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Sommario del 02/05/2012
◊ Benedetto XI ha dedicato stamani la propria catechesi alla testimonianza e alla preghiera di Santo Stefano. Il primo martire della Chiesa - ha detto il Papa in Piazza San Pietro durante l’udienza generale davanti ad oltre 40 mila fedeli - ha tratto la forza di affrontare i suoi persecutori dal rapporto con Cristo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Santo Stefano, condotto in tribunale davanti al Sinedrio con l’accusa di aver dichiarato che Gesù avrebbe distrutto il tempio e sovvertito le usanze tramandate da Mosè, sottolinea che “Dio non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo” (At 7, 48). “Gesù – ricorda il Papa - è il luogo del vero culto”, il nuovo tempio che “sostituisce con l’offerta di se stesso sulla croce, i sacrifici antichi”:
“Il nuovo tempio in cui Dio abita è il suo Figlio, che ha assunto la carne umana, è l’umanità di Cristo, il Risorto che raccoglie i popoli e li unisce nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue”.
Dio non si stanca di andare incontro all’uomo “nonostante trovi spesso un’ostinata opposizione”. Il corpo di Gesù – aggiunge il Santo Padre - è “il nuovo tempio di Dio”, “il luogo della presenza del Dio vivente”:
“In Lui Dio e uomo, Dio e il mondo sono in contatto: Gesù prende su di sé tutto il peccato dell’umanità per portarlo nell’amore di Dio e per ‘bruciarlo’ in questo amore. Accostarsi alla Croce, entrare in comunione con Cristo, vuol dire entrare in questa trasformazione. E questo è entrare in contatto con Dio, entrare nel vero tempio”.
Santo Stefano ha tratto la forza per affrontare i suoi persecutori "dal suo rapporto con Dio, dalla sua comunione con Cristo", “dalla meditazione sulla storia della salvezza”, dal vedere l’agire del Padre. Anche la nostra preghiera – sottolinea il Papa – deve essere nutrita dall’ascolto della Parola di Dio:
“Egli - il Figlio di Dio – è il tempio 'non fatto da mano d’uomo' in cui la presenza di Dio Padre si è fatta così vicina da entrare nella nostra carne umana per portarci a Dio, per aprirci le porte del Cielo”.
La nostra preghiera – conclude Benedetto XVI – allora deve essere “contemplazione di Gesù alla destra di Dio, di Gesù come Signore della nostra esistenza quotidiana”.
Il Papa ha rivolto infine il proprio cordiale saluto ai fedeli polacchi, giunti a Roma in occasione del primo anniversario della beatificazione di Giovanni Paolo II: “La testimonianza della sua vita, l’insegnamento e l’amore per la patria – ha detto il Pontefice - rimangano la vostra particolare eredità”.
Caritas Internationalis: promulgati i nuovi Statuti e Regolamento Interno
◊ Sono 61 anni che Caritas Internationalis, con le sue 162 organizzazioni caritative, disseminate in oltre 200 Paesi e territori, fornisce aiuti alle vittime delle emergenze umanitarie, di conflitti, di disastri naturali, riuscendo allo stesso tempo a costruire ponti di dialogo in zone devastate dai conflitti politici e sociali. Oggi, a otto anni dal Chirografo “Durante l’Ultima Cena” firmato da Giovanni Paolo II, che conferiva personalità pubblica, giuridica e canonica a Caritas Internationalis, sono stati promulgati i nuovi Statuti e Regolamento Interno, frutto di una lunga collaborazione e riflessione tra Segreteria di Stato, Pontificio Consiglio Cor Unum e Caritas Internationalis, oltre ad altri organismi interessati. Gli Statuti e il Regolamento Interno sono accompagnati da un Decreto Generale, di cui ci parla Francesca Sabatinelli:
Il nuovo Decreto Generale, a firma del segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, delinea, sin dai suoi primi articoli, le competenze dei dicasteri di riferimento di Caritas Internationalis, stabilendo in primis il rafforzamento del ruolo di Cor Unum, il Pontificio Consiglio che segue l’attività istituzionale di Caritas Internationalis. Gli articoli successivi chiariscono, tra gli altri punti, le nuove linee guida per la futura normativa di lavoro specifica per il personale di Caritas; la nomina pontificia di almeno tre membri nel Consiglio esecutivo; i compiti di un assistente ecclesiastico e la creazione di una Commissione di Assistenza; il nulla osta della Santa Sede per le candidature a presidente e segretario generale, come già previsto nel Chirografo “Durante l’Ultima Cena”, al quale però si aggiunge quello per la candidatura del tesoriere. A spiegare il nuovo quadro giuridico di Caritas Internationalis è mons. Osvaldo Neves de Almeida, officiale della Segreteria di Stato che in un testo ribadisce quanto già detto dal Papa nell’udienza del maggio 2011 ai partecipanti all’Assemblea generale di Caritas Internationalis, quando aveva ricordato il profilo universale di Caritas Internationalis chiamata ad esercitare il suo compito specifico in nome della Chiesa e a portarne quindi il messaggio anche nella vita politica e sociale sul piano internazionale. La Santa Sede, da parte sua, si legge, vigilerà affinché “tanto la sua azione umanitaria e di carità, come il contenuto dei documenti che essa diffonde, siano in sintonia con la Sede Apostolica e con il Magistero della Chiesa”. In conclusione mons. Neves de Almeida ribadisce come, a giudizio della Santa Sede, la nuova normativa complementare del Chirografo “Durante l’Ultima Cena”: “mette in piena luce l’identità distintiva di Caritas Internationalis, che è nel contempo la sua forza e ciò che può rendere la sua opera particolarmente efficace”.
I nuovi Statuti e Regolamento Interno non riguardano le Caritas nazionali o diocesane, che mantengono la loro autonomia perché dipendenti dalle rispettive Conferenze Episcopali. Potrebbero però essere di ispirazione per queste ultime nel caso volessero rivedere gli Statuti delle loro Caritas. Ma cosa è Caritas Internationalis e come è nata? Roberto Piermarini lo ha chiesto al cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum:
R. - Caritas Internationalis (CI) è una Confederazione formata dalle Caritas nazionali, con lo scopo di coordinarne le attività a livello internazionale. I Pontefici hanno promosso e appoggiato Caritas Internationalis, come espressione della grande attività caritativa della Chiesa, che si estende in tutto il mondo e interviene in ogni forma di povertà. Una tale stima manifestata da parte dei Pontefici dimostra quanto CI sia una istituzione ecclesiale preziosa all’interno della Chiesa stessa. Caritas Internationalis è una organizzazione che opera soprattutto nel campo delle emergenze umanitarie; è inoltre grandemente apprezzata per il lavoro svolto in ambito pubblico. Per il Giubileo del 1950, Papa Pio XII stabilì a Roma un organismo che potesse operare a livello di Chiesa universale, riunendo le agenzie caritative nazionali riconosciute dai rispettivi Vescovi, al fine di promuovere la conoscenza reciproca, e rendere più efficace il coordinamento e la collaborazione, nello svolgere le attività caritative in ogni parte del mondo. Per sua origine e natura, quest’organismo è profondamente legato ai Pastori della Chiesa e, in special modo, al Successore di Pietro, che presiede sulla carità universale; inoltre, le azioni di questo organismo si ispirano al Vangelo e alla tradizione della Chiesa.
D. - Qual’è il rapporto tra Caritas Internationalis e Cor Unum?
R. - Nel 2004, Papa Giovanni Paolo II ha conferito a Caritas Internationalis la personalità giuridica canonica pubblica, e pertanto, al Pontificio Consiglio Cor Unum (fondato dal Papa Paolo VI nel 1971), è stato assegnato il compito di seguirne e accompagnarne le attività, sia a livello internazionale che regionale. Il Pontificio Consiglio deve promuovere l’identità e lo spirito ecclesiale all’interno della Confederazione, e, in particolare, deve vegliare affinché le attività dei suoi membri, coordinate a livello internazionale, vengano realizzate in collaborazione con le Chiese particolari coinvolte ed in comunione con i rispettivi Pastori.
D. - Perché Caritas Internationalis sta adottando nuovi Statuti e Regolamento Interno?
R. - La revisione degli Statuti e del Regolamento Interno si è resa necessaria per meglio aderire al Chirografo “Durante l’Ultima Cena” firmato da Papa Giovanni Paolo II il 16 settembre 2004, conferendo in tal modo una personalità pubblica, giuridica e canonica a Caritas Internationalis. Questo nuovo status giuridico doveva essere incorporato – in tutti i suoi aspetti – negli Statuti della Confederazione. Inoltre, alcuni nodi di carattere dottrinale ed amministrativo – oltre alla comunicazione con la Santa Sede - hanno evidenziato la necessità di una maggiore chiarezza riguardo al ruolo e alle competenze della Santa Sede stessa, che costituisce il punto di riferimento per la struttura e le attività di CI, in tal modo le relazioni reciproche potranno essere migliorate, e affinché vi sia una collaborazione effettiva ed efficace. I nuovi Statuti e Regolamento Interno sono accompagnati da un Decreto Generale firmato dal Cardinale Segretario di Stato. E’ un documento che ha lo scopo di integrare ed interpretare il Chirografo del 2004, e costituisce così un riferimento per i nuovi Statuti. In particolare, il Decreto Generale pone l’accento sulle competenze dei Dicasteri e degli Uffici della Santa Sede che hanno il compito di accompagnare e guidare CI nello svolgimento delle sue attività. Per espresso desiderio del Santo Padre, il Decreto include anche altri elementi utili ad affrontare le sfide, e ad assicurare che CI possa operare in legittima autonomia e possa continuare ad essere un grande strumento e l’espressione della carità e della compassione delle Conferenze Episcopali e della Santa Sede.
D. - Quali sono i cambiamenti importanti rispetto agli Statuti precedenti?
R. - I nuovi Statuti e Regolamento Interno hanno cercato di preservare per quanto possibile il testo precedentemente adottato. Nello specifico, i nuovi Statuti vogliono precisare il Chirografo del 2004 non solo per quanto concerne il ruolo del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, esplicitandone maggiormente le competenze sia circa gli aspetti interni delle attività istituzionali di CI, che sull’approvazione di testi a contenuto dottrinale o morale; al contempo, questi nuovi Statuti aiuteranno ad esplicare in modo efficace la missione ecclesiale di Caritas Internationalis e la comunione di fede e carità negli interventi umanitari. Poiché CI ha personalità giuridica pubblica e partecipa al munus pastorale del Santo Padre, la Santa Sede desiderava esprimere in tal modo il suo apprezzamento per le attività svolte da Caritas, affinché Caritas possa continuare ad essere uno strumento della Chiesa a servizio della Pastorale della Carità. Tutto ciò è importante, in quanto Caritas è un’organizzazione largamente riconosciuta e apprezzata a livello internazionale.
Benedetto XVI in visita domani all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma
◊ Fervono i preparativi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma per accogliere domani mattina il Papa, in visita all’Ateneo in occasione del 50° anniversario della nascita della Facoltà di Medicina e Chirurgia intitolata al suo fondatore “Agostino Gemelli”. Per la quinta volta Benedetto XVI ritorna ad incontrare la comunità della Cattolica, in concomitanza con la Giornata per la Ricerca, promossa dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia sul tema “Una vita per la ricerca, la Ricerca per la vita”. L’arrivo del Santo Padre è previsto alle 10.45 all’eliporto del Policlinico “A. Gemelli”, dove sarà accolto dal cardinale vicario Agostino Vallini, dal ministro per i Beni e le Attività Culturali Lorenzo Ornaghi insieme ad autorità ecclesiali ed accademiche. Poi alle 11.05 l’incontro, nel piazzale antistante l’Auditorium del Policlinico, con la comunità dell’Università, cui rivolgerà il suo discorso dopo i saluti del cardinale Angelo Scola, presidente dell’Istituto Toniolo e del prof Franco Anelli, pro-rettore dell’Università. Quindi alle 12 la partenza per il rientro in Vaticano alle 12.20. Luca Collodi ha intervistato la storica Maria Bocci, sulla figura di padre Gemelli:
R. - Fondare la Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma era “Il sogno dell’anima sua”, come diceva lui spessissimo. Ma come mai questo fascino per la medicina? Gemelli è un laureato in medicina, bisogna ricordarlo, ed è cresciuto a Pavia, all’Università della città, alla scuola di un medico e scienziato molto famoso, premio Nobel della medicina, che si chiamava Camillo Golgi. Nel suo percorso esistenziale, oltre a questo fascino per il progresso della medicina contemporanea, come lui dice spesso, rivolgendosi ai medici cattolici: “c’è il ruolo molto importante che ha rivesto la pratica medica”.
D. - Padre Gemelli ebbe un primo contatto con la medicina da un punto di vista di sanità militare..
R. - Sanità militare e anche all’Ospedale Maggiore di Milano, dove ha fatto il suo tirocinio. Quindi, io vedo un notevolissimo salto nella sua esperienza, dal laboratorio alla corsia di ospedale, perché è stato qui che si è accorto che non esiste tanto la malattia, ma esiste l’uomo malato. E qui salta fuori, secondo me, proprio la sua idea di medicina. Ma cosa vuol dire che l’esercizio della medicina è anche un sacerdozio? Il problema è che Gemelli attraverso l’incontro con questi malati, è passato appunto dal considerare la malattia astrattamente, al considerare gli uomini malati in carne ed ossa. E si è accorto grazie a questo incontro, che il malato, come poi lo chiamerà lui, è un uomo globale fatto di tanti bisogni, di tante esigenze incolmabili, per cui curare solo il corpo e non tener conto delle esigenze dell’anima, come dirà poi lui ad un certo punto, è controproducente persino dal punto di vista terapeutico. Tra l’altro, Gemelli diventa poi anche psicologo. Quindi è sempre portato a concepire la medicina, la malattia, e soprattutto l’uomo malato, come un insieme di esigenze materiali, psichiche, organiche, spirituali di cui il medico deve sempre tener conto.
D. - Come padre Gemelli risolse il problema del diritto alla salute e alla distribuzione delle risorse, oggi diremmo dei costi della sanità..
R. - Credo che non si possa parlare tanto per Gemelli di diritto alla salute, però invece, credo che si possa parlare moltissimo di dovere della società civile di tenere conto della necessità dei suoi membri. E quindi, così come la società civile ha il dovere, dice lui spessissimo, di occuparsi di rendere più giusti i rapporti sociali, di fare in modo di riformare i rapporti economici, perché non rispondono solo al principio del tornaconto individuale, allo stesso modo la società civile, lo Stato, ha il compito di interessarsi del benessere e della salute dei cittadini.
D. - Padre Gemelli volle fortemente una Facoltà di Medicina, di cui oggi si celebrano i 50 anni..
Certamente sì. La volle fortemente ed io credo tra l’altro, che la volle da subito, da quando si è convertito nel 1903, ben capendo la valenza della pratica medica non solo per la salute, ma anche - direi - per la salvezza delle persone. Ci sono delle pagine molto belle dove Gemelli descrive quale dovrebbe essere il clima che si respira in una facoltà o in un policlinico cattolico. Professori, studenti, assistenti che vivono quotidianamente insieme, per i quali ogni problema scientifico, ogni problema umano, ogni malato è occasione di riflessione. Così come è occasione di riflessione, dice lui ad un certo punto, l’analisi di un cadavere. Non si può analizzare un cadavere come se fosse semplicemente un corpo, perché in quel corpo, è stata effusa l’anima. Quel corpo ha un destino eterno e bisogna trattarlo come tale.
◊ Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Papantla (Messico), presentata da S.E. Mons. Lorenzo Cárdenas Aregullín, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede S.E. Mons. Jorge Carlos Patrón Wong, finora Vescovo Coadiutore della medesima diocesi.
Il Papa ha nominato Vescovi Ausiliari di Brooklyn (U.S.A.) Mons. Paul R. Sanchez, del clero della medesima diocesi, Vicario Episcopale per il territorio di Queens, assegnandogli la sede titolare vescovile di Celiana, e Mons. Raymond F. Chappetto, del clero della medesima diocesi, Vicario per il Clero e la Vita Consacrata e Parroco della Our Lady of the Snows a Floral Park, assegnandogli la sede titolare vescovile di Cizio.
Mons. Paul R. Sanchez è nato il 26 novembre 1946 a Brooklyn (New York). Ha frequentato il Pontificio Collegio Americano del Nord (1968-1972), ottenendo una Licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Ordinato sacerdote il 17 dicembre 1971 per la diocesi di Brooklyn, ha svolto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale dell’Our Lady of Mercy Parish a Forest Hills (1972-1975), della Saint Michael Parish a Flushing (1975-1987) e della Saint Sebastian Parish a Woodside (1987-1990); Amministratore della Saint Sebastian Parish (1990-1991); Parroco della Saint Agatha Parish a Brooklyn (1991-2001) e dell’Our Lady of Mount Carmel ad Astoria (2001-2008). È stato Vicario Episcopale per il territorio di Queens North (2008-2009) e, dal 2009, è Vicario Episcopale per il territorio di Queens. È stato anche Membro della Commissione liturgica diocesana e del Consiglio Presbiterale di Brooklyn. Il 23 febbraio 1997 è stato nominato Prelato d’Onore di Sua Santità. Oltre l’inglese, conosce lo spagnolo e l’italiano.
Mons. Raymond F. Chappetto è nato il 20 agosto 1945 ad Astoria (New York). Ha conseguito il Master of Divinity presso il Seminario Our Lady of Angels ad Albany e il Master of Arts in Educazione Religiosa presso la Saint John’s University a Queens. Ordinato sacerdote il 29 maggio 1971 per la diocesi di Brooklyn, ha svolto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale della Saint Camillus Parish a Rockaway Park (1971-1975), della Saint Pius V Parish a Jamaica (1975-1976), dell’Incarnation Parish a Queens Village (1976-1981), della Saint Helen Parish a Howard Beach (1981-1983), dell’Our Lady of Miracles Parish a Brooklyn (1983-1989); Parroco dell’Our Lady of Miracles Parish (1989-1995); Vicario Episcopale di Brooklyn West (1995-1999). Dal 1999 è Parroco dell’Our Lady of the Snows a Floral Park e, dal 2009, è Vicario per il Clero e la Vita Consacrata. Il 23 febbraio 1997 è stato nominato Prelato d’Onore di Sua Santità. Oltre l’inglese, conosce lo spagnolo e l’italiano.
◊ Presso la Sala Stampa vaticana sono state presentate le conclusioni dei lavori della 18.ma plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, incentrate sull’analisi dei principi contenuti nell’Enciclica “Pacem in terris” nel 50.mo della sua pubblicazione. A seguire i lavori c’era per noi Stefano Leszczynski:
L’Enciclica “Pacem in terris” è ancora oggi uno dei pilastri della Dottrina sociale della Chiesa. Verità, libertà, solidarietà e giustizia sono i principi elencati dal documento di Giovanni XXIII, che ancora oggi a 50 anni di distanza aiutano l’uomo ad orientarsi tra i nuovi segni dei tempi. Mons. Roland Minnerath, vescovo di Digione e tra i fondatori della Pontificia Accademia, ha illustrato l’importanza di uno sviluppo sociale e scientifico, che per essere valido non deve mai perdere di vista la centralità dell’essere umano, un principio valido in particolare oggi, alla luce delle molte crisi che caratterizzano il mondo globalizzato, ha spiegato mons. Sànchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia per le Scienze Sociali, e che può essere applicato con successo nella realizzazione di un nuovo ordine globale, che possa portare la pace. La pace, inteso come supremo bene comune, non può però essere garantito dagli attuali soggetti che governano la globalizzazione, come ad esempio i mercati, ha spiegato la prof.ssa Margaret Archer, del Politecnico di Losanna e membro fondatore anch’essa dell’Accademia delle Scienze Sociali. Cultura e informazione sono i due elementi fondamentali per sviluppare in senso positivo le nuove società. Una conoscenza diffusa è, dunque, alla base di un corretto sviluppo di una società più umana, terreno fertile anche per una nuova evangelizzazione.
Da Cancun la Chiesa chiede di rendere il turismo “una realtà umana e umanizzante”
◊ “Il turismo che fa la differenza” è il tema del VII Congresso Mondiale di Pastorale del Turismo svolto a Cancún, in Messico, dal 23 al 27 aprile. Convocati dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, e dalla Prelatura di Cancún-Chetumal, con la collaborazione della Conferenza episcopale messicana, i partecipanti alla cinque giorni provenienti da 40 Paesi di 4 Continenti – ecclesiastici e laici impegnati in questo ambito pastorale e professionale – hanno elaborato una dichiarazione finale dei lavori del Congresso, che si rivolge a quanti nella Chiesa hanno responsabilità per l’evangelizzazione, e a quanti nel mondo s’interessano del fenomeno del turismo. Il documento prende spunto dal messaggio d’apertura di Benedetto XVI, che ha invitato i delegati a trattare il tema del turismo nel contesto dello sviluppo umano integrale, per arrivare a proporre credibilmente “un turismo diverso” che rifletta chiaramente “l‘altro itinerario, più profondo e significativo, che siamo chiamati a percorrere: quello che ci conduce all‘incontro con Dio”. Partendo da queste indicazioni, si legge nella dichiarazione, “abbiamo constatato con soddisfazione la crescente attenzione della Chiesa a questo fenomeno, di cui sono esempio gli Orientamenti per la pastorale del turismo pubblicati nel 2001 dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Vogliamo farci presenti nel settore del turismo – prosegue il testo - per cercare di renderlo una realtà veramente umana e umanizzante. Accogliamo come compito l’invito del Santo Padre a ‘illuminare questo fenomeno con la dottrina sociale della Chiesa’”. A tal proposito vengono citati anche gli ammonimenti del Papa circa “gli abusi del fenomeno turistico, soprattutto quello che sovente implica la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, l’abuso di minori e perfino la tortura”. Il Santo Padre – aggiunge il documento - ci ha chiesto di articolare le coordinate di un turismo “etico e responsabile, rispettoso della dignità delle persone e dei popoli, accessibile a tutti, giusto, sostenibile ed ecologico”. La dichiarazione si conclude con l’impegno dei partecipanti “ognuno nel proprio ambito e tutti insieme al servizio della Chiesa, ad approfondire le conclusioni del Congresso, a farsene interpreti nelle diverse singole situazioni e promotori a livello globale”. “Ci auguriamo che il lavoro portato avanti in questi giorni possa stimolare una più diffusa riflessione dentro e fuori la Chiesa – si legge infine nel testo -, intorno a una realtà che tocca non solo il tempo libero dell’uomo, ma la sua stessa libertà, insieme al senso profondo della sua vita nel mondo”. (M.G.)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Dio non si stanca di andare incontro all’uomo: all’udienza generale il Papa parla della preghiera di santo Stefano.
Per il rinnovamento di Caritas internationalis: il testo del decreto generale approvato da Benedetto XVI e firmato dal cardinale segretario di Stato.
In rilievo, nell’informazione internazionale, la visita di Obama in Afghanistan.
E il poeta indagò il senso di quell’abbracciare invano: in cultura, Alessandro Scafi su Dante Alighieri e la corporeità delle anime nella “Divina Commedia”.
Metamorfosi di una stella: Luca Di Girolamo sul secondo volume della “Storia della Mariologia”.
Sollecitati a pensare: l’intervento del cardinale arcivescovo metropolita di Napoli, Crescenzio Sepe, a un incontro sul libro “Gesù di Nazaret” di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.
Leggendari che fanno storia: sul senso dell’agiografia intervista di Sandra Isetta a Guy Philippart e Monique Goullet.
Ettore Gotti Tedeschi recensisce il libro “Donna salva l’Italia” di Marilena Marcato e Laura Lolli.
Il Papa e i movimenti: nell’informazione religiosa, mons. Giampietro Dal Toso, segretario del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, sul libro del cardinale Paul Josef Cordes.
Primo obiettivo formare i formatori: il vescovo Enrico dal Covolo sulla Lateranense e l’Area di ricerca per lo sviluppo della cultura africana.
Manifestazioni contro la giunta militare al Cairo: almeno 20 morti
◊ Sempre forti le tensioni di piazza in Egitto. Violente manifestazioni anche oggi al Cairo contro il regime militare di transizione. Almeno 20 le vittime causate stamani dagli scontri tra dimostranti e polizia davanti al Ministero della Difesa. Decine i feriti. Alle proteste, organizzate da vari gruppi dell’opposizione, partecipano giovani della rivoluzione del 25 gennaio, salafiti e attivisti di altri movimenti. Chiedono che la giunta al potere si faccia da parte e che a tutti i rappresentanti dell’ex regime di Mubarak sia impedita la partecipazione alle elezioni. Quale l’effetto di queste tensioni nel processo di democratizzazione in Egitto? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Luciano Ardesi, esperto di Nord Africa:
R. – Il processo di preparazione delle elezioni presidenziali, che si terranno al primo turno alla fine del mese, è stato un processo molto tormentato, che ha lasciato fuori candidati eccellenti. Quindi, questo naturalmente ha accresciuto le tensioni, che già da tempo maturano nel Paese, in conseguenza di un processo di transizione molto complesso. Sappiamo che l’esercito, in questo momento, sta cercando di esercitare un ruolo di mediatore, ma anche di cercare di fare in modo che i conflitti non oltrepassino una certa linea di guardia. E’ difficile prevedere se con le elezioni presidenziali poi l’assetto definitivo del Paese potrà dare stabilità.
D. – Per quale motivo alle rivolte della primavera araba, e l’Egitto ne è un esempio, non è seguito un momento di stabilizzazione sia pure nel necessario confronto politico anche acceso?
R. – Bisogna tener conto che, durante gli anni di Mubarak, le dinamiche politiche sono state soffocate, anche se in Egitto c’era già una rappresentanza politica plurima, a differenza di altri Paesi. Con la libertà è difficile trovare un’abitudine alla dialettica politica. Non nascondiamoci poi che l’Egitto è un Paese per certi versi ricco, ma che miseria e povertà colpiscono una buona parte della popolazione e le differenze innescano sempre dinamiche violente. In più, aggiungiamo questa lunga battaglia delle idee su chi interpreta l’islam in modo più politico e chi invece vuole lasciare all’islam, alla religione, un ruolo più di carattere spirituale e culturale.
D. - Le opposizioni chiedono le dimissioni della giunta militare, ma quale piano propongono? Non c’è il rischio di entrare in una situazione estremamente caotica?
R. – Certamente, del resto tutti questi Paesi delle primavere arabe hanno vissuto in maniera diversa, ma hanno vissuto un periodo in cui l’esercito è stato in qualche modo l’ago della bilancia e ha saputo condurre una transizione meno violenta e meno dolorosa di quella che sarebbe stata altrimenti.
D. – La comunità cristiano-copta, che nei mesi successivi alla rivoluzione ha subito numerose violenze, che ruolo ha nella situazione attuale?
R. – Il fatto che esista una comunità cristiana così importante è sicuramente un elemento a favore del pluralismo, ma lei stessa si trova in questo momento sotto attacco e non è certo facile per lei giocare quel ruolo di equilibrio, che potrebbe essere tipico di una forte minoranza, come è oggi la minoranza cristiano-copta in Egitto.
Ad un anno dalla morte di Bin Laden, Obama in Afghanistan firma un accordo con Karzai
◊ Visita lampo del presidente statunitense Barack Obama in Afghanistan, dove ha firmato con il suo omologo Hamid Karzai un accordo di partnership strategica che definisce le relazioni per i dieci anni successivi alla fine del ritiro delle forze nel 2014, relazioni segnate “dal rispetto reciproco”. Come definire questo accordo? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica di Milano:
R. – Un accordo che richiama quello che fecero gli Stati Uniti, con il presidente Bush, con l’Iraq. Quando gli Stati Uniti decidono di uscire da un Paese in cui si sono introdotti militarmente, vogliono tenere comunque una relazione speciale e garantire che loro lasciano militarmente, ma non abbandonano questo Paese. Valeva per l’Iraq, vale tanto più con l’Afghanistan, che non è in realtà pacificato, i talebani sono sul punto di vincere la guerra e il Paese ha un bisogno fortissimo di aiuti a tutti i livelli: militare, di assistenza, di ricostruzione istituzionale e anche economica.
D. – C’è da dire che, comunque, i rapporti tra Washington e Kabul non sono mai stati così tesi, dopo la strage di civili a Kandahar da parte di un marine americano. Quanto questa visita potrà migliorare le relazioni tra i due Paesi?
R. – Questa è una visita fatta con un occhio all’Afghanistan e con un occhio alla rielezione di Barack Obama questo autunno. Quindi, non credo che questa visita sia un cambiamento significativo. Del resto, noi siamo, come Occidente, fortemente insoddisfatti di Karzai e Karzai, dal canto suo, è sempre più critico della nostra presenza, anche perché sa che ce ne stiamo andando e in qualche modo vuole garantirsi un futuro politico. La situazione è quella che è, cioè abbastanza pessima da un punto di vista della sicurezza, della ricostruzione, e quindi è un rapporto molto logorato fra persone che si sopportano poco ormai.
D. – Obama è arrivato in Afghanistan nell’anniversario dell’uccisione di Osama Bin Laden. Si può parlare di una vera e propria sfida lanciata da Al Qaeda in questo modo?
R. – In parte sì, anche se l’Al Qaeda tradizionale mi sembra molto disarticolata e silente. Io la vedo più come una mossa elettorale: l’ha fatto per ribadire che lui è stato il presidente che ha raggiunto, colpito e ucciso il nemico numero uno degli Stati Uniti. Io la vedrei più in chiave interna che in chiave di sfida ad Al Qaeda.
La disoccupazione sale nella Ue. Quasi il 36% dei giovani italiani è senza lavoro
◊ E' ancora in crescita il numero dei disoccupati in Europa: il dato calcolato da Eurostat per il mese di marzo segnala un tasso del 10,9% nell'Eurozona, contro il 10,8% in febbraio. Per la Commissione Ue i dati confermano che occorre riformare il mercato del lavoro. Critica anche la situazione dell’Italia, il tasso di chi non ha un’occupazione è salito 9,8%, ai massimi dal 2004. Secondo l’economista Carlo Dell’Aringa - intervistato da Alessandro Guarasci - per l’Italia però ci sono due fattori che vanno considerati:
R. – Il primo è il Paese che forse ha segnato l’incremento maggiore del tasso di disoccupazione tra i Paesi europei, tranne forse il caso della Spagna, da quando c’è stata la crisi. E la seconda considerazione è che c’è una quota consistente di persone in età lavorativa che non partecipano al mercato del lavoro, cioè che non è né occupata né disoccupata, ma disponibile a lavorare. Se noi dovessimo includere anche questi nel nostro tasso di disoccupazione, raggiungeremmo e forse sorpasseremmo la media europea e saremmo ormai ad una disoccupazione a due cifre.
D. – Ormai, i giovani senza lavoro arrivano quasi al 36 per cento: vuol dire che le riforme degli anni precedenti hanno esaurito i loro effetti?
R. – Le riforme del mercato del lavoro non riescono a compensare completamente gli effetti negativi di una recessione così violenta come quella a cui noi stiamo assistendo.
D. – Ma non sarà anche che c’è uno scarso incrocio domanda-offerta? Perché, poi, le Camere di commercio ci dicono che c’è tutta una serie di figure professionali che rimane senza lavoratori …
R. – Dovremmo cercare di rafforzare l’offerta formativa nel campo tecnico e professionale nel mondo delle piccole imprese e dell’artigianato, che sarebbe in grado – se opportunamente sostenuto anche con aiuti finanziari – di far sì che queste figure lavorative, che ora vengono coperte essenzialmente da lavoratori immigrati, una volta riempite e arricchite di contenuto professionale, queste richieste di lavoro possano essere rivolte anche ai giovani italiani.
Mercati finanziari: si specula sul cibo, alle stelle il prezzo di grano, soia e mais
◊ Continua senza sosta la speculazione sul cibo da parte dei mercati finanziari. Dopo grano e mais, sotto attacco è la soia, il cui valore, dall’inizio dell’anno, è aumentato addirittura più di quello dell’oro. Ma cosa si nasconde dietro questa impennata dei prezzi decisa dalle borse internazionali? Federico Piana lo ha chiesto ad Andrea Fugaro, responsabile del Centro Studi della Coldiretti:
R. – Nei primi cinque mesi dell’anno, la soia è aumentata del 25 per cento, così come anche il mais. Insomma, una materia prima su cui si specula, perché non si tratta certamente di economia reale, ma il prezzo è dovuto soprattutto alle speculazioni finanziarie: questo è il dato più preoccupante.
D. – Speculazione fatta da chi?
R. – Sono soprattutto i mercati finanziari che scommettono sul prezzo di queste materie prime, attraverso prodotti finanziari come i derivati e i futures.
D. – Tutto questo vuol dire che è possibile che la soia possa creare una impennata dell’inflazione a livello mondiale?
R. – E’ certamente vero, e anche noi come Coldiretti stimiamo che sia possibile, e questo anche grazie alla forte domanda che arriva in questo momento dalla Cina, come anche dal Sud America dove la soia è stata colpita dalla siccità: una domanda che cresce e un prezzo che ne risente.
D. – Possiamo fare una classifica dei prodotti agricoli e alimentari che più subiscono la speculazione?
R. – La classifica è presto fatta: al primo posto c’è certamente il grano, al secondo la soia e al terzo il mais. Questi sono i tre prodotti principali.
D. – Voi, come Coldiretti, avete chiesto un intervento di mercato innovativo, come le assicurazioni sul reddito …
R. – Le assicurazioni sul reddito permettono sostanzialmente ai produttori di avere una garanzia su queste forti oscillazioni di prezzo, su questa forte volatilità di prezzo. Si tratta non di scommettere sul prodotto finanziario, ma di scommettere sul lavoro degli agricoltori.
Il cardinale Bagnasco: la vecchia Europa ha bisogno di riscoprire dai giovani la gioia della fede
◊ ''Non fatevi intimorire dagli slogan, non fatevi ingannare dalla dittatura della non-cultura, come se rinunciare ad una propria identità culturale fosse la condizione per una convivenza plurale, aperta e tollerante.” Così il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nell'omelia pronunciata ieri a Roma, a conclusione del secondo Incontro Europeo degli Universitari. Sull’importanza di questo evento ascoltiamo il porporato al microfono di Marina Tomarro:
R. - Mi sembra importante per due motivi: innanzi tutto perché incontri tra le diverse nazioni, in questo caso tra i Paesi dell’Europa, contribuiscono a quel cammino di comunione, di conoscenza reciproca, e quindi di collaborazione, anche in prospettiva, di cui si ha assolutamente bisogno; l’Europa o cammina dentro a queste reti di rapporti, di riconoscenza, di fiducia che si coltivano attraverso tante occasioni, oppure a che cosa si affida? Secondo motivo, perché questi simposi a livello dei giovani, e dei giovani intellettuali, che un domani avranno certamente delle responsabilità non piccole nei vari campi della scienza, della società, della politica, evidentemente, fanno ben sperare.
D. - Quanto è importante il contributo dei giovani, nella nuova evangelizzazione della Chiesa?
R. - È importantissimo, perché - come ricorda Benedetto XVI - la vecchia Europa, ha bisogno di riscoprire la gioia della fede. La fede deve essere vissuta come una fortuna, come una grazia che Dio ci fa, e che è veramente la sorgente del nostro vivere, del nostro esistere, è la nostra speranza. Quindi, la testimonianza deve essere una testimonianza di gioia, come l’esperienza di Madrid - la Giornata mondiale della gioventù, alla quale hanno preso parte due milioni e più di giovani - ha dimostrato. Ma anche in tanti altri Paesi come l’Africa, dove il Santo Padre si è recato recentemente e dove si vivono situazioni sociologiche, politiche, economiche estremamente pesanti, anche di illiberalità religiosa, tuttavia c’è la testimonianza di una fede gioiosa. Ecco, l’Europa ha bisogno di questo e i giovani, sicuramente per la loro età e anche per la loro libertà interiore, liberi da schemi, da ideologie da pre-comprensioni e da interessi individuali, possono avere più di altri.
D. - D’altro canto la Chiesa, in che modo, può incoraggiare i giovani a non abbattersi di fronte alle difficoltà attuali?
R. - Cristo è la nostra speranza, quindi è la ragione del nostro guardare al futuro con fiducia. Se i cristiani non hanno questo atteggiamento verso la vita, un atteggiamento positivo e propositivo, chi altri più di loro, meglio di loro e insieme a tanti altri? Quindi la Chiesa accompagna la vita degli uomini, è vicina, anzi vicinissima alla gente, tramite i parroci, i sacerdoti, i nostri vescovi, le diocesi. Questa vicinanza sostiene la gente nelle loro vicende quotidiane, liete, gioiose, e a volte di sofferenza e di dolore. Questa vicinanza, una vicinanza religiosa, pastorale è il modo precipuo, particolare, specifico, con cui la Chiesa sostiene e accompagna il modo presente.
Rns a Rimini. Martinez: lo Spirito Santo non è in recessione, la gente ha sete di Dio
◊ Si è conclusa ieri a Rimini la 35.ma Convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito, in occasione dei suoi 40 anni di vita in Italia. Il tema della convocazione, che ha visto alternarsi momenti di preghiera comunitaria, testimonianze e celebrazioni eucaristiche, è stato “Nello Spirito gridiamo: Gesù è il Signore”. Oltre 23 mila le persone che hanno partecipato. “La gente ha voglia di Dio” sono parole del presidente nazionale del Movimento, Salvatore Martinez, intervistato da Gina Maradei:
R. – Qui a Rimini, le tantissime persone che si sono rese presenti nel tempo della crisi, ci dicono non solo che non è in recessione lo Spirito Santo, ma che la gente ha voglia di Dio e dove c’è Dio là c’è il futuro. Il futuro germoglia nel presente, quando si ritrova la gioia di confessare la fede, quando si coglie che questa fede include ogni attività umana e diventa motore, dinamismo. Non dimentichiamo ciò che Benedetto XVI ebbe a ricordare, in occasione degli auguri alla Curia romana, il 21 dicembre scorso, cioè che si assiste in Europa - e direi anche in Italia – ad una sorta di tedio della fede. Siamo nel tempo di Pasqua, verso la Pentecoste, questa assemblea a Rimini è davvero un preludio, un anticipo di questa resurrezione di Dio nei cuori. Non basta dire che Gesù è risorto, che Gesù è il Signore, che Gesù è vivo, se tutto questo poi non avviene nella vita della gente, se non lo si sperimenta nel cuore.
D. – Quali le prospettive di rinnovamento, guardando soprattutto alle giovani generazioni?
R. – Vogliamo coinvolgere i giovani, intanto, in una rilettura creativa dei dieci comandamenti. Nelle principali piazze d’Italia, delle aree metropolitane, rileggeremo i comandamenti, perché vivere in una civiltà, in una società implica l’accettazione delle regole di vita. Gli uomini stanno smettendo l’arte di vivere e bisogna farlo con i giovani. Poi, ai giovani bisogna dare luoghi nei quali fare esperienza di Dio. I nostri gruppi, le nostre comunità sono 1900 in Italia e vogliono essere ancora più aperte ai bisogni del nostro tempo. I giovani chiedono ascolto, i giovani vogliono parlare con Dio e ascoltare Dio. Questo è l’elemento fondante, fondamentale, della nuova evangelizzazione. Benedetto XVI lo ha ricordato nell’ottobre scorso: non si può parlare agli uomini di Dio, se non si parla a Dio. Vogliamo recuperare il linguaggio spirituale così desiderato dai nostri giovani e siamo certi che se sapranno imparare la lingua di Dio, sapranno parlare poi anche le lingue degli uomini.
D. – Nel suo intervento conclusivo ha parlato anche di questo bisogno di continuare a desiderare carismi. C’è in questo senso, quindi, anche un’urgenza per quel che riguarda le vocazioni?
R. – Direi che questa è la grande novità del cristianesimo, cioè la Pentecoste indica in modo evidente che da soli non ce la facciamo. Ecco allora i carismi; sono questi interventi provvidenziali di Dio, che capacitano l’uomo, che rendono il debole forte, il povero ricco, il muto capace di parlare. Non dimentichiamo che il Concilio si apre e si chiude con questa prospettiva: è l’invocazione di una nuova pioggia di carismi, per rendere intanto più bella la Chiesa, più attraente, e soprattutto capace di imporsi a questo nostro mondo. Pertanto la spiritualità dei carismi, la ricerca dei carismi, è funzionale alla diffusione del Vangelo e anche alla tenuta, allo sviluppo della vita della Chiesa. Tutta l’attività del Rinnovamento nello Spirito è fondata su questa riscoperta e su questa ministerialità. La vita missionaria presuppone la riscoperta di una vocazione, la riscoperta di un carisma e in tutte le direzioni. Quindi, non c’è missione se non c’è carisma e non c’è espansione e diffusione del Vangelo se non attraverso lo Spirito Santo, che ci rende idonei con questi suoi doni.
I cardinali Sodano e Dziwisz ricordano Giovanni Paolo II a un anno dalla sua beatificazione
◊ “Un anno è passato dal 1° maggio scorso e noi abbiamo ancora scolpita nella nostra mente la scena grandiosa di piazza S. Pietro diventata in quel giorno come il cuore del mondo”, il cardinale Angelo Sodano ha ricordato così il primo anniversario della beatificazione di Papa Woityla, nell’omelia pronunciata nella messa in suffragio di Giovani Paolo II, nella chiesa romana di San Stanislao dei Polacchi. “Guardando ai ventisei anni di pontificato del beato Giovanni Paolo II – ha detto il porporato citato dall'agenzia Sir -, possiamo ben dire che egli ha realizzato la missione del Pastore qual era prevista dal profeta Isaia: essere un messaggero di gioia per il popolo cristiano, di pace, di salvezza”. Per il porporato, “il primo messaggio che ci ha lasciato è quello della santità, di una vita tutta consacrata a Cristo e alla diffusione del suo Regno nel mondo”. Il cardinale Sodano ha inoltre sottolineato come il Papa polacco abbia lasciato in eredità “il messaggio della solidarietà fra gli individui e le Nazioni”. Non solo – ha aggiunto - Wojtyla è stato “artefice di pace” in molti conflitti e “ha lasciato a noi l‘impegno di continuare su questa linea di costruttori di pace”. Il primo anniversario della beatificazione di Giovanni Paolo II è stato celebrato anche in Polonia, con una solenne celebrazione officiata a Cracovia dal cardinale Stanislaw Dziwisz, per quasi 40 anni suo segretario particolare. “Possiamo parlare per Giovanni Paolo II - ha affermato il porporato - di una mistica dell‘apostolato e del servizio, al centro della quale vi sono contemporaneamente le questioni dell‘uomo e di Dio”. Il cardinale Dziwisz ha sottolineato che “la santità di Giovanni Paolo II si esprimeva attraverso una profonda unione con il Signore e, parallelamente, attraverso il servizio e la responsabilità per le sorti della Chiesa e del mondo”. Il cardinale ha ricordato anche “quanto premeva a Giovanni Paolo II di non contrapporre fra loro la fede e la ragione” rilevando che “il Santo Padre ha lottato affinché la nostra civiltà sia la civiltà della vita, della santità e dell‘inviolabilità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale”. Riferendosi al particolare legame del Papa polacco con i giovani, il porporato ha infine rammentato che nei giovani Wojtyla “ha saputo scorgere la speranza della Chiesa”. (M.G.)
Nigeria: il nunzio apostolico esorta a non cedere alla logica del terrore
◊ “Questi attacchi non colpiscono solo la comunità cristiana ma la popolazione nel suo insieme. Ieri i giornali, gli ospedali, oggi le chiese e le scuole: ad essere presi di mira sono simboli di un Paese che vuole crescere, migliorarsi. Sono attacchi contro tutti i nigeriani”, è quanto afferma all'agenzia Misna, all’indomani dei sanguinosi attacchi a Kano e Maiduguri, il nunzio mons. Augustine Kasujja, per cui “quello della violenza è un cancro da estirpare, per il bene di tutti”. Il rappresentante vaticano ad Abuja riferisce che “l’opinione pubblica nigeriana è scioccata dalla violenza in cui hanno trovato la morte fedeli innocenti, studenti e giornalisti” e che “sembra non avere fine”. Anche dopo le bombe che hanno colpito nel fine settimana scorso un edificio della Bayero University a Kano dove si stava celebrando messa, e Maiduguri dove un commando di terroristi ha aperto il fuoco sui fedeli raccolti in preghiera, la cronaca ha riportato notizie di nuovi attacchi. Nella città di Jalingo, nell’est del Paese, al confine con il Camerun, un’esplosione nei pressi di una stazione di polizia ha causato altre sette vittime. “La paura che i terroristi colpiscano altri luoghi-simbolo, o posti affollati come stazioni ferroviarie, piazze e aeroporti, si sta diffondendo. Ma è proprio quello che dobbiamo evitare. I terroristi vogliono far piombare il Paese nell’incertezza e nel caos – osserva ancora mons Kasujja – poiché così sono certi di colpire il cuore dello Stato”. Più volte in passato, il nunzio aveva denunciato i punti di contatto che collegano Boko Haram e diversi ambienti della politica nigeriana. La Nigeria “non deve cedere alla logica del terrore che mira a soffocare ogni forma di dialogo, unico vero strumento risolutorio”, esorta infine il prelato, aggiungendo che la maggioranza dei musulmani e cristiani del Paese “invoca il dialogo per superare una crisi che nasconde, dietro slogan culturali e religiosi, problemi sociali ed economici insoluti”. (M.G.)
Brasile: i funerali del sacerdote italiano trovato morto a Ruy Barbosa
◊ Sarà sepolto in Brasile, secondo il suo desiderio, don Luigi Plebani, il missionario Fidei Donum italiano trovato morto domenica scorsa. Secondo quanto riferisce l'agenzia Fides, il corpo del religioso sarà tumulato a Palmares, comune dello stato di Pernambuco, che fu la sua prima destinazione missionaria in Brasile, trenta anni fa, quando arrivò nella parrocchia di Lagoa dois Gatos. Intanto, ancora non risulta esserci un rapporto ufficiale dalla polizia locale e le notizie sono sempre frammentarie. Secondo alcune informazioni diffuse dai media, il missionario sarebbe stato impiccato, inoltre aveva un pezzo di nastro adesivo sulla bocca. Il dettaglio è considerato come un possibile indizio di omicidio, anche se la polizia non escluderebbe l'ipotesi del suicidio. Il vescovo di Ruy Barbosa, mons. Andrè de Witte, parlando con i giornalisti, ha detto che la causa della morte di don Luigi non è ancora chiara. “Padre Luis”, come era conosciuto in Brasile, aveva partecipato al mattino alla festa per una ordinazione, durante la quale si era mostrato allegro. Tuttavia, ha ricordato il vescovo, il missionario italiano aveva ricevuto in passato delle minacce di morte da parte dei carcerati che visitava regolarmente nel penitenziario locale, apparentemente da parte di bande legate al traffico di droga. “Stiamo aspettando i risultati dell'autopsia per sapere la verità su questo crimine” ha concluso il vescovo. Il sacerdote era nato a Rudiano, in provincia di Brescia (nord Italia), nel 1947, dove era stato ordinato sacerdote nel 1973. Prima di partire per il Brasile, nel 1980, aveva prestato servizio pastorale nel bresciano. Oltre che a Ruy Barbosa, il sacerdote in precedenza aveva lavorato a Itaipé, nello stato brasiliano di Minas Gerais. (M.G.)
Myanmar: soddisfazione dei vescovi per Aung San Suu Kyi in Parlamento
◊ I vescovi del Myanmar esprimono soddisfazione e speranza per “il nuovo passo avanti” compiuto dal Paese: con il giuramento ufficiale di oggi, la storica leader democratica Aung San Suu Kyi è entrata ufficialmente a far parte del Parlamento birmano con gli altri membri del suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia. Dopo l’appello all’unità, lanciato dal Segretario Generale Onu, Ban Ki Moon, Aung San Suu Kyi ha deciso di non boicottare l’evento, come annunciato nei giorni precedenti. Mons. Raymond Saw Po Ray, presidente della Commissione “Giustizia e pace” della Conferenza episcopale, interpellato dall’agenzia Fides, commenta: “Siamo felici di questo passo: crediamo sia un miglioramento, per il cambiamento e il rinnovamento del paese”. “E’ un ulteriore buon segnale per il futuro” dopo molti altri che già vi sono stati, nota il vescovo. Ma “prima di parlare di nuova era”, rimarca, bisogna ancora essere prudenti e dire che “siamo all’inizio di una nuova fase, dato che vi sono ancora molte sfide da affrontare”. Una di queste, ribadisce, è la pacificazione con le minoranze etniche: “Attualmente, si è raggiunto il cessate il fuoco in diversi focolai di conflitto con le minoranze etniche, ma nel nord del Paese, nell’area kachin, la situazione è ancora molto difficile e problematica, per diversi fattori, legati alla presenza dell’esercito e anche all’influenza di potenze straniere”. La Chiesa cattolica, piccola minoranza, conclude il vescovo, “sta lavorando nella società, con la popolazione, a fianco di funzionari civili e di altre comunità religiose, per dare un contributo al rinnovamento del Paese”. (R.P.)
Pakistan: allarme dei vescovi sui tagli ai fondi per i diritti umani
◊ “Fondi per i diritti” (Budgeting for Rights) è il titolo del rapporto inviato all'agenzia Fides dalla “Human Rights Commission of Pakistan” (Hrcp) – rete di organizzazioni della società civile pakistana a cui aderisce la Commissione “Giustizia e Pace” della Conferenza episcopale cattolica - in cui viene lanciato l’allarme per il netto calo degli investimenti per i diritti umani a livello federale e provinciale. Nell’anno 2010-2011 – nota il testo – il governo federale e quelli provinciali hanno stanziato il 21,5% per la protezione dei diritti umani, mentre nell’anno 2011-2012 i fondi previsti sono inferiori del 20,9%. In totale si tratta di una spesa che ammonta al 4,6% del Prodotto interno lordo. La Hrcp, nella sua analisi, pone fra i programmi che rientrano nella sfera dei diritti umani quelli in settori come Stato di diritto, sicurezza personale, istruzione, sanità, diritto alla casa, rispetto per l’ambiente, interventi per i rifugiati, per i disastri naturali, per il diritto al lavoro. La rete di 12 associazioni, fra cui la Commissione “Giustizia e Pace” dei vescovi, concorda sullo scarso impegno delle istituzioni nella difesa dei diritti umani in Pakistan, sollecitando interventi urgenti del governo per assicurare ai cittadini “diritti sanciti nella Costituzione del Pakistan”. Le Ong chiedono “la rapida creazione di istituzioni autonome e indipendenti”, come una “Commissione nazionale per i Diritti umani” che sia una autorità nazionale di riferimento in materia. Il testo denuncia, in particolare, “gravi violazioni dei diritti umani da parte delle forze dell'ordine e di gruppi militanti a Karachi, nelle aree tribali (Fata) e in Baluchistan”, chiedendo “misure legislative e amministrative per la sicurezza e la protezione dei difensori dei diritti umani (giornalisti, avvocati e attivisti)” e per la punizione per i colpevoli. Il gruppo di Ong, inoltre, domanda al governo federale ed ai governi provinciali di emanare provvedimenti attuativi delle leggi, approvate mesi scorsi, in favore dei diritti delle donne, ribadendo il sostegno alla legge per fermare la violenza domestica contro le donne, attualmente in discussione in Parlamento. (M.G.)
1° maggio in Pakistan: cristiani e musulmani, uniti, a difesa del lavoro
◊ Una manifestazione congiunta di cristiani e musulmani pakistani, a difesa del lavoro, di un salario equo, per la tutela dei diritti sindacali, per garanzie occupazionali anche per le donne e la fine del lavoro forzato e minorile. Ieri a Faisalabad, nel Punjab, e in moltissime altre città del Paese si sono svolte assemblee di piazza e marce per celebrare il 1° Maggio, festa internazionale del lavoro. Un'occasione per riunire le diverse confessioni religiose e le anime della nazione, nella rivendicazione di un valore supremo: l'occupazione. Le organizzazioni sindacali, di categoria e le associazioni degli esercenti, attivisti politici e sociali hanno promosso dozzine di eventi, fra cui un forum promosso dalla Association of Women for Awarness and Motivation (Awam) incentrato sul tema: "Risolvere i problemi della classe operaia". A Faisalabad una lunga marcia ha preso il via dal Circolo della stampa e si è concluso alla Torre dell'orologio; indetto dalla Fondazione per la pace e lo sviluppo umano (Phd Foundation), all'evento hanno partecipato i lavoratori di varie sigle sindacali, studenti, attivisti socio-politici. Interpellato dall'agenzia AsiaNews, Suneel Malik, attivista e direttore di Phd Foundation, sottolinea che "il governo sembra disarmato di fronte all'annosa crisi di povertà, inflazione, disoccupazione ed estremismo" che da anni colpisce il Pakistan; il degrado è un segnale evidente, continua l'uomo, che "i diritti dei lavoratori sono all'ultimo posto nella scala delle priorità" dell'esecutivo. Shazia George, alle spalle una lunga lotta per i diritti delle donne, denuncia la condizione delle donne lavoratrici, che devono subire "discriminazioni in termini di salari più bassi, più ore lavorative e maltrattamenti sul posto di lavoro". La manifestazione ha raccolto l'adesione di moltissimi musulmani che, assieme ai cristiani, hanno dato vita a un lungo corteo per le vie e le strade della città. Solo l'unione delle forze e degli intenti, hanno ribadito i leader della manifestazione, può permettere una reale difesa degli interessi e dei diritti dei lavoratori, in particolare quelli delle fasce più deboli e disagiate. Ashiq Chaudhry, ferroviere di religione musulmana, anch'egli presente alla manifestazione, ha rilanciato l'obiettivo di "unità" e di "lotta organizzata" per meglio garantire i diritti dei lavoratori piuttosto che lasciare il campo a "iniziative isolate". Egli auspica inoltre la fine delle "privatizzazioni di società ed enti statali". Gli fa eco Mussadaq Hussain, insegnante di fede islamica, che invita a guardare ai "movimenti internazionali" sorti a difesa dei lavoratori e alle battaglie promosse a tutela delle classi disagiate. Infine Nazia Sardar, attivista per i diritti delle donne, secondo cui la condizione femminile "resta invisibile e negletta". Il lavoro femminile è perlopiù nascosto, non regolamentato, sottovalutato - aggiunge - perché "questa forza non è considerata alla stregua di 'lavoratori' e non è inserita nelle statistiche". (R.P.)
Cina. 1° maggio: devozione mariana ed evangelizzazione per le celebrazioni della Chiesa
◊ La comunità cattolica continentale cinese ha celebrato il primo maggio nel segno della devozione mariana per l’inizio del mese di Maria. La giornata – riferisce la Fides – è stata contraddistinta da numerose iniziative, dalla celebrazione delle Cresime alle ordinazioni diaconali, passando per l’impegno per l’evangelizzazione e la festa di S. Giuseppe, Patrono dei lavoratori, tutto ciò in attesa della Giornata Mondiale di Preghiera per la Chiesa in Cina del 24 maggio. In particolare l’agenzia cattolica segnala la parrocchia della cattedrale della diocesi di Wen Zhou della provincia di Zhe Jiang, che ha aperto solennemente il mese mariano con la celebrazione della Messa e una processione mariana. “In comunione con la Chiesa universale – raccontano gli organizzatori -, abbiamo invitato i fedeli ad avere una particolare devozione per Maria, imitandola nella vita di fede. Durante tutto il mese - aggiungono -, in ogni parrocchia si recita tutte le sere il rosario, con una meditazione mariana guidata dai sacerdoti, davanti alla statua della Madonna che si trova in ogni cappella. Con il pellegrinaggio, l’impegno per l’evangelizzazione e le opere caritative, camminiamo sulle orme della nostra Madre Celeste”. Degna di nota anche la celebrazione dei 100 anni di fondazione della parrocchia del villaggio di Xiao Han Cun, che ha visto la partecipazione di oltre 4 mila fedeli. L’anniversario è stato scandito da un Congresso Eucaristico, dalla processione mariana e dall’apertura del mese mariano, perché “i sacerdoti, i religiosi/e e i laici riflettano la fede in Gesù Cristo presente nell’Eucaristia, per poterlo testimoniare con coraggio”. La solenne processione mariana intorno a tutto il villaggio, guidata da una cinquantina di sacerdoti, è durata oltre due ore. Sempre il primo maggio, 282 fedeli della parrocchia di Yang Cheng della diocesi di Su Zhou, nella provincia di Jiang Su, hanno ricevuto la Cresima, con la partecipazione di migliaia di fedeli. “Abbiamo aperto il mese mariano nel modo migliore – affermano fonti locali -. Questa nuova linfa della Chiesa ci ha unito ulteriormente per portare avanti l’evangelizzazione nel modo più fruttuoso”. E ancora la diocesi di Tang Shan, della provincia dell’He Bei, ha aperto il mese di maggio con l’ordinazione di tre diaconi diocesani. Infine la clinica oculista cattolica della diocesi di Han Dan, gestita dalle suore dello Spirito Santo Consolatore, ha celebrato ieri 20 anni di fondazione, confermando l’impegno assistenziale con la stessa dedizione di S. Giuseppe. (M.G.)
Cile: la Chiesa chiede il riconoscimento costituzionale del popolo Mapuche
◊ Il riconoscimento costituzionale del popolo Mapuche per fermare le violenze. È quanto chiesto al governo cileno dal vescovo di Temuco, mons. Manuel Camilo Vial Risopatrón. Il presule ha lanciato il suo appello dai microfoni di radio BioBio del Cile, dove ha sottolineato il dovere di riconoscere i Mapuche come popolazione alla pari, come un gruppo con gli stessi diritti e doveri, che convive con tutti i cileni, nella stessa società. Il vescovo di Temuco è il responsabile della Pastorale Mapuche e ha manifestato la sua indignazione di fronte ai diversi incidenti che hanno visto i carabinieri aggredire un gruppo di Mapuche durante un'azione di controllo nella zona. I Mapuche hanno anche presentato querele e denunce ai tribunali della Giustizia. La stampa locale, secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, ha pubblicato al riguardo notizie di diversi abusi da parte delle forze speciali dei carabinieri nel comune di Ercilla, in modo specifico contro la comunità Mapuche di Temucuicui, dove sono state malmenate e aggredite perfino le autorità della comunità Mapuche, solo perché facenti parte della popolazione indigena. “La violenza esistente nel conflitto fra le comunità e lo Stato cileno è un brutto segno della nostra società” ha detto infine il vescovo, sottolineando che la questione Mapuche deve essere affrontata in modo urgente e con decisione. (M.G.)
Messico: violenze e sfruttamento minorile, all’interno e fuori dalle famiglie
◊ L’80% dei bambini dello Stato di Jalisco subisce ogni tipo di violenza familiare, dalle urla ai maltrattamenti verbali, agli insulti, a crudeli violenze fisiche, sproporzionate per i piccoli. L’11% dei minori che lavorano per le strade vengono gravemente sfruttati. Tutti questi abusi causano seri danni psicologici ed emotivi. Gli esperti hanno riscontrato diversi casi di depressione e stress in piccoli di addirittura 6 mesi di età. I sintomi più evidenti e costanti sono disturbi d’ansia, depressione, scarso rendimento scolastico, isolamento, problemi di sonno. Molti inoltre pensano o addirittura tentano il suicidio, ma la caratteristica più comune è che diventano a loro volta bambini assai violenti. Questi minori costretti a lavorare per le strade non hanno sogni, non desiderano giocattoli, devono solo lavorare per dare il denaro ai rispettivi genitori per poter avere da mangiare. Il 59,4% dei bambini lavoratori sono sfruttati dalle loro stesse famiglie, mentre circa il 20% è “assunto” alle dipendenze di estranei. Inoltre il 7% di queste piccole vittime viene utilizzato per il mercato sessuale e la prostituzione, situazione particolarmente grave nelle località turistiche. In occasione della Giornata del Bambino, appena celebrata, gli esperti non hanno chiesto regali per i piccoli ma attenzione, affetto e impegno reale, visto che si tratta della generazione futura di adulti. Occorre creare spazi adeguati per i minori che lavorano per le strade e dare loro la possibilità di poter continuare a studiare, servono scuole adatte ad accoglierli, con maestri in grado di assistere questi “casi speciali”, unitamente a genitori amorevoli e rispettosi della crescita dei loro piccoli.
Papua Nuova Guinea: raddoppiato il tasso di mortalità materna a causa del parto
◊ Negli anni tra il 1990 e il 2008, in tutto il mondo, il tasso di mortalità materna a causa del parto è diminuito del 34%. Lo stesso purtroppo non è accaduto in Papua Nuova Guinea, dove è addirittura raddoppiato. Circa il 99% delle donne in stato di gravidanza che muore, abitava nei Paesi in via di sviluppo, e il rischio continua ad aumentare nelle aree rurali. In Papua Nuova Guinea, zona prevalentemente rurale, le disparità di genere e le precarie condizioni del servizio sanitario hanno contribuito al peggioramento di questo fenomeno. Secondo il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite - riferisce l'agenzia Fides - il tasso di mortalità materna del Paese è di 250 decessi per 100.000 nati vivi. Fanno riflettere maggiormente i dati registrati nel 2006, che riportano 733 morti per 100.000 nati vivi, dopo l’Afghanistan i più elevati nella regione asiatica del Pacifico. Gli esperti sostengono che la vita delle donne incinte potrebbe essere salvata con il controllo medico delle nascite e l’assistenza prenatale e postnatale. La World Bank calcola che il 17% degli abitanti della regione non possa servirsi di una strada di accesso per poter raggiungere i centri, inoltre in due quinti delle strutture sanitarie mancano elettricità e attrezzature mediche di base. Uno dei motivi per i quali in Papua Nuova Guinea si registrano tante morti è determinato dal fatto che il 67% delle donne partorisce in casa, spesso senza l’aiuto di ostetriche preparate. Le strutture sanitarie gestite dalla Chiesa, circa il 60% nel Paese, sono le più funzionali. La Chiesa del Nazareno gestisce un ospedale distrettuale a Mount Hagen, nella Western Highlands Province, e dei servizi sanitari nella zona rurale della provincia di Jiwaka. Ogni mese, un gruppo di operatori sanitari visita 16 strutture rurali offrendo esami prenatali, assistenza per i bambini, educazione sanitaria e pianificazione familiare. Le gravidanze più complesse vengono portate in ospedale. (R.P.)
Francia: Abc sul Concilio Vaticano II pubblicato da La Croix
◊ Il Vaticano II è come il calcio e la politica, tutti ne parlano ma pochi lo conoscono davvero» chiosa un anonimo lettore della «Croix» esprimendo in un forum in rete tutto il suo apprezzamento per L’Abc de Vatican II pubblicato dal quotidiano cattolico francese. Una breve tavola cronologica, seguita da un’introduzione di Frédéric Mounier – riporta l’Osservatore Romano - aiutano a collocare documenti e temi nel loro contesto storico; «La Croix» ha scelto di non dare niente per scontato rispondendo alle domande più semplici dei lettori — cos’è un concilio, a che serve, quali sono stati i protagonisti del Vaticano II — proponendo una griglia di lettura dei testi conciliari, dalla Lumen gentium alla Dei Verbum. L’intervista al gesuita John W. O’Malley, che conclude l’opuscolo, rimanda all’esortazione che ricorre più spesso, condivisa e ripetuta dalla maggior parte degli intervistati, da Philippe Chenaux, direttore del Centro di ricerche e di studi sul concilio alla Pontificia Università Lateranense a suor Alexandra Diriart, che insegna teologia all’Istituto Giovanni Paolo II e all’Angelicum, senza dimenticare frère Patrick Prétot, Olivier Artus e Philippe Bordeyne, dell’Institut catholique de Paris e Antoine de Romanet (Collège des Bernadins di Parigi): c’è ancora tanto lavoro da fare, e solo studiando con attenzione e onestà intellettuale i testi è possibile progredire su questa strada senza avallare malintesi, inesattezze o errori di prospettiva. (L.Z.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 123