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Sommario del 02/11/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Commemorazione dei defunti. Il Papa: la morte non spezza il legame con Dio
  • Benedetto XVI riceve in udienza il cardinale Dziwisz
  • Mons. Marchetto: ristabilire la verità storica sul Concilio Vaticano II
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: nuove violenze mentre si lavora all'ipotesi di una tregua avanzata dalla Cina
  • Il Congresso del partito comunista cinese e le nuove sfide del gigante asiatico
  • Presidenziali Usa: i cattolici ago della bilancia tra Obama e Romney
  • Il vescovo di Nola sulla Fiat: rispettare dignità lavoratori, non sono sacchi di patate
  • Province, polemiche su riassetto. Il ministro Cancellieri: "Basta campanilismi"
  • Il commercio delle armi non conosce crisi: spesa militare oltre 1700 mld. di dollari
  • Italia, in vigore nuovo Rito delle esequie. Mons. Pompili: celebrazioni più comunitarie
  • Eletto il nuovo priore generale dei Fatebenefratelli, fra Jesús Etayo Arrondo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Haiti: 20 mila le case distrutte dall'uragano Sandy. Onu: un milione a rischio fame
  • Nigeria: strage a Maiduguri. Amnesty contro l'esercito: gravi violazioni dei diritti umani
  • La solidarietà della Chiesa del Congo a mons. Russo espulso dal Ciad
  • Amnesty: campagna per i diritti delle donne in Medio Oriente e Nord Africa
  • Somalia: 18 giornalisti uccisi da gennaio, dura condanna Onu
  • Epidemia di febbre gialla nel Darfur
  • Tanzania, Banca Mondiale: l'economia cresce ma i contadini sono "dimenticati"
  • Il cardinale Bagnasco: senso del bene comune incompatibile con gli interessi di parte
  • Senegal. Il card. Sarr alla Messa d'Ognissanti: tutelare la sacralità dei cimiteri
  • I Cooperatori salesiani a Roma per il quarto Congresso mondiale dell’Associazione
  • Brasile: inaugurata a San Paolo la chiesa più grande del Paese
  • Al via Florens 2012, Biennale Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali
  • Per la prima volta sei cittadini di Taiwan negli Usa senza visto turistico
  • Convegno interreligioso sulla Sindone al Regina Apostolorum
  • Il Papa e la Santa Sede



    Commemorazione dei defunti. Il Papa: la morte non spezza il legame con Dio

    ◊   Nella giornata in cui la Chiesa commemora solennemente i defunti, il Papa presiederà, alle ore 18 nelle Grotte Vaticane, un momento di preghiera per i Pontefici defunti. Domani mattina poi, alle ore 11.30, Benedetto XVI celebrerà, nella Basilica Vaticana, una Santa Messa in suffragio dei cardinali e vescovi morti nel corso dell’anno. Nel servizio di Alessandro Gisotti, riproponiamo alcune riflessioni del Papa sulla commemorazione dei defunti e sul significato della morte per un cristiano:

    “La separazione dagli affetti terreni è certo dolorosa, ma non dobbiamo temerla” perché essa “non può spezzare il legame profondo che ci unisce a Dio”. Benedetto XVI sottolinea questa certezza del cristiano che mette in luce il paradosso dell’uomo contemporaneo: da una parte ha largamente dismesso la spiritualità cristiana, dall’altra di fronte alla morte cerca una qualche trascendenza parallela:

    “L’uomo moderno l’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appartenga a una mitologia ormai superata? In questo nostro tempo, più che nel passato, si è talmente assorbiti dalle cose terrene, che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista della storia e della nostra stessa vita” (Udienza generale del 2 novembre 2005)

    Di qui il suo appello a “riappropriarsi” della dimensione della morte, parole pronunciate quattro anni fa, ma che sembrano riecheggiare il tema del Sinodo appena conclusosi in Vaticano:

    “E’ necessario anche oggi evangelizzare la realtà della morte e della vita eterna, realtà particolarmente soggette a credenze superstizione e a sincretismi, perché la verità cristiana non rischi a di mischiarsi con mitologie di vario genere” (Angelus del 2 novembre 2008)

    L’interrogativo fondamentale – ribadisce il Papa – è cosa sia davvero la morte per un cristiano. La mentalità dominante, osserva, ci porta a credere che al di là della morte ci sia il nulla. Ma chi crede in Cristo e nella Sua Risurrezione sa che la strada della morte è in realtà “una via della speranza”. Non è la fine, ma l’inizio della vita piena. Per questo, chi riconosce una grande speranza nella morte, “può anche vivere una vita a partire dalla speranza”:

    “L’uomo ha bisogno di eternità ed ogni altra speranza per lui è troppo breve, è troppo limitata (…) L’uomo è spiegabile, trova il suo senso più profondo, solamente se c’è Dio”. (Udienza generale 2 novembre 2011)

    Questa vita, ha quindi ribadito ieri il Papa all’Angelus, ha senso solo se c’è l’amore, un amore che non finisce. “Vediamo – ha affermato - che seguire Cristo porta alla vita, alla vita eterna, e dà senso al presente, ad ogni attimo che passa, perché lo riempie d’amore, di speranza”.

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    Benedetto XVI riceve in udienza il cardinale Dziwisz

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata in udienza il cardinale Stanisław Dziwisz, arcivescovo di Cracovia.

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    Mons. Marchetto: ristabilire la verità storica sul Concilio Vaticano II

    ◊   A 50 anni dalla sua apertura, il Concilio Ecumenico Vaticano II rimane una bussola per tutta la Chiesa. Ne è convinto mons. Agostino Marchetto, segretario emerito del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e noto studioso del Vaticano II. Il presule presenterà mercoledì prossimo a Roma il suo ultimo libro sull’argomento, intitolato “Il Concilio ecumenico Vaticano II. Per la sua corretta ermeneutica”. Per mons. Marchetto, infatti, oggi più che mai, occorre che i testi conciliari siano letti e interpretati in modo corretto. Federico Piana lo ha intervistato:

    R. – Naturalmente, perché la bussola funzioni ci devono essere delle condizioni, e le condizioni sono che ci sia una storia veritiera del Concilio, perché penso, purtroppo, che ancora non ci sia; e ci deve essere un’accettazione dell’interpretazione del Concilio che sia corretta – quindi l’ermeneutica conciliare – per avere alla fine la ricezione, cioè l’attuazione delle grandi linee conciliari, e al centro del pensiero del Vaticano II, la Chiesa. Fondamentalmente, infatti, come diceva Guardini tanti anni fa, la fede si gioca anche sulla realtà “Chiesa”.

    D. – Quando lei parla di non accettazione o accettazione parziale del Concilio Vaticano II, cosa intende?

    R. – La non accettazione vuol dire che non si accettano i criteri stabiliti per l’interpretazione conciliare. Il Papa ha indirizzato la corretta ermeneutica conciliare, cioè un’ermeneutica della riforma, nella continuità dell’unico soggetto Chiesa, per cui è difficile poter comprendere che ci sia una giusta ricezione, se non c’è stata un’interpretazione corretta del Vaticano II.

    D. – I testi del Concilio andrebbero in qualche modo ancora di più metabolizzati e fatti conoscere al popolo di Dio…

    R. – Io credo che in questo abbiamo una nota positiva: in vista di quest’Anno della Fede c’è un ritorno ai testi conciliari. In tutti gli incontri cui ho partecipato si rileva certamente il desiderio di tornare ai testi, di conoscerli e di approfondirli. C’è, dunque, la consolazione che stiamo rivenendo ai testi e quindi c’è una prospettiva di una maggior facilità di ricezione del Vaticano II e dei suoi testi. Come dice il Santo Padre: lo Spirito non può essere staccato da questi testi.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Tra il cielo e la terra: Benedetto XVI celebra i primi vespri nella Cappella Sistina a cinquecento anni dall’inaugurazione della volta michelangiolesca.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, il piano cinese per tentare di uscire dalla crisi siriana.

    Vi racconto il mio amico che è diventato Papa: in cultura intervista di Wlodzimierz Redzioch a Wanda Poltawska sul suo sodalizio spirituale con Karol Wojtyla.

    Diciotto perle come salvagente: Martin Lonnebo sulla Corona del Salvatore usata nelle Chiese protestanti in Scandinavia, in Germania e nei Paesi Bassi.

    Un’impresa rischiosa e senza precedenti: il compositore Ferruccio Benvenuto Busoni illustra la sua originale esecuzione musicale de “Il sabato del villaggio” (dal celeberrimo testo poetico di Giacomo Leopardi).

    Sul 2 novembre, una riflessione di Pier Giordano Cabra dal titolo “Le tue nostalgie”.

    La morte di Gae Aulenti, architetto di fama internazionale.

    La morte del collega Sandro Ridolfi, uno dei più giovani tecnici di redazione del nostro giornale: Giulia Galeotti ricorda “il sorriso di un amico”.

    Quella festa senza fine: nell’informazione vaticana, il Papa all’incontro con i fedeli per la preghiera mariana nella solennità di Tutti i Santi.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: nuove violenze mentre si lavora all'ipotesi di una tregua avanzata dalla Cina

    ◊   Nuova escalation di violenza in Siria. Sono almeno 12 i morti nelle ultime ore – secondo l’opposizione – a Damasco si è verificata anche un’esplosione. Intanto i ribelli hanno annunciato la liberazione dall’esercito di Assad della città di Saraqeb, località strategica nel Nord del Paese. Fanno discutere le immagini contenute in un filmato diffuso su internet nel quale si mostra l'esecuzione sommaria di una decina di soldati da parte di un presunto gruppo di ribelli. Immediata la condanna dell'Onu che parla di crimine di guerra. A livello diplomatico intanto si sta lavorando sulla proposta di una tregua regione per regione avanzata dalla Cina dopo la visita a Pechino del mediatore Onu-Lega araba Brahimi. Il parere in proposito di Massimo De Leonardis, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano. L’intervista è di Benedetta Capelli:

    R. - Tutte le proposte concrete possono essere utili anche se naturalmente, poi, questa divisione delle tregue regione per regione si presta a infinite discussioni. Il problema, in questi casi, è sempre di chi può avere la forza e il potere di far rispettare questa tregua. Come sempre, abbiamo di fronte il problema di un eventuale intervento della comunità internazionale, avallato dall’Onu. Una soluzione potrebbe essere quella di un intervento della Lega Araba, ma deve essere evidentemente accettata dalle due parti.

    D. - Eppure questa ipotesi esclude un intervento esterno, che è un punto chiave anche dell’opposizione che sia Cina che Russia hanno sempre mostrato in Consiglio di sicurezza dell’Onu. In questo frangente la posizione di Mosca sembra apparentemente defilata…

    R. - Per quanto riguarda il rapporto con la Siria, nel caso della Russia, ci sono interessi specifici che sono emersi in tutti questi mesi: le questioni delle armi, le questioni degli aerei, la questioni degli armamenti. La Russia ha un rapporto tradizionale con la Siria che è molto più intenso di quello della Cina; avendo un rapporto diretto con il regime di Assad è molto più riluttante a fare proposte che possano prefigurare un intervento nella questione. Quando si parla di un intervento nella situazione siriana, anche se la proposta appare equilibrata, si parla sostanzialmente di un intervento che viene a danneggiare il governo di Assad. Il governo di Assad, tutto sommato, preferirebbe essere lasciato per conto proprio, nella speranza di riuscire a schiacciare manu militari l’opposizione.

    D. – Quello che sta emergendo è che sia i ribelli sia l’esercito di Assad si stanno macchiando di crimini contro l’umanità. Solo un intervento esterno potrebbe porre fine a questa escalation?

    R. – Il fatto che in una guerra civile ci siano crimini da entrambe le parti, non stupisce. Tutti sanno che la guerra civile è una sorta di guerra totale dove purtroppo non esistono regole. Questo, in una certa misura, è avvenuto anche in teatri di altre civiltà - penso alla guerra civile spagnola - e a maggior ragione avviene in un teatro come quello mediorientale. A qualunque soluzione si arrivi, bisogna garantire che questo non comporti vendette successive. Ancora una volta si pone il problema di un’autorità esterna che possa farsi garante non solo di una soluzione politica, ma anche del fatto che successivamente non ci sia una politica di vendette.

    D. – Come vede un’eventuale uscita di Assad? E’ una precondizione necessaria per porre fine a questa guerra?

    R. – Io temo che si sia superato o che si stia superando il punto di non ritorno, quel punto prima del quale si poteva pensare a soluzioni tipo esilio in qualche altro Paese. Non vedo al momento alcuna prospettiva. Penso che il destino di Assad sia segnato, ma credo che ci vorrà ancora molto tempo perché ci sarà certamente un intervento esterno a sostegno dei gruppi di opposizione; sarà ovviamente un intervento esterno cauto, non aperto, come nel caso della Libia e che quindi richiederà più tempo per conseguire la vittoria. Naturalmente, da questo punto di vista, l’incognita è il risultato delle elezioni americane e aspettare e veder quale tipo di politica vorrà fare il nuovo presidente.

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    Il Congresso del partito comunista cinese e le nuove sfide del gigante asiatico

    ◊   Al via l’8 novembre il 18.mo Congresso del Partito comunista cinese. Più di 2.200 delegati da tutto il Paese arriveranno a Pechino, in quella che vuole essere una manifestazione di armonia, potenza e unità. Ma dietro le quinte la battaglia per la successione si è già dimostrata aspra. Quelli che usciranno, infatti, da questo Congresso, saranno i leader che guideranno per i prossimi dieci anni la seconda potenza economica mondiale. Salvatore Sabatino ha chiesto a Fernando Mezzetti, esperto di questioni cinesi, chi sono i più accreditati alla guida del gigante asiatico:

    R. –I più accreditati sono sicuramente Li Keqiang, come primo ministro, e Xi Jinping, come capo del partito. Va detto, però, che le cariche statali saranno regolate a primavera prossima dall’Assemblea del popolo. C’è stata una dura lotta interna per decidere questa successione, che però - secondo me - avverrà in modo tranquillo e senza traumi.

    D. – Una delle lotte più aspre ha riguardato il neo-maoista Bo Xilai, ex leader comunista, che sembrava destinato a salire ai massimi vertici, ma è stato ora espulso dal partito e dal parlamento, ed è in attesa di processo per corruzione e abuso di potere. Quanto influirà questo caso?

    R.– Ha già influito. Bo Xilai puntava sul malcontento, sull’insoddisfazione, sulle rabbie sociali che si sono create in Cina con le riforme e le disparità sociali. Aveva ripescato rituali e tecniche del potere maoista: inni della rivoluzione culturale, processi di massa per la lotta alla corruzione. Tutto in contrasto con questa dirigenza e gran parte del partito, che ha invece una linea riassumibile nello slogan della “società armoniosa”, non nella lotta di classe. Quindi, a questa opposizione, impersonata da Bo Xilai, non hanno dato neanche la dignità di interlocutore politico: lui è stato liquidato come esponente di una corruttela, di latrocinio e di abusi di potere, cioè crimini comuni. Questo dimostra che la dirigenza è determinata ad andare avanti sulla strada che hanno intrapreso: approfondire le riforme, migliorare il sistema economico, ma non credo che con la parola riforme possiamo intendere gli sbocchi di una società politicamente pluralista.

    D. – Il modello produttivo diretto verso l’esportazione comincia a mostrare i primi cedimenti, con la crisi che impatta fortemente su questo gigante asiatico. Come verrà giocata la sfida economica?

    R. – Loro, fino ad ora, hanno sviluppato molto le infrastrutture; dovranno d’ora in poi, concentrarsi sullo sviluppo dei consumi individuali, o altri tipi di consumi collettivi, che possono certamente essere i sistemi previdenziali. Non dimentichiamo che gran parte della Cina è rurale ed il mondo contadino – cioè almeno 700 milioni di persone – non ha previdenze sociali. Quindi, cercheranno di mantenere lo sviluppo, puntando sull’intervento pubblico e sulle previdenze sociali, che si possono riassumere in consumi interni di diversa natura.

    D. – La Cina, dal punto di vista geopolitico, è diventata sempre più una presenza ingombrante in Asia. La nuova classe dirigente sarà più sensibile ai rapporti di buon vicinato, o no?

    R. – Certo, saranno più sensibili ai rapporti di buon vicinato, ma vorranno sempre imporre quello che è la Cina. Già i cinesi hanno un fortissimo senso di identità: il grande e rapido sviluppo economico – uno dei grandi eventi della fine del secolo scorso e dell’inizio di questo secolo – stimola la fierezza e l’orgoglio nazionale. C’è poco da fare. La Cina di ieri era un Paese piegato dal sottosviluppo; la Cina di oggi, che è fiera di questo grande sviluppo, incombe su metà del continente asiatico, non più soltanto come massa geografica e demografica. Incombe anche e soprattutto come massa economica e come potenza regionale, anche militare, che cerca una proiezione più larga.

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    Presidenziali Usa: i cattolici ago della bilancia tra Obama e Romney

    ◊   Negli Stati Uniti, rush finale dei candidati alla Casa Bianca. Gli ultimi sondaggi danno in vantaggio il presidente Barack Obama, giudicato positivamente per il suo operato nell’affrontare l’emergenza dell’uragano “Sandy”, il cui bilancio è salito ad almeno 98 vittime accertate. Obama ha incassato anche l’appoggio del sindaco di New York, Michael Bloomberg e gli elogi del governatore del New Jersey, il repubblicano Chris Christie. Stamani, inoltre, sono stati diffusi i dati sull'occupazione nel mese di ottobre: l'economia americana ha creato 171 mila posti di lavoro, nell'ultimo mese, ma il tasso di disoccupazione è salito comunque dal 7,8% al 7,9%. Intanto, sono in molti a chiedersi chi - tra Romney e Obama - otterrà la maggioranza dell’elettorato cattolico. Nelle ultime 10 elezioni presidenziali, solo una volta un candidato è riuscito ad arrivare alla Casa Bianca, senza conquistare la maggioranza del voto cattolico. Quanto contano dunque oggi i cattolici nelle presidenziali e più generalmente nella politica americana? Alessandro Gisotti lo ha chiesto al prof. Robert Royal, teologo e politologo cattolico, presidente del “Faith and Reason” Institute di Washington:

    R. – Contano come sempre! Non è un voto semplice il loro, perché i cattolici americani sono sempre divisi tra il Partito democratico che, una volta, era il partito degli immigrati e tra i Repubblicani che rappresentano più o meno i valori cattolici nel senso che sono contro l’aborto, contro le unioni gay eccetera... E così, il voto è diviso tra i due partiti. Quando è stato eletto, Obama ha vinto con il 54 per cento dei voti cattolici; adesso il voto cattolico è diviso esattamente al 50 per cento tra Obama e Romney. I cattolici – così si dice qui, in America – sono il "centro del centro" del voto americano.

    D. – L’economia è il grande tema di queste elezioni presidenziali. Però, anche alcuni temi cosiddetti morali hanno avuto, hanno un grande ruolo. Pensiamo in particolare all’aborto, quindi alla difesa della vita, ma anche alla povertà e all’immigrazione... Quanto conteranno questi temi il 6 novembre?

    R. – Tutti conteranno; ma c’è differenza tra quelli che pendono più verso il Partito democratico e quelli che dicono che i repubblicani rappresentino meglio i valori cattolici. C’è un altro fattore, ed è questo: Obama, nell’Obamacare – la riforma sanitaria – ha approvato una serie di disposizioni secondo cui le istituzioni cattoliche, le università, gli ospedali, le scuole, sono tenuti a pagare - attraverso l’assicurazione sanitaria - la contraccezione, la sterilizzazione e, in certi casi, perfino l’aborto. Questo ha ingenerato, qui in America, una controversia su Obama, perché se lui resterà alla Casa Bianca queste disposizioni entreranno in vigore e le istituzioni cattoliche dovranno affrontare questa sfida ai valori morali. Quando le disposizioni sono state approvate, il 56 per cento dei cattolici era contrario ad Obama; adesso che le questioni economiche sono diventate ancora più rilevanti, questo problema, questa controversia sull’Obamacare è un po’ uscita dall’ambito dell’attenzione dell’opinione pubblica, e non si sa se potrà essere un fattore di rilievo nell’elezione.

    D. – Ci sono sicuramente molti cattolici preoccupati per le posizioni abortiste del Partito democratico; dall’altra parte, ci sono anche molti cattolici preoccupati per le posizioni ritenute poco solidali rispetto ai più deboli e agli immigrati da parte del Partito repubblicano. E’ così?

    R. – Sì, ha ragione. Ma per quanto riguarda la solidarietà, se ne può discutere; ci si può appellare a necessità di sicurezza sociale … E questa discussione si verifica in ogni Paese. Ma i nostri vescovi hanno detto molto chiaramente che bisogna capire che l’aborto è una questione assoluta per quanto riguarda la morale; le questioni che riguardano la tutela della vita non si possono mettere sullo stesso livello con le altre questioni.

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    Il vescovo di Nola sulla Fiat: rispettare dignità lavoratori, non sono sacchi di patate

    ◊   Sta facendo discutere la possibilità che la Fiat metta in mobilità 19 lavoratori dello stabilimento di Pomigliano dopo la sentenza della Corte d'Appello di Roma che ha obbligato l'azienda al reintegro di altrettanti lavoratori della Fiom. Per il sindacato metalmeccanici della Cgil, l'unico Paese in cui la Fiat non ha preso impegni concreti per il rilancio è l’Italia. La Cisl chiede l’interessamento del presidente della Repubblica e annuncia ricorsi. Alessandro Guarasci ha sentito il vescovo di Nola, mons. Beniamino Depalma:

    R. – Ormai sono anni – anni! – di questo tira e molla. Attendiamo fiduciosi l’evolversi della situazione, confidando nel buon senso delle parti in causa. Io auspico una ripresa del dialogo, perché si immagini e si costruisca un futuro diverso nel mondo del lavoro nel quale il primato non spetti soltanto al profitto e all’economia, ma all’uomo con la cui vita ormai non è più consentito giocare.

    D. – Come si vive questo fatto: 19 entrano, 19 dovrebbero uscire... c’è preoccupazione tra la gente?

    R. – Ma certamente! E’ un’assurdità, questa. L’uomo non è una merce che si può cambiare a nostro piacimento. L’uomo, ogni uomo, ha dei diritti inalienabili e a questi diritti dell’uomo corrispondono anche doveri da parte delle istituzioni, da parte della società. Non sono sacchi di patate: chi entra e chi esce! Tutti, assolutamente tutti!, devono avere il diritto al lavoro, senza pericolose distinzioni.

    D. – Lei, in sostanza, dice: capitalismo e aziende devono lavorare di pari passo per favorire lo sviluppo del territorio …

    R. – Certamente! A noi interessa il lavoro, a noi interessa il territorio. Su tutte le questioni Fiat, lavoratori, territorio devono sedersi a tavolino! Questa è un’urgenza, una necessità. Non ci si può più parlare da lontano e non guardarsi negli occhi.

    D. – Il rischio è comunque poi che la criminalità organizzata prenda il sopravvento, in qualche modo?

    R. – Certamente, in questa confusione la criminalità gioca e occupa tutti gli spazi.

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    Province, polemiche su riassetto. Il ministro Cancellieri: "Basta campanilismi"

    ◊   Sempre più acceso il dibattito sul decreto del governo che dal 2014 stabilisce la riduzione delle Province in Italia fino a 51 - con altrettante Prefetture - per un totale di oltre quattromila consiglieri in esubero e presidenti di Giunta eletti dai sindaci e non più dai cittadini."Il processo è irreversibile, basta ai campanilismi”, ripete il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, ma l’Unione delle Province non ci sta, parla di una inaccettabile forzatura e chiede più attenzione ai territori. Dunque, come valutare il cambiamento? Si tratta veramente di un passo storico per la geopolitica italiana? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Giuseppe Dematteis, emerito di Geografia urbana e regionale al Politecnico di Torino:

    R. – Così come lo stanno facendo, mi sembra proprio che ci sia ben poco di positivo. È stata fatta una cosa a tavolino pensando di agire su un territorio omogeneo, e questo non corrisponde alla realtà italiana. Sì, magari in qualche caso estremo, laddove erano state create Province disgregandole da altre e ora le si riaggrega, forse l’azione è positiva. Ma per dire se una cosa funziona o non funziona, bisogna vedere cosa succede sul territorio, non si può fare una affermazione così, in generale. Tanto più che poi, in molti casi, con questi tagli previsti si torna a una situazione simile a quella dell’Unità d’Italia. Dunque, non ci vedo nulla di “storico” in questo processo .

    D. – Almeno però questo processo porterà ad un risparmio...

    R. – Bisogna innanzitutto capire quali sono le funzioni che devono svolgere le Province, dopo di che si può anche fare un calcolo di quanto costa svolgerle in un modo non solo efficiente, ma anche efficace. Perchè risparmiare sul funzionamento di un ente pubblico, per poi ottenere che questo ente pubblico non sia efficace come dovrebbe, è assurdo.

    D. – E poi c’è la questione delle esigenze territoriali: non si può sapere ancora se saranno effettivamente rispettate e in che termini?

    R. – Il fatto è che se le Province sono semplici aggregati amministrativi, si può mettere insieme di tutto. Se invece devono esprimere le esigenze e le potenzialità dei territori, dovrebbero avere una dimensione territoriale adeguata.

    D. – Non era questo dunque, secondo lei, il modo di modernizzare, mettere al passo con i tempi l’assetto delle Province italiane?

    R. – Se al passo con i tempi vuol dire semplicemente risparmiare dei soldi, per carità, si possono anche abolire del tutto. Secondo me, se si vuole introdurre un livello inferiore alle Regioni, bisogna introdurre un livello che abbia un reale rapporto con i territori. La mia impressione è che queste cose vengano fatte guardando solo ai problemi della contabilità.

    D. – Il ministro Cancellieri ha anche detto – però questo forse non coincide con il suo concetto di esigenza territoriale – “basta campanilismi”. Questo cosa significa?

    R. – Quando dicono “basta campanilismi”, lo dicono a Pisa e a Livorno che non vogliono andar d’accordo fra di loro, perché storicamente sono rivali. Ma anche questo per me è un falso problema: Pisa e Livorno hanno dei validi motivi per non essere messe insieme in un’unica aggregazione territoriale, perché hanno problematiche completamente diverse. Ma anche se ci fossero storiche rivalità, come si dovrebbero superare? Non certo facendo una legge che le mette insieme per forza...

    D. – Altro punto critico del decreto è la rappresentatività, dato che suppone che i presidenti siano eletti dai sindaci e non più dalla gente. Come valuta questo aspetto?

    R. – Secondo me, anche questo è un falso problema, perché se il livello provinciale intermedio diventa semplicemente un decentramento delle Prefetture, non ha nessuna importanza che sia elettivo: tanto non deve svolgere compiti che interessano alla gente.

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    Il commercio delle armi non conosce crisi: spesa militare oltre 1700 mld. di dollari

    ◊   Nel mondo, nonostante la crisi, la spesa militare ha superato i 1.700 miliardi di dollari. La denuncia arriva da un libro-inchiesta dal titolo “Armi, un affare di Stato”, edito da Chiare Lettere, che svela come la produzione e il commercio di armamenti siano dominati quasi totalmente dalle scelte politiche dei governi. Il libro mette per la prima volta in luce anche il sistema corrotto delle commesse e svela i nomi della potente lobby che dominano il mercato. Federico Piana ha intervistato uno degli autori, Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete italiana per il disarmo:

    R. - Noi siamo abituati a pensare che quando si comprano o si vendono armi, ci siano trafficanti e giochi loschi. Invece dobbiamo cambiare paradigma, ed è quello che abbiamo cercato di scrivere nel libro. Le armi vengono comprate, ma vengono anche prodotte dagli Stati, perché le industrie sono indirettamente o direttamente di partecipazione pubblica: sono loro i veri protagonisti di questo commercio; sono loro i protagonisti dei soldi che vengono - a parer nostro - buttati complessivamente nelle spese militari. L’anno scorso abbiamo superato la quota di 1.700 miliardi di dollari - più di due volte il budget delle Nazioni Unite - che gli Stati mettono nelle spese militari e di questi oltre 400 miliardi sono dedicati a comprare armamenti.

    D. - Quali sono gli Stati che spendono di più?

    R. - Dobbiamo distinguere tra chi spende molto, e qui ci sono ovviamente gli Stati Uniti in testa, ma anche sempre di più le cosiddette economie emergenti - quindi Cina, Brasile, India - senza dimenticare la Russia e i player tradizionali e quindi Gran Bretagna, Francia, Germania e anche Italia a spendere per le armi. Poi c’è una differenziazione da fare tra chi produce - e chi produce sono più che altro i Paesi occidentali e quindi ancora una volta Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia, oltre alla Russia - e chi acquista, che sono sempre di più i luoghi caldi del nostro globo e quindi in Paesi del Medio Oriente - e non ci si deve quindi stupire se poi, quando succede qualche cosa, si verifica qualche problematica o scoppia qualche guerra civile, siano proprio le nostre armi che sparano - o in Paesi anche come l’India e il Pakistan. L’anno scorso, l’India è diventata il maggiore acquirente mondiale di armamenti.

    D. - L’Italia, in che posizione è?

    R. - Diciamo che noi siamo a ridosso delle prime 10 posizioni come spenditori, perché appunto le nuove economie hanno preso un po’ il sopravvento. Sicuramente, però, l’Italia è tra i principali produttori, in particolare in alcuni segmenti: penso agli elicotteri, penso ad alcuni tipi di aerei. E lì la nostra industria - tutto sommato - di Stato, perché il 30 per cento è posseduto dal Ministero del Tesoro, è tra le prime dieci industrie produttrici mondiali. L’altro aspetto fondamentale, però, è che l’Italia è il secondo esportatore mondiale di armi leggere, le cosiddette armi piccole, che però sono le vere armi di distruzione di massa, perché fanno circa 500 mila morti l’anno e questo vuol dire un morto al minuto. E’ incredibile, come ancora oggi e nonostante la Conferenza di luglio per un trattato internazionale sugli armamenti - che è in realtà fallita - non ci sia ancora una regola internazionale sulla compravendita di armi. Dispiace anche che l’Italia, proprio a livello internazionale, durante questa conferenza, abbia cercato di tener fuori le armi leggere - proprio perché per noi sono molto importanti e rappresentano un business molto importante - da una regolamentazione. Oggi come oggi sappiamo il nome della gallina che ha fatto l’uovo che mangiamo a tavola o sappiamo da dove è stata colta la banana che prendiamo per frutta, ma non c’è una regola che ci permetta di sapere dove sono state prodotte, chi le ha vendute e dove sono arrivate le armi, che invece fanno un po’ più male delle banane….

    D. - C’è un caso in Europa, che voi citate anche in questo libro, che è un caso da manuale: la Grecia, sull’orlo del default, spende - dite voi - di più in Europa per le armi. Come mai?

    R. - Tradizionalmente la Grecia è stata un grande spenditore dal punto di vista militare per le mai sopite e anche molto costruite - e noi scriviamo anche questo nel libro, perché spesso il nemico è costruito - minacce esterne, che anche se non è vera, costringe ad armarsi fino a denti. La Grecia - che ha speso negli anni anche fino al 4 per cento del proprio Pil per gli armamenti - è stata costretta, in questi ultimi due anni, a grosse cure dimagranti della spesa pubblica, con problemi sociali non banali. D’altro canto, invece, la Francia e la Germania, protagoniste nel chiedere questi tagli, hanno preteso che gli acquisti militari che la Grecia aveva già ordinato nei confronti delle industrie armiere francesi e tedesche, non fossero cancellati e che quindi i sottomarini tedeschi - per esempio - si dovessero continuare a comprare. Questa ci sembra veramente una visuale molto strabica: cercare di controllare quella che è la spesa sociale, ma non cancellare la spesa militare. Un po’ come succede anche in Italia, per fare il solito esempio, che noi stiamo portando da tempo, del cacciabombardiere F35. Ebbene la paventata, la prevista riduzione, anzi l’aumento dell’Iva per le cooperative sociali - che erogano servizi sanitari e scolastici per le persone con disabilità, e che forse verrà portata dal 4 al 10 per cento - il gettito previsto dal governo è pari ad un cacciabombardiere e mezzo. Noi crediamo che sia molto più sensato per difendere la vita degli italiani e in particolare delle persone svantaggiate, che ci siano magari dei cacciabombardieri in meno o meglio ancora nessun cacciabombardiere, e un vantaggio maggiore, anche dal punto di vista fiscale, a chi eroga servizi - come in questo caso - sanitari o scolastici.


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    Italia, in vigore nuovo Rito delle esequie. Mons. Pompili: celebrazioni più comunitarie

    ◊   Oggi, 2 novembre, entra in vigore la seconda edizione italiana del nuovo rito delle esequie, che sostituisce quella del 1974. La pubblicazione riflette l’impegno della Chiesa ad evitare, da un lato, la spettacolarizzazione mediatica della morte, sempre più frequente, e dall’altro la trasformazione di questo evento in una questione privata. Lo spiega, nell’intervista di Davide Maggiore, il direttore dell’ufficio nazionale della Conferenza Episcopale Italiana per le comunicazioni sociali, mons. Domenico Pompili:

    R. – Mi pare che il nuovo rito delle esequie risponda alla spettacolarizzazione, spesso riservata ai cosiddetti “vip”, attraverso un incontro ricercato fin dall’inizio con la famiglia del defunto, cioè attraverso una ricerca di contatto che sia il più possibile tempestivo per garantire la vicinanza della Chiesa, e risponde alla privatizzazione attraverso una proposta, scandita in tre tempi, che chiama in causa l’intera comunità cristiana: in primo luogo, nella casa del defunto, poi nella chiesa e nel luogo del cimitero. La liturgia è una dimensione comunitaria che riesce a dare il senso della prossimità della Chiesa e anche a rielaborare il senso di questo drammatico passaggio in una forma ispirata alla Parola di Dio e quindi alla speranza.

    D. – D’altra parte, sempre più spesso oggi la morte avviene in contesti come quello ospedaliero, dove la burocrazia si concilia male con il necessario raccoglimento…

    R. – In primo luogo, il cappellano, e poi le persone che con lui animano la presenza della Chiesa in ciascun ospedale, ha il compito di garantire quella forma di vicinanza raccolta che aiuta ad elaborare il senso del lutto. Certamente, l’ospedale è un luogo necessariamente più anonimo e – se vogliamo – burocratizzato. Però, credo che sia interesse di tutti, una sorta di bene comune da tutelare, far sì che – ad esempio – le camere mortuarie siano luoghi dignitosi, luoghi nei quali sia possibile anche l’incontro tra le persone che vanno a fare visita al defunto, e non siano semplicemente ripostigli o luoghi segnati, anche da un punto di vista fisico, da disattenzione o approssimazione.

    D. – Una caratteristica della nuova edizione del Rito è l’appendice dedicata alla cremazione. Qual è l’importanza di queste puntualizzazioni?

    R. – La cremazione, come è noto, è stata accettata dalla Chiesa dal 1963 e tuttavia l’appendice è inserita proprio per aiutare a vivere questo momento che nasce oggi dalle mutate condizioni, soprattutto legate al fenomeno dell’urbanizzazione. Va detto che la Chiesa non incentiva la cremazione, ma la permette. La sepoltura rimane la forma più idonea per dare anche il senso della dignità del corpo, che non è semplicemente un rifiuto da smaltire ma ha profondamente a che fare con l’integrità della persona. E tuttavia, siccome la cremazione è un dato di fatto, la Chiesa non vuole mancare a questo momento che, soprattutto per le persone coinvolte, rappresenta una dimensione difficile da gestire.

    D. – La morte, tuttavia, non va vista semplicemente come una fine, ma nel suo legame inscindibile con la risurrezione…

    R. – Questo è il cuore del rito delle esequie, che consiste precisamente nella riproposta dell’annuncio del Vangelo della Risurrezione di Gesù Cristo in questo nostro conteso culturale ed ecclesiale mutato. La morte è una cosa profondamente innaturale, perché l’uomo si ribella interiormente a questo esito e certamente la maniera cristiana di intendere la morte è quella definitivamente svelata dalla vicenda di Gesù che, attraverso la sua morte e risurrezione, rappresenta per tutti i credenti la mèta. Nella morte di ogni uomo si realizza, in fondo, una misteriosa comunione proprio con la Pasqua di Cristo che, risorgendo, ha distrutto la morte.

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    Eletto il nuovo priore generale dei Fatebenefratelli, fra Jesús Etayo Arrondo

    ◊   L’antico Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, meglio conosciuto dei Fatebenefratelli, ha da ieri un nuovo superiore generale. Si tratta del 54.enne spagnolo, fra Jesús Etayo Arrondo, eletto durante il Capitolo generale in corso a Fatima. Fino al 9 novembre circa 80 religiosi e una ventina di laici sono riuniti per delineare il prossimo futuro di un Istituto presente in 52 nazioni, con 311 opere e centinaia di migliaia di assistiti. Alessandro De Carolis ha domandato al nuovo priore generale quali siano le priorità individuate durante il Capitolo generale:

    R. - La priorità dell’Ordine Fatebenefratelli oggi è continuare ad attuare il proprio carisma e la missione dell’ospitalità: è vero che ha 500 anni, ma noi pensiamo che sia attuale ancora oggi e vogliamo quindi rafforzarla per il futuro, aggiornarla, renderla ancor più presente e soprattutto farla arrivare a tutti i poveri e bisognosi: questa è la nostra grande priorità.

    D. - Nel Capitolo generale, avete parlato del vostro servizio dell’ospitalità. Cosa è emerso di nuovo?

    R. - E’ necessario rinforzarlo e dare soprattutto identità a tutta la nostra missione, insieme con i tanti collaboratori e con le tante persone che, con noi, svolgono questa missione. Per noi, è molto importante mantenere vivo questo messaggio dell’ospitalità: così come l’Ordine lo ha ricevuto da San Giovanni di Dio, lo vuole attuare anche oggi.

    D. - Al Capitolo generale, in corso a Fatima, sono presenti un’ottantina di religiosi, ma anche una ventina di laici. Che ruolo hanno, in particolare, i laici all’interno del vostro Istituto?

    R. - I laici rappresentano una parte importantissima. Senza di loro, non potremmo portare avanti, con questa estensione, la nostra missione. Nel nostro Istituto ricoprono posti di responsabilità molto importanti, sempre nel senso della missione del carisma dell’ospitalità.

    D. - Voi siete presenti in oltre 50 Paesi e assistete circa 800 mila persone: avete in serbo dei nuovi progetti?

    R. - Nel Capitolo, fino a questo momento, non abbiamo affrontato questo aspetto. Ma è anche vero che riceviamo continuamente dei nuovi progetti provenienti da tante parti del mondo, così tanti che non sempre riusciamo a rispondere. E’ anche vero, però, che in questo tempo di crisi che viviamo nel mondo, vogliamo lavorare con i più vulnerabili: con tutte quelle persone cioè che, fino a circa tre anni fa, stavano bene e che ora con la crisi stanno vivendo situazioni veramente difficili.

    D. - Anno della Fede, nuova evangelizzazione: in che modo il carisma di San Giovanni di Dio pensa di servire quelle che il Papa ha indicato come "frontiere" spirituali e pastorali della Chiesa di oggi?

    R. - L’evangelizzazione è quello che forma il nucleo della nostra missione. Noi vogliamo contribuire, approfondendo in modo chiaro la nostra missione evangelizzatrice, con l’ospitalità alle persone malate, alle persone bisognose e vogliamo quindi approfondire la formazione dei religiosi sotto questo profilo. Il tema del rinnovamento è un aspetto fondamentale per noi e va in questo senso.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Haiti: 20 mila le case distrutte dall'uragano Sandy. Onu: un milione a rischio fame

    ◊   Oltre un milione di haitiani è a rischio insicurezza alimentare dopo il passaggio dell’uragano Sandy. Lo riferisce la Misna, che cita il direttore della missione dell’Ufficio per il coordinamento degli aiuti umanitari dell’Onu (Ocha), Johan Peleman: “Ora con questa nuova tormenta tropicale – afferma – temiamo che il raccolto che si stava preparando nel sud sia andato totalmente perduto”. Le abitazioni danneggiate, inondate o crollate a causa di Sandy si stimano tra le 15 mila e le 20 mila, ma è ancora presto per tracciare un quadro complessivo dei danni. A ciò occorre aggiungere 54 vittime, il bilancio più grave registrato nelle nazioni caraibiche toccate dall’uragano: Cuba (11 morti), Giamaica (1) e Bahamas (1). “La siccità e il precedente uragano avevano già colpito duramente la parte settentrionale del paese dove abbiamo visto alzarsi gli indici di insicurezza alimentare. Con il sud di nuovo colpito nei prossimi due mesi dovremo affrontare problemi ingenti di malnutrizione”, ha sottolineato Peleman, ricordando che sono ancora circa 350 mila gli haitiani costretti a vivere in accampamenti per sfollati interni, dopo il gravissimo terremoto del gennaio 2010, che provocò decine di migliaia di morti. “Gli sfollati più vulnerabili – afferma ancora Peleman – sono stati fatti evacuare prima dell’uragano e ora con l’aiuto della comunità umanitaria e della famiglia dell’Onu stiamo riparando le tende e mettendo altri teloni per consentirgli di tornare a vivere in condizioni favorevoli, dal momento che molte costruzioni leggere sono state completamente distrutte”. L’ultima allerta riguarda il colera: Haiti, secondo Peleman, “è relativamente ben preparato ma è anche molto vulnerabile a questo tipo di disastri, non solo a causa della povertà ma per decenni di deforestazione ed erosione del suolo”. (A.D.C.)

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    Nigeria: strage a Maiduguri. Amnesty contro l'esercito: gravi violazioni dei diritti umani

    ◊   In Nigeria la stampa torna a parlare di una possibile trattativa per una tregua tra il governo federale e la setta islamista Boko Haram. Sul terreno, tuttavia, i fatti sono altri: le truppe governative hanno condotto negli ultimi giorni rastrellamenti a Maiduguri, capitale dello Stato federato di Borno, nella Nigeria nord-orientale, dove si ritiene che il movimento Boko Haram abbia il proprio quartier generale. Secondo alcune testimonianze, i soldati hanno intimato agli abitanti di uscire in strada, hanno separato i giovani dagli anziani e hanno ordinato a questi ultimi di rientrare nelle case, per poi fucilare sul posto gli altri: i morti sarebbero almeno 48. Amnesty International nei giorni scorsi ha pubblicato un rapporto in cui denuncia le gravi violazioni dei diritti umani commesse dai militari.

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    La solidarietà della Chiesa del Congo a mons. Russo espulso dal Ciad

    ◊   “Vogliamo manifestare la nostra disapprovazione di questa misura ingiusta, che manifesta la mancanza di libertà d’espressione e il rifiuto del dialogo del governo ciadiano”: con queste parole la commissione episcopale Giustizia e Pace del Congo Brazzaville ha espresso in un messaggio la propria solidarietà a mons. Michele Russo, vescovo di Doba, nel Ciad, espulso per aver criticato lo scorso 30 settembre, durante un’omelia, la gestione dei proventi del petrolio nel Paese. Le autorità del Ciad hanno motivato la decisione spiegando che mons. Russo è stato “dedito ad attività incompatibili con il suo ruolo”. “E’ proprio della missione della Chiesa il dovere di parlare in circostanze in cui le condizioni di povertà del popolo non fanno che aggravarsi” scrivono in un messaggio i presuli congolesi. “Ogni cittadino ha il diritto di esprimersi liberamente quali che siano le sue convinzioni politiche, sociali o religiose – proseguono i vescovi –. Siamo sorpresi delle misure sproporzionate prese dal governo ciadiano … i fatti denunciati da mons. Russo avrebbero potuto essere oggetto di un dibattito nell’interesse di un cambiamento positivo in cui tutte le parti avrebbero potuto guadagnarci”. La commissione episcopale Giustizia e Pace sottolinea poi che “il messaggio di mons. Michele Russo traduce in maniera profetica l’appoggio della Chiesa alle condizioni di povertà del popolo ciadiano”. Riunita dal 24 al 28 ottobre a Vouela, la commissione ha auspicato “che abbia luogo una vera riconciliazione e che un giorno, in questo Paese fratello, il Ciad, si stabiliscano vere condizioni per la giustizia sociale”. (T.C.)

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    Amnesty: campagna per i diritti delle donne in Medio Oriente e Nord Africa

    ◊   “Io sono la voce”: è il nome della campagna di Amnesty International Italia contro la violenza nei confronti delle donne in Medio Oriente e Nord Africa. L’iniziativa, informa un comunicato dell’organizzazione umanitaria, vuole sottolineare la perdurante drammatica situazione delle donne nei Paesi investiti dalla “Primavera araba” che, nonostante molte speranze e prove di coraggio, continuano oggi a vedere mortificati i propri diritti fondamentali. Per questo Amnesty International Italia lancia una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi attiva fino al 25 novembre, data in cui ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Tra i numerosi obiettivi della campagna di Amnesty: la liberazione di tutte le donne in carcere per aver difeso i diritti umani e la fine di politiche e leggi discriminatorie. (A.G.)

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    Somalia: 18 giornalisti uccisi da gennaio, dura condanna Onu

    ◊   Dura condanna delle Nazioni Unite per l'ennesimo omicidio di un operatore di media avvenuto martedì scorso in Somalia: si tratta di un giornalista che lavorava per una radio locale. Salgono così a 18 gli operatori dell'informazione assassinati nel Paese da gennaio. "Siamo estremamente allarmati per i continui assalti che operatori media e giornalisti subiscono - ha dichiarato Rupert Colville, portavoce dell'Alto commissario per i diritti umani dell'Onu, Navy Pillay - è il più alto bilancio di morti nel settore dopo la Siria". Secondo le Nazioni Unite la Somalia è uno dei Paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti. "Il governo somalo si attivi in maniera urgente per proteggere i giornalisti e gli altri lavoratori del settore media - ha proseguito Colville - in modo che finisca la completa impunità di cui hanno goduto questi killer". Alcuni di questi omicidi vengono attribuiti agli Shabaab, milizia islamica ritenuta il braccio di Al Qaeda nel Corno d'Africa. Altri però vengono inseriti in un contesto di lotte fra fazioni che intendono dividersi il potere nel Paese.

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    Epidemia di febbre gialla nel Darfur

    ◊   Un'epidemia di febbre gialla ha provocato la morte di 32 persone nello Stato sudanese del Darfur. Ne ha dato notizia il ministero della Sanità. Dal febbraio 2003 nello Stato è in corso una guerra civile con violenze che hanno portato la Corte Penale Internazionale ad emettere un mandato di cattura contro il presidente sudanese, Omar El Bashir, per crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Secondo dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e del ministero della Sanità sudanese, la malattia avrebbe colpito 84 persone, ma ora la situazione si sarebbe stabilizzata. Una vasta campagna di vaccinazione è stata avviata nel Paese, mentre viene raccomandato l'uso di zanzariere per bloccare la diffusione del contagio, trasmesso soprattutto dalle zanzare. Preoccupazioni vengono espresse dalle autorità soprattutto in relazione alle condizioni di relativa igiene nei campi profughi di darfuriani che si sono moltiplicati ai confini del Paese a causa della guerra civile.

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    Tanzania, Banca Mondiale: l'economia cresce ma i contadini sono "dimenticati"

    ◊   Sono sempre i contadini a “pagare” lo scotto di un’economia che cresce, ma senza di loro. È quanto accade in Tanzania, secondo un recente Rapporto della Banca mondiale, riferito dalla Misna. Secondo l’Istituto di New York, lo sviluppo economico registrato dallo Stato africano negli ultimi anni non si è accompagnato a un analogo miglioramento del settore agricolo, dal quale continuano a dipendere tre abitanti su quattro. Le stime della Banca Mondiale affermano che il Prodotto interno lordo della Tanzania dovrebbe crescere sia quest’anno che nel 2013 e nel 2014 in una misura compresa tra il 6,5 e il 7%. Ma “motore” dell’economia, si legge, resteranno i settori minerario, bancario e delle telecomunicazioni. Le prospettive di crescita sono legate in particolare alla recente scoperta di giacimenti offshore di gas naturale da parte della società norvegese Statoil. Giacimenti che – sottolineano gli esperti – potrebbero entrare in produzione tra sette o dieci anni. Tuttavia, rileva la Banca Mondiale, “il successo della Tanzania in termini macroeconomici non si è tradotto in un miglioramento delle condizioni di vita per i contadini”. La produzione agricola, si afferma ancora, è cresciuta negli ultimi anni appena un po’ di più rispetto alla popolazione. Nell’Indice dello sviluppo umano delle Nazioni Unite, la Tanzania occupa il 152.mo posto in una classifica di 187 paesi. Stando ai dati dell’Onu, circa il 58% della popolazione continua a vivere con meno dell’equivalente di un euro al giorno. (A.D.C.)

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    Il cardinale Bagnasco: senso del bene comune incompatibile con gli interessi di parte

    ◊   "I nostri defunti ci ricordano i valori che hanno ispirato le loro vite" come "il senso del dovere" e "il senso del bene comune" che "è incompatibile con gli interessi individuali e di parte". Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nell'omelia per la Commemorazione dei fedeli defunti al cimitero monumentale di Staglieno. "Il bene comune - ha aggiunto il porporato - richiede, infatti, un distacco da se stessi che, oggi, sembra merce rara, ma che regna fecondo nella vita umile della nostra gente e delle famiglie”, richiede “il saper dire no ai calcoli facili ma ambigui e di non vivere sull'onda delle apparenze, ma nella bellezza e serietà dell'amore donato e ricevuto" e richiede, infine, “di avere il senso della misura, il gusto delle relazioni virtuose, nutrite con il pane della dedizione e dell'abnegazione personale". A margine della celebrazione, il cardinale Bagnasco ha poi sottolineato che la voglia della gente di partecipare alla politica "sta crescendo nonostante alcuni segnali possano far pensare il contrario". "La coscienza generale del popolo e del nostro Paese sta credendo - ha detto - non solo nel sentire il bisogno di un rinnovamento globale della politica affrontando tutti i temi spinosissimi della nostra società, ma anche nella necessita di partecipare".

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    Senegal. Il card. Sarr alla Messa d'Ognissanti: tutelare la sacralità dei cimiteri

    ◊   “Le mani innocenti, come aveva detto San Giovanni, significano per noi senegalesi aprire ancor di più il nostro cuore e nostre mani alle vittime delle inondazioni, della povertà crescente, della malattia, delle ingiustizie sociali”: Sono parole dell’arcivescovo di Dakar, in Senegal, il cardinale Théodore Adrien Sarr, pronunciate ieri nella cattedrale di Nostra Signora delle Vittorie di Dakar durante la Messa d’Ognissanti. Il porporato ha ricordato ai fedeli che la festa dell’1 novembre deve “rianimare in ciascuno (…) il desiderio di essere come i Santi (…) il desiderio di essere concittadini e compagni” dei Beati, e ancora che “i Santi non sono soltanto coloro i cui nomi figurano nei calendari, essi ci invitano anche ad intraprendere questo cammino in cui l’umiltà, la dolcezza, la pazienza, la rettitudine ispirano e fanno sbocciare la pace, il perdono, la perseveranza e la gioia”. Nel corso di una cerimonia al cimitero di Saint Lazare de Béthanie, il cardinale Sarr ha poi rinnovato il suo appello alle autorità perché vengano costruiti nuovi cimiteri cattolici nei dipartimenti di Pikine e di Guédiawaye e a Rufisque, al fine di evitare il rapido esaurimento di sepolture a Saint Lazare. Infine, il porporato ha chiesto che vengano portate a termine le indagini sulla profanazione delle tombe nei cimiteri cristiani di Dakar, perché i colpevoli siano identificati e puniti. Il cardinale Sarr alle autorità ha pure richiesto misure di sicurezza per garantire il rispetto della memoria dei defunti e per proteggere in maniera efficace i cimiteri che sono luoghi sacri. (T.C.)

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    I Cooperatori salesiani a Roma per il quarto Congresso mondiale dell’Associazione

    ◊   I cooperatori salesiani si riuniranno a Roma dall’8 all’11 novembre prossimi per il quarto Congresso mondiale dell’Associazione. È prevista la partecipazione di oltre 300 rappresentanti provenienti dalle varie associazioni locali e nazionali. Il tema del congresso sarà: “Il Progetto di Vita Apostolica: via di fedeltà al carisma di Don Bosco”; gli obiettivi: approvazione definitiva del Progetto di Vita Apostolica; nomina del nuovo coordinatore mondiale; definizione delle linee programmatiche per i prossimi sei anni. L’Associazione dei cooperatori salesiani, fondata da San Giovanni Bosco nel 1876, è composta da laici, religiosi e sacerdoti che s’impegnano a vivere e operare secondo il carisma salesiano come servizio specifico alla Chiesa nell’educazione e evangelizzazione. Sono circa 30.000 nel mondo e s’impegnano, con questo Congresso, per una maggiore visibilità a livello ecclesiale, sociale e politico, al servizio dell’educazione e dell’evangelizzazione dei giovani.

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    Brasile: inaugurata a San Paolo la chiesa più grande del Paese

    ◊   E' la chiesa cattolica più grande del Paese quella che viene inaugurata oggi, per la ricorrenza dei defunti, a San Paolo del Brasile da padre Marcello Rossi, costruita con i proventi dei suoi 12 milioni di cd venduti e dei quasi 9 milioni di copie del suo ultimo libro. Il Santuario Theotokos 'Mae de Deus' (Madre di Dio) può ospitare 100 mila fedeli e ha solo 14 pilastri sui suoi 30 mila metri quadrati di estensione: l'altare, alto cinque metri, sarà visto da tutti nei 142 metri di larghezza del tempio. Ruy Ohtake, l'architetto di origine giapponese che lo ha disegnato gratis per padre Rossi, ha previsto anche una croce di 44 metri di altezza a dominare quella che diventerà sicuramente una ''cartolina postale'' della megalopoli paulista. ''Anche uno che non è cattolico vorrà passare di qui per vedere questa immensa chiesa - ha detto padre Marcello, 45 anni, marchigiano, membro del movimento carismatico - La gente ha bisogno di un luogo dove si possa concentrare in preghiera: è un polo di riflessione e meditazione''. La navata centrale della chiesa potrà ospitare 20 mila fedeli al coperto, fra seduti e in piedi, ed altri 80 mila potranno assistere ai riti nella parte esterna. Sono previste 500 toilettes e un posteggio con 2.000 posti macchine. Nel Santuario c'è una riproduzione della Pietà di Michelangelo ed enormi dipinti della Madonna.

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    Al via Florens 2012, Biennale Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali

    ◊   Si apre domani a Firenze la seconda edizione di Florens 2012, Biennale Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali. Per dieci giorni si susseguiranno numerosi eventi culturali che culmineranno con l’ostensione nel Battistero dei tre crocifissi lignei simbolo della cristianità e allo stesso tempo dell’arte occidentale, rappresentata dal genio di Donatello, Brunelleschi e Michelangelo. All’esterno del Battistero, in perfetta continuità concettuale, una sorta di orto dei Getsemani con oltre 70 olivi secolari.. In calendario 7 lectio magistralis, 35 convegni, 11 tavole rotonde, per un totale di oltre 350 relatori. Intervengono 56 istituzioni pubbliche, 30 associazioni, 63 enti di ricerca, 16 musei, 25 festival, 19 teatri e 49 imprenditori. Tra gli ospiti sono attesi i ministri Ornaghi e Clini. La manifestazione è stata presentata a Palazzo Vecchio, che sarà la sede della maggior parte degli incontri. Attorno al titolo «Cultura, qualità della vita», Florens 2012 apre un laboratorio internazionale che mette a confronto teatri d’opera, festival di approfondimento culturale e del cinema, la ricerca scientifica ed universitaria, l’editoria e le riviste d’arte, le industrie creative — dalla moda all’agroalimentare — e l’artigianato, le fiere d’arte e d’antiquariato, i musei e le esperienze più innovative di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, le tecnologie per l’arte e quelle per l’ambiente e le smart cities.

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    Per la prima volta sei cittadini di Taiwan negli Usa senza visto turistico

    ◊   Si aprono le frontiere americane per Taiwan. L’Agenzia Asianews riferisce che, per la prima volta, sei cittadini taiwanesi hanno fatto ingresso negli Stati Uniti senza bisogno di visto turistico. Il 3 ottobre scorso, Washington ha inserito Taiwan nel “Visa Waiver Program” (Vwp), il Programma di esenzione dal visto che concede ai cittadini di 37 Paesi in tutto il mondo di soggiornare negli Usa per turismo o affari fino a 90 giorni, con il solo passaporto nazionale. Per Andrew Kao, direttore generale del “Taipei Economic and Cultural Office” di New York e – scrive AsiaNews ambasciatore “de facto” di Taiwan – quanto accaduto è "indicativo dei solidi rapporti tra Taiwan e gli Stati Uniti". Di contro, la decisione delle autorità americane marca una ulteriore differenza con la Cina, che rivendica la sovranità sul territorio taiwanese, ma non gode del Vwp. Secondo Kao, l'apertura concessa dagli Usa a Taipei incrementerà il numero di turisti taiwanesi verso gli Stati Uniti da 400 mila a 600 mila ogni anno. Sebbene la Repubblica di Cina sia riconosciuta solo da 25 nazioni in tutto il mondo (tra questi, non vi sono gli Stati Uniti, ndr), i suoi cittadini possono ora viaggiare senza visto in 129 Paesi. (A.D.C.)

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    Convegno interreligioso sulla Sindone al Regina Apostolorum

    ◊   Si svolgerà il prossimo 7 novembre a Roma, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, un Convegno interreligioso sulla Sindone, organizzato dal gruppo di ricerca universitario Othonia, in collaborazione con l’Istituto Scienza e Fede dell’istituto pontificio. Saranno presenti il prof. Bruno Di Porto della comunità ebraica Lev Chadash, Barrie Schwortz, presidente Stera (in videoconferenza), l’Imam Yahya Pallavicini, presidente della Comunità religiosa islamica italiana, il prof. Bruno Barberis, direttore del Centro Internazionale di Sindonologia di Torino, il padre cappuccino Gianfranco Berbenni e padre Rafael Pascual, dei Legionari di Cristo, direttore dell’Istituto Scienza e Fede dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Il dibattito approfondirà tre argomenti: l’approccio scientifico utilizzato per l’analisi di un documento storico soffermandosi sull’importante rapporto tra scienza e fede; l’immagine impressa sulla Sindone che porta a riflettere sul mistero della sofferenza e sul suo significato che ognuna delle tre religioni offre all’umanità; la relazione tra l’uomo della Sindone e Gesù così come ciò che rappresenta per gli ebrei, per i cristiani e per i musulmani.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 307

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.