![]() | ![]() |

Sommario del 13/05/2012
◊ Con il conforto morale della fede l’Italia reagisca alla tentazione dello scoraggiamento e, forte della sua tradizione umanistica, riprenda anche, con decisione, la via del rinnovamento spirituale ed etico, che sola può condurre ad un autentico miglioramento della vita sociale e civile. Così il Papa questa mattina ad Arezzo dove, di fronte a circa trentamila persone, nel parco Il Prato, ha celebrato la Messa e recitato il Regina Coeli. Benedetto XVI, per la prima volta in Toscana, è stato accolto dal premier italiano Monti e dal calore della gente della diocesi di Arezzo Cortona Sansepolcro. Tra i doni consegnati al Santo Padre un’offerta per i poveri ed una croce pettorale realizzata dagli orafi aretini, anch’essi colpiti dalla grave crisi economica in atto. Dopo la visita privata in Cattedrale ed il pranzo in Episcopio nel pomeriggio, il Papa volerà in elicottero al Santuario francescano de La Verna per l’incontro con la comunità francescana, quindi in serata il discorso alla cittadinanza di Sansepolcro. Il servizio del nostro inviato Paolo Ondarza:
Il suono delle campane di tutte le Chiese della città, i cori e gli applausi della gente hanno salutato l’arrivo in elicottero del Papa ad Arezzo. Segno di una Chiesa viva, ricca di espressioni al suo interno, che ha voluto abbracciare il successore di Pietro affidandogli anche la tristezza e la preoccupazione per la crisi in atto, per i tanti giovani senza lavoro, come sottolineato nel suo saluto dall’arcivescovo Riccardo Fontana:
“L’anima si nutre di verità, ma il corpo ha bisogno del necessario: ha bisogno di lavoro. Una famiglia su quattro della nostra Provincia, Padre Santo, rischia di non arrivare alla fine del mese”.
Pensando a chi è nel bisogno e in un momento segnato da una profonda sfiducia verso le istituzioni, Benedetto XVI ha affidato all’intercessione di Maria, Madonna del Conforto, che sostenne gli aretini durante il terremoto del Settecento, la città e l’intero paese:
“Invochiamo da Dio il conforto morale, perché la comunità aretina, e l’Italia intera, reagiscano alla tentazione dello scoraggiamento e, forti anche della grande tradizione umanistica, riprendano con decisione la via del rinnovamento spirituale ed etico, che sola può condurre ad un autentico miglioramento della vita sociale e civile”.
“La complessità dei problemi” – ha aggiunto – “rende difficile individuare le soluzioni più efficaci per uscire dalla situazione presente”. Il successore di Pietro ha rinnovato l’impegno della Chiesa a rendersi solidale con chi è nel bisogno, condividendo risorse, promuovendo stili di vita più essenziali, contrastando quella cultura dell’effimero che ha illuso molti, determinando una profonda crisi spirituale.
Ognuno è chiamato a dare il proprio contributo, – ha esortato il Papa –, ognuno può svolgere la sua parte per il bene comune rispondendo alla chiamata di Dio: al sacerdozio, alla vita consacrata, alla vita coniugale, all’impegno nel mondo. Una missione che – ha spiegato il Santo Padre – trova sostegno nello spirito che nei secoli ha animato sia l’antica Chiesa aretina attenta a costruire la città dell’uomo ad immagine della Città di Dio che la comunità civile locale distintasi più volte per il senso di libertà e la capacità di dialogo tra componenti sociali diverse.
“Questa Chiesa diocesana, arricchita dalla testimonianza luminosa del Poverello di Assisi, continui ad essere attenta e solidale verso chi si trova nel bisogno, ma sappia anche educare al superamento di logiche puramente materialistiche, che spesso segnano il nostro tempo, e finiscono per annebbiare proprio il senso della solidarietà e della carità”.
Il Papa ha ricordato come, anche recentemente, queste terre abbiano dato prova di saper accogliere chi qui è venuto in cerca di libertà e lavoro. “Testimoniare l’Amore di Dio verso gli ultimi” – ha detto Benedetto XVI – “si coniuga anche con la difesa della vita dal suo sorgere al suo termine naturale, con la difesa della famiglia, attraverso leggi giuste e capaci di tutelare anche i più deboli”. “Come nel Medioevo, gli statuti di queste città furono strumento per assicurare a molti i diritti inalienabili” – ha concluso il Pontefice – “così anche oggi continui l’impegno per promuovere una città dal volto sempre più umano. In questo la Chiesa offre il suo contributo”.
Due fari continuano ad illuminare la società aretina. Benedetto XVI li ha indicati in Donato, Santo vescovo del IV secolo, patrono della città, apostolo della Tuscia, e nel Beato Gregorio X, sepolto nella cattedrale: il primo è ricordato per aver ricomposto il calice infranto, immagine dell’opera pacificatrice svolta dalla Chiesa per il bene comune. Il pontificato del secondo tese all’unità del popolo di Dio misurandosi con i problemi del suo tempo come la ricomposizione dello scisma con l’Oriente.
“Seguendo la grande tradizione della vostra Chiesa e delle vostre Comunità, siate autentici testimoni dell’amore di Dio verso tutti!”.
Per la prima volta in Toscana, patria del Rinascimento, Benedetto XVI ha quindi ricordato:
“Questa terra, dove nacquero grandi personalità del Rinascimento, da Petrarca a Vasari, ha avuto parte attiva nell’affermazione di quella concezione dell’uomo che ha inciso sulla storia d’Europa, facendo forza sui valori cristiani”.
Occorre, dunque, fare memoria del passato, per guardare con fiducia al futuro, seguendo Cristo e coinvolgendosi in prima persona nell’edificazione del bene comune. Parole accolte con gioia dai trentamila fedeli sul parco “Il Prato”. A nome di tutti il ringraziamento del sindaco Giuseppe Fanfani:
“Ecco che le Sue parole e il Suo insegnamento ci consentono di alzare la testa dalla quotidianità, di assumere una visione più ampia dei problemi e della vita”.
Ad Arezzo, ieri sera, i giovani hanno vissuto una veglia di preghiera in attesa dell'incontro con il Papa. Paolo Ondarza ha raccolto alcune voci:
R. - Per me, che sono di Sansepolcro, ha un significato molto importante: il nostro Paese festeggia mille anni. E poi erano anche 500 anni che un Papa non veniva qui, quindi sarà certamente una bella esperienza.
D. - Che cosa rappresenta, per te, il Papa?
R. - Credo che, soprattutto nel mondo e nella società odierni, debba rappresentare un punto di riferimento forte. Per me, più che altro, rappresenta forse la speranza cui possiamo ancora aggrapparci, perché possa darci veramente dei punti ai quali possiamo rifarci per andare avanti in questo mondo difficile, perché la società, spesso, ci porta fuori dalla retta via.
R. - L’incontro, per noi cattolici, rappresenta sicuramente la presenza di Gesù nella nostra comunità, che è poi quello che ci serve e che credo manchi molto in questa società. Credo che la problematica maggiore sia la generale perdita di valori. Qui rappresentiamo proprio i valori cristiani, ma ci sono anche molti altri valori che i ragazzi stanno perdendo: quelli della famiglia, dell’amicizia ed anche dell’affettività fra i sessi. Sono queste le cose che chiediamo in preghiera e che, in questi momenti, possono magari rafforzarsi.
D. - Che cosa rappresenta, per te, Benedetto XVI?
R. - Una guida da seguire. È il nostro ‘capo’, che ci offre i consigli. Noi dobbiamo seguire lui.
D. - Viviamo un momento di difficoltà economica, nel nostro Paese, ed anche di mancanza di punti di riferimento importanti. Perché tanti giovani, questa notte - che è la notte di vigilia per l’arrivo del Papa - hanno scelto di unirsi in veglia e di aspettarlo, chi è il Papa, per i giovani?
R. - Il Papa è sicuramente il nostro principale punto di riferimento. È il Pietro dei giorni nostri, e quindi se Gesù ha scelto lui noi non possiamo che seguirlo per cercare - come ci dice sempre il nostro vescovo - di ‘essere della compagnia di Cristo’.
D. - Se potessi dire qualcosa a Benedetto XVI, cosa gli diresti?
R. - Non lo so. Sarebbe veramente un’emozione enorme poterlo avere di fronte e poterci parlare. Certamente lo ringrazierei, gli direi che prego per lui e gli chiederei di pregare per me.
D. - Se potessi dirgli qualcosa, cosa diresti?
R. - Gli direi grazie per tutto quello che ha fatto e spero di tornare a Roma per poterlo salutare.
D. - Che cosa ti piacerebbe poter dire a Benedetto XVI?
R. - Gli vorrei dire di dar fiducia ai giovani. Non credo che i giovani siano distanti dalla Chiesa: I giovani credono nella Chiesa e vogliono portare, al suo interno, il loro entusiasmo. Chiedo quindi a Benedetto XVI di dare sempre più spazio ai giovani e di dar loro modo di poter esprimere le loro idee come anche i mezzi concreti con cui portarle avanti.
Alla veglia hanno partecipato anche alcuni dei diaconi che sono stati sul palco, questa mattina, con il Papa durante la Messa e le suore carmelitane che incontrano Benedetto XVI nella Basilica di San Donato, presso la cappella della Madonna del Conforto. Anche loro hanno espresso un pensiero al microfono di Paolo Ondarza:
R. - È, prima di tutto, un’emozione enorme, anche perché, come diceva Rodolfo, anche io, nel 1993, ero presente alla liturgia celebrata da Giovanni Paolo II. Essere nuovamente qui, perciò, rappresenta una continuità, è un vivere questo momento come un momento importante per la nostra Chiesa. C’è quindi una certa continuità tra una visita e l’altra, ed è un dono grande che Benedetto XVI fa a tutti noi. Lo vivo con quest’emozione e con questo riconoscimento, questo senso di ringraziamento a Dio ed al Papa per essere in mezzo a noi.
R. - Viene a confermarci nella fede ma anche a rinvigorirci ed a fortificarci. Il nostro intento è quello di rimanere uniti e pregare tutti insieme, proprio per la conversione di tante persone . La Chiesa, ma il mondo intero, ha veramente bisogno di tanti nuovi apostoli a servizio della Santa Chiesa di Dio.
D. - Sorella, alcune suore carmelitane saranno presenti nella cattedrale di Arezzo proprio nel momento in cui il Papa pregherà…
R. - Per noi si tratta di un privilegio, un momento di grande grazia: essere accanto al santo Padre, poter pregare con lui per tutta la Chiesa ed innanzitutto per la Chiesa di Arezzo ed invocare così la protezione ed il conforto della Madonna, che qui ad Arezzo è venerata soprattutto con il titolo della Madonna del Conforto.
Nel pomeriggio il Papa a La Verna: con noi fra Michele Maria Pini
◊ Oggi pomeriggio, la giornata del Papa in terra toscana vivrà un altro momento intenso spiritualmente con la visita al Santuario di La Verna, dove San Francesco ricevette le Stimmate. Sull’attesa per questa visita, il nostro inviato, Paolo Ondarza, ha intervistato fra Michele Maria Pini, membro della comunità dei frati minori della Verna:
R. – Lo accogliamo con tutta la disponibilità e con tutto il desiderio, un po’ perché questo ci dà l’occasione di sentirci confermati nel nostro impegno e nella nostra fede e un po’ nel mettere in luce quella frase che il crocefisso in san Damiano dice a Francesco: vai e ripara la mia casa e quindi Francesco chiede la conferma di quella vita al Papa. Benedetto XVI è successore di quel Papa che ci ha approvati con tutta la disponibilità e con tutta l’accoglienza di colui da cui siamo stati accolti.
D. - E’ dunque un’occasione di verifica per la vostra comunità?
R. - Sì, verifica di vita, verifica di impegno, verifica di servizio. Noi frati della Verna siamo custodi del mistero delle stimmate, non proprietari ma custodi: per meglio distribuirlo, per meglio renderlo noto agli altri.
D. – Un mistero che se non spiegato rischia di non essere compreso da tutti…
R. – Le stimmate sono la conferma da parte di Cristo della vita di Francesco nella coerenza e nell’adesione al messaggio evangelico. Francesco di Assisi qui alla Verna riparte rigenerato, ricreato, nelle stimmate trova la conferma a quello che lui fino a quel momento aveva vissuto.
D. - Come si svolgerà la visita?
R. - Il Papa sarà qui con noi e verrà accolto. Poi ci sarà un incontro in basilica al quale seguirà un momento di preghiera e poi la processione alla cappella delle stimmate, sulla scia di quella processione che dal 1416 viene effettuata qui nel santuario.
D. – Lungo questa processione sarà portato il segno del sangue di san Francesco…
R. – Una reliquia che per noi è molto importante perché ci ricorda visivamente l’evento delle stimmate. La reliquia più cara che abbiamo su questo monte che ci ricorda quell’evento verrà portata davanti al Papa lungo questa processione come ogni volta che in questo santuario festeggiamo la festa delle stimmate.
D. – Sarà lei a portare la reliquia, come vive questo fatto?
R. - Lo vivo con tutta l’emozione e con tutta la tensione positiva dell’evento! Avere nelle mani la reliquia del sangue e dietro di sé, o meglio precedere, il successore di Pietro, non credo che sia una cosa da tutti i giorni!
D. – Fra Michele cosa direte al Papa?
R. – E’ difficile dirlo perché io sono veramente l’ultimo dei frati, il più giovane di questa comunità. L’augurio mio, personale, che farei al Papa è proprio questo: di continuare ad essere per noi il vicario di Cristo, colui che ci addita la via per il Cielo.
◊ Terza tappa della intensa giornata di Benedetto XVI in Toscana sarà la città di San Sepolcro. Il Papa vi giungerà in elicottero da La Verna intorno alle 19. L’antico borgo, gemellato con Gerusalmme, fu edificato 1000 anni fa sulle reliquie del luogo della sepoltura di Gesù portate in Italia dai pellegrini Egidio ed Arcano. Si tratta dell’unica città costruita su un progetto teologico attorno ai temi della giustizia e della pace. Dopo un momento di preghiera nella Con–cattedrale, il Santo Padre raggiungerà la Piazza Torre di Berta dove avrà luogo un incontro con la cittadinanza. Al microfono di Paolo Ondarza, don Alberto Gallorini, parroco del Duomo di Sansepolcro:
R. – Nella nostra storia millenaria noi portiamo il nome di Gerusalemme. Sono stati due pellegrini che hanno fondato la città tornando da Gerusalemme e portando le reliquie del Santo Sepolcro. Si tratta di un grande messaggio riferito sia a Gerusalemme città della giustizia e della pace sia al Santo Sepolcro di Gerusalemme, luogo di resurrezione. La città di San Sepolcro, piccola città, veramente parla di resurrezione da tutte le parti e in tutte le immagini sacre che lì sono custodite a cominciare dalla stupenda resurrezione di Piero della Francesca, massimo figlio di questa terra.
D. - Che cosa attendete da questa visita?
R. - Noi attendiamo prima di tutto un risveglio del nostro essere cristiani e poi aspettiamo un messaggio forte sui temi della pace e della giustizia. Sarà un discorso che interesserà un po’ tutti gli uomini del mondo.
D. - Il Papa, infatti, rivolgerà il suo discorso alla cittadinanza dopo però aver sostato in visita privata nella Con-cattedrale di Sansepolcro…
R. – Lì si fermerà in preghiera davanti all’Eucaristia, davanti al Santissimo. Poi venererà l’immagine straordinaria del Volto Santo di epoca carolingia. Sembra sia l’opera lignea più antica che possediamo in Europa. E’ un’opera monumentale dove è rappresentato Cristo sacerdote Re e profeta in croce, quindi trionfante, Re dei Re e Signore dei Signori.
D. - Don Alberto Gallorini, lei è parroco del duomo di Sansepolcro. Come si pone la gente di fronte a questo grande evento?
R. – Ci sono due atteggiamenti. Il primo riflette una certa difficoltà di fronte alla crisi economica pensando alle varie spese sostenute. Va detto che dal Vaticano si sono raccomandati di spendere il meno possibile e spenderemo il meno possibile, anzi saranno spese irrisorie quelle con cui accogliamo il Papa; l’altro atteggiamento è di grande gioia, di grande attesa, di preparazione fervida che sta muovendo un po’ tutta la cittadina.
D. – Il suo auspicio?
R. – Che questa visita ci aiuti proprio a riflettere sul nostro essere cristiani in mezzo alla nostra gente.
D. - La coscienza di fede è forte nella sua comunità cristiana?
R. – Direi di sì, c’è un bel movimento di gente appassionata di Gesù Cristo, che segue la Chiesa, che è fedele alla Chiesa, che è innamorata della Chiesa.
Domani ripresa dei colloqui Aiea-Iran
◊ Riprendono domani a Vienna i colloqui tra l’Aiea, l’agenzia dell’Onu per l’energia nucleare, e l’Iran. Al centro dell’incontro, che precede i negoziati del 23 maggio a Baghdad, il programma atomico iraniano di arricchimento dell’uranio. Le posizioni appaiono ancora distanti: alle accuse di utilizzo militare del nucleare, Teheran risponde di non avere alcuna intenzione di fermare la propria attività, che - afferma - ha essenzialmente scopi civili. Sui possibili sviluppi di questa nuova fase di colloqui, Giancarlo La Vella ha intervistato Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali:
R. - Sul fronte positivo c’è da dire che ormai sono finite le elezioni interne iraniane, e quindi gli equilibri di forza nel Paese dovrebbero essere stabilizzati. Se la leadership che ha la nuova maggioranza, che, è quella degli ayatollah e non più quella del presidente Ahmadinejad, ha effettivamente intenzione di arrivare ad un accordo, lo può fare senza temere contraccolpi politici importanti, che avrebbe avuto nella fase elettorale. Il momento, da questo punto di vista, è favorevole, però non sappiamo ancora quanto l’Iran sia effettivamente disposto a concedere, quanto voglia andare avanti o quanto, invece, non preferisca mantenere questa sua ambiguità di fondo - che finora ha sempre caratterizzato il suo atteggiamento - per quanto riguarda il suo programma nucleare. Mi auguro che le discussioni portino a qualcosa di concreto e tangibile, perché altrimenti la situazione rischia di peggiorare rapidamente.
D. - L’Iran è un Paese che si sente minacciato e se sì, da chi?
R. - Più che minacciato, l’Iran si sente isolato, anche se gli eventi in Iraq hanno, in qualche maniera, diminuito i suoi timori e, tutto sommato, anche gli sviluppi in corso nella regione, come anche in Afghanistan. Malgrado il timore di un ritorno dei talebani, che non sono certo amici dell’Iran, dovrebbe esser diminuita la percezione di rischio di un dominio degli Stati Uniti. L’Iran, però, ha forti ambizioni regionali, e quello che sta accadendo in Siria rischia di indebolirlo in maniera notevole. I leader iraniani dovrebbero calcolare che affermare questo ruolo attraverso la minaccia nucleare rischia, al contrario, di accrescere la loro vulnerabilità invece di diminuirla, sia ad attacchi eventuali da parte di Israele o di altri e sia perché alimenta il desiderio, degli altri Paesi del Golfo, di allearsi con potenze nemiche o, comunque, avversarie dell’Iran per garantire la loro sicurezza e per bilanciare un’eventuale crescita di potenza dell’Iran stesso. Questo è un calcolo che va fatto sul fronte della politica reale che, in qualche modo, gli iraniani dovranno fare. Non sappiamo bene come percepiscano questo calcolo: l’impressione, finora, è che siano stati abbastanza avventuristi, nel senso che hanno pensato che, attraverso un misto di minacce e di attività non controllate, potessero aumentare il numero di carte nelle proprie mani. Secondo me l’Iran è giunto alla fine di questo gioco, per cui dovrebbe proprio cambiare tattica, ma non so se ne abbia la capacità e la volontà.
D. - Alla base di tutto c’è, comunque, una legittima pretesa, da parte dell’Iran, di sviluppare il nucleare a scopi civili…
R. - Quello sicuramente. E’ la garanzia che si esplicita nel trattato di non proliferazione, di cui l’Iran fa parte. Teheran ha questo diritto. Diciamo però che dovrebbe esercitarlo sotto ispezione internazionale, giustificando e motivando perché avrebbe bisogno di certe quantità di uranio arricchito per un programma scientifico o anche industriale di sviluppo del nucleare, dal momento che non ha centrali nucleari - eccetto una - e non ha un’industria di costruzione delle centrali. Per cui, l’Iran dovrebbe chiarire questa ambiguità. Per il momento, l’importanza di questo programma o è militare o politica, più che di sviluppo dell’energia nucleare vera e propria.
Putin diserterà il prossimo G8 di Camp David
◊ Sarebbe dovuta essere la sua prima apparizione internazionale dopo il ritorno al Cremlino, ma il presidente russo Vladimir Putin ha invece deciso di non partecipare al prossimo G8 di Camp David, il 18 e 19 maggio, e di inviare al proprio posto il premier Dmitri Medvedev. Ufficialmente l’impedimento di Putin è l’impegno per la formazione del nuovo governo, ma agli occhi di diversi analisti internazionali la decisione del presidente russo nasconderebbe tensioni con l’omologo Usa Barack Obama, a proposito di scudo missilistico in Europa e critiche americane agli arresti durante la protesta che ha accompagnato l'investitura presidenziale di Putin. Il capo del Cremlino vedrà comunque il presidente statunitense al G20 del 18 e 19 giugno in Messico, mentre diserterà pure il vertice Nato di Chicago del 19-21 maggio prossimi, durante il quale l’Alleanza Atlantica dovrebbe annunciare di aver raggiunto una prima fase di operatività per lo scudo di difesa missilistico. Esistono, dunque, delle reali tensioni tra Russia e Stati Uniti? Risponde lo studioso di questioni russe Vittorio Strada, intervistato da Giada Aquilino:
R. - Che ci siano tensioni preesistenti a questo ritorno di Putin sembra abbastanza chiaro, nonostante il dialogo costante a livello diplomatico tra le due potenze. Ma questo gesto non è altro che il segno di una ripresa della politica estera di Putin, che non era comunque venuta meno sotto la presidenza Medvedev. Essa consiste in una riaffermazione piena della sovranità russa, in un ristabilimento del ruolo strategico della Russia nel contesto mondiale come freno all’egemonia americana. Quindi Putin perseguirà questa politica con più forza. L’altro suo grande progetto dichiarato riguarda il ristabilimento di un’integrazione - diciamo così - dello spazio post-sovietico: la fondazione, la costituzione di un’unione euroasiatica che comprenda Kazakhstan e Bielorussia; l’incognita resta la politica dell’Ucraina, se cioè Kiev accetterà di entrare in questa unione che, in un primo momento, sarà di carattere economico. Ci si può aspettare quindi un’azione molto più incisiva sul piano sia interno, sia di politica estera.
D. - Veniamo alla questione dello scudo missilistico. La Nato starebbe per annunciare di aver raggiunto una prima fase di operatività. Cosa significa di fatto per la Russia?
R. - La Russia vede in questo non solo un pericolo dal punto di vista propriamente militare, ma anche una menomazione della sua sovranità politica. In tal senso, in questa esasperata visione di un’ostilità verso la Russia, da parte dell’Occidente e in primo luogo naturalmente dell’America, qualsiasi azione che possa essere interpretata non solo come una minaccia sul piano tecnico militare ma anche come una menomazione della potenza di Mosca viene considerata come degna di essere contrastata con ogni mezzo e con ogni vigore. Proprio recentemente, poi, sul piano della politica progettuale, sono stati avanzati anche dei programmi secondo i quali la Russia dovrebbe orientarsi soprattutto sul piano dello sviluppo politico e militare non verso l’Occidente ma verso l’Asia, quindi verso i rapporti con la Cina e con il mondo asiatico.
D. - In questo periodo di crisi economica, il ruolo della Russia quale potrà essere?
R. - Naturalmente la Russia giocherà sempre su due tavoli: proiettarsi verso Oriente è nel suo interesse, perché è una potenza euroasiatica; ma altrettanto forte è il suo interesse di trarre vantaggi da una collaborazione con l’Occidente ed in particolare con l’Europa, per di più in una situazione così complessa come quella della crisi che attanaglia il mondo e l’Unione europea.
I cristiani in Medio Oriente: intervista con padre Samil Khalil Samir
◊ Le comunità cristiane in Medio Oriente sono da sempre una delle realtà più radicate nel territorio, non solo vicino ai Luoghi Santi, ma anche in Siria, Libano e Iraq e vivono spesso in condizioni difficili. Ma quale contributo possono dare oggi i cristiani d’oriente all’evangelizzazione, al dialogo e alla pace? Michele Raviart lo ha chiesto a padre Samil Khalil Samir, islamologo e professore al Pontificio Istituto Orientale e all’università St. Joseph di Beirut.
R. - Come cristiani orientali abbiamo una missione riguardo ai musulmani e al nostro popolo: di trasmettere i valori validi dell’Occidente, non la secolarizzazione ma l’importanza dei diritti umani, della libertà religiosa, del rispetto dell’altro, anche se contrario ai miei principi, di lavorare insieme per progetti politici comuni, di imparare insieme la democrazia, la libertà. Questo in Oriente. Riguardo all’Occidente, bisogna far capire anche che la perdita del valore del sacro e della religiosità, che in Oriente è una cosa che va da sé, è una grande perdita.
D. – I cristiani d’Oriente vivono a contatto quotidiano con le popolazioni musulmane. Come la loro esperienza può essere utile nei rapporti con l’islam?
R. – I cristiani hanno l’obbligo di annunciare il Vangelo a tutte le creature. Ora il tuo vicino di casa può essere un cristiano, può essere un ateo secolarizzato, può essere un musulmano: ci sono ormai più di 15 milioni di musulmani in Occidente, e la cifra va aumentando. Che stiamo facendo per far scoprire la bellezza del Vangelo, non per fare proselitismo, ma per dire “Il Vangelo è anche per te, ti appartiene”? A questo punto penso che noi cristiani orientali possiamo aiutare l’Occidente a fare una catechesi adatta alla mentalità, alla cultura e alla spiritualità, che è molto importante, dei musulmani.
D. – Nelle aree di conflitto in Medio Oriente, i cristiani possono avere un efficace ruolo di mediazione?
R. – Se prendo il caso della Siria, i cristiani sono gli unici che possono avere una parola di mediazione, una parola che dice che l‘atteggiamento autoritario del governo, del voler imporsi è inaccettabile, non perché sia il governo, ma perché è inaccettabile umanamente per una comunità; dire ai musulmani che non è quella la società che la Siria vuole. L’errore all’inizio da parte del governo è stato di rifiutare qualunque riforma, di promettere le riforme senza farle, rimandando sempre a più tardi, e l’errore da parte dell’opposizione è stato quello di scoraggiarsi talmente dall’atteggiamento del governo da passare alle armi.
D. – Come vive la comunità cristiana il conflitto in Siria?
R. – I cristiani sono per una maggiore libertà, democrazia, dignità dell’uomo e sono del tutto favorevoli al movimento popolare. Non abbiamo un progetto politico per prendere il potere: sappiamo che non lo prenderemo mai. Siamo gli unici, perché gli alawiti che sono una minoranza hanno il potere e i sunniti sono quelli che vogliono prenderlo. Noi cristiani dialoghiamo con tutte le parti. Per questo penso che dovremmo avere un ruolo più attivo. Spero nell’aiuto delle Nazioni Unite, purché non sia un aiuto militare, ma solo un aiuto di mediazione.
◊ La bandiera azzurra dell’Unione europea ai piedi del Campidoglio insieme a testimonianze, canti e danze per dire ad una voce, quella dei cristiani, che un’Europa della fraternità è possibile anzi è già realtà. Questa la cornice in cui si è svolta a Roma ieri pomeriggio la quarta edizione di Insieme per l’Europa, in contemporanea con Bruxelles e altre 130 città del continente. Protagonisti oltre 300 movimenti e comunità di diverse confessioni cristiane. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Occorre costruire e rinforzare ogni giorno tra gli europei la filosofia della relazione, l’importanza del nostro prossimo. So che anche voi siete a questo sensibili. Così nel suo messaggio da Bruxelles il presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy a chiusura di una manifestazione che ha unito i cristiani del Continente nel dare speranza. E la speranza è nel valore dell’"insieme" che risolve, è nella dimensione comunitaria che arricchisce, ha detto Maria Voce presidente del Movimento dei Focolari da Bruxelles. E questo hanno testimoniato le voci a Roma: come Samuel Kpoti pastore evangelico che, con diverse iniziative, promuove l’incontro di bambini e giovani di diverse fedi e culture:
“Dobbiamo sempre rimanere aperti e imparare dall’ altro. Insieme si cresce e dobbiamo crescere insieme”.
O come Salvatore che con la moglie Sara ogni giorno a Roma prova a sanare una delle emergenze dell’Europa di oggi, le famiglie sole e in crisi, con la Tenda di Abramo una realtà di famiglia aperta:
“Abbiamo deciso di avviare una nuova attività concreta che ha portato alcuni di noi a lasciare la propria casa, la propria terra, il proprio lavoro, ma insieme, così da creare una famiglia allargata che accoglie famiglie in difficoltà”.
“C’è voglia di ridimensionarci per rassicurarci, di recuperare i confini. Ma è un illusione. La grande parte dei paesi europei non potrà affrontare da solo le sfide globali” ha affermato Andrea Riccardi tra i fondatori della Comunità di sant’Egidio da Bruxelles. Solitudine e mancanza di speranza vanno contrastate. I tempi, ha detto Riccardi, sono difficili ma si può ancora cambiare : deve risorgere un senso del comune destino, debbono rinascere reti sociali. Occorre rileggere la funzione della finanza e la natura dell’impresa. E c’è qualcuno che già lo fa, come Ricardo, messicano che gestisce un Istituto di ricerca e promozione dell’etica rivolto a banche e aziende:
“Secondo noi profitto e dignità della persona umana devono essere collegati. La nostra proposta è che le aziende modifichino il modo di gestirsi così da essere non solo redditizie, ma da avere impiegati molto più soddisfatti e impegnati”.
Dunque un’ Europa solidale unita e accogliente è possibile e nessuno di noi è escluso dalla responsabilità di contribuirvi.”Non ci si può congedare dalla storia” come ha detto Benedetto XVI.
95.mo di Fatima: il Cardinale Ravasi guida il pellegrinaggio internazionale
◊ “Eccomi sono la serva del Signore”. E’ il tema del pellegrinaggio internazionale che si tiene a Fatima, in Portogallo, nel 95.mo delle apparizioni della Vergine ai tre pastorelli Francesco, Giacinta e Lucia, avvenuto il 13 maggio del 1917. A guidare l’evento è il presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi. A Roma, intanto, è giunta la statua della Madonna “pellegrina” di Fatima, che da oggi al 20 maggio sarà presso la parrocchia di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, la più vicina al Vaticano. Massimiliano Menichetti.
95 anni fa, verso mezzogiorno, dove oggi sorge la Basilica di Fatima, in Portogallo, una grande luce illuminò la piccola frazione di Cova da Iria, poi ancora un altro lampo e nel cielo apparve a Lucia de Jesus, di 10 anni, e ai suoi cugini - oggi Beati - Francesco di 9 e Giacinta di 7 anni, una "Signora più splendente del sole", dalle cui mani pendeva un rosario. La Madonna invitò i fanciulli a pregare e a tornare ogni 13 del mese in quello stesso luogo, in cui stavano giocando dopo aver recitato il rosario come facevano abitualmente prima dell'apparizione. Oggi lì sorge la Cappellina delle Apparizioni voluta dalla stessa Madonna. L’ultima apparizione ci fu il 13 ottobre del 1917. Unica eccezione quella del 19 agosto che ebbe luogo nella località di dos Valinhos, perché sei giorni prima i bambini erano stati sequestrati dal sindaco e portati a Villa Nova de Ourém. Il 13 Ottobre la Vergine disse di essere "La Madonna del Rosario" e circa 70mila persone videro il miracolo promesso ai bambini: il sole divenne simile ad un disco d´argento, che poteva essere fissato senza difficoltà e girando su se stesso sembrava precipitare sulla terra. La Madre Santa consegnò ai fanciulli un messaggio di preghiera, affidamento e penitenza diviso in tre parti. I due fratelli Francesco e Giacinta morirono pochi anni dopo le apparizioni, Lucia entrò nel Carmelo. La Madonna le apparve più volte quando era già religiosa di S. Dorotea chiedendo la devozione dei primi cinque sabati del mese e la consacrazione della Russia allo Suo Cuore Immacolato, richiesta questa annunciata già nel luglio del 1917. Suor Lucia rivelò poi che nei mesi di aprile e di ottobre del 1916, apparve, per tre volte, ai veggenti un Angelo che li aveva invitati alla preghiera e alla penitenza.
Sulla figura dei tre pastorelli si sofferma suor Angela de Fatima Coelho, membro della Congregazione Alleanza di Santa Maria e postulatrice extra urbem della Causa di canonizzazione di Francesco e Giacinta Marto, raggiunta telefonicamente da Emanuela Campanile:
"Tutta la vita di Suor Lucia è stata un segno di fedeltà alla sua vocazione di diffondere nel mondo la devozione al Cuore Immacolato di Maria e di essere la testimonianza viva del messaggio di Fatima. Francesco era il più contemplativo, il grande e unico scopo della sua vita era consolare Gesù, presente nel suo cuore, e Gesù presente nel cuore degli altri. La piccola Giacinta: si preoccupava per tutta la gente che conosceva, e quella che non conosceva. Quindi era una ragazzina impegnata nella storia, anche se non ha vissuto una vita così lunga come sua cugina Lucia. La sua breve vita è anche un segno di speranza: è possibile che una persona che vive la spiritualità del messaggio Fatima, può essere un Santo".
Fatima è stata definita la più profetica delle apparizioni moderne. Nel 1930 ne venne autorizzato il Culto. Paolo VI fu il primo Pontefice pellegrino nel Santuario; Giovanni Paolo II andò tre volte, la prima per ringraziare la Vergine di avergli salvato la vita, un anno dopo l'attentato subito in Piazza San Pietro il 13 maggio del 1981. La pallottola esplosa da Ali Agca lo colpì all’addome, compiendo una traiettoria non lineare che non lese alcun organo vitale, "Una mano ha sparato e un'altra mano ha guidato il proiettile" disse il Papa. Benedetto XVI recandosi a Fatima nel 2010 ha pregato per la Chiesa, per i sacerdoti e per la pace. A Fatima il Cardinale Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, che quest’anno presiede il Pellegrinaggio Internazionale, ha ribadito di essere “pellegrino” nel luogo che considera “materno per la cultura contemporanea”. A Roma è arrivata una delle 11 statue della Vergine Pellegrina di Fatima, che sarà esposta fino al 20 maggio presso la parrocchia di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, la più vicina al Vaticano. Ancora suor Angela de Fatima Coelho:
"La Madonna di Fatima quando va in pellegrinaggio in una città, in un Paese ricorda alle persone il messaggio che è venuta a dare a Fatima: prima di tutto che il Signore è nella nostra vita, e poi che noi attraverso una vita di preghiera, possiamo crescere di più nella fede, nella speranza e nella carità".
Per l’intera settimana, nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci si susseguiranno gli incontri di preghiera e adorazione. Ogni giorno, dopo la Messa serale, sarà rinnovata la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria. Patricia Ynestroza ha intervistato il parroco, padre Mario Castiglione:
"Abbiamo avuto la grazia che la statua della Madonna venga lo stesso giorno in cui la Madonna è apparsa a Fatima 95 anni fa, nel 1917. Ci aspettiamo tanti pellegrini. Abbiamo avuto l’adesione di cardinali come Bertello, Schönborn, Grech, e dei vescovi Fisichella, Tuzia, Leuzzi che celebreranno la Santa Messa serale delle 18.30. Ogni sera avremo anche una catechesi sul messaggio di Fatima. Sono previste altre Messe con la recita del rosario, e una processione sabato 19. Ogni giorno è stato dedicato ad un tema di preghiera: lunedì, l’argomento della giornata sarà incentrato sulle aggregazioni, dato che la parrocchia è ricca di movimenti, di gruppi; il martedì, sarà la giornata dei giovani, in cui sarà presente don Fabio Rosini che a Roma, per vari anni, ha fatto catechesi sui Dieci Comandamenti; mercoledì è la giornata degli ammalati: sarà presente il cardinale Grech e avremo la partecipazione della fondatrice del movimento Nuovi Orizzonti, Chiara Mirante, inoltre sarà anche la giornata dell’adorazione eucaristica; giovedì è dedicato alle famiglie e ai bambini; venerdì giornata del perdono, e sabato 19 la giornata sarà rivolta ai consacrati e di ringraziamento alla Madonna. Domenica ci sarà la conclusione con la consegna della Statua che partirà per Cesano".
“Tutte le sfide dell'Abbé Pierre”: in un libro la storia del fondatore di Emmaus
◊ Combattere ogni forma di esclusione sociale e accogliere chi vive in situazioni di precarietà con uno spirito di condivisione. Questo è da sempre lo scopo di Emmaus, movimento fondato dall’Abbé Pierre nel 1949 a Parigi. Nei giorni scorsi è stato presentato a Roma il libro “Tutte le sfide dell'Abbé Pierre” di Denis Lefèvre, e l’abate è stato ricordato in un incontro su “Rendiamo illegale la miseria”. Giorgia Innocenti ha intervistato, per l'occasione, il presidente di Emmaus France, Christophe Deltombe, e Renzo Fior, presidente della sezione italiana, domandando loro un ricordo dell’Abbé Pierre e della sua attività:
R. - Ce que comptait pour lui …
Ciò che contava per lui prima di tutto era l’Incontro, l’incontro con l’altro, essere capace di riconoscerlo, di entrare in comunicazione con l’altro, di riconoscerlo nella propria “pienezza” di uomo e di donna; e anche di farlo esistere nella sua dignità.
D. - Quali sono le missioni principali di Emmaus?
R. - Les missions générales d’Emmaus France …
Le missioni generali di Emmaus France sono innanzitutto lottare contro l’esclusione sociale e la povertà. Lottare significa sia accogliere, perché l’Abbé Pierre aveva come principio l’accoglienza, ma anche ribellarsi contro tutte le cause di esclusione e di ingiustizia che creano la povertà.
D. - Quante sono le comunità Emmaus in Francia?
R. - Il y a 116 communautés qui ont été crées …
Sono state create 116 comunità. Ciò significa che abbiamo in Francia 4400 simpatizzanti. Nei luoghi adibiti all’accoglienza d’urgenza si ospitano e si ricevono circa 2000 persone al giorno; e abbiamo anche 2000 persone che sono stipendiate, in inserimento ...
D. – Importante, precisa ancora il presidente, è conoscere l’Emmaus Internazionale, presente in 39 Paesi al mondo. Abbiamo chiesto a Renzo Fior, presidente dell’Emmaus Italia, come la crisi economica si sia ripercossa sull’attività del movimento.
R. - Da un anno a questa parte le richieste per entrare in comunità sono aumentate in maniera notevole. Non passa giorno che due o tre persone non chiedano di entrare in comunità ...
D. - In cosa si contraddistingue l’Emmaus Italia, e come fate fronte alle diverse esigenze?
R. - Si contraddistingue per il fatto che è costituita da comunità di accoglienza, di persone di qualsiasi estrazione sociale, giovani, vecchi, donne, uomini italiani o stranieri. Tutte quelle persone, cioè, che desiderano condividere il nostro stile di vita, che è una vita sobria, di lavoro, prevalentemente di attività di recupero del materiale usato. Attraverso questo lavoro, che ci permette di vivere, essendo autonomi e autosufficienti, abbiamo anche la possibilità di finanziare azioni di solidarietà sia a livello locale, vicino alle comunità di Emmaus, sia a livello internazionale. Importante è che questo percorso viene fatto attraverso la vita di tutti i giorni, una vita relazionale, nella comunità, di lavoro. Tutto ciò porta le persone a “ricostruirsi” e a trovare anche ragioni per vivere … Perché, come diceva l’Abbé Pierre, ci si rende conto che la propria vita ha ancora un senso quando è messa a disposizione di persone che vivono in situazioni ancora più gravi, ancora più emarginate della nostra …
Afghanistan: ucciso un membro dell’Alto consiglio della Pace
◊ Arsala Rahmani, membro dell’Alto consiglio della Pace in Afghanistan, è stato ucciso a Kabul da un colpo d’arma da fuoco. Rahmani era una figura chiave per il dialogo con i talebani, che aveva abbandonato dopo essere stato il loro ministro dell’Istruzione dal 1996 al 2001. Secondo France Press Rahmani, che era uno stretto collaboratore del presidente Hamid Karzai, aveva recentemente stabilito dei contatti con i massimi dirigenti talebani, che si sono dichiarati estranei all’omicidio. “I colpevoli vanno cercati da un’altra parte”, ha affermato il portavoce talebano Zabihullah Mujahid. Rahmani si occupava di trattare il trasferimento dei prigionieri talebani dalle carceri sotto controllo delle truppe Nato a quelle sotto il controllo del governo afghano. L’Alto consiglio della Pace, istituito due anni fa da Karzai proprio per favorire il dialogo con gli insorti, era già stato colpito lo scorso settembre, quando l’allora presidente Burhanuddin Rabbani, già capo di Stato dell’Afghanistan dal 1992 al 1996, era stato ucciso da un attacco suicida di matrice talebana. Intanto due soldati britannici sono stati uccisi da alcuni poliziotti afghani, in circostanze ancora da chiarire, mentre il ministro della Difesa inglese Philip Hammond ha giudicato il ritiro delle truppe francesi dall’Afghanistan, annunciato dal neo-presidente e François Hollande, come “possibile” e senza serie conseguenze per la coalizione Nato. (M.R.)
Spagna: migliaia di “indignados” in piazza contro la crisi ad un anno dalla nascita del movimento
◊ A quasi un anno dalla nascita del movimento degli “indignados”, decine di migliaia di spagnoli sono scesi in piazza in oltre 80 città del Paese. Al grido di “prendiamoci le strade” e “non siamo merce in mano ai politici e ai banchieri”, sei cortei hanno percorso la capitale Madrid per poi ricongiungersi alla “Puerta del Sol”, luogo simbolo del movimento. Nella notte alcune centinaia di manifestanti hanno ignorato il limite imposto dalle autorità di terminare le proteste entro le ore 22 e sono stati sgombrati questa mattina dalle forze dell’ordine. Quattro persone, fra cui due agenti di polizia, sono rimaste ferite nei disordini seguenti e 18 persone sono state fermate. La protesta si è conclusa con uno sgombro forzoso anche a Valencia, Cadice e Palma de Maiorca. Le iniziative degli “indignati” contro la crisi e il sistema politico ed economico dureranno fino al 15 maggio, anniversario del movimento. (M.R.)
“Berrie Lecture”: l’edizione di quest’anno presieduta dal cardinale Kurt Koch
◊ L’edizione 2012 dell’annuale “Berrie Lecture”, promossa dal Centro Giovanni Paolo II per il dialogo interreligioso, sarà guidata dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e della Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l’ebraismo. La Lecture, riferisce il Sir, si terrà mercoledì 16 maggio nell’aula Minor della Pontificia Università San Tommaso d’Aquino di Roma e metterà a fuoco, a partire dalla dichiarazione conciliare “Nostra aetate”, 50 anni di dialogo ebraico-cristiano. A seguire, la conferenza stampa del cardinale Koch e del rabbino Jack Bemporad, direttore del Centro Giovanni Paolo II. “Siamo estremamente felici di avere con noi una persona con il background ecumenico e la profonda esperienza di dialogo interreligioso, orientato alla costruzione continua delle relazioni fra cattolici ed ebrei, quale è il cardinale Koch” ha detto il rabbino Bemporad. “Il suo impegno costante per questo fine, nel corso di tutta la sua vita, testimonia chiaramente le sue capacità e la sua volontà di incidere profondamente nelle relazioni tra religioni”. (G.M.)
Messico. Al via l’incontro nazionale della Pastorale sociale delle Caritas
◊ Un appuntamento necessario, data l’attuale situazione politica, sociale e pastorale del Messico: così la Chiesa locale definisce l’Incontro nazionale di Pastorale sociale–Caritas che si terrà dal 14 al 18 maggio a Cuatitlán. L’evento è rivolto a responsabili diocesani di Pastorale sociale e ai direttori e coordinatori delle Caritas locali. Due gli obiettivi principali, informa una nota a firma di mons. Gustavo Rodríguez Vega, presidente della Commissione episcopale per la Pastorale sociale e la Caritas messicana: innanzitutto, “trovare gli strumenti per un discernimento adeguato alla situazione politico-sociale del Paese attraverso la partecipazione civica dei cristiani nella costruzione della democrazia e della pace”. E poi “progredire nella riflessione sull’identità, la visione e la missione delle diverse Caritas locali, cercando soluzioni opportune per il lavoro in rete all’interno del Paese”. Tra i temi che verranno esaminati durante l’incontro, ci sono giustizia, pace e riconciliazione, il lavoro, gli indigeni e i migranti, la pastorale sanitaria. Il contesto sarà comunque quello di “un incontro fraterno – conclude la nota - per condividere le speranze ed individuare un cammino comune sui temi sociali”. (I.P.)
Repubblica democratica del Congo. Radio Okapi al servizio della pace
◊ Una radio al servizio della pace, una voce per quanti non ce l’hanno. Come riporta l’agenzia Fides, nella Repubblica democratica del Congo da circa dieci anni Radio Okapi offre la possibilità di raccontare la realtà segnata dalla guerra, la possibilità di denunciare abusi subiti e violenze. Creata dalle Nazioni Unite e dalla fondazione svizzera Hirondelle, percorre giorno e notte la vita della provincia del Kivu del Sud, nella parte orientale del Paese; i gruppi armati, nonostante il conflitto sia ufficialmente terminato, continuano a circolare liberamente, minacciano i villaggi costringendo gli abitanti ad abbandonare le loro capanne già fatiscenti per cercare rifugio altrove. Per i giornalisti dell’emittente radiofonica, si tratta di una battaglia quotidiana contro intimidazioni e minacce di morte. Già due giornalisti della città di Bukavu sono stati assassinati. (G.M.)
Indonesia: gravi preoccupazioni per il rispetto delle minoranze religiose
◊ Human Rights Watch ha lanciato l’allarme per il rispetto dei diritti umani e delle minoranze religiose in Indonesia. In una nota ripresa dalla Fides, l’Ong riconosce i passi in avanti per consolidare un governo stabile e democratico ma denuncia anche “i funzionari dello stato che, pur parlando spesso di protezione dei diritti umani, non sembrano disposti a prendere le misure necessarie per garantire il rispetto sui diritti umani da parte delle forze di sicurezza e a perseguire adeguatamente i responsabili di violazioni gravi". Il governo - dice l’organizzazione umanitaria - continua a usare le leggi sul tradimento, sulla blasfemia e la diffamazione per limitare il diritto alla libera espressione. La polizia arresta arbitrariamente attivisti, giornalisti e critici del governo, mentre in aree come la Papua e le Molucche attivisti pro-indipendenza sono processati e condannati a lunghe pene detentive. Dal 2011, prosegue la nota, "le autorità indonesiane non hanno affrontato in modo adeguato episodi crescenti di violenza di massa da parte di gruppi militanti islamici contro le minoranze religiose a Java e Sumatra", citando abusi contro cristiani, musulmani sciiti, ahmadi. "I militanti, incoraggiati dal governo, che ha limitato la costruzione di luoghi di culto, hanno indotto le autorità locali a chiudere centinaia di chiese cristiane e decine di moschee degli Ahmadi negli ultimi anni", denuncia il rapporto. Human Rights Watch chiede quindi al governo indonesiano e alla comunità internazionale di concentrarsi sui casi dei prigionieri politici e sulla violenza crescente contro le minoranze religiose, invitando in particolare l'Unione Europea a trattare tali temi nel suo prossimo dialogo sui diritti umani con il governo indonesiano. Sulle minoranze religiose, la UE, secondo HRW, dovrebbe chiedere: la revoca dei decreti del 1969 e del 2006 che bloccano la costruzione dei luoghi di culto e che vengono utilizzati per discriminare le minoranze religiose; di adottare tutte le misure necessarie per fermare la violenza e la discriminazione contro le minoranze religiose; di accettare la visita del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione. (M.G.)
Spagna: il 27 maggio sarà celebrata la giornata per la nuova evangelizzazione
◊ “Apostoli per la nuova evangelizzazione”: è questo il tema della Giornata dell’Azione cattolica e dell’Apostolato secolare che la Chiesa spagnola si prepara a celebrare domenica 27 maggio, nella solennità di Pentecoste. Per l’occasione, la Commissione episcopale dell’Apostolato secolare (Ces), guidata da mons. Carlos Osoro Sierra, ha diffuso un messaggio: “Siamo consapevoli – si legge nel testo – che molti dei nostri contemporanei non incontrano nell’attuale evangelizzazione permanente della Chiesa la risposta alle loro domande”. Ed è per questo, continua il messaggio, che “parliamo di nuova evangelizzazione che, senza interrompere l’opera evangelizzatrice precedente, propone nuovi cammini affinché tutti abbiano accesso al Vangelo”. Quindi, i presuli spagnoli ringraziano i tanti fedeli laici che operano nella Chiesa: li ringraziano per la loro “fermezza nella fede, per la costanza nell’amore, per lo sforzo apostolico nella società”. “La vostra fede, la vostra carità e il vostro impegno nell’annuncio del Vangelo – dice la Ces ai fedeli laici – si trasforma in un segno della presenza amorosa di Dio nel mondo, davanti al quale dobbiamo saperci porre conoscendolo in profondità, amandolo con passione e servendolo con generosità”. Poi, la Chiesa spagnola guarda alle difficoltà della realtà attuale, in particolare a quanto sia difficile, oggi, essere “testimoni della carità”: “Quante famiglie soffrono oggi a causa di una situazione deplorevole che tocca profondamente il modello sociale che abbiamo costruito!”. Per questo, “il dono della fede ci spinge a trasformare il mondo in cui viviamo e ad annunciare che, anche nei momenti di maggiore oscurità, il Regno di Dio è qui”, perché “la fede ci permette di riconoscere nel volto di chi soffre Cristo stesso ed agire di conseguenza”. Di qui, l’esortazione finale affinché “si prenda piena coscienza dell’urgenza evangelizzatrice davanti alla quale ci troviamo” e “si preghi il Signore affinché ci doni saggezza, forza, gioia, pace e generosità, tutte necessarie all’annuncio della presenza salvifica di Cristo Risorto tra gli uomini”. (I.P.)
La speranza delle Scritture: tema del Festival biblico 2012 in Veneto
◊ “Perché avete paura? - La speranza delle Scritture”: questo sarà il tema del Festival Biblico 2012, che si svolgerà in quattordici località del Veneto dal 18 al 27 maggio. Il programma della manifestazione, organizzata dalla diocesi di Vicenza e dalla Società San Paolo, prevede oltre centoquaranta incontri, tra i quali un approfondimento sulle terre bibliche intitolato “Linfa dell’ulivo”. Riferisce l’Osservatore Romano che l’obiettivo del festival è quello di “presentare la Bibbia con una pluralità di voci e di linguaggi”, attraverso eventi musicali, artistici e dibattiti. Quattro i grandi temi che saranno sviluppati: biblico-teologico, socio-culturale, storico-archeologico e artistico-musicale. (M.R.)
Polonia: nuove chiese negli Stadi in vista degli Europei di calcio
◊ In occasione degli imminenti campionati europei di calcio, che si svolgeranno tra meno di un mese in Polonia e Ucraina, numerose sono le iniziative a sfondo religioso per i tifosi che giungeranno da tutta Europa. Riporta l’Osservatore Romano che le celebrazioni religiose saranno officiate in varie lingue e saranno messi a disposizione spazi per le preghiere ecumeniche. Recentemente i rappresentanti delle tre grandi religioni monoteiste hanno partecipato all’inaugurazione del nuovo stadio di Varsavia, che è stato benedetto da mons. Marek Solarcyk, vescovo ausiliare di Warszawa-Praga. All’interno dell’impianto è stata collocata anche una “cappella di tutte le fedi”, dove saranno ospitate le funzioni religiose delle diverse confessioni. Una struttura analoga è stata inaugurata anche nello stadio di Danzica. (M.R.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 134