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Sommario del 21/07/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Pontificia Università Cattolica del Perù: la Santa Sede toglie i titoli "Pontificia" e "Cattolica"
  • Rinunce e nomine
  • Denaro e trasparenza: editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: controffensiva dell'esercito. Migliaia di profughi verso il Libano
  • Strage di Denver: casa del killer piena di bombe, sarà fatta esplodere. Silenzio sulla vendita libera di armi
  • La crisi spagnola preoccupa i mercati. Draghi: euro irreversibile. Schaeuble: l'Italia non avrà problemi
  • Somalia: si aggrava la carestia. L'Unicef: aiuti urgenti per 2.5 milioni di persone
  • Il cardinale Sarr: gli africani prendano in mano il loro destino
  • Appello urgente della Croce Rossa a donare il sangue: "non c'è tempo da perdere"
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Usa: la preghiera dei vescovi per la strage di Denver
  • Usa: passi avanti per le leggi sull’obiezione di coscienza, plauso dei vescovi
  • Crisi in Spagna: il cardinale Rouco parla del dramma della disoccupazione
  • Colombia: la Chiesa incoraggia il dialogo fra governo e ribelli nella regione del Cauca
  • Il Sud Sudan: Khartoum ci bombarda, interrotti i negoziati
  • Povertà in Africa: organizzazione cattolica denuncia politiche abortive e contraccettive
  • Onu: le confessioni religiose congolesi chiedono di reprimere i crimini del Rwanda
  • Kenya. I vescovi: tutelare la dignità umana, no alla pianificazione artificiale della famiglia
  • Vertice Paesi lusofoni: in agenda Guinea Bissau e sicurezza alimentare
  • Nigeria: i fedeli laici protagonisti della nuova evangelizzazione
  • Anglicani: eletta in Sudafrica la prima donna vescovo del continente
  • Zimbabwe: prosegue il pellegrinaggio delle reliquie di Don Bosco
  • Libano: dai social network a You Tube, il web si mobilita per il viaggio del Papa
  • Roma: concluso il III Congresso internazionale dei laici agostiniani
  • Il Papa e la Santa Sede



    Pontificia Università Cattolica del Perù: la Santa Sede toglie i titoli "Pontificia" e "Cattolica"

    ◊   La Santa Sede, con Decreto del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, in base a specifico mandato Pontificio, ha deciso di togliere alla Pontificia Università Cattolica del Perù il diritto all’uso nella propria denominazione dei titoli di “Pontificia” e di “Cattolica”, conformemente alla legislazione canonica. Lo rende noto in un comunicato la Sala Stampa vaticana.

    Questa Università, “fondata nel 1917 ed eretta canonicamente con Decreto della Santa Sede nel 1942, dal 1967 ha più volte modificato unilateralmente gli Statuti con grave pregiudizio dell’interesse della Chiesa. Dal 1990 in poi l’Università, più volte sollecitata dalla Santa Sede ad adeguare i suoi Statuti alla Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae (15 agosto 1990), non ha corrisposto a tale dovere legale”. In seguito alla visita canonica del dicembre 2011 e all’incontro del rettore con il cardinale Bertone nel febbraio scorso, “ha avuto inizio un ulteriore tentativo di dialogo in vista dell’adeguamento degli Statuti alla legge della Chiesa. Ultimamente – prosegue il comunicato - il rettore con due lettere indirizzate al cardinale segretario di Stato “ha manifestato l’impossibilità di attuare quanto richiesto, condizionando la modifica degli Statuti alla rinuncia da parte dell’Arcidiocesi di Lima al controllo della gestione dei beni dell’Università”.

    Ma la partecipazione dell’Arcidiocesi di Lima al controllo della gestione patrimoniale dell’Ente è stata più volte confermata con sentenze dei Tribunali civili del Perù. Dinanzi a tale atteggiamento dell’Università, confermato da altri fatti, la Santa Sede si è vista costretta ad adottare il suddetto provvedimento, pur ribadendo il dovere dell’Università di sottostare alla legislazione canonica. La Santa Sede continuerà a seguire l’evoluzione della situazione dell’Università, auspicando che in un prossimo futuro le Autorità accademiche competenti riconsiderino la loro posizione, al fine di poter rivedere il presente provvedimento. Il rinnovamento richiesto dalla Santa Sede – conclude il comunicato della Sala Stampa vaticana - renderà l’Università più capace di rispondere al compito di portare il messaggio di Cristo all’uomo, alla società e alle culture, secondo la missione della Chiesa nel mondo”.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Vigevano (Italia), presentata da S.E. Mons. Vincenzo Di Mauro, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kalisz (Polonia), presentata da S.E. Mons. Stanisław Napierała, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato Vescovo di Kalisz (Polonia) il Rev.do Mons. Edward Janiak, trasferendolo dalla sede titolare di Scilio e dall’ufficio di Ausiliare di Wrocław. Il Rev.do Mons. Edward Janiak è nato il 14 agosto 1952 a Malczyce (arcidiocesi di Wrocław). È stato ordinato sacerdote il 19 maggio 1979 ed incardinato nell’arcidiocesi di Wrocław. Negli anni 1979-1983 è stato Vicario parrocchiale a Oleśnica. Nello stesso tempo ha studiato nella Facoltà Teologica di Wrocław e poi nell’Angelicum a Roma, ove nel 1986 ha conseguito il Dottorato in Teologia. In seguito, negli anni 1988-1996 è stato Segretario dell’Arcivescovo Metropolita, Direttore della Caritas arcidiocesana, Economo della Pontificia Facoltà Teologica di Wrocław, della quale dal 1987 è Docente di Teologia Morale. Il 26 ottobre 1996 è stato nominato Vescovo titolare di Scilio ed Ausiliare dell’arcidiocesi di Wrocław, ricevendo l’ordinazione episcopale il 30 novembre 1996. Attualmente nella Conferenza Episcopale Polacca è Presidente del Consiglio per le Migrazioni, il Turismo e i Pellegrinaggi; Membro della Commissione per i Polacchi all’Estero; Membro del Consiglio Nazionale della "Caritas"; Delegato per gli Immigranti; Delegato per i Lavoratori della Guardia Forestale, della Gestione dell’Acqua e della Protezione dell’Ambiente, Membro della Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'Esarcato Apostolico per i fedeli Ucraini di rito bizantino residenti in Francia presentata da S.E. Mons. Michel Hrynchyshyn, Vescovo tit. di Zigri in conformità al can. 210 § 1 del CCEO. Il Papa ha nominato Esarca Apostolico per i fedeli Ucraini di rito bizantino residenti in Francia il Rev.do Borys Gudziak, al presente Rettore dell’Università Cattolica Ucraina, assegnandogli la sede titolare Vescovile di Carcabia. Il Rev.do Borys Gudziak è nato a Syracuse (NY, USA) il 24 novembre 1960. I genitori, entrambi greco-cattolici ucraini, erano giunti a New York dalla regione di Lviv all’inizio degli anni cinquanta. Terminati gli studi pre-universitari presso la Christian Brothers Academy, si è laureato presso l’Università di Syracuse, ottenendo un doppio diploma in filosofia e biologia (1980). E’ entrato nel Collegio di Santa Sofia a Roma dove, come alunno dell’Arcieparchia di Lviv, ha frequentato la Pontificia Università Urbaniana. Nel 1983 si è laureato in teologia. Nel 1992, si è trasferito stabilmente a Lviv dove ha fondato l’Istituto di Storia della Chiesa (ISC), diventandone Preside fino all’ottobre 2002. Il Cardinale Myroslav Ivan Lubachivsky, Arcivescovo Maggiore di Lviv degli Ucraini, lo ha nominato nel 1993 Presidente della Commissione per il Rinnovamento dell’Accademia Teologica di Lviv. Dall’ottobre 1994 fino al luglio 1995 ha frequentato il Pontificio Istituto Orientale, approfondendo in particolare la sintesi neopatristica del teologo ortodosso Georgij Florovskyi. Dal 1995 è stato Vice Rettore e dall’anno 2000 è diventato Rettore dell’Accademia Teologica e successivamente Rettore dell’Università Cattolica Ucraina di Lviv. E’ stato ordinato sacerdote il 26 novembre 1998 nella Chiesa di San Giorgio, incardinandosi nell’Arcieparchia di Lviv degli Ucraini. E’ autore di oltre 50 studi sulla storia della Chiesa, sulla formazione teologica e su diversi temi di attualità culturale.

    Il Santo Padre ha eretto l’Eparchia di Notre-Dame du Liban de Paris des Maronites, con sede a Parigi, e ha nominato primo Vescovo Eparchiale e Visitatore Apostolico in Europa Occidentale e Settentrionale per i fedeli maroniti, il Rev.do Sacerdote Nasser Gemayel, al presente parroco di "Sainte Tekla" a Masqua (Libano). Il Rev.do Nasser Gemayel è nato il 6 gennaio 1951 ad Aïn-Kharroubé, nella Arcieparchia di Antélias dei Maroniti. Ha frequentato il seminario di Ghazir e, per alcuni anni, il Conservatorio di Beirut, mentre ha compiuto gli studi istituzionali filosofico-teologici all’Università "Saint Esprit" di Kaslik. Ha conseguito nella medesima Università la licenza in teologia e all’Università "Saint Joseph" di Beirut quella in filosofia. Nel 1977 ha ottenuto un master in filosofia all’Università Cattolica di Lione e nel 1984 un dottorato in lettere e scienze umane alla "Sorbonne" di Parigi. E’ stato ordinato sacerdote il 30 agosto 1981 per l’Arcieparchia di Antélias dei Maroniti. Ha collaborato nelle parrocchie "Notre Dame du Bon Secours" a Zalka (1984-1985) e "Mar Shaaya" a Brummana (1986-1992). E’ stato poi parroco di "Sainte Tekla" a Masqua (1992-2000), "Mar Shaaya" a Brummana (2000-2003), "Saint Joseph" a Maamarieh (2003-2004), collaboratore nella parrocchia "Saint Jean" a Baouchrié (2004-2005), amministratore parrocchiale di "Saint Joseph" a Ghabé (2005-2006) e nuovamente parroco di "Sainte Tekla" a Masqua sino al presente. Ha insegnato in diverse scuole superiori, in alcune università teologiche e diversi atenei. E’ stato membro del Collegio dei Consultori (2003-2004), del Consiglio Presbiterale dell’Arcieparchia di Antélias (2003-2004), della Commissione Centrale del Sinodo Patriarcale Maronita e Cappellano in diverse scuole cattoliche e confraternite mariane. Ha pubblicato libri sulla Chiesa Maronita. Oltre all’arabo, conosce il francese, l’inglese, l’italiano, il tedesco e lo spagnolo. E’ un esperto della lingua siriaca.

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    Denaro e trasparenza: editoriale di padre Lombardi

    ◊   Nei giorni scorsi è stato pubblicato un dettagliato rapporto sull’impegno del Vaticano per inserirsi nel sistema internazionale di controlli e misure per combattere le nuove forme di criminalità nel campo economico e finanziario: il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. Il rapporto formulato da Moneyval, l’organismo del Consiglio di Europa competente in materia, ha dato una valutazione sostanzialmente positiva. Ascoltiamo in proposito la riflessione del nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il Settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    La valutazione dice che il Vaticano ha già fatto molto, è sulla buona strada, anche se molto rimane da fare. Per la Santa Sede prendere questa strada è stata una decisione coraggiosa e innovativa, che ben corrisponde alla linea di coerente trasparenza voluta dal Papa in tutti i campi. Come sappiamo, il denaro può servire a fare molte cose buone, anzi spesso è necessario per realizzare progetti meravigliosi. Allo stesso tempo non è la salvezza, e non di rado il suo uso è rischioso. A volte per mancanza di prudenza, a volte perché scatena la passione disordinata dell’avere. Che la comunità internazionale si preoccupi di stabilire regole e controlli a tutela del bene comune è molto positivo, anzi necessario. Che le istituzioni ecclesiastiche partecipino solidalmente e umilmente a questo cammino è giusto e doveroso, perché non vi è alcun motivo di pensare che siano più esperte e capaci di altre nell’istituire tali controlli, anzi talvolta la fiducia nelle buone intenzioni può fare abbassare la guardia.

    Rigore e buona amministrazione, trasparenza di bilanci e procedure, rispetto della legalità. A tutti i livelli, in tutte le parti del mondo e in tutti i campi, della carità, educazione, sanità…La strada è lunga e complessa per tutti, anche per le organizzazioni cattoliche, è laboriosa nella varietà delle situazioni; ma sulla direzione giusta non c’è dubbio, dato che è una premessa anche per la credibilità della missione spirituale e morale, che è la più importante. Ci auguriamo che l’esperienza avviata dal Vaticano nel rapporto con Moneyval sia un buon passo e un buon esempio per tutta la Chiesa.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In rilievo, nell'informazione internazionale, la Siria, con l'Onu che proroga il mandato degli osservatori.

    Cosa c'è scritto nell'Anima?: in cultura, Bernhard Hulsebusch sulle iscrizioni nella chiesa nazionale tedesca di Roma per la prima volta raccolte e commentate.

    L'ultimo dono di Marco Tullio: Marco Beck su una nuove edizione del "De officiis" ciceroniano.

    Ci viene chiesto dell'altro: una lettera di Edith Stein del 28 febbraio 1928.

    Il filo, la notizia e la clava: sulla "Civiltà Cattolica" l'articolo di Gianpaolo Salvini sull'incontro e il libro dedicati da "L'Osservatore Romano" al rapporto tra il Vaticano e la stampa internazionale.

    Nel'informazione vaticana, la prefazione del cardinale Angelo Amato al suo volume "I santi, testimoni della fede".

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: controffensiva dell'esercito. Migliaia di profughi verso il Libano

    ◊   Non cessa l’ondata di violenza in Siria. L'esercito di Assad ha lanciato una controffensiva a Damasco e concentra la sua attenzione su Aleppo, la seconda città della Siria e snodo commerciale importantissimo per il Paese. Una decina le vittime di oggi, si registrano anche intensi bombardamenti su Homs. Di fronte a quanto sta accadendo il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha deciso di inviare in Siria il suo vice per le operazioni di pacekeeping per valutare la situazione, e il primo consigliere militare per guidare la missione degli osservatori ''in queste fase critica''. Altri due generali intanto hanno disertato e sono fuggiti in Turchia. La situazione rischia dunque di degenerare ancora e per questo, al confine con il Libano, si stanno ammassando migliaia di siriani. Najla Chahda, responsabile Caritas Libano, è stata raggiunta telefonicamente al confine con la Siria da Benedetta Capelli:

    R. – Sur la frontière libanaise–syrienne, il y a eu….
    Lungo la frontiera libanese-siriana, negli ultimi due giorni, c’è stato un afflusso massiccio di persone: 15 mila persone hanno attraversato la frontiera, provenienti dalla città di Damasco. In maggioranza si stratta di donne e di bambini, perché – secondo alcune voci – sembra che gli uomini non siano stati autorizzati a lasciare il Paese.

    D. – Qual è l’intervento della Caritas?

    R. – Caritas a déjà lancé un appel et nous sommes en train d’assister…
    La Caritas ha già lanciato un appello e in questo momento ci stiamo preoccupando di assistere i rifugiati, fornendo loro cibo, kit igienici, coperte… La situazione è in evoluzione rapida. Sempre più le famiglie stanno infatti lasciando il Paese per ragioni di sicurezza.

    D. – Cosa i rifugiati le raccontano riguardo alla situazione in Siria?

    R. – La majorité des refugiés…
    La maggior parte dei rifugiati non parla molto della situazione. In questo momento stanno arrivando persone che lasciano Damasco. Hanno tutti molto paura, perché la guerra è sempre più violenta nei quartieri della capitale.

    D. – Vuole rivolgere un appello?

    R. – Caritas a déjà lancé un appel depuis deux mois…
    La Caritas ha già lanciato un appello due mesi fa, ma stiamo pensando di lanciarlo nuovamente, perché il numero delle persone in difficoltà è aumentato e sta aumentando drammaticamente.

    Caritas, Mezzaluna Rossa, Croce Rossa Internazionale ma anche molte comunità religiose si stanno spendendo in aiuto del popolo siriano e tra di loro i francescani. Gabriella Ceraso ha raccolto ieri la testimonianza di suor Yola, del Memoriale di San Paolo, raggiunta telefonicamente a Damasco:

    R. - Noi viviamo in una situazione molto delicata; però la viviamo con molta speranza. Accogliamo la gente, abbiamo aperto la nostra casa. Da diverse parti della Siria stanno venendo qui lasciando le loro case, molte delle quali sono distrutte. Sono persone che hanno perso tutto: casa, negozi, cliniche. Cerchiamo sempre di dare una testimonianza di speranza, dicendo loro che tutto passerà.

    D. – Voi stando in città sentite gli spari?

    R. - Certo. Intorno, nelle periferie di Damasco noi sentiamo che si combatte. Ieri sera ci sono stati degli scontri per strada proprio davanti alla porta della nostra casa. Abbiamo chiamato l’esercito e dopo un’ora è finita.

    D. - Abbiamo notizie di tanta gente che sta cercando di scappare, di andare via ..

    R. - I siriani sono venuti a Damasco; quelli di Homs sono tutti a Damasco. Ci sono tantissime famiglie alloggiate in Siria. I cristiani sono in Siria, i cristiani non hanno lasciato il Paese. E' un popolo forte quello siriano, ce la farà a vivere questa situazione, seppur dolorosa. Noi siamo sicuri, crediamo in Dio che dà la pace e non negli uomini, gli uomini hanno interessi...

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    Strage di Denver: casa del killer piena di bombe, sarà fatta esplodere. Silenzio sulla vendita libera di armi

    ◊   Un intero Paese sotto shock, dopo la strage della follia ieri a Denver, in Colorado, in cui hanno perso la vita 12 persone: 30 i feriti, di cui 11 in condizioni gravi. Il tutto è avvenuto ad una prima cinematografica. Il Killer, è stato fermato dalla polizia che ha trovato numerose armi in suo possesso, tutte acquistate legalmente, e la sua casa è piena di esplosivi non facili da disinnescare: per questo l'appartamento sarà fatto esplodere. Esclusa la pista terroristica. Di tragedia senza senso parla il presidente Usa Obama che ha interrotto la campagna elettorale e nel suo discorso del sabato ha promesso che sarà fatto di tutto per assicurare che venga fatta giustizia per questo crimine atroce. Dagli Stati Uniti, ci riferisce Elena Molinari:

    Ha fatto irruzione nel cinema affollato vestito da battaglia, con un fucile automatico, una carabina e una pistola a ripetizione. James Holmes si era preparato da mesi ai suoi 15 minuti di fama, e per ottenerli non ha esitato a uccidere 12 persone. Poi si è lasciato prendere, rifiutando di collaborare con gli inquirenti. Nessuno ha dubbi che il 24enne studente post universitario sia folle, e pochi si sorprendono che, pur avendo problemi psicologici, abbia comprato i suoi fucili legalmente. Stupisce invece che ieri in America si sia parlato così poco di maggiore controllo delle armi. I due candidati alla presidenza Obama e Romney, non vi hanno fatto cenno, e nemmeno le autorità locali. Persino le associazioni contro le armi hanno taciuto, quasi non credano più che qualcosa possa cambiare. Lunedì Holmes comparirà in tribunale, davanti alle telecamere. E se l’Fbi ha rassicurato che la strage è un caso isolato e non legato al terrorismo, nessuno può assicurare che Holmes non ispiri qualche altro squilibrato. “Non riusciremo mai a capire queste tragedie senza senso" – ha detto ieri Obama. Oggi è un giorno di preghiera e riflessione.

    Ma come spiegare una tragedia di questo tipo? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione psichiatri e psicologi cattolici:

    R. - Dietro queste stragi ci sono dei corto circuiti della follia che in realtà sono preannunciati in anticipo. Se andiamo a vedere, abbiamo tanti segnali che ci preannunciano che qualcosa non va, di fatto poi, rimaniamo scioccati per la rapidità con la quale il corto circuito si innesca.

    D. - Testimoni riferiscono che l’uomo che ha compiuto questa strage, era vestito in un modo molto singolare: sembrava travestito da un nemico di Batman, il supereroe protagonista del film al quale stavano assistendo gli spettatori presenti...

    R. – É probabile che dietro questa strage ci sia una convinzione delirante di essere all’interno di una storia: forse il killer si è identificato in qualche personaggio uccidendo i fan, gli amici di Batman.

    D. - Parliamo della follia di un singolo o di un disagio sociale più esteso?

    R. - In generale il disagio psichico è in incremento. Secondo l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, un adulto su quattro, nei prossimi anni, avrà bisogno di cure psichiatriche e la depressione sarà la seconda causa di malattia e di invalidità al mondo. In particolare dobbiamo però dire che gran parte della sofferenza non viene intercettata. L'inidviduo vive una sofferenza incredibile al proprio interno: questa sofferenza poi esplode attraverso gesti eclatanti: noi apriamo gli occhi e ci rendiamo conto troppo tardi di ciò che sta succedendo.

    D. - E cosa dire della collocazione geografica, del luogo in cui è avvenuta la strage. C’è chi subito ha detto:”Non puntiamo il dito contro gli Stati Uniti d’America”, visto che già in passato negli Usa si sono verificati episodi analoghi...

    R. - La follia è ubiquitaria e democratica; colpisce in modo indistinto ricchi, poveri a tutte le latitudini. Certo, si esprime in modo diverso a seconda delle culture. Non c’è dubbio che se c’è un accesso più facile alle armi questo ovviamente ha un riflesso nelle manifestazioni della follia. Insomma, di fatto la follia sembrerebbe appartenere a tutto il mondo. Dovremmo interrogarci su quanto poco investiamo nella prevenzione del disagio psichico e su quanto continuiamo a trascurarlo.

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    La crisi spagnola preoccupa i mercati. Draghi: euro irreversibile. Schaeuble: l'Italia non avrà problemi

    ◊   La difficile situazione economica della Spagna, che ha portato allo stanziamento da parte dell’Eurogruppo di 100 miliardi in favore delle banche iberiche, desta grande preoccupazione in vista della riapertura, lunedì prossimo, dei mercati. Per L’Europa si teme anche il concretizzarsi del rischio di contagio della crisi. Il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha comunque sottolineato che l’euro non è in pericolo. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha aggiunto inoltre che l’Italia “non avrà problemi”. Sulle cause della crisi in Spagna, Amedeo Lomonaco ha intervistato il prof. Nicola Borri, docente di Economia Politica all’Università Luiss di Roma.

    R. – La causa principale del dissesto della Spagna è legato ai fortissimi investimenti nel settore immobiliare che hanno caratterizzato quel Paese negli ultimi 10 anni. Questo settore era caratterizzato da una vera e propria “bolla”. Attualmente il settore è completamente bloccato. I costruttori non stanno più ripagando i loro debiti. Questo ha messo in gravissime difficoltà le banche spagnole. Questa rottura del canale di trasmissione fra banche ed economia ha portato, sostanzialmente, ad un blocco totale del Paese.

    D. – Le cause sono diverse, i sintomi però sembrano simili. Aumentano le analogie fra Spagna e Grecia…

    R. – Ci sono delle analogie, anche se la situazione è diversa. L’economia greca era caratterizzata, e in parte lo è ancora, da una struttura produttiva molto debole. Quindi era un’intera economia che aveva bisogno di fortissime e importantissime riforme strutturali. L’economia spagnola, almeno in parte, era un’economia che funzionava meglio. Tuttavia, aveva questo grande problema legato alla bolla del settore immobiliare. Il sistema bancario spagnolo al momento si regge semplicemente grazie all’aiuto della Banca centrale europea.

    D. - Quali altri passi si devono abbinare, a questo punto, proprio al programma di aiuti dell’Eurogruppo per evitare che ci sia la bancarotta, che il sistema bancario spagnolo collassi?

    R. – Queste risorse, benché molto ingenti, non possono risolvere il problema di fondo che al momento colpisce la Spagna, la Grecia ma anche l’Italia: la mancanza di fiducia degli investitori, soprattutto stranieri, nei confronti di un sistema euro che è privo di una politica fiscale, e non solo, comune. Quindi per risolvere il problema di fondo sarà necessario pensare, per esempio, ad un bilancio comune dell’Unione Europea o dell’eurozona con tasse comuni con obbligazioni sovrane per cui i Paesi europei saranno responsabili. Se questa sarà la scelta, probabilmente non immediatamente ma comunque nel medio termine, la situazione a mio modo di vedere potrà migliorare; altrimenti, non credo che si potrà andare avanti con una moneta unica e un’eurozona.

    D. - Ora il rischio del contagio spaventa l’Europa e in particolare l’Italia…

    R. – Sì, la situazione dell’Italia è ancora diversa a mio modo di vedere dalla Spagna e dalla Grecia perché comunque ha una situazione di bilancio, a livello di Paese, che tutto sommato non è troppo negativa; la Spagna, ad esempio, non riesce a mantenere un target di deficit del 6 per cento circa, mentre l’Italia è invece quasi in pareggio. Tuttavia l’Italia, a differenza di Spagna e Grecia, ha un debito enorme. E questa è la grande paura dei mercati: il fatto che l’Italia, da un giorno all’altro, potrebbe non riuscire a rifinanziare il proprio debito. Io credo che la grande paura nei mercati sia stata suscitata dalla grande incertezza politica che in questo momento caratterizza l’Italia, ovvero il fatto che attualmente abbiamo un governo, il governo Monti, ma presto ci saranno le elezioni. E non è assolutamente chiaro quali saranno gli schieramenti, se ci sarà una legge elettorale che garantirà la governabilità o, se invece, l’Italia potrebbe avere la stessa esperienza della Grecia in cui, dopo un’elezione, non c’è nessun vincitore.

    D. – Oltre al debito pubblico, ai timori per la crisi in Spagna, ai livelli record dello spread, è anche la situazione economica in Sicilia a destare preoccupazione. Standard and Poor’s ha confermato il rating BBB+ della Sicilia provvedendo però a sospenderlo a causa della mancanza di informazioni sufficienti da parte della regione. I fronti che destano preoccupazione sono molteplici…

    R. – I fronti sono molteplici. La questione siciliana, a mio modo di vedere, è molto seria perché da un lato c’è un rating per la Sicilia che però si riferisce alle obbligazioni, al debito siciliano scambiato sui mercati. Però c’è un altro debito implicito della regione siciliana che è nei confronti delle decine di migliaia di dipendenti regionali e l’agenzia di rating non valuta questo debito implicito. Il rischio è che dietro i bilanci molto complessi della regione siciliana si possa nascondere una situazione di difficoltà. Questo un po’ ci ricorda quello che è successo, solo qualche giorno fa, nella provincia di Valencia in Spagna cha ha sostanzialmente fatto default e ha costretto il governo spagnolo ad un intervento di circa 18 miliardi di euro che ha contribuito ad aumentare la grande incertezza dei mercati nei confronti della Spagna. Noi dobbiamo evitare che questo accada. E’ bene che la regione Sicilia sia molto chiara sui propri attivi, sui propri passivi, sui rischi, in modo tale che i mercati e gli investitori possano con contezza prendere le proprie decisioni.

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    Somalia: si aggrava la carestia. L'Unicef: aiuti urgenti per 2.5 milioni di persone

    ◊   Da un anno la carestia affligge il Corno d’Africa. E’ la popolazione della Somalia, che più soffre la mancanza di cibo e acqua, sia a causa della grave siccità e della mancanza di raccolti, sia a causa dell’instabilità politica e dei conflitti che colpiscono il Paese da più di venti anni. L’opera delle organizzazioni umanitarie spesso non è sufficiente a provvedere ai bisogni della gente. Un recente rapporto dell’Unicef rivela che circa 2 milioni e mezzo di somali, un terzo dell’intera popolazione, ha bisogno di aiuti urgenti e che un bambino su cinque rischia la vita. Sulle cause di questa situazione Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Angelo Masetti, portavoce del Forum Italia - Somalia:

    R. - Prima di tutto vorrei ricordare che la Somalia è in una situazione gravissima da 22 anni, per cui la popolazione somala sta soffrendo veramente tanto. Poi ci sono le punte di sofferenza che corrispondono alle carestie o ai periodi di siccità. In tutti questi anni verso la Somalia sono confluiti tanti soldi, tanti aiuti. Il problema vero è come questi aiuti vengono gestiti e verso chi vengono diretti. Oggi la Somalia è un Paese nel quale la corruzione è devastante. Pochi giorni fa, è uscito un rapporto del Monitoring group of Somalia, che ha avanzato gravissime accuse nei confronti dei vertici dello Stato somalo, accusati di malversazioni e di ruberie di ogni tipo. Il problema grande è questo: la Somalia è purtroppo, nelle mani sia degli Shabaab, sia di persone senza scrupoli, che utilizzano gli aiuti internazionali semplicemente per arricchirsi.

    D. - Le organizzazioni internazionali fanno quello che possono: oltre alla distribuzione dei generi alimentari, dei medicinali, dell’acqua, si cerca di fare qualcosa a monte, come per esempio, costruire pozzi e acquedotti?

    R. - Al momento, la Somalia è in una fase di lenta transizione verso una situazione di stabilità, perché le truppe internazionali dell’Amisom, stanno guadagnando terreno contro gli Shabaab. Quindi i territori occupati dagli estremisti si riducono. C’è quindi la possibilità di riportare, se non altro, un po’ di pace e di tranquillità. Però, per rimettere in piedi un Paese come la Somalia con infrastrutture richiederà molto tempo, molto impegno internazionale e molta sorveglianza internazionale della gestione degli aiuti.

    D. - Un passo più difficile, invece, sarà trovare allora una dirigenza migliore?

    R. - Trovare una dirigenza migliore sarà il passo cruciale per la rinascita della Somalia. Da qui a 30 giorni, la road map internazionale prevede che il Paese, si doti di nuovi vertici istituzionali, quindi, parlamento, governo e presidente della Repubblica. Quello che noi tutti auspichiamo, è che i personaggi che sono stati accusati di avere rubato, speculando sulla spalle dei somali che soffrono, vengano banditi dalla comunità internazionale e venga loro impedito di rimpossessarsi dello Stato e di continuare nell’opera di depredazione che hanno compiuto fino ad oggi.

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    Il cardinale Sarr: gli africani prendano in mano il loro destino

    ◊   Gli africani diventino protagonisti del loro destino: è questo l'obiettivo del Forum su «Fede, cultura e sviluppo» che si svolgerà il prossimo novembre in Tanzania, organizzato dal Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Cultura e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. La collega del programma francese della nostra emittente Hélène Destombes ha chiesto a l vicepresidente del Secam e arcivescovo di Dakar, cardinale Théodore-Adrien Sarr, cosa ci si aspetta da questo evento:

    R. – Ce forum – “Foi, culture e développement” – permettrait que …
    Con questo forum intitolato “Fede, cultura e sviluppo” - premesso che la fede cristiana è la ricchezza delle nostre culture - noi possiamo analizzare quali progetti suggerire ai governanti africani, in modo che possano operare in maniera veramente efficace per uno sviluppo pensato per gli africani, fondato sulle loro culture, e portato avanti dagli africani stessi.

    D. – Alla presentazione di questo forum, lei ha insistito sulla necessità per l’Africa di prendere in mano il suo destino, di iniziare una sorta di rivoluzione

    R. – Oui, déjà nous l’avons dit au dernier synode africain …
    Sì, l’avevamo già detto in occasione dell’ultimo Sinodo africano. Nel messaggio conclusivo avevamo lanciato lo slogan “Africa, alzati e prendi in mano il tuo destino e cammina”. Ora vogliamo operare affinché questo avvenga realmente, in Africa, una rivoluzione che consenta agli africani di riflettere meglio sul proprio destino e di orientarlo. Quindi è realmente in continuità con quello slogan e abbiamo voluto coinvolgere tutti i Paesi dell’Africa per trovare motivazioni a uno sviluppo che sia uno sviluppo reale per i popoli dell’Africa.

    D. – A 50 anni dall’indipendenza raggiunta da molti Paesi africani, pensa che il continente sia, in qualche modo, ancora prigioniero del suo passato?

    R. – Exactement. Est toujours dépendant des autres...
    Esattamente. Dipende ancora dagli altri. Dunque è una presa di coscienza che si deve ancora realizzare. Non voglio dire che non esista affatto; sempre più spesso si incontrano africani - e tra questi soprattutto le giovani generazioni - che sono coscienti del fatto che sta a loro condurre lo sviluppo dell’Africa, e non ad altri. È necessario, quindi, fare in modo che questa presa di coscienza si diffonda e soprattutto che produca quei cambiamenti necessari nella mentalità e nel comportamento che consentano agli africani di condurre il proprio sviluppo con buon senso.

    D. – Come conciliare modernità e sviluppo con la tutela dei valori radicati nella società?

    R. – Par exemple, dans le forum nous aurons des …
    Ad esempio, nel corso del forum ci saranno conferenze che consentiranno di richiamare l’attenzione sulle culture africane oggi. Bisogna ricordare che nelle culture africane sono ancora presenti elementi della tradizione; in secondo luogo ci sono ancora valori ereditati dalla colonizzazione e infine ci sono anche elementi della modernità e della post-modernità. Di tutto questo è necessario prendere coscienza dei diversi valori che costituiscono oggi la cultura del continente e conviverci serenamente senza lasciarsi condizionare da influenze interne o esterne.

    D. – Il continente africano deve ispirarsi agli esempi di espansione economica asiatici, come la Cina, per esempio?

    R. – Bon, s’inspirer, ne pas copier. Mais ce que je personnellement …
    Ispirarsi sì, ma non copiare. Quello che io personalmente penso è che, a partire dal Giappone e ora la Cina e l’India, quei popoli – più ancora che i popoli africani – si sono poggiati sulle loro culture originali senza rinnegarle. Fondandosi sulle loro culture sono entrati nella modernità: il caso del Giappone è sotto gli occhi di tutti. Vediamo però anche la Cina, la Corea e oggi l’India si muovono nella stessa direzione. Per gli africani questo significherebbe ispirarsi a questi modelli per dire: “Se sono capaci di farlo loro, possiamo essere capaci anche noi”. L’ambizione di questo forum sarebbe, quindi, quello di contribuire a far sì che gli africani comprendano la necessità di uno sviluppo pensato da loro, e ragionino su come attuare tale sviluppo.

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    Appello urgente della Croce Rossa a donare il sangue: "non c'è tempo da perdere"

    ◊   La Croce Rossa Italiana ha lanciato un appello urgente ai cittadini a donare il sangue: “Come ogni estate, purtroppo – afferma l’organismo - il periodo estivo è il più critico, perché i malati non vanno in vacanza, mentre le donazioni diminuiscono. Per questo c'è bisogno di sangue e non c'è tempo da perdere”. Secondo gli ultimi dati, la maggior parte dei donatori è costituita da persone tra i 30 e i 55 anni. Nel 2009 le persone in questa fascia erano oltre 23 milioni, il 48% della popolazione, nel 2020 saranno quasi un milione in meno, passando al 43,8%; nel 2030 scenderanno sotto i 20 milioni (37,7%). Numeri che disegnano un futuro preoccupante per la donazione del sangue che invece deve essere sostenuta e rilanciata. “Donare il sangue – ricorda la Croce Rossa - è un atto fondamentale per le nostre comunità e un gesto di civiltà: ci vuole molto poco tempo e può salvare le vite di chi sta male”. Emanuela Campanile ha intervistato Raniero Ranieri, presidente dell’Avis comunale di Roma:

    R. – Il dono del sangue è un atto d’amore, è un gesto civico, e di solidarietà altruistica. Soprattutto è importante dire che il sangue si può soltanto donare. Il sangue artificiale è ancora un miraggio, è un’ipotesi allo studio che forse fra vent’anni avrà una sua applicazione pratica. Queste sono cose molto importanti che non sempre tutti quanti conoscono. Il sangue è un medicinale salvavita.

    D. – Per quanto riguarda la donazione non possiamo non ricordare le regole semplicissime… Chi può donare il sangue, chi no?

    R. – La legge italiana, che prevede che il dono del sangue deve essere un dono gratuito, volontario e consapevole, prevede un’età minima di 18 anni e un’età massima di 65 anni. Questo è il principio generale. Poi esistono sottovincoli per persone di sesso maschile e di sesso femminile: il sesso maschile può donare con un minimo di decorrenza 90 giorni mentre il sesso femminile può donare soltanto due volte l’anno. Questi sono i principi generali. L’importante è stare in buona salute, non prendere medicinali ed avere soprattutto un peso superiore ai 50 kg.

    D. – Ma è vero che chi ha la pressione bassa non può donare il sangue?

    R. – Sì, chi la pressione bassa non può donare il sangue perché il principio del dono del sangue, che è un dono bilaterale perché è l’unico dono che si trasmette in vita fra una persona e un’altra, fra il donatore e il ricevente, tende a tutelare la salute del donatore. Per far star bene una seconda persona non possiamo far star male la prima.

    D. - Per donare il sangue ci si sottomette a una serie di controlli, quindi è un monitoraggio importante anche per il donatore stesso?

    R. - Quando parliamo di tutela della salute del donatore stesso parliamo appunto di questo, perché ogni volta che si dona vengono fatte analisi e da queste analisi, che sono marcatori generali, si riscontra la famosa medicina preventiva.

    D. - Chi ha avuto un tumore ma è guarito può poi essere donatore di sangue…

    R. – In linea di massima la risposta è no. Un’altra piccolissima precisazione. Lei ha detto che è importante donare ed è importante donare d’estate. Io aggiungo che è importante donare più volte l’anno ed è importante diventare donatori periodici perché non basta donare soltanto quando ci viene chiesto, dobbiamo andare noi proporci. Se facciamo una statistica tra popolazione italiana attiva e donatori di sangue, il rapporto è inferiore al 3 per cento: è troppo poco.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa 16.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù invita gli apostoli, appena tornati dalla missione, a riposare con lui, in disparte. Così attraversano il lago di Tiberiade: ma sull’altra riva c’è una grande folla ad aspettarli:

    “(Gesù) ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Domenica scorsa i discepoli erano andati a due a due a predicare, oggi sono di ritorno e raccontano a Gesù i successi e le sorprese di quanto hanno fatto. Marco fa capire che il lavoro era parecchio, tanto che non restava quasi tempo nemmeno per mangiare. Il Maestro vede la stanchezza e li accompagna verso un luogo solitario, per riposarsi, e anche per condividere con loro le emozioni provate e le sorprese. Trovare tempo e luoghi per il cuore e le confidenze non sempre è facile: eppure è necessario se si vuole essere autentici. Partiti per restare soli, e mettere una distanza congrua attraversando il lago, Gesù e i discepoli si ritrovano invece davanti una “grande folla”: che li ha anticipati a piedi, una folla di assetati di parole di guarigione e di sapienza. Ormai né Gesù né i discepoli si appartengono: devono imparare a mettersi a disposizione, con i gesti ma soprattutto col cuore. Quanta gente che cerca, che accorre là dove sembra vi sia una risposta di vita, dove la compassione la vince sulla norma e gli orari, sulle diffidenze e le fughe. Ci rendiamo conto di questi inquieti cercatori di vita e accoglienza, di misericordia e attenzione? Senza compassione la fede è un ramo secco e l’annuncio rischia di diventare chiacchiera.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Usa: la preghiera dei vescovi per la strage di Denver

    ◊   “Scioccati e rattristati dalla tragedia”: così, in un comunicato congiunto, l’arcivescovo ed il vescovo ausiliare di Denver, rispettivamente mons. Samuel Aquila e mons. James Conley, esprimono la loro costernazione di fronte alla strage accaduta nella città statunitense, dove un giovane di 24 anni ha aperto il fuoco sugli spettatori che assistevano alla prima cinematografica del film “Batman”. Almeno 12 i morti e oltre 50 i feriti. “I nostri cuori e le nostre preghiere vanno a coloro che sono stati colpiti da tale atto malvagio – scrivono i presuli – Siamo solidali con i nostri fratelli. Essi non sono soli”. Mons. Aquila e mons. Conley, poi, offrono preghiere per le vittime ed i feriti, affermando che “la strada per la guarigione potrebbe essere lunga, ma nella speranza ci è concesso il dono della nuova vita”. I presuli pregano anche per il “colpevole di tale terribile crimine e per la sua conversione”. Infine, l’arcidiocesi di Denver mette a disposizione le proprie strutture di assistenza, tra cui la Caritas, per portare sostegno ed incoraggiamento a chi ne ha bisogno, ribadendo la volontà di “continuare a lavorare per supportare le famiglie e le comunità nella formazione delle persone alla pace”. (I.P.)

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    Usa: passi avanti per le leggi sull’obiezione di coscienza, plauso dei vescovi

    ◊   Mentre continua negli Stati Uniti il dibattito sul cosiddetto "individual mandate", la direttiva del Dipartimento per la salute e i servizi umani (Hhs) che prevede che i piani assicurativi di tutti i datori di lavoro, comprese le istituzioni religiose, coprano sia la prescrizione sia la somministrazione di farmaci abortivi e gli interventi di sterilizzazione, un’importante apertura sulla libertà di coscienza viene dal Congresso. La sottocommissione della Camera dei Rappresentanti che si occupa dei fondi ai vari dipartimenti e agenzie per il lavoro e il servizio sanitario ha infatti inserito due provvedimenti in questo senso nella Legge Finanziaria 2013 attualmente in discussione. Si tratta della proposte di legge 361 contro le discriminazioni nei confronti degli obiettori di coscienza in materia di aborto (“Abortion Non-Discrimination Act - Anda in sigla) e della 1179 sul rispetto dei diritti di coscienza (“Respect for Rights of Conscience Act”), sponsorizzata quest’ultima da oltre duecento deputati e da circa la metà del Senato. Grande apprezzamento per l’iniziativa è stato espresso dal cardinale Daniel DiNardo, presidente della Commissione per le attività pro-vita della Conferenza episcopale (Usccb) che, a nome dei vescovi, ha promesso il pieno “sostegno della comunità cattolica e di tutti coloro che hanno a cuore la libertà religiosa per assicurare che la tutela della libertà di coscienza diventi legge”. Secondo l’arcivescovo di Galveston-Houston, con l’adozione dei due provvedimenti la sottocommissione ha “compiuto un primo, urgente e necessario passo verso la tutela dei diritti alla libertà di coscienza e alla libertà religiosa nel nostro sistema sanitario”. Essi infatti – afferma - contribuiscono “a rafforzare le tutele federali per gli operatori sanitari che si rifiutano di praticare aborti e faranno in modo che la riforma sanitaria consenta ai cittadini di avere una copertura assicurativa senza essere costretti ad abbandonare le loro profonde convinzioni religiose e morali su questioni come l’aborto e la sterilizzazione”. Concetti già espressi in una lettera inviata il 17 luglio dallo stesso card. DiNardo per invitare i membri della sottocommissione del Congresso a dare il via libera alla legge sul rispetto dei diritti di coscienza,. La missiva osserva, tra l’altro, come in diversi Stati della Federazione, sono già in aumento i casi di discriminazione nei confronti degli operatori sanitari e delle compagnie assicurative che si oppongono alla diffusione delle pratiche abortive come “servizi di prevenzione per la salute delle donne”. (L.Z.)

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    Crisi in Spagna: il cardinale Rouco parla del dramma della disoccupazione

    ◊   L’arcivescovo di Madrid e presidente della Conferenza episcopale spagnola, cardinale Antonio María Rouco Varela, spera che “il pacchetto di misure approvate dal Governo contribuisca a contrastare la disoccupazione e si augura che lo spirito di solidarietà e di impegno aiutino a superare la crisi”. Questo auspicio il porporato lo ha espresso partecipando al corso estivo dell’Università Rey Juan Carlos, che si è concluso ieri ad Aranjuez. “Dei problemi a cui si deve prestare attenzione con più forza, uno è la mancanza di lavoro. Il lavoro non è solo un mezzo di sussistenza per le persone e le famiglie - ha rilevato il cardinale - ma il canale essenziale per lo sviluppo della persona e delle famiglie”. “Speriamo che servano a questo”, ha affermato rispondendo a una domanda sulle ultime misure adottate dall’esecutivo. Secondo il porporato la crisi si supera quando si pone attenzione al bene comune “con spirito di solidarietà e di dedizione” e quando le persone “si preoccupano molto della situazioni di coloro che soffrono di più a causa delle misure economiche e politiche che si prendono in un momento determinato”. Il cardinale ha sottolineato poi come la Spagna stia vivendo una crisi “straordinariamente complessa e molto dolorosa, che colpisce interiormente ed esteriormente i cittadini, le famiglie e la comunità stessa”. Di fronte a questa situazione, il cardinale Rouco Varela ha evidenziato la necessità di assumersi tutti la responsabilità a livello privato e pubblico “con la lucidità e la generosità proprie del cristiano che confessa, professa e vive la fede nella comunione cattolica della Chiesa”. La prima sfida per l’evangelizzazione, in questo momento “critico”, che stanno attraversando la Spagna e l’Europa, è quello di “evitare e superare ogni intento di manipolazione e utilizzazione ideologica a servizio di fini e obiettivi nettamente temporali, siano quelli che siano e sia quel che sia l’intenzione che la ispira e la guida: socio-economica, politica, culturale”. (R.P.)

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    Colombia: la Chiesa incoraggia il dialogo fra governo e ribelli nella regione del Cauca

    ◊   Le popolazioni indigene del Cauca e il governo colombiano hanno deciso di avviare un dialogo “al più alto livello” lunedì prossimo, 23 luglio, per cercare una soluzione alla crisi in corso nella regione del Sud-Ovest della Colombia: a causa della violenza fra gruppi indigeni e forze dell’ordine, la scorsa settimana vi sono stati due civili morti e 30 feriti. Nell’area la tensione resta alta: gli indigeni hanno provato a espellere i membri della base militare in Cauca che, alla fine, è stata rioccupata dall'esercito e dalla polizia. Il governo del presidente Juan Manuel Santos ha accettato la proposta di dialogare per risolvere il problema della popolazione del Cauca, stanca di vivere in mezzo a una “guerra perenne”, vorrebbe liberarsi sia dei presidi delle Forze dell'ordine, sia dei gruppi guerriglieri delle Farc, per tornare a vivere pacificamente nelle proprie terre ancestrali. In una nota inviata all’agenzia Fides, il nunzio apostolico, mons. Aldo Cavalli, deplora energicamente la violenza in questa regione. Partecipando, domenica scorsa alla celebrazione dei 425 anni della venerazione della Vergine di Chiquinquirá, nella città di Cucuta, il rappresentante del Santo Padre ha manifestato molto vivamente l'intenzione della Chiesa: rimanere presente in questa zona, malgrado la violenza. “La Chiesa sta lì e non se ne va, perché lì c'è la sua gente. La missione dei sacerdoti - ha riferito il nunzio - è diventata molto difficile ma il loro compito è fondamentale, e Dio sta con la sua Chiesa”. (R.P.)

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    Il Sud Sudan: Khartoum ci bombarda, interrotti i negoziati

    ◊   Il Sud Sudan ha oggi accusato il Sudan di aver lanciato un bombardamento aereo sui propri territori adiacenti alla frontiera contesa, ma l’esercito sudanese nega ogni responsabilità. Il portavoce delle forze armate sud sudanesi, Philip Aguer, ha affermato che aerei sudanesi hanno bombardato venerdì mattina l’area di Rumaker, alla frontiera con il Bahr al Ghazal settentrionale. Il portavoce ha aggiunto che due persone sono state lievemente ferite e che il bombardamento è avvenuto alle 3.25 di mattina, mentre la gente stava ancora dormendo. Il portavoce dell’esercito del Sudan, al-Sawarmi Khalid, ha risposto negando che la propria forza aerea abbia compiuto simili attacchi. Il Presidente Sudanese Omar Hassan al-Bashir aveva incontrato la propria controparte del sud Salva Kiir la settimana scorsa, durante il summit dell’Unione Africana, il loro primo incontro da quando, ad Aprile, sono peggiorati gli scontri al confine. “Non abbiamo altra scelta che sospendere i colloqui diretti bilaterali con il Sudan – ha affermato il portavoce della delegazione del Sud Sudan nei negoziati, Atif Kiir – non possiamo sederci a negoziare con loro mentre bombardano il nostro territorio”. (A.C.)

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    Povertà in Africa: organizzazione cattolica denuncia politiche abortive e contraccettive

    ◊   "Inondare il Sud del mondo con contraccettivi e farmaci abortivi, per ridurre la crescita della popolazione, non è la chiave per ridurre la povertà. E’ una soluzione falsa e pericolosa, promossa da organizzazioni come la “Bill & Melinda Gates Foundation”. Inoltre, indurre le donne africane ad assumere tali farmaci costantemente, nella routine, attenta alla loro salute. Ogni risposta alla povertà deve essere messa in campo nel pieno rispetto della dignità dei popoli poveri e non per eliminarli". E’ quanto afferma l’organizzazione cattolica “Human Life International” (Hli) in una nota inviata all’agenzia Fides, stigmatizzando i programmi di diffusione, lanciati dalla Fondazione Gates, di un nuovo contraccettivo iniettabile in vena, che sarebbe analogo al noto Dmpa (Depo-Provera). A differenza del Depo Provera, che va somministrato da un medico, questo nuovo farmaco si basa sull’auto-somministrazione, tramite iniezione sottocutanea. La Fondazione Gates intende offrirlo a oltre 120 milioni di donne in tutto il mondo, soprattutto in Africa sub-sahariana e in Asia meridionale. “Quello che non dicono – nota Hli – è che tale ‘soluzione’ comporta la morte dei figli neoconcepiti, può raddoppiare la velocità di trasmissione dell’Hiv e aumentare il rischio di cancro al seno. Inoltre, i contraccettivi progestinici sono associati ad un rischio significativo per i coaguli di sangue e ictus, tutti elementi che danneggiano notevolmente la salute delle donne”. La pianificazione familiare proposta da organizzazioni come “Planned Parenthood”, secondo principi maltusiani, spinge con forza le comunità afro-americane a limitare la loro crescita, come unica modalità per affrontare la povertà, si afferma. “Ma un fattore determinante – nota Hli – è l’istruzione: le donne hanno il potere quando sono istruite. Uomini e donne hanno bisogno di istruzione e cultura per contribuire al dibattito pubblico e alla formulazione delle politiche sociali”. “La maternità – prosegue – deve essere considerata una vocazione di valore e non un salasso per la società. Solo allora si potranno affrontare e combattere le vere radici della povertà”, conclude Hli. La Fondazione Gates e i suoi partner, hanno lanciato una campagna di 4 miliardi di dollari per il controllo delle nascite in Africa, Asia e America Latina. Human Life International, è un movimento pro-vita con progetti in oltre 80 Paesi del mondo. (R.P.)

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    Onu: le confessioni religiose congolesi chiedono di reprimere i crimini del Rwanda

    ◊   È una petizione accorata quella che le confessioni religiose della Repubblica Democratica del Congo indirizzano alle Nazioni Unite per chiedere la repressione di crimini commessi dal Rwanda nel Paese. La petizione, che chiama in causa la Segreteria generale ed il Consiglio di sicurezza dell’Onu, riporta il calce la firma di otto esponenti religiosi, tra cui padre Donatien Nshole, segretario generale aggiunto della Conferenza episcopale cattolica locale (Cenco), il prof. Fumunzanza Gimwanga Theodore, della Chiesa Ortodossa, e l’imam Cheik Abdallah Mangala Luaba, della Comunità islamica. All’iniziativa, aderisce anche la Federazione delle imprese del Congo, guidata da Albert Yuma Mulimbi. Nel testo, si ricordano “le massicce violazioni dei diritti dell’uomo, le migliaia di donne violentate, gli oltre 6milioni di congolesi uccisi” a causa del sostegno che il Rwanda dà ai ribelli del movimento indipendentista “M23”, fornendo loro armi, sostegno economico, facilitazioni logistiche e nuove forze, reclutate persino “tra alcuni politici congolesi”. In questo senso, scrivono i leader delle confessioni religiose, “il Rwanda viola le sanzioni dell’Onu sulle armi e le persone nella regione dei Grandi Laghi, divenendo un rifugio per i criminali di guerra ricercati dalla Corte Penale Internazionale”. Di qui, la sottolineatura forte del fatto che “questa invasione ingiusta ed ingiustificabile mina gli sforzi di riconciliazione e di ricostruzione della nazione congolese ed è accompagnata da una criminalità senza precedenti e dallo sfruttamento sistematico delle risorse naturali del Paese”. Di fronte a tale drammatica situazione, i firmatari della petizione presentano cinque specifiche richieste: “la mobilitazione delle forze della Monusco; l’arresto ed il processo giudiziario per tutti i criminali di guerra citati dai diversi rapporti dell’Onu, così come per tutti i responsabili dei crimini di guerra nella Repubblica democratica del Congo; la bocciatura della candidatura del Rwanda a membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, a causa delle sue ricorrenti violazioni della Carta delle Nazioni Unite; l’applicazione immediata di tutte le risoluzioni Onu a favore della pace nella Repubblica Democratica del Congo”. Per questo, conclude il documento, gli otto firmatari si oppongono “ad ogni forma di negoziato con i criminali recidivi e a tutti i tentativi di balcanizzazione della Repubblica Democratica del Congo”. Per avere successo, la petizione dovrà raccogliere almeno un milione di firme. (A cura di Isabella Piro)

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    Kenya. I vescovi: tutelare la dignità umana, no alla pianificazione artificiale della famiglia

    ◊   “La pianificazione artificiale della famiglia, voluta dai Paesi stranieri, è pericolosa e potrebbe portare alla distruzione della società e all’estinzione della razza umana”. È quanto scrive la Conferenza episcopale del Kenya (Kec) in una nota ufficiale, criticando duramente un articolo apparso nei giorni scorsi sul “Daily Nation Newspaper” e intitolato “Il Kenya si unisce al controllo globale delle nascite”. In particolare, il quotidiano faceva riferimento al summit sulla pianificazione familiare svoltosi a Londra l’11 luglio e in cui sono stati stanziati fondi per assicurare, entro il 2020, l’accesso ai contraccettivi a 120 milioni di donne nel mondo, in particolare nei Paesi più poveri. Una proposta che l’articolo valutava come positiva, sposando l’idea che l’accesso ai contraccettivi è un diritto ed una priorità per lo sviluppo di un Paese, soprattutto del Kenya in cui - sempre secondo il quotidiano - la mancanza di un controllo artificiale delle nascite potrebbe portare la popolazione a 64 milioni di persone nel 2030. Durissima, quindi, la reazione della Chiesa locale che condanna “i contenuti, il tono, il messaggio e le intenzioni dell’articolo”, ribadendo che “non si deve permettere al Kenya di far parte di un’agenda internazionale guidata da agenzie straniere, poiché così facendo la nazione perderebbe la propria indipendenza ed i propri valori legati alla famiglia e alla società”. Inoltre, la Kec fa notare come gli stessi Paesi stranieri che sostengono l’uso dei contraccettivi “stiano stanziando miliardi di fondi per promuovere le unioni omosessuali, mentre milioni di donne nel mondo muoiono per mancanza di strutture sanitarie adeguate alla maternità”. E ancora, i vescovi del Kenya sottolineano che “l’uso dei contraccettivi, soprattutto quello radicale proposto dall’articolo del ‘Daily Nation Newspaper’, è disumano e contrario agli insegnamenti della Chiesa, specialmente in una nazione come il Kenya, in cui la maggior parte della popolazione è cristiana e timorata di Dio”. Non solo: tale visione “minaccia il tessuto morale della società ed è un insulto alla dignità ed all’integrità della persona umana”. Poi, la Kec ricorda al governo nazionale che molti Paesi che hanno promosso la pianificazione familiare artificiale stanno ora tornando sui propri passi, dato che “nessuno ha visto i benefici del tanto decantato sviluppo”. Ciò “ovviamente significa che erano state elaborate strategie senza considerare la centralità della persona umana, ragione di ogni tipo di sviluppo” che “deve essere a favore del bene comune della popolazione, della sua sicurezza e protezione”. Quanto alla paventata cifra di 64 milioni di abitanti che il Kenya potrebbe raggiungere tra 18 anni, la Kec afferma: “Non è una cifra eccessiva se un Paese ha un governo responsabile in cui non ci sono corruzione, nepotismo o tendenze egoistiche personali”. Inoltre, la Chiesa ribadisce che “esistono altri metodi efficaci, come la pianificazione naturale della famiglia, la quale richiede l’astinenza, valore necessario della vita coniugale e che non dovrebbe essere bollato come impossibile”. Infine, i vescovi del Kenya chiedono alle autorità di agire con saggezza ed ai fedeli di respingere la pianificazione artificiale della famiglia, poiché “nessuno dovrebbe essere costretto all’abuso della propria dignità attraverso i contraccettivi”. (A cura di Isabella Piro)

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    Vertice Paesi lusofoni: in agenda Guinea Bissau e sicurezza alimentare

    ◊   “Le sfide della sicurezza alimentare e della nutrizione”: questo il tema attorno al quale si stanno sviluppando a Maputo, in Mozambico, i lavori della IX Conferenza dei capi di Stato e di governo della Comunità dei Paesi di lingua portoghese (Cplp). Inevitabile però i riferimenti al golpe del 22 marzo e alla crisi politica in Guinea Bissau. A rappresentare il piccolo Paese dell’Africa occidentale - riferisce l'agenzia Misna - non ci saranno i leader della transizione promossa dalla Comunità dei Paesi dell’Africa occidentale (Cedeao), ma primo ministro e presidente estromessi dal colpo di Stato. Altro punto all’ordine del giorno sarà l’analisi della richiesta fatta dalla Guinea Equatoriale – Paese di lingua spagnola – che ha chiesto di diventare membro a tutti gli effetti dell’organizzazione. E’ la seconda volta che Maputo ospita il vertice della Cplp. Nella capitale mozambicana sono anche presenti il presidente della Commissione europea José Manuel Durão Barroso, il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, rappresentanti delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana. Creata nel 1996 la Cplp riunisce attualmente otto Paesi: Angola, Brasile, Capo Verde, Guinea Bissau, Mozambico, Portogallo, Timor est e São Tomé e Príncipe. (R.P.)

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    Nigeria: i fedeli laici protagonisti della nuova evangelizzazione

    ◊   I fedeli laici esercitino attivamente il loro apostolato, in risposta alla sfida della nuova evangelizzazione: è questo l’appello lanciato dalla Conferenza episcopale della Nigeria che, nei giorni scorsi, ad Abuja, ha tenuto il primo Seminario nazionale sull’apostolato laico. L’evento era dedicato al tema “I fedeli laici protagonisti della nuova evangelizzazione in Africa”. Ad introdurre i lavori, il messaggio di mons. Paulinus Ezeokafor, presidente della Commissione episcopale per i laici, il quale ha identificato due principali sfide della nuova evangelizzazione, ovvero “la persistenza di un’idea della Chiesa pre-conciliare, in cui il ruolo dei laici sembrava consistere nel pregare ed obbedire alla gerarchia; e una visione ristretta, suddivisa in compartimenti stagni, dell’evangelizzazione e della vita cristiana”. Affinché la realtà laica “diventi protagonista della nuova evangelizzazione”, invece, continua mons. Ezeokafor, “bisogna anche trovare il modo di approfondirne la spiritualità, in modo che ogni attività dei laici sia collegata a Dio e diventi un mezzo per glorificare il Signore”. Facendo riferimento, poi, all’Esortazione apostolica post-sinodale “Africae munus” di Benedetto XVI, il presule richiama la necessità, per il laicato, di avere una buona conoscenza della dottrina sociale della Chiesa che contribuisce allo svolgimento di un apostolato efficace in tutti i suoi aspetti. Quanto al problema della compartimentazione dell’evangelizzazione, mons. Ezeokafor sottolinea che “esso è un pericolo che tutti i cristiani corrono, poiché essi partecipano, sì, a tutte le attività della Chiesa, ma poi non riescono a tradurre la loro cristianità in un’azione concreta nei loro diversi ambiti della vita. E questo accade - continua il presule - perché i buoni cristiani sembrano dismettere i loro abiti cristiani nel momento in cui fanno politica e vogliono rimanere in carica”. La conseguenza, ribadisce il vescovo nigeriano, è che “queste persone sembrano vivere vite separate e muoversi da un compartimento all’altro. Il cristianesimo, che dovrebbe essere lievito, rimane circoscritto e limitato alla Chiesa e alle pratiche rituali, senza essere efficace nella sfera socio-economica, culturale e politica”. Di qui, l’appello di mons. Ezeokafor affinché “cada il muro di separazione che divide le pratiche cristiane e la vita quotidiana”, così che la nuova evangelizzazione raggiunga, con la Parola di Dio, tutti i fedeli. (I.P.)

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    Anglicani: eletta in Sudafrica la prima donna vescovo del continente

    ◊   Mentre in Inghilterra il dibattito sull’episcopato femminile all’interno della Chiesa anglicana è in una fase di stallo dopo il nulla di fatto all’ultimo Sinodo, la Chiesa anglicana del Sud Africa (Acsa) ha compiuto lo storico gesto nominando il primo vescovo donna anglicano del continente. La notizia è stata data dal Servizio informazione della Comunione anglicana. Si tratta del reverendo Ellinah Ntombi Wamukoya, 61 anni, eletta vescovo di Swaziland. La sua elezione avviene nel momento in cui la Chiesa anglicana del Sud Africa - che comprende anche Angola, Mozambico, Namibia, Sudafrica e Lesotho - celebra i 20 anni della ordinazione delle donne al sacerdozio come presbiteri e vescovi deciso dal Sinodo nel 1992. Il reverendo Wamukoya - riferisce l'agenzia Sir - non era inizialmente un candidato, ma dopo sette turni di elezioni senza alcun risultato, è stato chiesto all’Assemblea elettiva di presentare nuove candidature. A quel punto la candidatura di Wamukoya è stata presentata dai 2/3 della maggioranza nei due rami del laicato e del clero. Quando la sua elezione sarà confermata dai membri del Sinodo dei vescovi, il reverendo Wambukoya diventerà la 24a vescovo donna della Comunione anglicana. Le Chiese membri che hanno designato o eletto donne vescovo ad oggi sono: Nuova Zelanda e Polinesia, Australia, Canada, La Chiesa Episcopale, Cuba e ora Sud Africa. (R.P.)

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    Zimbabwe: prosegue il pellegrinaggio delle reliquie di Don Bosco

    ◊   Dopo il Sudafrica, è giunta ad Harare, in Zimbabwe, l’urna con le reliquie di Don Bosco, dando così inizio al suo pellegrinaggio nella Visitatoria salesiana di “Maria Ausiliatrice” che comprende lo Zambia, Malawi, Zimbabwe e Namibia (Zmb). Ad accogliere i sacri resti del fondatore della Congregazione salesiana, c’erano, tra gli altri, l’arcivescovo di Harare, mons. Robert Christopher Ndlovu, e don George Chalissery, superiore della Zmb. Le reliquie di Don Bosco, simbolo di un messaggio di speranza, sono state portate prima nella cattedrale di Harare e poi nel sobborgo di Warren Park dove centinaia di persone attendevano il loro arrivo. Poi il trasferimento a Hwange, una cittadina a 800 km da Harare, dove si trova una comunità con quattro salesiani impegnata nel lavoro parrocchiale, nell’animazione delle stazioni missionarie e nell’oratorio. Ad attendere l’urna, insieme ad una grande folla, c’era il vescovo di Hwange, mons. José Alberto Serrano Antón, e il direttore della comunità salesiana locale, don Tresphord Chota. Il giorno dopo, le reliquie sono state esposte all’adorazione dei fedeli nella Chiesa della Santa Famiglia, e successivamente presso il centro principale della parrocchia di Santa Teresa. La giornata si è conclusa con una solenne eucaristia presieduta da mons. Serrano Antón. Iniziato nell’aprile del 2009, il pellegrinaggio dell’urna contenente le reliquie di Don Bosco si concluderà il 31 gennaio 2014, dopo aver attraversato tutti e cinque i continenti, nelle nazioni in cui operano i salesiani. Fino ad ora, l’urna è stata in America Latina, Asia, Oceania, Africa e Madagascar. Da settembre a novembre prossimi, invece, sarà in Europa occidentale, mentre nel 2013 girerà il Nord Europa per poi tornare, tra la fine del prossimo anno e l’inizio del 2014, in Italia. (I.P.)

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    Libano: dai social network a You Tube, il web si mobilita per il viaggio del Papa

    ◊   Poco meno di due mesi separano il Libano, e tutto il Medio Oriente, dalla visita di Benedetto XVI: il Santo Padre, infatti, visiterà il “Paese dei cedri” dal 14 al 16 settembre, per consegnare ai vescovi locali l’Esortazione apostolica post-sinodale sul Medio Oriente. Il documento pontificio prende spunto dalle 44 Proposizioni finali dell’Assemblea speciale dei vescovi per il Medio Oriente, svoltasi in Vaticano nell’ottobre 2010. In vista dell’arrivo del Papa, dunque, fervono i preparativi anche sul mondo del web: è stato, infatti, attivato il sito Internet ufficiale del viaggio apostolico. Raggiungibile tramite il link (http://www.ibpapalvisit.com/test2/public/italian/index.php), il sito è consultabile in arabo, inglese, francese ed italiano. A dominare l’homepage, è il logo scelto per l’evento, che – come si legge sul sito - rappresenta “una colomba della pace che regge un ramoscello di ulivo”. E naturalmente il richiamo è al Papa, che tiene “saldamente in mano la Sede di San Pietro attraverso il messaggio veicolato a milioni di persone”. In particolare, la colomba “è diretta verso il Libano, il quale ‘più che un Paese, è un messaggio’, come ebbe a dire il Beato Papa Giovanni Paolo II durante il suo viaggio in Libano nel 1997”. Il Paese dei cedri, inoltre, è ritratto attraverso i colori della bandiera nazionale, il rosso e il verde, che campeggiano su uno sfondo bianco “simbolo della pace interiore e della purezza”. Infine, sul lato destro del logo, di fronte alla colomba, c’è la Croce, “ultima stazione, che simboleggia la salvezza e la redenzione”. Articolato in numerose sezioni, il sito Internet presenta il programma dei tre giorni di Benedetto XVI nel Paese; un’ampia biografia del Papa; una ricca pagina dedicata alle Chiese in Medio Oriente e una vasta scelta di fotografie che ritraggono il Santo Padre durante le celebrazioni eucaristiche. Ancora da riempire, naturalmente, è invece la sezione dedicata ai discorsi che il Papa pronuncerà durante il viaggio, mentre nell’area riservata alla stampa sono disponibili numerosi comunicati e diversi contatti per ulteriori informazioni. Ma il mondo del web non si ferma qui: lo stesso sito rimanda, infatti, ad apposite pagine create sui social network come Facebook e Twitter, che già hanno numerosi iscritti, mentre prossimamente verrà attivato anche uno speciale canale su You Tube. Insomma: il conto alla rovescia per accogliere Benedetto XVI in Libano è già iniziato e la data del 14 settembre è da “tenere a mente”, proprio come recita il banner scorrevole del sito ufficiale. (A cura di Isabella Piro)

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    Roma: concluso il III Congresso internazionale dei laici agostiniani

    ◊   Si è concluso con un “grazie” particolare ai giovani, che “in futuro continueranno a vivere il messaggio cristiano con la spiritualità agostiniana”, il III Congresso internazionale dei laici agostiniani, che questa settimana ha riunito a Roma - riferisce l'agenzia Sir - rappresentanti di ben 28 nazioni dei cinque continenti. Erano circa 200, infatti, i delegati delle Fraternità agostiniane laicali (Fas), che hanno statuti approvati dall’Ordine e sono parte integrante dell’Ordine stesso, e gruppi di laici che, pur non avendo una struttura analoga a quella delle Fas, collaborano strettamente con le oltre 550 comunità agostiniane sparse nel mondo. Tra di loro, molti giovani, a cui il priore generale degli Agostiniani, padre Robert F. Prevost, ha rivolto uno speciale saluto, ricordando la tavola rotonda di cui sono stati protagonisti. Padre Prevost, inoltre, ha ricordato che i laici agostiniani “condividono con noi religiosi la meravigliosa figura di Sant’Agostino. Occorre valorizzarne le specificità, perché insieme formiamo un solo corpo unito in Cristo”. Ora frati e laici agostiniani, nelle differenti parti del mondo, lavoreranno insieme per individuare le vie attraverso le quali i laici agostiniani possono essere d’aiuto all’Ordine di sant’Agostino, nella realizzazione del programma dell’Ordine 2013-2019 il cui tema preparatorio è “L’unità dell’Ordine in servizio al Vangelo”. Il IV Convegno internazionale dei laici agostiniani è in programma nel 2018. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 203

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