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Sommario del 29/07/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'Angelus: riscoprire i piccoli gesti di amore. Appello per la fine delle violenze in Siria e Iraq. Vicinanza agli operai dell'Ilva
  • Mons. Fisichella: i cristiani escano della proprie comunità per portare il Vangelo ad ogni uomo
  • Oggi in Primo Piano

  • Assedio ad Aleppo. L'opposizione: l'Onu fermi il massacro. 20 mila morti nella guerra in Siria
  • Sahel. Caritas Internationalis: 18 milioni di persone a rischio fame
  • Messico. Proteste contro la Chiesa che accoglie gli immigrati. Il vescovo di Cuautitlán: difficile comprendere la carità
  • "Vescovo su due ruote" guida "motopellegrinaggio" di solidarietà per il Borneo al Santuario di San Gabriele
  • Iniziativa a Roma per far conoscere i lavori prodotti dai carcerati, un'economia che riscatta
  • Canale d'Agordo ricorda il centenario della nascita di Papa Albino Luciani
  • Riaperto il sito archeologico di Santa Rosa in Vaticano
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Crisi: settimana decisiva per l'euro, verso la riunione del consiglio della Bce
  • Mali: gli Stati della regione chiederanno l'invio di una forza Onu
  • Filippine, catturato uno dei leader del gruppo terrorista Abu Sayyaf
  • Giappone, catena umana contro il nucleare davanti al Parlamento
  • Colorado: sulla sanità sentenza favorevole ad un datore di lavoro cattolico
  • Washington: Conferenza internazionale all'Università cattolica sulla libertà religiosa
  • I vescovi sudcoreani: trovare nuovi modi di evangelizzazione
  • L'impegno dei francescani del Pakistan per il dialogo nel Punjab
  • Australia: difficoltà per i fondi delle scuole cattoliche
  • Gmg Rio 2013: in uscita il sussidio dei vescovi in preparazione alla Giornata
  • Budapest: giovani da oltre 150 Paesi per il "Genfest 2012" del Movimento dei Focolari
  • Slovacchia: a Bratislava il terzo Festival organistico internazionale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'Angelus: riscoprire i piccoli gesti di amore. Appello per la fine delle violenze in Siria e Iraq. Vicinanza agli operai dell'Ilva

    ◊   Angelus ricco di spunti questa domenica. Benedetto XVI durante la preghiera mariana a Castel Gandolfo ha lanciato un accorato appello per la fine delle violenze in Siria e Iraq, ha assicurato la sua vicinanza agli operai dell’Ilva, ha pregato perché la giustizia nel mondo sia attuata con l’amore e non con la violenza e ringraziato gli organizzatori della Gmg di Rio de Janeiro ad un anno dall’evento. Nella sua catechesi ha invitato a riscoprire i piccoli gesti di amore. Il servizio di Sergio Centofanti.

    In Siria infuria la guerra. Benedetto XVI continua a seguire “con apprensione i tragici e crescenti episodi di violenza” nel Paese “con la triste sequenza di morti e feriti, anche tra i civili, e un ingente numero di sfollati interni e di rifugiati” negli Stati limitrofi. Per questi chiede “che sia garantita la necessaria assistenza umanitaria e l’aiuto solidale”. Ribadisce dunque la sua “vicinanza alla popolazione sofferente ed il ricordo nella preghiera”:

    “Rinnovo un pressante appello, perché si ponga fine ad ogni violenza e spargimento di sangue. Chiedo a Dio la sapienza del cuore, in particolare per quanti hanno maggiori responsabilità, perché non venga risparmiato alcuno sforzo nella ricerca della pace, anche da parte della comunità internazionale, attraverso il dialogo e la riconciliazione, in vista di un’adeguata soluzione politica del conflitto”.

    Rivolge poi il suo pensiero “anche alla cara Nazione irachena, colpita in questi ultimi giorni da numerosi e gravi attentati che hanno provocato molti morti e feriti”:

    “Possa questo grande Paese trovare la via della stabilità, della riconciliazione e della pace”.

    Il Papa guarda “con preoccupazione” anche alla vicenda dell’ILVA di Taranto, manifestando la sua vicinanza agli operai e alle loro famiglie, “che vivono con apprensione questi difficili momenti”:

    “Mentre assicuro la mia preghiera e il sostegno della Chiesa, esorto tutti al senso di responsabilità e incoraggio le Istituzioni nazionali e locali a compiere ogni sforzo per giungere ad una equa soluzione della questione, che tuteli sia il diritto alla salute, sia il diritto al lavoro, soprattutto in questi tempi di crisi economica”.

    C’è poi il ringraziamento e l’incoraggiamento agli organizzatori della prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Rio de Janeiro, in Brasile, proprio tra un anno: un "importante incontro ecclesiale" a cui il Papa guarda con speranza:

    “Si tratta di una preziosa occasione per tanti giovani di sperimentare la gioia e la bellezza di appartenere alla Chiesa e di vivere la fede”.

    Nella sua catechesi, il Papa, commentando il Vangelo della liturgia domenicale, ha spiegato che il miracolo della moltiplicazione dei pani “era annuncio dell’Eucaristia”. “L’Eucaristia – ha proseguito - è il permanente grande incontro dell’uomo con Dio, in cui il Signore si fa nostro cibo, dà Se stesso per trasformarci in Lui”. Quindi rileva il particolare del ragazzo, che, “di fronte alla difficoltà di sfamare tanta gente, mette in comune quel poco che ha: cinque pani e due pesci”:

    “Il miracolo non si produce a partire da niente, ma da una prima modesta condivisione di ciò che un semplice ragazzo aveva con sé. Gesù non ci chiede quello che non abbiamo, ma ci fa vedere che se ciascuno offre quel poco che ha, può compiersi sempre di nuovo il miracolo: Dio è capace di moltiplicare ogni nostro piccolo gesto di amore e renderci partecipi del suo dono”.

    La folla è colpita dal prodigio e vuole proclamare re Gesù, ma il Signore si ritira sul monte, da solo:

    “Gesù non è un re terreno che esercita il dominio, ma un re che serve, che si china sull’uomo per saziare non solo la fame materiale, ma soprattutto la fame più profonda, la fame di orientamento, di senso, di verità, la fame di Dio”.

    Il Papa prega perché tutti possano riscoprire l’importanza di nutrirsi "non solo di pane, ma di verità, di amore, di Cristo, del corpo di Cristo, partecipando fedelmente e con grande consapevolezza all’Eucaristia, per essere sempre più intimamente uniti a Lui”. Quindi conclude:

    “Allo stesso tempo, vogliamo pregare perché non manchi mai a nessuno il pane necessario per una vita dignitosa, e siano abbattute le disuguaglianze non con le armi della violenza, ma con la condivisione e l’amore”.

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    Mons. Fisichella: i cristiani escano della proprie comunità per portare il Vangelo ad ogni uomo

    ◊   Si è aperto ieri a Kostrzyn, in Polonia, il primo Congresso nazionale sulla nuova evangelizzazione. Al Congresso, assieme ad oltre 1500 persone, partecipa anche l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Padre Stanisław Tasiemski lo ha intervistato:

    R. – La nuova evangelizzazione ha come suo compito specifico quello di ravvivare in coloro che già sono cristiani e battezzati la consapevolezza di essere degli evangelizzatori. E solo a partire da qui è possibile raggiungere anche le persone che si dicono cristiane ma sono diventate indifferenti, o le persone che non partecipano più alla vita della comunità cristiana, o alle persone che non hanno ancora conosciuto Gesù Cristo. Forse, in questo momento di profonda crisi nella cultura e nella società, i cristiani potrebbero facilmente trovare maggiore sicurezza all’interno delle loro chiese, delle loro comunità, Ma questo significherebbe vanificare l’evento della Pentecoste. La Pentecoste obbliga i cristiani ad essere presenti nel mondo, e quindi ad essere presenti là dove vive l’uomo, per poter portare ad ogni uomo il Vangelo. Quindi non è pensabile che la Chiesa possa vivere in maniera privata e privatistica la dimensione dell’annuncio: l’annuncio è universale, va portato a tutti e questo richiede una presenza significativa nella società. Senza la presenza dei cattolici, certamente la società sarebbe più povera e più triste, perché mancherebbe della ricchezza del Vangelo e della nostra speranza.

    D. – La Chiesa dovrà cambiare il linguaggio dell’annuncio?

    R. – Ma … già il beato Giovanni Paolo II diceva che la nuova evangelizzazione richiede anche un nuovo linguaggio, un nuovo metodo ed anche un rinnovato entusiasmo. Certo, noi dobbiamo essere capaci di parlare il linguaggio dei nostri contemporanei, ma non possiamo dimenticare che il contenuto del nostro annuncio è sempre lo stesso: ieri, oggi e sempre. E non cambia. Ciò che è cambiato è la società, ciò che è cambiato è il modo di concepire la vita. Allora, noi dobbiamo essere capaci di entrare nella cultura secolarizzata, far comprendere anche i limiti di una cultura secolarizzata. Vivere nel mondo come se Dio non esistesse, non solo non ha portato una ricchezza nella cultura, ma ha impoverito l’uomo perché l’uomo, oggi, è profondamente in crisi.

    D. – Quali sono i frutti che lei si aspetta dall’impegno della Chiesa per la nuova evangelizzazione?

    R. – Noi oggi abbiamo tante e diverse esperienze di nuova evangelizzazione. Ecco: io mi aspetto che uno dei primi frutti sia quello di capire l’esigenza dell’unità nell’opera di evangelizzazione, nel rispetto della complementarietà. Cioè, dobbiamo ritrovare una profonda unità nella coscienza, nella consapevolezza dell’urgenza della nuova evangelizzazione, ma dobbiamo essere capaci di riconoscere che le varie esperienze sono tutte molto importanti, ma sono come affluenti che devono andare tutti verso lo stesso fiume.

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    Oggi in Primo Piano



    Assedio ad Aleppo. L'opposizione: l'Onu fermi il massacro. 20 mila morti nella guerra in Siria

    ◊   Il Consiglio Nazionale Siriano (CNS), principale gruppo d’opposizione al presidente Bashar al-Assad, ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu per impedire possibili massacri di civili ad Aleppo, dove continuano i combattimenti. Per i ribelli – che hanno chiesto alle Nazioni Unite di decretare un divieto di sorvolo della città - le truppe lealiste sarebbero appoggiate da carri armati, elicotteri e aviazione. E l’escalation militare preoccupa anche l’inviato speciale di Onu e Lega Araba, Kofi Annan. Il servizio è di Davide Maggiore:

    La concentrazione di armi e mezzi pesanti intorno ad Aleppo, ha spiegato Annan in un comunicato, “è l’ulteriore prova della necessità che la comunità mondiale si unisca” per fare pressione sulle due parti. “Solo una transizione politica potrà risolvere la crisi e dare pace al popolo siriano”, ha concluso l’ex-segretario generale dell’Onu. Ma da Abu Dhabi il presidente del CNS, Abdel Bassed Sayda, ha chiesto ai Paesi “fratelli ed amici” un aiuto “di qualità”, e “armi” per fermare le truppe di Assad. Contemporaneamente, però, Sayda ha aperto le porte alla formazione di un governo di transizione per il dopo-Assad, di cui potrebbero far parte anche esponenti dell’attuale esecutivo non coinvolti nella repressione. Intanto, il ministro degli Esteri di Damasco, Walid Moallem, è in visita a Teheran, dove il suo omologo iraniano Ali Akbar Salehi ha definito “un’illusione” un passaggio di poteri in Siria. A Russia e Cina si è invece rivolto il presidente francese Hollande, perché appoggino sanzioni più forti contro Assad e un’azione del Consiglio di Sicurezza.

    E secondo l’opposizione siriana dall’inizio delle proteste e dei combattimenti, lo scorso anno, sono stati circa 20 mila i morti, di cui il 70 per cento civili. Una preoccupazione particolare riguarda i bambini come sottolinea, al microfono di Roberta Barbi il direttore di Unicef Italia, Giacomo Guerrera:

    R. - Della Siria se ne parla, ma dei bambini non se ne parla. Abbiamo già denunciato una situazione di oltre 500 bambini morti in questo primo anno di guerra civile. C’è un milione e mezzo di persone che hanno bisogno di aiuto all’interno della Siria. Ce ne sono altri 200mila che hanno bisogno di aiuto perché rifugiati. Siamo noi che interveniamo e questo lo facciamo in Iraq, in Libano, in Giordania, in Turchia, dove purtroppo si trova questa popolazione che è scappata dalla guerra. Laddove si sono verificate 200 morti in una sola azione, questi morti sono avvenuti fra le abitazioni e i bambini c’erano. Noi come Unicef abbiamo chiesto un aiuto a tutti per continuare nella nostra azione, non soltanto fornendo assistenza contro le epidemie, ma anche creando spazi a misura di bambino, dove si riesce a dare al bambino un’assistenza anche psicologica. In Siria adesso c’è bisogno di un intervento perché la situazione è grave.

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    Sahel. Caritas Internationalis: 18 milioni di persone a rischio fame

    ◊   Il Sahel ancora in primo piano nelle preoccupazioni della Caritas Internationalis. Nei mesi scorsi sono stati lanciati altri appelli da parte di organizzazioni non governative ma non tutti - in ambito Onu - erano d’accordo sulla gravità del problema. Qual è la situazione e quali sono i Paesi più bisognosi? Roberta Gisotti lo ha chiesto ad Alessandra Arcidiacono del Dipartimento emergenze dell’organismo ecclesiale:

    R. – Oggi possiamo dire di essere di fronte ad una crisi umanitaria conclamata: parliamo di circa 18 milioni di persone in difficoltà, rispetto ai 10 milioni dello scorso autunno, e tra questi un milione di bambini al di sotto dei 5 anni sono a rischio di grave malnutrizione. Siamo al picco della crisi, perché i più vulnerabili in questi tre mesi – luglio, agosto, settembre – dipendono in tutto e per tutto dagli aiuti alimentari esterni. Le provviste della stagione agricola precedente sono da tempo esaurite a causa dello scarso raccolto e i più bisognosi fanno ricorso a strategie di sopravvivenza - vendita di animali da cortile, di bestiame - portando quindi pregiudizio ai loro mezzi di sussistenza. Soltanto ad ottobre inizieranno i prossimi raccolti. In questa stagione, inoltre, le piogge limitano l’accesso ai villaggi, ai campi di rifugiati sorti in Niger, Burkina Faso, che accolgono migliaia di rifugiati dal Mali. Sono stati poi registrati anche casi di colera nella regione, soprattutto in Niger ed in Mali. Al momento, le necessità maggiori si registrano proprio in Mali, in Niger e nel Ciad.

    D. – Quanti soldi ha raccolto finora la Caritas e quali programmi ha potuto e sta portando avanti nella ragione?

    R. – Caritas Internationalis ha lanciato sei appelli di emergenza per il Mali, Burkina Faso, Niger, Senegal, Ciad e Mauritania, in aiuto a circa 700mila persone e per un totale di 11 milioni di euro. I programmi attuali cercano naturalmente di far fronte alle esigenze alimentari immediate delle popolazioni, al fine di superare il picco della crisi, ma includono componenti destinate ad incentivare la produzione agricola, a sviluppare la gestione delle risorse idriche delle comunità locali, ed anche a migliorare proprio i loro mezzi di sussistenza: creare granai collettivi e prevenire la malnutrizione. I sei programmi che abbiamo lanciato negli ultimi mesi sono coperti finanziariamente in media per circa i due terzi e c’è quindi bisogno non solo di coprire interamente questi appelli, ma di poter continuare a promuovere gli aspetti di sviluppo e di prevenzione delle crisi in futuro.

    D. – Sviluppo e prevenzione: ma che cosa impedisce a questa regione dell’Africa di migliorare la propria situazione, che possiamo forse definire di criticità cronica?

    R. – Il Sahel da lungo tempo è soggetto a siccità - possiamo ricordare le gravi crisi del 1984 e 2005 - e poi sappiamo che i cambiamenti climatici accelerano il processo di desertificazione. Inoltre la povertà di questi Paesi, la situazione economica, politica ed i conflitti che al momento affliggono Paesi come il Mali, con migliaia di sfollati al suo interno e rifugiati nei paesi limitrofi - Niger e Burkina Faso -, non ultima anche l’insidia per le infestazioni di cavallette. La soluzione sta senz’altro nella maggiore capacità di adattamento, con il ricorso a nuove colture che necessitano per esempio di minor quantità di acqua ed elaborazioni di piani di contingenza. Il ruolo di Caritas, al di là di apportare un aiuto di emergenza, è proprio quello di animare, appoggiare, organizzare le comunità locali, affinché sappiano far fronte ad una crisi.

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    Messico. Proteste contro la Chiesa che accoglie gli immigrati. Il vescovo di Cuautitlán: difficile comprendere la carità

    ◊   Migliaia di immigrati latinoamericani passano attraverso il Messico per raggiungere gli Stati Uniti, incontrando tantissime difficoltà e spesso anche la morte. La Chiesa messicana svolge un servizio immenso di accoglienza e assistenza, ma spesso è ostacolata da incomprensioni. Il servizio di Sergio Centofanti:

    La Chiesa cattolica dalla parte degli immigrati nonostante le opposizioni di tanti. E’ quanto sta accadendo nella diocesi di Cuautitlán, vicino Città del Messico, dove la Casa del Migrante ‘San Juan Diego’, gestita dalla Chiesa locale, ha dovuto chiudere la sua sede per trasferirsi temporaneamente in altra zona. Maria Fernanda Bernasconi ha intervistato il vescovo di Cuautitlán, mons. Guillermo Ortiz Mondragón:

    “In questa Casa del Migrante accogliamo dai 150 ai 200 migranti ogni giorno. La Pastorale sociale della diocesi, che si occupa dei migranti, ha chiesto a tutte le parrocchie di offrire ogni giorno il pranzo: i migranti possono riposare, mangiare, ma anche trovare dei servizi igienici, la toilette, le docce; ricevono anche visite di carattere sanitario. La Chiesa vuole seguire la volontà di Gesù, il Comandamento dell’amore, che deve essere attuato giorno dopo giorno anche con questi servizi: ‘Ero affamato e mi avete dato da mangiare; ero malato e mi avete assistito; ero forestiero e mi avete accolto’. Questo è il lavoro che viene svolto nella Casa del Migrante: un lavoro compiuto dalla Chiesa seguendo gli insegnamenti del Vangelo di Gesù Buon Pastore”.

    I migranti rischiano di cadere nelle mani degli spacciatori di droga e dei trafficanti di esseri umani e di organi. In molti vengono sequestrati e uccisi. Quando, dopo numerose vicissitudini giungono qui dai Paesi dell’America Latina, sono stremati:

    “Quando un migrante arriva alla Casa ‘San Juan Diego’ non arriva certamente in buone condizioni: arriva stanco, arriva ammalato e, a volte, anche con ferite dovute alle cadute durante il viaggio, perché dormendo sui vagoni del treno rischiano di cadere e di rimanere feriti”.

    Secondo le normative vigenti gli immigrati possono trattenersi nella Casa appena un giorno, poi devono lasciarla col rischio di diventare vittime dei trafficanti in attesa di poter prendere un treno diretto verso gli Stati Uniti. La sede del centro, tuttavia, è stata chiusa a causa di incidenti avvenuti nei suoi pressi, scatenando la protesta degli abitanti della zona e il successivo intervento delle autorità civili. A nulla sono valse le spiegazioni che l’opera della Casa del Migrante non aveva alcuna responsabilità riguardo a quanto accaduto:

    “C’è gente che non capisce questo lavoro della Chiesa e che non è d’accordo con l’aiuto che la Chiesa offre. Alcuni non lo capiscono e non vogliono che questo accada. Non tutti capiscono la vita della Chiesa. La carità non è facilmente comprensibile: la carità è un dono di Dio e se noi non ci apriremo a questo dono di Dio, non saremo mai in grado di comprendere l’aiuto ai poveri e agli immigrati”.

    Il centro si è ora trasferito in una sede provvisoria, e di fronte a quanti chiedono la chiusura definitiva della Casa del Migrante, mons. Ortiz Mondragón afferma:

    “Noi, come Chiesa di Cuautitlán, non abbiamo mai chiuso la Casa del Migrante e mai il vescovo chiuderà la Casa del Migrante!”.

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    "Vescovo su due ruote" guida "motopellegrinaggio" di solidarietà per il Borneo al Santuario di San Gabriele

    ◊   Un evento singolare quello che oggi vede centinaia di motociclisti, giunti da tutta Italia, radunarsi al Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, ai piedi del Gran Sasso, nel contesto delle celebrazioni per il 150.mo anniversario della morte del Santo. I centauri sono guidati dal vescovo passionista mons. Giulio Mencuccini, in sella ad una Yamaha Superteneré. Scopo dell'incontro è quello di raccogliere fondi per costruire un asilo polivalente in Indonesia. Il presule, missionario da oltre trent’anni in questo Paese e vescovo della diocesi di Sanggau, nel Borneo occidentale, usa la moto per raggiungere i fedeli attraversando campagne e foreste. Lo stesso mons. Mencuccini ci illustra questa singolare iniziativa al microfono di Amedeo Lomonaco:

    R. - Un’iniziativa che mi stava a cuore da tanto tempo: volevamo fare questa “Festa del motociclista” e quest’anno ci siamo riusciti, proprio per onorare il 150.mo della morte del confratello San Gabriele dell’Addolorata; insieme con gli altri amici motociclisti della mia zona - io sono della zona di Chieti - ci siamo dati da fare per organizzare una bella manifestazione non solo folkloristica, per la presenza della moto, ma anche spirituale. Una manifestazione in modo che possa dare un segno, perché oggi quando si pensa ai motociclisti si pensa sempre un po’ in modo negativo, mentre la mia esperienza - è da anni che organizzo i ‘motopercorsi’ di solidarietà, per aiutare i fedeli della mia diocesi, sin dal 1995 - mi fa dire che ogni anno i motociclisti crescono ed aiutano e anche spiritualmente fanno dei progressi.

    D. - Possiamo dire un “vescovo sulle due ruote”: un mezzo, quello della moto, che lei utilizza abitualmente in Indonesia …

    R. - Sì, ma non soltanto io; anche i miei preti utilizzano la moto. E non solo i preti, anche le suore, i maestri di religione. Nella mia diocesi ci sono - più o meno - 200 moto: è il mezzo più comune e più pratico per l’apostolato, perché su strade in terra battuta con la moto si riesce sempre ad andare avanti, anche se c’è l’alluvione, se ci sono altri tipi di ostacoli. La moto è facile, perché si può alzare e si va avanti; con la macchina è molto più difficile.

    D. - A parte l’utilità di un mezzo così agile, la moto avvicina anche una figura, come quella del vescovo oppure del sacerdote, alla popolazione …

    R. - Certo, lo rende simile a loro ed è per questo che in Italia restano tutti meravigliati. In Indonesia non è un problema, perché il vescovo è uno dei fedeli, mangia con loro, si siede con loro sul pavimento come è normale nei villaggi. Qui in Italia vedere un vescovo che gira con la tonaca, su una moto, non è certo facile. Mi ricordo che due anni fa una vecchietta, quando mi ha visto in moto vestito da vescovo, ha esclamato: “E’ finita la Chiesa!”. Poi mi sono fermato e le ho detto: “No, no la Chiesa va sempre avanti….”.

    D. - La Chiesa va sempre avanti e utilizza tutti i mezzi possibili, in vari campi, come in quello della comunicazione e anche - ovviamente - in quello dei trasporti …

    R. - Certo. E non solo vado con la moto, ma nella mia diocesi ho anche due stazioni radio. Certo, abbiamo anche la macchina, abbiamo anche i fuoribordo, perché i fiumi sono tanti … Ma il mezzo più comune e più popolare è la moto.

    D. – Ricordiamo lo scopo di questo raduno: raccogliere fondi per costruire un asilo polivalente nella diocesi indonesiana dalla quale proviene …

    R. - Io provengo dalla diocesi di Sanggau, nel Borneo Occidentale. E’ da anni che stiamo raccogliendo i fondi proprio attraverso questi raduni di moto. La gente in Europa offre aiuto sioprattutto per progetti umanitari e noi abbiamo realizzato con questi aiuti cinque asili con convitti per i ragazzi che vogliono frequentare le scuole superiori. E speriamo ora di realizzarne altri, in modo che ogni parrocchia possa essere completa di tutto: noi abbiamo le scuole cattoliche, dall’asilo fino al liceo, quasi in ogni parrocchia. La diocesi di Sanggau comprende 23 parrocchie: è una delle diocesi più grandi in Indonesia, con 335 mila cattolici.

    D. - Grazie eccellenza, buon cammino e buon viaggio…

    R. - Grazie a lei e speriamo che sia veramente una esplosione di gioia, sia per onorare San Gabriele, sia anche per aiutare queste persone, fratelli nostri meno fortunati di noi.

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    Iniziativa a Roma per far conoscere i lavori prodotti dai carcerati, un'economia che riscatta

    ◊   Il Papa chiede di rispettare la dignità dei carcerati, anche in vista del loro reinserimento nella società: una delle strade è la possibilità dei detenuti di lavorare, oggi purtroppo difficile. Per sensibilizzare l'opnione pubblica a questa problematica, l’associazione “Recuperiamoci!” ha promosso a Roma una manifestazione dove vengono presentati prodotti bio e artistici, provenienti dalle varie realtà penitenziarie italiane. Ma cosa producono i carcerati? Debora Donnini lo ha chiesto a Paolo Massenzi, presidente dell’associazione:

    R. - Gli articoli ad oggi da noi censiti sono oltre 600 e sono alimentari e non alimentari: dal miele delle colonie sarde ad oggetti di design dei detenuti di Pistoia.

    D. - Questi prodotti vengono creati all’interno del carcere oppure i detenuti hanno permessi per uscire e recarsi a lavoro?

    R. - Contempliamo entrambe le possibilità, perché il lavoro è importante in carcere quanto fuori dal carcere, per creare un corridoio di riabilitazione. Il miele, per esempio, è prodotto nelle colonie sarde, dove i detenuti hanno comunque facoltà di poter lavorare, ovviamente con i dovuti permessi, così come promuoviamo le borse fatte in carcere a Vigevano, con tessuti di scarto che arrivano dalle tessiture di Prato. Promuoviamo anche i lavori della cooperativa “In Cammino”, che lavora fuori dal carcere, a Pistoia.

    D. - Quanti carcerati coinvolgono queste iniziative di lavoro e sono poi importanti per reinserirsi nella società, una volta che queste persone sono uscite dal carcere?

    R. - Il lavoro è fondamentale, accanto all’aiuto in un percorso di natura abitativa. Il lavoro in Italia su circa 68 mila detenuti, oggi è purtroppo riservato solo a 2 mila detenuti. All’interno del carcere ci sono essenzialmente cooperative o lavorazioni dell’Amministrazione Penitenziaria, che svolgono varie attività: dal lavoro cosiddetto “conto terzi” a quello di realizzazione e produzione. Nel momento in cui si esce dal carcere, in un percorso protetto, se c’è un lavoro la recidiva si abbatte drasticamente: dai numeri forniti dal Ministero delle Giustizia e dell’Amministrazione Penitenziaria, emerge che c’è il 70% di recidiva in assenza di lavoro, il 10-12 % in presenza di lavoro.

    D. - Queste persone possono proseguire il lavoro che hanno fatto in carcere anche una volta che escono?

    R. - I detenuti in alcuni casi - e purtroppo non è una realtà generalizzata - continuano il loro lavoro o dentro la cooperativa, dove hanno iniziato quando si trovavano all’interno del carcere, o trovando un lavoro a seguito della preparazione che hanno ricevuto.

    D. - Tra l’altro, abbassando il tasso di recidiva questo comporta - oltre che un aiuto per queste persone - anche un risparmio per lo Stato …

    R. - Sì, promuovere il lavoro in carcere e dopo il carcere, abbattendo drasticamente la recidiva, fa risparmiare innanzitutto da un punto di vista di sicurezza sociale ...

    D. - Voi come associazione “Recuperiamoci!”, esattamente cosa fate, promuovete questi prodotti?

    R. - Siamo un’associazione di promozione della solidarietà in carcere, facilitiamo la produzione, la vendita e la conoscenza.

    D. - Come si possono acquistare questi prodotti?
    R. - Presenteremo nell’evento il progetto “F@rete Shop”. I prodotti si possono acquistare in varie modalità: sul sito del Ministero della Giustizia c’è una vetrina di prodotti del carcere con i vari punti vendita, inoltre “F@rete Shop” si propone di organizzare una rete di distribuzione solidale. Ci preme dire che la solidarietà ci può consentire di abbattere costi ma non solo, soprattutto costi umani e allo stesso tempo desideriamo che queste iniziative vengano supportate ed incoraggiate dalla città.

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    Canale d'Agordo ricorda il centenario della nascita di Papa Albino Luciani

    ◊   Cento anni fa, esattamente il 17 ottobre del 1912, nasceva a Canale d’Agordo , in provincia di Belluno, Albino Luciani che nel 1978 diventerà Papa con il nome di Giovanni Paolo I e di cui è in corso la causa di Beatificazione. La parrocchia di Canale d’Agordo, insieme alla Fondazione Luciani, presieduta dal sindaco della località, lo ricorda con una ricca serie di iniziative: celebrazioni eucaristiche, pellegrinaggi, tavole rotonde, mostre, concerti, presentazione di libri. Il 24 settembre, l’intera diocesi di Belluno-Feltre con il vescovo, mons. Giuseppe Andrich, si recherà a Roma. Ma come è stato pensato il programma e quali gli appuntamenti più di rilievo? Risponde al microfono di Adriana Masotti, don Mariano Baldovin, arciprete di Canale d’Agordo:

    R. – Quello che abbiamo cercato è di dare rilievo all’ambiente che ha formato la personalità di Albino Luciani. Anzitutto la famiglia, sempre molto presente anche nei suoi scritti. Sono stati fatti diversi incontri a livello della Forania di Agordo in cui tutte le parrocchie hanno riflettuto su alcuni testi tolti dalle lettere a illustrissimi di Papa Luciani. A Canale ci sono stati due incontri per i ragazzi delle elementari e delle medie nei quali hanno presentato elaborati su Luciani da ragazzo e da studente. Il 26 agosto, che è il giorno dell’ anniversario della elezione di Papa Luciani, sarà qui con noi a presiedere l’Eucarestia in piazza il cardinale Ennio Antonelli che fino a poco tempo fa era presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Abbiamo voluto così mettere al centro, anche come messaggio forte oggi più che mai urgente e necessario, da dove questa bella personalità di cristiano e di vescovo è nata, appunto da un contesto famigliare spiritualmente molto ricco. Il secondo ambiente che abbiamo cercato di valorizzare è stata la parrocchia alla quale Luciani era molto legato. Non abbiamo pensato di mettere eventi particolari, diciamo straordinari, ma di valorizzare quelle feste liturgiche tradizionali che hanno formato la fede dei nostri paesi. Per esempio i pellegrinaggi a piedi ai santuari mariani qui attorno, le feste patronali, la festa del Corpus Domini. Ci sono state celebrazioni molto ben partecipate, sono venuti da Roma anche arcivescovi e cardinali che le hanno presiedute. Insieme a questo ci sono appuntamenti dedicati alla presentazione di alcuni libri appena usciti su Luciani, altri appuntamenti su aspetti storici e sociali del suo tempo.

    D. – Lei ha già accennato alla partecipazione della gente a questi eventi e alla loro preparazione, ma qual è il rapporto tra la gente di Canale d’Agordo e Papa Luciani?

    R. – Qui a Canale lo ricordano tutti perché tutti lo hanno conosciuto. Papa Luciani amava ritornare a Canale. Quando veniva gli piaceva stare con la sua gente. Qui lo ricordano tutti come don Albino, anche quando era cardinale lo chiamavano così. E quando lui veniva qui parlava in dialetto con tutti. Lo ha fatto anche quando ha ricevuto i suoi compaesani, l’unica volta che li ha ricevuti da Papa in Vaticano, parlava in dialetto. Questo per dire che la gente è molto legata a questa sua semplicità che ricordano. I miei parrocchiani sono adesso anche più consapevoli, passando gli anni, dell’importanza di essere un po’ come i messaggeri nel far conoscere questa bella figura di quest’ uomo di Chiesa al mondo, alle tante persone che vengono qui e ci stiamo anche organizzando in questo senso.

    D. – Se dovesse sintetizzare al massimo l’eredità di Papa Luciani o il suo insegnamento che cosa potrebbe dire?

    R. – Di Albino Luciani direi in sintesi che era un pastore dolce e fermo. Papa Luciani è passato come il Papa del sorriso, che non era però un atteggiamento di un ingenuo, ma era un sorriso che veniva da una personalità forte, direi anche provata molto dalla vita. Era una persona che aveva ben chiaro cosa voleva. Papa Luciani è stato, da vescovo, un vescovo fermo sui principi, sui principi della fede, sui principi dell’etica, sulla dignità dell’uomo. Penso a quanto si è manifestato vicino ai poveri, agli operai… Fermo sui principi ma nel tratto molto amabile, molto dolce. Mi pare che sia una bella immagine: un pastore che può essere di esempio per noi sacerdoti, per i vescovi, per coloro che hanno la guida della comunità.

    D. – Oltre alla sua parrocchia e alla sua diocesi, a ricordare Papa Luciani è la Fondazione intitolata a suo nome. Qual è l’attività di questa organizzazione?

    R. - La Fondazione Papa Luciani attualmente è presieduta dal sindaco di Canale d’Agordo allo scopo di promuovere la conoscenza della vita e delle opere di Albino Luciani. Accoglie anche i pellegrini che vengono e sono sempre più numerosi in questi anni. La Fondazione Papa Luciani sta ultimando la costruzione del nuovo Museo dedicato non solo a Papa Luciani, ma anche alla storia della nostra valle, insieme al Centro studi sempre su Papa Luciani che ha il compito di approfondire i suoi scritti e di farli conoscere.

    D. – Si è conclusa la fase diocesana della causa di beatificazione di Papa Luciani, come sta andando ora la seconda fase?

    R. – La Congregazione per le Cause dei Santi ci comunica che la causa sta andando avanti bene. Per il centenario, proprio per il 17 ottobre, il postulatore ha garantito che presenterà la “positio” alla Congregazione, mentre il miracolo presunto, la guarigione di un signore da un tumore di Altamura di Puglia, è già allo studio delle competenti commissioni del Vaticano. Speriamo che nel giro di alcuni anni possiamo avere la gioia di annoverarlo tra i beati della nostra Chiesa.

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    Riaperto il sito archeologico di Santa Rosa in Vaticano

    ◊   È stato riaperto da poco al pubblico il sito archeologico di Santa Rosa, un importante nucleo di edifici sepolcrali che fa parte della più grande necropoli romana sepolta sotto il Colle vaticano. Angelica Ciccone ha intervistato il dott. Giandomenico Spínola, archeologo, responsabile del reparto di antichità classiche dei Musei Vaticani che ha diretto gli scavi a partire dal 2003:

    R. - Il sito archeologico di Santa Rosa è un settore di uno scavo ben più ampio e che riguarda un tratto della via triumphalis che passava in Vaticano ai cui lati ci sono alcune tombe; è una parte di una necropoli molto importante perché è conservata in una maniera eccezionale.

    D. - Qual è l’importanza storica e culturale del sito e quali sono state le scoperte più interessanti in questi anni?

    R. – I primi scavi risalgono addirittura agli anni ’30; poi, altri sono degli anni ’50 e le zone scavate da noi sono state scavate nel 2003-2004, e ancora l’anno scorso per ricollegare aree differenti. L’importanza è costituita soprattutto nel fatto che a Roma si conservano molto bene le tombe monumentali - come il mausoleo di Adriano, Cecilia Metella - e quindi mausolei sia imperiali ma anche di ricchi privati. Viceversa, la nostra necropoli sotto l’autoparco e sotto Santa Rosa e sotto la Fontana della Galera e sotto l’Annona, conservano tracce di sepolture per lo più popolari. Sono tombe di cavalieri. Le sepolture popolari spesso, nelle fonti, hanno lasciato pochi documenti, quindi noi abbiamo modo di conoscere le tradizioni sepolcrali e funerarie degli strati della popolazione romana medio-bassi: schiavi e liberti. Una frana, tra l’altro, ha conservato questi scavi in maniera eccezionale per cui abbiamo veramente trovati gli oggetti di culto e gli oggetti relativi agli usi funerari esattamente come furono lasciati duemila anni fa.

    D. – Gli scavi nella necropoli vaticana sono ancora in corso. Quanto crede ci sia ancora da portare alla luce?

    R. – Teoricamente, se noi scavassimo al di sotto di gran parte delle strutture dell’attuale Stato Città del Vaticano troveremmo qua e là tracce di questa necropoli che doveva estendersi praticamente su tutto il versante del colle verso Prati: si tratta quindi di una zona di sepoltura immensa. Solo l’anno scorso abbiamo fatto uno scavo, non dipeso da lavori edili, e quindi uno scavo secondo le tecnologie più moderne metodologie stratigrafiche che ci ha permesso di avere dati molto più sostanziosi sull’area archeologica. Però è altrettando evidente che se noi intervenissimo in lavori edili di altra natura sarebbe facile imbatterci nuovamente in questa grande necropoli.

    D. – Che tipo di percorso è stato predisposto per i visitatori che vengono a conoscere la necropoli di Santa Rosa?

    R. – Abbiamo realizzato un percorso su passerelle che permette a chi verrà, di entrare nella necropoli e visitarla dall’alto, ma entrando quasi nel percorso stesso della necropoli, per cui la visuale è eccezionalmente vicina e distribuisce anche bene i punti di vista della visita. Poi lungo il percorso abbiamo messo 11 touchscreen che danno la possibilità al visitatore di vedere sia le tombe ricostruite sia un 3D che permette di entrare nelle tombe stesse e di fare una visita virtuale.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Crisi: settimana decisiva per l'euro, verso la riunione del consiglio della Bce

    ◊   Si apre domani una settimana decisiva sul fronte della crisi dell’Euro: giovedì i consiglieri della Banca Centrale Europea discuteranno una serie di misure anti speculazione. Secondo la stampa, si parlerà di acquisto di titoli dei Paesi in difficoltà (contro cui si sono espressi i ministri tedeschi delle Finanze e dell’Economia, Schaeuble e Roesler), di un nuovo maxi prestito alle banche, e del ruolo del fondo salva-Stati. Prima di questo appuntamento, inoltre, il presidente della Bce, Draghi, incontrerà il segretario statunitense al Tesoro, Geithner, e il presidente della Bundesbank, Weidmann.

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    Mali: gli Stati della regione chiederanno l'invio di una forza Onu

    ◊   La Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale chiederà presto alle Nazioni Unite l’invio di una forza militare in Mali. Lo ha dichiarato in un’intervista il presidente ivoriano Alassane Ouattara, che guida attualmente l’organizzazione africana. L’intervento, ha specificato Ouattara, potrebbe avvenire “entro qualche settimana”. Il nord del Mali è attualmente sotto il controllo dei guerriglieri tuareg, ma la situazione politica è tesa anche nella capitale Bamako: il premier di transizione Modibo Diarra, che ha tempo fino al 31 luglio per formare un governo di unità nazionale, ha annunciato che non si dimetterà nonostante le critiche ricevute da diversi partiti politici, compreso quello del presidente ad interim Dioncounda Traoré.

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    Filippine, catturato uno dei leader del gruppo terrorista Abu Sayyaf

    ◊   Le autorità filippine hanno annunciato la cattura di uno dei fondatori del gruppo islamista Abu Sayyaf, legato ad Al-Qaeda, e considerato responsabile di numerosi attentati nella regione. Ustaz Ahmadsali Asmad Badron è stato arrestato ieri nel sud dell’arcipelago. Era tuttora uno dei capi del movimento, fondato negli anni ’90, che ha subito recentemente la perdita di molti leader in operazioni delle forze di sicurezza filippine appoggiate dagli Stati Uniti.

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    Giappone, catena umana contro il nucleare davanti al Parlamento

    ◊   In Giappone, continuano le proteste del movimento anti-nucleare contro la decisione del governo di riattivare due reattori atomici, presa a giugno. Migliaia di persone hanno formato una catena umana davanti al Parlamento per chiedere l’abbandono di questa forma di energia. Dieci giorni fa, gli attivisti avevano organizzato una manifestazione in un parco di Tokyo, che ha visto la partecipazione di decine di migliaia di persone: 75 mila secondo alcune fonti, 170 mila secondo altre. E’ stata la più grande manifestazione dopo il disastro di Fukushima, nel marzo 2011.

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    Colorado: sulla sanità sentenza favorevole ad un datore di lavoro cattolico

    ◊   Negli Stati Uniti, importante sentenza sulla riforma sanitaria: un giudice del Colorado ha accolto il ricorso di un’azienda locale, la Hercules, di proprietà di una famiglia cattolica, contro l’obbligo di fornire ai propri impiegati una copertura assicurativa anche di servizi abortivi e contraccettivi. La sentenza, che dispone una sospensione della norma, è valida solo per la Hercules, ma potrebbe rappresentare un precedente significativo: sono infatti 23 i ricorsi presentati da istituzioni cattoliche – tra cui l’Università di Notre Dame e l’arcidiocesi di New York – contro questo particolare capitolo della riforma sanitaria approvata nel 2010 dall’amministrazione Obama.

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    Washington: Conferenza internazionale all'Università cattolica sulla libertà religiosa

    ◊   Che cosa può fare la Chiesa per difendere la libertà religiosa a livello internazionale? Qual è il ruolo della politica estera degli Stati Uniti nel promuovere la libertà religiosa al di fuori dei suoi confini? Sono i principali interrogativi - riporta l'agenzia Sir - al centro dell’International Religious Freedom Conference, co-promossa il 12 settembre a Washington dalla Conferenza episcopale Usa, dall’Università Cattolica d‘America e dai Catholic Relief Services “per evidenziare le conseguenze umanitarie delle violazioni della libertà religiosa”, spiegano gli organizzatori. Sarà il cardinale Timothy Dolan, presidente dei vescovi statunitensi, a pronunciare il discorso di apertura all‘Università Cattolica della capitale, sede dell’incontro, che ha per tema “Libertà religiosa internazionale: imperativo per la pace e il bene comune”. I relatori - vescovi, funzionari pubblici, accademici, analisti politici - si confronteranno sulle modalità necessarie per “innalzare il profilo internazionale della libertà religiosa nel discorso pubblico, soprattutto a favore delle comunità cristiane più vulnerabili, e rafforzare la nostra capacità di affrontare questo tema cruciale”. Nel suo Messaggio per la Giornata mondiale per la pace 2011, Benedetto XVI ha osservato che l‘assenza di libertà religiosa “è una minaccia per la sicurezza e la pace, e un ostacolo al raggiungimento di un autentico e integrale sviluppo umano”. (R.P.)

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    I vescovi sudcoreani: trovare nuovi modi di evangelizzazione

    ◊   Un’occasione di “rinnovamento della Chiesa e della fede in Sud Corea”: è la riflessione che la Conferenza episcopale del Paese fa sull’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI per celebrare due importanti anniversari, ovvero il 50.mo dall’apertura del Concilio Vaticano II ed il 20.mo del Catechismo della Chiesa cattolica. Lo speciale Anno si aprirà l’11 ottobre prossimo per poi concludersi il 24 novembre 2013, nella Solennità del Cristo Re. “L’impatto del Concilio Vaticano II – scrivono i vescovi coreani – è stato diverso da Paese a Paese, ma nel nostro Paese esso ha aiutato la Chiesa a procedere verso una maggiore partecipazione in termini di dialogo religioso e di movimenti ecumenici”. E qui, i presuli citano alcuni dati: nel 1962, anno di apertura del Concilio, la Chiesa coreana contava mezzo milione di cattolici; alla fine del 2011, le cifre parlano di 5,32 milioni, pari al 10,3% della popolazione totale. “Molti fattori hanno contribuito a questa forte crescita della comunità cattolica – afferma la Conferenza episcopale – ed il Concilio è stato uno degli elementi principali che ha fatto fiorire la Chiesa coreana dal 6 al 10% dopo gli anni '60”. Insieme alle luci, tuttavia, ci sono anche le ombre: “Nell’ultimo decennio – evidenziano i presuli – il tasso di crescita della Chiesa in Corea è diminuito del 2%”. E non solo: allineata all’invecchiamento della società civile, la Chiesa ha visto una decrescita dei cattolici minori di 19 anni pari al 24,4 % ed un aumento del 127,5% dei fedeli ultrasettantenni. La considerazione che se ne ricava, sottolinea la Conferenza episcopale, è amara poiché ciò significa che “la fede non viene più trasmessa di generazione in generazione come avveniva in passato”. Di qui, l’urgenza di “trovare nuovi modi e nuove prospettive per un’azione pastorale specifico a secondo delle diverse età”. Ad essere in calo sono anche i battezzati e gli sposati, che negli ultimi dieci anni sono scesi rispettivamente del 24,2 e del 25,2%. E lo stesso dicasi per chi riceve la Prima Comunione o si reca regolarmente alla Messa domenicale. Questo indebolimento della partecipazione ai sacramenti, “che sono il fulcro della vita di fede e l’indicazione della maturità spirituale” dei fedeli, secondo i vescovi coreani, suggerisce che “la Chiesa locale sta ripetendo gli stessi errori della Chiesa europea” ed è perciò necessaria “un’analisi dei fattori e delle sfide socio-culturali all’interno della Chiesa stessa”. C’è, però, una buona notizia: l’incremento della presenza della Chiesa nelle missioni all’estero. Nel 2011, per esempio, la Chiesa coreana ha inviato 899 missionari in 77 nazioni diverse e l’obiettivo dei vescovi è quello di incrementare ulteriormente le cifre. “Le missioni oltreoceano – affermano i presuli – possono aiutare la Chiesa locale a contribuire alla maturità spirituale del clero, formando molti sacerdoti”. Tuttavia, conclude la Conferenza episcopale, “l’ostacolo maggiore rimane la necessità di combattere la tentazione di secolarismo all’interno della Chiesa e di rinnovare l’impegno dei cattolici per l’Anno della Fede”. (A cura di Isabella Piro)

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    L'impegno dei francescani del Pakistan per il dialogo nel Punjab

    ◊   Un'iniziativa nello spirito di San Francesco nel cuore del Pakistan. Seicento uomini e donne, tra religiosi e laici, portano avanti lo spirito di Assisi, sinonimo di incontro e accoglienza verso ogni uomo, nel Punjab, in Pakistan, sempre più “terra dei talebani”. Se ne parla in un articolo pubblicato sul “Messaggero di Sant’Antonio” di luglio-agosto. “In una terra dove la vita per i cristiani è segnata da discriminazioni e sofferenze - si legge nell'articolo- i francescani del Pakistan hanno il coraggio di farsi strumenti di pace, di portare amore dove c’è odio, di proporre perdono dove c’è offesa, di infondere gioia dove regna tristezza”. I cristiani in Pakistan - come riporta il Sir - sono una esigua minoranza, meno del 3% su circa 200 milioni di abitanti, e spesso “perseguitati a causa della fede o vittime di povertà e discriminazioni”. Una testimonianza che ha come segno tangibile la forte e diffusa devozione a Sant’Antonio di Padova. A Lahore si trova una chiesa dedicata al Santo. Lo stesso Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico delle minoranze religiose ucciso nel marzo del 2011, era assiduo frequentatore della chiesa di Sant'Antonio nel villaggio di Kushpur, che fu fondato agli inizi del Novecento dai padri cappuccini belgi. Qui c’è la tomba di Bhatti, e presto sarà aperto un museo in suo onore. Nel mese di giugno, la popolazione di Kaspur omaggia Sant’Antonio con la novena. Alla protezione del Santo si affidano il raccolto, la famiglia, il futuro dei figli. (D. M.)

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    Australia: difficoltà per i fondi delle scuole cattoliche

    ◊   I responsabili delle scuole cattoliche in Australia esprimono forti perplessità sulla recente decisione del Governo federale di procedere alla riforma del sistema di finanziamento degli istituti d’istruzione privati secondo lo schema elaborato da David Gonski, presidente del Federal Government School Funding Review. La riforma della raccolta dei Fondi per l’istruzione voluta da Gonski si basa sul coinvolgimento dei Governi degli Stati confederali nel sostentamento delle scuole pubbliche e private, mentre queste ultime, con il vecchio sistema, ricevevano il 90% delle sovvenzioni direttamente dal Governo federale. Come riporta L’Osservatore Romano, nonostante le assicurazioni del premier Julia Gillard e del ministro dell’Istruzione Peter Garret, i responsabili delle scuole cattoliche temono che la riforma ponga gli istituti cattolici nella condizione di dover tagliare alcuni importanti servizi finora forniti agli studenti perché i dirigenti delle strutture non potranno più contare sull’adeguamento automatico delle sovvenzioni, come accadeva con il precedente sistema. L’importanza in Australia degli istituti educativi privati è sottolineata dal fatto che un terzo dei giovani studenti di questo Paese frequentano scuole non statali e un quinto di loro sono alunni di istituti gestiti da organizzazioni cattoliche. (L.Z.)

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    Gmg Rio 2013: in uscita il sussidio dei vescovi in preparazione alla Giornata

    ◊   Nel momento in cui si celebra un anno dalla Gmg di Rio de Janeiro (23-28 luglio 2013), la Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb) si appresta a lanciare un sussidio di preparazione intitolato “Camminando verso la Gmg di Rio”, rivolto a giovani e adulti e preparato dalla Commissione pastorale per la Gioventù. Per il segretario generale della Cnbb, nonché coordinatore della Commissione episcopale per la Gmg, mons. Leonardo Ulrich Steiner, “il sussidio vuole esortare i giovani a vivere secondo il Vangelo. Allo stesso tempo vuole essere anche uno strumento che li aiuti ad evangelizzare altri coetanei”. Il documento, che è stato preparato anche alla luce della Settimana Missionaria che anticipa il programma ufficiale della Gmg - riferisce l'agenzia Sir -, ruota intorno ad argomenti quali “incontro personale con Cristo”, “Brasile: la nostra cultura e la nostra fede”, “i poveri”, “riconciliazione” ed “Eucaristia”. Intanto continua a Rio de Janeiro il conto alla rovescia verso la Gmg che prevede in questo fine settimana una serie di eventi negli spazi dell’arena Maracanazinho. “Preparare la strada” è il tema dato a questo programma che, nelle intenzioni degli organizzatori, vuole essere “un assaggio della Gmg” che vedrà nel 2013 riunire milioni di giovani da tutto il mondo, molta più gente di quanta ne arriverà in Brasile per assistere alla Coppa del mondo di calcio del 2014 e alle Olimpiadi del 2016. (R.P.)

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    Budapest: giovani da oltre 150 Paesi per il "Genfest 2012" del Movimento dei Focolari

    ◊   Giovani da oltre 150 Paesi parteciperanno al Genfest 2012, promosso dal Movimento dei Focolari dal 31 agosto al 2 settembre a Budapest. La manifestazione - riferisce l'agenzia Sir - sarà anche l’occasione per il lancio di United World Project, un progetto per dare vita ad un Osservatorio permanente sulla incisività della fraternità, “principio dimenticato” della storia moderna, nelle scelte individuali e collettive. Il progetto è stato concepito e sviluppato dai giovani dei Focolari, ed è aperto alla collaborazione di altri gruppi giovanili e reti internazionali, appartenenti anche ad altre fedi e culture. Sono tre le fasi di United World Project: Network (il comporsi di una rete di giovani in tutto il mondo), Watch (la costituzione di un Osservatorio internazionale permanente per generare un “incremento di fraternità”), Workshop (la richiesta all’Onu di riconoscere l’interesse internazionale della "Settimana Mondo Unito"). La prima fase del progetto inizierà durante il Genfest e si svolgerà fino all’avvio della prossima "Settimana mondo unito", il 1º maggio 2013, quando si costituirà ufficialmente l’Osservatorio permanente. È già avviato, invece, il processo di riconoscimento presso l’Onu. (R.P.)

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    Slovacchia: a Bratislava il terzo Festival organistico internazionale

    ◊   “Un’opportunità unica per immergersi nella musica sacra nell’ambiente per cui è nata”: con queste parole mons. Stanislav Zvolenský, arcivescovo di Bratislava e presidente della Conferenza episcopale slovacca, invita tutti a lasciarsi conquistare dall’atmosfera del III Festival organistico internazionale che si terrà dall’8 agosto al 13 settembre nella cattedrale di San Martino a Bratislava. L’anno dei Santi Cirillo e Metodio, che si è aperto il 5 luglio, darà all’evento un gusto particolare e i visitatori avranno l’opportunità di assistere a concerti di musica sacra offerti da rinomati artisti slovacchi e internazionali. “Il ruolo principale di un organo in una chiesa - riporta l'agenzia Sir - è di accompagnare la liturgia, ma non dobbiamo dimenticare il suo contributo all’evangelizzazione per mezzo della cultura”, ha spiegato mons. Zvolenský, sottolineando il messaggio principale del Festival organistico: “Aiutare la gente ad aprirsi all’influenza di Dio attraverso le note della musica sacra”. Il programma prevede l’esecuzione di opere di Mendelssohn-Bartholdy, Wagner, Grieg, Gigout, Chopin, Janacek, Rheinberger, Liszt e di molti altri compositori. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 211

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito http://it.radiovaticana.va/index.asp

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.