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Sommario del 24/07/2012
◊ Gli Istituti secolari alimentino “sguardi capaci di futuro e radici salde in Cristo” abbracciando “con carità le ferite del mondo e della Chiesa”: è questo il cuore del Messaggio inviato da Benedetto XVI ai membri degli Istituti secolari, riuniti ad Assisi fino al 26 luglio per il loro Congresso, dedicato al tema “In ascolto di Dio ‘nei solchi della storia’: la secolarità parla alla consacrazione”. Il servizio di Isabella Piro:
“Uomini e donne capaci di uno sguardo profondo e di buona testimonianza dentro la storia”: così Benedetto XVI definisce i consacrati, nel Messaggio inviato loro tramite il segretario di Stato, Tarcisio Bertone. In un tempo come quello attuale, che “pone alla vita e alla fede interrogativi profondi”, scrive il Papa, guardando allo Spirito Santo i consacrati possono seguire la propria vocazione, ovvero “stare nel mondo assumendone tutti i pesi e gli aneliti, con uno sguardo umano che coincida sempre più con quello divino”. In questo senso, infatti, sottolinea il Santo Padre, l’identità dei consacrati rivela la loro importante missione nella Chiesa, ovvero “aiutarla a realizzare il suo essere nel mondo”, perché attraverso la “teologia della storia, parte essenziale della nuova evangelizzazione”, gli uomini di oggi possono ritrovare quello sguardo “veramente libero e pacifico sul mondo” di cui hanno bisogno.
Di qui, il richiamo centrale che il Papa fa al fatto che “la relazione tra Chiesa e mondo” va vissuta “nel segno della reciprocità”, così che “non è solo la Chiesa a dare al mondo, contribuendo a rendere più umani” gli uomini e la loro storia, ma “è anche il mondo a dare alla Chiesa”, in modo che essa possa “comprendere meglio se stessa” e “vivere meglio la sua missione”. Poi, Benedetto XVI indica tre ambiti specifici in cui gli Istituti secolari devono puntare la loro attenzione: la “donazione totale” all’incontro personale con “l’amore di Dio”, la “vita spirituale” - definita “un punto fermo e irrinunciabile” che implica il “riportare a Cristo ogni cosa”, e che si alimenta nella preghiera e nell’ascolto della Parola di Dio, “per costruire speranza e fiducia” - quindi la formazione, intesa come l’educazione a “quella saggezza che è sempre consapevole della centralità umana e della grandezza del Creatore”. Questo tipo di cultura, evidenzia Benedetto XVI, rende laici e presbiteri “capaci di lasciarsi interrogare dalle complessità del mondo” di oggi e di “impegnarsi in un discernimento della storia alla luce della Parola di Vita”.
Di qui, le esortazioni che il Pontefice lancia agli Istituti secolari, ovvero: essere “disponibili a costruire percorsi di bene comune, senza soluzioni preconfezionate, sempre pronti a mettere in gioco la propria vita”, essere creativi secondo lo Spirito Santo, alimentare “sguardi capaci di futuro e radici salde in Cristo” e “abbracciare con carità le ferite del mondo e della Chiesa”. L’obiettivo, in fondo, è quello di “vivere una vita gioiosa e piena, accogliente e capace di perdono, perché fondata su Gesù Cristo”.
La sfida per gli Istituti secolari è proporre la soluzione del Vangelo come risposta alle necessità dell’umanità. Lo sottolinea Andreina Gambardella, presidente delle Cooperatrici Oblate Missionarie dell’Immacolata (Comi), che Angelica Ciccone ha raggiunto telefonicamente al Congresso di Assisi:
R. – Questo tema si riallaccia ad un precedente Congresso, ma soprattutto alla sfida che Benedetto XVI aveva lanciato in occasione del 60.mo anniversario della Provida Mater Ecclesia, quando ci chiese di essere come semi gettati nei solchi della storia: essere quindi quel seme che germina, che dà frutti nuovi proprio nella storia. Questa sfida l’ha affidata a noi, consacrati secolari, affinché attraverso la nostra consacrazione nel mondo possiamo continuare quello che è insito nella nostra vocazione: trasformare le realtà del mondo dal di dentro per riportarle a quei valori evangelici che possono essere offuscati o assenti nella realtà del mondo.
D. – Come s’inserisce questo incontro all’interno della sempre maggiore attenzione da parte della Chiesa per la Nuova evangelizzazione e in vista dell’Anno della fede?
R. – Dalle linee del programma nasce sempre la riflessione sulla costante tensione a essere cristiani ed essere al servizio della Chiesa, sviluppando così anche quel nuovo modello di santità. La fede è dimostrata attraverso la testimonianza, attraverso la presenza efficace all’interno della Chiesa e in quelle strutture del mondo dove noi - attraverso la nostra presenza, per il lavoro, per la professione, per i vari ambiti nei quali siamo inseriti - possiamo rinnovare in questo spirito evangelico. Credo che proprio in questa linea il Congresso voglia portare una riflessione, ma poi anche attraverso i vari incontri e i vari lavori di gruppo arrivare a delle conclusioni che ci spingano a mettere in pratica quanto ci proponiamo.
D. – Quali sono le sfide per gli Istituti secolari nel mondo di oggi?
R. – Per noi secolari nel mondo di oggi, credo che sia prima di tutto testimoniare con la vita, la coerenza, la gratuità e tutti quei valori che oggi – forse – sono un po’ assenti nelle nostre realtà. L’umanità porta con sé molta sofferenza, molti vuoti, e la sfida allora è proprio non proporci noi come soluzione, ma proporre la soluzione del Vangelo e quindi la presenza di Gesù Cristo nella nostra vita come risposta a queste necessità dell’umanità, che credo siano sempre leggermente diverse da un’epoca all’altra, ma poi fondamentalmente uguali.
Il Papa nomina mons. Philip Tartaglia nuovo arcivescovo di Glasgow
◊ In Scozia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Glasgow, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Mario Joseph Conti. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Philip Tartaglia, trasferendolo dalla sede di Paisley. Mons. Philip Tartaglia è nato a Glasgow l'11 gennaio 1951. La sua formazione primaria e secondaria è avvenuta rispettivamente al seminario minore St. Vincent di Glasgow, al St. Mary's College, Blairs e alla St. Mungo's Academy di Glasgow. Successivamente, come alunno del Pontificio Collegio Scozzese a Roma, ha compiuto gli studi superiori alla Pontificia Università Gregoriana, ottenendo le licenze in Filosofia e Teologia. Dopo la sua ordinazione sacerdotale, avvenuta il 30 giugno 1975 per l’arcidiocesi di Glasgow, è stato per due anni Viceparroco e poi è tornato a Roma per completare gli studi conseguendo nel 1980 il Dottorato in Teologia alla Gregoriana. Rientrato in patria ha svolto successivamente gli incarichi di Viceparroco, Direttore degli studi, Vice rettore e Rettore del St. Peter's College a Chester. E' stato pure membro di diverse commissioni ecumeniche. Dal 1995 al 2004 è stato Parroco della St. Mary parish a Duntocher. Dal 2004 al settembre 2005 è stato Rettore del Pontificio Collegio Scozzese a Roma. Eletto Vescovo di Paisley il 13 settembre 2005, è stato consacrato il 20 novembre 2005. È Segretario Episcopale della Conferenza Episcopale Scozzese.
In Ucraina, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lutsk dei Latini, presentata da mons. Markyian Trofym’yak, in conformità al can. 401 - paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico. Come amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della diocesi di Lutsk dei Latin, il Papa ha nominato mons. Stanislav Szyrokoradiuk, dell’Ordine dei Frati minori, finora ausiliare di Kyiv-Zhytomyr.
Benedetto XVI ha nominato sottosegretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli il Rev.do Tadeusz Wojda, dell’Istituto dei Padri Pallottini, finora capo ufficio nel medesimo dicastero.
◊ Il 27 settembre prossimo si celebra la Giornata mondiale del Turismo dal tema “Turismo e sostenibilità energetica: propulsori di sviluppo sostenibile”. Per l’occasione il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ha reso noto oggi un messaggio a firma del presidente del dicastero, il cardinale Antonio Maria Vegliò, e del segretario, mons. Joseph Kalathiparambil. Il servizio di Giancarlo La Vella:
La Santa Sede ha aderito all’iniziativa, promossa dall’Organizzazione mondiale del turismo, sin dalla sua prima edizione, nel 1979, considerandola un'opportunità per dialogare con il mondo civile, offrendo il suo apporto concreto basato sul Vangelo, e vedendola anche come un'occasione per sensibilizzare tutta la Chiesa sull'importanza che il turismo riveste a livello economico, sociale e, particolarmente, nel contesto della nuova evangelizzazione. Il messaggio riflette sul tema di quest’anno che è in consonanza - si afferma - con il presente “Anno internazionale dell'energia sostenibile per tutti”, promulgato dall’Onu con l'obiettivo di mettere in risalto “la necessità, per assicurare uno sviluppo sostenibile, di migliorare l'accesso a servizi energetici e a sorgenti di energia affidabili, dal costo ragionevole, economicamente validi, socialmente accettabili ed ecologicamente razionali”. Il turismo, attività umana in aumento esponenziale, deve anch’esso fare i conti con l’impatto ambientale, dovuto al consumo smisurato di risorse energetiche, all'aumento dell’inquinamento e dei rifiuti. Per questo - afferma il messaggio - il turismo ha un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e la sostenibilità ambientale è uno di questi. Nel mondo - si legge ancora nel documento - non “esiste una quantità illimitata di energia e di risorse da utilizzare”: non è possibile che “la loro rigenerazione avvenga nell'immediato o che gli effetti negativi delle manipolazioni dell'ordine naturale possono essere facilmente assorbiti”.
Alla luce di queste finalità, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti desidera offrire il suo contributo, partendo dalla convinzione che “la Chiesa - come afferma Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in Veritate - ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico”. Lo sviluppo - si sottolinea - non può ridursi a semplici parametri tecnici, politici o economici, ma deve essere accompagnato con alcuni adeguati orientamenti etici, che sottolineano il fatto che ogni crescita deve essere sempre al servizio dell'essere umano e del bene comune. Il messaggio poi ricorda le parole del Papa indirizzate al VII Congresso mondiale di pastorale del turismo, celebrato nello scorso mese di aprile a Cancun, in Messico, che sottolineano l’importanza di “illuminare questo fenomeno con la dottrina sociale della Chiesa, promuovendo una cultura del turismo etico e responsabile, in modo che giunga ad essere rispettoso della dignità delle persone e dei popoli, accessibile a tutti, giusto, sostenibile ed ecologico”.
Tutto questo si può ottenere - afferma il documento, citando l’Enciclica del Pontefice - con “un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita”; una conversione della mente e del cuore, che “deve permettere di giungere rapidamente a un’arte di vivere insieme, che rispetti l’alleanza tra l’uomo e la natura”. Troppo spesso l’essere inclini di una società a edonismo e consumismo, la lascia indifferente ai danni che ne derivano. La tutela dell’ambiente, dunque, costituisce una sfida per l’umanità intera, un vero e proprio dovere di rispettare un bene comune. Il messaggio si conclude con le parole indirizzate da Benedetto XVI a Cancun: “La nuova evangelizzazione, alla quale tutti siamo chiamati, ci chiede di usare le numerose occasioni, che il fenomeno del turismo ci offre, per presentare Cristo come risposta suprema agli interrogativi dell'uomo di oggi”.
Centrafrica: il cardinale Filoni invita i vescovi all'unità, alla fraternità ed alla comunione
◊ “Siate uniti e solidali tra voi! Consolidate lo spirito di comunione ecclesiale e fraterna in modo che il vostro ministero sia fruttuoso, e siate esempio per il gregge a voi affidato”: è la raccomandazione che il cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha rivolto ai vescovi della Repubblica Centrafricana che ha incontrato presso la nunziatura, ieri a Bangui. Nel suo ampio discorso ripreso dall'agenzia Fides, il Prefetto del Dicastero Missionario ha citato alcuni dei problemi pastorali più importanti che i vescovi devono affrontare “con coraggio e lucidità”, “tra cui il rilancio della Evangelizzazione ad gentes, la pastorale familiare, la catechesi, la formazione permanente del clero e dei laici, la lotta al tribalismo e ai conflitti etnici, senza tralasciare la credenza nella stregoneria e nelle pratiche magiche e superstiziose, che sono come una cancrena per le diocesi e inquinano l'atmosfera di comunione e di unità”. Il cardinale ha poi invitato i vescovi ad essere vicini ai loro sacerdoti, che hanno bisogno di affetto, incoraggiamento e sollecitudine da parte dei loro Pastori. “Ricordate che la migliore testimonianza che la Chiesa può dare al mondo è quella dell’unità, della fraternità e della comunione – ha proseguito -. Che le vostre comunità diocesane siano davvero comunità autenticamente cristiane dove c'è amore, gioia, condivisione, perdono e riconciliazione, come la prima comunità... Siate promotori di unità e di comunione tra i sacerdoti diocesani e religiosi, tra autoctoni e missionari provenienti da altri Paesi. Nella Chiesa non ci sono stranieri!”. Il porporato si è quindi soffermato a lungo sul rinnovamento e sulla riorganizzazione dei Seminari e della pastorale vocazionale, evidenziando tra l’altro la necessità di formatori “competenti e capaci non solo di trasmettere la dottrina, ma anche e soprattutto di essere esempio di vita per i giovani” e proponendo la creazione di una équipe per le vocazioni in ogni parrocchia. Nella parte conclusiva del suo discorso, il cardinale Filoni ha raccomandato ai vescovi di curare la formazione dei laici, che “hanno davvero bisogno di una solida formazione cristiana, impregnata di valori evangelici in modo che, liberati dalle credenze e dagli atteggiamenti contrari alla fede, possano rendere ragione della speranza che è in loro”. Occorre poi assicurare il sostegno alle famiglie, chiamate a prendere parte alla missione della Chiesa e alla costruzione della società, a questo fine è “urgente e necessaria” la nomina di cappellani per la pastorale familiare. Infine l’attenzione alla catechesi, soprattutto dei bambini, da rivalorizzare e intensificare, in quanto è importante che “l’educazione alla fede possa avere inizio fin dalla più tenera età”. (R.P.)
Colombia. Riunione della Fondazione "Popolorum Progressio" per gli aiuti all'America Latina
◊ Si è aperta oggi e si concluderà venerdì 27 luglio la riunione annuale del Consiglio d’amministrazione della Fondazione Popolorum Progressio, nata in seno al Pontificio Consiglio Cor Unum nel 1992, anniversario del quinto centenario dell’evangelizzazione del continente americano. L’incontro, che come ogni anno si svolge in un Paese latinoamericano con l’obiettivo di far conoscere le attività della Fondazione alle Chiese locali, ha luogo nel Centro di Pastorale e Spiritualità della Conferenza episcopale colombiana a Bogotà, come voluto dall’arcivescovo Óscar Urbina Ortega. Come di consueto, il Consiglio d’amministrazione discuterà la sostenibilità finanziaria dei progetti presentati in favore delle popolazioni indigene, meticce e afroamericane dell’America Latina e dei Caraibi. La maggior parte dei progetti, anche quest’anno, è stata presentata dai Paesi le cui popolazioni indigene interne sostenute dalla Fondazione sono più numerose, come Brasile, Colombia e Perù; in tutto, comunque, i progetti sono 203, per una somma complessiva che supera i due milioni di dollari, e provengono da 19 Paesi. Non solo: la riunione sarà anche un’occasione di dialogo con la Conferenza episcopale della Colombia e con il Consiglio episcopale latinoamericano, oltre che la sede per eleggere le nuove cariche ai vertici della Fondazione. (A cura di Roberta Barbi)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ “Ritorno in America”: in prima pagina, un editoriale del direttore su una novità importante: da questa settimana “L’Osservatore Romano” viene stampato negli Stati Uniti da Our Sunday Visitor; con un articolo di Piero Di Domenicantonio intitolato “Il giornale del Papa fresco di stampa oltreoceano”.
In rilievo, nell’informazione internazionale, la minaccia delle armi chimiche nella crisi siriana.
In cultura, un articolo di Giovanni Preziosi dal titolo “La mezz’ora che archiviò il fascismo”: cronaca del voto del 25 luglio 1943 per mano di esponenti politici ed ecclesiastici.
Un’ebrea in salotto: Cristiana Dobner su Rahel Varnhagen e la vita culturale tedesca dell’Ottocento.
Mamma che atleta: Giulia Galeotti sull’autobiografia del tennista americano Andre Agassi “Open. La mia storia”.
Nell’informazione religiosa, ampi stralci del primo capitolo del libro “Sulla felicità. Meditazioni per i giovani” del cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna.
In Inghilterra e Galles minori sempre più alleati: pubblicato il rapporto annuale della National Catholic Safeguarding Commission.
Oswaldo Paya, cattolico e patriota: i funerali del dissidente cubano morto in un incidente stradale.
Crisi economica: la troika da oggi di nuovo ad Atene
◊ Al via oggi ad Atene la missione della troika (Fmi, Bce, Ue), che dovrà valutare lo stato dell'attuazione del programma per l'adeguamento di bilancio e le riforme economiche. Secondo molti osservatori, i tre alti funzionari conoscono già le difficoltà del governo ellenico di reperire gli 11,6 miliardi di euro per il periodo 2013-2014. Il problema è che dal rapporto che produrranno, dipenderà l'assegnazione della tranche da 31 miliardi di euro prevista per la fine di settembre. Di qui la permanenza di Atene nell’area Euro. Intanto, nella capitale greca arriverà giovedì anche il presidente della Commissione Europea, Barroso, per incontrare il premier Samaras. Salvatore Sabatino ha chiesto un’analisi sulla situazione greca all’economista Massimo Bordignon:
R. – La situazione è che i programmi nei confronti della Grecia sono eccessivamente restrittivi e la Grecia fa difficoltà a rispettarli. Quindi a questo punto la troika e più in generale l’Europa dovrà decidere se continuare con questo programma imponendo ad Atene di raggiungere i suoi obiettivi con le conseguenze che potrebbero esserci se la Grecia non è in grado di farlo e quindi non recepisce soldi o dare una dilazione e consentire al Paese ellenico di prendere un po’ più di tempo.
D. – Avere agito così pesantemente sul fronte dell’austerity è stata davvero la scelta giusta o si poteva fare diversamente?
R. – Secondo me, si poteva agire diversamente. C’è un eccesso di impronta recessiva nei confronti della Grecia. La Grecia in buona parte ha delle responsabilità, nel senso che è il Paese che ha avuto una serie di problemi, ha falsificato i conti per entrare nell’euro e certamente ha un problema di gestione dell’economia che non ha molto senso. D’altra parte, è evidente che politiche eccessivamente recessive che hanno anche un obiettivo in qualche modo di punizione nei confronti di un Paese che percepisce i soldi, non funzionano. Si rischia semplicemente di uccidere il malato e di non ottenere i risultati voluti.
D. – Sempre parlando della troika, se qualcosa dovesse andar male quali conseguenze si avrebbero poi sul Paese dal punto di vista concreto?
R. - Se non avesse soldi e ci fosse una rottura completa, la Grecia sarebbe costretta a uscire dall’euro. Uscire dall’euro significa riottenere la sovranità monetaria che le permetterebbe di finanziare con la nuova moneta le proprie banche. Ci sarebbe una devoluzione fortissima e un’inflazione fortissima ma perlomeno, a quel punto, quando un governo diventa indebitato nella propria moneta non ha più problemi di default perché può sempre stampare nuova moneta.
D. - Questo però, determinerebbe una mancanza di fiducia nei confronti dell’Europa rispetto al progetto euro?
R. – Sì, questo è il problema. Noi stiamo pagando tutti gli effetti molto elevati per questo, per non aver disegnato in maniera ottimale la situazione europea e trovarci in una situazione di difficoltà in cui per i loro conflitti interni e per le opinioni pubbliche, per i loro atteggiamenti, i Paesi europei non sembrano in grado di fare quello che dovrebbero fare, cioè un impegno forte per il mantenimento dell’Unione monetaria. Per far quello, bisognerebbe avere strutture che funzionano: dai meccanismi di trasferimento degli Stati a un ruolo un po’ più attivo e incisivo da parte della Banca centrale europea.
D. – Intanto, la Germania ha incassato questo avvertimento di Moody’s che prevede un outlook negativo. A pesare sarebbero proprio i costi alti per salvare Atene. Questo quanto influirà sulla già rigida posizione tedesca?
R. – Io non so a che gioco giocano queste agenzie di ratin. Forse, la cosa migliore da fare sarebbe semplicemente dimenticarcele. Tutti hanno il diritto a esprimere giudizi e opinioni sul funzionamento dell’unione monetaria, sulle conseguenze, e le agenzie di rating esprimono opinioni informate. Il problema serio è che abbiamo dato troppo peso a queste agenzie, dando loro un ruolo quasi pubblico perché riconoscendo i rating da un punto di vista dell’economizzazione, accade che una serie di istituti di credito banche e quant’altro non prestano denaro o lo prestano a tassi diversi a seconda del rating dato da queste agenzie. Ma secondo me le opinioni delle agenzie prima le mettiamo da parte e ce le dimentichiamo meglio è.
Serbia-Kosovo. Ban Ki-moon in visita a Pristina
◊ Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, oggi è a Pristina per visitare la missione Onu in Kosovo e incontrare le autorità locali. Il segretario, che nell’ambito del suo viaggio nei Balcani ieri si è fermato a Belgrado, dove ha avuto un colloquio con il presidente serbo Nikolic, auspica che Serbia e Kosovo riprendano al più presto i negoziati interrotti nel marzo 2011. Ma che speranze ci sono che ciò avvenga? Roberta Barbi lo ha chiesto a Roberto Morozzo Della Rocca, rappresentante della Comunità di Sant’Egidio:
R. - Poche speranze. Credo che gli albanesi non abbiano alcuna intenzione di ridiscutere lo status del Kosovo. Per loro è indipendente, è sovrano, e non si discute. Invece i serbi vorrebbero il dialogo per discutere la situazione del Kosovo settentrionale e delle quattro municipalità a maggioranza serba intorno a Kosovska Mitrovica. Naturalmente, questo dialogo gli albanesi non vogliono farlo ed è difficile che vada in porto. Però nella comunità internazionale, si discute di una possibile partizione del Kosovo, che è quello che poi, adesso, sembra interessare il governo di Belgrado: quindi un 10% al Nord che si unisce alla Serbia, e il resto che va a costituire lo Stato indipendente del Kosovo.
D. - Il presidente serbo Nikolic ha chiesto che il dialogo riprenda con la mediazione dell’Unione europea. Questo potrebbe bloccare la ripresa dei negoziati?
R. - È difficile che il dialogo riprenda. Da parte dell’Unione Europea c’è una difficoltà: non si vuole discutere a Bruxelles sull’indipendenza del Kosovo, anche se ci sono quattro Stati dell’Unione che non riconoscono l’indipendenza. In realtà la situazione è molto complessa perché anche a livello internazionale sono soltanto 91 su 193 Stati dell’Onu, che riconoscono l’indipendenza e quindi sono meno della metà. Infatti, Ban Ki -moon è andato in Kosovo a nome della risoluzione 1244 che nel 1999 mise fine alla guerra, la quale non riconosce alcuna indipendenza del Kosovo, ma parla solo di autonomia sostanziale in seno alla Serbia.
D. - La Serbia, infatti, si aspetta che anche l’Onu abbia un ruolo più attivo nel mantenimento dell’integrità territoriale dei due Paesi, sebbene l’indipendenza del Kosovo sia, appunto, riconosciuta solo da alcuni dei Paesi membri …
R. - Sì, perché l’Onu formalmente è sempre legato alla 1244, e quindi non riconosce l’indipendenza del Kosovo. L’Onu, forse più che l’Unione europea potrebbe essere mediatore.
D. - Continuano ad esserci tensioni al confine settentrionale. Le comunità serbe del nord Kosovo denunciano soprusi e violenze.
R. - Queste tensioni ci sono da 12 anni. É chiaro che nel Kosovo settentrionale i serbi vogliono la secessione dal nuovo Stato indipendente, mentre gli albanesi da sud premono perché i serbi riconoscano la sovranità di Pristina, e rinuncino ad unirsi con la Serbia. Ma per i serbi non è una secessione: i serbi si sono sempre sentiti serbi nel nord del Kosovo.
D. - Ieri Ban Ki-moon ha anche auspicato la ripresa del dialogo che servirebbe a entrambi i Paesi per migliorare le condizioni di vita della popolazione, e per proiettarli verso un futuro europeo. È possibile per Serbia e Kosovo pensare a un futuro europeo?
R. - Ciò di cui parla Ban Ki-moon è un dialogo sulle condizioni di vita, quindi sui problemi come l’anagrafe, i trasposti, i commerci, i documenti... Questo è un tipo di dialogo di “tono minore” rispetto al dialogo principale che è quello sullo status, sulla situazione politica di questi territori. Questo dialogo “minore”, in realtà, viene anche condotto con contatti bilaterali, ma il dialogo di cui si parla in genere è quello principale sullo status politico.
Londra. Rapporto Commissione episcopale tutela infanzia. Intervista con il presidente Sullivan
◊ È stato presentato questa mattina a Londra, presso la sede della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, il quarto Rapporto della Commissione cattolica nazionale per la Tutela dell’Infanzia, creata nel 2008 dagli stessi vescovi britannici. La collega della redazione inglese della nostra emittente, Philippa Hitchen, ha intervistato il presidente della Commissione, Danny Sullivan:
R. – I think there will be three areas…
Penso ci siano tre aree in particolare sulle quali riflettere, perché in esse abbiamo avuto un’evoluzione positiva. Una riguarda il lavoro svolto con gli Istituti e le comunità religiose, nella misura in cui attualmente la maggior parte di essi, in Inghilterra, hanno stabilito di unirsi a costituire commissioni di tutela a livello diocesano, piuttosto che operare separatamente. Questi Istituti e comunità religiose – che gestiranno le loro commissioni di tutela e salvaguardia e che sono da noi approvate – dovranno osservare gli stessi criteri osservati dalle commissioni di tutela diocesane e saranno esse stesse sottoposte a verifica da parte nostra. Ciò rappresenta uno sviluppo importante all’insegna di un’unica Chiesa, perché significa che l’impegno per la tutela non sarà più dispersivo, sarà molto più coeso e anche dal punto di vista teologico: c’è un’unica istituzione che opera in questo ambito.
D. – In parziale risposta alle vittime e ai sopravvissuti, state sviluppando quello che voi chiamate un “percorso di cura”. Ci vuole spiegare cosa comprende tale percorso e quale accoglienza ha avuto questa iniziativa presso i gruppi delle vittime?
R. – Adrian Child, the director of our “Safeguarding Advisory Service”, has done…
Adrian Child, il direttore del Servizio di consulenza per la tutela, ha fatto la maggior parte del lavoro. In corso d’opera, naturalmente, ha collaborato con i rappresentanti di gruppi di vittime al fine di identificare i requisiti di questo “percorso di cura”. Tra i primi risultati, abbiamo prodotto un opuscolo che sarà disponibile nelle parrocchie e nelle diocesi e che è rivolto a chiunque possa avere subito abusi, per indicare come affrontare una situazione del genere, a chi si possa rivolgere, cosa possa fare. L’argomento è affrontato in termini molto chiari come sono le chiare le indicazioni, perché, vede, molto spesso le persone non sanno cosa fare: sono talmente traumatizzate dall’esperienza vissuta da sentirsi perse, non sanno più cosa fare né di chi fidarsi. Quindi, parte di questo percorso di cura vuole intanto informare le persone su quello che possono fare, a chi possono rivolgersi e in quale modo possano essere supportate. Questo è ciò che continueremo a fare anche l’anno prossimo: continueremo il dialogo con i gruppi di vittime per assicurarci che in questo senso siano assistiti nel modo giusto e sicuro.
D. – Avete tenuto una Conferenza anche all’inizio dell’anno sull’impatto a lungo termine dell’abuso sulle vittime. Quali le conclusioni?
R. – I think that was just helping opening up to people that the implications…
Credo sia servita intanto a far sapere alla gente che ci sono implicazioni a lungo termine per le persone che hanno subito abusi, e che questa esperienza rimane parte della vita per sempre e che ci vuole tanto tempo prima che avvenga la guarigione. Penso che quella Conferenza abbia aiutato la gente in parte a comprendere che la salvaguardia non è un’iniziativa del momento: è un progetto che va avanti. E’ per questo che ne va considerato anche l’aspetto teologico, perché la Chiesa deve affrontare questa situazione anche da un punto di vista teologico. Tutelare e proteggere i giovani e i bambini è parte del nostro ministero e della nostra vocazione di cristiani e di cattolici, nella pastorale della vita delle comunità religiose e della parrocchia.
Washington, Conferenza mondiale sull’Aids : vicini alla svolta per sconfiggerlo
◊ “Svoltare insieme” è il motto della 19.ma Conferenza internazionale sull’Aids, aperta ieri a Washington, con 25 mila ricercatori, operatori sanitari, attivisti, esponenti politici giunti da 195 Paesi. Per la prima volta, si parla di sconfitta definitiva della pandemia, che colpisce ancora 34 milioni di persone nel mondo e miete un milione e mezzo di vittime l’anno. Il servizio di Roberta Gisotti:
I progressi della scienza sono davvero notevoli se oggi si immagina una prossima generazione senza Aids, ma i finanziamenti non devono diminuire anzi aumentare. Infatti, solo 15 milioni di malati su 34 hanno accesso a cure efficaci. E tra queste vi sono quelle per contrastare la trasmissione del virus dalle mamme ai figli. In tutto il mondo, sono 17 milioni le donne vittime dell’Hiv e il loro numero è in aumento in Europa. Al nostro microfono, Giusy Liuzzi, infettologa dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma:
R. – Sicuramente, rispetto agli anni precedenti sono stati fatti molti passi in avanti. L’avvento della terapia antiretrovirale di farmaci di ultima generazione ha fatto sì che la malattia diventasse, in qualche modo, una malattia cronica che consente alla persona affetta di condurre una vita quasi normale. Nella normalità c’è anche il desiderio di genitorialità, c’è anche la voglia di maternità da parte delle donne Hiv positive. Proprio grazie alle terapie antiretrovirali, riusciamo a far sì che il rischio di trasmissione dalla mamma al bambino oggi sia quasi azzerato: questo nei nostri Paesi industrializzati. Differente è la situazione nei Paesi più poveri.
D. – So che avete un progetto in Tanzania e purtroppo sappiamo che il 70% dei malati di Aids è concentrato proprio nell’Africa subsahariana. Quali risultati state ottenendo?
R. – Cerchiamo col nostro progetto di far sì che i farmaci possano giungere alle donne sieropositive sia durante la gravidanza che durante l’allattamento, dato che in Africa, purtroppo, questo è tra le modalità più frequenti di trasmissione dell’infezione.
D. – Lei condivide l’entusiasmo che contraddistingue questa 19.ma Conferenza internazionale in corso a Washington?
R. – Sull’entusiasmo io, forse, sarei un po’ cauta. Sicuramente, noi oggi abbiamo a disposizione tanti farmaci, tante terapie che ci fanno essere di certo più soddisfatti rispetto agli anni precedenti, ma il problema grande è far sì che queste terapie arrivino a tutti e che tutti possano godere dei benefici della terapia antiretrovirale. Questo in qualche modo nei nostri Paesi accade, ma deve assolutamente succedere anche nei Paesi in via di sviluppo. Al di là della terapia, poi, la mossa principale per la prevenzione deve essere sicuramente l’esecuzione del test, perché dobbiamo partire più da lontano. Questo anche nelle nostre società e nel nostro Paese: dobbiamo fare in modo che tutte le donne in gravidanza possano e debbano essere sottoposte al Test Hiv e questo per poter affrontare eventualmente l’infezione e per poter prevenire la trasmissione al bambino. Dobbiamo assolutamente sapere, prima del parto, lo stato della madre.
Roghi di rifiuti in Campania. Mons. Spinillo: salute a rischio, appello allo Stato
◊ In Italia, cresce la paura nelle zone del napoletano e del casertano, dopo la pubblicazione dei dati sugli aumenti vertiginosi dei casi di tumore nelle zone avvelenate dai roghi di rifiuti illeciti, prodotti dalla criminalità organizzata. Al microfono di Fabio Colagrande, il vescovo di Aversa, mons. Angelo Spinillo, si fa interprete delle difficoltà della popolazione dell’area e torna a chiedere un intervento deciso da parte dello Stato:
R. – E’ un momento di grande preoccupazione. Questo accumulo di rifiuti non è avvenuto soltanto negli ultimi giorni ma è avvenuto nel tempo, in una maniera che sembra essere addirittura quasi programmata. Per cui, oggi vediamo questi roghi bruciare e poi sentiamo di questa tristissima statistica che mette la nostra terra ai vertici della mortalità per tumore.
D. – La popolazione della sua diocesi come vive questa situazione?
R. – Vive tutto questo con grande preoccupazione, con grande timore, con ansia, però anche con un senso di bisogno di risvegliarsi, di rinnovata esigenza di partecipazione di rinnovata attenzione. Quelli che sono i momenti tragici che si vivono singolarmente in famiglia sono sicuramente momenti difficili, ma perché questo non avvenga dobbiamo poter imparare a guardare al bene comune. Bene comune vuole dire che un luogo che è stato costruito con fondi pubblici, che è stato realizzato con l’impegno delle amministrazioni per la vita dei cittadini, poi non può essere abbandonato a se stesso e lasciato non solo all’incuria, ma addirittura alla mercé di chi lo fa diventare deposito di materiali di tutti i generi. Allora, è necessario che si stia molto attenti e credo che la nostra gente si stia attivando. Nascono associazioni, nascono coordinamenti che in maniera ufficiale e pubblica ora dicono quale sia il problema e cercano anche una via sulla quale potersi incamminare. La nostra preoccupazione sta nel coinvolgere quante più persone possibile, anche persone che sono su altre posizioni di fede. La Chiesa vive intensamente questa attenzione insieme con le persone e credo sia in questo incoraggiata. Ci auguriamo che tutto quanto sta accadendo possa far crescere una nuova consapevolezza.
D. – Come Chiesa voi vi appellate anche alle istituzioni perché questa vicenda dolorosa e gravissima sia risolta il prima possibile?
R. - Il nostro appello si rivolge alle istituzioni perché possano anzitutto essere in maggiore dialogo con i cittadini, con i cittadini veri, e perché i cittadini possano con verità essere protagonisti del cammino di tutta quanta la nostra comunità. Questo in modo da poter giungere anche al cuore, alla mente e all’intelligenza di coloro che per coltivare affari non puliti poi impongono meccanismi che portano le conseguenze che abbiamo visto.
Terremoto in Emilia: al via il piano-casa, iniziato smantellamento delle tendopoli
◊ Ancora scosse di terremoto, seppur lievi, si registrano in Emilia Romagna, ma ora all’ordine del giorno c’è l’impegno per ricostruire e tornare ad abitare i centri storici. Il Commissario straordinario per l’emergenza, Vasco Errani, dopo il vertice con i sindaci ha chiesto allo Stato altri 6 miliardi di euro oltre ai 2,5 già stanziati per gestire in primo luogo il piano-casa. Ancora 45 mila sono gli sfollati e circa 13 mila le case inagibili. Intanto, tra mille difficoltà, è iniziata la dismissione di alcune tendopoli, per esempio quella del centro storico di San Felice sul Panaro, come racconta - al microfono di Gabriella Ceraso - Paolo Diani, responsabile, per le Misericordie d’Italia, di uno dei campi del Comune:
R. - Si sta cominciando a smantellare i campi all’interno del centro storico per cominciare, eventualmente, a rimettere in sicurezza e a ricostruire la zona. È anche un segnale forte per convincere, chi ha la casa agibile, a rientrare.
D. - Quanti campi attivi ci sono ora a San Felice sul Panaro?
R. - Attualmente tre, con circa 900 persone. C’è ancora una buona parte di immigrati che hanno iniziato peraltro il Ramadan e che quindi si incontrano in quelle aree destinate alla preghiera e alla festa, e nello stesso tempo, ci sono ancora in campo tanti emiliani.
D. - E tutto intorno Finale, San Posidonio, Cavezzo... Quali sono le previsioni sugli smantellamenti in programma?
R. - La Regione Toscana dovrebbe chiudere San Posidonio mercoledì e si cerca - anche laddove ci sono più campi - di smantellare almeno un campo, per iniziare a dare certezza alla gente che l’emergenza è finita.
D. - Qual è l’umore della gente?
R. - Nonostante tutto, c’è un clima di paura. Però mi sembra che nel contesto - vuoi per quello che riguarda il lavoro, vuoi per l’idea con cui è stato assunto tutto questo terremoto - mi pare ci sia da parte degli emiliani la voglia di ripresa.
D. - Tra l’uso di case sfitte e la costruzione di case provvisorie, quale pensa sia la cosa più opportuna?
R. - Ricostruire le case laddove erano, in modo sicuro e diverso. Non credo nel dover fare tanti campi o tanti prefabbricati, anche perché rimangono come dei ghetti.
Il religioso che allena gli olimpionici kenyani: intervista con fr. Colm O'Connell
◊ Il presidente del Comitato olimpico internazionale, Jacques Rogge, ha osservato oggi a Londra, sede delle prossime Olimpiadi, un minuto di silenzio per il quarantesimo anniversario degli attacchi durante i Giochi del ’72, in cui morirono 11 israeliani. Ma dal prossimo 27 luglio, tra i protagonisti meno noti delle competizioni ci sarà anche un religioso cattolico. E’ fratello Colm O’Connell, irlandese della congregazione di San Patrizio, allenatore – come racconta l’agenzia Misna - di alcuni tra i più celebri fondisti kenyani degli ultimi decenni, tra cui il primatista mondiale degli 800 metri, David Rudisha. A Davide Maggiore, fratello O’ Connell ha raccontato come ha avuto inizio questa esperienza:
R. - Well, I came to Kenya first in 1976…
Sono arrivato in Kenya, la prima volta, nel 1976 come missionario. Avevo una esperienza sportiva, ma soltanto una conoscenza generale dello sport: non avevo un’esperienza di atletica. Sono arrivato alla scuola di Saint Patrick ad Iten e ho scoperto che qui c’era una grande tradizione sportiva, non soltanto legata all’atletica ma anche ad altre discipline. A quel tempo, il Kenya era un Paese ancora relativamente giovane e c’era ancora tanto lavoro da fare per cercare di promuovere, in particolare, l’educazione. Io ero impegnato nell’educazione e quindi ho cominciato a ritenere che anche lo sport potesse essere molto importante nella vita dei giovani. Ho utilizzato così il mio stesso interesse e la mia abilità per cercare di aiutare i giovani a diventare dei buoni sportivi.
D. – Quello di allenatore è un lavoro abbastanza insolito per un missionario: che nesso c’è tra la predicazione del Vangelo e l’atletica?
R. – Being a catholic very often…
Come cattolici, molto spesso il nostro approccio allo sviluppo e al nostro stesso essere missionari non passa soltanto attraverso un’educazione accademica, ma anche attraverso la formazione del carattere, dei valori della vita, del comportamento e attraverso il dare ai giovani delle buone fondamenta. Certo, potrebbe apparire un po’ inusuale per un missionario vedere l’atletica e lo sport come una missione: ma credo che lo sport, così come altre attività che vengono svolte al di fuori della classe, possano essere ancora più fruttuose del lavoro strettamente accademico.
D. - Un’altra cosa da sottolineare è che questi atleti - per esempio David Rudisha - rappresentano un esempio per i bambini e per i giovani in Kenya…
R. - Yes, of course…
Sì, certamente. Quando un atleta riesce a raggiungere un livello così alto - come David Rudisha - diventa un mito e un esempio per i giovani. Ritengo che molto spesso quando il gruppo dei giovani che pratica atletica interagisce con David - durante gli allenamenti, nella vita sociale - rappresenta certamente una buona opportunità per loro per comprendere che si può essere molto tranquilli e lavorare duramente e, allo stesso tempo, essere molto “alla mano”. Questo tipo di qualità sono molto importanti, perché penso permettano ai giovani di realizzare che si può essere una superstar, un campione, ma questo non significa isolarsi dalla realtà, non significa isolarsi dalla routine della vita quotidiana.
D. - Lei ha allenato campioni del mondo e olimpici, recordman… Quale storia ricorda di più o considera la più significativa?
R. - The one which comes out in my mind, the most, is 1988, Peter Rono…
La più bella che arriva subito alla mia memoria è quella relativa al 1988 e a Peter Rono, vincitore alle Olimpiadi di Seoul, in Nord Corea. Probabilmente perché è stata la mia prima Olimpiade come allenatore, ma forse anche perché Peter aveva un background oscuro e “pesante” e probabilmente non era visto da molti come un possibile campione ai Giochi Olimpici: era anche piccolo. Per me è stata una conquista molto speciale e di grande sacrificio. Quando ritorno indietro a questo episodio mi rendo conto che è stato il punto di svolta nella mia vita di allenatore ed è quello che mi fa continuare a credere nell’importanza di istillare i valori dello sport nella vita dei giovani.
Siria: si combatte per le strade di Aleppo
◊ Proseguono per il quarto giorno consecutivo i combattimenti nella città di Aleppo tra soldati dell’esercito regolare e miliziani armati. Lo confermano all'agenzia Misna fonti del vicariato apostolico, secondo cui “dall’inizio degli scontri la gente è chiusa nella case ed esce solo per sbrigare faccende urgenti e comprare il cibo”. La situazione è più grave nei quartieri di Salaheddine et Sukkari e nella periferia, ma “colpi d’arma da fuoco sono udibili anche nel centro e al mercato della città”, considerata la capitale economica della Siria. L’interlocutore non ha potuto verificare le informazioni in circolazione riguardo una rivolta nel carcere della città, repressa dalle Forze dell’ordine, che avrebbe provocato otto morti. Secondo fonti dell’opposizione nel penitenziario sarebbe divampato un incendio e gli elicotteri delle forze di sicurezza hanno sparato sugli ingressi, impedendo l’arrivo dei soccorsi. Si tratta della seconda rivolta in una prigione siriana in meno di una settimana dopo quella a Homs, nel sud, in cui sarebbero morti due detenuti. Intanto, a Damasco, le Forze di sicurezza hanno avviato un’offensiva casa per casa alla ricerca di elementi della ribellione. La televisione di Stato ha mostrato immagini di quartieri come Nahr Isha e Qaboun ‘bonificati’ dalla presenza di miliziani armati. L’arcivescovo maronita Samir Nassar dice alla Misna che le famiglie “stanno lasciando a frotte i quartieri più caldi per formare code interminabili sulla strada per il Libano, mentre l’autostrada Damasco-Aleppo è chiusa da giorni”. Dall’Iraq, il primo ministro Nouri al Maliki ha annunciato l’apertura delle frontiere per i profughi siriani in fuga dalle violenze, chiedendo alla Croce Rossa e alla Mezzaluna Rossa di fornire loro assistenza umanitaria. Il primo gruppo di 60 persone ha attraversato questa mattina il valico di Al Qaim per entrare nella provincia irachena di Al Anbar. (R.P.)
Siria: riunione dei vescovi di Aleppo dove si rischia una strage come a Homs
◊ Si affronteranno le questioni urgenti della crisi siriana, in un momento “di forte preoccupazione” per le Chiese e per tutta la popolazione, la situazione delle comunità cristiane e la condizione dei profughi interni, nella prossima riunione dei vescovi cattolici di Aleppo, che si terrà giovedì prossimo nella città siriana. Come appreso dall'agenzia Fides, il meeting era fissato già da tempo, ma giunge in un momento in cui la città è teatro di aspri combattenti fra esercito e gruppi rivoluzionari, divenendo così un “vertice di crisi” dove si parlerà di attualità, oltre che delle questioni strettamente pastorali. "I cristiani a Damasco e ad Aleppo sono terrorizzati dal rischio di essere presi di mira e costretti alla fuga" ha dichiarato il vescovo caldeo di Aleppo, mons. Antoine Audo. Secondo quanto riferito dal presule, la Chiesa locale teme possa ripetersi la catastrofe di Homs della scorsa primavera, quando il quartiere cristiano fu bombardato, costringendo all'esodo di massa quasi tutti gli oltre 120mila fedeli. Il vescovo afferma che, con l'aggravarsi del conflitto ad Aleppo e a Damasco, la gente si è rivolta a lui, disperata dopo l'abbandono delle proprie abitazioni e proprietà, e della fuga verso città e villaggi più sicuri. In un'intervista rilasciata ad Aiuto alla Chiesa che Soffre ripresa dall'agenzia Zenit, mons. Audo ha detto: “Ciò che temiamo è che in questa situazione di anarchia, persone armate possano fare irruzione nelle aree cristiane, come già avevano fatto a Homs”. “Se arrivano nei dintorni delle nostre chiese e vescovadi, come è successo a Homs, sarebbe disastroso per noi”, ha aggiunto. Il presule ha inoltre dichiarato che durante la messa della scorsa domenica, ad Aleppo, la chiesa era mezza vuota, essendo i fedeli timorosi di recarsi in un luogo di culto. Le ragioni della minaccia contro i cristiani sono “molto complesse”, secondo il vescovo che ha aggiunto: “Non sono in grado di fornire chiare ragioni dell'ostilità dei ribelli verso i cristiani. Quello che possiamo dire – ha proseguito mons. Audo – è che se entrassero nell'area cristiana sarebbe una pessima cosa. La paura dei cristiani è notevole: siamo una minoranza e siamo sempre minacciati”. Sottolineando i timori per la sicurezza, il vescovo ha detto: “Come possiamo proteggere la nostra gente? Non abbiamo alcuna possibilità per farlo. Non sono soltanto i cristiani ad essere coinvolti in questa situazione pericolosa, vi sono anche dei musulmani, tacciati di essere simpatizzanti del governo”. Il vescovo ha ringraziato tutte le persone, compresi i sostenitori di Aiuto alla Chiesa che Soffre, che hanno fornito cibo, assistenza medica e rifugio alle oltre 1000 famiglie fuggite da Homs verso città più piccole e villaggi circostanti. “È molto dura, specie per chi è originario di Homs, che ha lasciato tutto quello che aveva. Hanno perso tutto ed è per questo che apprezzano molto l'impegno di Aiuto alla Chiesa che Soffre”. Ciononostante mons. Audo invoca un aiuto ulteriore: “Dobbiamo essere in grado di aiutare ancora più gente, specie in due settori: cibo e assistenza sanitaria. Ci sono persone che vengono da me a chiedermi nient'altro che abiti”. Il vescovo ha dichiarato di aver subito pressioni per dichiararsi a favore del regime o dei ribelli: “Quando mi è stato chiesto da che parte stavo, ho sempre risposto che sto dalla parte del Paese. Sto facendo tutto quello che posso per salvare la Siria, questo nostro amato Paese”. “Ciò di cui abbiamo bisogno sono le vostre preghiere per tutti noi. È un momento di grande pericolo e la gente ha molta paura”, ha poi concluso il presule. Ad Aleppo, su un popolazione totale di oltre due milioni di persone, vi sono circa 180mila fedeli cristiani, suddivisi nella diverse confessioni e riti, fra cattolici, ortodossi, armeni. (R.P.)
Caritas Libano: cresce il flusso disperato dei profughi dalla Siria
◊ "Nei campi profughi al confine con la Siria la situazione è terribile e peggiora di giorno in giorno. Migliaia di rifugiati varcano la frontiera tentando di fuggire dall'inferno siriano. La maggior parte sono donne e bambini. La sofferenza di queste persone è enorme, ovunque si sentono lamenti di disperazione, odio, vendetta; in molti si sentono abbandonati da Dio". È quanto racconta all'agenzia AsiaNews padre Simon Faddoul, presidente di Caritas Libano. Il sacerdote parla di oltre 47mila profughi che hanno trovato rifugio nella valle della Bekaa e nei campi di fortuna sul confine settentrionale fra Siria e Libano. Essi giungono soprattutto dalle provincie a maggioranza sunnita di Homs e Hama, le più colpite dalla guerra fra regime e ribelli. Da alcune settimane stanno arrivando anche molti musulmani alawiti e piccoli gruppi di cristiani provenienti da Damasco e Aleppo. Oggi, oltre 8mila persone hanno varcato il confine. Secondo padre Faddoul la maggior parte dei rifugiati sono musulmani sunniti. Solo il 5% è cristiano. "I nostri volontari sono sempre in allerta - racconta - perché questa gente ha bisogno di tutto: vestiti, acqua, cibo, medicine, coperte. Per ragioni politiche il governo non autorizza la costruzione di campi profughi e ciò costringe la gente a trovare riparo in vecchie case abbandonate, baracche, tende di fortuna". Per soccorrere i rifugiati siriani, la Caritas e altre organizzazioni non governative hanno attivato vari centri di raccolta lungo la valle della Bekaa e una clinica mobile dedicata alla cura dei feriti. Il sacerdote spiega che centinaia di volontari stranieri sono giunti in Libano per sostenere la Caritas locale, ma senza campi profughi è impossibile organizzare gli aiuti. "Chi supera il confine si dirige verso i nostri Centri e pianta lì le proprie tende. In questi giorni abbiamo chiesto al governo la possibilità di aumentare almeno i nostri spazi per la di distribuzione di aiuti, per prevenire sovraffollamento e lo scoppio di epidemie". Padre Faddoul invita i Paesi occidentali a non dimenticare il popolo siriano e a premere per un immediato cessate-il-fuoco. "La situazione è ormai irreversibile. In molti temono un escalation da cui sarà quasi impossibile uscire. Noi dobbiamo cercare di essere pronti ad ogni evenienza perché non sappiamo cosa accadrà in futuro". (R.P.)
Iraq: avviato un ponte aereo per riportare in patria i rifugiati in Siria
◊ Un ponte aereo tra Siria ed Iraq – riferisce l’agenzia Sir – è stato avviato per riportare in patria il maggior numero possibile di iracheni, in pericolo per la tragica situazione siriana. Dopo che già otto aerei erano giunti a Baghdad, la decisione è stata presa dal Parlamento iracheno, riportata dal portavoce del governo Osama Al Nujaifi, per facilitare le pratiche burocratiche di rimpatrio attraverso il lavoro dell’ambasciata irachena in Siria. Tra le tante persone in attesa di ritornare in Iraq anche molti cristiani che al momento sono bloccati alla frontiera. A Radio Free Iraq, il capo della commissione parlamentare per gli sfollati, Liqaa Wardi, ha ricordato che queste persone erano fuggite negli anni scorsi in Siria per trovare un luogo sicuro in cui vivere, ma non hanno trovato le condizioni sperate per l’assenza di un piano di accoglienza. La drammatica situazione, dunque, va a colpire coloro che già erano state vittime della violenza in Iraq e ora si trovano a rivivere le stesse difficoltà in Siria. (A.C.)
America Latina: si inaugura l'Osservatorio della Nuova evangelizzazione
◊ Il segretario del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, mons. Octavio Ruiz Arenas, ha annunciato che oggi, durante la sessione di apertura della riunione dei vescovi presidenti delle Commissioni del Celam (Consiglio Episcopale Latinoamericano) si terrà l'inaugurazione dell' "Osservatorio della Nuova Evangelizzazione per l'America Latina". Secondo le informazioni inviate all’agenzia Fides, è prevista la partecipazione di mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. Durante l'atto inaugurale dell'Osservatorio è previsto anche un incontro tramite la piattaforma "episcopo.net" con tutti i direttori delle Commissioni per la comunicazione delle Conferenze episcopali dell'America latina. L’Osservatorio vuole essere una struttura di informazione, ricerca e studio circa le diverse esperienze di Nuova Evangelizzazione già esistenti in America Latina e nei Caraibi, per accompagnarle nel loro cammino, farle conoscere e stimolare l’interscambio di esperienze, ha spiegato mons. Arenas. Inoltre l’Osservatorio intende approfondire le grandi sfide che si pongono alla Chiesa nell’adempimento della sua missione evangelizzatrice, e indagare sui motivi che spingono i fedeli ad abbandonare la Chiesa cattolica. (R.P.)
Olimpiadi: le iniziative della Chiesa londinese per l’avvio dei Giochi
◊ In occasione dei Giochi Olimpici c’è grande fermento all’interno della Chiesa cattolica inglese, che per l’evento sportivo ha avviato il più importante sforzo ecumenico mai realizzato prima nel Regno Unito. Secondo quanto riferisce l’agenzia Sir, l’organizzazione "More than gold", che si occupa di coordinare le attività e gli impegni della comunità cattolica legati alle olimpiadi, sta puntando su decine di appuntamenti, sui quali sono stati investiti circa 2,4 milioni di euro. James Parker, responsabile delle iniziative delle chiese cristiane nei Giochi, ha sottolineato: “non sappiamo quanti visitatori nazionali e internazionali parteciperanno a queste iniziative ma siamo pronti a dare il benvenuto al mondo e a testimoniare l’amore di Cristo e, soprattutto, la Sua pace”. Le parrocchie dell’East End, vicine al villaggio olimpico, sono disponibili ad accogliere i 6 milioni di turisti attesi per i giorni delle gare già dal 25 luglio, quando sarà offerta dalla chiesa di Nostra Signora e Santa Caterina da Siena a Bow una “Missa Cantata” in forma straordinaria. Nelle ultime settimane, invece, l’icona della pace di Pax Christi , dipinto sacro realizzato nel monastero di San Giovanni vicino a Gerusalemme, ha attraversato le chiese di Londra per l’iniziativa “100 giorni della pace”, e raggiungerà nei prossimi giorni la chiesa di San Francesco d’Assisi a Stratford. Nella stessa chiesa si svolgerà il 27 luglio anche il primo di diversi festival che avranno lo scopo di promuovere uno spirito di pace tra le comunità londinesi. Nella chiesa di Saint Margaret, a Canning town, è in programma per il 28 luglio una giornata per giovani adulti dal titolo “Sustain”, organizzata dal movimento di evangelizzazione giovanile Youth 2000, mentre nel pomeriggio dello stesso giorno il primate cattolico Vincent Nichols celebrerà la messa di apertura dei Giochi nella cattedrale di Westminster. Il villaggio olimpico, dotato di una cappella, ospiterà la celebrazione della messa domenicale il 29 luglio, alla quale potranno partecipare diverse squadre con i propri familiari. Un’iniziativa, infine, dedicata alla preparazione dei volontari che prestano servizio durante i Giochi, è il “Joshua camp”, nella scuola di san Bonaventura, a Forest Gate, nella diocesi di Brentwood, che partirà il 30 luglio. (A.C.)
Regno Unito: Campagna on line per la pace dell’agenzia Cafod per i Giochi Olimpici
◊ Rilanciare il messaggio di pace e di fratellanza tra i popoli che si riuniscono nel nome dello sport e competono in modo leale, oggi come ai tempi dell'antica Grecia. Questo lo spirito della campagna on-line “Pass It On” ( “Passa la torcia”) promossa dalla Cafod, l’agenzia dei vescovi inglesi e gallesi per gli aiuti ai Paesi d’oltremare, in occasione delle ormai imminenti Olimpiadi di Londra. I giovani sostenitori dell’organizzazione sono stati invitati a mettere in rete video-clip e messaggi personali a tutti coloro che vivono in aree di conflitto nel mondo. L’iniziativa richiama in particolare l’attenzione sull’esempio di cinque Paesi in cui lo sport è stato usato come veicolo di pace e riconciliazione: l’Uganda, la Colombia, il Rwanda, le Filippine e lo stesso Regno Unito. All’’iniziativa hanno già aderito 500 giovani ai quali si sono aggiunti mons. Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, padre Christopher Jamison, direttore dell’Ufficio nazionale per le vocazioni e il campione olimpico Jason Gardener. Tra i partecipanti – riporta l’agenzia cattolica africana Cisa - anche il tedoforo olimpico e testimonial della Cafod John McBride, che oltre a postare il suo messaggio ha deciso di contribuire anche con una propria iniziativa personale: dopo avere portato la torcia olimpica per le strade di Durham, nel nord dell’Inghilterra, si è recato a Nairobi, in Kenya, per presentarla ai bambini della baraccopoli di Korogocho alla periferia della capitale. (L.Z.)
Ecuador: la pastorale afroamericana per l'integrazione e la giustizia sociale
◊ Si sono impegnati a “continuare a difendere gli autentici valori culturali del popolo afroamericano e caraibico, specialmente degli oppressi, degli indifesi e degli emarginati” rinnovando la volontà di “appoggiare il dialogo tra la cultura nera e la fede cristiana e le sue lotte per la giustizia sociale”: è quanto affermano nel comunicato finale i 250 partecipanti al XII Incontro della Pastorale afroamericana che ha riunito a Guayaquil, in Ecuador, laici, sacerdoti, religiosi, diaconi, giovani e vescovi di 12 Paesi. Per l'occasione anche il Papa aveva inviato un suo messaggio. “Denunciamo le minacce all’esistenza fisica, culturale e spirituale, all’identità, alla diversità, nei territori e nei progetti di vita, che soffre il nostro popolo afro in tutto il continente a causa della globalizzazione economica e culturale che mette in pericolo la nostra stessa esistenza in quando popolo differente” si legge nella nota pervenuta all'agenzia Misna. “Invitiamo i governi nazionali, l’Organizzazione degli Stati Americani e le Nazioni Unite – prosegue – a globalizzare la solidarietà, prendendo le misure necessarie a promuovere l’integrazione, la partecipazione e la giustizia sociale ti tutti i popoli, in condizioni di uguaglianza”. Citando “la missione permanente proposta dal Celam (Consiglio dell’episcopato latinoamericano) al Santuario afro di Aparecida”, i partecipanti all’incontro hanno ribadito la volontà di portarla avanti “con fede, speranza e allegria”, con “la forza della gioventù, la resistenza delle donne, la tenerezza dei bambini, il calore degli uomini e la ricchezza dei nostri anziani”. (R.P.)
Repubblica Dominicana: Stato e Chiesa per fermare la violenza contro le donne
◊ Nel contesto di un incontro conviviale di ringraziamento alle diverse istituzioni per la fine del mandato del Presidente, Leonel Fernandez, il cardinale Nicolás de Jesús López Rodríguez, arcivescovo di Santo Domingo, e l'arcivescovo di Santiago de los Caballeros, mons. Ramón de la Rosa y Carpio, parlando in momenti diversi, hanno affermato che il problema della violenza contro le donne ha raggiunto una cifra allarmante nel Paese e hanno chiesto di rivedere le politiche pubbliche per fermare questo grave problema sociale. Per una coincidenza, lo stesso Presidente ha presentato questo problema come il principale problema del paese. Per il Presidente, i crimini contro le donne sono un dramma umano. Il cardinale Nicolas de Jesus Lopez Rodriguez li considera “uno scandalo internazionale” che dovrebbe portare ad una revisione delle strutture sociali e a punizioni esemplari. L'arcivescovo di Santiago - riferisce l'agenzia Fides - ha attribuito il grave problema a fattori quali la mancanza di istruzione ed il maschilismo. Anche se questo incontro tra il Presidente uscente e i due esponenti della Chiesa dominicana è stato definito “di cortesia”, ha superato le due ore ed è probabile che siano stati analizzati anche diversi problemi nazionali ed internazionali. Sul problema della violenza contro le donne, la Chiesa si è già espressa molte volte. Dai dati raccolti dall’agenzia Fides si evidenzia che nel 2012 sono già più di 100 le donne uccise. L'ultimo caso nel Paese ha provocato una manifestazione davanti al Congresso nazionale per chiedere sanzioni più dure contro chi commette violenza sulle donne. (R.P.)
Sri Lanka: violenze e abusi sui bambini, allarme rosso nel Paese
◊ È allarme in Sri Lanka per gli episodi di violenze, stupri e abusi su minori in continua crescita: da gennaio 2012, sarebbero 975 i casi registrati dalla polizia e 20mila le denunce ricevute dalla National Child Protection Authority (Ncpa). Uno degli ultimi episodi saliti agli onori della cronaca, riguarda una ragazza di 13 anni, vittima di uno stupro di gruppo da parte di quattro uomini. Uno di questi sarebbe un funzionario dell'amministrazione di Tengalle; un altro, un uomo d'affari proprietario di diversi alberghi. Nonostante la giovane abbia riconosciuto i suoi aggressori, nessuno è ancora stato arrestato. Dati del ministero per lo Sviluppo del bambino e della donna - riferisce l'agenzia AsiaNews - parlano di almeno 6.343 casi di stupro e 15.158 casi di abusi su minori negli ultimi cinque anni. In tale arco di tempo, le violenze sessuali su ragazze sono cresciute in modo esponenziale: 799 casi nel 2006; 805 nel 2007; 914 nel 2008; 922 nel 2009; 1.089 nel 2010; 1.169 nel 2011. Secondo M.L.A.M Hisbullah, viceministro per lo Sviluppo del bambino e della donna, il motivo principale dell'aumento degli episodi è un forte abbassamento dei livelli di istruzione, che va ad aggiungersi alla condizione di globale impunità di cui godono gli aggressori. A questo, si associa una generale insicurezza provata dai più piccoli; la diffusione tra i più giovani di cellulari con connessione internet; stati di alterazione provocati dal consumo di cocaina e alcol, sempre più facili da reperire; mancanza di educazione sessuale, soprattutto tra gli adolescenti, che sfocia in una maggiore promiscuità, in particolare nel settore tessile. Con i dati alla mano, all'inizio di luglio il dicastero ha portato il problema degli abusi sui minori in parlamento, dove il governo ha promesso "misure più stringenti" in fatto di pene e condanne per gli aggressori. Tuttavia, attivisti e società civile denunciano che al di là di qualche suggerimento, le autorità non hanno messo in moto alcun provvedimento concreto. Per questo, il 21 luglio scorso il National Christian Council (Ncc) e lo Sri Lanka Lama Kriyakari Virayo (La-Kri-Vi) hanno organizzato una Marcia del bambino a Colombo. Migliaia di cristiani - genitori, ragazzi, sacerdoti e suore - hanno partecipato, sfilando per la capitale con manifesti scritti in lingua tamil, singalese e inglese. Il raduno ha alternato attività ludiche, come esibizioni e piccoli spettacoli, a momenti di protesta, per sensibilizzare la popolazione. (R.P.)
Cina: caos, morte e distruzione per il cataclisma più forte degli ultimi 60 anni
◊ Una tormenta durata oltre 10 ore ha portato morte e distruzione tra le strade principali di Pechino, provocando fiumi d’acqua che hanno inondato i passaggi sotterranei e le metropolitane, causando la morte per annegamento di diverse persone. Si tratta del cataclisma più intenso registrato negli ultimi 60 anni nella capitale cinese - riferisce l'agenzia Fides - che ora vive nel caos, tra strade sommerse, tetti distrutti e 80 mila persone isolate nell’aeroporto principale di Pechino dove sono stati cancellati oltre 500 voli. Secondo quanto riferito dall’agenzia statale di notizie Xinhua, l’ultimo bilancio ufficiale parla di 37 morti. Tra queste, 25 sono affogate a causa delle inondazioni che, in alcuni punti della città, hanno raggiunto i 4 metri di altezza. Altre 6 persone sono morte sotto le macerie delle proprie abitazioni distrutte dalle piogge torrenziali, un’altra è rimasta folgorata e un’altra ancora è stata colpita da un fulmine. Molte anche le vittime rimaste bloccate nel traffico urbano. Secondo un altro comunicato della Radio nazionale cinese, la città ha una media torrenziale di 170 millimetri, ma nel distretto di Fangshan, ad ovest di Pechino, ne sono stati registrati 460. Le previsioni meteo annunciano ulteriori violente piogge nella zona nordorientale del Paese, dove già nei giorni scorsi sono morte almeno 10 persone. (R.P.)
Nigeria: l'arcivescovo di Abuja in moschea per l'Itfar
◊ “Preghiamo tutti un unico Dio” ha detto mons. John Onaiyekan, l’arcivescovo di Abuja, guidando ieri sera la visita di una delegazione cattolica in una delle principali moschee della capitale in occasione della rottura del digiuno (Iftar) nel mese sacro del Ramadan. L’arcivescovo, riferisce oggi l’agenzia di stampa Nigeria News Agency, ripresa dalla Misna, ha visitato la moschea Al Habibiyyah nel quartiere di Guzampe su invito dell’imam Fuad Adeyemi. “Abbiamo parlato molto della necessità di costruire buoni rapporti cristiani e musulmani in questo Paese – ha sottolineato mons. Onaiyekan – ma ora dobbiamo andare oltre le parole e compiere azioni positive per dimostrare che crediamo in ciò che diciamo”. Già presidente dell’Associazione cristiana della Nigeria, l’arcivescovo è una delle personalità della Chiesa locale più impegnate sul terreno del dialogo tra le grandi religioni del Paese. Un impegno particolarmente necessario in un anno segnato da violenze e attentati di gruppi estremisti che, sostenendo di battersi per l’introduzione in tutto il Paese della legge islamica, hanno preso di mira anche la comunità cristiana. (R.P.)
Etiopia: nel distretto di Gambo un solo ospedale per 100 mila persone
◊ Nella provincia del West Arsi, 245 chilometri a sudest di Addis Abeba, la capitale dell’Etiopia, i Missionari della Consolata dirigono l’Ospedale generale rurale di Gambo. Fondato nel 1922 dai frati Cappuccini, nel 1975 è passato alle Missionarie della Consolata, che assistono i malati di Aids, tubercolosi, malaria, i bambini malnutriti, le donne con conseguenze dovute alle mutilazioni genitali, e si occupano anche di tante altre malattie cosiddette dimenticate di cui soffre un miliardo di persone al mondo. Un solo ospedale per circa 100.000 abitanti del distretto dove lavora personale medico quasi esclusivamente locale. Si tratta di uno dei Centri selezionati dal Ministero della Sanità etiope che partecipa a tutti i programmi sanitari che vengono avviati nel Paese africano, tra questi il controllo della tubercolosi e della lebbra, la prevenzione e la diagnosi dell’Aids, le cure contro la malnutrizione, le vaccinazioni infantili e le gravidanze. L’ospedale, prima di essere quello che è oggi, era un lebbrosario. Come ultimi retaggi della sua origine, nei terreni limitrofi c’è ancora il quartiere riservato ai lebbrosi, che i missionari della Consolata avevano costruito per accogliere tutti quelli che venivano emarginati a causa della malattia e che, a causa delle condizioni di povertà estrema nelle quali vivevano, non hanno avuto l’opportunità di essere curati in tempo. Il Centro sanitario funziona con l’aiuto delle organizzazioni internazionali come quella cattolica spagnola Manos Unidas che anche qui promuove la sua campagna “La Salud derecho de todos: ¡Actúa!”. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la pandemia è presente in 114 Paesi. Ogni anno continua a rendere invalide oltre 2 milioni di persone. Se presa in tempo è facilmente curabile con gli antibiotici. L’incubazione dura circa 5 anni ma i sintomi possono tardare anche 20 anni prima di comparire. (R.P.)
Sud Sudan: la diocesi di Rumbek incoraggia i giovani a combattere l’analfabetismo
◊ I giovani del Sud Sudan uniscano le forze per combattere l’analfabetismo nel Paese: è l’appello lanciato da padre Andrea Osman Okello, parroco della Chiesa della Sacra Famiglia a Rumbek. Sabato scorso, il religioso ha officiato la benedizione di una scuola elementare dedicata al compianto mons. Cesare Mazzolari, il vescovo di Rumbek deceduto un anno fa. “I genitori ed i giovani del Sud Sudan – ha detto padre Okello – dovrebbero imparare dall’esperienza dei 21 anni di guerra civile nel Paese, conclusasi nel 2011 con l’indipendenza, per affrontare la questione dell’analfabetismo”. Quindi, rivolgendosi agli studenti della neo-scuola elementare, il parroco di Rumbek li ha esortati a “studiare con il cuore, a rispettare insegnanti e genitori in onore del Paese”. Alla cerimonia di benedizione dell’istituto scolastico è intervenuto anche il direttore generale del Ministero del lavoro, del pubblico servizio e dello sviluppo, Abraham Makur Mangok, il quale ha sottolineato come la nuova scuola sia “il risultato del seme dell’educazione piantato da mons. Mazzolari”, uno dei “benefici dell’impegno del presule per l’emancipazione del Sud Sudan”. Infine, Mangok si è detto fiducioso sul futuro dell’Istituto, certo che “produrrà grandi personalità”. (I.P.)
Papua Nuova Guinea: missionari e giovani in sostegno dei bambini disabili
◊ “La vita dei bambini disabili ci sta a cuore”, dice all’agenzia Fides padre John Glynn, missionario irlandese fidei donum in Papua Nuova Guinea, attualmente in servizio nella “Jubilee Secondary School” a Port Moresby. Sensibilizzando i giovani e altri bambini su come poter migliorare la vita di bambini e ragazzi disabili, nelle famiglie poverissime, si è trovata una soluzione semplice ma basilare: donare loro una sedia a rotelle che, dato l’alto costo, le famiglie non possono permettersi. Dopo quasi un anno di attesa, e grazie a una donazione della famiglia di Greg Shepherd, noto avvocato di Port Moresby, racconta il missionario, “abbiamo potuto acquistare quattro sedie a rotelle, una destinata a un giovane ventenne, e tre più piccole per bambini”. Questo, dice, è solo l’inizio: i bambini, ragazzi e giovani disabili, sparsi nelle famiglie dei villaggi, sono moltissimi e altre organizzazioni come “We Care!” in Australia e in Irlanda stanno cercando di provvedere ad almeno altri 10 di loro, tutti di famiglie indigenti. C’è di più: il missionario si sta occupando della formazione di alcuni giovani fisioterapisti che potranno poi assistere i disabili della Papua con terapie semplici ma appropriate, e migliorare così la loro vita. Sono state trovate in Papua, racconta, situazioni limite, in cui i ragazzi disabili venivano tenuti nelle capanne al buio, soli, abbandonati a se stessi, mentre i genitori erano al lavoro. Donare una sedia a rotelle permetterà ai disabili di raggiunge i gruppi di assistenza tutti i giorni, dove verranno accuditi, nutriti, lavati, vestiti, istruiti, e potranno godere della compagnia dei bambini e dei giovani di un “Care Group”. (R.P.)
Il Festival di Salisburgo all’insegna della spiritualità e del dialogo interreligioso
◊ Si è aperto il 20 luglio il Festival di Salisburgo, tra le più importanti manifestazioni al mondo di musica classica e opera lirica, che proseguirà per tutta l’estate e si concluderà il 2 settembre. Per inaugurare l’evento – riferisce l’agenzia Zenit – il direttore artistico Alexander Pereira ha voluto realizzare una tavola rotonda dedicata al tema della religione e della cultura, perché, ha dichiarato, “un’apertura spirituale” si adatta bene ad una città come Salisburgo e alle sue “splendide chiese”. Alla tavola rotonda hanno partecipato il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna e i Arthur Schneier, rabbino statunitense, presidente dell’Appeal of Conscience Foundation, i quali hanno lanciato un comune appello a favore della libertà religiosa e del dialogo tra le religioni. Il cardinale di Vienna ha ricordato la dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II, dalla quale è nata una svolta epocale perché “il cristianesimo ha bisogno di riflessione sulle radici ebraiche. Il porporato ha anche parlato del rapporto tra cristianesimo e laicità, sottolineando che la fede cristiana in Europa è indispensabile, anche se è “ampiamente emarginata” nel Vecchio Continente, che “anela ad un cristianesimo autentico”. Il rabbino Schneier ha aggiunto che “i Festspiele devono essere uno strumento di pace e di tolleranza” e che “Dio deve avere un posto nella società” perché “quando la religione viene marginalizzata il popolo soffre”. Per dare maggior risalto all’aspetto spirituale della manifestazione, il Festival quest’anno prevede anche un ciclo di musica sacra, con 12 concerti diretti da grandi Maestri fra cui Sir John Eliot Gardiner, Claudio Abbado e Zubin Mehta. Sarà possibile ascoltare opere di Haydn, Händel, Bruckner, Shubert e Mozart, oltre che diversi momenti dedicati alla musica ebraica, fra cui l’esecuzione dell’Avodath Hakodesh di Ernest Bloch. Il Festival di Salisburgo, fondato nel 1920 con l’obiettivo di promuovere lo scambio musicale e lo sviluppo dell’arte contemporanea, propone quest’anno 232 spettacoli, tra cui la prima a Salisburgo della Bohème di Giacomo Puccini. (A.C.)
Musica ai Musei Vaticani in collaborazione con il Conservatorio Verdi di Torino
◊ In occasione delle aperture serali dei Musei Vaticani, previste tutti i venerdì dal 7 settembre al 26 ottobre, le visite saranno accompagnate dalle esibizioni dei migliori fra gli allievi del Conservatorio Statale di Musica Giuseppe Verdi di Torino. L’iniziativa, dal titolo “La Musica ai Musei Vaticani”, è stata annunciata dal direttore dei Musei Antonio Paolucci, il quale ha aggiunto che “un dio ci ha dato la musica, balsamo dell'anima. Raffaello lo sapeva bene. E infatti ‘numine afflatur’ (ispirato dalla divinità) – ha proseguito – è scritto nel ‘Parnaso’ dipinto nelle Stanze di Giulio II, là dove è rappresentato Apollo che suona la cetra circondato dalle Muse”. Tra le esecuzioni in programma, “Sassofonie: Balcony Quartet”, “Musica e danza al pianoforte: capolavori del '900”, “Musica per archi alla Corte Sabauda”, “Violoncello e Pianoforte”, “Clarinetto e Pianoforte”. L’idea è quella di rappresentare lo spazio museale come luogo vivo e pulsante che può essere un laboratorio di scambi e tra linguaggi artistici e protagonisti differenti. (A.C.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 206