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Sommario del 19/07/2012
◊ Durante il periodo estivo, molte volte Benedetto XVI ha invitato singoli e famiglie a non ridurre il periodo di ferie al solo svago della mente e del corpo. C’è anche l’anima da riposare e il senso cristiano del ristoro spirituale è tutt’altro che un invito a dimenticarsi del mondo e delle sue vicende a volte drammatiche, ma porta invece a importanti ricadute sociali. Il Papa lo spiegò bene in un Angelus di un anno fa, soffermandosi su un passo della liturgia che la Chiesa ripropone per la giornata di oggi. Alessandro De Carolis ne rievoca alcuni passaggi assieme ad altri pensieri del Pontefice:
Uno dei più noti paradossi apparenti del Vangelo è contenuto al capitolo 11 di Matteo, quando Gesù invita chi è stanco e oppresso ad alleviare le proprie pene caricandosi sulle spalle il suo giogo “leggero”. L’abitudine all’ascolto di questa celebre frase potrebbe generare un rischio nei cristiani: ritenere quella di Gesù una frase “figurata”, bella per il gaudio dello spirito, ma distante dai propri problemi personali, dai drammi reali della gente. Un rischio ovviamente noto al Papa, che qualche anno fa obiettò:
"A volte vorremmo dire a Gesù: Signore, il tuo giogo non è per niente leggero. È anzi tremendamente pesante in questo mondo. Ma guardando poi a Lui che ha portato tutto – che su di sé ha provato l’obbedienza, la debolezza, il dolore, tutto il buio, allora questi nostri lamenti si spengono. Il suo giogo è quello di amare con Lui. E più amiamo Lui, e con Lui diventiamo persone che amano, più leggero diventa per noi il suo giogo apparentemente pesante". (Messa crismale, 4 aprile 2007)
Perché in questo consiste il “giogo” di Cristo: l’amore verso gli altri. Che è un alfabeto universale di fraternità, per primo conosciuto dalla gente di Galilea o di Giudea, alle quali Cristo annunciava il Regno di Dio e subito glielo rendeva tangibile con un gesto d’amore, un pezzo di pane per un povero, un malato guarito, una morte che non lo era più.
Dunque, il “ristoro” promesso a chi ha il coraggio di caricarsi quel giogo non era e non è il porto di una vaga pace cui far approdare il proprio spirito, ma un oceano di bene che può lambire le rive di tutto il pianeta, meglio e oltre la più intelligente strategia socio-umanitaria, partorita però senza questo tipo di gratuità:
“Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Per questo bisogna abbandonare la via dell’arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo. Soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro degno dell’uomo. (Angelus, 3 luglio 2011)
◊ In Messico, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Guadalajara, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Francisco Martínez Sáinz.
Santa Sede sui lefebvriani: restiamo in attesa di una comunicazione ufficiale
◊ Il Capitolo Generale della Fraternità sacerdotale San Pio X, concluso nei giorni scorsi, ha pubblicato una Dichiarazione a proposito della possibile normalizzazione canonica della relazione fra la Fraternità e la Santa Sede. “Pur essendo stata resa pubblica – sottolinea la Sala Stampa vaticana - tale Dichiarazione rimane anzitutto un documento interno, per lo studio e la discussione fra i membri della Fraternità”. La Santa Sede – dunque – “ha preso atto di questa Dichiarazione, ma resta in attesa della annunciata Comunicazione ufficiale da parte della Fraternità Sacerdotale, per la continuazione del dialogo fra la Fraternità e la Commissione Ecclesia Dei”.
Rapporto Moneyval. Zamagni: risposte convincenti dal Vaticano
◊ Commenti positivi al primo Rapporto di Moneyval, organismo del Consiglio d’Europa, che ha sostanzialmente promosso le misure adottate dal Vaticano in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo. Restano ancora passi da fare – sottolinea Moneyval - ma molto è stato già compiuto - e in breve tempo - nella direzione giusta. Ascoltiamo in proposito il commento dell’economista Stefano Zamagni al microfono di Luca Collodi:
R. – Bisogna considerare due cose. La prima è che lo stesso organismo del Consiglio d’Europa, Moneyval, ha riconosciuto come importanti i cambiamenti varati dalla Santa Sede sia per intensità sia per il loro numero, cambiamenti che hanno superato quelli di altri Paesi. Tutto il processo è nato nel settembre dell’anno scorso. Quindi in meno di 9 mesi la Santa Sede è riuscita a dare risposte positive, convincenti, alla maggior parte dei quesiti che erano stati sollevati. E’ vero, però, che nel rapporto conclusivo, s’invita il Vaticano a proseguire ed a chiarire meglio i modi di governance dell’AIF, cioè dell'Autorità d’Informazione Finanziaria, perché si dice che l’attività di vigilanza deve essere tenuta separata dall’attività di intelligence finanziaria. Nell’attività d’ispezione, infatti, un conto è andare a ricercare gli eventuali colpevoli, altro è vigilare su quanto è stato effettuato. Questo è un consiglio che viene rivolto alla Santa Sede, del quale terrà sicuramente conto. Personalmente non sono convinto che sia lì il nodo del problema, nel separare i due soggetti – il soggetto che fa la vigilanza dal soggetto che fa l’intelligence – perché questa separazione vale nei confronti di grandi Paesi come l’Italia e tanti altri. Nel caso della Città del Vaticano, siamo di fronte ad uno Stato di proporzioni piccole, rispetto al quale la moltiplicazione degli enti potrebbe avere anche degli effetti dispersivi nel lavoro da fare. Questa, però, è una questione di dettagli. Il fatto positivo è che Moneyval non solo ha appoggiato, ma ha apprezzato il lavoro della Santa Sede che, in meno di nove mesi, ha prodotto più di quanto tanti altri Paesi - nei cui confronti il processo di valutazione era iniziato già diversi anni fa - hanno fatto.
D. – Per le “banche” che non sono impegnate in attività di profitto ma che hanno compiti sociali, come lo Ior e le banche di credito cooperativo in Italia, vale la pena trovare altri criteri di analisi e giudizio, rispetto a quelli applicati da Moneyval alle grandi banche commerciali?
R. – La domanda è legittima. Su questa questione c’è molta confusione. L’obiettivo di vigilare, di controllare, intensificando la lotta è sacrosanto. Bisogna, però, tenere conto del soggetto. Un conto è un ente bancario che persegue finalità lucrative e quindi si dedica all’attività di speculazione finanziaria, altro conto è un altro ente bancario. Il fine dichiaratamente diverso di una banca modifica anche le regole della ‘governance’. Ebbene per Moneyval, e in generale lo stesso discorso vale per Basilea 3, a livello internazionale non si vuole tenere conto di questa distinzione. Qual è l’aspetto negativo? Che si caricano sulle spalle di istituti come lo Ior, e altri come le banche cooperative che perseguono fini strumentali, cioè l’attività bancaria è strumento per il fine principale che è quello della solidarietà, della diffusione della religione della cultura - dei pesi eccessivi, e questo non è accettabile. Io prenderei questa occasione per far sì che i rappresentanti della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa sollevino la questione. E’ un problema, infatti, che riguarda adesso lo Ior, ma anche tanti altri tipi di banche, in Italia come all’estero.
Conclusa la visita pastorale del cardinale Sandri in Georgia e Armenia
◊ Il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha concluso ieri la sua visita pastorale in Georgia e Armenia. Lo scorso 12 luglio a Tiblisi sono stati ricordati i 20 anni di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Georgia mentre il 13 luglio, sempre nella capitale georgiana e in presenza del nunzio apostolico, Mons. Marek Solczyński, il porporato ha avuto un incontro con i giovani per poi trasferirsi il giorno seguente nella vicina Armenia a Gyumri. Domenica 15 il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali ha presieduto, a Dashir, la Solenne Messa in lingua armena nella neo ristrutturata Chiesa dedicata alla "Madre di Dio", mentre nel pomeriggio ha incontrato i giovani cattolici armeni per poi visitare il centro della Caritas armena. Durante la sua permanenza in Armenia il porporato ha visitato anche i centri gestiti dalle Suore della Carità di Madre Teresa di Calcutta.
Lunedì 16 luglio ha avuto luogo la visita ufficiale ad Echmiadzin dove il porporato ha incontrato il Catholicos di tutti gli Armeni Karekin II. Visita dopo la quale era stato organizzato un ricevimento in onore del cardinal Sandri e della delegazione vaticana al quale ha preso parte anche Sua Santità Karekin II. Durante il suo discorso di benvenuto il capo della Chiesa Armena Apostolica ha parlato dei "calorosi rapporti storici tra la Chiesa Armena Apostolica e Roma" menzionando la costruttiva collaborazione degli ultimi anni sia a livello sociale che educativo. Karekin II ha ricordato poi il viaggio compiuto in Armenia da Giovanni Paolo II e gli incontri avuti con Benedetto XVI ringraziando il cardinale Sandri per la singolare attenzione riservata al popolo armeno e pregandolo di voler trasmettere i sentimenti di fratellanza a Benedetto XVI. Il cardinae Sandri a sua volta ha ringraziato per la calorosa accoglienza riservatagli augurando che le relazioni tra le due Chiese si rinforzino e si rinsaldino sempre di più. In serata il Cardinal Sandri ha avuto un incontro con i rappresentanti del corpo diplomatico dei paesi stranieri presenti in Armenia.
Il 17 luglio, il prefetto della Congregazione Orientale ha fatto tappa prima al Dzidzenagapert (Fortezza delle Rondini) il memoriale del genocidio armeno, per rendere omaggio ai martiri armeni, per poi visitare il Madenataran (museo e biblioteca dei manoscritti antichi). Sempre martedì il porporato è stato ricevuto dal presidente della Repubblica Armena Serj Sarkissian ed ha incontrato il ministro degli Esteri armeno Edouard Nalbandian.
Ieri ad Ashotsk è stata celebrata una Santa Messa in occasione del 20esimo anniversario della fondazione dell'ospedale "Redemptoris Mater" voluto e regalato alla popolazione armena da Giovanni Paolo II a seguito del terremoto che aveva colpito il Paese nel 1988. Dopo la cerimonia è stato offerto un ricevimento in onore dell'ospite.
Repubblica Centrafricana: il cardinale Filoni invita i seminaristi alla missionarietà
◊ “L’unità degli educatori e la collaborazione sincera tra loro, rendono possibile l’adeguata realizzazione del progetto educativo e del programma di formazione, e in particolare offrono ai candidati al sacerdozio un esempio significativo e concreto della comunione ecclesiale, che costituisce un valore fondamentale della vita cristiana e del ministero pastorale”. E’ la raccomandazione che il cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha rivolto ai Formatori del Seminario maggiore “Saint Marc” e del propedeutico, incontrati questa mattina a Bangui, all’inizio della sua visita pastorale nella Repubblica Centrafricana, dove è arrivato ieri sera. Il Prefetto del Dicastero Missionario - riferisce l'agenzia Fides - ha sottolineato che la formazione spirituale dei seminaristi deve essere orientata a far sì che “acquisiscano un profondo spirito missionario, delle virtù umane e il senso ecclesiale. I seminaristi devono essere aiutati a prendere coscienza che la Chiesa è missionaria per sua natura. E diventare sacerdote significa essere inviato in missione, che consiste principalmente nel testimoniare la sua fede e la sua carità.”Tra i valori umani che i seminaristi devono coltivare, il cardinale ha citato il senso dell’onestà, della responsabilità e della parola data, l’amore per la verità e la giustizia. La dimensione ecclesiale comprende un grande amore per la Chiesa di Cristo, un umile e filiale attaccamento alla persona del Santo Padre, l'adesione filiale al proprio vescovo e i rapporti di amicizia e di solidarietà con gli altri. “Perchè raggiungano una vita spirituale solida e appagante, i seminaristi hanno necessariamente bisogno di mezzi di tipo ascetico, sacramentale e liturgico” ha proseguito il cardinale Filoni indicando la celebrazione eucaristica, “che deve essere il centro della vita del seminario”, la Liturgia delle Ore, la devozione filiale alla Vergine Maria espressa in particolare con la preghiera del Santo Rosario, il sacramento della Penitenza, i ritiri. In modo particolare il Prefetto del Dicastero Missionario ha invitato i formatori a far acquisire ai seminaristi “una maturità affettiva”, idee chiare ed una convinzione intima sulla inscindibilità tra celibato, castità e grazia del sacerdozio: “Insegnate loro che il sacerdozio richiede un dono totale di sé: corpo, cuore, volontà e ogni capacità di amare Dio”. L’osservanza degli obblighi sacerdotali comporta indubbiamente grande spirito di sacrificio, per questo il cardinale ha invitato i formatori a non tacere le difficoltà ai seminaristi, in modo che essi siano in grado di assumere questi impegni “in piena coscienza e con grande responsabilità”. Un altro aspetto importante della vita dei seminaristi è costituito dallo studio, in quanto “i futuri sacerdoti hanno bisogno di una buona formazione dottrinale – ha ricordato il cardinale Filoni - che comprende, da una parte la cultura generale di base, e dall’altra le scienze sacre”. Di fronte a tutte queste esigenze, riveste particolare importanza il discernimento che i formatori sono chiamati ad operare, affinchè i candidati al sacerdozio siano “degni e idonei, veri discepoli di Cristo e autentici servitori della Chiesa”. Il Prefetto del Dicastero Missionario ha infine evidenziato: “È necessario per il formatore non solo saper trasmettere la dottrina, ma anche e soprattutto saper offrire l'esempio di vita, per essere modelli ed esempi per i giovani”. (R.P.)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Nell'informazione internazionale, Giuseppe M. Petrone sul Nagorno Karabakh senza pace: Azerbaigian e Armenia sull'orlo di un conflitto.
Tutela delle minoranze religiose priorità della politica estera italiana: il ministro Giulio Terzi interviene sulle iniziative intraprese in sede internazionale per fermare la strage dei cristiane in Nigeria.
In cultura, un articolo di Christiaan W. Kappes dal titolo " Con Tommaso e i teologi bizantini verso una riconciliazione teologica": dal concilio di Lione a oggi il continuo confronto tra Oriente e Occidente.
Storia di una spietata chirurgia demografica: Gaetano Vallini su esodi e deportazioni in Europa 1853-1953.
Silvia Guidi sul libro "Sant'Agostino nella tradizione cristiana occidentale e orientale".
Un articolo di Claudia Di Giovanni dal titolo "Orlok incombe sulle nostre paure": nella Filmoteca Vaticana una copia del "Nosferatu" di Murnau.
Nell'informazione religiosa, il vescovo Enrico dal Covolo sul libro dell'arcivescovo Bruno Forte "La porta della fede. Sul mistero cristiano".
Nell'informazione vaticana, il cardinale Zen Ze-kiun inviato speciale del Papa alla celebrazione del centenario della nascita di Peter To Rot, martire per la famiglia.
La storia di Dodo: Mario Ponzi su una vicenda di "varia vaticanità" pubblicata sulla rivista per i dipendenti del Governatorato della Città del Vaticano completamente rinnovata nella grafica.
Siria: attacco dei ribelli ai palazzi del potere. Assad in fuga?
◊ Forse ad una svolta decisiva la crisi siriana. Dopo gli attentati di ieri, che hanno decapitato il regime di Damasco, prosegue oggi nella capitale l’offensiva dei ribelli. Sanguinoso il bilancio: ieri 200 vittime, oggi già diverse decine. Intanto, la comunità internazionale prende tempo sul da farsi, mentre il presidente Assad avrebbe abbandonato il suo quartier generale. Il servizio di Giancarlo La Vella:
La famiglia di Bashar al Assad, sarebbe già rifugiata in Russia, mentre il capo dello Stato, secondo fonti di stampa, avrebbe lasciato oggi Damasco alla volta di Latakia, poco a nord della base russa di Tartus. Sulla possibile sorte del presidente sentiamo Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Firenze:
“Si fanno varie ipotesi. Però bisogna rendersi conto che quello degli Assad è un regime che sta al vertice della Siria da 40 anni e io non credo che Bashar possa uscire vivo dal Paese, anche perché è considerato responsabile di quello è avvenuto o colpevole di non averlo saputo gestire”.
Alla base della decisione del presidente di lasciare Damasco, l'attentato di ieri, in cui sono rimasti uccisi un ministro e altri vertici del regime, un episodio che potrebbe passare alla storia come l’inizio della fine dell’era Assad. Marco Guerra ne ha parlato con il padre gesuita, Paolo Dall’Oglio, che ha ridato vita dal 1982 al monastero di Deir Mar Musa, in Siria:
“Questi sono segni di grande indebolimento e le settimane che verranno ci mostreranno in quale direzione vanno le cose. Rischiamo di andare verso una guerra civile di lunga durata, assolutamente da evitare: tutta la regione ne sarebbe destabilizzata in modo gravissimo”.
Intanto oggi la capitale è un campo di battaglia. Fuga generale dei civili con attacchi dei ribelli alla televisione di Stato, al palazzo del governo e all’aeroporto internazionale. E all’Onu il Consiglio di Sicurezza ha rinviato di almeno 24 ore il voto sulla risoluzione contro la Siria, mentre appare sempre più difficile compattare il fronte dei membri permanenti, con la Russia sempre in posizione pro Assad.
◊ La guerra è ormai arrivata nel cuore di Damasco. Ascoltiamo la testimonianza del nunzio in Siria, l’arcivescovo Mario Zenari, raggiunto telefonicamente nella capitale da Hélène Destombes:
R. – Oggi, alle 3.00 del mattino, sono stato svegliato da esplosioni molto, molto potenti… Non so dove fossero, ma certamente erano nella prossima periferia di Damasco. Forti esplosioni che sono continuate fino alle 9.00 circa, insieme a colpi di artiglieria pesante, colpi di mitragliatrici…. La giornata è cominciata in maniera veramente drammatica! La gente ha paura e chi è venuto a lavorare qui mi diceva che ha visto lungo la strada camioncini pieni di gente che fugge soprattutto dai posti che sono maggiormente attaccati e vanno nei giardini pubblici o nei parchi per dormire nelle zone più sicure. E’ una situazione molto grave quella che si sta vivendo in questi giorni a Damasco. Speriamo nell’aiuto della Comunità internazionale: la Comunità internazionale deve trovare un’unanimità per aiutare la Siria a uscire da questa terribile spirale di violenza. Sì, spero che la Comunità internazionale arrivi finalmente ad un consenso unanime per trovare la via più giusta e più rapida per far cessare la violenza: quello che vediamo e che constatiamo ogni giorno è che la violenza chiama altra violenza. Per quanto riguarda la situazione qui, dove si trova la nunziatura apostolica così come le altre ambasciate, posso dire che è una località che finora è abbastanza risparmiata dal conflitto a Damasco: anche se l’attentato che c’è stato ieri, si è verificato a circa 300-400 metri dalla nunziatura apostolica. Una cosa che mi ha fatto pensare è che si sentono tante esplosioni – anche ieri – ma questa dell’attentato, malgrado sia stato qui vicino, non si è sentita. Questo vuol dire che l’attentato è stato compiuto in maniera particolare, ma che non so adesso spiegare.
D. – Da ieri gli eventi si sono accelerati: si può pensare che il Paese si trova ora sulla soglia di un grande cambiamento?
R. – Ho sentito tanti commenti, ma direi che è difficile – a mio avviso – prevedere che cosa succederà: alcuni dicono che quanto sta succedendo rappresenta una svolta, ma può succedere tutto… Teniamo presente che questi fatti si stanno verificando proprio alla vigilia del Ramadan. Le esplosioni che sentiamo, i colpi di artiglieria pesante che sentiamo, fanno comprendere la gravità della situazione, ma che la crisi sia ad una svolta e che si debbano attendere in breve tempo dei cambiamenti è difficile prevederlo. E’ difficile prevedere se la strada sarà ancora lunga e se sarà ancora lunga la sofferenza. Quando penso a qualche mese fa, si guardava in avanti per vedere la fine del tunnel, per vedere se c’era qualche luce che indicasse la fine di questo terribile tunnel; adesso se posso dire un’esperienza personale, viene quasi spontaneo chiudere gli occhi, perché ci si accorge che siamo in una discesa e quando si è su di una discesa c’è da prevedere che in fondo alla discesa ci sia luce. Spero e speriamo che con l’aiuto della comunità internazionale possa essere arrestata questa terribile discesa, che come qualche volte ho detto, è verso gli inferi!
Bulgaria, attentato antisraeliano: Netanyahu accusa l'Iran, dura la Nato
◊ Durissima la condanna della comunità internazionale per l’attentato di ieri in Bulgaria contro una comitiva di israeliani a Burgas sul Mar Nero, che ha provocato 8 morti e 32 feriti. Il governo bulgaro ha confermato che a compiere la strage è stato un kamikaze che aveva indosso la patente dello stato americano del Michigan. Israele punta il dito contro l’Iran che a sua volta respinge le accuse definendole “ridicole e clamorose”. Gli Stati Uniti, dal conto loro, ribadiscono piena collaborazione per assicurare i responsabili alla giustizia. “Il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni non può mai essere tollerato o giustificato” ha ribadito il segretario generale della Nato, Rasmussen. Per un commento, Cecilia Seppia ha sentito Luigi Bonanate, docente di Relazioni internazionali all’Università di Torino:
R. – La tecnica è certamente quella dell’attentato terroristico. La categoria “terrorismo” può quindi certamente essere utilizzata. Però, non possiamo sapere la matrice. In primo luogo, mi interrogherei di più, posto che ci siano delle notizie – perché non dobbiamo mai dimenticare che sul terrorismo ragioniamo sempre in assenza di notizie sicure – come mai è avvenuto in Bulgaria. La cosa un po’ strana è che siano andati proprio in Bulgaria. Non è certamente lontana dall’area mediorientale, ma non è mai stata coinvolta prima. Quindi, questo mi sembra un elemento intrigante. Poi, è chiaro che ancora una volta siamo di fronte a un evento terroristico, nel momento in cui c’è un’altra crisi molto più grossa, molto più grave nell’area, che è naturalmente quella siriana, quindi si possono stabilire delle connessioni.
D. – Lei ha detto “Bisogna interrogarci sul perché della Bulgaria”. Eppure, i militari israeliani, da tempo, avevano segnalato proprio la Bulgaria e questa parte di costa come un obiettivo sensibile per attacchi terroristici. Quindi, può darsi che c’era dietro anche già un lavoro di intelligence...
R. – Può darsi benissimo, ma qualsiasi cosa può essere venduta in un clima terroristico. Questa è una delle ragioni per cui la democrazia è l’unica vera alternativa contro il terrorismo, perché la democrazia è politica senza segreti.
D. – Israele, con il premier Nethanyau, ha puntato il dito subito contro Teheran, contro gli Hezbollah. Questa mattina è arrivata la smentita di Teheran che ha definito ridicole, clamorose queste accuse. Ma guardando questo attentato alla luce della crisi siriana, che tipo di collegamento si può fare tra Siria, Iran e Israele? Parlo proprio di interessi geopolitici...
R. – Se ne è parlato molte volte in queste settimane del fatto che, comunque, l’Iran avrebbe preferito che venisse conservato il sostegno ad Assad, perché Assad in fondo era l’ultimo tassello del mondo antiamericano, nel mondo contemporaneo. Ho fortissimi dubbi, perché l’Iran - che è sotto schiaffo già da molti mesi sulla questione nucleare - a ogni minaccia di rottura da parte americana o israeliana ha fatto seguire uno spostamento della sua linea d'azione. Quindi, non mi sembra molto verosimile che l’Iran voglia infiammare ancora di più la situazione. E’ chiaro che tutti ragioniamo così e di fronte ad una situazione del genere, guardiamo chi è il nemico più vicino e diciamo “Perbacco, è tutta colpa sua!”
D. – Questo attacco è avvenuto nel 18.mo anniversario della strage terroristica di Buenos Aires, in un centro ebraico, in cui persero la vita 85 persone, ne rimasero ferite altre 300. Ci potrebbe essere un qualche collegamento?
R. – Perché non hanno celebrato il 16.mo e il 17.mo anniversario, il 10.mo è così via, di quest’attentato? Oggi, è molto più probabile che si tratti di una coincidenza, di un’azione fatta da persona che neanche sapeva cosa fosse successo 18 anni fa.
Al via a Pechino il Forum sulla Cooperazione Cina-Africa
◊ Un prestito da parte del governo cinese di 20 miliardi di dollari per i Paesi Africani per sostenere infrastrutture, industria manifatturiera, agricoltura e sviluppo delle piccole e medie imprese. Ad annunciarlo il presidente Hu Jintao durante il V Forum sulla Cooperazione Cina–Africa, iniziato oggi a Pechino. Il gigante asiatico si conferma il primo partner commerciale dell’Africa, con scambi bilaterali in crescita dell'83% dal 2009. Ma quali sono gli interessi che spingono Pechino ad investire in maniera così importante nel continente africano? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Massimo Alberizzi, africanista del Corriere della Sera:
R. – La Cina è impegnatissima in tutte le zone dell’Africa, soprattutto quelle che sono più ricche di giacimenti di petrolio, di materie prime e anche di oro e diamanti. Parliamo per esempio del Sudan, del Sud Sudan oppure del Congo, dell’Angola, dove stanno costruendo la ferrovia del Banguela, ricostruendola in realtà perché è una vecchia ferrovia in disuso, dove utilizzano i carcerati ai lavori forzati con i ferri ai piedi, portati direttamente dalla Cina per lavorare. Quindi, c’è un fortissimo interesse, visto che la Cina ha poche materie prime a casa sua.
D. – E l’Africa, dal canto suo, ci guadagna qualcosa o si ripropone lo scenario di sempre, cioè di un continente depredato dalle potenze estere?
R. – Dire “l’Africa ci guadagna” sarebbe come dire che gli africani ci guadagnano. In realtà è solo un gruppo, un pugno di africani che fanno affari con i cinesi e ci guadagnano svendendo le proprie risorse. “Proprie” è una parola impropria, perché ovviamente le risorse sono di tutti, non sono solamente delle elite dominanti dei Paesi africani.
D. – Negli ultimi mesi sono emerse anche critiche di alcuni partner africani nei confronti di Pechino, per abusi commessi dai datori di lavoro cinesi, per casi di corruzione, ma anche per le condizioni di sicurezza e di lavoro nelle miniere di proprietà cinese. Insomma, non è un rapporto del tutto sereno...
R. – No, infatti li hanno anche rapiti, come per esempio in Etiopia. La politica cinese comincia ad avere gli stessi effetti che ha avuto per anni la politica americana. La differenza, però, è che in America e in Europa abbiamo un’opinione pubblica che comunque non permette di arrivare a certi abusi. In Cina l’opinione pubblica non c’è, quindi può essere commesso, lontano dagli occhi indiscreti dell’opinione pubblica, qualsiasi delitto.
Rossella Urru attesa a Roma. Il parroco di Samugheo: gioia e commozione grandi
◊ Rossella Urru arriva oggi a Roma. Dopo 270 giorni di prigionia, è stata rilasciata ieri con gli altri due cooperanti spagnoli, Ainhoa Fernandez de Ruincon ed Eric Gonyalons, rapiti il 23 ottobre scorso nel sud dell’Algeria. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, che come il presidente Napolitano ha seguito da vicino la vicenda, parla di successo dell’Italia nella lotta contro il terrorismo internazionale. Il servizio di Fausta Speranza:
I tre, che sono stati liberati nel Nord del Mali, sono stati trasferiti stamane nella capitale del Burkina Faso. Da lì nel pomeriggio Rossella Urru, che - si fa sapere - sta bene, arriverà a Roma. In Algeria, dove era stata rapita 9 mesi fa, lavorava da due anni come cooperante del Comitato Internazionale per lo sviluppo dei popoli, Cisp. La donna – ha detto il vescovo di Oristano, mons. Ignazio Sanna – è entrata nel cuore di tante famiglie per la sua passione umanitaria che onora la migliore tradizione di generosità e altruismo dei sardi”. A Samugheo, Paese di origine in Sardegna, si è festeggiato tutta la notte. Paolo Ondarza ha raggiunto il parroco don Alessandro Floris, vicino in questi mesi ai genitori di Rossella Urru:
“La gioia e la commozione sono grandi, per questa bellissima notizia. Noi ci siamo incontrati per ben 9 mesi, ogni settimana, per gli incontri di preghiera e adesso ci incontreremo per dire ‘grazie’.”
Di Rossella Urru il parroco dice:
“Rossella, cooperatrice italiana, era lì non tanto per lavoro, che è importante, ma – secondo me – anche per uno spirito di missione, per la spinta a dare una mano, un aiuto alle persone più bisognose. Qualcuno mi chiedeva: ‘Rossella, partirà nuovamente?’ E’ difficile da dire ora. Non è detto, ma può darsi di sì”.
Rossella Urru, come gli altri due spagnoli, lavorava nel campo in Algeria per la più grande comunità di saharawi, gli abitanti dell'ex Sahara spagnolo che non accettano la sovranità marocchina. Oggi anche il governo della Rasd (Repubblica araba Saharawi democratica) e la direzione del Fronte Polisario, “così come l'insieme del popolo saharawi”, hanno espresso, in una nota, la loro soddisfazione per la liberazione sottolineando l’impegno umanitario a favore del popolo saharawi. E c’è da dire che sono stati sequestrati da uno dei gruppi islamisti che dichiarano di sostenere il popolo saharawi. D’altra parte vicende come queste aprono sempre una serie di interrogativi, tra cui anche quello sulle presunte trattative segrete. In questo caso di certo c’è che il piccolo gruppo, poco noto, autore del sequestro in Algeria ha dimostrato di avere radici nel Nord del Mali, roccaforte jihadista, e ha ottenuto notorietà.
Un messaggio di riscatto: così don Cesare Rattoballi a 20 anni dalla morte del giudice Borsellino
◊ In Italia si ricorda la scomparsa del giudice Paolo Borsellino, ucciso 20 anni fa in un attentato insieme alla sua scorta. In un messaggio, il presidente della Repubblica Napolitano ha ricordato lo sgomento provato ed ha fatto appello perché sia fatta piena luce su quanto accaduto. Molte le manifestazioni in programma per ricordare il magistrato che perse la vita 57 giorni dopo Giovanni Falcone. A Palermo un lungo corteo dell’Agesci ha attraversato la città, concludendo il percorso nella Chiesa di San Domenico, dove era presente la famiglia di Borsellino. Anima dell’iniziativa don Cesare Rattoballi, molto vicino al giudice nell’ultimo periodo della sua vita. Benedetta Capelli gli ha chiesto quale sia oggi l’eredità lasciata dal magistrato anti-mafia:
R. – Lui ha lasciato un patrimonio immenso, perché era una persona molto retta. La sua serenità di fondo era supportata certamente da un dialogo interiore, che era un dialogo con Dio, da dove, secondo me, traeva tranquillamente questa serenità. Nell’ambito familiare respirava un certo clima di pienezza e questo lo portava dentro di sé e lo viveva veramente. Quando lui incontrava gli altri, infatti, aveva un grande rispetto per loro. Ogni domenica andava a Messa e questo l’ho saputo anche dagli uomini della scorta. Altra cosa, il fatto che lui sapesse che era arrivato il tritolo per lui e si preparava, preparando il distacco dalla famiglia, preparando il distacco dagli altri, il mettere a posto tutte le cose. Mi chiese pure di essere confessato, proprio perché non sapeva quale sarebbe stato il giorno, quale sarebbe stato il momento. “Io mi preparo, perché così sono tranquillo, sereno nel mio cuore e ho tutto a posto”.
D. – Lei era accanto a Rosaria Schifani i giorni dei funerali delle vittime della strage di Capaci...
R. – Mia mamma è la sorella della mamma di Vito Schifani, una delle guardie del corpo morto nell’attentato a Falcone. Lì abbiamo voluto fare quell’appello alla conversione. “Non vi siete comportati bene, ma noi vi diamo una condizione, vi diamo la possibilità di chiedere perdono”. Questo fatto toccò ulteriormente Paolo, il quale disse a me e a mia cugina di continuare a sollecitare le coscienze. Se una coscienza è risvegliata, è scossa, potrebbe indurre i mafiosi veramente a collaborare. Questa era una sua idea.
D. – Come visse Borsellino quei 57 giorni, prima della sua morte e a distanza di tale tempo dall’uccisione del suo grande amico, Falcone...
R. – Aveva una grande riconoscenza. Lui, in un primo tempo, ebbe questa consapevolezza: che doveva testimoniare l’operato di Giovanni, lo doveva custodire e diffonderlo, farlo conoscere e far conoscere anche l’uomo Giovanni Falcone. Da quel cercare di parlare dell’amico, Paolo non faceva altro che parlare anche di se stesso. Gli ultimi tempi, però, quando si comprese che Paolo era sotto tiro, si incominciò a preparare cristianamente. C’era un travaglio enorme nel suo cuore, fatto con delicatezza, fatto con serenità, fatto con un prepararsi interiore, fatto in questo modo.
D. – Qual è un ricordo che lei sente particolarmente vicino, particolarmente forte?
R. – Gli occhi e il sorriso di Paolo, che erano la conferma della sua vicinanza: un sorriso di accoglienza. Oggi, penso, che mi sostenga anche in questo mio ministero. Sono sostenuto dall’esempio di Paolo, da questa dedizione per lo Stato, da questa dedizione per la verità, da questa dedizione per la giustizia. Tutto questo è quello che mi ha lasciato Paolo, è quello che io ricordo ed è quello che rimane impresso nel mio cuore, nella mia mente, nella mia vita.
D. – Dall’appello alla conversione di Rosaria Schifani, oggi la Sicilia com’è cambiata e come ricorda, secondo lei, Paolo Borsellino? Quale eredità ha lasciato questo magistrato alla sua terra?
R. – Paolo Borsellino ha lasciato alla sua terra un’immagine di legalità, una grande immagine di trasparenza e una grande immagine di riscatto. Io penso che noi dobbiamo tanto a Paolo, perché lui, dando la sua vita, ci ha illuminati con una luce unica su questi fatti e noi non possiamo accettarli più. Ecco perché Palermo è da tanto tempo che fa un lavorio continuo. Il problema è che questo discorso della mafia risale a qualche secolo fa e bisogna scrollarselo di dosso e scrollarselo di dosso significa lavorare moltissimo. Credo che Paolo abbia dato una grande sferzata insieme a Giovanni Falcone e agli uomini della scorta.
Cresce il giro d'affari dei giochi on line. La Caritas: un problema sociale rilevante
◊ E’ di oltre 16 miliardi di euro il giro d’affari dei giochi on line. Un fenomeno che sta prendendo sempre più piede e che coinvolge anche gli adolescenti. Per la Caritas, ormai, il gioco d’azzardo assume l'aspetto di una vera emergenza sociale. Alessandro Guarasci:
A farla da padrone sono i "poker cash" e i "casinò games". Lanciati il 18 luglio 2011, da allora hanno garantito una raccolta di quasi 13,5 miliardi, ovvero circa l'83% dei 16,4 miliardi complessivamente giocati on line negli ultimi 11 mesi. E’ un’offerta che si va ad aggiungere ai vari "gratta e vinci", al tradizionale Lotto e ai tanti altri giochi presenti da anni. In teoria, anche il gioco on line è vietato ai minori 18 anni, ma basta che un ragazzo abbia i dati anagrafici di un genitore per bypassare il sistema. Per la Caritas, l'azzardo sta assumendo la dimensione di “un vero problema sociale”, il vicedirettore Francesco Marsico:
R. - Il gioco d’azzardo, purtroppo, colpisce soprattutto i ceti economicamente con meno disponibilità di mezzi. In una situazione in cui il reddito diminuisce, il fatto che rimanga per queste persone una quota significativa che viene utilizzata in maniera del tutto aleatoria, evidentemente rappresenta un problema, perché è appunto come tassa sulla povertà ulteriore che dovrebbe essere in qualche modo, se non abolita, almeno ridotta.
D. - Ma i vostri centri di ascolto, rilevano che in sostanza ormai si tratta di una vera malattia?
R. - All’interno dei giocatori di azzardo c’è una quota di persone con patologie specifiche, o comunque con fragilità personali, che evidentemente fanno diventare un problema sia sociale sia psicologico, il proprio comportamento ludico. Il problema del gioco d’azzardo è già di per sé, un problema sociale rilevante.
Libertà religiosa. Terzi: Italia in prima fila a difesa dei cristiani in Nigeria
◊ “Fermare la strage di cristiani in Nigeria”: il tema della conferenza stampa promossa dall’Osservatorio della libertà religiosa, di recente istituito dal Ministero degli esteri italiano in collaborazione con Roma capitale. L’incontro, ospitato stamani nella sede della Sala stampa estera a Roma, ha visto la partecipazione del ministro degli Esteri, Giulio Terzi, e dell’on. Margherita Boniver, inviata speciale della Farnesina per le emergenze umanitarie. Il servizio di Roberta Gisotti:
L’Italia in prima fila per porre la libertà di culto e la violenza interreligiosa al centro dell’agenda internazionale. “Vogliamo accrescere la consapevolezza della dimensione etica della nostra politica estera”, ha sottolineato il ministro Terzi, e “la strage dei cristiani in Nigeria è una realtà drammatica che ci fa inorridire”. Da qui, la missione nei giorni scorsi dell’on Margherita Boniver nel Paese africano:
R. – “C’è la grandissima preoccupazione e lo sdegno del governo italiano, ma anche di tantissimi altri governi europei nei confronti del protrarsi delle violenze e degli eccidi nei confronti dei cristiani, ad opera soprattutto dei terroristi di Boko Haram. Ed è importante che le autorità nigeriane mettano in essere tutte le tutele possibili e necessarie per preservare questa libertà di culto e di religione, che è alla base anche, evidentemente, della Costituzione nigeriana, ma che è letteralmente uno dei diritti fondamentali nella Carta delle Nazioni Unite”.
D. – Lei che idea si è fatta da questi colloqui avuti? E’ più un problema interno o ci sono pressioni dall’estero perchè ci siano queste persecuzioni?
R. – Sì, questo è esattamente, più o meno, ciò che mi è stato detto dalle autorità civili. Loro tendono, soprattutto in questo momento, ad analizzare il fenomeno dal punto di vista delle infiltrazioni terroristiche che provengono dall’estero. Invece, sappiamo che le condizioni economiche in cui versa molta parte della popolazione nigeriana – il 60% sopravvive con un dollaro al giorno – ma anche i conflitti latenti, interetnici ed ogni tanto anche interreligiosi - anche se questa non è la cifra principale di queste violenze - portano ad una escalation estremamente preoccupante di questi eccidi, di queste violenze, che si sono concentrate soprattutto ultimamente nello Stato di Plateau, nel Nord della Nigeria. La Nigeria è composta da 36 Stati con un governo federale. Nello Stato di Plateau, palesemente, il governo centrale non è quasi più in grado di mantenere l’ordine pubblico. E questo è un dato estremamente preoccupante.
Ma non c'è solo la Nigeria tra le emergenze da affrontare per tutelare la libertà religiosa, ha ricordato il ministro Giulio Terzi:
“Tutto il Sahel, ma anche del Corno d’Africa, che si estende fino al Kenya, all’Etiopia, alla Somalia, sono aree nelle quali noi vediamo il rischio del diffondersi di questi fenomeni. Li teniamo in grande attenzione e contiamo molto su un rapporto costruttivo, costante con i Paesi, anche sul piano bilaterale, nei rapporti con l’Unione Europea. Ma certamente anche altre parti del mondo devono essere oggetto di attenzione: il Sudest asiatico, il subcontinente indiano. E’ un tema la libertà religiosa che riguarda veramente l’intera umanità”.
L'omaggio a Debussy del 13.mo Festival abruzzese "Pietre che cantano"
◊ Musica, teatro, poesia e spettacolo tornano nei borghi più belli e nella natura incontaminata dell’aquilano, con il Festival internazionale "Pietre che cantano", che continua così a dare slancio a un territorio ancora ferito dal sisma del 2009. "Innesti fecondi", tema della 13.ma edizione dal 30 luglio al 23 agosto, è ispirato a Claude Debussy di cui si festeggiano il 150.mo dalla nascita. L’importanza di questo autore e il suo rapporto col programma, nelle parole del direttore artistico del Festival, la pianista Luisa Prayer. L’intervista è di Gabriella Ceraso:
R. – Debussy non soltanto come compositore, ma anche come ispiratore: con questo suo metodo di aprirsi veramente a esperienze diverse, ad armonie di culture extraeuropee... Anche la sintassi musicale subisce grandi trasformazioni, grazie proprio a questi innesti e suggestioni che provengono da mondi lontani.
D. – Quindi, anzitutto spazio alle composizioni di Debussy e anche a delle rarità come il poema libico “La Damoiselle élue,” e la sonata per flauto, viola e arpa che avrà uno scenario – la notte del 10 agosto – veramente suggestivo…
R. – Questo concerto noi lo facciamo in montagna, in alta quota: non sarà facile portarci l’arpa, però ci riusciremo. C’è questo villaggio meraviglioso, ancora senza acqua ed elettricità, delle Pagliare di Tione degli Abruzzi, che è dove si andava a fare il secondo raccolto. Lì c’è una piccola chiesa, molto suggestiva e molto bella: la nostra arpa sarà lì a risuonare.
D. – L’omaggio de Debussy, però, si compone anche di altra musica francese contemporanea o musica russa…
R. – Sì, ho voluto mettere in evidenza quanto sia stato fecondo l’innesto di quella musica nel discorso debussiano, che forse è una cosa a cui si pensa meno, essendo stato Debussy a casa della grande mecenate di Tchaikovsky, Madame Von Meck, avendo passato un periodo a Mosca e avendo conosciuto Mussorgsky enaturalmente Tchaikovsky. Quindi, Grynyuk eseguirà anche i quadri di un’esposizione: Campaner suonerà musica russa.
D. – Ma l’innesto del metodo di Debussy ispira anche le vostre collaborazioni con gli enti locali teatrali, da cui nascono cinque spettacoli che arricchiscono il programma. Quali sono gli elementi forti di questa calendario teatrale?
R. - Nel momento in cui un festival di musica si associa a un festival di teatro, sceglie spettacoli di teatro e musica. Avremo “Le Vispe Terese” di Elio Pandolfi e Marco Scolastra: 31 riscritture de “La Vispa Teresa” di Sailer ed è un esercizio di stile molto divertente di un colto avvocato di Foglino che si chiama Luciano Cicioni, è un’idea di Marco Scolastra. E’ uno spettacolo divertentissimo. Poi, c’è il teatro musicale di Bustric con “The Jungle Book”, “Il libro della giungla”, con la partitura del ’42 di Miklos Rosza che ci presenta un’India fantastica e tanti, tanti gesti poetici di questo illusionista, mago, attore, non so come vogliamo definirlo.
D. - Un programma, dunque, molto ricco che tende – lo ricordiamo – a valorizzare non solo gli interpreti di eccellenza che sono abruzzesi, come la soprano Valentina Coladonato, ma proprio questo territorio che nonostante sia ancora un “cratere sismico”, come voi lo definite, da voi non è stato mai abbandonato.
R. – Noi abbiamo cominciato nel Duemila e non sapevano quella che sarebbe successo dopo. Avevamo scelto per i nostri concerti tutta questa conca aquilina, ricca di bellezze artistiche e architettoniche, anche perché ognuno di questi concerti è in un luogo bellissimo, con la particolarità di essere inseriti in piccolissimi borghi antichi, che sono quei borghi che avevano fondato poi la città de L’Aquila. Ecco perché lì ci sono cose ancora più antiche, Oggi andare nei luoghi che sono tornati agibili o che si sono potuti nel frattempo restaurare o che sono rimasti miracolosamente intatti, come il Chiostro di San Domenico a L’Aquila, significa parlare di tutti quelli che ancora mancano e che debbono essere recuperati.
Il Patriarcato latino di Gerusalemme condanna la strage contro gli ebrei di Burgas
◊ “Ciò che è accaduto è veramente tragico ed abominevole. Non si può uccidere in nome di Dio o in nome di un’ideologia. È inaccettabile”. Così mons. William Shomali, vicario patriarcale per Gerusalemme, commenta all'agenzia Sir la strage di Burgas, località bulgara sul Mar Nero, dove in un attentato contro un bus, hanno perso la vita 8 turisti israeliani, in gran parte giovani e 30 sono rimasti feriti. “Con questo vile attacco - afferma mons. Shomali - si aggiunge sofferenza al popolo ebraico, già segnato duramente dall’Olocausto. Non possiamo restare inermi, condanniamo fermamente questo barbaro attacco. Se c’è un conflitto - aggiunge il vicario - questo va risolto per via negoziale e non con vendette e genocidi. Siamo contrari ad ogni forma di violenza”. Mons. Shomali non manca di esprimere la sua preoccupazione per l’escalation di violenza e di tensione in Medio Oriente, in particolar modo nella vicina Siria, Paese legato a doppio filo al Libano, dove il Papa si recherà in visita fra meno di due mesi. “Molti sostengono - spiega il vicario - che la situazione in Siria è destinata a sbloccarsi presto e che si avrà un vincitore, ma non dicono che c’è già uno sconfitto, il popolo, che ha avuto molte vittime, l’economia distrutta, il suo tessuto sociale spaccato da divisioni etniche e religiose". (R.P.)
Israele: deputato straccia Libro del Nuovo Testamento. La condanna degli Ordinari cattolici
◊ Il deputato israeliano, Michael Ben Ari, del partito di opposizione Unione nazionale, ha strappato una copia del Nuovo Testamento per protestare contro l’invio, ai membri della Knesset, il parlamento israeliano, di questo Libro giudicato dallo stesso parlamentare “spregevole”. A suo parere, infatti, il Nuovo Testamento sarebbe responsabile della morte di milioni di ebrei durante l’Inquisizione, e per questo motivo “sia il testo che coloro che lo hanno spedito dovrebbero essere gettati nella pattumiera della storia”. Non si è fatta attendere la condanna degli Ordinari cattolici di Terra Santa che in una nota - ripresa dall'agenzia Sir - si sono detti “scioccati per questo atto irrispettoso nei confronti dei cristiani, disprezzati nella loro fede”. L’Assemblea degli Ordinari “condanna questo gesto e i commenti oltraggiosi di Michael Ben Ari”. Al tempo stesso gli Ordinari cattolici criticano anche “il modo di fare della Società biblica israeliana. Non si invia il Nuovo Testamento per posta, in segno di rispetto per la Parola di Dio e per coloro che non condividono la stessa fede. Il dialogo interreligioso - sostengono gli Ordinari - potrà portare frutti solo con parole e gesti di rispetto reciproco”. (R.P.)
Iran: liberati pastore protestante e dieci cristiani accusati di proselitismo e apostasia
◊ Le autorità iraniane hanno liberato, dopo 560 giorni di prigione, Noorollah Qabitizade, pastore protestante, e altri 10 musulmani convertiti al cristianesimo. Essi erano stati arrestati a Natale 2010 durante una celebrazione clandestina a Dezful. Il loro caso è legato a un'operazione su vasta scala lanciata nel 2010 da Teheran - riferisce l'agenzia AsiaNews - per bloccare le conversioni al cristianesimo e il proselitismo, che ha portato a più di 60 arresti. Noorollah Qabitizade, 48 anni, è stato rilasciato martedì scorso dal carcere Karoon nella città sud-occidentale di Ahwaz, su ordine delle autorità giudiziarie della provincia di Khuzestan. In 19 mesi di detenzione, l'uomo ha cambiato più volte carcere. Per convincerlo ad abbandonare il cristianesimo, i carcerieri l'avrebbero torturato e rinchiuso in cella d'isolamento. A tutt'oggi non è chiaro il motivo del suo rilascio. Fonti locali sostengono che la liberazione di Qabitizade e degli altri 10 cristiani è frutto della campagna internazionale a favore di Youcef Nadrkhani, pastore protestante condannato a morte per apostasia nel 2009. (R.P.)
India: cresce l’intolleranza religiosa contro i cristiani
◊ Tre nuovi attacchi anticristiani in tre Stati diversi testimoniano "il triste aumento dell'intolleranza religiosa" in India. È il commento di Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), a episodi di violenza compiuti da ultranazionalisti indù in Maharashtra, Karnataka e Haryana, tutti avvenuti il 15 luglio scorso. L'incidente più grave - riferisce l'agenzia AsiaNews - è accaduto nel villaggio di Sainagara (Karnataka). Il rev. Nathaniel Shubas, pastore pentecostale della Immanuel Prayer Hall, ha organizzato un servizio di preghiera, a cui hanno partecipato una ventina di persone. Durante la predica, testimoni raccontano di aver visto un uomo entrare, registrare quanto il pastore stava dicendo, per uscire poco dopo. Nel giro di dieci minuti, questa persona è tornata accompagnata da più di 20 attivisti del Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss) e del Bajrang Dal, gruppi che costituiscono il "braccio armato" del Bharatiya Janata Party (Bjp, partito ultranazionalista indù). Questi hanno iniziato a pestare e insultare il rev. Shubas, e lo hanno poi trascinato per oltre un chilometro, fino alla stazione di polizia di Vidyanagara. Qui lo hanno accusato di praticare conversioni forzate di indù al cristianesimo. Gli agenti hanno arrestato l'uomo in base all'art. 295A ("atti deliberati e maligni, volti a offendere i sentimenti religiosi o qualunque classe sociale, insultando la sua fede o credo religioso"). Il secondo episodio di violenza è avvenuto nel villaggio tribale di Thavalpada (Maharashtra). Circa dieci indù hanno aggredito 50 cristiani, impegnati a intonare canti devozionali. Gli aggressori erano guidati da Eknath Jhugare, leader locale del Bjp. A differenza del caso del Karnataka, questa volta la polizia ha arrestato gli aggressori. Sempre il 15 luglio, nel villaggio di Patli Dabar (distretto di Sirsa, Haryana) alcuni indù hanno demolito una Chiesa pentecostale in costruzione, la Messiah Samiti, sostenendo che gran parte degli abitanti del villaggio era contraria alla sua edificazione. Per Sajan George, è evidente che "i gruppi ultranazionalisti indù si sentono sempre più liberi di attaccare i cristiani durante i loro servizi di preghiera. La crescente protezione politica di cui godono è causa di grande preoccupazione". (R.P.)
Cambogia-Thailandia: truppe si ritirano dal tempio conteso di Preah Vihear
◊ Cambogia e Thailandia ritirano le loro truppe dalla zona di confine contesa situata vicino al tempio di Preah Vihear. L'evento avviene dopo decenni di scontri e combattimenti. L'ultimo si è verificato lo scorso aprile ed è costato 18 morti. Con una cerimonia alla quale hanno assistito le autorità militari dei due Paesi, circa 485 soldati cambogiani e un numero imprecisato di militari thailandesi hanno caricato nello stesso momento le armi su alcuni camion diretti nell'area demilitarizzata nei pressi dell'antico tempio. Le truppe sono state sostituite da circa 600 poliziotti che hanno preso servizio all'interno del tempio e nell'area vicina al confine. Nella parte controllata da Phnom Penh - riferisce l'agenzia AsiaNews - circa 255 agenti si occuperanno della sicurezza nel tempio e 100 pattuglieranno i terreni circostanti. Bangkok ha invece dispiegato 300 guardie di frontiera sui monti circostanti il tempio. La disputa sui confini tra i due Paesi è in corso dal 1962, quando la Corte internazionale attribuisce alla Cambogia il controllo delle rovine del tempio indù di Preah Vihear. La zona dove sorge il tempio è considerata territorio cambogiano, ma è circondata da scoscesi dirupi coperti di giungla che la Thailandia considera suoi. Inoltre per la morfologia del territorio il sito è impossibile da raggiungere passando dalla Cambogia. Dopo anni di trattative, la disputa si è riaccesa nel 2008, quando l'Unesco ha deciso di inserire il tempio nel patrimonio mondiale dell'umanità, imponendo a Bangkok di consentirne l'accesso attraverso i suoi confini. In questi anni sono avvenuti diversi scontri tra i due eserciti dislocati nei pressi del sito. (R.P.)
Zanzibar: naufragio di un traghetto, almeno 31 morti e 120 dispersi
◊ Un ferryboat che trasportava circa 290 passeggeri è affondato ieri a largo dell’arcipelago di Zanzibar, in Tanzania, secondo quanto riferisce l’agenzia Misna. Nel naufragio del traghetto, che era partito dal porto di Dar es Salaam, hanno perso la vita 31 persone e circa 120 sarebbero disperse. Almeno una trentina di bambini erano presenti a bordo e diversi cittadini stranieri, dei quali due europei figurano tra le vittime. Il portavoce della polizia, Mohammed Mhina, ha diffuso i dati provvisori, sottolineando che almeno 140 persone sono state tratte in salvo. Il portavoce è stato, tuttavia, critico sulla possibilità di trovare altri superstiti, anche a causa delle pessime condizioni metereologiche che hanno costretto i soccorritori ad interrompere le ricerche per alcune ore. Una squadra della polizia, coordinata dall’ispettore generale Saidi Mwema, sta già indagando sulle cause della tragedia. Un responsabile della vice-presidenza di Zanzibar ha affermato che “non è raro che su questo tipo di nave ci sia un carico maggiore a quello consentito e che una parte dei passeggeri non sia registrato”. Già lo scorso settembre c’era stato il naufragio di un altro ferryboat nel quale erano morte 203 persone. Attraverso la televisione pubblica, il presidente di Zanzibar Mohamed Shein ha decretato tre giorni di lutto nazionale. (A.C.)
Colombia. Il nunzio apostolico: la Chiesa non abbandonerà gli abitanti del Cauca
◊ La Chiesa colombiana rimarrà nel distretto del Cauca per sostenere la popolazione: lo ha affermato il nunzio apostolico nel Paese, mons. Aldo Cavalli, parlando con l’emittente locale Radio Caracol. Il presule ha fatto riferimento alla regione colombiana teatro di scontri tra le truppe governative e i ribelli delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia). In seguito alle violenze, più di 2mila indigeni dell’etnia Nasa sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Successivamente, i nativi hanno posto un ultimatum entro il quale sia l’esercito che i guerriglieri dovranno abbandonare la zona; se ciò non dovesse accadere, i Nasa hanno annunciato ulteriori proteste. Di fronte a tale situazione, mons. Cavallli ha affermato che “la Chiesa resta nel Cauca e non si allontanerà, continuando a stare accanto alla popolazione”. Quindi, il Nunzio ha concluso: “I sacerdoti portano avanti la loro missione pastorale in zone in cui le condizioni di vita non sono facili. Per questo, la Chiesa chiede ai fedeli di pregare affinché si trovino soluzioni di concertazione e di riconciliazione”. (I.P.)
Onu: a rilento i lavori del Trattato sul commercio delle armi
◊ Vanno a rilento i lavori della Conferenza dell’Onu in corso a New York per l’elaborazione di un Trattato sul commercio delle armi convenzionali (Att, Arms Trade Treaty). Lo denunciano diversi esponenti della società civile sentiti dall'agenzia Misna che stanno seguendo i negoziati e che hanno quantificato in una settimana il ritardo sulla tabella di marcia precedentemente fissata. “Dopo una prima settimana caratterizzata da ritardi procedurali e dispute – denuncia la campagna Control Arms – soltanto nella seconda settimana i delegati hanno cominciato a parlare di contenuti. Tuttavia essi non hanno ancora definito le basi per un negoziato sulla maggior parte dei punti chiave”. A sottolineare come il fattore tempo non giochi a favore dei negoziati è stato il direttore di Control Arms, Jeff Abramson: “Ci sono rimasti meno di dieci giorni – ha detto Abramson – per mettere a punto un trattato che possa prevenire il commercio irresponsabile e illecito, il trasferimento e il trasporto di armi, e gli Stati devono fare un passo avanti prima che sia troppo tardi”. Nel corso dei negoziati, così come si sono finora svolti, è stato possibile delineare comunque alcune tendenze. Russia, Cina, Stati Uniti, Regno Unito e Francia – tra i principali esportatori di armi – hanno diffuso diversi comunicati congiunti. Singolarmente hanno poi espresso posizioni diverse su temi particolari: gli Stati Uniti hanno per esempio rafforzato la loro opposizione all’inserimento nel Trattato delle munizioni trovando tra l’altro il sostegno dell’India; la Cina ha chiesto vincoli più blandi ed è contro l’inserimento di misure anti-corruzione. Tra gli altri Paesi esportatori, differenziandosi dal resto dell’Europa, l’Italia ha chiesto in maniera specifica di non includere le armi leggere tra gli armamenti militari. I lavori della Conferenza dell’Onu per il Trattato sul commercio di armamenti sono cominciati il 2 luglio. Fino al 27 luglio i rappresentanti di 193 Stati negozieranno quello che è considerato dalla società civile internazionale un atto fondamentale per controllare il commercio di armi con regole chiare e condivise. (R.P.)
Polonia: messaggio cattolico-ortodosso per la riconciliazione dei popoli russo e polacco
◊ Non una richiesta di perdono, ma un invito ai fedeli polacchi e russi a leggere in una prospettiva cristiana la loro storia secolare comune, anche se conflittuale, per affrontare insieme le sfide del futuro. Questo vuole essere in sostanza il messaggio dell’appello comune per la riconciliazione tra i due popoli che sarà firmato il prossimo 17 agosto a Varsavia dal Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill e dal presidente della Conferenza episcopale polacca mons. Józef Michalik. La firma avverrà in occasione di quella che sarà la prima visita di un capo della Chiesa ortodossa russa in Polonia, dal 16 al 19 agosto. A spiegare il senso del documento, frutto di più di due anni di incontri e discussioni, e le sue implicazioni per il futuro dei rapporti tra i due popoli e le rispettive Chiese è mons. Henryk Muszyński, intervistato dall’agenzia cattolica polacca Kai. Nell’intervista l’arcivescovo emerito di Gniezno sottolinea che l’iniziativa si inserisce in un contesto storico molto diverso da quello in cui, nella metà degli anni Sessanta, è maturato lo storico messaggio dei vescovi polacchi all’episcopato tedesco “Noi perdoniamo e chiediamo perdono” che ha posto le basi per la riconciliazione dei due popoli. I tempi per una simile richiesta di perdono – spiega – sono ancora prematuri: troppo diversa resta ancora la lettura della storia e in particolare dei totalitarismi nazista e comunista che hanno segnato la Russia e la Polonia nel secolo passato. Per questo il messaggio non si sofferma tanto sulle analisi storiche, ma parte piuttosto da una prospettiva di fede, sottolineando le radici cristiane dell’unità. “Il punto di partenza di questo processo – dice mons. Muszyński nell’intervista – è la fede comune, la convinzione che come Chiese, siamo già unite in Cristo che ci ha dato come comandamento la missione dell’unità del mondo”. Quattro quindi le indicazioni del messaggio per concretizzare questo obiettivo: la sottolineatura che “non è solo la vicinanza secolare che unisce i due popoli, ma anche il ricco patrimonio cristiano dell’Oriente e dell’Occidente”. In secondo luogo, c’è “l’esortazione alla fiducia reciproca, senza la quale l’unità è impossibile”. C’è poi “l’appello alla conversione interiore a Dio e a liberarsi da ogni pregiudizio che ostacola l’incontro reciproco”. Ma soprattutto, c’è l’invitoal perdono: “Si tratta – sottolinea mons. Muszyński - di un appello che rivolgiamo ai credenti, ma prima di tutto a Dio perché ci aiuti a perdonarci reciprocamente i nostri peccati”. La dichiarazione esorta i fedeli ortodossi e cattolici anche ad una testimonianza comune per difendere i valori cristiani contro il crescente indifferentismo religioso e il dilagare del secolarismo e quindi a rispondere insieme alle sfide che devono affrontare le due Chiese, in primo luogo la difesa della dignità e della vita umana e del matrimonio. Ma dal documento emerge, innanzitutto, l’appello, a tutta l’Europa, alla comune testimonianza della speranza di Cristo risorto, richiamato da Giovanni Paolo II nella sua esortazione apostolica “Ecclesia in Europa”. “Compito fondamentale delle nostre Chiese oggi”, conclude mons. Muszyński. (A cura di Lisa Zengarini)
Filippine: la Chiesa interviene sui conflitti nati dopo la riforma agraria
◊ Il vescovo di Isabela, mons. Martin Jumoad, è intervenuto, attraverso un’intervista all’agenzia AsiaNews, in merito ai recenti episodi di violenza scoppiati nell’isola di Mindanao, nelle Filippine, che hanno provocato cinque vittime in seguito all’applicazione della riforma agraria. Il 15 luglio, un gruppo armato ha attaccato la scorta di due sacerdoti clarettiani nel villaggio di Tumahubong, suscitando diverse critiche da parte della Chiesa locale. Secondo mons. Jumoad, alla base di tutti i disordini c’è proprio la riforma agraria, che prevede la cessione di parte dei latifondi ai contadini. “Fino ad ora non è chiaro chi avrà il diritto ai terreni e chi no – afferma il prelato – ciò spinge i villaggi vicini a rivendicarne la proprietà". Il conflitto tra fazioni è scoppiato in una piantagione di gomma, nella quale dal 2007 diversi operai sono stati rapiti e decapitati. Il vescovo di Isabela pone l’attenzione sul fatto che i poveri, in questa situazione, vengono utilizzati come pedine. Gli ostaggi, infatti, sono poveri contadini, che non vengono rapiti per un riscatto. La situazione di confusione che ha portato la riforma, ha incentivato la violenza come strumento per attirare l’attenzione delle autorità, soprattutto attraverso gli attacchi a sacerdoti o suore. È il caso, ad esempio, dell’aggressione e il rapimento di padre Felimon Libot, un sacerdote che aveva iniziato ad aiutare i contadini a risolvere lo scontro. L’autorità, tuttavia, attribuisce il conflitto a problemi di terrorismo religioso, imputando gli attacchi alle cellule di Abu Sayyaf. “Nel 2001 – spiega il vescovo – ho fatto presente la situazione all'ex presidente Arroyo chiedendole di concentrarsi su questa situazione. Nel 2007 ho chiesto direttamente al Dipartimento per la riforma agraria (Dar) di agire con rapidità perché il testo del documento non specificava chi erano i beneficiari delle terre. A tutt'oggi il governo non ha fatto nulla”. Lo scorso 16 luglio Mujib Hataman, governatore dell'Arrm, ha organizzato un incontro con le autorità della zona per fermare le tensioni, al quale ha preso parte anche mons. Jumoad. (A.C.)
Filippine: messaggio del movimento interreligioso “Silsilah” per il Ramadan
◊ “Il Ramadan è per tutti un'occasione per riflettere, per trovare un significato spirituale della vita. Per il musulmano è un obbligo, per altri è una sfida. Il Movimento ‘Silsilah’ ha sempre sottolineato l'aspetto spirituale della vita. Questa è un’occasione per riflettere sull'importanza della spiritualità della vita-in-dialogo, e aiutare i musulmani e cristiani a far tesoro della loro fede”: è quanto afferma un messaggio inviato all’agenzia Fides e diffuso dal Movimento per il dialogo islamo-cristiano “Silsilah”, in occasione del mese del Ramadan, che la comunità islamica vivrà nel periodo dal 20 luglio al 18 agosto. Il movimento “Silsilah” è stato fondato nel Sud delle Filippine, sull’isola di Mindanao, dal missionario del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) padre Sebastiano D’Ambra, insieme con alcuni leader musulmani, e opera da 25 anni per la formazione dei giovani e per l’armonia sociale e religiosa. Opera in un contesto, le Filippine Sud, di forti tensioni, dato che il territorio ospita una consistente componente islamica (circa 6 milioni di persone), che ha dato vita anche a movimenti guerriglieri indipendentisti. L’opera del dialogo è attualmente ben sviluppata a Mindanao: come appreso da Fides, il “Consiglio Interreligioso dei Leader” di Zamboanga , in un recente incontro ha rimarcato alcuni elementi fondamentali e i benefici del mese di Ramadan: l'accento sullo spirito di sacrificio, il pentimento per i peccati, la comunione con Dio, l'amore verso Dio e verso il prossimo, la necessità di dare tempo alla meditazione, il perdono e la carità, l'obbligo di digiunare, la purificazione spirituale, la virtù della tolleranza verso le altre fedi. Tali valori, hanno concordato i leader cristiani e musulmani del Consiglio, avvicinano i credenti di religioni diverse. In vista del Ramadan, “i cristiani sono invitati a comprendere meglio la religione dell'Islam e apprezzare di più il cammino spirituale della comunità musulmana” rimarcano. I capi musulmani hanno ammesso che “l’islam è spesso usato anche da membri della nostra religione per i propri scopi e interessi” e che “violenza e abusi compromettono la libertà di religione e il nome stesso della religione”. Per questo auspicano che “lo spirito del Ramadan possa condurre alla ricerca dei modi migliori per costruire legami di amicizia con i cristiani, frutto di amore e compassione vicendevole”. (R.P.)
I vescovi italiani sul Ramadan: "Esperienza di Dio in spirito di pace"
◊ “L’esperienza di Dio riconsegna gli uomini e i popoli gli uni agli altri in spirito di pace, non li rende né contrapposti né conflittuali”. Un augurio di pace è il saluto che mons. Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia e presidente della Commissione per l‘Ecumenismo Cei, rivolge oggi a tutti i musulmani presenti in Italia che da domani iniziano il mese sacro del Ramadan. “Con domani - dice mons. Bianchi - inizia una testimonianza importante della dimensione e dello spirito religioso anche qui in Italia espresso dalla presenza dei fratelli musulmani. E’ la testimonianza di un orientamento della vita verso l’Assoluto di Dio, di polarizzazione della vicenda delle persone verso Dio. Credo che una società come la nostra, fortemente e profondamente secolarizzata, debba far tesoro anche di questa testimonianza. Vorrei quindi rivolgere un saluto forte ai musulmani presenti qui in mezzo a noi in Italia per questo periodo estremamente significativo della loro vicenda annuale”. Il vescovo - riferisce l'agenzia Sir - rivolge poi il suo pensiero alle stragi di sangue che hanno segnato la giornata di ieri, tra la Siria e l’attentato in Bulgaria. “Vorrei anche sottolineare - aggiunge infatti mons. Bianchi - in un momento come questo l’importanza che il mese di Ramadan aiuti a vivere l’esperienza religiosa nella convinzione che i percorsi religiosi sono percorsi di pace, sono percorsi di unità e quindi di incontro e dialogo, di convivenza tra popoli ed esperienze culturali diversi che hanno generato civiltà diverse ma non per questo conflittuali. Quindi credo che da un momento religiosamente forte come il Ramadan, ci si debba attendere questa testimonianza e messaggio forte di pace non solo al contesto europeo ma anche a quelle frange radicali e più estremiste che talora drammaticamente si affacciano all’orizzonte del nostro tempo. L’esperienza religiosa è un cammino alla pace e alla convivenza senza sincretismi, senza perdite di originalità e identità ma nella profonda convinzione che tutti convergiamo verso la stessa meta”. (R.P.)
Francia: il cardinale Vingt-Trois incontra all'Eliseo il presidente Hollande
◊ Laicità, matrimoni gay, cure palliative ed eutanasia. Questi i temi trattati nel corso dell’incontro che il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza episcopale francese ha avuto martedì scorso all’Eliseo con il nuovo presidente della Repubblica François Hollande. “Abbiamo avuto - ha detto l’arcivescovo Vingt-Trois al quotidiano La Croix - uno scambio molto libero sulla situazione generale” e il presidente Hollande si è dimostrato “ricettivo” nei confronti della riflessione cattolica. All’incontro - riferisce l'agenzia Sir - si è parlato di cure palliative perché in mattinata il presidente era andato a visitare la Casa di cura “Notre Dame-du-Lac”, specializzata in medicina palliativa. “Mi ha detto - racconta il cardinale - la sua ammirazione per quello che ha visto e come sia stato impressionato dalla intensità di ciò che si vive in queste Case”. Riguardo poi ai matrimoni gay, il presidente della Conferenza episcopale di Francia ha tenuto a sottolineare al presidente Hollande che “il matrimonio non è un mezzo per riconoscere l’autenticità dei legami tra due persone che si amano. E’ un istituto sociale che assicura nel miglior modo possibile l’educazione dei bambini”. “Non bisogna pertanto confondere gli istituti”. Bilancio dunque positivo del colloquio. Il presidente - ha infatti detto il cardinale Vingt-Trois - “conta sul fatto che noi, insieme agli altri (ebrei, musulmani, protestanti, ortodossi, buddisti) esprimiamo ciò che pensiamo e ciò che ci sembra importante per l’avvenire del Paese”. (R.P.)
Dublino: il bilancio a un mese dalla conclusione del Congresso eucaristico
◊ Numeri imponenti sulla partecipazione al 50° Congresso eucaristico internazionale (Iec 2012) che si è svolto a Dublino dal 10 al 17 giugno. A delinearli, ad un mese di distanza, è Anne Griffin, direttore generale che ha coordinato tutto il personale addetto allo svolgimento del Congresso. Un evento - riferisce l'agenzia Sir - che ha richiesto una preparazione di tre anni e che ha visto una partecipazione di 95 mila persone iscritte al programma ufficiale alle quali però vanno aggiunti i milioni di telespettatori che hanno seguito l’evento tramite radio, tv e web broadcast, le migliaia di persone che si sono riversate a Dublino per assistere ai vari appuntamenti e quelle che invece hanno partecipato agli eventi locali promossi nelle parrocchie. Anche il sito web - www.iec2012.ie - ha avuto nei giorni del Congresso eucaristico più di 2.500.000 visite nelle 150 pagine in 7 lingue diverse messe a disposizione per i pellegrini virtuali. 9 sono stati poi i blogger che hanno raccontato l’evento catturando di giorno in giorno pareri, impressioni, esperienze, riflessioni e aneddoti. Ora sul sito si possono guardare immagini, video-interviste, riprese dei momenti principali nonché i testi dei relatori del Congresso. Rivolgendosi a quanti hanno partecipato all’Iec 2012, Anne Griffin conclude: “Grazie ai volontari, agli sponsor, e allo staff. Ma soprattutto grazie a quanti sono stati con noi ed hanno contribuito a fare del 50° Congresso eucaristico internazionale una così meravigliosa esperienza”. (R.P.)
Regno Unito: iniziativa della Chiesa per le Olimpiadi
◊ Conto alla rovescia per l’inizio della 30.ma edizione dei Giochi Olimpici, in programma a Londra dal 27 luglio al 12 agosto. In vista dell’inaugurazione ufficiale dell’evento, la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha lanciato l’iniziativa “7 cose in 7 giorni”, ovvero 7 attività che i fedeli possono portare avanti prima che le Olimpiadi inizino, tra cui “pregare, essere ospitali, fare volontariato” ed organizzare momenti sportivi o di incontro sia in parrocchia che in casa. Le attività suggerite possono essere realizzate da singoli, da gruppi o dalle scuole. “Il messaggio della Chiesa cattolica – si legge in una nota – è che non è mai troppo tardi per farsi coinvolgere”. “Il modo più pratico e più significativo per ognuno di essere utile ai Giochi – continua la nota – è pregare e l’adorazione del Santissimo Sacramento per implorare la pace è in cima alle priorità della Chiesa. I cattolici, insieme ai cristiani, devono sentirsi incoraggiati nella loro preghiera quotidiana”. Inoltre, come afferma James Parker, coordinatore generale cattolico delle Olimpiadi 2012, “i Giochi offrono alle parrocchie locali la possibilità di fare comunità in un modo davvero tangibile”. Evidenziando, infine, come “in molte aree della Gran Bretagna, le Chiese stiano organizzando delle celebrazioni” per le Olimpiadi, James Parker conclude sottolineando che “è importante non solo per la comunità cristiana impegnarsi in questo incontro speciale con le nazioni di tutto il mondo”. (I.P.)
Canada: plauso dei vescovi per il ricorso del governo a una sentenza sull'eutanasia
◊ I vescovi canadesi salutano con soddisfazione la decisione del Governo federale di fare ricorso contro la recente sentenza della Corte Suprema del British Columbia con la quale è stato tolto il bando al suicidio assistito. La sentenza, emessa il 18 giugno, aveva chiuso una battaglia legale avviata nel 2011 da una donna affetta da sclerosi laterale amiotrofica che chiedeva come opzione di poter scegliere il suicidio assistito. In una dichiarazione diffusa lunedì, i presuli affermano di condividere in pieno la linea dell’esecutivo espressa il 13 luglio dal Ministro dalla Giustizia Rob Nicholson per il quale “le leggi in materia di eutanasia e di suicidio assistito esistono per proteggere tutti i cittadini canadesi comprese le persone più vulnerabili, come quelle anziane malate o disabili”. Un argomento riaffermato con forza nella nota pubblicata il mese scorso dalla Conferenza episcopale in cui si esprimeva “costernazione” per la decisione del tribunale. Nella nota, a firma del presidente mons. Richard William Smith, si puntualizzava che: “La posizione della Chiesa cattolica su questa questione è chiara: la vita umana è un dono di Dio. Pertanto, come insegna il Catechismo ‘siamo gli amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo”. Il documento dei vescovi spiegava inoltre che “essere amministratori richiede che ciascuno di noi e tutta la società rispondano alle sofferenze fisiche, emotive e morali delle persone di tutte le età, particolarmente di quelle gravemente malate o portatrici di handicap” ed esprimeva quindi l’auspicio che la società si apra “a una cultura della vita e dell’amore nella quale ogni persona, in ogni momento e in ogni circostanza della propria vita naturale, sia protetta”. (L.Z.)
Shoa: giovani europei ad Auschwitz "per un mondo senza violenza"
◊ “Noi, giovani europei dalla Spagna, dal Portogallo, dalla Germania, dal Belgio, dalla Francia, dall’Italia, dall’Olanda, dalla Svezia e dall’Inghilterra siamo riuniti qui ad Auschwitz con la comunità di Sant’Egidio per ricordare l’orrore della Shoah. Oggi ci troviamo davanti al monumento in ricordo delle vittime dello sterminio nazista di milioni di uomini e donne, ebrei, zingari ed altri, membri di gruppi non desiderati. Vogliamo fermarci, riflettere, ricordare”. Lo si legge nell’appello dei 400 giovani europei che hanno partecipato dal 14 luglio a ieri a un pellegrinaggio a Cracovia con la Comunità di Sant’Egidio dal titolo “Per un mondo senza razzismo e violenza”. Il pellegrinaggio lunedì scorso ha previsto una tappa nei campi di Auschwitz e Birkenau, dove i giovani europei hanno lanciato l’appello. Rispetto alla Shoah, i partecipanti al pellegrinaggio hanno sostenuto: “Questo non è un evento remoto di un passato che non ci riguarda, che non ci sfiora. No, pensiamo invece che questa tragedia ci tocca profondamente, perchè tutto questo è successo in Europa”. Il timore è, dunque, che siccome “è accaduto”, “potrebbe accadere di nuovo. Ogni volta che nelle nostre città uno straniero subisce una violenza, ogni volta che qualcuno è disprezzato a causa della sua origine, della sua religione o perché è diverso, la via dell’odio e della violenza viene preparata nel cuore degli uomini”, evidenziano i giovani. Perciò, vogliono raccontare ai loro coetanei e alle generazioni future “quanto sia importante escludere ogni forma di razzismo, di discriminazione e di disprezzo verso le persone e la vita umana”. Ad Auschwitz, i giovani hanno ripercorso i passi dell' "ultimo viaggio” di tante persone “per onorare chi è stato vittima di violenza cieca ed a cui è stata tolta ogni dignità umana e la vita stessa. Siamo convinti - affermano - del valore assoluto della vita e della vittoria del perdono sulla vendetta. Noi vogliamo vincere il male con il bene. Per questo vogliamo impegnarci attivamente per un’Europa dove tutti possano vivere insieme: un mondo senza razzismo! Un mondo senza violenza!. Da Auschwitz - concludono i giovani europei - partiamo più uniti, con la determinazione di voler convincere i nostri coetanei con la forza dell’amore a diventare migliori ed a fare dei nostri Paesi un’Europa di pace”. (R.P.)
Pakistan: aperta a Sargodha missione della Chiesa ortodossa
◊ Ad aprile la diocesi di Australia e Nuova Zelanda della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia (Rocor) ha aperto una missione in Pakistan, composta da centosettantacinque persone. «Questa comunità — ha spiegato il primate della Chiesa, Hilarion (Kapral), metropolita dell’America orientale e di New York nonché arcivescovo di Sydney, Australia e Nuova Zelanda — si sta sviluppando rapidamente e attira l’attenzione di coloro che, in Pakistan, sono interessati e cercano la fede cristiana». Purtroppo - riferisce L'Osservatore Romano - la missione non ha ancora a disposizione un luogo di culto ma un responsabile ha già offerto un terreno che sarà destinato alla costruzione di una chiesa e di un orfanotrofio nella città di Sargodha, nel Punjab. «Per ora — afferma Hilarion — i fedeli pregano a cielo aperto o dentro non importa quale locale disponibile». La nuova struttura sarà la prima chiesa ortodossa russa nel sub-continente indiano e «servirà sia per rafforzare la spiritualità dei fedeli sia come rifugio per numerosi, sfortunati bambini pakistani. Dato che la costruzione avrà luogo in Pakistan, i soldi a disposizione non sono molti. Ecco perché - ha sottolineato il primate - domandiamo il vostro aiuto in questo progetto». La Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, un tempo separata, ha ristabilito la comunione eucaristica e l’unità canonica con Mosca il 17 maggio 2007. (T.C.)
Italia: al via la terza edizione di Otranto Legality Experience
◊ È iniziato il 16 luglio e si concluderà il 29 la terza edizione della rassegna internazionale Otranto Legality Experience, una serie di incontri e seminari per un totale di 50 appuntamenti in programma. L’iniziativa si propone come punto di riferimento a livello europeo per il ruolo della società civile nel contrasto alla criminalità organizzata. Diversi i temi affrontati, tra i quali le economie illegali, mafie e globalizzazione finanziaria, il ruolo delle istituzioni europee e le regole dei mercati finanziari, il narcotraffico, la militarizzazione, il contrabbando di armi, oltre al tentativo di portare all'attenzione del dibattito nazionale la necessità di una direttiva europea sulla confisca e il reimpiego in finalità sociali dei beni frutto di attività legate alla criminalità organizzata. Tra gli ospiti della rassegna, organizzata da Flare Network e Libera, anche Ilya Politkovsky, figlio di Anna Politkovskaja. Come ogni anno, la rassegna è dedicata alla memoria di Renata Fonte, assessore alla Pubblica Istruzione, uccisa dalla mafia il 31 marzo 1984, e al giornalista Toni Fontana, scomparso nel 2010. Tra le novità di questa edizione, anche la prima Summer School Legality Experience, un campus universitario per gli studenti provenienti dagli atenei italiani e del resto d'Europa. (A.C.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 201