaggi prima del voto assegnano un lieve vantaggio di Barack Obama su Mitt Romney, ma molti osservatori scommettono su un testa a testa. Decisivi saranno gli Stati in bilico, innanzitutto Ohio, ma anche Florida, Virginia, Colorado e Wisconsin. Intanto, dal New Hampshire sono arrivati i primi, simbolici, risultati di due villaggi che tradizionalmente votano poco dopo la mezzanotte. In uno Obama e Romney sono finiti alla pari, nell’altro ha prevalso il presidente in carica. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Change”, cambiamento: la campagna elettorale più costosa e tecnologica della storia americana si è conclusa richiamando lo slogan che aveva portato Barack Obama alla presidenza quattro anni fa. Nel suo ultimo comizio - tenuto in Iowa dove era iniziata la sua prima corsa verso la Casa Bianca – Obama ha chiesto la fiducia degli elettori per andare avanti, finire il lavoro iniziato quattro anni fa e affrontare la crisi economica, vero tema dominante di queste elezioni in cui oltre al nuovo presidente si vota anche per il rinnovo del Congresso. Il vessillo del cambiamento, tuttavia, è stato innalzato anche dall’avversario Mitt Romney che, nel suo comizio conclusivo nel New Hampshire, ha affermato che sarà lui a portare il vero cambiamento dopo le promesse non mantenute del presidente. La parola spetta ora agli elettori e uno dei grandi interrogativi di queste elezioni è proprio il grado di affluenza alle urne. L’astensionismo, ritengono alcuni osservatori, potrebbe danneggiare Obama che quattro anni fa conquistò la Casa Bianca spinto anche dal grande entusiasmo dei giovani che si recò alle urne come mai prima. Del resto, i sondaggi degli ultimi giorni – in particolare dopo l’uragano Sandy – hanno visto un costante, seppur lieve, vantaggio di Obama su Romney sia a livello nazionale che negli Stati in bilico.

    Per un commento sui temi della campagna elettorale e la differenza tra queste presidenziali e quelle di quattro anni fa, Alessandro Gisotti ha intervistato l’editorialista de “La Stampa”, Gianni Riotta:

    R. - Questa è stata un’elezione che gli americani hanno sempre concentrato sull’economia. Non ha funzionato, per esempio, il tentativo di Obama di fare gran conto dell’avere catturato e giustiziato Osama Bin Laden; non ha fatto gran conto il tentativo di Romney di dire che Obama è troppo di sinistra. Questa è un’elezione che gli americani fin dall’inizio hanno concentrato sul lavoro: sui posti di lavoro che mancano, sul debito pubblico. Quindi, sono a fuoco su questo. I repubblicani si sono condensati più sul debito pubblico e Obama si è condensato di più sul lavoro. A guardare il leggero vantaggio che Obama ha negli Stati della manifattura – per esempio l’Ohio, per esempio il Michigan – questo vorrebbe dire che forse c’è un vantaggio vero. Gli operai, insomma, stanno votando Obama.

    D. – Quattro anni fa ci fu sicuramente un entusiasmo – se vogliamo anche travolgente – per quella che è stata la partecipazione al voto. Quest’anno, decisamente più pragmatica nei temi, la campagna elettorale è meno entusiasmante. Questo potrà ripercuotersi anche nella partecipazione alle urne?

    R. – Vedremo. Stiamo a vedere cosa sta succedendo in alcune zone, colpite dall’uragano Sandy. Ci sono stati problemi già in Florida, dove il voto anticipato è stato contestato in alcune zone di Miami, le stesse zone dei grandi problemi tra Bush e Gore nel 2000. Sicuramente ci sarà una buona partecipazione, ma sicuramente non c’è quell’entusiasmo per Obama, che c’era nel 2008, perché il presidente ha deluso molto e non è stato un grande leader, capace di unire il Paese. Forse ormai è impossibile unire l’America, come ai tempi di una volta, però certamente lui non c’è riuscito.

    D. – In questa campagna elettorale è quasi completamente assente la politica estera e completamente assente l’Europa...

    R. – Un mio amico, per scherzo - quando nel dibattito di politica internazionale tra Obama e Romney non è stata mai menzionata l’Europa, neanche una volta, e solo una volta Romney ha parlato della Grecia - ha detto: “Non te la prendere, in fondo è meglio perché ‘Europa’ durante le primarie era un insulto e Romney diceva che Obama voleva ridurre l’America come l’Europa”. Credo che questo dipenda un poco dall’America, che sta guardando molto al Pacifico, mentre noi europei siamo molto concentrati sulla nostra crisi, sul debito europeo. Quindi, questo fa sì che non ci sia grande attenzione americana verso gli europei, anche se il presidente Obama spera che la ripresa europea aiuti la ripresa americana.

    D. – Ora le presidenziali americane e subito dopo elezioni importanti in Cina. Questo anche colpisce. Ovviamente è un caso, però è un caso che fa pensare...

    R. – Sì, questo dovrebbe fare riflettere moltissimi amici, perché quelle americane sono elezioni aperte a tutto il mondo, in cui ogni candidato è stato rivoltato come un calzino, davanti a milioni e milioni di ascoltatori, telespettatori, elettori e cittadini, mentre del Congresso cinese non sappiamo nulla. Sappiamo che ci sono un centinaio di persone che si riuniscono in una stanza ed eleggono nuovi leader, ma non quale sia il meccanismo che ha eletto il nuovo leader cinese, Xi Jinping. Insomma, la Cina ha un enorme cammino di trasparenza da compiere.

    E sui temi maggiormente a cuore alla Chiesa cattolica americana, in questa tornata elettorale, Susy Hodges ha raccolto il commento di Kathy Saile, direttore dell’Ufficio per lo Sviluppo Sociale della Conferenza episcopale degli Stati Uniti:

    R. – I think a lot of catholics...
    Penso che molti cattolici, nelle nostre famiglie e comunità, siano preoccupati per quanto riguarda il lavoro e l’economia e sono sicura che sia ancora peggio se ad essere senza lavoro sei tu o uno della tua famiglia. Ma noi abbiamo anche altre priorità. Prima di tutto c’è il diritto alla vita e la tutela della vita umana, assicurandone la protezione dal concepimento alla morte naturale. Da questa nasce poi l’altra nostra priorità: la libertà religiosa. Dobbiamo assicurarci che nessun governo, che sia locale, statale o federale, possa chiederci di fare cose che la nostra coscienza ci proibisce di fare. Un’altra questione importante per noi è quella della famiglia: come tutelare l’unione tra un uomo e una donna per tutta la vita, che invece viene minacciata semplicemente dal fatto di aver cambiato la definizione di matrimonio e ancora dalla minaccia economica e finanziaria alla famiglia. La questione dell’immigrazione continua ad essere una priorità per la Chiesa cattolica negli Stati Uniti: abbiamo un disperato bisogno di una riforma sull’immigrazione che sia completa e che si focalizzi sul tenere insieme le famiglie, riconoscendo la dignità di tutte le persone e di tutti i lavoratori. Infine, naturalmente, il tema della giustizia economica.

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    Grecia: tagli voluti dalla Troika al vaglio del Parlamento. Sciopero generale in tutto il Paese

    ◊   Stretta finale in Grecia. Cominciata stamani, davanti alla Commissione Finanze del Parlamento, il dibattito sul disegno di legge che prevede tagli di bilancio per 13,5 miliardi di Euro per il biennio 2013-2014. Le misure di austerità sono state richieste dalla Troika - Fmi, Ue e Bce - in cambio della nuova tranche di aiuti da 31,5 miliardi di Euro da versare a breve nelle casse di Atene. I tagli, molto dolorosi per la popolazione, hanno provocato un vero e proprio terremoto all’interno dell’esecutivo, ma anche un’ondata di scioperi senza precedenti; l’ultimo è stato indetto dai principali sindacati per oggi e domani in tutto il Paese, in vista del voto definitivo delle misure, previsto per domani sera in Parlamento. Ma ce la farà il governo guidato da Samaras a reggere l’onda d’urto dei tagli? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al collega greco, Dimitri Deliolanes:

    R. – Probabilmente il Governo ce la farà domani a superare la votazione in Parlamento, però con una differenza di pochissimi voti. Questo è indicativo del grande, gravissimo logoramento, che sta subendo la coalizione governativa.

    D. – Una coalizione, ricordiamo, nata per fronteggiare la crisi e che, quindi, ha una grossa responsabilità nei confronti del Paese, in questo momento...

    R. – Sì, ha una grossa responsabilità verso il Paese, soprattutto perché non c’è un’alternativa. La sinistra, che è in crescita impetuosa nei sondaggi, di fatto, non ha presentato una politica alternativa a quella della Troika. Ed anche il governo si trova in contraddizione con le sue promesse pre-elettorali, che prevedevano una dura contrattazione con la Troika, ma vediamo che, di fatto, oggi si trova ad adottare questi ulteriori tagli, che sono molto, molto dolorosi per la popolazione greca.

    D. – Il fronte più critico di questa coalizione di governo è sicuramente Sinistra Democratica, che è il terzo partito della coalizione. Da Sinistra Democratica dipende il futuro di questo Esecutivo...

    R. – La verità è che Sinistra Democratica non vuole rovesciare il Governo, perché sa che non c’è un’alternativa valida. Però, bisogna anche dire che si tratta del partito più esposto nei confronti di questa crisi della maggioranza, perché essendo un partito di sinistra ovviamente puntava di più ad un radicale cambiamento della politica della Troika verso la Grecia. Non è riuscito nel suo intento e, dunque, soffre al suo interno una crisi esplosiva. Anche il Partito Socialista Pasok si trova ugualmente in crisi; però, tutti e due questi partiti minori si dichiarano determinati a non provocare una crisi di Governo.

    D. – Non a caso, la battaglia più cruenta che ha combattuto Sinistra Democratica è stata quella sulla riforma del mercato del lavoro, che è una delle condizioni richieste dalla Troika. Riuscirà a trovare un compromesso?

    R. – No, non c’è stato nessuno spazio per un compromesso, perché la Troika è stata assolutamente inflessibile su questo argomento, per cui le misure saranno approvate probabilmente domani nella stesura e nella forma in cui la Troika le ha volute, con il voto contrario di Sinistra Democratica, con il Partito Socialista che è spaccato, e con una differenza, ripeto, di pochissimi voti.

    D. – E intanto la Grecia oggi e domani è completamente paralizzata da uno sciopero generale, il quarto - lo ricordiamo – dall’inizio dell’anno, indetto dai due maggiori sindacati del Paese. E’ un segno questo di forte dissenso, ma anche una denuncia per ciò che la gente sta vivendo sulle proprie spalle ovviamente...

    R. – Dico solo questo: le nuove misure prevedono tagli a pensioni di 300 euro. Una cosa che l’opinione pubblica trova assolutamente raccapricciante. Quindi, possiamo immaginare i sentimenti dei greci in questo momento.

    D. – A proposito di sentimenti, c’è più rabbia o più rassegnazione?

    R. – Io francamente credo che ci sia rabbia e rassegnazione, ma quello che temo maggiormente è che alla fine ci sarà un’esplosione di questa rabbia; sarà cieca, disperata e si rivolgerà contro il mondo politico nel suo complesso: sarà una situazione davvero catastrofica per le istituzioni greche.

    D. – Nel frattempo, in Europa, si torna a parlare della possibile uscita della Grecia dall’area euro. Gli analisti parlano di una provocazione per responsabilizzare il Paese. Qual è il sentimento comune della gente, rispetto ad un possibile ritorno alla Dracma. Si è compresa la gravità della situazione?

    R. – Sì, la gente ha capito perfettamente che l’uscita della Grecia, per quanto sia piccola e marginale, rispetto al valore complessivo dell’Euro, rischierebbe di avere conseguenze a catena disastrose, non solo nell’area dell’Euro, ma in tutta l’Unione Europea. Quindi, francamente, in Grecia, non prendono minimamente in considerazione questa ipotesi. Il problema vero non è buttare fuori la Grecia dall’Euro, ma riformare la politica economica della zona dell’Euro e di tutta l‘Europa.

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    Israele: nuove case per i coloni. Mons. Shomali: la Terra Santa ha bisogno di pace

    ◊   Israele ha reso noti i progetti di costruzione di nuove case per i coloni, a dispetto dell’opposizione internazionale nei confronti delle sue politiche di insediamento. Soltanto ieri, l’organizzazione israeliana B’T selem aveva denunciato le difficili condizioni di vita subite dai palestinesi nei dieci anni, proprio quest’anno, di costruzione del muro. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Sono 1285 le nuove case che il governo israeliano intende costruire per i coloni. I capitolati d’appalto, pubblicati oggi, delineano la geografia delle future costruzioni, la maggior parte situate a Ramot e Pisgat Zeev, a Gerusalemme Est, a maggioranza araba, occupata a seguito della guerra del 1967. Le rimanenti in Cisgiordania, nell’insediamento di Ariel, nella regione della Samaria. Istantanea la reazione palestinese: l’Anp ha ribadito l’intenzione, già espressa da Abu Mazen lo scorso settembre, di ottenere dall’Onu il riconoscimento della Palestina come "Stato non membro" delle Nazioni Unite. Mons. William Shomali, vicario Patriarcale di Gerusalemme:

    “La Terra Santa ha bisogno più di pace che di insediamenti e la pace non si fa, non si costruisce, costruendo insediamenti. Io direi che bisogna andare subito ai negoziati, senza creare fatti compiuti sul terreno: negoziare presto e arrivare presto a una conclusione, a un trattato di pace. Il fatto che questa decisione, questi appalti, si manifestino alla vigilia delle elezioni americane anche mi stupisce, perché c’è una relazione tra il voto in corso negli Stati Uniti e questa decisione: non ci sarà reazione. Comunque, vedo che la situazione diplomatica è difficile, i negoziati sono congelati adesso. Rimane un grande posto per la preghiera, perché solo il Signore può farci uscire da questo circolo vizioso.”

    L’organizzazione non governativa pacifista israeliana "Peace Now" ritiene, così come mons. Shomali, che la pubblicazione dei capitolati nel giorno del voto statunitense non sia un caso, considerando la scarsa attenzione che la notizia riceverà dalla comunità internazionale che ha regolarmente condannato la politica degli insediamenti nei territori palestinesi. Forti critiche erano recentemente arrivate soprattutto dall’Unione Europea. Sono oltre 340 mila gli israeliani che vivono in colonie della Cisgiordania, altri 200 mila sono divisi in una decina di quartieri di coloni a Gerusalemme Est, a fronte dei 270 mila abitanti palestinesi che ne vorrebbero fare la capitale del loro futuro Stato. Ma come leggere la mappa delle nuove case? Ancora mons. Shomali:

    “Sono sicuro che ha un senso non solo edilizio ma anche politico, perché vorrebbero aumentare o cambiare l’equilibrio demografico a Gerusalemme".

    "Peace Now" sottolinea inoltre in un comunicato che il progetto segue di pochi giorni le dichiarazioni del presidente dell’Anp, Abu Mazen, di essere pronto a riprendere i negoziati di pace. Le nuove abitazioni, denuncia l’organizzazione, sono la risposta del premier Netanyahu all’impegno di Abu Mazen di voler arrivare alla soluzione dei due Stati.

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    Nicaragua: scontri nella capitale, dopo la netta vittoria dei sandinisti alle elezioni

    ◊   In Nicaragua, tre persone sono morte in scontri nella capitale Managua durante le consultazioni municipali di domenica vinte dal Fronte Sandinista della Liberazione Nazionale con il 75.69% dei consensi. Conquistati 134 dei 150 comuni, tra cui la capitale. Secondo posto, con il 16.11% delle preferenze, per il Partito Liberale Indipendente. Una conferma schiacciante per i sandinisti dell’attuale presidente Daniel Ortega che terminerà il mandato nel 2016. La conferenza episcopale del Nicaragua aveva invitato ad una seria riflessione, in vista delle consultazioni, al fine di uscire da una politica autoreferenziale, sollecitando la partecipazione “attiva di tutti alla costruzione della società”. Sull’esito delle elezioni Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Angela Di Terlizzi coordinatrice dell’Associazione Italia – Nicaragua:

    R. – Da quando i sandinisti sono tornati al governo nel 2008 si è intrapresa una serie di misure sociali e popolari, specialmente nelle zone rurali: centri di salute, strade, acqua potabile… La gente è questo che cerca e queste elezioni evidenziano proprio questo aspetto, questo risultato politico. Nel 2008 i sandinisti avevano 109 municipi, adesso sono arrivati a oltre 134, quindi c’è un aumento di consenso, non solo una conferma. Poi c’è un’opposizione molto divisa e ciò favorisce quelle alleanze che portano avanti un discorso unitario. E’ per questo che i sandinisti hanno avuto un consenso così massiccio.

    D. - Al di là del voto rimane la contestazione di molte Ong soprattutto nei confronti del governo…

    R. – Negli anni passati erano soprattutto le Ong a lavorare sul sociale. Adesso invece è il governo che centralizza tutto e affronta anche le questioni che riguardano il sociale. Quindi le Ong si trovano spiazzate e questo crea problemi.

    D. - Tra i contestatori anche la Coordinadora civil?

    R. – Si. Sono gruppi della società civile che criticano il governo perché vorrebbero che ci fosse più dialogo, più confronto. La caratteristica del Nicaragua e non solo di questo Paese però, è che da circa cento anni hanno sempre governato le famiglie. Sono poteri forti… Era così quando c’era Violeta Chamorro, la quale aveva attorno tutto un gruppo legato a lei e così è oggi anche con la famiglia Ortega che è adesso al potere: governa e gestisce.

    D. - Grande il consenso ai sandinisti, ma qual è la condizione del Nicaragua?

    R. – In questo momento rimane ancora tra i Paesi in via di sviluppo. Rispetto agli anni scorsi la disoccupazione sta diminuendo. La mortalità infantile sta diminuendo. L’analfabetismo sta diminuendo. Però rimane sempre povero. C’è bisogno di strutture, di servizi… Di fabbriche ce ne sono poche. Ci sono le zone franche, le imprese straniere che sono andate lì a installarsi sfruttando il più possibile la manodopera. Il sindacato è riuscito a determinare un salario garantito e condizioni di lavoro più umane, però bisognerebbe invertire la tendenza che vede il Paese produrre per l’estero e non per se stesso.


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    Giornata Onu per tutelare l’ambiente in tempo di guerra

    ◊   Si celebra oggi la Giornata internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in tempo di guerra. Ricorrenza proclamata dall’Assemblea generale dell’Onu nel novembre 2001 per sottolineare la perdita di risorse naturali e i danni agli ecosistemi procurati dai belligeranti durante i conflitti armati. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Una Giornata a dire il vero ancora poco nota al grande pubblico. Eppure gli effetti negativi sull’ambiente portati dalle armi e da strategie di guerra volutamente mirate a distruggere siti e risorse naturali, sono davvero ingenti, si ripercuotono sulle popolazioni coinvolte nei conflitti, ma travalicano pure i confini dei belligeranti e si tramandano alle generazioni future. Gli esempi solo negli ultimi decenni sono innumerevoli. Studi recenti delle Nazioni Unite post conflitto documentano gravi danni all’ambiente in Sudan, nella Repubblica democratica del Congo, in Iraq, in Libano, nei territori occupati in Medio Oriente, in Afghanistan, nei Balcani. Del resto, ricorda il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, il 40 per cento dei conflitti interni negli ultimi 60 anni ha avuto per obiettivo la conquista del territorio e delle risorse naturali, come spiega Vittoria Luda, responsabile per i reati ambientali dell’Unicri, il Centro di ricerche delle Nazioni Unite sul crimine e la giustizia:

    R. – Proprio oggi il segretario generale delle Nazioni Unite ha dato un messaggio agli Stati membri e alla comunità internazionale di quanto sia importante collegare e salvaguardare l’ambiente in tempo di guerra e nelle situazioni di post conflitto, perché bisogna riconoscere il collegamento che esiste tra la salvaguardia dei diritti umani, lo sviluppo sostenibile e la tutela dell’ambiente, e questo anche nel nostro cammino verso il raggiungimento dei famosi obiettivi del millennio delle Nazioni Unite, con cui dovremo fare i conti nel 2015 e vedere quanti e quali di questi sono stati raggiunti e da parte di quanti Stati membri delle Nazioni Unite.

    D. – Quindi questa preoccupazione non deve restare limitata nel territorio dei belligeranti, ma è una preoccupazione che deve estendersi a livello internazionale...

    R. – Assolutamente, la preoccupazione per l’ambiente - come ci ricordano le conferenze internazionali, a partire dal ’72, da quella di Stoccolma, proprio sulla salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile - è una tematica che dobbiamo sempre più tenere a mente, tanto più, naturalmente, nelle situazioni di conflitto. Abbiamo, purtroppo, avuto esempi eclatanti, come lo sfruttamento inappropriato e selvaggio delle risorse sia minerarie che animali - per esempio, il traffico di avorio è illegale - da parte dei belligeranti, dei gruppi criminali o comunque come finanziamento per destabilizzare una situazione nei conflitti. In un periodo “post conflict” l’ambiente è tra le prime vittime, oltre alle persone, naturalmente, quindi occorre sempre più tener presente che per uno sviluppo sostenibile è fondamentale la tutela non solo dei diritti delle persone, ma anche la tutela a tutto tondo dell’ambiente nel quale viviamo.

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    Piano del governo per distribuire alimenti agli indigenti: oltre 3,6 milioni in Italia

    ◊   Un esempio di sussidiarietà reale ed efficace che aiuta milioni di persone e deve continuare a farlo”. Con queste parole, il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, ha commentato i dati emersi dal Piano di distribuzione degli alimenti agli indigenti italiani nel 2012, presentato oggi, e attuato grazie a fondi europei e ad una rete di 253 enti caritativi, tra i quali il Banco alimentare, la Croce Rossa e la Caritas, in collaborazione con il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    E’ dal 1987 che la Commissione europea finanzia la distribuzione di prodotti alimentari destinati alla popolazione indigente italiana. Un cammino virtuoso e sempre più aderente alle esigenze reali: per il biennio 2012-2013, il piano ha previsto circa 100 milioni di euro corrispondenti a 125 milioni prestazioni alimentari - ossia pacchi cibo o pasti in mensa - che hanno aiutato quasi 3 milioni e 700 mila indigenti. Una cifra notevole e anche in crescita, fino a determinare un vero e proprio dramma sociale, se si pensa alle fasce più colpite. Lo spiega Pier Paolo Fraddosio, dell’Agenzia distributrice Agea:

    “Ogni anno abbiamo circa 16 procedure di gare, che consentono l’acquisizione di molti alimentari, per far fronte alla nuova povertà rappresentata in modo crescente - per esempio - dai bambini sotto i cinque anni di età - 379 mila - e circa 500 mila anziani sopra i 65 anni di età. E’ su queste due fasce che noi cerchiamo di sostenere le organizzazioni caritative, affinché intervengano con misure adeguate. Sui bambini piccoli si interviene soprattutto coi pacchi donazione, che sono più fruibili anche dalle famiglie rispetto all’utilizzo tradizionale della mensa per poveri”.

    Tra gli indigenti l’ incremento è del 33% rispetto al 2010, distribuiti tra il nord, il sud e il centro Italia, con picchi in particolari regioni . Ancora Pier Paolo Fraddosio:

    “Abbiamo circa il 37% degli indigenti che sono nell’Italia meridionale, il 19% cento nell’Italia insulare, il 18% nell’Italia centrale e un importante 27% nell’Italia settentrionale. Le regioni con picchi maggiori sono la Sicilia e la Campania. Abbastanza importanti anche i valori del Lazio e della Lombardia”.

    In base alle nuove esigenze reali e ai nuovi destinatari emersi in questi ultimi anni, è migliorata la qualità, ma anche la quantità, del cibo distribuito: aggiunti biscotti per l’infanzia e pastine, ma anche olio, legumi e passate di pomodoro, per un totale di prodotti in più del 30% dal 2010. Un intervento non solo per sfamare - dice la Caritas - ma anche creare una relazione, per dare una prospettiva di futuro alle famiglie che continuano ad essere le più colpite, in Italia. Ma questo non basta. Francesco Marsico della Caritas:

    “E’ chiaro le politiche sociali non sono fatte soltanto di distribuzione alimentare. In una situazione di crisi, però, in cui non si vedono soluzioni alternative è evidente l’importanza e la rilevanza di questo tipo di approccio. Noi non è che diciamo che non si possa fare di più, si deve fare di più. I dati Agea ci dicono sostanzialmente che i beneficiari sono una quota della popolazione percentualmente simili al dato di povertà assoluta nel nostro Paese: almeno forme di intervento che - ad esempio - allarghino l’attuale social card, quantomeno a tutte le famiglie, ci metterebbe nella condizione almeno di poter rispondere ai bisogni più estremi nel nostro Paese”.

    Ma è a livello europeo che questo tipo di esperienza virtuosa rischia di arenarsi, in quanto considerata una spesa evitabile nel clima di austerity generale. E questo potrebbe accadere già dal 2014, sotto la pressione di alcuni Stati, come ha spiegato il ministro delle Politiche Agricole, Mario Catania:

    “La Germania, assieme a un gruppo di altri Paesi, vuole a tutti i costi interrompere l’operatività di questa misure. Lo vogliono fare per motivi di ordine finanziario e, a mio parere, è un errore gravissimo”.

    L’intenzione del governo italiano è quella di negoziare a Bruxelles, con l’obiettivo di salvare il programma. In secondo luogo, avere un altro strumento all’interno della politica sociale. In ultima analisi, nel caso in cui vengano a mancare i fondi europei, si mira a far partire uno strumento nazionale, la cui struttura giuridica è già pronta: si tratta di un fondo nazionale per gli aiuti agli indigenti. “In ogni caso, una società inclusiva - dice il ministro Catania - dove ci sia posto per tutti, rimane il nostro sogno”.


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    A Pavia l’associazione “no slot” chiede conti bloccati per i malati del gioco

    ◊   Bloccare i conti di parenti che giocano d’azzardo: è la richiesta portata avanti a livello legale da un gruppo di cittadini di Pavia al Tribunale della città del nord Italia. Sono soprattutto donne, che hanno fatto nascere l’associazione “no slot”, nella città che detiene il triste primato della spesa pro capite più alta per le scommesse. Nell’intervista di Fausta Speranza, il sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo, parla di scatto di orgoglio:

    R. – Questa senz’altro non è una classifica che ci fa onore. Ma la città, che è ricca di tante intelligenze, di tante sensibilità, si è mossa con uno scatto d’orgoglio e quindi da una classifica negativa c’è stato proprio un rilancio emozionale per diventare, viceversa, capofila della gestione, del contrasto all’abuso del gioco d’azzardo. Quindi, abbiamo avviato varie iniziative sia di carattere pubblico, di sensibilizzazione, sia di carattere sostanziale. Infatti, siamo la prima città che ha adottato in Consiglio comunale un regolamento per gestire il gioco d’azzardo, limitarlo e intervenire laddove la normativa nazionale ancora non indichi una gestione, secondo noi sindaci, corretta.

    D. – Che cosa chiede come sindaco sul piano nazionale e che cosa prevede, nel concreto, questo regolamento?

    R. – Con alcuni miei colleghi sindaci abbiamo optato per iniziative diverse. C’è chi ha utilizzato la regolamentazione urbanistica, chi – come me – invece ha fatto riferimento al regolamento di polizia urbana, chi ha utilizzato il metodo delle ordinanze. Però, tutto questo – ovviamente – è auspicabile che converga all’interno di una normativa nazionale che ponga in maniera più chiara rimedio, ordine e gestione in un ambito, quello del gioco, che sta assumendo i contorni di un vero e proprio problema sociale.

    D. – A Verbania hanno cercato di limitare proprio la presenza delle slot-machine, ma in qualche modo hanno perso, perché le aziende hanno fatto ricorso … Nel concreto, che cosa prevede il vostro regolamento?

    R. – Abbiamo fatto tesoro anche dell’esperienza di Verbania: in quel caso era stato utilizzato un provvedimento di chiusura di un locale di pubblico esercizio e purtroppo – ecco perché dico che la normativa deve venire in nostro soccorso – quello strumento è debole. Un sindaco ha poteri molto ristretti sulla limitazione dell’orario degli esercizi commerciali, anche quando si tratta di gioco. Viceversa, noi abbiamo inserito la regolamentazione sulla presenza delle sale da gioco nella città di Pavia all’interno di un regolamento di polizia urbana. E’ un regolamento che prevede, per esempio, una distanza minima per le sale da gioco da edifici di culto, da luoghi frequentati da ragazzi, cioè scuole, oratori e quant’altro; abbiamo imposto anche limitazioni rispetto all’allestimento interno di queste sale da gioco per cercare di far sì che sia divisa la parte del gioco dalla parte di erogazione del servizio che il locale offre …

    D. – Ci sono dei sondaggi che legano l’aumento del gioco d’azzardo alla crisi e dunque all’aumento della povertà. Ma Pavia è una cittadina ricca, rispetto al resto d’Italia …

    R. – Pavia ha una combinazione di un buon livello medio di retribuzione, è anche una città piuttosto anziana. La combinazione persona anziana-buon reddito e periodo di crisi è una combinazione che fa aumentare l’affidarsi al gioco d’azzardo. Pavia è una città sostanzialmente di un terziario avanzato di vocazione pubblica, si sente magari meno la crisi legata alle piccole industrie, perché la città ha cambiato pelle già venti o trent’anni fa; però, avendo una popolazione anziana e una generazione di giovani che – come in tutta Italia – fatica ad entrare nel mondo del lavoro, ha disagi crescenti sul tema del lavoro. Sicuramente gli anziani sono tra i maggiori fruitori delle macchine da gioco. Magari all’inizio, come atteggiamento di puro svago, ludico semplicemente, poi però il passo è breve a ritrovarsi all’interno di un meccanismo perverso dal quale non si riesce più ad uscire.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: Lavrov incontra premier disertore, nuove defezioni anti-Assad

    ◊   Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha avuto, oggi, un colloquio ad Amman con il premier siriano Riad Hijab, che ha disertato dal regime Assad l'estate scorsa. Lavrov ha discusso con l’ex premier della possibilità di trovare "una soluzione diplomatica alla crisi". Intanto, altri sette generali siriani disertori sono fuggiti in Turchia, secondo quanto riferito dalla stampa turca. Con queste ultime defezioni, sarebbero oltre 42 i generali siriani disertori che si sono rifugiati in Turchia. E sempre in territorio turco sono ora 111 mila i profughi siriani registrati ufficialmente. I rifugiati sono ospitati in 14 campi allestiti lungo il confine. Sul terreno, tuttavia, proseguono gli scontri. Secondo fonti locali siriane, solo nella prima mattinata di oggi sarebbero state almeno 22 le vittime in Siria dovute ai bombardamenti dell’aviazione governativa sulle roccaforti della rivolta. Ieri, intanto, una jeep israeliana di pattuglia sulle alture del Golan è stata centrata da colpi di arma da fuoco sparati dalla Siria. Lo riferisce il sito del giornale Yediot Arhonoth sottolineando che non ci sono stati feriti. I colpi non sarebbero stati sparati direttamente contro il veicolo, ma sarebbero stati proiettili finiti fuori traiettoria durante uno scontro tra forze lealiste e ribelli in Siria. Da ultimo, il Consiglio nazionale siriano - principale piattaforma di oppositori all'estero - ha oggi ufficializzato, a Doha, in Qatar, l'allargamento della sua base ai "gruppi rivoluzionari" che operano in Siria da oltre un anno e mezzo. (A.G.)

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    Siria: la comunità cristiana chiede il rilascio di un cantautore armeno e di altri sette rapiti

    ◊   Sam Ghannoum è un giovane cantautore cristiano armeno di 28 anni. Viene da una famiglia armena che vive in un sobborgo di Aleppo. E’ conosciuto nella comunità per le sue composizioni sonore fatte di melodie classiche orientali, dolci e avvolgenti, e per canzoni che presentano il messaggio cristiano di amore e di pace. Sam è anche uno dei giovani siriani che, nei mesi scorsi, sulla sua pagina Facebook, ha criticato il governo e si è detto vicino agli ideali originari della rivoluzione siriana: democrazia, libertà, diritti umani. Per questo ha iniziato a ricevere minacce e intimidazioni a fermare le sue pubblicazioni. Circa venti giorni fa, il 15 ottobre, Sam è stato prelevato dai servizi segreti siriani e da allora non si hanno più sue notizie. La sua famiglia, come riferito in un messaggio inviato all'agenzia Fides dal gruppo “Syrian Non-Violence Movement”, è in pena, teme per la sua vita, ribadisce “la buona fede e la purezza degli ideali di Sam” e chiede il suo immediato rilascio. Secondo fonti locali, Sam sarebbe detenuto dalla “Air Force Intelligence” ad Aleppo. “Sono un cantante di 28 anni e amo la musica”, così si presentava Sam ai suoi ascoltatori. “La musica per lui è un mezzo potente per toccare i cuori ed evangelizzare”, racconta una fonte di Fides ad Aleppo. La comunità armena di Aleppo chiede, spera e prega per la liberazione di Sam, perché possa tornare a comporre canzoni e a diffondere il messaggio di amore di Cristo attraverso la musica. Altri sette cristiani armeni sono stati rapiti nei giorni scorsi mentre erano su un pulmino che viaggiava da Aleppo verso Beirut. Secondo fonti locali di Fides, il sequestro è opera delle bande armate non identificate che operano nel galassia delle forze di opposizione al regime. Si attende la richiesta di un riscatto, secondo una prassi che sembra ormai consolidata sul terreno di lotta. “A subire le conseguenze più gravi del conflitto sono i civili innocenti”, conclude la fonte di Fides. (R.P.)

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    Plauso del mondo ecumenico per l'elezione del nuovo Patriarca copto Tawadros

    ◊   La gioia e il plauso del mondo ecumenico per la elezione di Amba Tawadros (Theodoros), nuovo capo della Chiesa copta ortodossa in Egitto e all‘estero. In un messaggio di augurio al nuovo patriarca ortodosso - riferisce l'agenzia Sir - il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo parla di “sincera gioia fraterna”: “Condividiamo con i fedeli devoti della Chiesa copta in tutto il mondo la profonda consolazione che accompagna l‘elezione e l‘installazione di un nuovo pastore spirituale”. Il patriarca assicura preghiere al nuovo leader della Chiesa copta ortodossa per sostenerlo in questa “immensa responsabilità”: “Condurre il popolo a voi affidato da Dio in un momento in cui il mondo è stato scosso da turbolenze in una regione che richiede discernimento e sensibilità”. “È con gratitudine a Dio che mi congratulo con voi, a nome della comunione delle chiese cristiane”, scrive invece Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc). “Conosciamo - aggiunge - il vostro impegno per l‘unità e l‘amore tra le varie comunità in Egitto e preghiamo perché il vostro ministero, in questi tempi incerti, sia forte nella ricerca di libertà, l‘uguaglianza, la giustizia e la pace”. (R.P.)

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    Terra Santa: suore e cristiani di Betlemme per la pace israelo-palestinese

    ◊   Con un rosario davanti al muro della West Bank, le suore Francescane Elisabettiane del Caritas Baby Hospital di Betlemme promuovono la pace fra israeliani e palestinesi. "Questa è la nostra intifada pacifica", racconta suor Donatella Lessio, promotrice dell'iniziativa e responsabile del Quality Care Management e della formazione del personale ospedaliero del Caritas Baby Hospital, unica clinica pediatrica dei territori palestinesi. "A volte - continua la religiosa - i soldati hanno paura e ci puntano contro i mitra. Ma noi rispondiamo con la preghiera e ponendo i nostri rosari davanti alle loro armi". Iniziato nel 2005, agli albori della costruzione della barriera "difensiva", il gesto coinvolge ogni venerdì pomeriggio le religiose e decine di fedeli cristiani della Palestina, che attraverso la preghiera si oppongono alla rigidità dei militari israeliani e agli slogan di odio degli islamisti. Voluto da Ariel Sharon nel 2005 per difendere gli israeliani dagli attacchi terroristi - riporta l'agenzia AsiaNews - il muro isola dal mondo la popolazione palestinese costretta ogni giorno a code interminabili per recarsi sul posto di lavoro o per raggiungere parenti residenti nello Stato di Israele. I militari non solo bloccano l'ingresso di medicinali, aiuti umanitari e qualsiasi materiale utile alla sopravvivenza, ma impediscono a chi vive al di là della West Bank di conoscere la drammatica situazione dei territori. Nessun cittadino di Israele può varcare il muro. Chi entra lo fa a proprio e rischio e pericolo. Oltre a limitare gli spostamenti di persone e beni, il muro è un ostacolo soprattutto per gli ospedali della Palestina, che per gli scarsi finanziamenti sono costretti a trasferire i propri pazienti in strutture israeliane. Il Caritas Baby Hospital dista solo 200 metri dalla barriera e senza il muro le ambulanze impiegherebbero poche decine di minuti per raggiungere Gerusalemme. Tuttavia, per passare dall'altra parte è necessario un permesso speciale, che risente dei meccanismi tipici della burocrazia. Spesso ci vogliono ore di attesa anche per i trasferimenti urgenti. Tali tempistiche da frontiera hanno provocato più di una volta la morte di bambini e neonati in fin di vita. (R.P.)

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    Pakistan: ancora una scuola bruciata a Lahore

    ◊   “E’ davvero scioccante che la Farooqi School Girls High di Lahore sia stata completamente bruciata perché una docente era accusata di blasfemia. A nessuno dovrebbe essere consentito di farsi giustizia da sè”: è quanto dice all’agenzia Fides padre James Channan, studioso e teologo Domenicano, Direttore del “Peace Center” di Lahore, molto impegnato sul fronte del dialogo interreligioso, commentando l’incendio di una scuola a Lahore, appiccato da una folla di estremisti il 2 novembre scorso. Padre Channan continua: “La scuola aveva 34 anni, è stata istituita da un musulmano per educare le ragazze, soprattutto musulmane. Al momento erano iscritte oltre 8.000 ragazze, ora prive di istruzione. Tale tipo di violenza e di vandalismo dimostra quanto facilmente i musulmani pakistani possano lasciarsi andare ad atti violenti in nome della religione, per questioni di blasfemia contro il Profeta”. Sulla base di mere accuse e dicerie, non verificate, “molti musulmani pakistani perdono il loro carattere e anche il senso del ragionamento, diventando violenti. Una persona, un ente, una scuola possono essere all’improvviso trasformati in cenere”, rimarca il Direttore del “Peace Center”. Tutto questo, nota, è contrario allo stato di diritto: “E’ deplorevole che certi musulmani pakistani prendano la controversa legge sulla blasfemia nelle loro mani e possano distruggere o uccidere impunemente tutto ciò che si trova sulla loro strada: imputati, scuole, case, istituzioni, biblioteche, luoghi di culto. Questo è indice di una mentalità malata. Se tali incidenti accadono, le istituzioni dovrebbero intervenire: a nessuno dovrebbe essere consentito di farsi giustizia da sè”. Il sacerdote chiede al governo del Pakistan di “avviare serie indagini su questo grave atto di vandalismo e di illegalità, rendere giustizia al proprietario e al personale della scuola, garantire che tali atti brutali non si ripetano in futuro”. (R.P.)

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    Irlanda: sì dei vescovi a emendamento costituzionale per la tutela dell’infanzia

    ◊   Il prossimo 10 novembre i cittadini irlandesi saranno chiamati a votare con un referendum un importante emendamento costituzionale sull’infanzia destinato a dare un più solido riconoscimento ai diritti dei bambini in virtù della Costituzione e ad affermare l'obbligo dello Stato, per quanto possibile, di proteggere tali diritti. In pratica, il provvedimento assicurerà che tutti i bambini vengano trattati allo stesso modo, sia che provengano da genitori sposati che da coppie di fatto; che i giudici possano prendere decisioni per garantire il superiore interesse del bambino che avrebbe un vero e proprio diritto individuale sancito nella Costituzione; che le adozioni vengano snellite e diventino più veloci e aperte anche all’affidamento a parenti; che venga scelto un indicatore di benessere da applicare nel Paese per quel che riguarda l’attenzione nei confronti dei più piccoli. La proposta ha l’appoggio praticamente di tutti i partiti (Fine Gael, Labour, Fianna Fail e Sinn Fein) e di molte organizzazioni della società civile. Tra i suoi sostenitori anche la Conferenza episcopale, che in una nota diffusa ieri precisa la posizione della Chiesa irlandese sul referendum. Secondo i vescovi, l’inserimento nella Costituzione di norme a favore dell’infanzia servirà a tutelare meglio i diritti dei bambini, sopperendo alle carenze legislative rilevate sin dagli anni 70. Pur condividendo le perplessità espresse da alcuni circa il rischio di una eccessiva ingerenza dello Stato nella famiglia, i presuli affermano di approvare l’impianto complessivo del 31° emendamento. L’attenta formulazione del testo, osservano, indica “un approccio ragionevole ed equilibrato” che “non dovrebbe minare l’attuale equilibrio tra i diritti costituzionali dei genitori e quelli dei bambini, o tra le prerogative dei genitori e quelle dello Stato”. Qualora ciò dovesse accadere - aggiungono – ci sarà sempre tempo per porre rimedio con correttivi. Di qui, in conclusione, l’invito rivolto agli elettori irlandesi a votare il testo dopo un’attenta valutazione nell’interesse del bene comune. (A cura di Lisa Zengarini)


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    India: 100 mila sfollati e 50 morti per le alluvioni in Andhra Pradesh

    ◊   Più di 100mila persone sfollate e almeno 50 morti accertati: è il bilancio provvisorio dei danni provocati dal ciclone Nilam, che da oltre una settimana imperversa in Andhra Pradesh, Stato dell'India meridionale. Fratel Enrico Meregalli, missionario laico del Pime (Pontificio istituto missioni estere) che lavora al St. Xavier's Industrial Training Centre di Eluru, conferma all'agenzia AsiaNews la gravità della situazione: "Le aree più colpite sono i distretti di Krishna e West Godavari, dove si trova Eluru. Nella zona, 150 villaggi sono ancora irraggiungibili. Le alluvioni hanno distrutto circa 10mila case e rovinato almeno 200mila ettari di terreno. Il raccolto di riso è perso. In tutto l'Andhra Pradesh ci sono stati 50 morti, di cui 22 solo a Elr, vicino a Eluru". Per il momento, raggiungere gli alluvionati e prestare soccorso è molto difficile. "Fino a tre giorni fa - spiega il missionario - i binari erano sommersi da 35 cm di acqua, solo da poco alcuni treni hanno ripreso a funzionare. Le strade che collegano Eluru alle città più vicine sono bloccate e neanche gli autobus possono passare. Il prefetto locale ha ordinato la chiusura delle scuole". La scuola tecnica in cui fratel Meregalli lavora da 38 anni non ha subito gravi danni. "I problemi più gravi - racconta - ci sono stati con il ciclone che ha colpito Eluru il mese scorso". Tra la fine di settembre e i primi di ottobre infatti, un'altra alluvione ha allagato il cortile dell'istituto e alcuni locali. "L'acqua - sottolinea - era alta 40 cm, e per una settimana abbiamo dovuto chiudere la falegnameria e l'officina. Con l'aiuto dei miei ragazzi, 160 in tutto, abbiamo aperto un varco nel muro a sud della scuola, per far defluire l'acqua ed evitare che salisse ulteriormente. La pioggia è scesa senza sosta fino al 7 ottobre. Grazie alla bontà e alla misericordia di Dio, abbiamo avuto 20 giorni di sole, che ha permesso all'acqua di asciugarsi". Questa volta, per evitare danni simili, la scuola si è attrezzata scaricando 12 camion di ghiaia fuori dai cancelli. Pur riconoscendo le difficoltà causate dalla pioggia che ancora continua a scendere, fratel Meregalli nota la lentezza delle autorità nell'organizzare gli aiuti: "Il pronto soccorso locale è arrivato per evacuare 1.500 famiglie, che facevano parte di una colonia molto povera vicino alla nostra scuola. L'intervento statale però è ancora molto lento, la croce rossa non si è ancora attivata. Alcuni accusano addirittura i meteorologi di non aver spiegato bene l'entità del ciclone in arrivo". Al di là di questo, aggiunge il missionario, "il problema dipende anche dai condotti idrici, che non vengono mai puliti: le alghe si accumulano e ostruiscono il flusso dell'acqua. Ed è così tutti gli anni". Nell'attesa di poter organizzare una rete di soccorso vera e propria, fratel Meregalli vorrebbe dare almeno una coperta a ciascuna di queste famiglie. "Il problema - spiega - sono i soldi: una coperta costa almeno 30 euro. Non chiediamo nulla, solo di ricordarci nella preghiera". Secondo fratel Francesco Sartori, missionario laico del Pime che lavora insieme a fratel Meregalli, si tratta della "peggior alluvione degli ultimi 20 anni. I fiumi sono tutti straripati, parte degli argini sono stati spostati per cercare di frenare l'acqua". (R.P.)

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    Il Somaliland sommerso dalle piogge: migliaia di sfollati e abitazioni distrutte

    ◊   Le piogge torrenziali che si sono abbattute nelle ultime settimane stanno costringendo migliaia di persone delle regioni mediorientali del Somaliland ad abbandonare le proprie case. Più di 4 mila famiglie di 9 villaggi della regione di Togdheer sfollate la scorsa settimana hanno urgente bisogno di aiuto. Le inondazioni - riferisce l'agenzia Fides - hanno travolto anche i generi alimentari dei negozi dei distretti di Qori-Lugud e di aree come Daba-Qabad, Tallo Buuro, Bali-Alanle e Gubato. Annegati circa 9 mila capi di bestiame. Il presidente del Somaliland's Environment Research and Disaster Preparedness and Management Authority, ha riferito di 600 famiglie sfollate nelle regioni del Sahil e Togdheer. A Berbera, capitale del Sahil, sono crollati alcuni vecchi edifici oltre alle tradizionali capanne somale. La Red Crescent Society del Madagascar ha distribuito le tende disponibili. A Qori-Lugud, in seguito alla rottura di una diga, sono andate distrutte la maggior parte delle abitazioni e le acque hanno superato i 2 metri sopra il livello del suolo. Circa 2.800 persone hanno bisogno di riparo, cibo e altri generi di prima necessità. Secondo fonti locali si tratta delle più pesanti piogge torrenziali registrate negli ultimi 12 anni e si temono eventuali focolai di malattie trasmesse dall’acqua. I servizi igienici sono andati distrutti e c’è il rischio di epidemie di colera. Gli sfollati hanno bisogno di acqua pulita, pompe per il drenaggio, teli di plastica, utensili, coperte e generi alimentari, si legge in una nota diffusa dal presidente della ong locale Taakul Somaliland Community. (R.P.)

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    Sud Sudan: 200 persone nel braccio della morte in condizioni disumane

    ◊   Un appello per una moratoria alla pena di morte nel Sud Sudan è stato lanciato da Amnesty International, Human Rights Watch e da una serie di gruppi locali della società civile. In un documento congiunto le organizzazioni umanitarie affermano che il sistema giudiziario del giovane Stato (il Sud Sudan è indipendente dal luglio 2011) non è in grado di garantire i diritti elementari ai circa 200 detenuti nel “braccio della morte”. Questi ultimi, denuncia il documento ripreso dall'agenzia Fides, sono rinchiusi “in celle sporche e sovraffollate”, non hanno accesso ad un avvocato “e non sono in grado di preparare in modo corretto la propria difesa o la richiesta di un processo di appello”. “Il Presidente Salva Kiir Mayardit deve dichiarare immediatamente una moratoria sulla pena di morte e il governo deve far fronte con urgenza alle gravi carenze del sistema giudiziario del Paese” conclude il documento. (R.P.)

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    Anche a Cuba gravi danni a causa dell'uragano Sandy

    ◊   Da diversi giorni i mass media documentano la forza devastante dell'uragano Sandy nel suo passaggio a New York e in altre città degli Stati Uniti. Poco o niente si dice invece dei danni causati dall'uragano a Santiago de Cuba (Cuba) e ad Haiti, Paesi che non hanno certo infrastrutture e risorse economiche per assistere gli sfollati e avviare la ricostruzione. Mons. Luis del Castillo Estrada, vescovo emerito di Melo, che da due anni è missionario a Santiago de Cuba (Cuba), ha inviato alla Conferenza episcopale dell’Uruguay e all'agenzia Fides alcune foto che mostrano la terribile situazione in cui si trova questa città, insieme ad una richiesta di aiuto per dare risposta ai problemi più urgenti della popolazione e per la ricostruzione delle chiese, completamente distrutte. Questa la descrizione fatta da mons. Del Castillo: "Santiago è completamente distrutta. Tutte le tegole dei tetti sono volate via. Le chiese sono distrutte. Gli alberi sradicati sono caduti sulle case o in mezzo alle strade. Non c'è elettricità né telefono. Scarsa è la possibilità di avere l’acqua e quindi non si può cucinare. Manca il cibo e non ci sono frigoriferi per conservare il poco che c'è. Sono arrivati dei volontari da altre province per ripristinare quello che riescono a fare. Lo stato d'animo della gente è incredibile, la frase più sentita è 'siamo vivi!'. Sto scrivendo dal Melia Hotel, l'unico posto in città con internet. Stiamo contattando tutti gli ex allievi del Collegio dei Gesuiti Dolores per conoscere le esigenze più urgenti. Organizziamo aiuti di emergenza per cibo e medicine. Più avanti ci occuperemo di soffitti e pareti. Il tetto della nostra parrocchia di Vista Alegre è andato completamente distrutto. Della chiesa vicina, ‘Sueño’ è rimasta solo una parete con il crocifisso. Delle altre parrocchie a San Vicente, che sono di legno, tutto è finito a terra. Dal tetto della parrocchia ‘El Cristo’ sono volate via tutte le tegole. Anche alla parrocchia ‘El Caney’ non c'è più il tetto. Adesso è il tempo della solidarietà e della ricostruzione. Nella nostra casa abbiamo accolto 2 famiglie le cui case sono rimaste completamente distrutte. I vicini aiutano a rimuovere i detriti e si cerca di recuperare quello che si può". (R.P.)

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    Brasile: la missione al centro della riunione del Consiglio permanente dei vescovi

    ◊   Per affrontare con più efficacia la nuova evangelizzazione nel tempo privilegiato dell’Anno della Fede occorre partire dalla formazione permanente degli agenti di pastorale, con coscienza storica e critica, con identità culturale, amore e impegno verso la loro comunità. E, ancora, puntare sulla sensibilizzazione delle comunità locali sul dovere di realizzare un’evangelizzazione che porti all’incontro con Cristo. Lo ha sottolineato il cardinale Raymundo Damasceno Assis, presidente della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb), al termine della 79ª riunione ordinaria del Consiglio permanente dei vescovi. Il cardinale – riferisce L’Osservatore Romano - ha annunciato che la Cnbb sta preparando un documento sulla situazione dei popoli indigeni e in difesa dei territori dei pescatori e ha evidenziato l’importanza della prossima campagna di Avvento dedicata all’evangelizzazione con lo slogan “Già evangelista”. I temi principali dell’incontro, svoltosi a Brasilia, sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa. In particolare, è stato posto l’accento sui 60 anni di attività della Cnbb. A questo proposito, l’arcivescovo di Aparecida ha ricordato i principali compiti della Conferenza episcopale: favorire la comunione tra i vescovi, affrontando le questioni di interesse comune per promuovere una pastorale più organica nel Paese, ma anche manifestare la sollecitudine nei confronti della Chiesa universale. Di rilievo, sul versante sociale, è altresì l’attento lavoro svolto dalla Cnbb nel curare i rapporti con le autorità civili al fine di favorire il bene comune e la promozione umana. Durante la riunione è stata svolta anche un’analisi della situazione socio-politica del Brasile presentata dalla Commissione di giustizia e pace. L’analisi ha confermato come tra i principali problemi del Paese vi sia quello della corruzione diffusa e la disoccupazione. Altre piaghe sociali sono il narcotraffico e la prostituzione. Questi complessi problemi, legati dal ruolo della macro e microcriminalità - è stato osservato - distruggono molte famiglie oppresse dalla mancanza di opportunità. Nonostante la crescita economica, il Brasile presenta ancora molte contraddizioni: in particolare la forte disparità tra le regioni più ricche e quelle più povere come il Nordeste e la concentrazione delle terre nelle mani di pochi latifondisti. Per quanto riguarda infine la pianificazione futura delle attività della Conferenza episcopale, il cardinale Damasceno Assis ha annunciato l’ordine del giorno della prossima plenaria primaverile della Cnbb, prevista dal 10 al 19 aprile 2013 ad Aparecida sul tema “Le comunità di comunità: una nuova parrocchia”. Durante i lavori i vescovi brasiliani continueranno la loro riflessione sull’Anno della Fede. (L..Z.)

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    Bolivia: i vescovi celebrano i 50 anni della Conferenza episcopale e aprono l’Anno della Fede

    ◊   “Valuteremo il processo di ristrutturazione interna della Conferenza episcopale boliviana (Ceb ) iniziato tre anni fa per vedere se siano necessari adeguamenti a tale processo, quindi si svolgeranno le elezioni delle nostre autorità per i prossimi tre anni”: Con queste parole mons. Eugenio Scarpellini, vescovo di El Alto, Sottosegretario della Ceb, riassume in una nota inviata all'agenzia Fides i temi principali della 94.ma Assemblea dell’Episcopato boliviano che si svolge da ieri al 13 novembre a Cochabamba. Domenica 11 novembre, nella cattedrale di Cochabamba, i vescovi concelebreranno una Messa solenne di ringraziamento per il 50.mo anniversario della Ceb e i 50 anni dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, oltre a dare inizio ufficiale all'Anno della Fede in Bolivia. In questa occasione verrà anche ufficialmente aperto il pellegrinaggio di una copia del Croce della Giornata Mondiale della Gioventù (Gmg) che visiterà tutte le giurisdizioni ecclesiastiche della Bolivia, al fine di incoraggiare i giovani a prepararsi all’incontro di Rio de Janeiro per la GMG del 2013. (R.P.)

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    Cina: le linee dei vescovi per vivere l’Anno della Fede

    ◊   Vivere l’Anno della Fede seguendo l’eccellente esempio di fede dato da Abramo e da Giobbe: con tale convinzione la comunità cattolica continentale cinese intraprende il suo cammino nell’Anno della Fede appena iniziato. Questo è anche l’invito che i vescovi cinesi rivolgono ai fedeli nelle loro esortazioni, omelie e Lettere pastorali, secondo quanto riferito all’agenzia Fides dalla Chiesa locale e da Faith dell’He Bei. Sono ormai numerose le Lettere pastorali dei vescovi diocesani o degli amministratori apostolici cinesi pubblicate a motivo dell’Anno della Fede, che si concentrano sui temi indicati da Papa Benedetto XVI. Mons. Alios Jin Lu Xian, anziano vescovo coadiutore di Shang Hai, raccomanda ai suoi fedeli alcuni modi concreti di vivere l’Anno della Fede, sottolineando l’importanza dell’Eucaristia che è fonte e culmine della fede. Nella sua Lettera, mons. Peter Feng Xin Mao, vescovo della diocesi di Jing Xian nella provincia dell’He Bei sottolinea l’importanza di vivere l’Anno della Fede nella chiave dell’evangelizzazione. In diverse diocesi infine, per ricordare il 20° anniversario della pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica, nell’Anno della Fede è stata promossa la lettura comunitaria, dopo la Messa domenicale, di alcuni articoli del Catechismo. (L.F.)

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    Malaysia: dai leader religiosi "no" alla religione per fini politici

    ◊   “La nostra posizione è chiara: noi intendiamo mantenere lo status quo e sosteniamo la Costituzione vigente, che garantisce le minoranze e non fa della Malaysia uno stato islamico. Siamo contrari a qualsiasi modifica che introduca imposizioni della legge islamica come le ordinanze hudud”: con tali parole, pronunciate in un colloquio con l’agenzia Fides, il rev. Thomas Philips, Pastore protestante e presidente del “Malaysian Consultative Council of Buddhism, Christianity, Hinduism, Sikhism and Taoism” esprime la posizione condivisa dai leader religiosi non musulmani in Malaysia. Alcuni gruppi e leader islamici, alcuni parlamentari ed anche esponenti dell’Umno, il partito di governo, hanno infatti iniziato a chiedere, in consessi pubblici e attraverso i mass-media, l’introduzione delle ordinanze hudud nella legislazione malaysiana. Gli “hudud” sono le punizioni imposte dalla legge islamica, come il taglio della mano o la lapidazione per le donne. Secondo tali ordinanze, la legge coranica va imposta anche ai non musulmani: questo, secondo i leader religiosi, sarebbe “incostituzionale”. La proposta ha sollevato le reazioni negative di tutte le minoranze religiose non islamiche. Il leader indù Mogan Shan ha rimarcato che “i non-musulmani sono già penalizzati dall’attuale legislazione, soprattutto quando si tratta di matrimoni misti”, dato che il coniuge non musulmano si deve convertire all'islam. I leader religiosi osservano che in Malaysia esiste già un “duplice sistema” legale: per dirimere controversie giuridiche vi sono, infatti, le Corti civili ma anche le Corti islamiche, che applicano la sharia, riservate ai musulmani. Questo duplice binario crea disguidi e problemi, in quanto attualmente esistono già circa mille casi di “conflitto di giurisdizione”. Il rev. Philips spiega a Fides: “Credo che proporre all’opinione pubblica e nel dibattito politico l’introduzione degli hudud sia una mossa con intenti elettoralistici: date le imminenti elezioni, alcuni leader vogliono guadagnare consensi, toccando temi religiosi. Chiediamo a tutti di non strumentalizzare la religione per fini politici. La campagna elettorale va fondata su come affrontare i problemi reali della gente e non sfruttando argomenti relativi alla religione”. (R.P.)

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    Bangkok: incontro del Consiglio Mondiale delle Chiese sui lavoratori immigrati

    ◊   Aumenta il numero dei lavoratori migranti vittime di pesante sfruttamento in Asia, dove oltretutto la maggior parte dei Paesi non ha ancora ratificato le convenzioni per la tutela dei più elementari diritti umani dei lavoratori varate dalle Nazioni unite e dall’International Labour Organization (Ilo). È stata questa – riferisce L’Osservatore Romano - la principale preoccupazione al centro dei lavori organizzati nei giorni scorsi a Bangkok, in Thailandia, dalla commissione per gli Affari internazionali delle Chiese del World Council of Churches (Wcc) in collaborazione con il Programma giustizia e affari internazionali della Conferenza cristiana dell’Asia. All’incontro hanno partecipato esperti e attivisti per i diritti umani appartenenti alle diverse comunità cristiane del continente. Quello dell’immigrazione non è dunque un tema che riguarda unicamente la società occidentale. Si tratta, anzi, di un fenomeno che in Asia sta letteralmente esplodendo. Soprattutto, perché, come accennato, nella maggior parte dei Paesi non è stata ancora ratificata la convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie adottata dall’assemblea generale dell’Onu nel 1990 e la convenzione 189 varata dall’Ilo riguardante il lavoro dignitoso dei lavoratori domestici immigrati. Di qui, il rinnovato invito, rivolto alle Chiese e alle comunità ecclesiali coinvolte nel movimento ecumenico, a sollecitare la ratifica di detta convenzione e l’adozione di altri strumenti legislativi in difesa della dignità dei lavoratori immigrati. Nel corso dei lavori è stato osservato come negli ultimi anni sia considerevolmente cresciuto il numero delle lavoratrici immigrate. In particolare, in numerosi Paesi, la quasi totalità dei lavori domestici (il 95%) è svolto da donne immigrate. Una tendenza — è stato rimarcato — che, in assenza del riconoscimento e della tutela dei diritti, ha aperto la strada a forme sempre maggiori di sfruttamento e all’abominevole tratta di esseri umani. I partecipanti all’incontro hanno poi posto l’accento sui problemi dei lavoratori immigrati nel Golfo Persico, sottolineando come in questi Paesi spesso le legislazioni nazionali sul lavoro non si applicano ai lavoratori domestici, che quindi rimangono una forza lavoro “invisibile” esposta al rischio di schiavitù. Il dibattito si è poi soffermato sui diffusi ritardi nella ratifica delle convenzioni internazionali da parte di molti Stati. “L’adozione della convenzione Ilo sui diritti dei lavoratori domestici rappresenta una svolta per milioni di immigrati, allo stesso tempo la sua applicazione è la chiave per garantire che i lavoratori precari abbiano l’effettivo accesso a un lavoro dignitoso», ha detto Mathews George Chunakara, direttore della commissione per gli Affari internazionali delle Chiese del World Council of Churches. (L.Z.)

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    Indonesia: i cattolici lanciano un movimento di massa anti-corruzione

    ◊   I cattolici indonesiani lanciano una massiccia campagna contro la corruzione, nel tentativo di ridare linfa morale al Paese e instillare i semi del buongoverno e di un'amministrazione oculata del bene pubblico. Dopo mesi di incontri e discussioni - riferisce l'agenzia AsiaNews - i leader del movimento di moralizzazione hanno organizzato una due giorni - il 3 e 4 novembre a Central Jakarta - che ha registrato la partecipazione di decine di persone fra sacerdoti, religiosi, suore e laici di professioni diverse. Con la collaborazione della Bhumiksara Foundation, attiva nella capitale, e della Conferenza episcopale (Kwi) il seminario ha approfondito tematiche inerenti il "Programma di leadership etica", già sviluppato in passato dall'osservatorio filippino contro la corruzione EheM!, fondato dai padri gesuiti e attivo nella lotta contro il fenomeno in tutta l'area del Sud-est asiatico. L'obiettivo della due giorni di incontri promossa dalla leadership della Chiesa indonesiana, incentrata sul modello di un ritiro spirituale, è di "internazionalizzare lo spirito anti-corruzione", dando vita a una vera e propria comunità. Nel lungo periodo la volontà è proprio quella di coinvolgere tutti i cattolici - singoli e associazioni - nella creazione di un "movimento di massa anti-corruzione". La due giorni di Jakarta segna un punto importante nell'attivismo cattolico, per tre ragioni di fondo: per la prima volta si registra un impegno preciso della Conferenza episcopale del Paese, che trova applicazione in un progetto concreto dopo anni (dal 2006) di annunci e buone intenzioni; in secondo luogo la presenza di Bhumiksara Foundation, Ong apprezzata per la tenace battaglia nella promozione dell'etica e della morale nella società; in terzo luogo per la grande varietà dei partecipanti al seminario, che spaziano dai professionisti agli attivisti per i diritti umani, dagli studenti universitari alle suore, chiamati a rinnovare un impegno e una lotta comune. I promotori del seminario - che verrà replicato a inizio dicembre nella diocesi di Purwokerto - hanno organizzato una sorta di "ritiro spirituale" sul modello gesuita di Sant'Ignazio, durante il quale i partecipanti hanno meditato ed elaborato proposte partendo dall'esperienza personale. Un'analisi delle problematiche alla luce dell'etica e della morale promosse dalla Chiesa cattolica, unite all'impegno di ciascuno per la creazione di un modello migliore di società pubblica. Un metodo che coniuga riflessione e azione, coadiuvato dalla preghiera quotidiana e dall'Eucaristia. La corruzione è uno dei più gravi problemi dell'Asia e in Paesi come Indonesia, Cambogia, Cina, Vietnam e Filippine è diffusa non solo nel settore pubblico e delle grandi aziende, ma anche a livello locale e costa agli Stati miliardi di euro. I governi di questi Paesi annunciano ogni anno nuove commissioni per combattere il problema, che però si tramutano a loro volta in espedienti per permettere a una parte politica di portare avanti i propri interessi. (R.P.)

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    Madagascar: la povertà fa dilagare la prostituzione

    ◊   In meno di venti anni il numero delle prostitute registrato nella principale città portuale del Madagascar, Toamasina, dove vivono circa 200 mila persone, è salito da 17 mila del 1993 a 29 mila del 2012. Si calcola che una donna su 7 sia sfruttata sessualmente. Lo stato di povertà sempre più dilagante e la vicinanza della città all’Ambatovy, una delle miniere di nichel e cobalto più grandi del mondo, - riferisce l'agenzia Fides - contribuiscono all’aggravarsi del fenomeno. Secondo le stime del governo, oltre tre quarti della popolazione malgascia vive attualmente con meno di 1 dollaro al giorno. La costruzione della miniera e i recenti miglioramenti del porto hanno portato l’afflusso di migliaia di lavoratori stranieri. Il costo della vita è aumentato e le attività commerciali tradizionali sono collassate, spingendo sempre più donne verso l’industria del sesso. La prostituzione, infatti, è un fenomeno normale e legale in Madagascar, un mezzo per sopravvivere. Nonostante la prevalenza dell'Aids sia più bassa rispetto ad altri Paesi dell’Africa, con circa lo 0.2% di persone tra 15 e 49 anni contagiate dal virus, l’incidenza delle infezioni sessualmente trasmissibili, come la sifilide, è molto al di sopra della media regionale. Secondo le statistiche ne è colpito il 4% delle donne incinte, come pure il 12% delle prostitute. (L.F.)

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    52.ma Assemblea dei Superiori maggiori: evangelizzazione e responsabilità dei religiosi

    ◊   In linea di continuità con il tema del XIII Sinodo dei vescovi, la 52.ma Assemblea generale della Conferenza italiana dei Superiori Maggiori (Cism) che è in corso all’Hotel Santa Tecla Palace di Acireale, ha scelto come tema di studio “tempo di nuova di evangelizzazione: responsabilità dei religiosi”. Nella dotta prolusione del segretario generale, padre Fidenzio Volpi, cappuccino, il tema è stato sviluppato in quattro sequenze che sottolineano la specificità del termine “nuova” pur utilizzando il Vangelo di sempre e quindi ricercando la novità nei linguaggi, nelle metodologie e nel rinnovato entusiasmo capace di produrre res novae per un’autentica evangelizzazione che coinvolge l’intelligenza dell’umano. Commentando il pensiero del gesuita Andrè Fossion - riferisce l'agenzia Zenit - padre Volpi ha evidenziato come oggi alla pastorale dell’inquadramento e del progettare, che si articola nello sviluppo di un piano predisposto, articolato in obiettivi e tappe da seguire secondo il paradigma del controllo e del prodotto di impresa, oggi è quanto mai indispensabile la “pastorale del generare”, che contrariamente al “piano” imposto dall’alto, attiva il “dispositivo” che lo rende possibile e sollecita un reale coinvolgimento creativo e innovativo dei diversi operatori della missione evangellizzatrice. L’ottica evangelica della semina, del chicco di grano, e la pedagogia del seminatore, indicata anche nell’icona dell’Assemblea, mettono in atto una specifica e puntuale opera di evangelizzazione efficace e incisiva, capace di nuove intuizioni e nuovi “sogni” come quelli dei Padri Fondatori dei diversi ordini religiosi, i quali hanno prodotto nella Chiesa capolavori di grandezza, di educazione e di eccezionali servizi di sviluppo e di crescita a favore dell’umanità. La specificità dei carismi dei singoli ordini religiosi è stata evidenziata dal cardinale Paolo Romeo, presidente della Conferenza episcopale siciliana, il quale ha presieduto la liturgia introduttiva dell’Assemblea. Nell’agenda della nuova evangelizzazione i Superiori maggiori hanno messo al primo posto la responsabilità dei diversi istituti religiosi che nei settori dell’educazione, della sanità, della cura pastorale, delle opere di carità verso i poveri e i bisognosi esplicano la missione specifica del carisma dell’Istituto quale segno di presenza evangelizzatrice nel mondo contemporaneo, anche mediante nuovi “laboratori” di operatività e di testimonianza cristiana. Nel corso dei lavori dell’Assemblea saranno sviluppati di diversi argomenti indicati nell’instrumentum laboris per una nuova evangelizzazione ed in particolare il primo annuncio missionario, il percorso di iniziazione cristiana, il catecumenato postbattesimale ed il sacramento della cresima. La catechesi e l’educazione, risposta alla diffusa emergenza e carenza di riferimenti saldi nella famiglia e nella scuola, restano i capisaldi di una rinnovata azione pastorale che gli Istituti religiosi mettono in atto a servizio della Chiesa. Il prossimo convegno programmato per il 2013 sul tema “Religiosi educatori nella comunità cristiana” ed il convegno ecclesiale di Firenze del 2015 costituiscono le tappe del triennio della Conferenza italiana dei Superiori Maggiori. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 311


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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.