Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 27/07/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Fuga di documenti riservati. Il Papa ai giudici: proseguire con solerzia il lavoro
  • Rinunce e nomine
  • I Papi del Novecento e le Olimpiadi: un secolo di ammirazione per i valori etici dello sport
  • Mons. Chullikatt all'Onu: disarmare il mercato internazionale delle armi
  • L'arcivescovo Minassian ripercorre la visita del cardinale Sandri in Georgia e Armenia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: si teme un massacro ad Aleppo. L'arcivescovo Jeanbart: l'Occidente ci aiuti
  • Caso Ilva. Mons. Santoro: coniugare attenzione alla salute e stabilità dei posti di lavoro
  • Milano: via libera al registro delle unioni civili. Forum famiglie: scelta ideologica
  • Concluso Congresso degli Istituti secolari: “Grati al Papa per il suo incoraggiamento”
  • Mille giovani verso Assisi per la 32.ma Marcia francescana
  • Presentata la 69.ma Mostra del cinema di Venezia: la crisi protagonista sul grande schermo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Londra. “Le Olimpiadi, tempo di pace”: mons. Nichols dà il benvenuto agli atleti
  • Spread in calo per effetto Draghi. In Spagna vola il tasso di disoccupazione
  • Siria. Appello del Patriarca ortodosso di Antiochia: “Urge fermare la guerra”
  • Sant'Egidio: l'opposizione siriana firma "Appello di Roma" per la soluzione politica della crisi
  • Caritas Libano: "Peggiora la condizione dei profughi siriani"
  • Dal Papa in Libano un messaggio per la pace in Siria e la libertà religiosa in Medio Oriente
  • Congo: per la società civile “oltre al Rwanda, anche l’Uganda appoggia l’M23”
  • Ghana: la Chiesa chiede più collaborazione allo Stato nel campo dell’educazione
  • Sud Sudan: aiuti umanitari dall'Unione Europea
  • Filippine: a Mindanao 16 morti in scontri fra esercito ed estremisti islamici
  • Onu: ultime ore per i negoziati sul Trattato sul commercio delle armi
  • Cile: il clero di Mapuche chiede la fine della violenza e la ripresa del dialogo
  • Nuova Zelanda: no della Chiesa al progetto di legge sull'eutanasia
  • Gmg Rio 2013: decine di richieste dai volontari. Aperte le iscrizioni alla Fiera delle Vocazioni
  • Ucraina: pellegrinaggio pan-ucraino all'antica Halyč
  • Irlanda: tutto pronto per il tradizionale pellegrinaggio a Croagh Patrick
  • Il Papa e la Santa Sede



    Fuga di documenti riservati. Il Papa ai giudici: proseguire con solerzia il lavoro

    ◊   Il Papa ha ricevuto in udienza, ieri mattina, la Commissione cardinalizia incaricata di svolgere l'indagine amministrativa sulla fuga di notizie riservate. Lo ha reso noto oggi in un comunicato la Sala Stampa vaticana. Ce ne parla Sergio Centofanti.

    All’incontro erano presenti i cardinali Julian Herranz, Joseph Tomko e Salvatore De Giorgi, accompagnati dal padre cappuccino Luigi Martignani, segretario della Commissione, e inoltre il giudice istruttore Piero Antonio Bonnet, insieme al promotore di Giustizia Nicola Picardi, del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano.

    Benedetto XVI “è stato informato sulle conclusioni in merito alle quali è pervenuta la Commissione cardinalizia e sullo stato di avanzamento della procedura penale in corso”. Ha ringraziato per le informazioni ricevute ed ha invitato la Magistratura vaticana a “proseguire il lavoro con solerzia”.

    Bonnet e Picardi stanno dunque continuando a lavorare alla requisitoria e alla sentenza, che potrebbe essere di proscioglimento o di rinvio a giudizio di Paolo Gabriele, l’ex aiutante di Camera del Papa. Commentando il comunicato, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha detto che le conclusioni del lavoro dei giudici potrebbero essere rese pubbliche dopo la prima domenica di agosto.

    Hanno partecipato all’incontro col Papa anche mons. Angelo Becciu, sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, mons. Georg Ganswein, segretario particolare di Benedetto XVI, Domenico Giani, comandante della Gendarmeria Vaticana, e Greg Burke, consulente per la Comunicazione della Segreteria di Stato.

    inizio pagina

    Rinunce e nomine

    ◊   Negli Stati Uniti, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di San Francisco, presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor George H. Niederauer, in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato nuovo arcivescovo di San Francisco S.E. Mons. Salvatore J. Cordileone, finora Vescovo di Oakland.

    In Spagna, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Orihuela-Alicante presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Rafael Palmero Ramos, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato Vescovo di Orihuela-Alicante S.E. Mons. Jesús Murgui Soriano, finora Vescovo di Mallorca.


    inizio pagina

    I Papi del Novecento e le Olimpiadi: un secolo di ammirazione per i valori etici dello sport

    ◊   L’interesse planetario suscitato gradualmente in epoca moderna dalla ripresa dei Giochi Olimpici non poteva essere ignorato dalla Chiesa. E la prima testimonianza di questa attenzione la si trova nelle parole dei Papi. Da Atene 1896 a Londra 2012, molto spesso l’avvicinarsi della scadenza olimpica ha indotto i Pontefici del Novecento ha dedicare ampie riflessioni ai Giochi in sé e più in generale alla visione cristiana dello sport. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune, nel giorno in cui le Olimpiadi di Londra hanno ufficialmente inizio:

    “Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo”. È un fatto ben noto che il grande annunciatore del Vangelo fosse un competente conoscitore delle discipline olimpiche della sua epoca e che da esse ne ricavasse metafore di pronta presa per far comprendere ai primi cristiani in che modo tendere all’“alloro” della fede. San Paolo è, a ragione, il primo a creare un legame fra sport e Chiesa, quando il primo non si chiamava ancora così e la seconda viveva la sua alba. Con il Novecento, secolo in cui lo sport, grazie anzitutto alle Olimpiadi, comincia ad accendere passioni globali, anche i Papi iniziano a soppesarne la portata di fenomeno sociale di massa. Ma non ne tralasciano mai la dimensione etica più elevata, come sottolineerà ad esempio Giovanni XXIII nell’udienza agli atleti di 83 nazioni che riceve nell’agosto 1960, quando su Roma, assieme alla Cupola di San Pietro, svettano i cerchi olimpici:

    “Olympiorum certaminum decursu omnibus vos
    Nello sviluppo delle competizioni olimpiche darete a tutti un esempio di sana competizione, senza invidia e spirito di contesa, nella lotta che mostrerà la costanza e allegria serena, modesta vittoria, anche, consegnato nel lato successo, le difficoltà tenaci e si rivelerà come atleti veri e vedrete gli spettatori innumerevoli la verità del vecchio proverbio che ha raccomandato: una mente sana in corpo sano”. (Udienza agli atleti olimpici, 24 agosto 1960)

    Un ammonimento paterno, quasi da saggio allenatore quello del “Papa Buono”, ma pieno di un’ammirazione analoga a quella che mostrerà Paolo VI, nel luglio 1976, a Olimpiadi di Montréal appena iniziate. Una conferma che San Paolo ha fatto scuola e che duemila anni dopo il magistero più alto continua a considerare la sport fonte di efficaci parallelismi tra agone del corpo e quello dell’anima:

    “La sfera delle virtù naturali penetri quella degli esercizi fisici e conferisca loro un valore umano superiore, quello morale, fino a raggiungere quello sociale, internazionale, facendo delle Olimpiadi quasi una celebrazione dell’amicizia fra i Popoli, una festa di Pace”. (Angelus, 18 luglio 1976)

    Il giovane Giovanni Paolo II, altro uomo di Chiesa che sa bene cosa sia lo sport, non si distacca ovviamente dall’offrire una lettura cristiana del fenomeno, ma la sua è una visione più vicina ai nostri tempi, in cui esaltazione delle virtù sportive e denuncia di ciò che può corromperle sono facce della stessa medaglia. È il 1982 e davanti a lui sono i vertici del Comitato olimpico internazionale:
    ““Comme manifestation de l’agir de l’homme…Come manifestazione dell’agire dell’uomo, deve essere una scuola autentica e un’esperienza continua di lealtà, sincerità, fair-play, sacrificio, coraggio, tenacia, solidarietà, disinteressamento, rispetto! Quando, nelle competizioni sportive, vincono la violenza, l’ingiustizia, la frode, la sete di guadagno, le pressioni economiche e politiche, le discriminazioni, allora lo sport è relegato al rango di uno strumento di forza e denaro”. (Discorso al Comitato olimpico internazionale, 27 maggio 1982)

    Il suggello più recente è di Benedetto XVI con il suo augurio a Londra e ai suoi Giochi all’ombra del Big Ben. È lo scorso 22 luglio:

    “Le Olimpiadi sono il più grande evento sportivo mondiale, a cui partecipano atleti di moltissime nazioni, e come tale riveste anche un forte valore simbolico. Per questo la Chiesa Cattolica guarda ad esse con particolare simpatia e attenzione. Preghiamo affinché, secondo la volontà di Dio, i Giochi di Londra siano una vera esperienza di fraternità tra i popoli della Terra”. (Angelus, 22 luglio 2012)


    inizio pagina

    Mons. Chullikatt all'Onu: disarmare il mercato internazionale delle armi

    ◊   Proprio nei giorni in cui gli Stati Uniti sono stati scossi dalla strage di Denver, la Santa Sede è tornata a ribadire la necessità di non considerare gli armamenti come beni commerciali comuni. Il forte monito è stato pronunciato da mons. Francis A. Chullikatt alla Conferenza Onu per il Trattato sul commercio delle armi che si chiude oggi a New York. L’osservatore vaticano presso il Palazzo di Vetro ha esortato la comunità internazionale a contrastare il traffico illegale di armi ed ha chiesto agli Stati di fornire assistenza alle vittime dei conflitti armati. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La Santa Sede è convinta che un Trattato sul commercio delle armi “possa fare la differenza per milioni di persone” vittime dello “sregolato e irresponsabile traffico di armi e munizioni e l’illecita acquisizione di esse da parte” di criminali. E’ quanto sottolineato da mons. Francis A. Chullikatt alla Conferenza Onu sul commercio delle armi a New York. L’osservatore vaticano al Palazzo di Vetro ha quindi auspicato che l'obiettivo finale di un tale Trattato sia “il disarmo del mercato internazionale” delle armi. Il presule non ha dunque mancato di evidenziare che il traffico illecito delle armi ha un impatto negativo sullo “sviluppo, la pace, la legge umanitaria e i diritti umani”. Le armi, è stato l’avvertimento di mons. Chullikatt, “non possono essere meramente comparate agli altri beni che vengono scambiati sui mercati nazionali e internazionali”. Le armi, ha soggiunto, necessitano di una “regolarizzazione specifica” che sia in grado di “prevenire, combattere e sradicare l’irresponsabile e illecito traffico” di armi e munizioni. Per far questo, ha detto, serve l’impegno di tutti i membri della comunità internazionale dagli Stati alle organizzazioni internazionali, dalle Ong al settore privato.

    Mons. Chullikatt ha elencato una serie di misure da attuare tra cui una maggiore collaborazione fra gli Stati, un reale controllo anche delle armi di piccolo calibro, una maggiore trasparenza nel commercio legale delle armi. Una particolare attenzione è stata inoltre posta dal diplomatico vaticano sulle vittime dei conflitti armati che, ha detto, devono ricevere assistenza e cura da parte degli Stati senza trascurare il loro reintegro sociale ed economico. Mons. Chullikatt ha così messo l’accento sull’importanza della promozione di una cultura della pace. Servono, ha osservato, delle “iniziative educative e dei programmi che accrescano la consapevolezza” sul tema e che “coinvolgano tutti i settori della società, includendo le organizzazioni religiose”. Questo sforzo, ha affermato, vede la Santa Sede impegnata in prima linea e servirà a promuovere la pace e a “contrastare la cultura della violenza e della criminalità”. Da ultimo, l’arcivescovo Chullikatt ha sottolineato che l’adozione di un forte ed efficace Trattato sul commercio delle armi rappresenta una segnale importante di “volontà politica” dei governi per “assicurare pace, giustizia, stabilità e prosperità nel mondo”.

    inizio pagina

    L'arcivescovo Minassian ripercorre la visita del cardinale Sandri in Georgia e Armenia

    ◊   Alcuni giorni fa il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, cardinale Leonardo Sandri, ha effettuato una visita in Georgia e Armenia. L'arcivescovo Rafael Minassian, ordinario per gli armeni cattolici dell'Europa orientale, ripercorre - al microfono di Robert Attarian - i momenti salienti del viaggio:

    R. – Il fatto più importante è stata la celebrazione del 20.mo anniversario dello stabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Georgia e l’Armenia. Quindi, la presenza del cardinale Leonardo Sandri è stata l’occasione per rafforzare le relazioni tra lo Stato e la Chiesa cattolica, da un lato; dall’altro, abbiamo abbiamo avuto un incontro con il Patriarca ortodosso della Georgia, durante il quale abbiamo vissuto un’esperienza profonda di intimità e di amore nei rapporti tra le due Chiese. Sono stati ricordati la presenza e l’incontro del Beato Giovanni Paolo II in Georgia, e quindi il Patriarca ha presentato le sue opere musicali, delle quali ha eseguito per noi la sua “Ave Maria”, creando un’atmosfera di familiare intimità tra le due Chiese, ortodossa e cattolica. Questo, in Georgia. Anche l’incontro in Armenia è stato interessante per quanto riguarda gli appuntamenti e le esperienze di vita insieme al Patriarca armeno Karekin II, sia anche per le visite ufficiali compiute dal cardinale Sandri al presidente dell’Armenia, al ministro degli Affari esteri che per alcuni anni è stato ambasciatore presso la Santa Sede quando era ambasciatore in Francia. Tutti questi incontri hanno confermato le buone relazioni tra le due Chiese in un’atmosfera di sincerità, semplicità e unità. E questo è molto importante per la vita della Chiesa in missione.

    D. – Quali sono i suoi progetti futuri?

    R. – Uno in particolare: la visita di un’altra autorità ecclesiale in Armenia, sulla scia della visita del cardinale Sandri, per rafforzare ancora di più i legami tra la Santa Sede e la Chiesa apostolica armena. Come ha ricordato anche un vescovo, la Chiesa cattolica armena sta vivendo una sorta di “luna di miele”, e io aggiungo: che non sia una luna di miele passeggera, ma che sia per l’eternità.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un lavoro da proseguire con solerzia: il Papa alla Commissione cardinalizia e ai magistrati incaricati delle indagini sulla fuga di notizie.

    In prima pagina, un editoriale dell’ambasciatore britannico presso la Santa Sede, Nigel Marcus Baker, dal titolo “I veri momenti di gloria”: in occasione delle Olimpiadi restaurato il film “Chariots of Fire”.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la Siria, con Assad che lancia una nuova offensiva.

    A proposito della bellezza della conoscenza “inutile”, in cultura, fratel Guy J. Consolmagno spiega perché alcuni gesuiti diventano astronomi.

    Un articolo di Emilio Ranzato dal titolo “Di corsa verso la gloria”: restaurato il film di Hugh Hudson che trent’anni fa vinse a sorpresa quattro Oscar.

    Cinque cerchi in giallo e rosa: Giulia Galeotti sulla ristampa, in Italia, del thriller di Liza Marklund “Delitto a Stoccolma”.

    Un articolo di Erminio Gallo dal titolo “Memoria recuperata”: dallo studio dei manoscritti relativi alla figura di san Casto la difficile opera di ricostruzione delle origini della Chiesa a Trivento.

    Nell’informazione religiosa, un articolo dal titolo “Opposizione in Scozia alle nozze tra omosessuali”: vescovi cattolici e leader anglicani rifiutano il progetto del Governo.

    L’ora di un nuovo inizio: nell’informazione vaticana, un articolo sulla visita pastorale del cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, nella Repubblica Centroafricana.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Siria: si teme un massacro ad Aleppo. L'arcivescovo Jeanbart: l'Occidente ci aiuti

    ◊   Ancora una giornata drammatica in Siria, con le violenze che si stanno concentrando in queste ore soprattutto a Damasco e ad Aleppo; qui migliaia di militari e ribelli si stanno dando battaglia nel centro della città. Migliaia i civili rimasti intrappolati tra i due fuochi o in fuga sotto i bombardamenti; si teme un nuovo bagno di sangue, come denunciato stamattina dall’Alto commissario Onu per i Diritti Umani, Navi Pillay. Sempre ad Aleppo, nelle ultime ore, è stato rapito ed ucciso un imam sunnita, noto per le sue prediche in favore del dialogo islamo-cristiano. Intanto, oggi a Londra, l'inviato speciale Kofi Annan incontrerà il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. E un appello per una via d’uscita pacifica dalla crisi è venuto dall’arcivescovo cattolico greco-melkita di Aleppo, mons. Jean-Clément Jeanbart, a conclusione di un breve vertice con gli altri vescovi cattolici tenutosi ieri nel suo arcivescovado. Lo ha intervistato la collega della redazione francese Manuella Affejee:

    R. – Ce que nous demandons, si l’Occident, si les chrétiens en Occident, si les …
    Quello che noi chiediamo, se l’Occidente, i cristiani d’Occidente, se i Paesi di buona volontà vogliono aiutarci, che spingano per il dialogo e per l’intesa, ad un compromesso; in altri termini, che sostengano la missione Annan con tutte le loro forze, che tentino di fare in modo che gli scontri e i conflitti finiscano e al contempo non incoraggino e non stimolino la violenza e l’odio, quanto piuttosto tentino di richiamare alla calma e alla ragione. Ecco, questo soprattutto: credo che i Paesi europei, la Nato, gli altri Paesi arabi collegati possano ottenere questo facilmente. Come la Russia, dall’altro canto, anche altri Paesi che possono fare pressione sul governo siriano affinché faccia qualcosa in questo senso. Ma questo non potrà accadere se non ci sarà un cessate-il-fuoco con la cessazione delle violenze da tutte e due le parti. Solo il dialogo può portare a risultati: non so se altri orientamenti, altri mezzi possano risolvere il problema. Non lo so. E’ una guerra che può trascinarsi e procurare gravi danni a tutti: al Paese, al governo, ai cittadini, alla regione stessa. Speriamo che la situazione non degeneri. Siamo preoccupati per le sorti della libertà d’espressione, della libertà di scelta, della libertà di appartenenza religiosa – ci sembra di vedere che le cose vadano esattamente nel senso contrario. Quello che noi possiamo fare è pregare: sappiamo che i nostri mezzi sono molto deboli. Non abbiamo che la parola, e noi in un modo o nell’altro siamo imbavagliati. E quello che mi preoccupa è che saremo ancora più imbavagliati dopo, se le cose non si risolveranno in maniera democratica, in un modo degno di questo XXI secolo. Chi verrà, verrà: non è questo che ci preoccupa. Quello che ci importa è che ai cittadini vengano riconosciuti tutti i diritti e tutti i doveri; che, al tempo stesso, a tutti i cittadini siano riconosciuti i loro diritti. Possiamo soffrire forse per la povertà, ma non vogliamo più soffrire per la mancanza di libertà e di diritti …

    Intanto, la Croce Rossa internazionale ha deciso di ritirare dalla Siria parte del suo personale straniero a causa del deterioramento della situazione. E per la prima volta dall'inizio dello scoppio della guerra in Siria, forze fedeli al regime di Damasco si sono scontrate nella notte con l'esercito giordano lungo il confine tra i due Paesi. Un episodio preoccupante per il pericolo di allargamento del conflitto, in uno scacchiere, come quello mediorientale, già precario. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni Internazionali presso l’Università di Firenze:

    R. – Un episodio sicuramente preoccupante, ma anche probabilmente limitato al calore della battaglia. Stanno uscendo dalla Siria, in direzione della Giordania, migliaia e migliaia di profughi soprattutto dalla vicina Damasco e dalla Giordania provengono aiuti alle varie fazioni. Gli uomini fedeli al regime di Assad, inevitabilmente prima o poi sparano sui giordani e viceversa.

    D. – Evidentemente un Paese in guerra diventa un problema per i Paesi confinanti, proprio per la massa di profughi che produce un conflitto. In questo caso la situazione è peggiorata dal fatto che ci troviamo in uno scacchiere, come quello Mediorientale, in cui gli equilibri sono già molto precari…

    R. – E’ grave soprattutto per un Paese povero come la Giordania, che è anche una monarchia assai fragile, con un delicatissimo equilibrio interno e con un re che sta cercando in tutti i modi di evitare la sua “Primavera Araba”. Se su un Paese come questo si abbatte una massa di profughi che vanno in qualche modo accolti e si verificano incidenti, il re ha un lavoro ancora più difficile da svolgere.

    D. – Dobbiamo ricordare anche che la Giordania ha un ruolo di stabilizzazione importantissimo in Medio Oriente…

    R. – Sì, perché è un Paese molto tradizionale, la sua dinastia è molto antica, assieme a quella dell’Arabia Saudita ed è di conseguenza un elemento di stabilità e come tutti gli elementi di stabilità ha una sua fondamentale gracilità.

    D. – Anche in Libano la situazione è davvero drammatica, si parla di decine di migliaia di persone che stanno arrivando oltre confine proprio dalla Siria…

    R. – Il Libano incredibilmente è abituato da decenni ad arrivi e partenze traumatici e caotici, è più attrezzato, è un Paese composto e complesso. La Giordania è, invece, un Paese un po’ più semplice, meno preparato a questi eventi. Gli unici grandi eventi di profughi sono stati quelli palestinesi - o nel ’48 o nel ’67 - ed in parte quegli iracheni, ma questa è un’ondata che il re, in una fase assai delicata della sua transizione, non può permettersi facilmente.

    D. – Rispetto al Libano è anche un Paese molto più povero…

    R. – Molto più povero! I libanesi trafficano ad ogni livello; anche i giordani trafficano, ma evidentemente con minori proventi.

    inizio pagina

    Caso Ilva. Mons. Santoro: coniugare attenzione alla salute e stabilità dei posti di lavoro

    ◊   Forte tensione a Taranto, dove proseguono i blocchi stradali e altre manifestazioni di protesta da parte dei lavoratori dell'Ilva, dopo che la magistratura ha disposto ieri il sigillo per parte degli impianti dello stabilimento siderurgico all’origine di un grave inquinamento ambientale. L’allarme è che la decisione possa mettere a rischio migliaia di posti di lavoro. I sindacati hanno indetto intanto uno sciopero a oltranza. Nessuno ha eseguito il sequestro degli impianti, nessuno ha fermato la produzione dell'Ilva”, hanno affermato stamani, in conferenza stampa, il procuratore generale presso la Corte di Appello di Lecce, Giuseppe Vignola, e il procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, indicando tempi non immediati per l’esecuzione del provvedimento. E' stata fissata per il 3 agosto prossimo, infatti, la discussione dinanzi al tribunale del Riesame di Taranto del ricorso presentato dall'Ilva contro il sequestro e le misure cautelari nei confronti degli 8 indagati, da ieri agli arresti domiciliari. Della questione si è parlato anche al Consiglio dei ministri di oggi. Vicinanza agli operai è stata subito espressa dall’arcivescovo della città, mons. Filippo Santoro. Ma quale la sua reazione di fronte alla decisione della magistratura? Ascoltiamolo al microfono di Antonella Palermo:

    R. – La mia reazione, in primo luogo, è di vicinanza e di solidarietà con i lavoratori che rischiano grosso: rischiano di perdere il posto di lavoro e sono in numero considerevole, valutando anche l’indotto delle fabbriche che supportano l’Ilva e che lavorano insieme a essa. Dall’altro canto, il provvedimento è di tutto rispetto: la magistratura cioè deve fare il suo corso, è chiaro. Però, quello che si può fare, quello che si può invocare, è negoziare soluzioni più attendibili, che è cio che ho sempre desiderato: coniugare l’occupazione, il lavoro, con la salute e con la difesa della vita. La sentenza del giudice è venuta, i magistrati sono intervenuti dopo tanta insistenza: è un problema che si trascinava da anni ed anni. E ora accompagniamo con trepidazione questo momento. Speriamo che la saggezza e la responsabilità illumino tutti, in particolare i lavoratori e le autorità politiche.

    D. – Che tipo di soluzione invoca lei, concretamente? Come effettivamente garantire l’equilibrio di cui parlava?

    R. – Da parte del governo, innanzitutto, riconosco che finalmente c’è stata un’intesa tra il governo centrale, la regione Puglia, la provincia e il comune: un’unità che si è realizzata – è chiaro – con l’acqua alla gola, ma si è realizzata. Perciò un intervento che si potrebbe fare è un intervento che identifichi in maniera rigorosa le bonifiche che devono essere apportate per non interrompere la produzione e quindi per non far saltare tutta l’occupazione; descrivere, scendere nei dettagli degli interventi che lo Stato può fare. Infatti, c’è uno spazio di interventi attraverso le bonifiche per ridurre le emissioni di diossina e tutte le altre forme inquinanti: questo deve essere deciso, definito, per offrire garanzie per la salute e per la vita.

    D. – Continueranno intanto ad oltranza le proteste ed i blocchi stradali che stanno paralizzando la città. Cosa si sente di esprimere ai lavoratori e anche alla popolazione tutta? Quali sono i suoi timori?

    R. – Prima dei miei timori, io dico che se questi interventi di risanamento garantiscono da un lato la salute e dall’altro lato non è messa in discussione la stabilità del lavoro, il posto del lavoro, possono introdurre nella città una certa pace. Se ci sono queste garanzie, penso che gli animi si rassereneranno. D’altro lato, è importantissimo far sentire a tutti i lavoratori la vicinanza delle autorità, che il problema non è solo loro, che perdono il lavoro e sono rovinati: no. Tutta la comunità si sta interessando per loro. Quindi, come pastore, oltre alle preghiere – in diverse comunità si sta pregando, si stanno facendo veglie – c’è questo lavoro per una concertazione delle forze politiche e di tutta la società a Taranto. Questo è il nostro compito: favorire l’unità e aiutare ad un giudizio sereno, in questo momento.

    inizio pagina

    Milano: via libera al registro delle unioni civili. Forum famiglie: scelta ideologica

    ◊   Da oggi, Milano ha un registro che certifica le unioni civili, in cui si potranno iscrivere tutte le coppie conviventi, sia etero che omosessuali, residenti nel capoluogo lombardo. La delibera che lo istituisce è stata approvata dopo una lunga "maratona notturna" in consiglio comunale, con 27 voti favorevoli, 7 contrari e 4 astenuti dell’ala cattolica del Pd. Il testo definitivo non è ancora stato reso noto, ma il sindaco Pisapia ha tenuto a precisare che da oggi a Milano “ci sono più diritti”, senza nessuna “apertura” ai matrimoni tra persone dello stesso sesso. Gabriella Ceraso ha raccolto il parere di Francesco Belletti, presidente del Forum associazioni familiari:

    R. - L’esito è un po’ deludente, nel senso che in queste settimane, il tema di questi registri amministrativi è stato ampiamente dibattuto e, di fatto, anche l’esperienza degli oltre 80 comuni che hanno già istituito i registri hanno dimostrato che praticamente non si iscrive nessuno. Dal punto di vista amministrativo, è un’azione irrilevante ed è abbastanza sorprendente che un consiglio comunale di una città così importante, faccia una maratona, che di solito viene riservata all’approvazione del bilancio preventivo. Qui, a Milano, hanno scelto di fare un’azione del genere per un tema che intanto non "sposta" niente per i cittadini milanesi.

    D. - Il sindaco però ha precisato: "Da oggi Milano ha più diritti”. Probabilmente, in riferimento a tutta una serie di accessi ai servizi che i conviventi potranno avere – servizi garantiti dal Comune – come le coppie sposate. Più o meno diritti, dunque?

    R. - Nel merito, la delibera approvata mi risulta che rimandi ad ulteriori atti amministrativi per definire quali sono i diritti ed i doveri; anche qui forse si parla sempre dei diritti e non si capisce quali sono i doveri. Oggettivamente, oggi per molte coppie sposate il sistema fiscale, le liste d’attesa per gli asili nido, l’Isee sono sempre più penalizzanti che non per le coppie conviventi. Quindi, forse se andassimo veramente a fondo, troveremmo che ci sono dei vantaggi competitivi per le coppie di fatto. Ma detto questo, di fatto, già la stessa giunta milanese aveva ampliato un’agevolazione per l’accesso alle case popolari aprendo anche alle coppie di fatto, basandosi sull’attuale assetto amministrativo; non c’era assolutamente bisogno, in nessun modo, di istituire un registro per aprire ad ulteriori diritti. Quindi è una scelta ideologica.

    D. - Vi rassicura l’affermazione del sindaco che ciò non apre la strada ai matrimoni omosessuali?

    R. - Di fatto è l’inizio di un’apertura, per cui è vero, e ci mancava altro, che andassero contro il dettato costituzionale con un documento amministrativo, però questo non ci tranquillizza, anche perché su questo tema si è innescato un grande dibattito in città ed è venuta fuori una grande controversia: il tema non è unitario e non c’è un consenso indiscusso. E allora perché tutta questa fretta? Perché dover chiudere così in anticipo, entro luglio, una questione che meritava un dibattito più ampio e maggiore ascolto?

    D. - Sentendo l’amministrazione comunale, una cosa che sembra chiara è quella che l’augurio, almeno l’auspicio, è che questa scelta del comune sia presa a modello per una questione invece nazionale…

    R. - Se c’è una questione che deve essere discussa dal Parlamento nazionale la si porti lì; invece qui i Comuni, fanno atti puramente formali ed ideologici, perché vogliono influenzare le responsabilità dei livelli superiori. Mi pare un po’ un corto circuito dal punto di vista del rapporto tra le istituzioni.


    inizio pagina

    Concluso Congresso degli Istituti secolari: “Grati al Papa per il suo incoraggiamento”

    ◊   Si è concluso ieri ad Assisi il Congresso dei membri degli Istituti secolari che hanno riflettuto sul tema “In ascolto di Dio ‘nei solchi della storia’: la secolarità parla alla consacrazione” e ai quali Benedetto XVI ha inviato un messaggio di saluto. Al microfono di Linda Bordoni, collega della redazione inglese, Giorgio Mazzola, presidente dell’Istituto Secolare Cristo Re e componente del Consiglio esecutivo della Conferenza mondiale degli Istituti secolari traccia un bilancio dell’appuntamento:

    “Io sono molo contento, ed esprimo così anche il parere di moti presenti qua. I contenuti sono stati davvero significativi, anche il tema si è rivelato prezioso. La lettera del Papa si vede che ha un contenuto non scontato, è un messaggio lungo che tocca punti preziosi e ci è servito molto. Citavo ieri nella sintesi finale del Congresso quello che il Papa ci ha scritto: 'Non abbiate paura delle domande che restano tali”, insomma, ci vuole coraggio a scrivere così per un Papa, è interessantissimo. Ha ricordato, poi, questa reciprocità nel mondo della Chiesa: non è solo la Chiesa che deve dare al mondo, ma è anche il mondo che deve dare alla Chiesa. Noi siamo in mezzo a questo flusso di reciprocità, essendo nel mondo noi ci sentiamo da entrambe le parti: nella Chiesa per dare al mondo e, vivendo in mezzo a esso, ci sentiamo di dover anche aiutare la Chiesa, sempre pronta a dare una parola significativa. È stata anche la presenza del prefetto che ci ha aiutato molto con questa sua attenzione, come dire è stato ‘straripante’. Ha passato con noi parte della giornata, ha parlato più di un’ora e mezza e tutti hanno seguito con grande attenzione, perché parlava proprio con passione e poi – come dicevo – il contenuto è stato sviluppato bene secondo le nostre attese. Sono e siamo contenti”.

    inizio pagina

    Mille giovani verso Assisi per la 32.ma Marcia francescana

    ◊   Una forte esperienza di vita con un programma impegnativo spiritualmente e fisicamente. E’ quella vissuta dagli oltre mille giovani italiani provenienti dalle varie regioni d’Italia e partecipanti alla 32.ma Marcia francescana, in corso fino al 4 agosto. Meta è la Festa del Perdono di Assisi, il prossimo 2 agosto. Zaino in spalla con l’essenziale all’interno, ore di cammino, soste e pernottamenti in alloggi di fortuna: questo caratterizza un’esperienza che, a detta dei partecipanti, è “occasione di conversione”. Tema di quest’anno “Tu sei bellezza”, dalle lodi di San Francesco all’Altissimo. Al microfono di Paolo Ondarza, padre Matteo Marcheselli, tra gli organizzatori della Marcia per l’Umbria:

    R. – C’è bisogno di scoprire una bellezza fuori di noi, una bellezza in noi, che ci renda attraente una vita di fede, una vita d’amore, una vita in relazione con il nostro Dio, tra noi. C’è una fatica – come dire – ad aprire gli occhi e a vedere una bellezza che già è data. Penso soprattutto alla fatica per un giovane di scoprire la bellezza che è lui: la propria storia bella, le proprie ferite diventano un luogo di bellezza se consegnate a Dio, se viste dentro la storia, che è poi un mistero d’amore, come quello della Pasqua.

    D. – E’ un cammino, un cammino per le strade di tutta Italia, ma anche un cammino interiore nel segno dell’essenzialità. Nello zaino dei partecipanti c’è un sacco a pelo, forse qualche stoviglia, posate, un cappello, non mancherà una Bibbia. E’ un’esperienza che rompe con le comodità quotidiane cui i giovani sono abituati…

    R. – Soprattutto, è un cammino molto interiore che ci mette nella condizione di ascoltarci, di ascoltare il nostro corpo e anche questo è un qualcosa di molto nuovo per i giovani, nonostante le tante esperienze fisiche legate anche alla sessualità oppure alle tante esperienze di sport estremi… Tuttavia, c’è una fatica anche nell’ascoltarsi, nell’ascoltare le proprie fatiche, i propri muscoli, le proprie parti del corpo, i propri limiti, i propri dolori, le proprie rabbie…. Sono giornate in cui si impara a conoscersi, si impara a conoscere chi si ha al fianco.

    D. – Potremmo dire, in un certo senso, che questa esperienza aiuta anche a riconciliare il corpo con lo spirito?

    R. – Si, perché l’esperienza di un limite fisico, di un muscolo che fa male, di un ginocchio che non ci permette più di camminare, diventa esperienza in cui accogliere la debolezza del proprio corpo e ci apre quindi alla possibilità di accogliere anche la debolezza della propria anima, dei propri fallimenti morali, spirituali… E’ un incontro con un Dio che ci ama come siamo e che passa attraverso una debolezza, che paradossalmente diventa bella, per cui è la bellezza di un Crocifisso….

    D. – In un momento come quello che stiamo vivendo, un momento caratterizzato da una crisi economica, in cui le aspettative di un lavoro stabile spesso restano deluse, cosa vuol dire per un giovane fare un’esperienza come questa?

    R. - Intanto, è un’esperienza di precarietà e quindi insegna l’affidarsi: anche i ragazzi che camminano con noi non hanno un programma definito di tutta la settimana e ogni giorno si lasciano condurre. Questo insegna a fidarsi che c’è un Padre che provvede a noi, che se cerchiamo prima Lui, Lui viene incontro alle nostre esigenze. Quindi, alla fine viviamo una Parola del Vangelo che ci ha consegnato Gesù, quella di cercare prima di tutto il Regno e poi il vestire, il mangiare: il Padre sa che ne abbiamo bisogno.

    inizio pagina

    Presentata la 69.ma Mostra del cinema di Venezia: la crisi protagonista sul grande schermo

    ◊   E’ stata presentata dal presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta e dal direttore Alberto Barbera la 69.ma Mostra internazionale d’Arte Cinematografica in programma al Lido dal 29 agosto all’8 settembre. Con sale rinnovate, un programma contenuto nei titoli, l’apertura di un mercato e un’attività permanente rivolta ai giovani. Servizio di Luca Pellegrini:

    Torna Alberto Barbera, dopo undici anni, a dirigere la Mostra del Cinema di Venezia e mantiene tutte le sue promesse. Ha deciso che il suo numero "scaramantico" è il 18 e questi sono i film in concorso, altrettanti entrano nella sezione Orizzonti, che assume pari dignità. Non fa mancare né autori né star, né Europa né America, pesca in alcuni Paesi dall’inesistente tradizione cinematografica come Arabia Saudita e Nepal, ma invita anche De Palma e Malick, Kitano e Assayas, Bier e Gitai, Redford e Mira Nair e l’ultracentenario De Oliveira. Non manca Liliana Cavani, con un documentario sull’Ordine delle Clarisse. Un equilibrio da maestro e da grande direttore. In tutto sessanta titoli, una Mostra agile e umana. Numero ridotto per assicurare la qualità, come afferma Barbera.

    R. - Io credo che i Festival, che ultimamente - in generale - hanno teso piuttosto all’accumulo dei titoli che non alla loro selezione, debbano recuperare questa funzione che comporta ovviamente dei rischi e la possibilità di sbagliare. Però, se non si seleziona si viene meno a una delle funzioni fondamentali di un Festival, che è quella di indicare quali siano le tendenze, gli autori più interessanti, i film più significativi. Bisogna ritrovare uno spirito di scoperta e di curiosità che oggi è fondamentale: altrimenti il futuro del cinema in qualche modo è compromesso.

    D. - L’equilibrio è tra le esigenze dell’arte e quelle del mercato…

    R. - Il grande problema è che c’è una quantità enorme di autori e di artisti che hanno difficoltà a realizzare i film che vorrebbero realizzare e, anche quando li realizzano, hanno difficoltà ancora maggiori a farli vedere. Uno dei compiti di un Festival è anche quello di sostenere questa seconda parte del lavoro. Non possiamo accontentarci di essere una vetrina, senza cercare di farci carico in qualche modo anche del problema che oggi rischia di soffocare il cinema d’autore, di come fare a far sì che anche il cinema d’autore possa tornare ad essere visto.

    D. - Il tema della crisi è la coscienza del cinema d’oggi, che arriva in diversissime forme nei titoli della Mostra…

    R. - La cosa più sorprendente in questo lunghissimo lavoro di selezione che abbiamo fatto è la scoperta della quantità di film che affrontano direttamente il tema della crisi: in maniera diversa, però la crisi è oggi veramente un fenomeno globale e sono moltissimi i registi che hanno deciso di affrontare di petto la questione. Non soltanto la crisi economica, ma gli effetti che la crisi ha: la distruzione dei rapporti sociali, familiari, la distruzione degli individui. Questo è evidente in moltissimi film che abbiamo selezionato nella Mostra: è uno dei temi dominanti.

    D. - Anche per il cinema la Biennale inaugura il College, iniziativa offerta ai giovani che faranno cinema domani, un aiuto per seguirli, nell’arco di un intero anno, dall’idea alla realizzazione finale del loro primo lungometraggio.

    R. - Torno a dire quello che dicevo prima: i Festival non possono più limitarsi a essere solo vetrine, ma devono diventare degli attori, degli operatori che si fanno carico di una serie di problemi. Oggi, uno dei problemi principali dei giovani registi è di poter esordire nel lungometraggio, di poter trovare il modo di entrare nella professione rispetto alla quale sono fortemente motivati e hanno il talento che li può portare ad esprimere qualcosa di nuovo.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Londra. “Le Olimpiadi, tempo di pace”: mons. Nichols dà il benvenuto agli atleti

    ◊   Possano le Olimpiadi essere “un momento di nuova e rinnovata amicizia in cui forgiare la pace ed una più profonda comprensione reciproca in tutta la comunità umana”: è il benvenuto con cui l’arcivescovo di Westminster, mons. Vincent Nichols saluta tutti gli atleti giunti a Londra, nel giorno in cui si apre ufficialmente la 30.ma edizione dei Giochi Olimpici. “Noi crediamo – afferma mons. Nichols – che ogni essere umano sia, in ultima analisi, un pellegrino in cerca di verità, bontà e realizzazione del suo potenziale; e quando questo pellegrinaggio viene vissuto in modo autentico, allora apre al dialogo con l’altro, non escludendo nessuno dall’impegno di costruire una fraternità di pace”. Di qui, l’auspicio della Chiesa inglese affinché “tutte le persone di fede, ed anche i non credenti, possano perseguire iniziative di pace e riconciliazione, nello spirito dei Giochi Antichi”. “Noi, cristiani di Londra – conclude l’arcivescovo di Westminster – uniti con gli esponenti di altre fedi della città, porgiamo il benvenuto nella nostra grande città agli atleti di tutto il mondo per la 30.ma edizione dei Giochi Olimpici”. (A cura di Isabella Piro)

    inizio pagina

    Spread in calo per effetto Draghi. In Spagna vola il tasso di disoccupazione

    ◊   L’accorata difesa della moneta unica pronunciata ieri dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha avuto questa mattina un iniziale effetto positivo sulle Borse europee, che poi, però, hanno risentito del clima di incertezza e sono passate sotto la parità. Le parole di Draghi hanno ricevuto molte critiche dalla stampa tedesca, mentre il portavoce del governo di Berlino, Georg Streiter, ha precisato che l’esecutivo rispetta la posizione della Bce, mentre il ministro delle Finanze, Marianne Kothé, ha confermato la posizione in merito all’eventuale uscita della Grecia dall’euro. La Bundesbank resta contraria al programma di acquisti di bond da parte della Bce che, secondo l’edizione del quotidiano francese Le Monde in uscita nel pomeriggio, starebbe preparando un intervento congiunto con gli Stati per far scendere il rendimento dei titoli italiani e spagnoli. E mentre lo spread scende a 450 punti, in Spagna si registra il record della disoccupazione dagli anni ’70, che tocca quota 24,6%. Per parlare della situazione spagnola, inoltre, il presidente francese Hollande e il cancelliere tedesco Merkel avranno oggi un colloquio telefonico; atteso martedì a Parigi, invece, il presidente del Consiglio italiano, Monti. In Grecia, intanto, il primo ministro Antonis Samaras ha presentato alla troika, presente ad Atene fino ai primi di agosto e poi di ritorno a settembre, le nuove misure di austerità e i tagli alla spesa pubblica per 11,7 miliardi di euro in due anni a Ue, Fondo monetario internazionale e Bce, per ottenere nuovi fondi per il salvataggio del Paese. Tra le misure, tagli alle pensioni, alla sanità e agli stipendi dei dipendenti pubblici, mentre è allo studio l’innalzamento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni. Intanto l’Europa dà il via libera temporaneo alla ricapitalizzaizone-ponte delle principali banche elleniche. (R.B.)

    inizio pagina

    Siria. Appello del Patriarca ortodosso di Antiochia: “Urge fermare la guerra”

    ◊   “Urge fermare tutte le azioni ostili, provenienti da ogni parte”: è l’appello lanciato a tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano, in Siria e all’estero, da Sua Beatitudine il Patriarca Ignazio IV di Antiochia, Primate della Chiesa greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente, che risiede a Damasco. Nel testo del messaggio, inviato all’agenzia Fides, il Patriarca Ignazio afferma: “Un incalcolabile numero di arabi musulmani e cristiani, uomini, donne e bambini, cadono vittime delle bombe ogni giorno. Gli ospedali sono pieni di feriti il gemito umano è divenuto continuo e ininterrotto”. Come arabi della Siria, “a prescindere dalla nostra religione, noi abbiamo il diritto di vivere in pace nel nostro Paese”, prosegue, notando che “in quindici mesi, abbiamo perso innumerevoli persone, molti emigrati e profughi hanno lasciato la loro patria per altri Paesi. I nostri cristiani hanno perso i loro villaggi, le città, le loro proprietà, le loro chiese e le loro famiglie sotto le macerie della lotta”. Il Primate ortodosso conclude: “Invitiamo tutti i siriani, in nome dell'unico vero Dio, a decidere di vivere insieme nella nostra patria benedetta Auspichiamo che tutte le organizzazioni internazionali ci aiutino a garantire la pace, la stabilità e la riconciliazione”. (R.P.)

    inizio pagina

    Sant'Egidio: l'opposizione siriana firma "Appello di Roma" per la soluzione politica della crisi

    ◊   “La soluzione militare tiene in ostaggio il popolo siriano e non offre una soluzione politica in grado di accogliere le sue aspirazioni profonde. La violenza porta a credere che non c’è alternativa alle armi. Ci impegniamo a sostenere tutte le forme di lotta politica pacifica e di resistenza civile, e di favorire una nuova fase di incontri e conferenze all’interno del Paese”. È quanto si legge nell’“appello di Roma”, siglato ieri nella capitale italiana da oppositori autorevoli della società politica e della società civile siriana, provenienti da Damasco e da altre città del Paese, appartenenti a dodici raggruppamenti diversi all’interno del movimento democratico siriano, riuniti dalla Comunità di Sant’Egidio nel quadro dell’iniziativa “Una soluzione politica per la crisi nazionale siriana - l’Opposizione siriana parla”. Il testo, presentato alla stampa, ribadisce l’esigenza “di rifiutare la violenza e lo scivolamento verso la guerra civile perché mettono a rischio lo Stato, l’identità e la sovranità nazionale”. Per gli oppositori siriani - riferisce l'agenzia Sir - “un’uscita politica” dalla crisi è “il modo migliore per difendere gli ideali e realizzare gli obiettivi di chi mette a rischio la propria vita per la libertà e la dignità. Invitiamo i nostri concittadini dell’esercito siriano libero e tutti quelli che portano le armi a partecipare a un processo politico per giungere a una Siria pacifica, sicura e democratica”. Pur dichiarandosi “non neutrali”, “siamo parte del popolo siriano che soffre l’oppressione della dittatura e la sua corruzione”, i firmatari dell’appello ribadiscono di “non poter accettare che la Siria si trasformi in un teatro di scontri regionali e internazionali. Crediamo - recita l’appello - che la comunità internazionale abbia la forza e le capacità politiche necessarie per trovare un consenso che sia base di un’uscita politica dalla crisi basata sull’imposizione del cessate-il-fuoco, il ritiro degli apparati militari, la liberazione dei rapiti e dei detenuti, il ritorno dei profughi, gli aiuti di emergenza alle vittime, un vero negoziato globale senza esclusioni, che sarà completato da una vera riconciliazione nazionale basata sulla giustizia”. (R.P.)

    inizio pagina

    Caritas Libano: "Peggiora la condizione dei profughi siriani"

    ◊   “È la prima volta che ci troviamo ad affrontare in Libano un’emergenza di questo tipo. La crisi siriana sta diventando più grave di quanto potessimo immaginare”. A parlare all'agenzia Sir è Najla Chahda, direttrice del Centro per migranti e rifugiati di Caritas Libano, che lavora con i profughi siriani da 14 mesi, aiutando migliaia di famiglie siriane e centinaia di libanesi della Bekaa Valley, che già si trovavano in condizioni di povertà prima della crisi. Chahda, appena rientrata da una visita ai campi, racconta di aver visto migliaia di persone stremate, che vivono in condizioni drammatiche. Giordania e Turchia hanno chiuso le frontiere, per cui fuggono tutti in Libano. Secondo le stime dell’Unhcr, in Libano vi sono ufficialmente 30.000 siriani, ma diverse migliaia arrivati con i flussi degli ultimi giorni da Damasco non sono ancora stati registrati. “Le condizioni dei campi sono veramente terribili - racconta -. Il governo libanese non autorizza la realizzazione dei campi, perciò molti rifugiati sono costretti ad affittare un pezzo di terra da privati libanesi per piazzare la loro tenda. Si pagano circa 200 dollari a tenda per sei mesi. Molte persone stanno digiunando per il Ramadan, non mangiano e non bevono dall’alba al tramonto in una regione molto calda. Per cui sono disidratati e stremati, in condizioni molto difficili. Molti hanno bisogno di aiuto e sostegno”. (R.P.)

    inizio pagina

    Dal Papa in Libano un messaggio per la pace in Siria e la libertà religiosa in Medio Oriente

    ◊   “La visita di Benedetto XVI in Libano rappresenta un grande speranza per il Libano, un messaggio di pace per la Siria ed è un invito alla libertà religiosa in tutto il Medio Oriente”: lo afferma in un colloquio all’agenzia Fides padre Paul Karam, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Libano. Il direttore riferendo della grande attesa nella popolazione libanese, ritiene che “il viaggio riporterà attenzione sul tema della libertà religiosa, mentre vediamo chiaramente l’ascesa del fondamentalismo islamico”. “Il Papa – dice padre Paul – come fece oltre dieci anni fa Giovanni Paolo II, porta un messaggio profetico di rifiuto della guerra e della violenza, di proposta di valori basilari come la libertà religiosa e i diritti umani”. Il direttore delle Pom nota: “La visita del Papa anticipa l’Anno della Fede, che inizia a ottobre. È un segno di provvidenza per rilanciare l’impegno cristiano nei paesi del Medio Oriente”. L’area è scossa dal conflitto siriano: “Per la Siria, il Papa porterà il messaggio che Cristo ci insegna: pace, dialogo, tolleranza, accettazione dell’altro. I fedeli cristiani della Siria – racconta – sono preoccupati perché sono esposti alla violenza e vulnerabili. Aspettano con grande ansia e speranza l’arrivo del Papa. L’appello per la pace in Siria deve essere più forte anche per la comunità internazionale, perché si promuova il dialogo fra le parti in lotta. “La violenza non ha mai risolto i problemi”, prosegue . “L’unica via è incontrarsi per un negoziato, nel rispetto reciproco, per il benessere di tutti i cittadini. Occorre riallacciare i fili del dialogo, secondo credibilità, trasparenza e verità”. “Spero che la visita del Papa – conclude – possa rinnovare fra i cristiani della Siria la responsabilità di una autentica testimonianza cristiana, verso il dialogo e la solidarietà, sempre alla luce della verità che è Cristo”. (R.P.)

    inizio pagina

    Congo: per la società civile “oltre al Rwanda, anche l’Uganda appoggia l’M23”

    ◊   Continuano i combattenti tra le forze armate congolesi, appoggiate dalle truppe Onu, e i ribelli dell’M23, nel nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Il coordinamento provinciale della società civile del nord Kivu denuncia l’appoggio a fianco dei ribelli dell’M23 non solo di soldati rwandesi (come affermato pure da un rapporto Onu, ma anche di militari dell’esercito regolare ugandese. “Abbiamo informazioni verificate (sulla presenza di 6 veicoli militari ugandesi entrati nel nord Kivu) e la potenza di fuoco dell’M23 lo attesta. Le informazioni che mettiamo a disposizione delle autorità - riferisce l'agenzia Fides - devono essere preso sul serio. Attualmente siamo di fronte ad un’aggressione rwandese-ugandese” ha affermato, secondo quanto riporta RadioOkapi, il coordinatore della società civile del nord Kivu. Le prove sugli appoggi del governo di Kigali all’M23 congolese ha spinto gli Stati Uniti a sospendere l’aiuto militare al Rwanda, mentre secondo “The Guardian” la diplomazia di Washington ha avvertito le autorità rwandesi che la Corte Penale Internazionale potrebbe aprire un’inchiesta sul Presidente Paul Kagame e il suo entourage per il sostegno ai ribelli congolesi accusati di crimini contro l’umanità. Sul piano militare la località di Rumangabo, a circa 50 chilometri da Goma, che era stata occupata dai ribelli dai ribelli di M23, è nuovamente sotto il controllo delle forze armate congolesi (Fardc), che hanno anche riconquistato, secondo l’agenzia Misna, le città di Kiwanja e Rutshuru. Gli scontri continuano nella zona di Kalengera, dove l’M23 ha ripiegato dopo l’offensiva delle Fardc dei giorni scorsi, mentre la sede della missione Onu Monusco, dove si erano rifugiate le comunità locali, è stata attaccata dai ribelli fuoriusciti dall’esercito che hanno ucciso un bambino e ferito un militare indiano. Aumenta il numero degli sfollati, che cercano rifugio anche nelle foreste. I portavoce della base Onu, molto criticata dalla popolazione locale perché accusata di non fare abbastanza, riferiscono che la Monusco sta predisponendo delle aree per l’accoglienza dei civili in fuga. L’intera società congolese guarda con apprensione alla situazione nell’area colpita dalle violenze, ed ha presentato un programma di sensibilizzazione dal titolo “Fronte comune contro la balcanizzazione del Congo”, che prevede anche tutti i martedì a mezzogiorno un minuto di silenzio per ricordare le vittime e auspicare la pace. (A.C.)

    inizio pagina

    Ghana: la Chiesa chiede più collaborazione allo Stato nel campo dell’educazione

    ◊   Un nuovo patto di collaborazione che definisca in modo chiaro compiti, ruoli e competenze della Chiesa nel sistema educativo in Ghana. È quanto chiede la Chiesa locale che interviene così sul progetto di riforma per il decentramento del sistema scolastico nazionale (“Ghana Education Decentralization Project” - Gedp) attualmente allo studio del Governo di Accra. La richiesta – riferisce l’agenzia di informazione ghanese Gna - è emersa da un seminario che ha visto riuniti in questi giorni a Sunyami una cinquantina tra educatori cattolici, vescovi, sacerdoti e parlamentari. Organizzato dal Segretariato cattolico nazionale (Ncs), il seminario ha avuto per tema “Gli enti religiosi e la partnership nel campo dell’educazione”. Scopo dell’incontro era di “formulare orientamenti utili a rafforzare la proficua collaborazione” avviata nel 1999 tra Stato e Chiesa nella gestione del sistema scolastico nazionale e “di presentare al Governo proposte concrete circa il ruolo degli enti religiosi nel nuovo sistema decentralizzato”. Ruolo che il progetto dell’esecutivo non definisce in modo chiaro. Lo ha evidenziato nel suo intervento il vescovo di Sunyani mons. Matthew Kwasi Gyamfi. “La Chiesa in Ghana – ha detto il presule - ritiene che per una migliore collaborazione con lo Stato nel campo educativo occorra una partnership istituzionalizzata che focalizzi l’attenzione sulla soluzione dei problemi del settore piuttosto sulla denuncia dei suoi limiti e debolezze”. Un inquadramento normativo - ha sottolineato mons. Gyamfi – assicurerebbe alla Chiesa di potere partecipare ai processi decisionali che riguardano l’educazione, un campo nel quale essa ha dato e continua a dare un contributo fondamentale nel Paese. Concetti ribaditi da Samuel Zan Akologo, direttore esecutivo del Dipartimento per lo sviluppo umano del Ncs: Una partnership che dia voce agli altri attori del sistema educativo oltre allo Stato, ha detto , “non è un’opzione, ma una condizione sine qua non per un’educazione integrale di qualità in Ghana”. Il convegno di Sunyami è stato l’ultimo di una serie di dieci incontri regionali organizzati in vista di un convegno nazionale sul tema della scuola in Ghana previsto il prossimo ottobre. (A cura di Lisa Zengarini)

    inizio pagina

    Sud Sudan: aiuti umanitari dall'Unione Europea

    ◊   Un anno fa, il 9 luglio 2011, nasceva lo Stato del Sud Sudan ottenendo l’autonomia da Khartoum. Ma da allora le tensioni e i conflitti non sono mai cessati nelle aree di confine e la popolazione del Sud, così come quella delle regioni settentrionali, continua a soffrire per la fame e le malattie. La Commissione europea - riferisce l'agenzia Sir - ha deciso ieri di aumentare l’aiuto umanitario, con altri 40 milioni di euro (che si aggiungono agli 87 già stanziati nei primi mesi dell’anno) per fornire cibo e medicinali a centinaia di migliaia di persone che rischiano di morire di fame. In particolare è sempre più drammatica la situazione dei campi dove affluiscono in continuazione i rifugiati. Se si aggiunge che la carestia frena le produzioni agricole e che l’estrazione e la vendita all’estero del petrolio sono in una fase di stasi, secondo l’Esecutivo Ue sono oltre 4 milioni le persone esposte alla fame. Kristalina Georgieva, responsabile per gli aiuti umanitari e la politica di cooperazione, afferma : “I nostri esperti presenti nelle zone di crisi indicano che la situazione si sta sempre più deteriorando. Occorre intensificare gli aiuti immediati, specie nelle aree di frontiera”. Colera e malaria si aggiungono ad altre malattie già diffuse tra la popolazione. “Il circolo vizioso tra denutrizione e malattie aumenta in maniera spaventosa la mortalità, specialmente infantile”. La commissaria Ue agli aiuti umanitari Georgieva sottolinea che l’insicurezza delle vie di collegamento, già provate dalla stagione delle piogge, “rende ancora più difficile portare aiuti a chi è nel bisogno”. Da qui l’appello alle autorità politiche specialmente dello Stato del nord affinché consentano l’afflusso di aiuti immediati alla popolazione. La Ue in questo caso dà voce anche alle Ong e alle organizzazioni umanitarie che lamentano difficoltà nel raggiungere i campi dei rifugiati e i villaggi dove occorrono cibo, acqua e medicine. (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine: a Mindanao 16 morti in scontri fra esercito ed estremisti islamici

    ◊   Sale a 16 morti il bilancio degli scontri fra esercito filippino e guerriglieri islamici di Abu Sayyaf iniziati ieri nella città di Sumisip, (Basilan, Mindanao). Fra gli uccisi 12 sono militari. Il col. Randolph Cabangbang, a capo delle truppe nel Mindanao occidentale, spiega che i combattimenti nella zona di Sumisip sono ancora in corso. Per sconfiggere i miliziani - riferisce l'agenzia AsiaNews - l'esercito è intervenuto anche con elicotteri da guerra. Le violenze si sono verificate in una delle più grandi piantagioni di gomma della regione, teatro di altri attacchi da parte degli islamisti costati 5 morti e 22 feriti, in gran parte contadini. Secondo l'esercito il responsabile degli assalti a soldati e lavoratori è Wyms Wakil, ex responsabile della cooperativa che gestisce la piantagione ora fra i leader locali di Abu Sayyaf. Sumisip è stata una delle prime città agricole a sperimentare la riforma agraria che prevede la suddivisione delle grandi piantagioni fra i contadini, ma a tutt'oggi è priva di criteri di assegnazione dei terreni. Ciò ha spinto ogni villaggio della zona a reclamare la propria parte, con conseguenti scontri fra fazioni rivali. La provincia di Basilan è maggioranza musulmana, ma la gran parte dei villaggi e degli insediamenti interni alle piantagioni è di religione cristiana. Fonti locali spiegano che i musulmani del luogo a cui in passato sono state sottratte le terre utilizzano il nome di Abu Sayyaf e le minacce contro i cristiani per attirare l'attenzione sul problema dei terreni e spingere il governo a fare una riforma chiara a favore dei contadini non dei latifondisti. (R.P.)

    inizio pagina

    Onu: ultime ore per i negoziati sul Trattato sul commercio delle armi

    ◊   Sono almeno cinque i principali punti della bozza del Trattato sul commercio delle armi convenzionali (Att, Arms Trade Treaty) che non convincono la società civile internazionale. Nel testo presentato alle Organizzazioni non governative e frutto dei lavori della Conferenza in corso a New York non si fa in particolare riferimento al controllo di munizioni, parti e componenti, una delle questioni su cui avevano fatto opposizione gli Stati Uniti. Secondo un documento diffuso da Control Arms, rete di cui fanno parte diverse grandi Ong, il testo “consente agli Stati di evadere i controlli sulle armi attraverso i programmi di assistenza militare o le donazioni”. Gli altri tre punti che suscitano dubbi, perplessità e opposizioni - riferisce l'agenzia Misna - sono la mancanza di riferimenti alle regole che dovrebbero impedire i trasferimenti di armi verso quei Paesi che non rispettano gli standard internazionali sui diritti umani; la possibilità, per gli Stati, di “interpretare” norme e obblighi secondo propri criteri e non secondo standard universalmente riconosciuti; la possibilità di rispettare contratti in essere, sebbene nel frattempo siano cambiati i riferimenti che avevano consentito in precedenza i trasferimenti. Gli emendamenti al testo dovrebbero essere presentati e valutati nelle ultime ore che restano prima della conclusione dei lavori prevista oggi. Nelle quattro settimane della conferenza è risultato chiaro come molti Paesi, in particolare tutti i principali produttori di armi ma anche i maggiori acquirenti, abbiano tentato di difendere i rispettivi interessi rallentando i negoziati e ostacolando la stessa partecipazione della società civile. I lavori della Conferenza dell’Onu per il Trattato sul commercio di armamenti sono cominciati il 2 luglio. Fino a domani i rappresentanti di 193 Stati negozieranno quello che è considerato dalla società civile internazionale un atto fondamentale per controllare il commercio di armi con regole chiare e condivise. Notevoli sono state le pressioni perché il Trattato comprenda anche le armi leggere e le munizioni che hanno spesso alimentato i conflitti degli ultimi decenni in Africa e in altre regioni del Sud del mondo. (R.P.)

    inizio pagina

    Cile: il clero di Mapuche chiede la fine della violenza e la ripresa del dialogo

    ◊   I sacerdoti cattolici che fanno parte della pastorale Mapuche hanno chiesto di evitare atti di violenza e hanno rivolto un appello a riprendere il "dialogo spezzato" tra le comunità Mapuche e le autorità. "Non giustifichiamo la violenza come un modo per reclamare la restituzione di diritti o pretese sulla proprietà delle terre. La legge deve essere applicata e rispettata. Ma anche la violenza che la polizia sta esercitando contro le comunità Mapuche è una cosa molto grave", ha detto il gruppo di sacerdoti. In una nota arrivata all’agenzia Fides si legge ancora: "Ci dispiace soprattutto vedere i figli dei Mapuche, gravemente feriti nella loro integrità fisica e psicologica da parte delle forze di polizia". Proprio ieri, in pochi minuti, si sono diffuse su Internet le immagini delle ferite inferte ai bambini Mapuche, che hanno suscitato emozione nell’opinione pubblica internazionale. Dalle informazioni inviate all'agenzia Fides dalla stampa locale, sappiamo che lo stesso presidente del Cile Sebastián Piñera, dopo una riunione con il ministro dell'interno e i capi delle Forze dell'ordine, ha dichiarato che darà tutto l'appoggio alla polizia per mantenere la sicurezza nella zona. Nelle ultime settimane sono però aumentati gli episodi di violenza da parte della polizia contro le manifestazioni. Il sacerdote gesuita Pablo Castro, che vive in una comunità Mapuche, ha detto che le conclusioni della riunione sulla sicurezza sono "vergognose", e si è rammaricato che tutto si sia focalizzato sui problemi di controllo da parte della polizia. "Si ha l'impressione di essere tornati all'epoca della colonizzazione, accrescendo le forze militari e di polizia nella comunità", ha detto il religioso a Radio Cooperativa. (R.P.)

    inizio pagina

    Nuova Zelanda: no della Chiesa al progetto di legge sull'eutanasia

    ◊   “La legalizzazione dell’eutanasia comporterebbe un serio pericolo di abusi verso molte persone anziane e verso altri soggetti gravemente ammalati e quindi in una oggettiva condizione di grande vulnerabilità”. È quanto afferma il prof. John Kleinsman, responsabile del “Nathaniel Centre” di Wellington, il più importate istituto cattolico di ricerca su temi bioetici della Nuova Zelanda, in riferimento a un progetto di legge presentato di recente in Parlamento per la legalizzazione dell’eutanasia. In un articolo pubblicato sul sito della Conferenza episcopale e ripreso dall’Osservatore Romano, il prof. Kleinsman osserva che “sembra un’ironia che un tale progetto, mentre afferma di volere promuovere una scelta per il termine della vita, di fatto nega a molte persone il diritto di vivere. Se l’eutanasia verrà legalizzata – aggiunge - molti di coloro che ora soffrono di un senso d’esclusione dovranno porre in discussione la propria esistenza in quanto il desiderio di continuare a vivere potrebbe essere considerato come una decisione egoistica”. Per lo scienziato “gli esempi forniti dai Paesi in cui l’eutanasia è stata legalizzata mettono in evidenza che non c’è alcun margine per migliorare questo tipo di leggi e che l’unica garanzia contro i probabili abusi ai danni di persone molto anziane oppure afflitte da gravi malattie rimane quella offerta dalla legge in vigore che proibisce ogni forma di suicidio assistito”. “Il ruolo dei legislatori in una società democratica – sottolinea il responsabile del “Nathaniel Centre” - è di garantire che gli interessi della maggioranza non vengano messi a rischio da scelte che riguarderebbero pochi individui”. (L.Z.)

    inizio pagina

    Gmg Rio 2013: decine di richieste dai volontari. Aperte le iscrizioni alla Fiera delle Vocazioni

    ◊   Sono in continuo aumento le richieste da parte di giovani che desiderano fare l’esperienza di volontari durante la prossima Gmg a Rio de Janeiro e sul sito ufficiale dell’evento è possibile inviare la propria candidatura. Requisiti essenziali – riferisce l’agenzia Zenit – sono l’essere maggiorenne e la disponibilità a iniziare la collaborazione almeno 15 giorni prima dell’inizio della Gmg. I compiti dei volontari sono diversi, e vanno dall’accoglienza negli aeroporti, stazioni e punti d’informazione, all’assistenza dei pellegrini con bisogni speciali. Si occuperanno, inoltre, della preparazione dei kit del pellegrino, del servizio alle celebrazioni liturgiche e agli eventi di massa, nonché dell’ambito delle comunicazioni e degli aggiornamenti attraverso i social network. L’organizzazione della Giornata ha anche aperto le iscrizioni, che si chiuderanno a fine agosto, alla Fiera delle vocazioni, già sperimentata alla Gmg di Madrid, che si terrà nella piazza General Tibúrcio, luogo di transito importante per chi va a visitare il celebre monte Pan di Zucchero. La Fiera è un’occasione per tutte le Congregazioni, movimenti e comunità religiose, di poter presentare la propria realtà, spiritualità e carisma. Il diacono Arnaldo Rodrigues, tra i responsabili della preparazione pastorale di Rio 2013, ha precisato che all’arrivo i giovani avranno subito la possibilità di vedere le insegne della Fiera, con messaggi di santi che li aiuteranno a interrogarsi sulla propria vocazione. Durante i giorni della Gmg saranno disponibili anche punti per l’adorazione del Santissimo Sacramento, per accostarsi alla riconciliazione, per partecipare alle messe e un palco per concerti, prediche e momenti di preghiera. “La fiera – ha proseguito Rodrigues – non mira a soddisfare la curiosità dei giovani ma è un evento chiave per ciascuno di discernere la propria vocazione”. (A.C.)

    inizio pagina

    Ucraina: pellegrinaggio pan-ucraino all'antica Halyč

    ◊   Si svolgerà da domani al 29 luglio il pellegrinaggio pan-ucraino della Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc) al villaggio di Krylos (l’antica Halyč) in cui è custodita l’icona galiziana della Madonna miracolosa. Il pellegrinaggio si aprirà con la celebrazione della divina liturgia nella cattedrale di Ivano-Frankivsk officiata dall’arcivescovo metropolita Volodymyr Viytyshyn, in occasione della festa di San Vladimir il Grande. Secondo il vicario generale dell’arcidiocesi di Ivano-Frankivsk, Oleg Kaskiv, il programma prevede una Via Crucis, una liturgia serale, una preghiera di guarigione e diversi spettacoli culturali. Nella seconda giornata il pellegrinaggio sarà guidato da mons. Sviatoslav Shevchuk, presidente dell’Ugcc. Secondo gli organizzatori - riferisce l'agenzia Sir - sono attesi a Krylos giovani coppie e circa 1.500 bambini di età compresa tra i 6 e i 7 anni. Come sottolinea Mykhailo Harvat, della Commissione per la catechesi dell’arcivescovato maggiore di Kiev e Galizia dell’Ugcc, il pellegrinaggio avrà come protagonisti i bambini che per la prima volta si sono accostati al sacramento della Confessione e della Comunione. (R.P.)

    inizio pagina

    Irlanda: tutto pronto per il tradizionale pellegrinaggio a Croagh Patrick

    ◊   Sono circa 20mila i fedeli irlandesi che parteciperanno, domenica prossima, al tradizionale pellegrinaggio sulle montagne di Croagh Patrick. Le origini dell’evento risalgono al 441 quando San Patrizio, evangelizzatore dell’Irlanda, trascorse 40 giorni e 40 notti in preghiera su questo monte, alto circa 800 metri e raggiungibile solo attraverso un percorso irto di difficoltà. Da allora, Croagh Patrick è diventata un famoso luogo di pellegrinaggio per tutti gli irlandesi, specialmente nell’ultima domenica di luglio, detta il “Reek Sunday”. A guidare il pellegrinaggio di quest’anno sarà l’arcivescovo di Tuam, mons. Michael Neary, insieme al nunzio apostolico in Irlanda, l’arcivescovo Charles Brown, che domenica mattina celebrerà una Messa sulla cima del monte. “Questo pellegrinaggio – ha detto in passato mons. Neary - rappresenta un atto di penitenza e di preghiera. Non so cosa singolarmente spinga ciascuno a recarsi lì, i motivi sono tanti: il bene della nazione, forse per una malattia, per perdita o per un lutto, forse per una difficile situazione familiare. La montagna è una cattedrale naturale dell’est”. Tante le curiosità che hanno segnato la storia di questo evento, che va avanti ininterrottamente da oltre 1500 anni: nel 2008, ad esempio, la Messa celebrata sulla sommità di Croagh Patrick venne trasmessa per la prima volta in diretta tv dall’emittente Rté. Due anni prima, invece, il Primate d’Irlanda, cardinale Seán Brady, è stato il primo arcivescovo di Armagh e successore di San Patrizio a scalare la montagna in cima alla quale, nel 2005, è stata posta anche una targa commemorativa per il centenario dell’Oratorio di San Patrizio. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 209

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito http://it.radiovaticana.va/index.asp

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.