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Sommario del 28/07/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Benedetto XVI: i carcerati siano trattati con giustizia, sia rispettata la loro dignità umana
  • Cordoglio del Papa per la morte del presidente del Ghana, Atta Mills
  • Nomine
  • Il cardinale Filoni al rientro dal Centrafrica: la Chiesa locale, speranza per il Paese
  • Olimpiadi, “Più dell’oro”: editoriale di padre Lombardi
  • Congresso in Polonia sulla nuova evangelizzazione: riscoprire la bellezza della fede
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Londra 2012: primo oro alla Cina, spettacolare, con humour, l'apertura delle Olimpiadi
  • Controffensiva dell'esercito di Assad ad Aleppo. Migliaia di civili in fuga
  • Conferenza internazionale sull'Aids. Mons. Vitillo: garantire l'accesso alle terapie antiretrovirali
  • Fallisce Conferenza Onu sul commercio delle armi. Archivio Disarmo: serve impegno società civile
  • Pulmini ecologici per pellegrini e turisti che visitano i Giardini Vaticani
  • Cinema: registi esordienti protagonisti alla Settimana della Critica di Venezia
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Romania, domani referendum sul futuro del presidente Basescu
  • I cristiani in Siria: difficoltà enormi, ma non vogliamo abbandonare il Paese
  • Il nunzio in Libano: la visita del Papa, segno di incoraggiamento
  • Cinque anni fa, moriva il cardinale Lustiger. Speciale dossier de "La Croix"
  • Pakistan: incontro per formare i giovani alla lotta per i diritti umani
  • Angola. Dedicato alla riconciliazione delle famiglie il pellegrinaggio al Santuario di Muxima
  • Perù. Congresso degli educatori Agostiniani a Lima
  • Porto Rico: l’80% dei minori vive in zone di povertà estrema
  • Ecuador: lo Stato condannato a risarcire il popolo Sarayaku
  • Giornata contro l'epatite. L'Oms: oltre un milione di morti all'anno
  • Gemelli e Bambino Gesù: al via centro per interventi salvavita durante il parto
  • Il pellegrinaggio di preghiera "Jospers Journey" farà tappa ad Assisi il 2 agosto
  • I vescovi svizzeri: sobrietà, giustizia e responsabilità per superare la crisi
  • Mons. Mencuccini, un "vescovo motociclista" in aiuto del Borneo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Benedetto XVI: i carcerati siano trattati con giustizia, sia rispettata la loro dignità umana

    ◊   Il Papa chiede di pregare “perché i carcerati siano trattati con giustizia e venga rispettata la loro dignità umana”: è l’esortazione di Benedetto XVI nella sua intenzione di preghiera per il mese di agosto. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    Nel mondo i detenuti sono circa 10 milioni, la metà dei quali si trovano in appena tre Paesi: Stati Uniti (24% circa del totale), Cina (17%) e Russia (9%). Il Papa prega ogni giorno per i carcerati: in loro si identifica Gesù stesso, come ha detto lo scorso dicembre durante la visita nel carcere romano di Rebibbia, e nel Giudizio finale – ha ricordato - ci sarà una domanda sull'attenzione rivolta ai prigionieri:

    “Sono venuto per dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito, e siete sempre figli di Dio. E lo stesso Unigenito Figlio di Dio, il Signore Gesù, ha fatto l’esperienza del carcere, è stato sottoposto a un giudizio davanti a un tribunale e ha subito la più feroce condanna alla pena capitale”.

    Benedetto XVI afferma che la giustizia deve essere animata dall'amore e parla della funzione rieducatrice della pena; quindi chiede rispetto e dignità per i detenuti. In Italia le persone dietro le sbarre sono circa 67mila, ma le carceri potrebbero accoglierne non più di 45mila:

    “So che il sovraffollamento e il degrado delle carceri possono rendere ancora più amara la detenzione: mi sono giunte varie lettere di detenuti che lo sottolineano. E’ importante che le istituzioni promuovano un’attenta analisi della situazione carceraria oggi, verifichino le strutture, i mezzi, il personale, in modo che i detenuti non scontino mai una 'doppia pena'; ed è importante promuovere uno sviluppo del sistema carcerario, che, pur nel rispetto della giustizia, sia sempre più adeguato alle esigenze della persona umana, con il ricorso anche alle pene non detentive o a modalità diverse di detenzione”.

    Sincero e intenso il dialogo del Papa con i detenuti di Rebibbia:

    D. – “Santità, sono Federico. Siamo assenti dalle nostre famiglie, ma non dalla vita, siamo caduti e nelle nostre cadute abbiamo fatto del male ad altri, ma ci stiamo rialzando. Troppo poco si parla di noi, spesso in modo così feroce come a volerci eliminare dalla società. Questo ci fa sentire sub-umani. Lei è il Papa di tutti e noi la preghiamo di fare in modo che non ci venga strappata la dignità, insieme alla libertà. Perché non sia più dato per scontato che recluso voglia dire escluso per sempre. La sua presenza è per noi un onore grandissimo!”

    R. - “Mi hai detto parole veramente memorabili: siamo caduti, ma siamo qui per rialzarci. Questo è importante, questo coraggio di rialzarsi, di andare avanti con l’aiuto del Signore e con l’aiuto di tutti gli amici. Lei ha anche detto che si parla in modo ‘feroce’ di voi. Purtroppo è vero, ma vorrei dire che non c’è solo questo, ci sono anche altri che parlano bene di voi e pensano bene di voi. Io penso alla mia piccola famiglia papale; sono circondato da quattro ‘suore laiche’ e parliamo spesso di questo problema; loro hanno amici in diverse carceri, riceviamo anche doni da loro e diamo da parte nostra dei doni. Quindi questa realtà è presente in modo molto positivo nella mia famiglia e penso che lo sia in tante altre. Dobbiamo sopportare che alcuni parlino in modo ‘feroce’, parlano in modo ‘feroce’ anche contro il Papa, e, tuttavia, andiamo avanti ... Il Signore vi aiuterà e noi siamo vicini a voi”.

    Il Papa eleva a Dio la sua preghiera per tutti i carcerati del mondo, anche per quelli che non credono di essere prigionieri:

    “Chiediamogli nel silenzio e nella preghiera di essere tutti liberati dalla prigionia del peccato, della superbia e dell’orgoglio: ciascuno infatti ha bisogno di uscire da questo carcere interiore per essere veramente libero dal male, dalle angosce e dalla morte”.

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    Cordoglio del Papa per la morte del presidente del Ghana, Atta Mills

    ◊   Benedetto XVI esprime cordoglio per la morte del presidente del Ghana, John Evans Atta Mills. In un telegramma indirizzato al nuovo presidente ghanese, John Dramani Mahama, il Papa ricorda gli anni di impegno per la democrazia di Atta Mills. Il Pontefice si unisce dunque al dolore di tutti i ghanesi. Infine, il Papa prega affinché il Ghana abbia pace e prosperità nel momento in cui il presidente John Dramani Mahama assume il suo incarico in queste tristi circostanze. I funerali del presidente defunto si terranno ad Accra il 10 agosto.

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    Nomine

    ◊   In Italia, il Santo Padre ha nominato Vescovo della diocesi di Ivrea il Reverendo Padre Edoardo Aldo Cerrato, C.O., finora Procuratore Generale della Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri e Preposito della Casa oratoriana di Roma.

    Il Papa ha nominato l’Em.mo Card. Santos Abril y Castelló, Arciprete della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, Suo Inviato Speciale alla Celebrazione del 950° anniversario della Diocesi di Sapë (Albania), in programma il 29 settembre 2012

    Il Santo Padre ha nominato Membri della Congregazione per i Vescovi gli Eccellentissimi Monsignor Pier Luigi Celata, Arcivescovo tit. di Doclea, Vice Camerlengo di Santa Romana Chiesa, e Monsignor Zygmunt Zimowski, Arcivescovo Vescovo emerito di Radom, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari.

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    Il cardinale Filoni al rientro dal Centrafrica: la Chiesa locale, speranza per il Paese

    ◊   Il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli è appena rientrato a Roma dopo una visita di una settimana nella Repubblica Centrafricana. Momento centrale della sua visita, l'ordinazione episcopale di quattro vescovi, nominati da Benedetto XVI il 14 maggio scorso: mons. Dieudonné Nzapalainga (arcivescovo di Bangui), mons. Nestor-Désiré Nongo Aziabgia (vescovo di Bossangoa), mons. Dennis Abgenyadzi (vescovo di Berbérati) e mons. Cyr-Nestor Yapaupa (vescovo coadiutore di Alindao). Nel corso della sua visita pastorale il porporato ha incontrato i vescovi ed i vicari generali, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i formatori dei seminari e i delegati dei laici. Il 20 luglio è stato ricevuto in udienza dal capo dello Stato, François Bozizé. Il porporato ha inoltre visitato alcuni orfanotrofi e parrocchie della capitale Bangui. Al microfono di Roberto Piermarini il cardinale Filoni racconta quale Chiesa ha incontrato nella Repubblica Centrafricana:

    R. – E’ una Chiesa che si trovava in una situazione di sofferenza: mancavano quattro vescovi che la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha provveduto – il Santo Padre li aveva da poco nominati – e quindi la mia presenza centrale è stata quella di consacrare questi nuovi vescovi. La partecipazione dei fedeli, la presenza di tutti gli ordinari nonché di tutti i sacerdoti e di tanti fedeli, compresa la presenza del capo dello Stato, del primo ministro e di altre alte autorità, è stato un momento centrale ma anche molto atteso, che ha portato gioia e speranza a tutta la comunità della Chiesa in questo Paese, nella Repubblica Centroafricana. Direi che attorno a questo evento fondamentale, poi si sono sviluppati tutti gli altri momenti della visita pastorale a cominciare dall’incontro con i formatori del Seminario maggiore che stiamo ricostruendo nella sua struttura di formatori e anche di seminaristi stessi; con il laicato che mi è sembrato molto disponibile e desideroso di vedere un nuovo capitolo che si apre per la Chiesa nel Paese. E così anche posso dire per tutti i vescovi, sia nell’insieme come anche singolarmente, come ho avuto modo di appurare con essi. E poi, naturalmente, il clero, con i religiosi e le religiose. Direi che è stata una visita che loro aspettavano, una visita carica di speranza, di futuro. Li ha molto entusiasmati e naturalmente ha permesso di affrontare e di studiare anche tanti problemi particolari che sono legati un po’ allo sviluppo di questa Chiesa missionaria, credo attualmente chiamata a partecipare a tutti gli aspetti del grande sviluppo missionario della Chiesa africana.

    D. – Quale è stata l’accoglienza da parte delle autorità della Repubblica Centroafricana?

    R. – Ho avuto modo di incontrare dapprima il presidente della Repubblica e poi il primo ministro. Il capo dello Stato non ha esitato a manifestare più di una volta il proprio ringraziamento per la grande opera missionaria dei nostri missionari, sacerdoti, religiosi e religiose. In particolare, ovviamente, lui è molto sensibile alla questione relativa all’educazione: il 50% delle scuole sono tenute e gestite dalle parrocchie, soprattutto le scuole primarie e anche le secondarie; poi alla questione della salute: la sanità, i nostri piccoli dispensari, qualche clinica dove si lavora molto, molto bene, a favore di tanta popolazione povera, sono stati gli elementi sui quali il capo dello Stato ha voluto reiterare la propria soddisfazione, il ringraziamento e l’incoraggiamento – naturalmente – a che la Chiesa continui e, potendo, faccia di più.

    D. – Cardinale Filoni, quale è stata la sua esperienza con la realtà caritativa della Chiesa centroafricana?

    R. – In Centroafrica la carità in questo momento è estremamente importante e necessaria. C’è molta povertà. Ma accanto alla povertà, ci sono anche molte miserie come per esempio l’Aids, come le tradizionali malattie locali legate un po’ all’ambiente tropicale. Poi, naturalmente, c’è tutto il lavoro di sostegno all’infanzia: c’è molta infanzia povera, abbandonata; coppie e famiglie che non riescono a tenere e a sostenere i bambini stessi. Ho visitato alcuni orfanotrofi che sono veramente piccole oasi in cui a questi bambini è stata offerta la possibilità di avere una famiglia: persone che li accudiscono, che li aiutano e che contano molto sulla carità e sulla solidarietà. Io ho trovato in questo veramente un sostegno alla mia visita: ho visto che la carità che noi facciamo non è tanto verso questi bambini, ma l’affetto con cui loro ti accolgono è un dono per tutti noi, per i tanti benefattori spesso ignoti, spesso non noti, che continuano a sostenere queste opere assolutamente indispensabili senza le quali questa infanzia non avrebbe nessuna possibilità di sopravvivere.

    D. – Eminenza, in questo mese lei si è immerso nella realtà della Chiesa africana, con il viaggio – all’inizio del mese – nella Repubblica Democratica del Congo e adesso nella Repubblica Centroafricana. Ci sono dei punti di contatto tra queste due visite?

    R. – Sì: il punto di contatto è dato dal fatto che si tratta di due Chiese in crescita. Io ho spiegato loro che quando, 50 anni fa, si apriva il Concilio, la Chiesa africana era praticamente rappresentata quasi completamente da missionari che dall’Occidente si recavano in Africa. Oggi constatiamo che, praticamente, direi che forse il 90% dei vescovi e dei sacerdoti sono locali. Dunque, la Chiesa africana ha cambiato volto in questi 50 anni, e la Chiesa ha continuato ad investire tutte le sue risorse soprattutto di formazione religiosa, morale, spirituale ma assieme a questa anche di formazione educativa, in favore anche della salute, con le tante nostre opere di carità. In ambedue i Paesi, io ho visto che c’è un impegno molto generoso. Certamente, davanti alle necessità siamo chiamati a fare di più, ma questo è un impegno che riguarda non solo la Chiesa, ma tutta la società che ha a cuore il bene di questo continente che, come il Papa ha detto in “Africae munus”, ha tanta speranza, che noi dobbiamo cercare di rendere concreta e visibile nei loro bisogni, che in questo momento sono ancora tanti.

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    Olimpiadi, “Più dell’oro”: editoriale di padre Lombardi

    ◊   Le Olimpiadi di Londra sono dunque iniziate e la Chiesa – ha detto il Papa – guarda al “più grande evento sportivo mondiale” con “particolare simpatia e attenzione”. Ascoltiamo in proposito la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il Settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Le Olimpiadi! Ancora una volta il mondo guarda verso l’evento sportivo più grande, più atteso, più affascinante. Anche le Chiese cristiane si mobilitano per l’occasione. Dai Giochi di Barcellona nel 1992, evangelici, battisti, metodisti, episcopaliani hanno dato vita all’iniziativa ecumenica “More than Gold – Più dell’oro” per costruire insieme il Regno di Dio nel clima entusiasta e cosmopolita delle Olimpiadi. Quest’anno anche la Chiesa cattolica inglese vi ha aderito con slancio. E la mattina di venerdì 27 tutte le campane dei luoghi di culto cristiani hanno sonato alla stessa ora per dare il benvenuto agli atleti, ai turisti, a chi a vario titolo partecipa a questo evento straordinario e aiutare ad elevare a Dio il proprio cuore.

    Che cosa attendere “più dell’oro” delle medaglie più prestigiose, più dell’ammirazione per un successo in fondo effimero? L’ammirazione per la forza, l’eleganza, il fascino e l’abilità del gesto atletico non deve fermarsi al culto della bellezza del corpo umano, ma arrivare a capire che si tratta di un corpo educato e guidato dalla mente e dalla volontà, dallo spirito che lo abita. E’ giusto perciò abbinare alle Olimpiadi le Paralimpiadi per gli atleti disabili. Non hanno minore significato. Sono necessarie per riuscire a capire il significato positivo delle prime. Ed è giusto unire indissolubilmente le Olimpiadi alla speranza di pace per la comunità internazionale dell’umanità: lo dice chiaramente la tradizione antica della “tregua olimpica”, ricordata dal Papa nel suo augurio all’Angelus di domenica scorsa: “Preghiamo perché i Giochi di Londra siano una vera esperienza di fraternità fra i popoli della Terra!”.

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    Congresso in Polonia sulla nuova evangelizzazione: riscoprire la bellezza della fede

    ◊   Si apre oggi in Polonia il primo Congresso nazionale sulla nuova evangelizzazione. L’incontro si svolge a Kostrzyn, nell’ovest del Paese. Al Congresso, assieme ad oltre 1500 persone, prende parte anche l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Sul significato di questo importante evento ecclesiale che si chiuderà il 5 agosto, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Krzysztof Marcjanowicz, officiale di lingua polacca del dicastero per la Nuova Evangelizzazione:

    R. – E’ un Congresso che unisce 350 diversi gruppi, diverse realtà ecclesiastiche che sono già impegnate, in Polonia, nel campo della nuova evangelizzazione. Perciò, già semplicemente il numero ci fa pensare che si tratta di una realtà abbastanza grande: vediamo che c’è un interesse, un entusiasmo enorme per quanto riguarda questo Congresso.

    D. – Ovviamente, c’è un segno molto forte che è quello della memoria di Giovanni Paolo II …

    R. – Sicuramente, Giovanni Paolo II è stato il primo ad usare l’espressione nuova evangelizzazione: è stato il primo passo, compiuto proprio da lui, aprendoci a questa realtà.

    D. – Molto importante anche per la nuova evangelizzazione sarà l’Anno della fede, voluto da Benedetto XVI. Quanto è importante anche per la Polonia?

    R. – Ovviamente, l’Anno della fede crea una serie di opportunità per presentare la nuova evangelizzazione come una realtà che può proporsi di fronte alla secolarizzazione e decristianizzazione nel mondo occidentale. Ovviamente le correnti della secolarizzazione, a partire dal 1989, dalla caduta del Muro di Berlino, sono arrivate anche in Polonia: la società risente della sua presenza. Perciò, la nuova evangelizzazione si propone come una via d’uscita, è una proposta anche per coloro che hanno lasciato la Chiesa in un certo momento, per ragioni diverse ed ecco, arriva una proposta per riscoprire la bellezza della Chiesa, per riscoprire la bellezza della fede!

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   I rischi della filantropia: in prima pagina, Giulia Galeotti su controllo delle nascite e disinformazione.

    L’ironia è il vero orgoglio britannico: in prima pagina, Giuseppe Fiorentino sulla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Londra.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la Siria: ad Aleppo si combatte senza tregua.

    Il vescovo che sapeva ascoltare le donne: in cultura, la figura di mons. Ottorino Piero Alberti, pastore e storico appassionato, nelle parole dell’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, nel ricordo di Lucetta Scaraffia e in un articolo di Silvia Guidi.

    L’anima dello schiavo Papana: su Manuel da Nobrega e i primi missionari in Brasile a metà Cinquecento, anticipazione dell’articolo di Nuno da Silva Goncalves nel prossimo numero de “La Civiltà Cattolica”.

    Il viaggio estremo in un fermo immagine: Fabrizio Bisconti sulle scene d’ingresso nell’aldilà nei rilievi tardoantichi.

    Com’è difficile raccontare il bello della famiglia: Gaetano Vallini sulla quinta edizione del festival di Fiuggi.

    Un “verme solitario”: Arturo Colombo sulla vita senza riposo di Anselmo Bucci, scrittore e pittore dimenticato.

    Credente e cittadino: le esequie di Giuseppe Camadini celebrate, a Sellero, dal cardinale Giovanni Battista Re.

    Ritorno al primo amore: nell’informazione religiosa, un articolo di José Octavio Ruiz Arenas, arcivescovo segretario del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, sull’attualità dell’insegnamento di Gesù.

    Prove generali di Gmg a Rio de Janeiro: nell’informazione vaticana, un articolo sull’appuntamento, tra un anno, nella città carioca.

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    Oggi in Primo Piano



    Londra 2012: primo oro alla Cina, spettacolare, con humour, l'apertura delle Olimpiadi

    ◊   Le Olimpiadi di Londra sono già entrate nel vivo con le gare di oggi. Prima medaglia d’oro alla Cina nella carabina femminile. Negli occhi di tutti però c’è ancora la cerimonia inaugurale della 30.ma edizione dei Giochi dell’era moderna, ospitati per la terza volta dalla capitale britannica. La squadra di Israele ha sfilato con il lutto al braccio nel ricordo dell'eccidio degli atleti ebrei a Monaco nel 1972. Ripercorriamo la cerimonia con Benedetta Capelli:

    "I declare open the Games of London".
    E’ la Regina Elisabetta ad annunciare l’apertura delle Olimpiadi. La sovrana, 86anni, ha interpretato al meglio l’humour inglese recitando una piccola parte in un video nel quale James Bond la scortava allo stadio a bordo di un elicottero. Humour inglese anche nella performance di Mr. Bean che ha interpretato a suo modo il film “Momenti di gloria”. Lo spettacolo, diretto dal regista Danny Boyle, ha alternato musica classica e pop, Winston Churchill accanto a Mary Poppins, i simboli della rivoluzione industriale e quelli della vita pastorale. Ognuno però può scegliere la propria immagine di questa sera: i bimbi sordomuti che nel linguaggio dei segni interpretano l’inno nazionale; gli atleti israeliani che con un fazzoletto nero nel taschino ricordano le vittime di Monaco ’72; i costumi tradizionali indossati dagli atleti e le emozioni dei portabandiera ma anche la determinazione del grande campione di boxe Muhammad Alì che, provato nel fisico, porta la fiaccola olimpica nell’ultimo tratto e infine l’accensione da parte di sette tedofori, speranze dello sport britannico. E’ Paul McCartney a sigillare con “Hey Jude” una serata speciale, inno dei Beatles ma anche di intere generazioni.

    E, tra gli atleti che hanno sfilato ieri sera nello Stadio Olimpico di Londra durante l’inaugurazione dei Giochi, anche Giovanni Pellielo, tiratore italiano plurimedagliato, alla sua sesta partecipazione olimpica. Quali le sue emozioni per quest’evento? Giancarlo La Vella lo ha raggiunto telefonicamente al villaggio olimpico londinese:

    R. - Le emozioni sono chiaramente molto forti, perché essere qui a queste Olimpiadi significa per me aver vissuto 24 anni di sport ad altissimo livello ed essere affiancati da giovani e giovanissimi. Questo mi rende molto felice. Devo dire che è bello, perché in questo tempo ho visto anche come sono cambiate le Olimpiadi e soprattutto come, invece, non sono cambiati i valori olimpici: i valori sportivi sono assoluti e devono rimanere tali!

    D. - Londra 2012 è un’Olimpiade che avviene in un momento difficile per il mondo, c’è non solo la crisi economica, ma anche conflitti in varie zone: quanto influisce questa situazione sugli atleti?

    R. - Certamente i Paesi in guerra sono provati e la loro sofferenza traspare a tutti i livelli e quindi anche nelle prestazioni. Per fortuna l’Olimpiade è un ponte di unione tra tutti i valori e tra tutte le vicende umane. Solo vivendo quotidianamente come si vive l’Olimpiade, cioè con il lecito scontro e incontro, ma mai con la sopraffazione - secondo me - si riesce ad andare avanti. Certo, l’Olimpiade dovrebbe essere ispiratrice anche di tante altre situazioni e certamente questo dovrebbe essere lo spirito che dovrebbe accumunare il mondo, che purtroppo sta invece andando in una direzione opposta.

    D. - Olimpiadi come momento di confronto tra culture diverse, religioni diverse, generazioni anche diverse. E’ costruttivo questo incontro?

    R. - Certo ed è costruttivo principalmente per due motivi. Primo, perché, come il nostro Pontefice è stato precursore del termine “ecumenismo” nel Concilio Vaticano II, anche qui nel Villaggio Olimpico c’è proprio - credo - la massima espressione di questo termine e l’ecumenismo qui è non solo religioso, ma anche umano: non solo le religioni, ma soprattutto gli uomini si trovano insieme a vivere religioni diverse. Quindi è un incontro sicuramente meraviglioso. Secondo aspetto è la differenza di età tra atleti, che significa l’incontro tra persone che vivono la medesima realtà in momenti diversi della vita. E’ una cosa meravigliosa. Nella società ordinaria, un ragazzino di 16 anni non si confronterebbe mai con un uomo di 40 e, magari, avrebbe un atteggiamento spavaldo, arrogante, come è un po’ avviene nel mondo al giorno d’oggi. Qui, invece, siamo tutti molto rispettosi l’uno dell’altro e molto equilibrati.

    D. - Giovanni Pellielo, tu sei alla sesta Olimpiade: è un momento di esperienze sicuramente nuove, ma anche occasione di rivivere cose e persone già incontrate?

    R. - Sì, sicuramente. Ho rivisto i miei avversari: sono gli stessi, da bambino come oggi. Queste persone sono cresciute un po’ con me, hanno affrontato il percorso della vita, più o meno agevole, che li ha comunque segnati e formati. Devo dire che rivedo le stesse facce e questo mi fa grande piacere, perché vuol dire che abbiamo tutti condotto una vita sana, ordinata, moralmente integra. Sono gli aspetti imprescindibili per andare avanti ed essere ai massimi livelli per tanto tempo. Secondo me il vero successo olimpico non sta tanto nel vincere, ma nel riuscire a riproporsi nel tempo sempre ad alti livelli, essere sempre le stesse persone. Si riesce a rimanere in questo ambiente per tanto tempo, solo se riusciamo a mantenere veramente una “calma olimpica”, i piedi per terra e avere la consapevolezza che non è il colore di una medaglia che ci può cambiare la vita, ma come siamo noi dentro. Come diceva il nostro presidente Petrucci, quando con il nunzio apostolico abbiamo celebrato la Messa di apertura alla Chiesa di San Pietro: “Vincere la medaglia d’oro è importante, ma salvare l’anima ancora di più”.

    D. - Un ideale augurio che fai agli oltre 17 mila atleti provenienti da oltre 200 Paesi del mondo…

    R. - Io auguro loro di vivere le esperienze agonistiche così a lungo quanto le ho vissute io. Avere la forza di essere sempre se stessi, di non mutare mai in funzione di quello che di bello o di brutto ti può capitare nella vita, avendo sempre il coraggio di vivere nella lealtà, nell’integrità morale e soprattutto nel rispetto dell’uomo.

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    Controffensiva dell'esercito di Assad ad Aleppo. Migliaia di civili in fuga

    ◊   In Siria infuria la guerra civile, che si è spostata nella città settentrionale di Aleppo, vicino al confine con la Turchia. Dopo l’annuncio dell’offensiva da parte delle milizie ribelli, stamani si registrano pesanti bombardamenti dell’esercito di Damasco. Già si contano decine di vittime, mentre il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, torna a lanciare un forte appello alla comunità internazionale che “non può rimanere in silenzio di fronte a questo dramma”. Gli ha fatto eco il ministro degli Esteri russo Lavrov, che ha evidenziato come ad Aleppo si stia consumando una vera e propria tragedia. Decine di migliaia i profughi in fuga dalle violenze. Giancarlo La Vella ne ha parlato con la giornalista italo-siriana, Susan Dabbous, che si trova nella regione:

    R. – Il flusso di profughi dalla città di Aleppo, che, ricordiamo, dista solo 30 km dal confine turco, si è intensificato negli ultimi giorni. Dati recentissimi dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (Umhcr) turco rivelano che in totale sono almeno 42 mila i profughi siriani alloggiati nei campi di raccolta. I campi attualmente sono 7; nei prossimi giorni dovrebbero diventare 10, per accogliere almeno altri 10 mila profughi. La situazione è drammatica ovviamente, perché le persone che fuggono sono in condizioni disperate.

    D. – Hai avuto modo di parlare con questa gente?

    R. – Oltre a parlare con i profughi, ho avuto l’occasione di parlare con le persone che si trovano letteralmente barricate in casa e che non possono uscire, perché si combatte sotto le loro abitazioni, sotto i balconi e non possono neanche affacciarsi; ci sono giorni in cui non riescono neanche a uscire per fare la spesa… Ricordiamo che, tra l’altro, in questo periodo c’è il Ramadan; quindi dovrebbe essere un periodo di festa in cui, dopo il tramonto, si mangia insieme, si condivide un momento di gioia. Invece questo che si sta vivendo è un momento tristissimo, forse uno dei momenti più tristi per la città di Aleppo. La popolazione civile è sicuramente la più colpita. Purtroppo i due terzi delle persone in fuga sono donne e bambini. Lasciano le case senza portare nulla con sé e il rumore delle bombe oramai è una specie di costante negli ultimi giorni.

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    Conferenza internazionale sull'Aids. Mons. Vitillo: garantire l'accesso alle terapie antiretrovirali

    ◊   Si è chiusa ieri a Washington la 19.ma Conferenza internazionale sull’Aids con un forte richiamo all’azione. Il servizio di Elena Molinari:

    Fare arrivare cure antivirali ai 34 milioni di persone al mondo HIV positive non è solo un dovere morale, ma anche il modo più efficace ed economico di contenere l’epidemia. Così si sono espressi scienziati e gruppi di cura dei malati di Aids, anche religiosi, che hanno dichiarato inaccettabile che i trattamenti esistenti non raggiungano le persone che ne hanno più bisogno, soprattutto nei Paesi poveri dell’Asia e dell’Africa subsahariana. E sebbene distribuire gli antiretrovirali possa apparire costoso, ricercatori di Harvard hanno messo in evidenza come un investimento iniziale porterà a risparmi considerevoli nei prossimi cinque anni sui costi delle cure. “Per ogni dollaro speso oggi in trattamento per i più poveri ne otteniemo due in benefici sociali”, ha spiegato Rochelle Walensky del centro per la ricerca sull’Aids di Harvard. Dalla conferenza è emersa anche la necessità di rendere disponibili ancora più test gratuiti, anche nei Paesi industrializzati, in modo che chi è infetto dal virus possa tenerlo sotto controllo. Persino negli avanzati Stati Uniti, infatti, il 20 per cento dei sieropositivi non sa di esserlo e, oltre a non curarsi, rischia di diffondere ulteriormente l’infezione.

    Presente alla Conferenza anche la Caritas. Per un’analisi di come sta andando la lotta all’Aids, Debora Donnini ha intervistato mons. Robert Vitillo, consigliere speciale per l’Aids della Caritas Internationalis:

    R. - Ci sono indicazioni molte positive. I rapporti degli studi che sono già stati condotti e presentati in questa conferenza, indicano che con l’espansione dell’accesso al trattamento antiretrovirale, sarebbe possibile nel futuro “avere una visione” dell’eliminazione dell’Hiv-Aids. Certo è una speranza, ma è una speranza menzionata da vari relatori durante questa conferenza.

    D. - In questa conferenza si è fatto anche il punto sulle terapie antiretrovirali, che permettono di ridurre di molto la mortalità e di migliorare le condizioni di vita dei malati, però certo non ancora di debellare la malattia. Tali terapie vengono fornite maggiormente nei Paesi sviluppati piuttosto che in quelli meno sviluppati. Ma si stanno facendo progressi su questo fronte?

    R. - Rapporti recenti condotti dall’Unaids indicano che la metà delle persone che hanno bisogno dell’accesso a questo tipo di terapie antiretrovirali, adesso possono usufruirne. Dunque nel mondo ci sono 16 milioni di persone che necessitano della terapia e oggi otto milioni vi hanno accesso. Questo è un passo in avanti, però la restante metà ancora non ha accesso. Poi ora c’è anche la sfida della crisi economica globale, e molti governi limitano i fondi per queste terapie. Con questa situazione si ha paura che il numero di persone che hanno accesso alle cure antiretrovirali non aumenterà nel futuro.

    D. - Le persone che hanno difficoltà ad avere accesso a questi farmaci si trovano soprattutto nei Paesi africani ..

    R. - Soprattutto in questi Paesi, perché naturalmente l’epicentro della pandemia rimane ancora nei Paesi africani, ma ci sono anche altre regioni del mondo: ad esempio nel Sud-Est dell’Asia molta gente non ha accesso alle cure, così come in molti Paesi dell’Europa dell’Est e dell’Asia centrale.

    D. - La Chiesa propone un approccio integrale al dramma dell’Aids. Quali proposte concrete avete portato alla conferenza in questo senso?

    R. - Abbiamo parlato molto, sia durante la pre-conferenza cattolica sia durante la conferenza internazionale, dell’approccio della Chiesa, la quale propone un tipo di approccio centrato sulla persona in tutta la sua dignità, per promuovere un comportamento che sia responsabile per se stessi e per gli altri. Naturalmente, menzioniamo sempre la Dottrina della Chiesa che ammette che solamente all’interno del contesto del matrimonio, si può avere un comportamento sessuale.

    D. - Alla conferenza ci sono organizzazioni che propongono l’uso dei preservativi come metodo attivo per prevenire l’Aids. La Chiesa, invece, parla di fedeltà e di astinenza.

    R. – Sì, la Chiesa propone l’astinenza e la fedeltà all’interno del contesto del matrimonio, ma anche nel mondo secolare, nel mondo scientifico, in quello medico, in risposta all’Aids, ci sono dei dati che indicano che nei Paesi dove c’è stata una diminuzione del numero delle persone che vivono con l’Hiv, questo era a causa di un comportamento più responsabile, quindi di riduzione del numero dei partner sessuali e anche di aspettare ad iniziare una vita sessuale.

    D. - Un altro fronte importante in questa conferenza è il problema della trasmissione dell’Aids dalla madre al bambino e di come eliminarla. Sono stati fatti progressi a riguardo?

    R. – Sì, ci sono stati progressi. Infatti, l’anno scorso, durante una riunione di alto livello alle Nazioni Unite, è stata lanciata questa nuova iniziativa riguardo l’eliminazione della trasmissione dalla madre al bambino. E adesso, durante quest’anno, sono stati identificati 22 Paesi nel mondo, 21 dei quali in Africa più l’India, dove c’è il 90% della trasmissione. Sono stati sviluppati piani nazionali per eliminare questa trasmissione, per diagnosticare l’Hiv soprattutto nelle donne incinte, così da iniziare il trattamento antiretrovirale per ridurre il livello del virus nel loro sangue ed eliminare quindi la possibilità di trasmissione dell’infezione al bambino durante la gravidanza, il parto e anche dopo con l’allattamento. Sono stati fatti molti progressi. Speriamo, entro il 2015, di eliminare questo tipo di trasmissione in questi 22 Paesi.

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    Fallisce Conferenza Onu sul commercio delle armi. Archivio Disarmo: serve impegno società civile

    ◊   Si è conclusa, stanotte, con un nulla di fatto la Conferenza Onu di New York chiamata ad approvare un Trattato sul commercio delle armi. Quasi un mese di negoziati non è bastato alle delegazioni di più di 170 Stati per trovare un accordo. Hanno pesato negativamente in particolare le posizioni dei grandi produttori di armi come Russia, Stati Uniti e Cina. Sull’esito della Conferenza, Alessandro Gisotti ha intervistato il giurista Emilio Emmolo di “Archivio Disarmo”:

    R. – Certamente è un peccato che alla Conferenza di New York non si sia raggiunto un accordo per un trattato sui trasferimenti internazionali di armi. Però, non parlerei di fallimento. E’ vero che le tre grandi potenze hanno imposto un veto su questo Trattato, ma secondo me quello che è importane è che un’altra superpotenza è riuscita ad ottenere la convocazione di una Conferenza internazionale: parliamo della società civile internazionale. Siamo arrivati a questo punto, cioè di imporre agli Stati la necessità di confrontarsi su questo tema.

    D. – Concretamente, quali sono i passi che adesso ci si possono aspettare e sperare, su questo fronte?

    R. – Quello che pensiamo è di chiedere all’assemblea generale delle Nazioni Unite in sede di conferenza sul disarmo che già a partire dall’autunno ricominci a negoziare il Trattato. A questo punto, sarà fondamentale che la società civile internazionale metta grandissima pressione a tutte le potenze – sicuramente Stati Uniti, Cina e Russia – ma è importante ad esempio che anche alcuni Paesi europei che negli ultimi giorni hanno avuto una condotta un po’ ambigua – parlo di Francia e di Inghilterra in particolare – e altri Paesi africani che erano stati messi sotto pressione dalle superpotenze, siano consapevoli che non si può fallire perché il prezzo di questo fallimento è in vite umane.

    D. – La Santa Sede è intervenuta alla Conferenza ed ha sottolineato che le armi non possono essere comparate a beni commerciali comuni. Su questo c’è bisogno di una vera e propria crescita di consapevolezza, pensando poi a stragi come quella di Denver?

    R. – E’ incredibile che non ci sia consapevolezza. Pensiamo al fatto che solo pochi anni fa in Afghanistan soldati italiani e americani sono stati attaccati da talebani che avevano armi fatte dall’italiana Beretta e che erano finite, attraverso uno strano giro di triangolazione, dall’Inghilterra fino in Afghanistan e poi nelle mani dei talebani che le usavano per attaccare i nostri soldati e quelli americani. E’ incredibile che succedano questi episodi paradossali: che soldati che vogliono portar la pace in certi Paesi si trovino di fronte armi prodotte nei loro stessi Paesi! E guardiamo quello che è successo nei Paesi della Primavera araba: chi aveva dato le armi a Gheddafi per massacrare i civili? Certo, la Russia. Ma anche l’Italia aveva esportato migliaia e migliaia di pistole e fucili solo poche settimane prima che iniziassero i massacri …

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    Pulmini ecologici per pellegrini e turisti che visitano i Giardini Vaticani

    ◊   Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano ha ricevuto in dono dalla LeasePlan Italia due pulmini elettrici a zero emissioni, messi a disposizione dei Musei Vaticani per accompagnare i visitatori all’interno dei Giardini Vaticani. Si un tratta di un fatto simbolico ma significativo, come spiega – al microfono di Luca Collodi – il prof. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani:

    R. – Sì, è un fatto il cui valore simbolico va al di là dell’episodio che può apparire soltanto gradevole e divertente, cioè attraversare i giardini del Papa con dei pulmini elettrici. Il vero significato dell’evento, infatti, riguarda la vocazione di tutto questo micro-Stato che si chiama Vaticano, l’unico Stato al mondo – assolutamente l’unico – che ha la totalità del suo territorio ricoperto da quello che noi in italiano, con un’espressione piuttosto ridondante, chiamiamo “beni culturali ed ambientali”. Il Vaticano ne è totalmente coperto, ci sono i beni monumentali – Michelangelo, Bernini … - ci sono i beni artistici – gli affreschi di Michelangelo, Raffaello, i capolavori della pinacoteca, i capolavori dell’archeologia, della statuaria classica – ci sono i beni librari ed archivistici – la Biblioteca apostolica, che è l’archetipo di tutte le biblioteche del mondo – e poi ci sono i beni ambientali. La metà del territorio dello Stato Vaticano è coperta da boschi e da giardini, più di circa 25 ettari. Questi pulmini elettrici - che tali devono essere - perché non sono tollerabili all’interno dei giardini Vaticani emissioni di gas di combustione, ci permettono di entrare anche in questo aspetto assolutamente unico ed affascinante dello Stato Vaticano.

    D. – Come saranno utilizzati praticamente questi pullman elettrici, all’interno dei giardini Vaticani?

    R. – Verranno guidati da personale specializzato, ospiteranno al loro interno persone che si sono prenotate e, secondo i giri in programma indicati preventivamente, potranno fare questo affascinante percorso. Si attraversano i boschi, i giardini, accanto gli edifici, le cappelle, i luoghi di culto; è lo stesso percorso che fa il Papa tutti i giorni.

    D. – Allargando il nostro sguardo, possiamo dire che, nonostante la crisi, i Musei Vaticani restano sempre un polo di attrazione notevole per turisti e visitatori…

    R. – I Musei Vaticani, come gli Uffizi di Firenze, come il Louvre di Parigi, come i grandi musei del mondo, testimoniano - e questo secondo me è consolante - il ruolo gratificante e consolatorio, è il caso di dirlo, dell’arte e della cultura in tempi di crisi, in tempi di povertà sempre più diffusa. La gente continua a far la coda agli Uffizi e ai Musei Vaticani, o al Colosseo, e questo vorrà pur dire qualcosa. I soldi sono sempre meno, però la gente non rinuncia a visitare le grandi mostre, i grandi musei, a percorrere l’Italia e l’Europa della cultura.

    D. – Quali sono le prossime iniziative, anche guardando all’autunno e all’inverno, dei Musei Vaticani?

    R. – Noi dobbiamo celebrare, lo stiamo pensando e lo faremo, un anniversario di enorme importanza planetaria – una volta tanto è il caso di dirlo – cioè: i 500 anni della inaugurazione della Volta della Cappella Sistina. Il 31 ottobre del 1512 - il prossimo 31 ottobre saranno esattamente 500 anni - il Papa di allora, Giulio II, insieme a Michelangelo assisteva allo scoprimento della Volta della Sistina, da quel momento in poi, la storia dell’arte nel mondo intero è cambiata. Io vorrei che questo evento fosse ricordato e noi lo faremo in modo adeguato a Roma, in Italia ed in tutto il mondo.

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    Cinema: registi esordienti protagonisti alla Settimana della Critica di Venezia

    ◊   Otto film, equamente divisi tra registi e registe e il collettivo “Water”, condiviso tra giovani israeliani e palestinesi: sono le opere prime scelte dalla Settimana della Critica, sezione collaterale della Mostra del Cinema di Venezia. Tutti registi esordienti ma di alta caratura artistica, con la scoperta anche di “Lotus” della cinese Liu Shu, un dolorosa presa di coscienza di come consumismo e capitalismo stiano drammaticamente cambiando il volto della Cina. Il servizio di Luca Pellegrini:

    La commissione di selezione della Settimana della Critica, capitanata da Francesco Di Pace, ha lavorato con il consueto entusiasmo. E quest’anno la presenza di quattro registe, su otto titoli selezionati, sembrerebbe assecondare una specie di cinematografica “quota rosa”. I nomi sono quelli della svedese Gabriela Pichler, la messicana Natalia Beristain, l’americana Xan Cassavetes e la cinese Liu Shu. Una ricerca fatta, però, valutando prima di tutto la qualità dei film, come conferma Di Pace:

    “E’ evidente che noi cerchiamo, in assoluto, i film più belli che ci vengono proposti, le opere d’esordio che riteniamo le più interessanti, che rivelano il talento registico, le linee di tendenza nuove. Il fatto che siano arrivate alla nostra attenzione una alta percentuale di film diretti da donne, non può che farci piacere: questo significa sicuramente che le registe donne sentono un’urgenza, una esigenza di espressione che poi magari nei Paesi in cui la condizione femminile risulta particolarmente drammatica è ancora di più motivo di impegno nel campo artistico, è una cosa che ci rende molto felici”.

    Avete visto oltre 350 titoli, andando a scovare gli esordienti nelle varie cinematografie del mondo …

    “Questo vuol dire che il cinema non si ferma e non si ferma nemmeno il cinema degli esordienti. All’estero ci sono nazioni che investono molto nella possibilità di scoprire nuovi registi di talento. Dall’Italia, la ricerca è – come al solito – più laboriosa, le soddisfazioni ci sono: bisogna sapersele cercare e ottenere. Noi siamo molto contenti di quella che abbiamo ottenuto quest’anno”.

    Si tratta dell’esordio alla regia dell’attore Luigi Lo Cascio con “La città ideale”, in cui guarda all’impegno civile con un film ecologista che diventa un giallo morale. L'apertura della Settimana, il 29 agosto, ha, invece, un grande significato simbolico e politico:

    “Perché ci sembrava il momento – è sempre il momento, forse – giusto, per contribuire – a nostro modo – al tentativo di pacificazione di questo conflitto ormai eterno tra Israele e i Territori palestinesi; ci sembrava giusto cogliere al volo un’occasione che ci stava capitando. Ci era stato proposto questo film che avrebbe avuto la sua prima al Festival di Gerusalemme e quindi per noi è una prima internazionale. E’ un progetto voluto dall’Università di Tel Aviv che, appunto, mette insieme attori, registi, tecnici israeliani e palestinesi. Ci sembra che questo sia il valore più alto. Poi l’abbiamo visto, il film, che è una collection di sette cortometraggi che sono anche di alto livello qualitativo. Quindi, ragione di più per volerlo a tutti i costi come apertura della nostra Settimana”.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 17.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo della moltiplicazione dei pani. Una gran folla segue Gesù, ma non ha cibo per sfamarsi. Un ragazzo offre i suoi cinque pani d’orzo e due pesci. Il Signore li prende e, dopo aver reso grazie, li fa distribuire. Tutti hanno cibo in abbondanza. Gesù allora dice.

    «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto».

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Per cinque domeniche sarà il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni a guidarci: quello della moltiplicazione dei pani, seguito dal discorso sul pane di vita svolto a Cafarnao. C’è una “grande folla”, con almeno 5000 uomini, senza dire poi delle donne e dei bambini. Non c’è denaro né tempo per comprare pane per tutti: ma c’è un cuore generoso di ragazzo che offre la sua merenda di cinque pani e due pesci. Il pane “comprato” non basterebbe, annota Filippo; ma il pane “donato” sì che basta. E mentre passava dalla mano di Gesù a quella dei presenti, di mano in mano, rimaneva abbondante in ogni mano, segno di una generosità che si moltiplicava, di una condivisione che alimentava la sazietà, fino a lasciare anche dodici canestri pieni del pane sopravanzato. Possiamo ammirare il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Mi piace pensare a due particolari: Gesù fa accomodare la gente sull’erba, non solo seduti ma ben comodi, cioè con piena dignità. E poi penso anche a quel ragazzino senza nome, ma che ha donato il suo piccolo tesoro custodito per un intero giorno. Era segno dell’affetto premuroso della mamma per il suo figlio; donato a Gesù e benedetto diviene sacramento di fraternità e di condivisione feconda. Gesti umanissimi che fanno intravedere altro, molto di più.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Romania, domani referendum sul futuro del presidente Basescu

    ◊   In Romania, si apriranno domani le urne per il referendum con cui 18 milioni di cittadini dovranno decidere sulla possibile deposizione del capo dello Stato in carica, il conservatore Traian Basescu: il presidente è accusato dalla maggioranza parlamentare social-democratica di azioni contrarie alla Costituzione, e di responsabilità nell’impoverimento della popolazione a causa del programma di austerità economica varato nel 2010. Basescu ha visto la sua popolarità diminuire fortemente negli ultimi 24 mesi e, secondo alcuni sondaggi, due romeni su tre sarebbero favorevoli alla destituzione. Per essere valido, il referendum dovrà però superare il quorum del 50 per cento. Questa condizione, posta dalla Corte Costituzionale, è stata aspramente contestata dalla coalizione social-democratica, che tuttavia si è a sua volta attirata le critiche di Stati Uniti ed Unione Europea per gli attacchi ai giudici e altri provvedimenti varati per ottenere il referendum. Basescu, attualmente sospeso dalle sue funzioni, ha invitato al boicottaggio del voto, dietro il quale - ha detto - “si nasconde un tentativo di golpe”. Il suo successore ad interim, il social-democratico Crin Antonescu, ha invece ricordato che “il diritto di voto è lo strumento fondamentale per la partecipazione dei cittadini” e per instaurare “una democrazia solida e durevole”. A favorire l’astensione – tradizionalmente alta nel Paese - potrebbe anche essere il periodo estivo, nonostante seggi supplementari siano stati aperti in alberghi, bar e ristoranti delle località di villeggiatura. (A cura di Davide Maggiore)

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    I cristiani in Siria: difficoltà enormi, ma non vogliamo abbandonare il Paese

    ◊   «La Siria è la culla del cristianesimo: San Paolo a Damasco, Antiochia, San Simeone Stilita, San Marone. Noi cristiani abbiamo contribuito alla civilizzazione del Paese con scuole e ospedali, introdotto le fabbriche e il commercio, salvaguardato la lingua araba durante l’occupazione ottomana. Non possiamo abbandonare la nostra terra». Un membro dell’episcopato siriano invita i suoi fedeli a resistere nonostante le enormi difficoltà. E’ solo l’ultima di tante testimonianze - che preferiscono mantenere l’anonimato - giunte ad Aiuto alla Chiesa che Soffre dal martoriato Paese mediorientale. Voci che arrivano - come riferisce la Zenit - numerose anche da Damasco, dove la situazione si fa ogni giorno più drammatica. L’arcivescovo maronita della città, monsignor Samir Nassar, ha chiesto alla Fondazione pontificia di aiutare la sua comunità. «Damasco è stata risparmiata nei primi 16 mesi di violenze – scrive il presule in una lettera - ora tocca a noi soffrire e morire». ACS ha già inviato 20mila euro come aiuto iniziale a dodici sacerdoti e 107 famiglie di rifugiati. «Per la prima volta in vita mia – racconta un sacerdote della capitale – domenica ho celebrato la messa ascoltando il suono degli spari e delle esplosioni». I cristiani che «osano venire in Chiesa per trovare un po’ di coraggio nella Parola di Dio» sono ormai pochissimi. «Il rumore delle bombe è incessante – continua la fonte – e la notte è impossibile dormire». Di giorno la temperatura sfiora i 55°C e le interruzioni di corrente sono molto frequenti. «Damasco è tagliata fuori dal resto del Paese. Siamo a corto di viveri, verdure, pane, gas e carburante». La capitale non è l’unica a soffrire la miseria. Nella relativamente tranquilla regione di Wadi al-Nasara – in arabo «valle dei cristiani» - vicino al villaggio di Marmarita, i rifugiati aumentano di giorno in giorno. Provengono in maggioranza dalle regioni di Homs, Ksair e Hosn. Al momento sono più di 2400 famiglie, almeno 500 in grave difficoltà. «E’ in atto una guerra civile – dice ad ACS un sacerdote – ma malgrado tutto continuiamo il nostro apostolato, siamo vicini ai fedeli e, per quanto possiamo, li aiutiamo economicamente». Fonti locali riferiscono che il costo della vita in Siria è aumentato del 200%. Moltissimi rifugiati hanno lasciato la loro casa durante gli attacchi, senza portare niente con loro. «Dobbiamo dare loro un tetto, viveri e vestiti. La Caritas fa ciò che può, ma le esigenze sono sempre più numerose». Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato alla Chiesa siriana – sostenuta nel 2011 con 330mila euro - un contributo straordinario di 130mila euro devoluto a Caritas Siria e alle famiglie cristiane di Homs. Grazie agli 80mila euro ricevuti, 500 famiglie rifugiatesi nella «valle dei cristiani» avranno viveri per circa sei mesi. La Fondazione ha promesso ulteriori aiuti ed ha invitato i suoi 600mila benefattori in tutto il mondo a pregare per la pace in Siria. (D. M.)

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    Il nunzio in Libano: la visita del Papa, segno di incoraggiamento

    ◊   “La visita del Santo Padre costituirà sicuramente un segno di incoraggiamento per il Libano e per lo spirito che si respira nel Paese”: è l’auspicio espresso, in un’intervista all’agenzia Apic, dal nunzio apostolico a Beirut, mons. Gabriele Giordano Caccia. La presenza del Papa, che sarà nel Paese dei cedri dal 14 al 16 settembre prossimi, “dimostrerà anche che la convivenza è possibile”, afferma il presule, e che “il Libano, nonostante le difficoltà attraversate nella corso della storia, è la prova che c’è un’alternativa allo scontro tra le culture, il dialogo ed i percorsi comuni sono possibili se si cercano seriamente”. Grande, dunque, l’attesa dei libanesi per Benedetto XVI: “Percepisco un grande entusiasmo tra i cristiani – spiega il nunzio – soprattutto tra i cattolici, presenti in Libano con sei riti differenti. Ma grandi aspettative sono condivise anche dai non cristiani, che nutrono molto rispetto per la persona del Papa, per i cristiani e per quello che essi hanno fatto per il Paese”. La visita del Pontefice, continua mons. Caccia, “costituisce un avvenimento importante”, anche perché “Benedetto XVI si è già recato in alcuni Paesi della regione (durante il viaggio apostolico in Terra Santa, nel maggio del 2009 ndr) ed ha convocato il Sinodo speciale per il Medio Oriente”, svoltosi nell’ottobre 2010. “Questo atteggiamento di rispetto, di interesse e di amore per il Medio Oriente, quindi – sottolinea il nunzio – verrà ricambiato dal rispetto e dall’affetto di tutta la popolazione per il Santo Padre”. Rispondendo, poi, ad una domanda sugli effetti che il Sinodo di due anni fa ha suscitato in Libano, mons. Caccia afferma che “ci sono stati molti risvolti positivi. Alla fine dell’Assemblea, i vescovi stessi hanno parlato di una nuova Pentecoste, perché è stata un’esperienza di spirito, di fraternità, di Parola di Dio e di condivisione”. C’è, quindi, “molta attesa” per l’Esortazione apostolica post-sinodale che il Papa firmerà proprio in Libano e che consegnerà ai vescovi della regione ed è “un’attesa felice da parte di tutte le Chiese, poiché le parole del Papa hanno un peso importante in Oriente”. Quanto alle ripercussioni della così detta “Primavera araba” sul Libano, il nunzio esprime preoccupazione per “la violenza, l’ingiustizia e i massacri” e ricorda “il principio della libertà di coscienza, uno dei valori fondamentali della Costituzione” su cui si basa il Paese dei cedri, “segnato da una tradizione di condivisione, convivialità e libertà”. Ciò rende “questa ‘formula’ non solo possibile, ma anche apprezzata e ricercata”, poiché “si basa sulla dignità della persona e sull’esigenza di condivisione con gli altri”. Per questo, i libanesi “sperano che la situazione, nella regione mediorientale, evolva in una direzione auspicata dalla maggior parte della popolazione” e dal canto loro i cristiani libanesi “cercano di dare un contributo per un’evoluzione positiva della situazione”. Infine, mons. Caccia conclude l’intervista ricordando le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel 1997, durante il suo viaggio apostolico nel Paese dei cedri: “Il Libano è più che un Paese – disse Papa Wojtyla – è un messaggio, un messaggio per l’Occidente e l’Oriente, un messaggio di fraternità, libertà e dialogo”. (A cura di Isabella Piro)

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    Cinque anni fa, moriva il cardinale Lustiger. Speciale dossier de "La Croix"

    ◊   Era il 5 agosto del 2007 quando, dopo una lunga malattia, scompariva a Parigi il cardinale Jean-Marie Lustiger, all’età di 80 anni. “Grande figura della Chiesa di Francia, pastore appassionato della ricerca di Dio ed impegnato nell’annuncio del Vangelo al mondo” – così lo definì Benedetto XVI – il cardinale Lustiger fu un brillante intellettuale, che “seppe mettere i suoi doni al servizio della fede per rendere presente il Vangelo in tutti gli ambiti della vita della società”, promuovendo anche “relazioni più fraterne tra cristiani ed ebrei”. Per ricordare, dunque, il compianto arcivescovo di Parigi a cinque anni dalla sua scomparsa, nei prossimi giorni il quotidiano “La Croix” presenterà un dossier intitolato “Il cardinale Lustiger, una lettura spirituale della storia”. Lo speciale conterrà un reportage sulla vita del porporato, insieme a passi scelti dei suoi discorsi più celebri ed ad una cronologia degli avvenimenti più importanti della sua epoca. Gli articoli rifletteranno sull’influenza del cardinale Lustiger sul piano politico, diplomatico e religioso, ma anche intellettuale e letterario, del mondo contemporaneo. Quello sul cardinale Lustiger, però, non sarà l’unico dossier pubblicato da “La Croix”: a partire dal 30 luglio, infatti, ne verranno diffusi altri quattro, dedicati ad altrettanti cardinali significativi della Chiesa francese, vissuti tra il XVII ed il XX secolo. Ad aprire la serie, lunedì prossimo, sarà il card. de Bérulle, uno dei protagonisti della vita religiosa nella Francia del ‘600, segnata dalla Controriforma; il 31 luglio, sarà la volta del cardinale de Retz, che fu anche un noto letterato della fine del ‘600; il giorno seguente il dossier sarà dedicato al cardinale de Bernis, vissuto nel ‘700 svolgendo importanti incarichi diplomatici. Lo speciale del 2 agosto, invece, sarà incentrato sul cardinale Lavigerie, “l’amico dell’Africa” che fondò, nel 1868, i Missionari d’Africa, detti anche “Padri bianchi”. Il 3 agosto, infine, “La Croix” concluderà la serie di dossier con quello riservato proprio al cardinale Lustiger. Nato a Parigi il 17 settembre 1926, il porporato proveniva da una famiglia polacca di religione ebraica che subì la repressione nazista, tanto che la madre morì nel 1943 nel campo di sterminio di Auschwitz. Il piccolo Jean-Marie ebbe salva la vita perché trovò rifugio presso una famiglia di Orléans, a contatto con la quale si convertì al cattolicesimo e ricevette il battesimo, all’età di 14 anni. Dopo gli studi in teologia presso l'Institut Catholique e in lettere e filosofia presso la Sorbona, venne ordinato sacerdote il 17 aprile 1954, all'età di 28 anni. Il 10 novembre 1979, Giovanni Paolo II lo nominò vescovo di Orléans per poi chiamarlo, il 31 gennaio 1981, a guidare l’arcidiocesi di Parigi, carica che il cardinale Lustiger ricoprì fino all’11 febbraio 2005. L’ultimo incontro con Benedetto XVI risale al 10 febbraio 2007, durante un’udienza in Vaticano con una delegazione dell’Accademia di Scienze Politiche e Morali di Parigi. (I.P.)

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    Pakistan: incontro per formare i giovani alla lotta per i diritti umani

    ◊   La Commissione giovanile diocesana di Faisalabad, in Pakistan, ha organizzato dall’8 al 14 luglio un incontro per ragazzi e ragazze sul tema “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”, un’occasione di approfondimento sulla pastorale sociale e il contributo dei cattolici alla crescita del Paese. L’incontro – riferisce l’agenzia AsiaNews – si è svolto al Centro nazionale giovanile di Ayubia, nel Punjab, ed ha raccolto giovani rappresentati di ciascuna parrocchia della diocesi. Il direttore della Commissione diocesana, p. Khalid Raseed Asi, ha sottolineato che i giovani cristiani devono avere un ruolo costruttivo nella promozione dei diritti umani in collaborazione con la Chiesa. Scopo dell’incontro è stato quello di avvicinare i giovani a Dio e alla Bibbia, ai valori della pace e dei diritti umani e accrescere la fiducia in se stessi. Tra i temi affrontati, infatti, i partecipanti hanno approfondito quello della capacità decisionale, l’auto-coscienza e il ruolo dei media nel percorso educativo sui temi della pace e della giustizia all’interno della Bibbia. Al termine dell’incontro i giovani si sono assunti l’impegno di combattere “per un cambiamento positivo nella società”, per rispondere concretamente ai problemi relativi alla promozione della giustizia in diocesi. Hanno espresso la volontà di giocare un ruolo “vitale e costruttivo” nello sviluppo delle persone "oppresse ed emarginate", giurando solennemente di mantenere “libere dalla droga” le loro parrocchie e di diffondere la Parola di Dio. (A.C.)

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    Angola. Dedicato alla riconciliazione delle famiglie il pellegrinaggio al Santuario di Muxima

    ◊   “La riconciliazione delle famiglie”: sarà questo il tema sul quale rifletteranno i fedeli dell’Angola che tra il 3 ed il 5 agosto compiranno il tradizionale pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora di Muxima, nel sud del Paese. Un evento molto atteso che, anche grazie alle migliorie effettuate sulle strade di accesso, quest’anno fa prevedere almeno un milione di partecipanti. A presiedere la Messa inaugurale del pellegrinaggio sarà il vicario generale della diocesi di Luanda, padre Andoni Kiepa, mentre il nunzio apostolico in Angola, mons. Novatus Rogambua, guiderà la Veglia notturna ed il vescovo della diocesi suffraganea di Cabinda, mons. Filomeno Vieria Dias, presiederà la Messa conclusiva, domenica 5 agosto. Durante le celebrazioni, le intenzioni di preghiera saranno incentrate sull’Anno della fede – che avrà inizio l’11 ottobre ed è stato indetto da Benedetto XVI per commemorare il 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II – e sulla nuova evangelizzazione, alla quale è dedicato il prossimo Sinodo generale dei vescovi. Messe speciali saranno poi riservati ai malati, mentre il programma degli eventi prevede anche la Via Crucis. Programmato, di solito, nella prima settimana di settembre, quest’anno il pellegrinaggio è stato anticipato a causa delle elezioni presidenziali e legislative, che si terranno in Angola il 31 agosto. Il Santuario di Muxima si trova sulle rive del fiume Kwanza, a circa 120 km dalla capitale, Luanda. Costruito dai portoghesi tra il 1594 e il 1602, è il Santuario più caro alla pietà popolare angolana, tanto che i fedeli lo chiamano “casa di Mamã Muxima” e si rivolgono alla Vergine con l’affettuoso nome di “Mamã do coração", “mamma del cuore”. Lo stesso Benedetto XVI, ricevendo i vescovi di Angola e São Tomé in visita ad limina nell’ottobre 2011, concluse il suo discorso dicendo: “Vi affido alla protezione della Vergine Maria, tanto amata nelle vostre nazioni soprattutto nel santuario di Mamã Muxima”. (I.P.)

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    Perù. Congresso degli educatori Agostiniani a Lima

    ◊   Si aprirà la mattina 30 luglio a Lima, in Perù, il III Congresso di Educatori e Scuole Agostiniane: duecentocinquanta educatori e alunni delle scuole agostiniane, provenienti da tutto il mondo, si incontreranno nella capitale andina per discutere sul tema “Porta per il Vangelo, Cammino verso il Regno”. Il priore generale dell'Ordine di Sant'Agostino, padre Robert F. Prevost, ricorda che “l'Ordine di Sant'Agostino da secoli pone grande attenzione all'ambito educativo impegnandosi in questo campo". L'Ordine, prosegue il priore, "ha molte scuole nei cinque continenti dove partecipa alla missione della Chiesa di insegnare, di annunciare la Parola e di formare i giovani. Siamo quindi impegnati a dare una formazione cristiana e cattolica nello stile agostiniano che possa aiutare i giovani e le famiglie”. “Siamo impegnati - riprende il religioso - a dare una formazione cristiana e cattolica nello stile agostiniano che possa aiutare i giovani e le famiglie”. Luogo del convegno internazionale, il terzo della serie che prevede incontri ogni sei anni, è il Colegio San Agustín a Lima, dove l'Ordine offre il suo servizio educativo ai ragazzi e alle famiglie. Riprende Padre Prevost: “In America Latina abbiamo molte scuole e anche per questo motivo abbiamo scelto il Perù come luogo del Convegno. Ci troveremo insieme per rilettere sulla missione ecclesiale delle nostre scuole, cioè per essere studenti o professori nelle nostre scuole e vivere questo ruolo come membri della Chiesa”. L'Ordine di Sant'Agostino ha come padre spirituale il Santo vescovo di Ippona Agostino (354 - 430) ed è stato fondato nel 1244 per vivere e promuovere lo spirito di comunità così come era vissuto dalle prime comunità cristiane. Le Scuole Agostiniane sono presenti in tutto il mondo. Per quanto riguarda l'Europa, in Spagna ci sono circa una cinquantina di istituzioni educative e altre significative presenze, come scuole secondarie superiori, sono sull'Isola di Malta, in Irlanda e in Inghilterra. Altre realtà educative agostiniane sono presenti nell'America del Nord sotto forma di scuole secondarie e università. In tutto il Sud America accanto a ogni comunità agostiniana ci sono collegi. In Africa la presenza di strutture educative dell'Ordine di Sant'Agostino è in via di sviluppo in Nigeria, Congo e Tanzania. In Asia c'è una significativa presenza di istituzioni educative agostiniane in Giappone mentre grande importanza rivestono scuole e collegi nelle Filippine. (D. M.)

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    Porto Rico: l’80% dei minori vive in zone di povertà estrema

    ◊   Il "Consejo Nacional de La Raza", un gruppo ispano che si occupa della difesa dei diritti civili, ha realizzato uno studio da cui è emerso che oltre l’80% dei bambini di Porto Rico vive in zone di estrema povertà. Secondo i dati raccolti – riferisce l’agenzia Fides – il tasso di povertà infantile dell’isola è tre volte superiore a quello degli Stati Uniti, con circa 500 mila minori poveri e altri 786 mila che vivono in zone con elevate condizioni di povertà. Lo studio ha anche messo in evidenza che gli adolescenti che non studiano né lavorano è il doppio rispetto agli Stati Uniti. Porto Rico ha il 56% dei bambini cresciuto da un solo genitore e il 54% ha genitori senza un lavoro fisso. L’appello lanciato dagli attivisti è quello di creare dei programmi specifici per ridurre la povertà e aumentare gli aiuti economici verso queste fasce di minori. In vista delle elezioni che si terranno a novembre, i politici locali sono maggiormente concentrati sui drammatici problemi di violenza e di droga che affliggono l’isola. (A.C.)

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    Ecuador: lo Stato condannato a risarcire il popolo Sarayaku

    ◊   Lo Stato dell’Ecuador è stato condannato dalla Corte interamericana dei diritti umani (Cidh) a risarcire il popolo indigeno Sarayaku con un milione e mezzo di dollari per aver provocato danni ai territori ancestrali dei nativi amazzonici attraverso le attività petrolifere. La sentenza è stata emanata in conseguenza alla denuncia presentata dai Sarayaku contro lo Stato, accusato di aver concesso lo svolgimento di attività petrolifere all’azienda argentina Cgc già dal 1996 senza consultare gli abitanti del luogo. Il risarcimento – riferisce l’agenzia Misna – verrà incassato dall’Associazione del popolo Sarayaku, oltre ai 18mila dollari di spese giudiziarie di cui beneficerà il Centro di giustizia e diritti internazionale (Cejil) che ha assistito legalmente gli indigeni. L’Associazione ha espresso, attraverso una nota, “soddisfazione per questa vittoria raggiunta grazie allo sforzo della popolazione e all’appoggio di persone e organizzazioni solidali e impegnate nel rispetto dei diritti dei popoli indigeni”, aggiungendo che i Sarayaku “vigileranno affinché la sentenza sia applicata” e i territori indigeni siano protetti “da attività estrattive dannose, come quella petrolifera”. I legali avevano incentrato la loro difesa sulla responsabilità “di non aver convocato una consultazione preliminare e libera e informata, violando i diritti del popolo Sarayaku alla proprietà collettiva e all’identità culturale”. Tra le colpe dello Stato ecuadoriano, anche quella di “aver messo a rischio la vita e l’integrità personale” dei nativi attraverso la collocazione “di esplosivi ad alto potenziale nei loro territori”. (A.C.)

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    Giornata contro l'epatite. L'Oms: oltre un milione di morti all'anno

    ◊   Ricorre oggi la seconda giornata mondiale contro l’epatite virale: lo slogan scelto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, quest’anno, ricorda che la malattia “è più vicina di quanto pensi”. Particolare attenzione sarà dedicata dunque all’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sul virus che uccide ogni anno, nelle sue diverse forme, un milione di persone, e provoca malattie croniche in altre 500 mila. Nonostante la sua gravità, la malattia è spesso asintomatica: nella maggior parte dei casi, ricorda la dott.ssa Sylvie Briand dell’Oms, “i malati di epatite restano inconsapevoli, senza una diagnosi, e non curati”. Per questo, prosegue, “solo aumentando la consapevolezza sulle differenti forme di epatite, su come possono essere prevenute e curate, possiamo fare il primo passo per mettere pienamente sotto controllo la malattia e salvare migliaia di vite”. (D.M.)

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    Gemelli e Bambino Gesù: al via centro per interventi salvavita durante il parto

    ◊   L'ospedale pediatrico "Bambino Gesù" e il Policlinico Universitario "Agostino Gemelli" daranno vita ad un centro all'avanguardia per gli interventi durante il parto. Il nuovo Centro Exit, il primo strutturato in Italia, frutto della collaborazione tra i due ospedali romani, sarà presentato martedì 31 luglio alle ore 11.00 presso la Sala Multimediale del Policlinico Gemelli. L’EXIT (ex utero intrapartum treatment), è una tecnica di chirurgia fetale salvavita che viene applicata direttamente al momento del parto cesareo e prima di separare il piccolo dalla madre quando la sopravvivenza del nascituro è a serio rischio a causa di anomalie fetali gravi al punto da comprometterne la rianimazione in sala parto (lesioni toraciche estese, lesioni polmonari complesse, cardiopatie, tumori). Si tratta di un percorso assistenziale interistituzionale assolutamente innovativo per sottrarre a morte certa o a una vita di disabilità neurologica grave i neonati. All’incontro di presentazione saranno presenti, tra gli altri il Direttore del Policlinico Gemelli, Maurizio Guizzardi, il Presidente del Bambino Gesù, Giuseppe Profiti e il Preside della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, Rocco Bellantone. (D. M.)

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    Il pellegrinaggio di preghiera "Jospers Journey" farà tappa ad Assisi il 2 agosto

    ◊   Jospers Journey arriva ad Assisi. Questo “pellegrinaggio di preghiera” consente a tutti, da qualunque parte del mondo, di affidare le proprie intenzioni ad Opera romana pellegrinaggi (Orp), che deporrà fisicamente le preghiere nelle diverse mete di Jospers Journey. Le prime due tappe - riferisce il Sir - hanno visto arrivare all’Orp oltre 2 mila intenzioni di preghiera che sono state deposte l‘11 febbraio a Lourdes nell’anniversario della prima apparizione della Vergine Maria a Bernadette Soubirous, e il 13 maggio ai piedi della statua pellegrina della Madonna di Fatima per la Giornata del pellegrino a Roma. Prossima tappa di Jospers Journey sarà Assisi. Un piccolo gruppo di pellegrini, guidati da padre Caesar Atuire, amministratore delegato di Orp, partirà da Foligno, nel cuore della Valle Umbra, e arriverà ad Assisi il 2 agosto, Festa del Perdono di Assisi, giorno in cui si può chiedere il dono dell‘indulgenza plenaria, proprio come chiese ed ottenne San Francesco nel 1216 alla Porziuncola. Il piccolo gruppo di pellegrini in “missione speciale” sosterà in preghiera alla Porziuncola per poi giungere alla basilica di Santa Chiara, dove le intenzioni di preghiera verranno affidate alle Clarisse. Le intenzioni possono essere inviate all'Opera Romana Pellegrinaggi tramite internet. (D. M.)

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    I vescovi svizzeri: sobrietà, giustizia e responsabilità per superare la crisi

    ◊   "Il denaro è a servizio dell'uomo, e non l'uomo schiavo del denaro": si intitola così il messaggio che la Conferenza episcopale svizzera ha pubblicato in vista della Festa nazionale, che ricorre il primo agosto. Un documento che riflette sull’attuale crisi economica e finanziaria, aiutando a comprendere l’atteggiamento cristiano verso il denaro ed il profitto. “Il denaro non è fatto per moltiplicarsi da sé. E non è fine a se stesso – scrivono i vescovi svizzeri - Se il mondo finanziario vive per se stesso, perde la sua ragion d'essere. Chi investe e guadagna, non badando all'infelicità del prossimo, agisce irresponsabilmente”. Evidenziando poi come “in larga misura, i mercati finanziari internazionali conducano un'esistenza propria, scissa dalle necessità dell'economia reale e a stento controllabile”, la Conferenza episcopale elvetica sottolinea l’urgenza di “trovare mezzi e percorsi per riequilibrare questo pericoloso squilibrio”, poiché “sarebbe irresponsabile lasciar stare tutto com’è”. Ricordando in particolare la crisi immobiliare negli Stati Uniti, i vescovi svizzeri sottolineano che “fa parte di un impiego responsabile del denaro non investire in operazioni commerciali eccessivamente rischiose”. Inoltre, dato che “il benessere ha i suoi limiti e non può essere prodotto all'infinito”, i presuli notano che “non bisognerebbe cadere nella tentazione di vivere costantemente al di sopra delle proprie possibilità: chi lo fa cade in una spirale malsana di debiti”. Di qui, la sottolineatura forte del fatto che banche e singoli sono parimenti responsabili nell’utilizzo del denaro, con il richiamo alla necessità di “accontentarsi del necessario, un'arte che dobbiamo riscoprire nei nostri Paesi altamente industrializzati”, perché “chi possiede quest'arte saprà riscoprire altre ricchezze”. Guardando, inoltre, ai più poveri, i vescovi svizzeri ribadiscono che “un atteggiamento cristiano nei confronti del denaro significa impegnarsi per un'equa distribuzione delle risorse economiche”, il che implica “impegno politico, attività caritativa e collaborazione allo sviluppo”, senza “venir meno nell'aiuto ai bisognosi, a chi è senza prospettive per il futuro, ai disoccupati, agli emarginati”. Infine, la Conferenza episcopale svizzera conclude il suo messaggio ribadendo che “oggi vale, forse più che mai, che il denaro è a servizio dell'uomo, e non l'uomo schiavo del denaro” e che “con profonda fiducia in Dio, si può guardare all’avvenire”. (I.P.)

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    Mons. Mencuccini, un "vescovo motociclista" in aiuto del Borneo

    ◊   Un evento singolare quello che si terrà domani al Santuario di San Gabriele, ai piedi del Gran Sasso, nel contesto delle celebrazioni per il 150.mo anniversario della morte del Santo. Da varie parti d’Italia giungeranno centinaia di motociclisti per una festa in suo onore, guidati dal vescovo passionista Giulio Mencuccini, in sella ad una Yamaha Supertenerè 1200 cc. Il presule, missionario da oltre trent’anni in Indonesia e a guida della diocesi di Sanggau, nel Borneo occidentale, è solito utilizzare la moto nel suo quotidiano lavoro pastorale, poiché è il mezzo di trasporto più adeguato per attraversare le foreste del Borneo per l’annuncio del Vangelo. Lo scopo del raduno dei motociclisti sarà soprattutto quello di raccogliere fondi per costruire un asilo polivalente nella diocesi indonesiana da cui proviene. Il programma prevede un giro turistico della zona al termine del quale sarà celebrata una Messa, presieduta da mons. Mencuccini, presso il Santuario. A conclusione della mattinata, un momento di preghiera, preceduto da un minuto di silenzio e dal rintocco del campanile, sarà dedicato per ricordare tutti i motociclisti che hanno perso la vita. (A.C.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 210

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito http://it.radiovaticana.va/index.asp

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.