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Sommario del 16/07/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • “Beati gli operatori di pace”, tema scelto dal Papa per la Giornata Mondiale della Pace 2013
  • Preghiera senza tiepidezza, anima del rinnovamento: così il Papa a 450 anni dalla riforma del Carmelo
  • La Chiesa celebra la Beata Vergine del Carmelo. Il Papa: modello di preghiera e dedizione a Dio
  • Udienza, rinuncia e nomine
  • Le parole del Papa a Frascati: il commento di mons. Martinelli
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Croce Rossa: in Siria è "guerra civile", le principali vittime sono i bambini
  • Post-elezioni in Libia. Il vicario apostolico di Tripoli: verso un governo equilibrato e giusto
  • Pechino invia flotta di 30 navi alle isole Spratly: tensione nel Mar cinese meridionale
  • L’Africa festeggia la prima donna alla presidenza dell’UA: evento storico
  • Immigrazione: nuovo sbarco sulle coste pugliesi
  • Mons. Bregantini: la Germania non tiri la corda, i sindacati non siano arroccati
  • Radio e tv dell'Ebu: il servizio pubblico si fonda sui valori ed è libero dai poteri "forti"
  • "La fine e l'inizio", lo scrittore George Weigel completa la monumentale biografia su Papa Wojtyla
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • I portavoce dei vescovi europei: "La Chiesa non ha nulla da nascondere"
  • Sud Sudan: a Rumbek ricordato ieri con una Messa mons. Mazzolari
  • Siria: il vicario apostolico di Aleppo sostiene lo sforzo di riconciliazione di “Mussalaha”
  • Vietnam: oltre 10 mila fedeli della diocesi di Vinh marciano per la libertà religiosa
  • Somalia: ucciso un deputato a Mogadiscio. Attentato a Baidoa
  • Burkina Faso: l'aiuto dei Camilliani per i profughi del Mali
  • Kenya: commissione dei vescovi per la cura dei malati di Aids
  • Pakistan. Impunito il “rogo del blasfemo”: no alla giustizia sommaria
  • Venezuela. I vescovi sulle presidenziali del 7 ottobre: un voto per il bene comune
  • Guatemala: torna in libertà il militare condannato per l'omicidio di mons. Gerardi
  • Nicaragua: per i vescovi le elezioni comunali di novembre non sono libere e trasparenti
  • Brasile: secondo il censimento 2010, cattolici in calo
  • Etiopia: Madre Teresa di Calcutta proclamata patrona della prefettura apostolica di Robe
  • Usa: contrasti negli episcopaliani al rito ufficiale per la benedizione delle unioni gay
  • Filippine: oltre 450 delegati al primo incontro sui social media cattolici
  • Spagna: corso sui "Cattolici di fronte alle sfide di oggi"
  • Londra: il 22 luglio Messa per la squadra olimpica italiana
  • Giornalismo: il premio "Giuseppe De Carli" per l'informazione religiosa
  • Il Papa e la Santa Sede



    “Beati gli operatori di pace”, tema scelto dal Papa per la Giornata Mondiale della Pace 2013

    ◊   “Beati gli operatori di pace”: è questo il tema scelto da Benedetto XVI per la 46.ma Giornata Mondiale della Pace del primo gennaio 2013. Il Messaggio del Papa – riferisce un comunicato del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace - “nel complesso contesto attuale intende incoraggiare tutti a sentirsi responsabili riguardo alla costruzione della pace” e abbraccerà “la pienezza e molteplicità del concetto di pace, a partire dall’essere umano: pace interiore e pace esteriore, per poi porre in evidenza l’emergenza antropologica, la natura e incidenza del nichilismo e, a un tempo, i diritti fondamentali, in primo luogo la libertà di coscienza, la libertà di espressione, la libertà religiosa”.

    Il testo offrirà quindi “una riflessione etica su alcune misure che nel mondo si stanno adottando per contenere la crisi economica e finanziaria, l’emergenza educativa, la crisi delle istituzioni e della politica, che è anche – in molti casi – preoccupante crisi della democrazia”. “Il Messaggio guarderà anche al 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II e dell’enciclica di Papa Giovanni XXIII, Pacem in terris, secondo la quale il primato spetta sempre alla dignità umana e alla sua libertà, per l’edificazione di una città al servizio di ogni uomo, senza discriminazioni alcune, e volta al bene comune sul quale si fonda la giustizia e la vera pace”.

    “Beati gli operatori di pace” sarà l’ottavo Messaggio di Papa Benedetto XVI per la Celebrazione della Giornata Mondiale della Pace. Di seguito, i titoli dei precedenti Messaggi: “Nella verità la pace” (2006); “Persona umana, cuore della pace” (2007); “Famiglia umana, comunità di pace” (2008); “Combattere la povertà, costruire la pace” (2009); “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato” (2010); “Libertà religiosa, via per la pace” (2011); “Educare i giovani alla giustizia e alla pace” (2012).

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    Preghiera senza tiepidezza, anima del rinnovamento: così il Papa a 450 anni dalla riforma del Carmelo

    ◊   Santa Teresa, come altri santi, ha accettato con umiltà che il Signore fosse “protagonista dei suoi desideri e delle sue azioni”: è quanto scrive il Papa al vescovo di Avila, mons. Jesús García Burillo, nel messaggio inviato in occasione del 450.mo anniversario della fondazione del Monastero di San José, in Spagna, e dell'inizio della riforma del Carmelo ad opera di Santa Teresa, nella consapevolezza che "la preghiera fiduciosa", oggi come ieri, "è l'anima dell'apostolato". Il servizio di Fausta Speranza:

    "Essere guidati da Cristo è possibile solo per coloro che hanno una intensa vita di preghiera”: così il Papa sottolinea che la riforma del Carmelo è nata dalla preghiera e tende alla preghiera. Santa Teresa – dice il Papa - insegna a cercare l’amicizia di Dio stando “spesso soli con chi sappiamo che ci ama”. Il Papa si unisce alla gioia della Diocesi di Avila, dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi, del Popolo di Dio in pellegrinaggio in Spagna, di tutti coloro che – dice - “hanno trovato nella spiritualità teresiana una luce sicura per scoprire che Cristo porta all'uomo il vero rinnovamento della vita”. Santa Teresa – spiega - ha voluto promuovere uno stile di vita che favorisse l'incontro personale con il Signore. E poi Benedetto XVI sottolinea che “la Santa evangelizzò senza tiepidezza, con un ardore mai spento, con metodi lontani dall’inerzia”. Lo ha fatto in tempi in cui era basso il livello dei valori spirituali”: e il Papa lo dice sottolineando che questo conserva tutta la sua attualità oggi, perchè – afferma - si sente forte l’urgenza che i battezzati rinnovino il loro cuore attraverso la preghiera personale”. Benedetto XVI chiarisce: “ogni riforma personale e ecclesiale passa attraverso il conformarsi a Cristo”. Da qui possono nascere – spiega – “comunità cristiane vive e unite”, che abbiano “sete di una vita di servizio fraterno e generoso”. E il Papa invita alla preghiera perché ci siano sempre più famiglie fondate sul Vangelo e per le vocazioni. “Dobbiamo anche desiderare – dice - che la preghiera incessante promuova la cultura prioritaria della pastorale vocazionale, sottolineando particolarmente la bellezza della vita consacrata, che deve essere accompagnata come tesoro della Chiesa, come torrente di grazia, tanto nella sua dimensione attiva quanto contemplativa”.

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    La Chiesa celebra la Beata Vergine del Carmelo. Il Papa: modello di preghiera e dedizione a Dio

    ◊   “Un modello di preghiera, di contemplazione e di dedizione a Dio”: così Benedetto XVI ha definito più volte la Beata Vergine del Monte Carmelo, che la Chiesa celebra oggi. Il 16 luglio del 1251, infatti, la Madonna apparve al Beato Simone Stock, primo priore generale dei Carmelitani, un Ordine che si ispira al profeta Elia. Al microfono di Isabella Piro, ascoltiamo il padre carmelitano Giuseppe Midili, direttore dell’Ufficio liturgico del Vicariato di Roma:

    R. – Il profeta Elia è un modello di vita contemplativa e una figura molto attuale proprio perché riesce a coniugare una dimensione contemplativa di comunione con Dio, costruita nel silenzio, costruita nella solitudine, e una grande forza d’animo e un grande coraggio nel denunciare le ingiustizie e nell’essere vicino alle realtà di miseria, di povertà, di sofferenza.

    D. – Cosa possiamo dire dello scapolare che l’Ordine dei carmelitani indossa come simbolo?

    R. – Lo scapolare è un segno di consacrazione a Maria, imitazione del suo stile di vita, della sua fede. Per noi oggi, però, lo scapolare è un promemoria del Battesimo: così come nel Battesimo abbiamo ricevuto la veste bianca, allo stesso modo la Chiesa – attraverso il segno dello scapolare – ci offre un mezzo per ricordare che siamo stati consacrati a Cristo, che siamo diventati creature nuove attraverso il Battesimo. Prova ne sia il fatto che sullo scapolare troviamo da una parte l’immagine della Madonna, ma dall’altra troviamo l’immagine del Cristo.

    D. – Nel corso della storia della Chiesa sono stati tanti i santi carmelitani: li vogliamo ricordare e vogliamo anche evidenziare cosa dicono al mondo di oggi?

    R. – La spiritualità carmelitana racchiude grandi figure di santi, molto diverse fra loro. Pensiamo, per esempio, al beato Tito Brandsma, giornalista e martire nei campi di concentramento; pensiamo a Teresa d’Avila; a Giovanni della Croce: grandi figure di contemplativi. I santi del Carmelo hanno caratterizzato la loro vita attraverso un ascolto della Parola. La dimensione contemplativa di Lectio Divina sui testi biblici è sicuramente una caratteristica fondamentale dei santi del Carmelo.

    D. – Oggi l’Ordine del Carmelo quale missione porta nel mondo?

    R. – Dopo aver ascoltato la Parola e dopo aver compreso che cosa dicono le Scritture in sé, il carisma carmelitano propone una visione profetica e cioè vivere nell’ossequio di Gesù Cristo: quindi una dimensione contemplativa, ma in mezzo al popolo; non una forma di vita eremitica, ma piuttosto una vita contemplativa a stretto contatto con la realtà sociale e ecclesiale.

    D. – L’ascesa sul Monte Carmelo simboleggia l’ascesa verso Dio: oggi è facile far comprendere questo all’uomo contemporaneo?

    R. – L’uomo contemporaneo ha un anelito profondo verso Dio, ma non riesce a trovare le modalità per esprimerlo. La grande molteplicità di proposte rischia, talvolta, di confondere. Penso che la modalità contemplativa possa essere quella che porta la persona, giorno dopo giorno, a vivere la sua quotidianità alla luce della Parola. Quindi un anelito di Dio che trova risposta in Cristo Gesù e nell’esperienza della comunità ecclesiale.

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    Udienza, rinuncia e nomine

    ◊   Benedetto XVI riceverà nel corso del pomeriggio il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    In Canada, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Keewatin-Le Pas, presentata da Mons. Sylvain Lavoie, degli Oblati di Maria Immacolata, in conformità al can. 401 - paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico, e ha nominato il padre William Stang, della medesima Congregazione, finora vicario generale della medesima sede, come amministratore apostolico
    sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis dell’Arcidiocesi di Keewatin-Le Pas.

    In India, il Pontefice ha eretto la nuova diocesi di Udupi in India per dismembramento della siocesi di Mangalore, rendendola suffraganea dell’arcidiocesi di Bangalore, e ne ha nominato come primo vescovo mons. Gerald Isaac Lobo, trasferendolo dalla Diocesi di Shimoga.

    La nuova diocesi di Udupi – che comprende i tre distretti civili di Udupi, Kunapura e Karkala – si estende su una superficie di 3.500 Kmq, con un milione e 445 mila abitanti. I cattolici sono 106 mila, suddivisi in 46 parrocchie, rette da 58 sacerdoti diocesani e 28 religiosi. Le religiose sono 225, i seminaristi 61.

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    Le parole del Papa a Frascati: il commento di mons. Martinelli

    ◊   La Chiesa “non predica ciò che vogliono sentirsi dire i potenti” perché il suo criterio “è la verità e la giustizia anche se sta contro gli applausi e contro il potere umano": è quanto ha detto ieri mattina il Papa durante la Messa presieduta in Piazza San Pietro a Frascati. Tanti i commenti su queste parole di Benedetto XVI. Laura De Luca ha sentito in proposito lo stesso vescovo di Frascati, mons. Raffaello Martinelli:

    R. – Io, avendo avuto la grazia di avergli offerto la mia collaborazione per tanti anni, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, devo dire che quello che ieri ha proclamato, l’ha vissuto già quando era prefetto di quel dicastero. La sua preoccupazione era, ed è tuttora, quella di annunciare fedelmente e coraggiosamente il Vangelo di Cristo, senza andare alla ricerca degli applausi; cercare di essere comprensibile e di usare, certo, un linguaggio che la gente possa capire, ma il cui contenuto non vada assolutamente né annacquato né tantomeno distorto o adattato a quelle che sono le mode o le varie situazioni, che pure gente di buona volontà qualche volta presenta e richiede.

    D. – Altro passaggio chiave: il Papa ha detto “Gesù avverte i dodici, che potrà accadere che, in qualche località, vengano rifiutati”. Come commentiamo questo rischio quotidiano, che incontriamo tutti noi, annunciatori del Vangelo?

    R. – Non dovremmo meravigliarci troppo, se hanno rifiutato il Figlio di Dio, che è venuto fra noi. Ci sono stati anche quelli che lo hanno applaudito, che lo hanno accolto, però quante volte nelle pagine del Vangelo leggiamo che alcuni gli dicono “Guarda che il tuo linguaggio è duro” e pian piano se ne vanno. Ad un certo punto, infatti, lui dice, rivolto ai discepoli: “Volete andarvene pure voi?”. Per fortuna Pietro e i successori di Pietro, anche ai nostri tempi, hanno il coraggio di dire: “Ma Signore, dove vuoi che andiamo lontano da te? Noi siamo attaccati a te”. E questo è il bel messaggio che ognuno di noi raccoglie, penso, sia dalle parole di Gesù che dai successori di Pietro.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   La ricchezza del Vaticano II: Benedetto XVI a Frascati ribadisce il ruolo primario della dimensione educativa.

    L'opera di Cristo e della Chiesa progredisce sempre: all'Angelus il Papa ricorda la visione della storia di san Bonaventura

    Una stella che risplende: il messaggio di Benedetto XVI nella ricorrenza della fondazione del monastero carmelitano di Avila e della riforma voluta da santa Teresa.

    Beati gli operatori di pace: il tema della Giornata mondiale del primo gennaio 2013.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, i guai in vista per l'economia cinese.

    Non sempre al seguito del Papa: in cultura, Claudio Annibaldi sulla Cappella Musicale Pontificia nella prima metà del XVII secolo.

    Chi ha bisogno dell'arte contro l'arte?: tra mecenatismo e mercato.

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    Oggi in Primo Piano



    Croce Rossa: in Siria è "guerra civile", le principali vittime sono i bambini

    ◊   “In Siria è ormai guerra civile”: a dirlo la Croce Rossa impegnata a portare soccorso alle vittime del conflitto. Sul fronte diplomatico la comunità internazionale prova a rilanciare il piano di pace dell’inviato di Onu e Lega Araba Kofi Annan, mentre il ministro degli Esteri russo Lavrov giudica irrealistica la possibilità di dimissioni volontarie del presidente siriano Assad. Cecilia Seppia:

    La comunità internazionale continua a rilanciare il piano di pace di Kofi Annan e a premere per l’uscita di scena di Assad ma è il ministro degli Esteri russo Lavrov a giudicare la prospettiva “quanto mai irrealistica”. “Non siamo noi la chiave della soluzione siriana” , aggiunge, esprimendo piuttosto preoccupazione per l’intensificarsi dell’attività di Al Qaeda. L’unico interesse di Mosca è evitare la destabilizzazione dello Stato siriano e quella dell’intera regione. Durissima la replica dell’ex ministro degli esteri francese Alain Juppè che giudica “criminale” l’atteggamento della Russia. Di fatto sul terreno la violenza non accenna a diminuire. Homs, Hama e Idlib restano teatri di massacri quotidiani, solo ieri oltre 100 le vittime in queste aree. Lo scenario descritto dalla Croce Rossa internazionale dunque è quello di una “guerra civile” in cui a pagare tributi di sangue più pesanti sono le donne e i bambini. Per ora resta inascoltato l’appello degli osservatori dell’Onu al governo di Damasco di non utilizzare più armi pesanti nei centri abitati, anzi nella capitale sembrano ripresi più intensi in queste ora i bombardamenti e gli scontri a fuoco tra lealisti e oppositori. Secondo fonti degli attivisti per la prima volta blindati dell’esercito avrebbero preso posizione nel quartiere commerciale di Midan.

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    Post-elezioni in Libia. Il vicario apostolico di Tripoli: verso un governo equilibrato e giusto

    ◊   Sequestro eccellente in Libia. Il presidente del Comitato olimpico, Nabil al-Alam, è stato rapito ieri a Tripoli da uomini armati e portato verso destinazione ignota. L’organismo, durante il regime del colonnello Gheddafi, era retto da uno dei figli del rais. Intanto, sul fronte politico, si commenta la vittoria alle recenti elezioni del moderato Mahmoud Jibril e del suo partito. Battuti nettamente i Fratelli Musulmani, che invece avevano vinto in Egitto. Sull’esito delle consultazioni in Libia la nostra collega della redazione in lingua tedesca, Anne Kathrin Preckel, ha intervistato il vicario apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli:

    R. - Mi sembra che sia abbastanza evidente la volontà dei libici di avere una persona che sia l’espressione del popolo libico, dopo 42 anni di dittatura. Penso che Jibril sia la persona adatta, perché ha il consenso di tanta gente in Libia.

    D. - La vittoria di Jibril non significa, però, che l’Assemblea Nazionale sarà composta solo dai moderati liberali...

    R. - Sicuramente ci saranno anche i liberali, come ci saranno anche i musulmani. In questa realtà, in questa composizione, però, lui dovrebbe dare un senso di omogeneità all’Assemblea. Adesso dovranno discutere come e se dare la possibilità a diverse persone di poter servire il Paese. Io penso che Jibril riuscirà a mantenere l’equilibrio e quindi ad avere il consenso per poter fare un governo equilibrato e giusto.

    D. - C’erano delle tensioni nel contesto delle elezioni: com’è adesso la situazione fra la popolazione?

    R. - Ci sono state delle aggressioni, soprattutto a Bengasi, ma sono convinto che quelli che hanno disturbato l’opinione pubblica, davanti a questo risultato devono arrendersi e riconoscere che è stato trovato un equilibrio che potrà consentire di governare.

    D. - In che situazione si trova la minoranza cristiana?

    R. - La Chiesa è straniera e, in quanto tale, noi assistiamo, partecipiamo, preghiamo e godiamo dell’amicizia di tante persone che sono presenti e che, in qualche modo, vogliono anche bene alla Chiesa. Direttamente, però, noi come Chiesa siamo tutti stranieri: è una Chiesa di diaspora, una Chiesa che tuttavia è riferimento per la comunità cristiana, ma anche dei musulmani che guardano la Chiesa come un punto di equilibrio per l’ottenimento di una stabile pace sociale; guardano a noi con simpatia, ma assolutamente noi non siamo nella politica libica. Diciamo anche che i cristiani presenti in Libia sono tutti stranieri, soprattutto afro-asiatici: i sacerdoti sono filippini, egiziani, italiani. Noi guidiamo una Chiesa che ha una struttura straniera, una presenza veramente impegnata a servire il Paese con diverse opere sociali, attraverso l’amicizia con il mondo libico.

    D. - E la situazione della libertà religiosa è cambiata?

    R. - La libertà religiosa fa parte un po’ della struttura del mondo arabo-libico. Il libico ha sempre rispettato la Chiesa; l’ha considerata come importante parte sociale di un Paese in evoluzione, aperto al dialogo con il mondo cristiano e quindi ci danno tutta la libertà necessaria per essere presenti, per dialogare e per servire questo popolo, anche perché, attraverso le componenti cristiane, ricevono il servizio negli ospedali o nelle case di cura. La Chiesa vive di questa libertà, noi godiamo di questa libertà e quindi serviamo con gioia e nel dialogo questo Paese.

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    Pechino invia flotta di 30 navi alle isole Spratly: tensione nel Mar cinese meridionale

    ◊   Sale la tensione nelle acque del Mar Cinese Meridionale. Pechino, ha infatti inviato 30 grandi pescherecci, scortati da un pattugliatore armato, alle contese isole Spratly, l’arcipelago, ricco di giacimenti petroliferi, il cui controllo è rivendicato oltre che dalla Cina anche da Vietnam, Brunei, Filippine, Malaysia e Taiwan. Gli Usa sono pronti ad arginare qualsiasi prova di forza, ma per il governo cinese gli interessi in gioco sono molteplici. Come spiega Francesco Sisci, corrispondente da Pechino per il Sole24Ore, al microfono di Cecilia Seppia:

    R. – Tutti i Paesi che si affacciano su queste acque, ma in particolar modo Cina, Filippine e Vietnam, stanno cercando di demarcare più chiaramente il possesso di queste isole, che era rimasto finora abbastanza vago. La Cina rischia di inciampare politicamente in uno scontro, che per essa avrebbe conseguenze molto più gravi: rischierebbe di isolarla. Quindi non è in ballo solo la limitazione, il possesso o meno di un tratto di mare o di un pezzo di terra, ma la sua posizione internazionale. Dall’altro lato, la Cina non può permettersi di rinunciare al possesso di un pezzo di territorio che rivendica, perché dentro c’è un’opinione pubblica nazionalista, che considererebbe il governo di Pechino debole e arrendevole rispetto alle potenze internazionali.

    D. – Siamo di fronte ad uno dei luoghi geografici più strategici del Pianeta, come lo Stretto di Hormuz o i Canali di Suez, di Panama. Ma perché è così importante questo pugno di isole disabitate e per giunta inospitali?

    R. – E’ un passaggio di mare molto importante, perché da qui passano anche le merci che vengono dall’Europa e sono dirette in Giappone o in Corea. In realtà, poi, la contesa non è tanto sul pezzo di mare, perché i cinesi hanno detto di non contestare il tratto di mare e di ritenerlo comunque acqua internazionale, il punto centrale è invece il gas o petrolio che ci sarebbe sotto queste isole. Rimane, invece, molto importante il principio dell’unità nazionale: la Cina, infatti, potrebbe permettersi di fare a meno di questo petrolio o di questo gas, ma non può permettersi di fare a meno del principio di unità territoriale, di possesso territoriale. Questa è la cosa importante. Certamente per Vietnam o Filippine la questione del petrolio diventa importante, ma non meno importante è per loro non cedere rispetto a quelle che considerano prepotenze da parte della grande potenza egemone della zona, cioè Pechino. E’ un problema di potenza: è un gioco di potenza ancor più che di denaro.

    D. – Un gioco di potenza che in qualche modo spaventa anche gli Stati Uniti...

    R. – Da una parte, gli Stati Uniti vorrebbero tenerla a freno, dall’altra parte, gli Stati Uniti sono quelli che hanno reso internazionale la questione, dicendo che loro sono interessati a risolvere il problema. Naturalmente, quando la grande potenza internazionale dice così, le piccole potenze locali – il Vietnam e le Filippine – si sentono spalleggiate e quindi prendono baldanza rispetto alla Cina. In Cina, quindi, pensano che ad aver infiammato la situazione siano state proprio queste affermazioni americane.

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    L’Africa festeggia la prima donna alla presidenza dell’UA: evento storico

    ◊   Per la prima volta nella storia dell’Unione Africana una donna è stata eletta alla presidenza della Commissione di questo importante organismo. Si tratta della sudafricana Nkosazana Dlamini-Zuma, già ministro della Sanità nel primo governo post-apartheid di Nelson Mandela e poi ancora a capo dei dicasteri dell’Interno e degli Esteri del suo Paese. Roberta Gisotti ha intervistato Barbara Pandolfi, uditrice al Sinodo per l’Africa nel 2009, esperta di questioni femminili in questo Continente:

    D. – Dr.ssa Pandolfi, questa nomina potrà emancipare il ruolo della donna in Africa? E, a che punto siamo, nel cammino delle pari opportunità uomo-donna?

    R. – Sì, probabilmente, a tre livelli. Il primo livello è quello della autostima, dell’autocoscienza, un riconoscimento per le donne importante, quindi, del loro processo di crescita, di sviluppo, di emancipazione. Il secondo livello, anche rilevante, è quello per tutta la società africana: è sicuramente un segnale significativo per tutti, questa nomina e questo riconoscimento che viene dato ad una donna già impegnata non solo in ambito sociale ma anche in ambito politico. Il terzo livello, credo, riguarda l’opinione pubblica internazionale, che può guardare in questo modo anche attraverso questi segni ai cammini significativi che le donne africane stanno compiendo in questi anni, e sono veramente dei percorsi molto importanti.

    D. – Di certo, quando parliamo di presenza femminile nella società africana è cosa diversa dalla presenza femminile nei Paesi occidentali. Di quali peculiarità è portatrice la donna africana?

    R. – Le donne africane da sempre hanno in mano l’economia e la cultura – se vogliamo – del proprio Paese, in quanto sono loro che trasmettono soprattutto alle nuove generazioni i valori e anche le tradizioni culturali più significative e più importanti; e poi, sicuramente gestiscono l’economia: proprio quell’economia piccola, anche rurale, che però mantiene in vita i villaggi, dà loro sviluppo e crescita. Ecco: credo che questo riconoscimento sia veramente un segno di questo cammino che per le donne si può ampliare sempre più a livello pubblico, a livello sociale, a livello politico.

    D. – Quale ruolo sta giocando la Chiesa per valorizzare il genio femminile?

    R. – Allora: sicuramente, la Chiesa con il suo annuncio ha avuto ed ha una rilevanza importante nell’uguaglianza tra donne e uomini. Nell’ambito ecclesiale, molte donne svolgono servizi significativi. Però, c’è ancora molto cammino da fare a questo livello, sia nella formazione del clero locale, sia anche nella consapevolezza delle donne e soprattutto del laicato femminile in Africa. Con tutto ciò che significa: non soltanto collaborazione, ma piena responsabilità in forza del Battesimo, in forza dell’appartenenza ecclesiale proprio alla missione della Chiesa ed alla promozione umana, soprattutto per quanto riguarda le donne. E questo credo che sia – mi viene da dire – quasi un’alleanza tra la Chiesa e le donne, anche proprio sul versante dei grandi temi quali quello dell’educazione, della famiglia, perché spesso questi aspetti sono principalmente affidati alle donne. Ma anche ad esempio la cura sanitaria per tanti versi, che a piccoli livelli, non nei grandi ospedali, è affidata alle donne. Quindi, credo che ci sia veramente una via che può nascere dalla forza del Vangelo, dai documenti del Magistero sulle donne, che può promuovere e può aiutare il cammino delle donne africane. E, con una formazione maggiore, probabilmente, anche proprio all’interno degli ambiti ecclesiali.

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    Immigrazione: nuovo sbarco sulle coste pugliesi

    ◊   "L'Italia è uno dei paesi più virtuosi nel trattamento dei richiedenti asilo". Così si è espresso il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, che ha smorzato le preoccupazioni circa una possibile nuova ondata migratoria paragonabile a quella dello scorso anno. Oggi, in 127 tra egiziani e palestinesi, per lo più minorenni, sono sbarcati sulle coste pugliesi e soccorsi dalla Guardia di Finanza: sette i ricoveri. Intanto, a Mineo è in corso su queste tematiche il Cara Fest 2012 – Incontro dei Popoli del Mediterraneo. Intervenendo, il ministro dell’Interno Cancellieri ha detto: "Potremmo fare accoglienza e contratti migliori, ma dobbiamo fare i conti con quello che abbiamo”. Tra i relatori, c’è Luca Odevaine del Comitato di Coordinamento Emergenza Nord Africa. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – Rispetto ai numeri dell’anno scorso, stiamo parlando di numeri molto, molto al di sotto di quella vera e propria ondata di migrazione verificatasi lo scorso anno. Sono numeri che in questo momento si riescono sicuramente a gestire. I migranti, come è giusto, devono essere accolti, devono essere distribuiti su tutto il territorio nazionale, ma è importante lavorare fin dal primo momento su quello che sarà il progetto per il loro futuro.

    D. – Si può parlare ancora di emergenza?

    R. – Si può parlare ancora di emergenza, in quanto, sono oltre 21 mila i cittadini che si trovano in fase di accoglienza. È necessario quindi che l’emergenza indichi una strada ed è necessario uscire dall’emergenza.

    D. – Diceva che il fenomeno degli sbarchi è diminuito sensibilmente, ma sono ancora numerosi quelli provenienti dal Nord Africa. Da quali Paesi in particolare?

    R. – Per esempio, questa mattina c’è stato lo sbarco sulle coste pugliesi, a Bari, di cittadini egiziani e palestinesi. Abbiamo avuto nell’ultimo mese un afflusso di cittadini del Mali, per le mutate condizioni e l’inasprimento delle condizioni in quel Paese. Si teme un’ondata di arrivi dalla Siria e poi c’è sempre una quota di cittadini nigeriani, che provengono dalla Libia.

    D. – La provenienza di immigrati dalla Libia ha cambiato fisionomia dal post Gheddafi?

    R. – Oggi, i flussi dalla Libia vengono dal resto dell’Africa, quindi dall’Africa subsahariana, per motivi dovuti ai conflitti presenti in quei Paesi, soprattutto in Nigeria, ma anche in Eritrea e in Somalia. Non sono più cittadini stranieri residenti in Libia.

    D. – Per passare dall’emergenza alle politiche d’integrazione – è stato più volte detto in questi anni – occorre non solo una politica a livello nazionale, cioè una politica italiana, ma una politica europea...

    R. – Io credo che l’Italia, Paese di frontiera, dovrebbe chiedere aiuto all’Europa affinchè siano modificate alcune norme: si consenta la libera circolazione di chi chiede asilo in tutta la comunità europea e si dia una formazione professionale adeguata, che consenta l’assorbimento di questi migranti. Mineo può diventare un laboratorio a livello europeo e a livello internazionale di accoglienza e formazione.

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    Mons. Bregantini: la Germania non tiri la corda, i sindacati non siano arroccati

    ◊   “La dignità del lavoro nella crisi del capitalismo”: è questo l’argomento del convegno in programma oggi pomeriggio nell’Aula Magna della facoltà di Scienze Politiche dell’Università Federico II di Napoli. A parlarne, tra gli altri, anche mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano e presidente della commissione Lavoro, Giustizia e Pace della Cei, che - raggiunto telefonicamente da Roberta Barbi - anticipa alcuni punti salienti del suo intervento:

    R. - Ci sarà soprattutto un confronto positivo tra persone, che hanno punti di riferimento diversi a livello di riferimento spirituale ed etico, ma nella comprensione che l’etica è comunque trasversale e che dare un’etica al mondo del lavoro è fondamentale per la riuscita stessa della logica del lavoro.

    D. - Come si può tutelare nel contesto odierno la dimensione di dignità del lavoro e riportare al centro la dignità dell’uomo e della famiglia?

    R. - Il come è molto difficile in questo momento. Importante è cogliere che la dignità del lavoro è fondativa stessa dell’essere realtà lavoro.

    D. - Quali sono i soggetti maggiormente colpiti: i dati dicono che la disoccupazione giovanile è al suo massimo storico e nella politica l’aspetto tecnico sembra ormai sempre più prevalere sul quello etico?

    R. - Il dialogo su questo ci aiuterà. In particolare io ne metterei tre di realtà prioritarie. La prima è il discorso dell’importanza di chi investe e questo è fondamentale nella correlazione anche col mondo della finanza: se la finanza non investe diventa speculativa. In secondo luogo, fare in modo che i sindacati non si limitino alla difesa specifica dei propri assistiti, ma abbiano uno sguardo ampio, lungimirante ed è il numero 64 della Caritas in Veritate. Terzo elemento importante è la capacità di difendere la dignità di ogni persona ed è il numero 63 della Caritas in Veritate.

    D. - Un altro dato allarmante diffuso ieri parla di una impresa su tre destinata a fallire entro il 2012, oltre a quelle che lo sono già. Questo momento di estrema difficoltà economica e quindi sociale che sfide ci pone davanti?

    R. - Occorre che anche in alto, specialmente il “mondo della Germania”, colga che non possono tirare la corda solo sul piano efficientistico, perché se anche fosse perfetta la finanza, ma non avessimo il mercato, chi comprerà? La capacità di cogliere che non c’è risposta se non dentro una visione di insieme, di tutti i fattori, per cui anche il bilancio non perfetto, ma comunque investito attraverso una serie di meccanismi che spingono a investire e quindi non ad aver paura, non a mettere i soldi nella finanza speculativa, ma metterli nel mercato. Ripeto: la parola mercato torna ad essere positiva e in essa tutta la capacità di dare all’uomo la bellezza del suo lavorare, la gioia di sentirsi parte di questo grande progetto di Dio.

    D. - Anche il Papa ha scelto di proporre una riflessione etica su alcune misure adottate contro la crisi fra i temi per il messaggio della 46.ma Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2013…

    R. - Sì, ci sentiamo sostenuti e mai come oggi la lungimiranza della Chiesa e le grandi intuizioni di decenni di riflessioni sono diventate preziose. Ringraziamo Dio veramente di chi ha pensato la Caritas in Veritate, di chi l’ha scritta, di chi l’ha firmata e ce l’ha donata.

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    Radio e tv dell'Ebu: il servizio pubblico si fonda sui valori ed è libero dai poteri "forti"

    ◊   Prima delle procedure è importante ridefinire i valori sui quali si basa il servizio pubblico offerto da radio e tv. Può sintetizzarsi in questo modo il contenuto della recente Dichiarazione stilata dall’European Broadcasting Union (Ebu), l’associazione internazionale che unisce emittenti radiotelevisive europee e del bacino mediterraneo, della quale la Radio Vaticana è membro fondatore dal 1950. Sui contenuti del testo - approvato alla plenaria dell’Ebu tenutasi a Strasburgo lo scorso giugno - Luca Collodi ha intervistato Claudio Cappon, vicepresidente Ebu, nonché amministratore delegato e Ceo di “Rai World”, la Società Rai incaricata di gestire l’area internazionale del Gruppo:

    R. - In realtà, si tratta di una Dichiarazione sui valori fondanti del servizio pubblico: questo è ciò che è stato approvato. E' un progetto nato dal fatto che tutta Europa, a diversi livelli, i servizi pubblici radio-televisivi sono di fronte a sfide assolutamente di dimensioni senza precedenti, sia tecnologiche che culturali ed oggi anche finanziarie. Quindi si voleva, attraverso una dichiarazione, attraverso una sorta di carta comune, riaffermare il valore pubblico di questa attività per poter ancor di più legittimarci presso i cittadini.

    D. - Altro punto importante del vostro impegno quello di essere imparziali e indipendenti…

    R. - L’indipendenza naturalmente è e deve essere anzitutto un abito culturale e professionale degli operatori del settore, perché se noi puntiamo a offrire un valore pubblico, un qualcosa che altrimenti la cittadinanza non avrebbe, dobbiamo prescindere dalle influenze di poteri comunque intesi che ci sono intorno: da quelli commerciali a quelli politici in senso stretto, ma anche abitudini mentali, atteggiamenti mentali come le edologie. Su questo tutti hanno convenuto.

    D. - Altro aspetto è la possibilità del servizio pubblico di rivolgersi a culture diverse e in particolare anche a uomini di religione diversa…

    R. - Devo dire che qui è anche interessante il percorso che questo argomento ha avuto, perché all’inizio voleva essere una specie di carta programmatica e poi progressivamente - e devo dire anche la Radio Vaticana ha direttamente contribuito a questa stesura - abbiamo pensato di cominciare a partire dai valori, anziché dalle procedure e dalle regole. Nei valori c’è certamente il rispetto delle minoranze, il rispetto delle libertà religiose come componenti fondanti di quello che un servizio pubblico può dare ai cittadini.

    D. - Vorrei sottolineare il fatto che la Radio Vaticana fa parte dell’Unione Europea di Radiodiffusione come radio di servizio pubblico dello Stato della Città del Vaticano e quindi non come emittente puramente religiosa...

    R. - Assolutamente sì. Diciamo risponde ai requisiti di tutte le altre radio televisioni d’Europa rispetto a essere parte di questa grande Associazione e quindi rappresenta uno Stato, così come la Rai rappresenta l’Italia.

    D. - La tecnologia: un elemento vincente per i media oggi è seguire il rinnovamento tecnologico che è in rapido cambiamento. Voi su questo punto siete particolarmente attenti come servizio pubblico di radio e tv...

    R. - Tra l’altro l’Ebu, o Unione Europea Radio Diffusione, come la vogliamo chiamare, è sempre stata all’avanguardia in questo settore, perché è stato il soggetto che ha stabilito tutti gli standard tecnologici, dal "Pal Secam", dal primo colore sino al digitale terrestre. E’ importante per noi ribadire il tema della tecnologia e dell’innovazione tecnologica, perché in alcuni Paesi questo tema è sfidato, nel senso che da parte di alcuni si dice che il servizio pubblico deve limitarsi a fare la televisione o la radio di tipo tradizionale, mentre sappiamo tutti che ormai ci sono piattaforme diffusive di ogni tipo. Noi vogliamo ribadire che per essere universali, per raggiungere tutti i gruppi sociali e culturali, per essere presenti presso i giovani, dobbiamo avere la legittimità di essere presenti su tutte le piattaforme, quelle - come dire - scoperte e quelle che si scopriranno.

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    "La fine e l'inizio", lo scrittore George Weigel completa la monumentale biografia su Papa Wojtyla

    ◊   Si era fermato con il racconto della vita di Papa Wojtyla alle soglie del Giubileo. Ora, lo scrittore americano George Weigel ha completato l’opera iniziata nel volume “Il testimone della speranza” in un secondo e voluminoso libro, intitolato “La fine e l’inizio”, pubblicato da Cantagalli. A seguirne la presentazione nei giorni scorsi c’era Alessandro De Carolis:

    Il titolo del primo volume glielo aveva “regalato” il Papa in persona quando nel ’95, dalla tribuna dell’Onu a New York, si era definito “testimone della speranza”. Tre parole perfette anche per stare sul frontespizio del tomo monumentale che George Weigel, teologo e scrittore americano, aveva dedicato al Pontificato di Giovanni Paolo II, narrandone gli eventi fino al 1999. A quella fatica di oltre 1300 pagine, l’autore ha aggiunto altre 600 cartelle per completare un racconto epocale per la Chiesa e il mondo contemporanei. “La fine e l’inizio” recita il titolo del nuovo libro, presentato nei giorni scorsi a Roma, nel quale Weigel riannoda il filo alla “drammatica lotta – scrive – di Karol Wojtyla contro il comunismo”, ampliata rispetto al primo volume grazie allo studio – spiega – di documenti all’epoca secretati.

    I think the years since 1999 ...
    "Ritengo che gli anni trascorsi dal 1999 ad oggi confermino il ruolo centrale che ha avuto Giovanni Paolo II nel collasso del comunismo europeo. Non è stata certamente l'unica grande figura di tale dramma ma, senza di lui, ciò che oggi chiamiamo ‘1989’ non sarebbe avvenuto quando è successo, né con le modalità con cui ha avuto luogo”.

    Il libro di Weigel si addentra poi nel territorio, finora inesplorato dall’autore, degli ultimi anni di vita di Papa Wojtyla, quelli esaltanti del terzo millennio che sorge col Giubileo e tramonta in quel lento declino fisico, che per contrasto dà risalto più nitido alla grandezza dell’anima del Papa che ha aiutato il mondo a varcare la soglia della speranza.

    I would say of John Paul II that he was the great Christian ...
    “Direi che Giovanni Paolo II è stato il più grande testimone cristiano della seconda metà del XX secolo, che ha reso interessante e avvincente il cristianesimo a un livello tale che nessun altro – cattolico, protestante o ortodosso, era mai riuscito a raggiungere – in un momento storico in cui il mondo pensava di essersi lasciato alle spalle il cristianesimo. E la seconda cosa, a mio avviso, è che si è trattato di un uomo con una prospettiva unica sulle sfide della libertà che riguardano il XXI secolo. Infatti, molti dei problemi che l'Europa sta vivendo in questo momento, con i quali si trova a confrontarsi ora, sono stati in un certo qual modo previsti da Giovanni Paolo II nel 2003 e persino prima di allora, nell'Enciclica Centesimus Annus del 1991”.

    Il cardinale Camillo Ruini, per molti anni vicario di Giovanni Paolo II nella diocesi di Roma, spiega in che modo esca la figura del Papa dalle pagine di Weigel.

    “Esce nella sua molteplicità, nella sua complessità, ma anche nella sua forza e alla fine nella sua semplicità. Perché Giovanni Paolo II è stato un uomo di estrema semplicità e anche di estrema forza. Forza naturale, forza umana, e naturalmente forza della fede, forza del rapporto con Dio. Le due cose sono fuse in lui”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    I portavoce dei vescovi europei: "La Chiesa non ha nulla da nascondere"

    ◊   “La Chiesa non ha nulla da nascondere, anche nell’ambito della gestione delle finanze!”. Lo ribadiscono i portavoce delle Conferenze episcopali d’Europa in un comunicato stampa diffuso oggi e ripreso dall'agenzia Sir, a conclusione del loro annuale incontro, che si è svolto a Colonia, dall’11 al 14 luglio. Nel comunicato i portavoce esprimono “il loro apprezzamento e la loro stima per la politica di trasparenza, anche nelle finanze della Santa Sede, sostenuta dal Santo Padre”. E “come comunicatori, rammaricati per le sofferenze che un giornalismo poco rispettoso delle leggi, gli ha recato, ribadiscono la loro piena fedeltà al successore di Pietro”. L’incontro di Colonia - organizzato dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) - si è centrato quest’anno sulle modalità di comunicazione delle finanze della Chiesa. “L’impegno per una comunicazione trasparente sulle finanze della Chiesa - si legge nel comunicato - è un dovere che deve toccare l’insieme delle istituzioni ecclesiali: dalle parrocchie, alle associazioni e movimenti cattolici, alle scuole. La Chiesa non ha nulla da nascondere, anche nell’ambito della gestione delle sue finanze!”. I portavoce sottolineano che “quello che a volte potrebbe sembrare opaco o poco trasparente, in realtà può essere ricondotto alla difficoltà di comunicare le finanze di una moltitudine di strutture e realtà istituzionali che costituiscono la Chiesa”. Nel comunicato si precisa che “non esiste un unico bilancio economico della Chiesa: esistono migliaia e migliaia di bilanci di parrocchie, diocesi, scuole, ospedali, ospizi che costituiscono nel loro insieme il bilancio della Chiesa. Tutte queste realtà sono già da tempo impegnate, con risultati più o meno felici, nel tentativo di comunicare in modo trasparente il frutto del loro esercizio economico”. Oggi, prosegue la dichiarazione dei portavoce europei, “la trasparenza è di fatto divenuta il prezzo della fiducia”, “anche per la Chiesa”. Pertanto “tutte le realtà ecclesiali, e le Conferenze episcopali in primo luogo, devono attrezzarsi per presentare nel modo migliore la propria realtà e la loro missione”. E aggiungono: “Molti degli attuali preconcetti sono spesso anche frutto di una disinformazione che purtroppo rischia di modificare la percezione, anche nella cultura ecclesiale, del rapporto che la Chiesa intrattiene con il denaro. La Chiesa non è una società di profitto; e il denaro è solo un mezzo per realizzare la propria missione di annuncio di Cristo nella storia”. Gran parte dell’incontro è stato poi dedicato alla conoscenza della Chiesa cattolica in Germania e dei mezzi di comunicazione che vi operano. Ai lavori è stato presentato anche un rapporto sulle attività svolte dall’agenzia europea “Sir Europa”. (R.P.)

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    Sud Sudan: a Rumbek ricordato ieri con una Messa mons. Mazzolari

    ◊   L’ottimismo e la fiducia nel futuro hanno segnato a Rumbek la cerimonia religiosa per ricordare mons. Cesare Mazzolari, vescovo di questa città del Sud Sudan scomparso un anno fa: lo dice all'agenzia Misna padre Bosco Ochieng, direttore del’emittente diocesana Radio Good News. “Il piazzale antistante la cattedrale – sottolinea padre Ochieng – era stracolmo di fedeli venuti a rendere omaggio a mons. Mazzolari, un grande uomo che ha fatto tanto per la nascita del Sud Sudan e rimane nei cuori di tutti”. Secondo il direttore di Radio Good News, la “solennità” della celebrazione non ha impedito a ciascuno di esprimere gioia e riconoscenza per le tante iniziative promosse dal vescovo di origini bresciane a sostegno dello sviluppo umano in un Paese devastato dalla guerra civile. “Una donna che ha chiamato il suo primogenito Cesare – racconta padre Ochieng – ha invitato gli altri genitori a fare lo stesso con i propri figli affinché il vescovo resti per sempre insieme con le famiglie”. Mons. Mazzolari, un missionario comboniano, era arrivato in Sudan due anni prima che cominciasse la guerra civile combattuta tra il 1983 e il 2005. La sua morte, causata da un malore improvviso mentre celebrava la messa, aveva seguito di una settimana la nascita di uno Stato del Sud indipendente da Khartoum. “Le date sono l’ultima conferma della forza del legame tra il vescovo e la sua gente, fondato sull’insegnamento della pace, della comunione e del perdono” ha detto alla Misna padre Fernando Colombo, l’amministratore della diocesi di Rumbek che ieri ha presieduto la messa di suffragio. (R.P.)

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    Siria: il vicario apostolico di Aleppo sostiene lo sforzo di riconciliazione di “Mussalaha”

    ◊   “Ritengo che l’iniziativa ‘Mussalaha’ debba essere incoraggiata e sostenuta da parte di tutti. La riconciliazione, anche se a volte è dura da accettare, è una via da non tralasciare e da non sottovalutare”: con tali parole, espresse all’agenzia Fides, mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo, esprime il sostegno istituzionale della Chiesa in Siria all’iniziativa popolare interreligiosa “Mussalaha” (“Riconciliazione”), che si sta profilando come una “terza via” nello scenario siriano: nel tentativo di contribuire a placare il conflitto in corso, punta sul “dialogo interno” fra le diverse componenti politiche, sociali e religiose della popolazione siriana. Il vescovo spiega a Fides: “Per la mia esperienza in materia, soprattutto per quello che hanno fatto in passato i miei confratelli francescani, chiamati ad intervenire in situazioni delicate, credo che la ‘Mussalaha’ vada appoggiata. Sono totalmente d'accordo con il suo spirito, perché il suo fine principale è salvare vite umane”. “L'uomo d'oggi, anche nel tragico conflitto a cui assistiamo in Siria – nota mons. Nazzaro – deve rendersi conto che una vita umana è un dono di Dio e, in quanto tale, deve essere conservata per rispetto a Dio che l'ha data all'uomo, sia esso cristiano, musulmano, ebreo, buddista”. Il movimento “Mussalaha”, che sta prendendo piede, nonostante la guerra civile, in diverse aree della Siria, è nato “dal basso”, dalla società civile, è interreligioso, trasparente e indipendente. Intende dialogare con entrambe le parti in lotta e l’interesse che persegue è solo la salvezza di vite umane, la riconciliazione, l’unità e la fratellanza del popolo siriano. Ne fanno parte leader civili e religiosi, capi delle comunità, notabili e rappresentanti delle professioni. Grazie all’impegno di un Comitato della “Mussalaha” per la mediazione nel conflitto, negli ultimi giorni oltre 60 civili, in maggioranza cristiani, hanno lasciato la città martoriata di Homs e sono stati tratti in salvo. L’evacuazione dei civili è stata possibile grazie all'accordo bilaterale fra le forze governative, che assediano la città, e le fazioni dei rivoluzionari armati. (R.P.)

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    Vietnam: oltre 10 mila fedeli della diocesi di Vinh marciano per la libertà religiosa

    ◊   Oltre 10mila cattolici hanno marciato ieri in diverse aree della diocesi di Vinh per esigere il rispetto della libertà religiosa contro le minacce e le violenze del governo. Alla vigilia delle marce, per intimidire i cattolici, le autorità – riferisce l’agenzia AsiaNews - hanno addirittura spiegato alcuni carri blindati davanti alla residenza del vescovo, insieme a pattuglie di teppisti e soldati. In una lettera del 10 luglio, inviata a cardinali e vescovi di tutto il Vietnam, la diocesi di Vinh ha chiesto solidarietà per le violenze subite dai fedeli a Cuong. "Di recente - dice il messaggio - i cattolici della diocesi di Vinh, che risiedono nella provincia di Nghe An (nord ovest), hanno subito atti persecutori a causa della loro fede. L'attacco del 1° luglio è stato la punta dell'iceberg di una serie di violenze contro i cattolici della regione. In quel giorno, il governo locale ha mobilitato un gran numero di poliziotti, esercito, milizie, teppisti per ostacolare e attaccare fisicamente sacerdoti e fedeli. Essi hanno occupato la cappella di Con Coung, profanate le Sacre Specie, distrutto una statua della Vergine Maria". La diocesi ha chiesto il sostegno spirituale e la solidarietà delle altre diocesi e ha annunciato una vasta protesta per ieri, domenica 15 luglio. Essa chiede la fine della persecuzione e degli ingiustificati attacchi di propaganda e diffamazione contro i cattolici nei media di Stato ma il fatto davvero nuovo è che la protesta non è stata fermata da tutte le intimidazioni messe in atto dal governo alla vigilia delle marce. Marce che sono state tutte pacifiche eccetto che a Bot Da, dove alcuni teppisti e poliziotti hanno disturbato la messa. (R.P.)

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    Somalia: ucciso un deputato a Mogadiscio. Attentato a Baidoa

    ◊   Un deputato ed ex ministro dei Trasporti, Mohamed Abdinur Garweyne, è stato ucciso oggi a Mogadiscio investito dall’esplosione di un ordigno. Sulla base di ricostruzioni della stampa somala, il deputato era a bordo della sua automobile o si stava avvicinando ad essa quando qualcuno ha azionato l’innesco. A perdere la vita - riferisce l'agenzia Misna - è stato anche il suo autista, altre sei persone sono rimaste ferite, alcune in maniera grave. Nonostante il ritiro degli Al Shaabab da Mogadiscio e sebbene, più di recente, le forze governative abbiano compiuto controverse operazioni di polizia arrestando alcune centinaia di persone sospettate di legami con i ribelli, la capitale somala resta un posto insicuro. L’omicidio di Garweyne potrebbe però nascondere dinamiche diverse. Secondo notizie riferite da Radio Shabelle, ieri un ordigno è stato invece fatto esplodere a Baidoa, città a circa 250 chilometri a sud di Mogadiscio. Nel mirino un caffè frequentato da militari e funzionari di governo: in questo caso non è ancora chiaro il bilancio di eventuali vittime e feriti. (R.P.)

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    Burkina Faso: l'aiuto dei Camilliani per i profughi del Mali

    ◊   “Carestia e insicurezza sono il movente alla base di questo esodo che, se non ha ancora assunto dimensioni bibliche, sembra essere destinato a crescere”: lo afferma all’agenzia Fides fratel Luca Perletti, camilliano, descrivendo la situazione dei profughi del Mali che, fuggiti dal loro Paese, stanno trovando rifugio in Burkina Faso. Fratel Luca Perletti e padre Paolo Guarise, camilliani, sono appena rientrati da una visita alla diocesi di Dori (provincia di Seno), nel nord est del Burkina Faso, per studiare un possibile impegno della Camillian Task Force (Ctf) a favore delle popolazioni profughe dal Mali. In Mali è in corso una offensiva da parte di gruppi integralisti islamici, il cui obiettivo è l’instaurazione di un regime di stretta osservanza. “Per questo motivo, un consistente numero di persone sta scappando verso i Paesi limitrofi, in particolare in Burkina Faso – racconta a Fides fr. Luca -. A stimolare ulteriormente la fuga contribuisce anche la carestia che ha colpito i raccolti dell’anno scorso”. “Prendendo la diocesi di Dori quale confine geografico del nostro intervento, si osserva che la popolazione profuga è sparsa su una vasta area, tanto che per raggiungere alcuni campi sono necessarie anche 4 ore di macchina – dice a Fides fr. Luca Perletti -. A nostro modo di vedere, l’emergenza è solo nella sua fase iniziale, con una forte presenza di istituzioni sovrastatali deputate alla presa in carico dei profughi. Tra gli obiettivi di questa fase: la creazione di condizioni ottimali di sopravvivenza per quanto riguarda igiene, acqua, salute, cibo; il controllo del territorio, la registrazione dei profughi e l’assegnazione degli spazi; oltre alla prevenzione, assicurare che il flusso migratorio avvenga nel rispetto dei reciproci diritti della popolazione ospite e di coloro che vengono a assumere lo status di profughi”. “Uno dei prevedibili problemi – prosegue il missionario camilliano - potrebbe essere il conflitto con la popolazione ospite, dedita all’agricoltura di sussistenza ed alla pastorizia in un’area pre-desertica e dall’alto indice di povertà. Il rischio è che il processo migratorio aggravi le condizioni di vita della popolazione locale che già ha subito gli effetti della recente carestia con un magro raccolto. Nel corso della visita abbiamo cercato di comprendere i bisogni prioritari in vista di un possibile coinvolgimento della Ctf”. Il ruolo della Ctf sarà quello di integrare lo sforzo degli Organismi già coinvolti, al fine di coprire le aree lasciate scoperte. Nel corso della visita, sono stati stretti contatti in modo particolare con Ocades Dori, la Caritas locale, da tempo impegnata in progetti caritativi e di sviluppo nella diocesi. La zona di Dori è musulmana al 95% e la piccola comunità cristiana ha saputo ritagliarsi uno spazio proprio grazie alle opere di carità e di sviluppo. Ocades è stato scelto come partner della Ctf per questo intervento a motivo del suo radicamento sul territorio. Il piano d’azione della Ctf, ha ottenuto l’adesione della diocesi e la disponibilità a collaborare anche dalla vice provincia camilliana del Burkina Faso. Il progetto, che durerà 6 mesi, prende in considerazione tre aree (igiene, alimentazione e salute), si realizzerà nei campi visitati, diversificando i programmi a seconda delle priorità emerse in ognuno di essi. (R.P.)

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    Kenya: commissione dei vescovi per la cura dei malati di Aids

    ◊   Guardare all’Aids con un approccio multisettoriale che non si limiti agli aspetti sanitari, ma affronti anche i risvolti sociali ed economici dell’epidemia, tra cui l’istruzione, il rafforzamento dei diritti delle donne, la diffusione capillare della comunicazione e dei servizi di assistenza come i consultori. Sarà questo l’obiettivo che dovrà portare avanti la commissione “ad hoc” per la cura dell’Aids, creata all’interno della Conferenza episcopale del Kenya (Kec). Il neo organismo, presentato nei giorni scorsi, sarà guidato da mons. Paul Kariuki e mons. Joseph Mbatia, rispettivamente presidente e vicepresidente, a cui si aggiungeranno altri tre vescovi, alcuni responsabili amministrativi e legali della Kec ed ulteriori esperti da convocare di volta in volta. Presentando la commissione, il cardinale John Njue, presidente della Kec, ne ha spiegato alcuni compiti: “Provvedere al coordinamento interregionale e nazionale delle strategie anti-Aids messe in atto dalle singole diocesi; reclutare il personale necessario all’attuazione del Karp (Kenya Aids Response Programme); ricevere impulsi e suggerimenti dalle Chiese locali; organizzare degli incontri periodici”. A supervisionare il tutto sarà, naturalmente, la Kec stessa. “In questo spirito - ha concluso il cardinale Njue – si richiede una collaborazione positiva da parte di tutte le diocesi, per supportare la missione della Chiesa cattolica nella promozione delle cure per l’Aids, seguendo la sua opzione preferenziale per i poveri”. (A cura di Isabella Piro)

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    Pakistan. Impunito il “rogo del blasfemo”: no alla giustizia sommaria

    ◊   Non c’è ancora alcun arresto per i colpevoli che, il 5 luglio scorso, hanno bruciato vivo un uomo musulmano, Ghulam Abbas, probabilmente disabile mentale, solo perché accusato di blasfemia a Chani Ghot, nella diocesi di Multan, in sud Punjab. Una folla di oltre mille islamisti fece irruzione nella stazione della polizia locale, ferendo alcuni agenti, prese l’uomo che fu portato in strada, cosparso di benzina e arso vivo. Come riferito all'agenzia Fides, la società civile e i leader cristiani sono delusi e preoccupati dal fatto che, nonostante l’indagine disposta dal Presidente del Pakistan Ali Zardari e una denuncia registrata dalla polizia, a dieci giorni dall’orribile atto, nessun colpevole sia stato ancora individuato e arrestato. Tale atteggiamento, notano fonti di Fides, rischia di “avallare la giustizia sommaria”, e un senso di “impunità” per tutti coloro che “si fanno giustizia da soli”. I leader della società civile denunciano il silenzio del governo provinciale del Punjab e l’inerzia dimostrata dalla polizia verso gli autori del crimine. Secondo il cristiano Sarfraz Clement, coordinatore dell’Ong “Action Against Poverty” (Aap) “è sconvolgente che la polizia non abbia ancora arrestato nemmeno una sola persona”. Il Pastore cristiano protestante Mustaq Gill, presidente della Lead (“Legal Evangelical Association”), nota a Fides: “In questo crimine sono coinvolte alcune influenti organizzazioni islamiche radicali ed è dunque molto difficile per le autorità procedere contro di loro. Inoltre il gesto è stato commesso da una folla inferocita ed è difficile individuare un solo colpevole. In altri casi, violenze di massa come queste sono rimaste impunite”. Come notano fonti di Fides, si susseguono in Pakistan tentativi di linciare gli accusati di blasfemia. Di recente a Faisalabad (in Punjab), la polizia ha salvato un uomo, accusato di blasfemia, malmenato da una folla istigata dall’organizzazione radicale “Dawat Tehreek-e-Islami”. Il mese scorso a Quetta (in Beluchistan), una folla di estremisti ha preso d'assalto una stazione di polizia per cercare di lapidare un uomo accusato di blasfemia. La polizia ha reagito con gas lacrimogeni e spari per ristabilire l'ordine, nei disordini due bambini sono stati uccisi. A Karachi (in Sindh), un uomo musulmano, accusato di blasfemia, in carcere per motivi di droga, ha rischiato più volte di essere giustiziato da altri detenuti musulmani. La polizia lo ha messo in una cella separata per proteggerlo. (R.P.)

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    Venezuela. I vescovi sulle presidenziali del 7 ottobre: un voto per il bene comune

    ◊   Un voto responsabile, trasparente e pacifico rivolto alla riconciliazione e al bene comune della Nazione. È quanto chiedono i vescovi del Venezuela in un comunicato diffuso al termine della loro 98ª plenaria a Caracas in vista delle prossime elezioni presidenziali, il 7 ottobre. Nella nota i presuli esortano i cittadini venezuelani a prendere coscienza dell’importanza cruciale del voto per la democrazia e il futuro del Paese e quindi delle proprie responsabilità, “perché le elezioni riguardano e interessano tutti e nessuno deve sentirsi escluso dal diritto e dovere morale di partecipare a un voto valido”. Secondo i vescovi “la campagna elettorale dovrebbe essere vista come un processo pedagogico” , in cui i candidati sono chiamati ad illustrare agli elettori programmi che “rispondano ai bisogni e agli interessi del popolo”. Ciò implica la rinuncia al ricorso alla violenza, ad un uso opportunistico delle risorse dello Stato, all’insulto personale e alle false promesse. La nota sottolinea quindi che l’esito finale della contesa elettorale deve essere “la riconciliazione nazionale e l’invito a tutti i cittadini venezuelani a cooperare per un progetto comune di Nazione”. A questo proposito i vescovi richiamano la loro esortazione pastorale “2012, Anno della riconciliazione nazionale" pubblicata all’inizio dell’anno, in cui affermano che “il desiderio e il bisogno di riconciliazione nazionale, comporta stabilire una convivenza basata sul rispetto e l’apprezzamento reciproco, sul riconoscimento effettivo del pluralismo politico e ideologico, culturale e della tolleranza religiosa”. L’accettazione dell'"altro" nella prospettiva del bene comune – rilevava il documento - è la premessa per superare la polarizzazione che ha segnato la vita politica e sociale del Paese in questi ultimi anni. I presuli venezuelani si rivolgono quindi al Congresso elettorale nazionale, l’organo incaricato di controllare la regolarità del voto, affinché garantisca la trasparenza del processo elettorale e il rispetto della volontà espressa dai cittadini nelle urne. La nota ricorda poi che in una campagna elettorale democratica lo Stato e il governo dovrebbero garantire il rispetto della legalità, un clima di sicurezza e l’equilibrio dell’informazione. Quanto, infine, alle forze armate, i vescovi venezuelani ricordano che esse sono a servizio della nazione, non di una parte politica. Il comunicato conclude con un invito a tutti i credenti ad elevare preghiere per il buon esito delle elezioni e la pace sociale e politica del Paese. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Guatemala: torna in libertà il militare condannato per l'omicidio di mons. Gerardi

    ◊   “Un’ingiustizia per coloro che hanno sofferto e sono morti per mano dell’esercito durante il conflitto armato”: così mons. Óscar Julio Vian, arcivescovo metropolitano di Guatemala, ha definito la libertà concessa nel fine-settimana al colonnello a riposo Byron Disrael Lima Estrada, condannato a 20 anni di carcere per l’assassinio di mons. Juan José Gerardi Conedera, ucciso il 26 aprile 1998. “E’ strano che a Lima Estrada sia stata data la libertà così rapidamente, poiché esistono altri implicati, come il sacerdote Mario Orantes, a cui è stata negata la richiesta di remissione della pena” ha aggiunto il presule, citato dalla stampa guatemalteca. Il colonnello, ottantenne, ha scontato 11 anni, sette dei quali recluso in un ospedale. La decisione del tribunale e la mancata impugnazione da parte del pubblico ministero - riferisce l'ahenzia Misna - “è più che vergognosa per il popolo del Guatemala che si aspettava che la condanna fosse compiuta nella sua totalità. Questo ci dice che nel Paese continuiamo a retrocedere sul piano della giustizia” gli ha fatto eco Nery Rodenas, direttore dell’Ufficio per i diritti umani dell’arcivescovado di Guatemala (Odagh), organismo già guidato dallo stesso mons. Gerardi. “Non condividiamo questa decisione – ha detto ancora Rodenas – perché la condanna a Lima Estrada ebbe grande impatto al livello nazionale e internazionale”. Oltre a Byron Disrael Lima Estrada per l’omicidio del vescovo ausiliare di Guatemala sono stati riconosciuti colpevoli suo figlio, il capitano Byron Lima Oliva, e padre Mario Orantes, anch’essi condannati a 20 anni di carcere. Due giorni prima di essere ucciso mons. Gerardi aveva pubblicato il rapporto ‘Guatemala nunca más’ (Guatemala mai più), frutto del Progetto interdiocesano Remhi, (Recupero della memoria storica) sui crimini della guerra civile che tra il 1960 e il 1996 provocò almeno 200.000 vittime, tra morti e ‘desaparecidos’. Nel rapporto sono documentate oltre 55.000 violazioni dei diritti umani perpetrate durante il conflitto, l’80 % delle quali attribuite all’esercito. (R.P.)

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    Nicaragua: per i vescovi le elezioni comunali di novembre non sono libere e trasparenti

    ◊   La Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen) non inviterà i nicaraguensi a votare in massa alle elezioni comunali che si terranno il 4 novembre: è quanto ha detto durante una conferenza stampa, svoltasi il 14 luglio, il Segretario della Conferenza episcopale, mons. Silvio Baez, vescovo ausiliare di Managua. Secondo quanto affermato da mons. Baez, i vescovi nicaraguensi sono convinti che in Nicaragua non ci siano le condizioni democratiche necessarie perché i cittadini possano scegliere liberamente e in modo trasparente i sindaci, i vice sindaci e i consiglieri delle 153 amministrazioni locali di tutto il Paese. “La Conferenza episcopale non chiamerà a votare in massa, come aveva fatto nelle elezioni presidenziali del novembre 2011, ma non chiederà nemmeno ai cittadini di non andare a votare, lascerà invece alla coscienza di ogni persona la scelta di votare o meno alle elezioni di novembre” ha aggiunto mons. Baez. Per il segretario della Conferenza episcopale, la gestione poco trasparente delle istituzioni e l'esercizio degli incarichi pubblici da parte di funzionari non eletti secondo le procedure stabilite dalla Costituzione, tra gli altri aspetti negativi, “stanno portando la nostra società ad un degrado etico e morale, e il Paese verso un vicolo cieco”. “Per me il grande problema è a livello morale: una società che si degrada moralmente è destinata ad essere disumana” ha lamentato il vescovo. Nella nota inviata all’agenzia Fides si annuncia che la Conferenza episcopale del Nicaragua si riunirà il 17 e 18 luglio per discutere e pubblicare una lettera pastorale sulla posizione ufficiale dei vescovi riguardo alle prossime elezioni comunali. (R.P.)

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    Brasile: secondo il censimento 2010, cattolici in calo

    ◊   È ancora il “primo Paese cattolico al mondo”, ma rischia di cedere il passo al Messico che, con i suoi 112 milioni di abitanti, l’88% dei quali, stando al censimento del 2010, si dichiarano cattolici, avanza a grandi passi. Si tratta del Brasile, che secondo i dati dello stesso censimento, nell’elaborazione fornita dall’Igbe, l’Instituto brasileiro de Geografia e Estatistica citato dall’agenzia Zenit, ospita oggi 190 milioni di cattolici, che rappresentano il 64,6% della popolazione totale: un forte calo rispetto al 99,7% del 1972. La maggior parte dei cattolici che “lasciano” si convertono a seguire Chiese storiche protestanti o le varie denominazioni evangeliche presenti sul territorio, ma sta crescendo sensibilmente anche il numero degli atei, degli agnostici e delle persone che non praticano nessuna religione definita e che sono finora pari al 22,2%. Contemporaneamente, però, calano anche i seguaci dello spiritismo e delle religioni di origine africana come candomblè o umbanda. Negli ultimi 50 anni, infine, il Brasile, unica potenza economica dell’America Latina e unico Paese a non aver subito una feroce dittatore militare, è stato meta di immigrazione anche religiosa, tanto che proliferano le sette di origine protestante e il cristianesimo pentecostale-carismatico, che tanto affascina anche l’Asia. Una sfida in più, dunque, per la “nuova evangelizzazione” e per la Chiesa cattolica di oggi che ha una poderosa organizzazione sul territorio: se all’inizio del 1900, infatti, il Brasile contava solo una trentina di diocesi, oggi superano abbondantemente le 300, ma purtroppo le persone consacrate, nonostante le numerose missioni presenti, non si moltiplicano di pari passo. (R.B.)

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    Etiopia: Madre Teresa di Calcutta proclamata patrona della prefettura apostolica di Robe

    ◊   Sabato scorso a Goba, città dell'Etiopia sud-centrale situata nella zona di Bale, nella Regione di Oromia, circa 446 km a sud-est di Addis Abeba, padre Angelo Antolini, direttore delle Pontificie Opere Missionarie dell’Etiopia, recentemente nominato primo prefetto apostolico della neonata prefettura di Robe, ha celebrato il 25.mo anniversario della fondazione della casa delle Missionarie della Carità, conosciute anche come Suore di Madre Teresa. Secondo quanto riferito dal neo prefetto all’agenzia Fides, “l’evento è di particolare rilevanza in quanto la posa della prima pietra di questa casa avvenne per mano della stessa Madre Teresa. Oltre alle prime suore, la futura Beata di Calcutta vi portò anche il sacerdote Abba Abraha Baraki, che è ancora qui. Grazie ad essa, non solo ha avuto inizio la fondazione della prima casa delle Missionarie delle Carità, ma la stessa Chiesa cattolica in questa vasta regione del Bale, a predominanza musulmana. Quella prima pietra – continua padre Angelo - ha portato innumerevoli frutti di bene e di santità nel servizio a migliaia dei più poveri dei poveri, e la nascita, in questo stesso anno giubilare, della prefettura apostolica di Robe”. Alla celebrazione eucaristica, nella cappella delle suore, hanno partecipato gli ospiti della casa e i fedeli di Goba e Robe, oltre a tante Missionarie della Carità provenienti da altre comunità, con la loro Superiora Provinciale. Presente anche un gruppo di 25 volontari spagnoli con il loro sacerdote accompagnatore, che stanno collaborando con le suore per un mese. “Al termine dell'Eucaristia – ha detto il missionario cappuccino - ho proclamato ufficialmente la Beata Madre Teresa di Calcutta patrona della prefettura apostolica di Robe. Alla celebrazione, tra i poveri e i malati, ancora una volta si è fatto presente lo Spirito potente del Signore e siamo usciti pieni di gioia. Così, contenti, abbiamo consumato il pranzo condiviso da centinaia di poveri". (R.P.)

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    Usa: contrasti negli episcopaliani al rito ufficiale per la benedizione delle unioni gay

    ◊   La Chiesa episcopale degli Stati Uniti, membro della Comunione anglicana, ha dato il via libera all’introduzione di un rito ufficiale per la benedizione delle unioni omosessuali e all’ordinazione di ministri transessuali. La nuova liturgia per le coppie omosessuali è stata approvata in via provvisoria dall’Assemblea triennale dei vescovi episcopaliani, riunito nei giorni scorsi a Indianapolis, e attende adesso l’approvazione del resto del clero episcopaliano. La risoluzione comprende una clausola che consente una sorta di obiezione di coscienza a quei ministri che non vogliono officiare la cerimonia. La decisione – riporta l’agenzia Cns - è stata presa non senza obiezioni da parte di alcuni vescovi. Secondo il vescovo Edward Little, dell’Indiana settentrionale, essa rischia di allontanare la “Chiesa episcopale dalla corrente principale del cristianesimo. Il mondo cristiano – ha detto - avrà l’impressione che abbiamo modificato la natura del sacramento del matrimonio. Vedrà voti di fedeltà, uno scambio di anelli, una dichiarazione e una benedizione e penserà che la Chiesa episcopale sostiene i matrimoni omosessuali e che ha modificato una parte fondamentale della dottrina cristiana”. Di modifiche “sconcertanti alla dottrina, alla disciplina e al culto delle Chiesa episcopale”, ha parlato anche il vescovo Mark J. Lawrence del Sud Carolina che ha protestato contro la risoluzione insieme ad altri sette delegati. La decisione della Chiesa episcopale americana pone una nuova sfida al dialogo ecumenico avviato nel 1970 dalla Commissione internazionale anglicana-cattolica (Arcic) per superare le divisioni lasciate tra le due Chiese dallo scisma del XVI secolo. Un dialogo che, dopo gli importanti progressi iniziali, ha segnato il passo da quando, nel 1994, la Chiesa d’Inghilterra ha dato il via libera all’ordinazione sacerdotale delle donne e ancora di più dopo le aperture da parte della Chiesa d’Inghilterra alle donne vescovo, sulle quali peraltro la discussione è ancora aperta in seno alla Comunione anglicana. La Chiesa episcopale americana – lo ricordiamo - aveva già scatenato vivaci polemiche e provocato una scissione al suo interno quando, nel 2003, aveva ordinato il suo primo vescovo dichiaratamente omosessuale. (L.Z.)

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    Filippine: oltre 450 delegati al primo incontro sui social media cattolici

    ◊   Sono stati più di 450 i delegati filippini che hanno partecipato al primo incontro nazionale sui social media cattolici, svoltosi nel Paese, a Marikina City, il 14 luglio scorso. L’evento, informa una nota della Conferenza dei vescovi filippini, “è stato organizzato dalla Commissione episcopale per la gioventù (Ecy) e si è posto l’obiettivo di incoraggiare i fedeli cattolici ad evangelizzare il cyber-spazio”. “L’incontro è stato un successo – ha detto mons. Joel Baylon, presidente della Ecy – poiché ha reso i partecipanti consapevoli del fatto che il mondo del web è un campo maturo per l’evangelizzazione. L’evento, senza precedenti nella storia della Chiesa cattolica filippina – ha continuato il presule – dimostra che è tipico della nostra Chiesa dare risposta alle sfide che ci vengono poste”. Mons. Baylon ha infine richiamato gli appelli del Beato Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI ad evangelizzare il mondo di Internet e a trasformarlo in un pulpito dal quale proclamare il Vangelo. Dato il riscontro positivo avuto dall’incontro, i vescovi filippini hanno deciso di istituire il 14 luglio come giornata da dedicare ogni anno a questo tipo di summit, con l’eccezione del prossimo anno: dal 23 al 28 luglio 2013, infatti, a Rio de Janeiro, si terrà la Giornata Mondiale della Gioventù ed è quindi ipotizzabile che i ragazzi partano per il Brasile almeno 10 giorni prima. La data dell’evento prossimo anno, quindi, deve essere ancora fissata. (I.P.)

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    Spagna: corso sui "Cattolici di fronte alle sfide di oggi"

    ◊   “I cattolici di fronte alle minacce e alle sfide nella Spagna di oggi” è il titolo del corso estivo organizzato dalla Università Re Juan Carlos, in collaborazione con l‘Università Cattolica di Valencia San Vicente Mártir, che si terrà ad Aranjuez (Spagna) da oggi al 20 luglio. Il corso - riferisce l'agenzia Sir - sarà inaugurato oggi dall‘arcivescovo di Madrid, cardinale Antonio Maria Rouco Varela, con una relazione sulle sfide della fede e della nuova evangelizzazione. Poi il giornalista e scrittore Juan Manuel de Prada interverrà su “La sfida culturale (relativismo, laicismo, scientismo, l‘ideologia di genere, ecc.)”. Tanti gli interventi previsti anche nei prossimi giorni: Justo Aznar Lucea, membro della Pontificia Accademia della Vita e direttore del Centro di bioetica dell‘Università Cattolica di Valencia San Vicente Martir, parlerà de “La famiglia: la vita e la salute”; l‘arcivescovo di Valencia, mons. Carlos Osoro, rifletterà su “L’educazione e la scuola cattolica”; mons. Marcelo Sanchez Sorondo, vescovo cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, affronterà il tema della “Ecologia”. Venerdì 20 luglio è in programma l’intervento del ministro degli Interni spagnolo, Jorge Fernandez Diaz, su “I cattolici nella vita politica”. Concluderà il corso il prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, cardinale Antonio Cañizares. (R.P.)

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    Londra: il 22 luglio Messa per la squadra olimpica italiana

    ◊   Una Messa per gli atleti della squadra olimpica italiana e per i dirigenti del Coni sarà celebrata il 22 luglio nella St.Peter’s Church, la chiesa storica della comunità italiana, che si trova a Clerkenwell, nel centro di Londra, a due passi dalla City. A celebrarla - riferisce l'agenzia Sir - sarà il parroco della Chiesa, padre Carmelo Di Giovanni, pallottino, insieme al nunzio apostolico in Gran Bretagna, arcivescovo Antonio Mennini. “Spero - dice padre Di Giovanni - possa dare agli atleti italiani pace e tranquillità”. Ed aggiunge: “Gli atleti e i dirigenti del Coni sono stati coraggiosi a volere un momento spirituale prima di cominciare a gareggiare. Penso che questa decisione bellissima, nel mondo secolarizzato di oggi, vada vista come una scelta coraggiosa. La fede aiuta a superare tanti ostacoli, a vedere anche le cose negative come positive e quindi servirà agli atleti”. (R.P.)

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    Giornalismo: il premio "Giuseppe De Carli" per l'informazione religiosa

    ◊   Un premio nazionale dedicato, a due anni dalla scomparsa, alla memoria del giornalista Giuseppe De Carli, già responsabile della Struttura Rai Vaticano, destinato a giornalisti che operano nell‘ambito dell‘informazione religiosa e a giovani laureati e dottori di ricerca delle Facoltà e dei corsi di laurea di comunicazione e giornalismo, sia private che pubbliche. A bandirlo -riporta l'agenzia Sir - la neonata “Associazione Culturale Giuseppe De Carli - Per l‘informazione religiosa”, costituita a Roma lo scorso 19 marzo. Come spiegano gli organizzatori, l‘obiettivo del Premio è quello di “stimolare un giornalismo e una ricerca universitaria fatti con serietà, professionalità, forte motivazione, entusiasmo e chiarezza”. È sempre più evidente, infatti, l‘importanza “di una adeguata formazione e del rispetto della deontologia professionale per una informazione seria ed efficace”. Per la categoria dei giornalisti, il Premio sarà attribuito a uno o più operatori dell‘informazione che, nel corso dell‘ultimo anno, si siano distinti per qualità e professionalità dei loro articoli apparsi su testate nazionali, internazionali o locali della carta stampata, on-line, di radio e tv. Per la sezione studenti e ricercatori universitari verranno prese in esame le tesi discusse nell‘A.A. 2011/2012 sull‘informazione religiosa. La data ultima per la consegna degli elaborati è il 31 marzo 2013. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 198

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.