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Sommario del 15/07/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Messa del Papa a Frascati: l'annuncio di Cristo è per la verità non il consenso. I cristiani rileggano il Concilio
  • Il Papa all'Angelus: grazie a Cristo l'opera della Chiesa progredisce sempre
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria. Violenze e morti a Homs e Aleppo. Annan andrà a Mosca. Intervista con il nunzio mons. Zenari
  • Nigeria, testimonianza di una suora: la paura sta logorando convivenza tra cristiani e islamici
  • Medici Senza Frontiere: allarme mine antiuomo nello Yemen
  • "Vescovo di libertà e speranza": il ricordo della sorella di mons. Mazzolari a un anno dalla sua scomparsa
  • Palermo celebra Santa Rosalia. Il cardinale Romeo: urge creatività nell'annuncio del Vangelo
  • L'esperienza "Ol3", laboratorio di politica e socialità ispirato a Giovanni Paolo II
  • Aperto il Giffoni Film Festival: 170 film visti e giudicati dai giovani
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Afghanistan. Duplice esplosione nella provincia di Logar
  • Piogge torrenziali in Giappone. Oltre una ventina le vittime, migliaia gli sfollati
  • Pakistan: l'impegno della Chiesa per la formazione dei giovani cattolici
  • Notte di paura in Messico: criminali assaltano campeggio di giovani cattolici
  • Francia: a Parigi una nuova chiesa per tremila fedeli caldei
  • Brasile: 11.mo Incontro internazionale delle Équipes Notre Dame
  • Africa: a novembre simposio su "cultura e sviluppo" in Tanzania
  • Usa: al via il 22 luglio la Settimana di informazione sui metodi naturali
  • Nigeria: nel 2014 Port Harcourt capitale mondiale del libro
  • Bielorussia: pellegrinaggio delle reliquie di santa Teresa di Gesù Bambino
  • 60.mo di sacerdozio del cardinale Martini. Gli auguri della Chiesa di Milano
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messa del Papa a Frascati: l'annuncio di Cristo è per la verità non il consenso. I cristiani rileggano il Concilio

    ◊   La Chiesa non predica ciò che gli uomini vogliono sentirsi dire ma la verità e la giustizia. E' uno dei passaggi di Benedetto XVI nell’omelia della Messa celebrata stamani a Frascati davanti a ottomila fedeli. Una visita che arriva a 32 anni di distanza da quella di Giovanni Paolo II. Presente alla celebrazione anche il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, vescovo titolare della diocesi tuscolana. La cronaca nel servizio di Benedetta Capelli:

    E’ la piazza San Pietro di Frascati ad accogliere il Papa nella visita alla cittadina laziale che dopo Roma ha dato più Pontefici alla Chiesa. Coincidenze importanti che sottolineano un legame di affetto: non a caso Benedetto XVI parla di una visita fatta “per condividere gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni”. “Grazie a Dio – aggiunge – che mi ha mandato oggi a ri-annunciarvi questa Parola di salvezza”. E’ intorno alla missione degli Apostoli – gli “inviati”, i “mandati” – che la riflessione del Papa si sviluppa:

    "Il fatto che Gesù chiami alcuni discepoli a collaborare direttamente alla sua missione, manifesta un aspetto del suo amore: Egli non disdegna l’aiuto che altri uomini possono recare alla sua opera; conosce i loro limiti, le loro debolezze, ma non li disprezza, anzi, conferisce loro la dignità di essere suoi inviati".

    Una missione che richiede alcune istruzioni: l’essere distaccati dal denaro e dalle comodità e mettere nel conto la possibilità di essere respinti ma anche perseguitati. “Essi devono parlare a nome di Gesù – dice il Papa – senza essere preoccupati di avere successo”. Come accadde al profeta Amos, chiamato da Dio a predicare contro i soprusi e le ingiustizie, e cacciato dal sacerdote Amasia. Un rifiuto che non intacca la sua missione. “Egli – sottolinea Benedetto XVI – continuerà a profetizzare, predicando ciò che Dio dice e non ciò che gli uomini vogliono sentirsi dire”:

    "E questo rimane il mandato della Chiesa: non predica ciò che vogliono sentirsi dire i potenti Il loro criterio è la verità e la giustizia anche se sta contro gli applausi e contro il potere umano".

    E’ nel gesto di scuotere la polvere dai piedi, davanti alla gente che rifiuta l’annuncio, che si esprime il distacco morale e materiale. Un annuncio che va accompagnato – dice Gesù ai Discepoli – sempre dal servizio e dalla cura dei malati:

    "Cura dei malati corporale e spirituale. Parla delle guarigioni concrete delle malattie, parla anche dello scacciare i demoni, cioè purificare la mente umana, pulire, pulire gli occhi dell’anima che sono oscurati dalle ideologie e perciò non possono vedere Dio, non possono vedere la verità e la giustizia. Questa duplice guarigione corporale e spirituale è sempre il mandato dei discepoli di Cristo. Quindi la missione apostolica deve comprendere due aspetti di predicazione della parola di Dio e di manifestazione della sua bontà con gesti di carità di servizio e di dedizione".

    Rivolgendosi ai fedeli di Frascati, Benedetto XVI evidenzia l’importanza dell’impegno pastorale che prima di tutto è impegno formativo. Quello che ha fatto Gesù con i Discepoli, “li ha istruiti, li ha preparati, li ha formati anche mediante il tirocinio missionario perché fossero in grado di assumere la responsabilità apostolica nella Chiesa”. Genitori, parroci, fedeli laici sono tutti gli attori coinvolti nella formazione, "il Signore chiama tutti, distribuendo diversi doni per diversi compiti nella Chiesa". Chi è chiamato al sacerdozio, chi è chiamato alla vita consacrata, chi è chiamato al matrimonio:

    "La verginità per il Regno di Dio e il matrimonio sono entrambe vocazioni, chiamate di Dio a cui rispondere con e per tutta la vita. Dio chiama: occorre ascoltare, accogliere, rispondere. Come Maria: Eccomi, avvenga di me secondo la tua parola".

    Rispondere dunque attraverso la nuova evangelizzazione, approfittando dell’Anno della Fede che inizierà ad ottobre, a 50 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II:

    "I Documenti del Concilio contengono una ricchezza enorme per la formazione delle nuove generazioni cristiane. per la formazione della nostra coscienza. Quindi leggetelo, leggete il Catechismo della Chiesa cattolica e così riscoprite la bellezza di essere cristiani, di essere Chiesa di vivere il grande 'noi' che Gesù ha formato intorno a sé, per evangelizzare il mondo: il 'noi' della Chiesa, mai chiuso, ma sempre aperto e proteso all’annuncio del Vangelo a tutti".

    Da qui l’invito all’unità e alla missionarietà. “Siate gente che prega – raccomanda il Papa – rimanete legati a Cristo, portate il suo messaggio a tutti: piccoli, poveri e sofferenti”. “Non siate divisi ma vivete da fratelli – conclude – perché il mondo creda che Gesù è vivo nella sua Chiesa”.

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    Il Papa all'Angelus: grazie a Cristo l'opera della Chiesa progredisce sempre

    ◊   Di ritorno dalla celebrazione della Messa nella cittadina di Frascati, Benedetto XVI ha presieduto l’Angelus di mezzogiorno dalla residenza di Castel Gandolfo. “L’opera di Cristo e della Chiesa non regredisce mai, ma sempre progredisce”, è stato il suo messaggio prima della recita della preghiera mariana, ispirato dalla liturgia di oggi e dalla memoria che, sempre oggi, la Chiesa fa di San Bonaventura da Bagnoregio, il successore di S. Francesco alla guida dell’Ordine dei Frati minori. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Mai indietro, sempre avanti. L’opera della salvezza portata da Cristo duemila anni fa tra gli uomini si può leggere a ritroso come storia, ma non registrerà mai una regressione, perché ciò che è di Cristo è continua progressione. La certezza Benedetto XVI la ricava da S. Paolo, che nella Lettera agli Efesini proclamata oggi in tutte le Messe offre una straordinaria sintesi “in quattro passaggi” di quel “disegno di benedizione” che Dio, spiega, ha fatto piovere sull’umanità con la venuta di Cristo. “In Lui”, scrive l’Apostolo delle genti, “siamo stati scelti prima della creazione del mondo”, in Lui redenti, “in Lui” resi eredi, “in Lui” chi crede nel Vangelo riceve il “sigillo dello Spirito Santo”:

    “Questo inno paolino contiene la visione della storia che san Bonaventura ha contribuito a diffondere nella Chiesa: tutta la storia ha come centro Cristo, il quale garantisce anche novità e rinnovamento ad ogni epoca. In Gesù Dio ha detto e dato tutto, ma poiché Egli è un tesoro inesauribile, lo Spirito Santo non finisce mai di rivelare e di attualizzare il suo mistero. Perciò l’opera di Cristo e della Chiesa non regredisce mai, ma sempre progredisce”.

    Questa visione di Cristo come “centro ispiratore” della storia fu un cardine anche della teologia di San Bonaventura da Bagnoregio, che la Chiesa celebra il 15 luglio. Fu San Bonaventura, ha ricordato all’inizio dell’Angelus Benedetto XVI, che alla morte di San Francesco gli successe alla guida dei Frati, fu sempre lui a scriverne la prima biografia e fu lui, San Bonaventura, negli ultimi anni di vita a trasferirsi come vescovo nella diocesi di Albano, della quale Castel Gandolfo fa parte:

    “In una sua lettera, Bonaventura scrive: ‘Confesso davanti a Dio che la ragione che mi ha fatto amare di più la vita del beato Francesco è che essa assomiglia agli inizi e alla crescita della Chiesa’ (…) Francesco d’Assisi, dopo la sua conversione, praticò alla lettera questo Vangelo, diventando un testimone fedelissimo di Gesù; e associato in modo singolare al mistero della Croce, fu trasformato in un ‘altro Cristo’, come proprio san Bonaventura lo presenta”.

    Al momento dei saluti conclusivi in sei lingue ai gruppi di persone radunati nel cortile del Palazzo Apostolico, il Papa – che aveva ricordato poco prima un’altra memoria liturgica, quella di domani dedicata alla Beata Vergine Maria del Carmelo – ha sottolineato in polacco l’altro appellativo di “Madre di Dio dello Scapolare” con cui viene ricordata la Vergine del Carmelo ed ha aggiunto:

    Znak szczególnego oddania się Jej – szkaplerz…
    Il segno del personale affidamento a Lei – lo scapolare – lo portava e lo stimava tanto il beato Giovanni Paolo II. A tutti i suoi connazionali – in Polonia, nel mondo, a voi qui presenti oggi a Castel Gandolfo – auguro che Maria, la più buona delle madri, vi avvolga con il suo manto nella lotta contro il male, interceda nella richiesta delle grazie, vi mostri le strade che conducono a Dio”.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria. Violenze e morti a Homs e Aleppo. Annan andrà a Mosca. Intervista con il nunzio mons. Zenari

    ◊   Nuove violenze, oggi, in Siria, dove si registrano scontri ad Aleppo e Homs, in cui si contano nove morti. Intanto, l’agenzia di stampa ufficiale, Sana, ha diffuso le presunte confessioni di due fratelli che affermerebbero di essere gli autori del massacro dei giorni scorsi nel villaggio di Tremseh, in cui oggi torneranno gli osservatori dell’Onu. Secondo Damasco, che respinge la responsabilità della strage e nega di aver utilizzato armi pesanti, il bilancio è di 39 vittime e non 100 come diffuso dagli attivisti. Sul fronte internazionale, inoltre, l'Iran si è detto pronto ad aiutare il dialogo tra governo siriano e opposizione, mentre martedì Kofi Annan sarà a Mosca per discutere la situazione. Le Nazioni Unite, infine, lanciano l'allarme: le operazioni umanitarie rischiano di essere ridimensionate per la mancanza di fondi. Sull’escalation di violenza in Siria, Benedetta Capelli ha intervistato il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari:

    R. - Purtroppo la mia esperienza e quello che vedo, è che queste atrocità sono le punte di tanti iceberg e sotto la situazione è veramente inquietante. Ogni giorno, si assiste al deterioramento della situazione, una insicurezza che aumenta di giorno in giorno lungo le strade ed in vari luoghi, la gente ha paura ad uscire e le armi circolano sempre di più. Ci sono questi fatti abominevoli, che feriscono la coscienza dell’umanità, ma io dico che bisogna sempre avere fiducia e mai perderla, come la speranza, perché tutto può succedere anche in maniera positiva, con l’aiuto della comunità internazionale.

    D. - E’ stato fatto, tra l’altro, l’appello più grande da parte della comunità internazionale verso la Russia e la Cina, che hanno avuto un atteggiamento un po’ più attendista nei confronti del presidente Assad…

    R. - Io ripeterei sempre le raccomandazioni del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e dell’inviato speciale, Kofi Annan, occorre che la comunità internazionale parli a una sola voce, perché altrimenti se la comunità internazionale è divisa, le parti in conflitto alle volte si sentono libere di fare quello che meglio conviene a loro. Bisogna spingere, incoraggiare la comunità internazionale a parlare con una sola voce, affinché si arrivi a far cessare la violenza, questa è la prima necessità veramente urgente. Far cessare questa violenza, che anziché diminuire aumenta purtroppo di giorno in giorno.

    D. - Lei ha parlato di fatti “abominevoli”, purtroppo vittime di questa violenza, ogni giorno, sono anche i bambini e questo aggrava ancora di più la situazione.

    R. - Farei riferimento a quello che il Santo Padre ha detto nel suo discorso ai partecipanti alla Roaco (Riunione delle Opere in aiuto alle Chiese orientali), circa tre settimane fa. Parlando della Siria, il Santo Padre ha espresso innanzitutto la Sua solidarietà profonda con i dolori e le gravi sofferenze dei fratelli e delle sorelle siriane, ed in particolare ha menzionato - cosa che mi ha toccato - la Sua partecipazione alle sofferenze di piccoli innocenti, che secondo le statistiche superano ormai le 1200 vittime.

    D. - Qual è l’appello che sente di lanciare in questo momento e volevo anche sapere se c’era una condivisione, lei prima ha parlato dei musulmani…

    R. - Credo che la provvidenza, in questo momento, interpelli tutti i cristiani su quel’è la volontà di Dio, qual’è il contributo che i cristiani devono dare in questo momento, in questo Paese. Vediamo che anche la gente attorno a noi - sia cristiani, che musulmani - si sentono incoraggiati dal nostro rimanere, dalla nostra presenza. Si vedono anche alcuni begli esempi di collaborazione ecumenica, sotto le bombe si vedono dei miracoli: comunità cristiane, ortodosse, cattolici che veramente agiscono con una fraternità esemplare, che si aiutano e vanno oltre a tutte queste distinzioni e difficoltà. Anche tra cristiani e musulmani ho avuto qualche esempio: in questi luoghi, sotto le bombe, alle volte come veramente ci sia uno spirito di umanità e vediamo come la fratellanza umana trova veramente delle strade per unire e far saltare tutte queste distinzioni.

    D. - In Siria ci sono delle testimonianze luminose di aiuto, di soccorso, i cosiddetti “fiori nel deserto”…

    R. - Direi che sbocciano in circostanze così inaspettate, alle volte, l’umanità c’è da una parte e dall’altra. Ieri, una signora mi diceva che tutte le mattine va a messa e deve attraversare i posti di blocco - sia militari, governativi, che di ribelli - e questa fedele che passa davanti ai militari dice: “io vado a pregare per voi” e loro le rispondono “si, preghi, preghi per noi” e così fanno anche gli altri fedeli. Anche testimonianze così, molto semplici, possono far bene in questo deserto in cui sempre si vede e si parla di atrocità e si pensa che l’umanità sia decaduta e sia difficile trovare questo “humus humani”, invece c’è in tanti cuori.

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    Nigeria, testimonianza di una suora: la paura sta logorando convivenza tra cristiani e islamici

    ◊   Cresce nelle comunità cristiane nigeriane il timore che i ripetuti sanguinosi attacchi subiti dai gruppi islamisti possano innescare un conflitto religioso ed etnico in tutto il Paese. Suor Caterina Dolci, missionaria delle Suore del Bambin Gesù di Nicola Barré, da 27 anni in Nigeria, nello Stato di Taraba (nordest), racconta, al microfono di Fabio Colagrande, la paura dei cristiani locali, da tempo nel mirino della setta integralista Boko Haram e prova a spiegare i motivi di questi attacchi:

    R. – I motivi di questi scontri sono molto complessi. Comunque, in molte degli appartenenti a Boko Haram, c’è certamente la ricerca di un potere. In quest’ultimo periodo la Nigeria è governata da un presidente cristiano, ma alcuni gruppi fondamentalisti islamici non lo vogliono: vogliono avere un presidente musulmano. Negli ultimi anni – praticamente dal 2009 – si è formato questo gruppo Boko Haram, che sta cercando di distruggere la Nigeria per una questione di potere: usano il fattore religioso, che in Nigeria è molto, molto importante, per mettere la gente l’una contro l’altra. Il fattore etnico e il fattore religioso vanno molto insieme: se si attacca una tribù, vuol dire che si vuole attaccare anche la sua religione. Dietro Boko Haram ci sono persone interessate a questa distruzione, anche perché alcune di queste persone sono finanziate da politici, ex dittatori che hanno interesse a riacquistare il potere.

    D. – Colpisce l’incapacità del governo di difendere le comunità cristiane?

    R. – Sì e purtroppo questo è uno dei grandi problemi. Ogni volta che c’è qualche attacco, il presidente promette che sarà l’ultimo. ma, invece, continuano a ripetersi. Il nostro presidente è una persona – diciamo – brava, ma evidentemente è molto debole: ci sono delle forze dietro di lui che sono molto più potenti di lui. E’ difficile denunciare i colpevoli, perché si metterebbe a rischio la propria vita. La gente praticamente si sente abbandonata, anche perché, a volte, la polizia e i militari sono di parte, per cui non si capisce bene chi deve difendere i poveri cittadini. Anche nelle Chiese ormai si sono praticamente formate delle persone, appartenenti alla chiesa, che fanno un po’ di sorveglianza alle chiesa: anche questo, però, non è mai sufficiente perché questi episodio continuano a ripetersi.

    D. – Com’è la convivenza, in generale, fra cristiani e musulmani in Nigeria?

    R. – Direi che la convivenza non è mai stata un grosso problema: sia nel Sud come nel Nord si sono sempre vissuti rapporti abbastanza cordiali. Anche nella zona dove sono io, a Jalingo, che non è tra le più calde dal punto di vista di questi scontri, la convivenza è sempre stata buona e ci si è sempre rispettati. In questi ultimi anni, la convivenza è problematica anche da noi, dove non si sono verificati grossi scontri: ormai non ci si fida più degli altri: per cui i cristiani non si fidano più dei musulmani, i musulmani non si fidano più dei cristiani, perché la persona che incontri potrebbe essere un potenziale nemico. Si sono create delle situazioni che non corrispondono al desiderio della gente, che è sempre vissuta tranquillamente, in pace.

    D. – Quindi, il pericolo è che questi attacchi, che hanno motivazioni politiche e economiche, portino però ad un vero e proprio conflitto religioso: lei ha questo timore?

    R. – Il timore è che ci sia veramente un conflitto che coinvolga tutta la nazione e che sia un conflitto religioso ed etnico. Mentre all’inizio di questi avvenimenti così dolorosi non si pensava che qualcosa di più grave potesse subentrare, adesso si vede che il pericolo aumenta. Siamo anche grati all’Italia, perché so che un gruppo di parlamentari hanno lanciato l’iniziativa “Fermiamo la strage dei cristiani in Nigeria”, raccogliendo le firme. Mi sembra che sia importante che anche i governi europei – il governo italiano lo sta facendo – facciano pressioni presso le autorità politiche in Nigeria affinché la situazione si risolva in modo più positivo.

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    Medici Senza Frontiere: allarme mine antiuomo nello Yemen

    ◊   Un appello alle autorità yemenite e alle organizzazioni specializzate è stato lanciato dall’organizzazione Medici Senza Frontiere (Msf), allarmata per il crescente numero di vittime delle mine antiuomo che si sta registrando nello Yemen. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Ci sono molti bambini e molti di loro sono in pericolo di vita, tra le vittime degli ordigni inesplosi o delle mine antiuomo piazzati nello Yemen meridionale, fino al mese scorso dilaniato dai combattimenti tra le forze regolari e i ribelli, ritenuti legati alla rete terroristica di al Qaeda. Le zone, liberate a giugno dalle truppe governative dopo una lunga offensiva, sono ora disseminate di mine che si ritiene siano state lasciate dai terroristi prima di fuggire. Centinaia di famiglie sfollate sono potute rientrate nelle loro case nelle città meridionali di Jaar, Lawdar e Zinjibar e sono proprio loro le vittime, totalmente ignare del pericolo che li circonda. Medici Senza Frontiere chiede aiuto alla comunità internazionale e alle organizzazioni specializzate, affinché sostengano le autorità nazionali e locali nelle opere di bonifica e di educazione agli abitanti in pericolo. Claudia Lodesani è il coordinatore medico di Msf nello Yemen. L’abbiamo raggiunta telefonicamente a Sana’a:

    R. - Nel nostro ospedale, in tre settimane, abbiamo ricevuto 21 persone di cui 12 bambini. Di questi, tre erano morti. E questo solo nel nostro ospedale. Nell’ultimo mese, soprattutto negli ospedali di Aden, si parla di un centinaio di persone. Calcolando che questa zona durante la guerra era praticamente disabitata, adesso c’è tutto il ritorno degli sfollati e quindi stiamo assistendo all’inizio del problema.

    D. - Sono in atto opere di sminamento da parte di qualcuno o di organizzazioni governative o di Ong?

    R. - Io ho visitato questa zona quattro giorni fa e ci sono gli sminatori del governo, questo è vero. Però, chiaramente, si può immaginare come siano attrezzati: non hanno le stesse strumentazioni che possiamo avere noi, quindi è una cosa che va molto a rilento e per ora ci sono solo loro. Diciamo che il governo sta facendo qualcosa però è molto poco, e comunque con delle risorse molto limitate.

    D. - Voi avete denunciato questa situazione: ma cosa volete volete sollecitare?

    R. - Secondo noi, ci sono due tipi di problemi: uno, appunto, l’aiuto nello sminamento e l’altro problema è che non ci sono campagne di sensibilizzazione per la popolazione. Noi non abbiamo esperienza specifica in questo, non essendo medici. Peròci sono le organizzazioni che hanno le competenze specifiche. Per ora, in questo senso, non è stato fatto nulla. Quindi, noi stiamo iniziando a muoverci anche contattando queste organizzazioni per proporre loro di venire, perché noi personalmente non abbiamo esperienza. Lo facciamo, ma è un po’ difficile perché sono progetti specifici. C’è scarsa sensibilizzazione dei bambini nelle scuole e tra gli sfollati che tornano. Ciò che vogliamo sollecitare è, da una parte, la possibilità di coinvolgere delle associazioni per le opere di sminamento, dall’altra sensibilizzare alla popolazione.

    D. - Voi riuscite in qualche modo ad occuparvi anche della costruzione delle protesi necessarie soprattutto ai bambini?

    R. - Noi sicuramente li prendiamo in carico nel momento in cui avviene il fatto, quindi purtroppo siamo noi che dobbiamo gestire le amputazioni,cioè il momento più drammatico. Abbiamo un ospedale di secondo livello in Giordania dove possiamo inviarli per la ricostruzione. Siamo in contatto con altre associazioni, in particolare con un’associazione locale sostenuta dalla Croce rossa internazionale che mette a disposizione le protesi. Abbiamo una rete di contatti.

    D. - Tutto questo poi prevede chiaramente anche dei lunghi tempi di riabilitazione. Come vi regolate?

    R. - Si gestisce caso per caso. Comunque, noi abbiamo anche la possibilità di fare fisioterapie sia nei nostri ospedali che in Giordania. Diciamo che in questo momento, visto che tutti questi pazienti sono molto recenti, è troppo presto per pensare alle protesi. Ci sono dei tempi d’attesa. Dipende da caso per caso. Poi, si cerca di supportarli con degli psicologi, perché quando i bambini si trovano un arto amputato si può facilmente immaginare come un sostegno di questo tipo sia necessario.

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    "Vescovo di libertà e speranza": il ricordo della sorella di mons. Mazzolari a un anno dalla sua scomparsa

    ◊   Il Sud Sudan ricorda oggi mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek. Nella Cattedrale della Sacra Famiglia è stata celebrata stamani una Messa per ricordare la sua scomparsa, avvenuta il 16 luglio 2011 a causa di un malore che lo aveva colto mentre celebrava l’Eucaristia. Per trent’anni, mons. Mazzolari ha dedicato la sua vita ai sudanesi che lo hanno amato moltissimo. Quale l’eredità lasciata dal missionario comboniano? Benedetta Capelli lo ha chiesto alla sorella, Marianna Mazzolari:

    R. – Senz’altro, ha lasciato una grande eredità: aveva grandi progetti per la sua gente. Ne aveva iniziato uno molto importante e quello ce lo ha lasciato in eredità e noi sentiamo fortemente il desiderio di portarlo a termine: si tratta della scuola di Cuiebet. L’eredità che ci ha lasciato personalmente, a me come sorella e alla famiglia, è senz’altro un qualcosa di spirituale, perché come sacerdote sapeva darmi molto. Per noi, per la nostra famiglia è stata ed è una grande mancanza. Sentiamo un grande vuoto…

    D. – Quello che emerge di mons. Mazzolari è una completa identificazione con la storia del Sud Sudan: in fondo se ne è andato quanto questo Paese ha raggiunto l’indipendenza…

    R. – Esatto. Lui aveva questa grande ansia di far conoscere la situazione del Sud Sudan. Era felicissimo e provava grande gioia, perché la sua gente stava arrivando all’indipendenza. La gente era felice e di riflesso lo era anche lui.

    D. – Molti lo hanno definito un vescovo di speranza e di libertà: è una definizione che lei sente appropriata per suo fratello?

    R. – Erano parole che lui diceva sempre, perché parlava sempre di speranza e di libertà per il suo popolo. Queste erano parole che pronunciava tanto. Io ho avuto modo di andare tre volte in Sudan e ho dei ricordi veramente emozionanti con la sua gente. Quando sapevano che ero la sorella, mi tributavano un tale ringraziamento: tutti mi abbracciavano, con gioia. Sentivano "Mazzolari" e solo all'udirlo gioivano, saltano, si mettevano a ballare, mi facevano festa. Questo per me aveva un grande significato. Una manifestazione così non la si fa a tutti… Per loro rappresentava senz’altro una speranza e questo loro me lo dicevano. Sono stata in Sudan anche ai funerali e ho avuto cosi tante manifestazioni: io non capivo la loro lingua, loro non capivano la mia, ma con i gesti sapevano dirmi il loro grande dispiacere. Sono state tante le donne che sono venute ad abbracciarmi; mi facevano segno che i loro occhi piangevano e il loro cuore era triste. Con l’espressione mi dicevano tutte queste cose. Lui ha lavorato tanto per le donne: anche questa scuola – che era il suo grande progetto – è nata dalle donne, che hanno manifestato il desiderio di istruzione per i loro figli. Avevano capito che l’istruzione poteva dar loro la possibilità di conoscere, di portare avanti il loro Paese, che è così martoriato e che ha tanto bisogno di risorgere. I funerali sono stati, per me, una cosa grandissima. Lui era così umile in tutte le sue cose che credo, vedendo tutto quello che è stato fatto, direbbe: no, non ho tutto questo merito! Ha dedicato i suoi ultimi 30 anni di vita ad un Paese che voleva aiutare e questo la gente lo ha compreso: è stata vicino a lui e hanno cercato insieme qualcosa per far risorgere questo Paese.

    D. – Mons. Mazzolari le raccontava mai di avere delle difficoltà, invece, in questo Paese?

    R. – Lui raccontava, ma non diceva molto. Sa che io tante cose le ho saputo dopo: certi fatti e certe situazioni le abbiamo conosciute soltanto dopo. Io ho ricevuto tantissima posta. Lui in famiglia non diceva molto, probabilmente per lascarci tranquilli. Quando era con noi, ci stava anche tanto poco, vivevamo il pranzo, la sua Messa celebrata in casa era per noi una cosa veramente speciale. Lo abbiamo sempre chiamato padre Cesare, mai Cesare: anche noi fratelli, noi famiglia, perché sin da quando siamo nati la nostra mamma ci ha insegnato il rispetto verso di lui. Ci manca tantissimo… Era dolcissimo: nelle ricorrenze ci chiamava, ai compleanni ci mandava dei biglietti bellissimi, con delle immagini e delle parole che erano solo sue e che ci toccavano. Gli davo informazioni delle persone che venivano a mancare dalla nostra famiglia e lui scriveva delle lettere bellissime da consegnare ad ogni famiglia. Quando veniva a mancare qualcuno della nostra famiglia, si aspettava un suo biglietto: era veramente un biglietto di consolazione.

    D. – Come vorrebbe che suo fratello fra dieci anni fosse ricordato?

    R. – In modo molto semplice. In questi giorni ci sono tanti avvenimenti, ma la cosa a cui tengo veramente di più è la messa nella Chiesa dei Comboniani, dove lui è entrato quando era ancora un ragazzino, aveva solo nove anni. Io ci tengo particolarmente a questa Messa, perché per me è il momento più sentito e in cui me lo sento più vicino.

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    Palermo celebra Santa Rosalia. Il cardinale Romeo: urge creatività nell'annuncio del Vangelo

    ◊   L’arcidiocesi di Palermo celebra oggi la sua patrona Santa Rosalia, che la tradizione vuole abbia liberato la città dalla peste nel XVII secolo. Le iniziative a ricordo del miracolo prendono il nome di Festino e se ne ha memoria dal 1625. I momenti più importanti sono la notte del 14 luglio, quando sfila il "Carro trionfale" con la Santa insieme ad un corteo, e la solenne processione delle reliquie oggi. La giovane eremita che i palermitani chiamano “santuzza”, è venerata sul Monte Pellegrino, dove furono ritrovate le spoglie e un suggestivo santuario ricorda la sua testimonianza di vita. Al microfono di Tiziana Campisi l’arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo, spiega il senso e il significato del "Festino di Santa Rosalia":

    R. - Soprattutto in queste ultime decadi, i vari pastori che si sono succeduti alla guida di questa arcidiocesi, hanno insistito sul significato del "Festino". Non si tratta di ricordare attraverso questa celebrazione la peste sanitaria che colpì la città, ma ricordare che ci sono delle nuove pesti che affliggono la società e che mortificano l’uomo: i vizi, la corruzione, l’indifferenza... Come arcivescovo di Palermo, elevo la mia preghiera al Signore, perché questo desiderio di liberazione da tutti questi pesi che gravano sul nostro cuore, possa essere guidato da Santa Rosalia, la quale ci insegna a dare a Dio la priorità della nostra vita, e l’amore ai fratelli nella nostra attività.

    D. - Come arcivescovo di Palermo, quale messaggio vuole dare ai suoi fedeli per questo 380.mo festino?

    R. - Dobbiamo chiederci: si può dire che la nostra Chiesa stia procedendo verso una radicale conversione pastorale, che non dando per scontata la fede dei molti cristiani, inventi creativamente dei nuovi percorsi di annuncio del Vangelo? Se noi accogliamo l’invito del Santo Padre di questo anno, che deve farci maturare nella fede, deve dare contenuto al nostro credo - non verbale ma un contenuto di vita - allora questo festino porterà i frutti. La liberazione di questi mali che affliggono la società di oggi, avviene soltanto con la conversione del cuore.

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    L'esperienza "Ol3", laboratorio di politica e socialità ispirato a Giovanni Paolo II

    ◊   È stata presentata nei giorni scorsi, all’Auditorium del Massimo di Roma, attraverso un format teatrale-politico, la nuova realtà di “Ol3 – Né indignati né rassegnati” nata da pochi mesi, che intende trasformare in concretezza l’appello lanciato da Giovanni Paolo II ai giovani durante l’incontro a Tor Vergata nel 2000. Angelica Ciccone ha chiesto a Gianluigi De Palo, presidente di "Ol3" e assessore alla Famiglia, all’Educazione e ai Giovani di Roma Capitale, di raccontare il senso di questa nuova realtà:

    R. - Sono delle persone che si sono messe insieme e hanno deciso di raccontare la bellezza della loro vita, la bellezza della loro vocazione, ovunque essi siano - sia che facciano famiglia, padri e madri piuttosto che professionisti - e soprattutto la bellezza di un impegno politico, che nasce dalla quotidianità delle nostre giornate. Teoricamente è nata 12 anni fa, la notte di Tor Vergata, ma di fatto come associazione ha tre mesi e si propone, avendo una radice legata al discorso di Giovanni Paolo II, a Tor Vergata - il vero nome è “Ol3: né indignati né rassegnati” - di cercare di comprendere per quale motivo, Giovanni Paolo II abbia declinato al futuro il “Voi non vi rassegnerete”. La sensazione allora che noi abbiamo e l’aspirazione che ci diamo è che quella fosse una profezia: mentre tutto crollava, ci sarebbe stata gente che non si rassegnava, che nonostante la crisi economica, nonostante l’angoscia, nonostante la crisi di fiducia nei confronti della vita, c’è gente che non si rassegna e vuole trasformare la rabbia in qualcosa di più costruttivo, che è appunto la non rassegnazione, capace di dare anche degli strumenti per costruire e proporre.

    D. - Quali sono le urgenze e gli appelli della società contemporanea a cui vuole dare una risposta?

    R. - Il problema più grande è che si parla degli argomenti con un approccio ideologico e la difficoltà, quindi, è che con questo approccio noi non entriamo nei problemi, ma li viviamo e ne parliamo in maniera molto fredda, senza volerli risolvere. "Ol3" si propone questo: noi veniamo da un’antropologia cristiana, quindi con un’attenzione molto chiara alla famiglia, alla persona umana, al lavoro, alla salvaguardia del creato e anche con una visione della donna che non sia schiacciata sul discorso femminista tout court, ma che valorizzi la genialità del genio femminile.

    D. - In questa realtà c’è tanto di politico, tanto interesse verso la cittadinanza attiva. Ma c’è qualcosa in più oltre questi aspetti?

    R. - Sicuramente, "Ol3" nasce da un’intuizione e nasce anche dall’esperienza che sto facendo oggi come assessore. Io non volevo fare l’assessore, ma mi trovo a farlo e in questa “vocazione” c’è un certo senso un "sì" a un cambiamento di piani, un "sì" a una rottura di uno schema che mi ero costruito. La volontà è quella di partire da questa esperienza anche politica molto bella, trasformandola però in una consapevolezza nuova per tutte le persone: attori, registi professionisti, persone semplici e ciascuno può dare il proprio contributo per il bene comune. Il bene comune non dipende dal sindaco, dall’assessore o dal consigliere comunale, il bene comune dipende da ciascuno di noi. Dipende da una educazione allo stare insieme, da un rompere uno schema, dal cercare di non rassegnarsi alle cose così come vanno, nasce poi una consapevolezza maggiore da parte di tutti i cittadini.

    D. - Quali sono i passi concreti che volete compiere?

    R. - Si parla sempre di “vino nuovo in otri nuovi”, la maggior parte delle persone con questa frase evangelica mettono l’accento sugli otri, noi insistiamo sul vino. E’ molto più forte un’aggregazione che nasce dai contenuti, piuttosto che un’aggregazione che nasce da un contenitore o ancora peggio da una leadership politica fine a se stessa. La volontà, quindi, è quella di lavorare e di mettere insieme tutte le persone su alcuni temi, per partire appunto dai contenuti: non solo per l’elaborazione di un manifesto, ma anche su una sorta di programma politico su alcuni temi.

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    Aperto il Giffoni Film Festival: 170 film visti e giudicati dai giovani

    ◊   Si è aperto ieri sera il Giffoni Film Festival, la rassegna cinematografica per giovani più famosa al mondo, ricca come sempre di ospiti internazionali e italiani, anteprime in esclusiva e tantissimi film in concorso, animata da migliaia di ragazzi, da sempre il vero cuore pulsante del Festival, che condividono un’esperienza unica e indimenticabile. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Undici giorni di cinema - 170 film in programma - arte, cultura, spettacolo, musica, dibattiti: tutto per avvicinare e coinvolgere 3.300 tra bambini, ragazzi e giovani che giungono da ogni angolo del globo - 54 nazioni e la novità quest’anno di Cina, Venezuela e Argentina - per far vivere loro questa esperienza di incontro e di formazione, soprattutto attraverso il lavoro di giurato, al quale tutti, secondo le diverse fasce d’età, sono chiamati. I numeri sono i numeri: potrebbero spaventare. Gianvincenzo Nastasi, membro della direzione artistica, conosce bene l’organizzazione di Giffoni:

    R. - Bisogna dire che lavoriamo tutto l’anno per questo evento. Ci prepariamo molto per l’evento di luglio e siamo in tanti: tante persone che da anni con esperienza riescono a fare tutto ciò. C’è tutto l’Ufficio delle Giure: ragazze fantastiche che si occupano di contattare i giurati internazionali e le delegazioni. Noi spesso dalla direzione artistica lanciamo dei “contest creativi” per i giurati italiani, così da selezionarli durante tutto l’inverno. Quindi arrivano qui che, in qualche modo, già li conosciamo e questo ci facilita la cosa.

    D. - Come preparate i giovanissimi giurati?

    R. - Facendo capir loro quanto sia importante essere qui, quanto sia bello e quanto siano fortunati a essere qui: noi abbiamo migliaia e migliaia di richieste e purtroppo dobbiamo dire “no” a tanti ragazzi. Quindi, già il fatto di essere qui è certamente una gioia, ma anche una responsabilità. Cerchiamo, infatti, di responsabilizzarli, perché loro sono effettivamente i giurati ufficiali: a partire dai tre anni, che sono i più piccini, vedono dei film che poi devono votare. Quindi responsabilizzandoli, sì, ma facendoli anche molto divertire: noi abbiamo un approccio molto giocoso e allegro, come è giusto che sia.

    D. - E’ una provocazione, visti i tempi difficili che la nostra società e i giovani soprattutto stanno vivendo, con la precarietà che appesantisce le loro prospettive e i valori che si opacizzano, proporre la felicità come filo conduttore?

    R. – Assolutamente sì. E’ proprio in quest’anno che bisogna provare a essere felici, a rilanciare la felicità. Noi, che abbiamo la fortuna al Giffoni di lavorare con i ragazzi, che rappresentano davvero non solo il futuro, ma anche il presente della nostra società, dobbiamo proporci con animo davvero luminoso e positivo. Io penso che la creatività, la scuola e tutto ciò che riguarda il mondo dei ragazzi possa essere il nostro bacino, il nostro motore per ripartire. Quindi, è giusto che da Giffoni parta una rinascita attraverso la parola felicità.

    D. - Finisce il Festival e si torna a casa: qual è l’esperienza che il giurato porta con se e conserva?

    R. – Abbiamo la fortuna che con questi ragazzi continuiamo ad avere un rapporto e quando leggiamo le lettere che ci scrivono, quello che noi vediamo che portano dentro, i loro sguardi, le emozioni che vivono qui. Noi a volte non ce ne rendiamo conto, ma abbiamo davvero la possibilità di mostrare altre strade, di mostrare un mondo fatto di condivisione, di culture che s’incontrano. Ci sono ragazzi che vengono da Paesi in cui, magari, non c’è nemmeno il cinema: vengono qui e riescono a parlare con un ragazzo che vive dall’altra parte del mondo. Questa è la cosa più bella: quando riceviamo le lettere dei ragazzi che ci dicono quanto il Giffoni gli abbia fatto bene. Questo è ciò che dà un senso al nostro lavoro.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Afghanistan. Duplice esplosione nella provincia di Logar

    ◊   Una duplice esplosione ha insanguinato oggi Pul-i-Alam, capitale della provincia di Logar, nel centro dell’Afghanistan, ferendo almeno 18 persone, alcune versano in gravi condizioni. La prima deflagrazione è avvenuta in un’area di uffici pubblici, dove si trova anche la sede della Croce Rossa locale, mentre il secondo ordigno è scoppiato all’arrivo dei soccorritori. Intanto il ministro dell’Istruzione afghano, Obaidullah Obaid, è sfuggito a un attentato nella provincia centrale di Baghlan mentre, scortato dalla polizia, viaggiava verso la provincia settentrionale di Kunduz. Due agenti della sicurezza sono stati ricoverati in ospedale in gravi condizioni. Già ieri 23 persone erano morte e 30 erano rimaste ferite in un attentato kamikaze, finora non rivendicato, durante una festa di matrimonio ad Aybak, nella provincia di Samangan, nel nord del Paese, in cui è rimasto ucciso anche il capo dell’intelligence locale. (R.B.)

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    Piogge torrenziali in Giappone. Oltre una ventina le vittime, migliaia gli sfollati

    ◊   Ha raggiunto “livelli senza precedenti” l’ondata di piogge torrenziali che da giorni ha colpito il Giappone e che, stando alle previsioni meteo, causerà nuovi smottamenti e inondazioni. Particolarmente grave è la situazione dell’isola meridionale di Kyushu, dove quasi tutte le strade sono invase dall’acqua, circostanza che rende quasi impossibile il lavoro dei soccorritori. Il bilancio delle vittime è salito a 24, dopo il ritrovamento di due corpi nella prefettura di Fukuoka, mentre la maggior parte dei morti si registra ad Aso. I dispersi sono 8, ma ci sono circa cinquemila persone che risultano isolate e 260mila evacuate. Gli sfollati sono ospitati in scuole ed edifici pubblici mentre le autorità stanno provvedendo a trasferire anziani e malati negli ospedali. L’agenzia meteo locale mantiene lo stato di massima allerta in sette prefetture: Kumamoto, Fukuoka, Oita, Saga, Nagasaki, Hiroshima e Yamaguchi. (R.B.)

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    Pakistan: l'impegno della Chiesa per la formazione dei giovani cattolici

    ◊   Le priorità per i giovani cattolici pakistani sono la formazione alla fede, l’educazione sul tema dei diritti umani, l’impegno alla costruzione della pace, secondo la Dottrina sociale della Chiesa: il tutto per formare cittadini consapevoli e di valore. Lo dice all’agenzia Fides padre Ashraf Gill, responsabile dell’Ufficio di pastorale giovanile nell’arcidiocesi di Lahore, in Punjab, raccontando il suo lavoro di animazione degli oltre 50 mila giovani cattolici presenti nelle chiese locali della sua arcidiocesi. Alla vigilia delle attività di formazione estive, come un campo-scuola dedicato a “Fede e ecologia”, padre Gill descrive “giovani vibranti nella fede, appassionati nell’annuncio del Vangelo, convinti della loro identità cristiana, che rappresentano una buona speranza per la Chiesa in Pakistan”. I giovani, rimarca, “si stanno preparando per la Giornata Mondiale della Gioventù del 2013 in Brasile e sperano di potervi partecipare numerosi”. Alla recente Gmg di Madrid, solo due giovani per diocesi hanno potuto partecipare, nonostante oltre 1.000 richieste. La Spagna infatti non ha concesso il visto di ingresso nel Paese, mentre molti giovani hanno avuto anche difficoltà economiche. La vitalità della gioventù cattolica in Pakistan è forte. Di recente, mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad-Rwalpindi e presidente della Commissione per i giovani della Conferenza episcopale, ha organizzato una settimana di formazione centrata sul messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace 2012. Il vescovo ha parlato ai giovani di “giustizia, uguaglianza, amore, rispetto, perdono e altri valori” che “ci permettono di diventare persone di valore per la società”. All’incontro è intervenuto anche padre John Shakir Nadeem, segretario esecutivo della Commissione episcopale per le Comunicazioni Sociali, con una relazione su “Il ruolo dei media nell'educazione della gioventù”. Padre Nadeem ha rimarcato il potere dei mezzi di comunicazione, lanciando un appello ai media perché lavorino con le famiglie e le istituzioni educative promuovendo i valori di unità, tolleranza, amore, uguaglianza, sacrificio, giustizia, rispetto dell’umanità e fratellanza. Così, ha detto, si permette ai giovani di diventare “buoni cittadini”. (R.P.)

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    Notte di paura in Messico: criminali assaltano campeggio di giovani cattolici

    ◊   Una notte di puro terrore è quella che hanno vissuto giovedì scorso – ma la notizia è stata diffusa soltanto oggi – circa 90 giovani cattolici accampati per un ritiro spirituale nel parco ecologico di Ixtapaluca, nella periferia sudorientale di Città del Messico. Secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti, intorno alla mezzanotte un gruppo di persone armate tra cui una donna, hanno fatto irruzione sparando in aria, hanno costretto i giovani a uscire dalle tende, li hanno picchiati e rapinati e hanno violentato sette ragazze minorenni. La banda ha finalmente lasciato il camping intorno alle 3 del mattino. Tra le ipotesi degli investigatori, che sarebbero in possesso degli identikit dei criminali, c’è la possibilità che l’unico guardaboschi in servizio nell’area abbia aperto i cancelli agli aggressori rendendosene complice. In Messico, si sta assistendo da tempo all’escalation di una nuova ondata di violenza, in particolare rivolta contro le donne: secondo un rapporto pubblicato mercoledì scorso da Amnesty International, la polizia riesce a risolvere solo un caso di stupro su 21. (R.B.)

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    Francia: a Parigi una nuova chiesa per tremila fedeli caldei

    ◊   Nel 2014 Parigi avrà un‘altra chiesa caldea. La capitale francese ospita già due edifici di culto per i caldei, all‘incirca 18 mila in tutta la Francia dei quali quasi 11 mila vivono a Parigi ed a nord della capitale. La nuova chiesa che sorgerà ad Arnouville, nord di Parigi, sarà dedicata a San Giovanni, che trascorse una buona parte della sua vita in Turchia, Paese dal quale provengono molti dei fedeli caldei che vivono in Francia. Secondo il sito Baghdadhope, ripreso dall'agenzia Sir, che riporta le parole di padre Sabri Anar che guida la chiesa di San Tommaso Apostolo a Sarcelles nel dipartimento della Val-d‘Oise nella regione dell‘Île-de-France, il nuovo edificio di culto servirà una comunità di circa 500 famiglie, equivalente a circa 3.000 persone, che ne faranno il proprio punto di riferimento. Una comunità numerosa e viva se contiamo i 220 battesimi celebrati lo scorso anno, i 75 matrimoni, i 1.100 studenti di catechismo, i 188 bambini che si stanno preparando alla prima comunione ed i 150 studenti di aramaico. Il terreno su cui sorgerà (circa 4.500 mq) è stato acquistato dalla comunità caldea in due tempi e la posa della prima pietra è prevista per la fine del 2012. L'edificio, che nella forma ricorderà le ziqqurat mesopotamiche, ospiterà la chiesa ma anche sale riunioni, sale per seminari e catechismo nonché gli alloggi per i sacerdoti, ed ad esso si affiancheranno una scuola privata ed una casa di riposo. (R.P.)

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    Brasile: 11.mo Incontro internazionale delle Équipes Notre Dame

    ◊   “Osare il Vangelo”: su questo tema discuteranno, dal 21 al 26 luglio, nella città di Brasilia, i partecipanti all’11.mo Incontro internazionale delle Équipes Notre Dame, il movimento di spiritualità coniugale nato nel 1939 su iniziativa del sacerdote francese, padre Henri Caffarel. L’obiettivo era di promuovere un’esperienza seria e piena del matrimonio cristiano. Significativo il logo che è stato scelto per l’evento: ispirato al ritrovamento, nel Rio Paraíba, dell’immagine della Vergine di Aparecida, Patrona del Brasile, il logo presenta una coppia di coniugi che si tiene per mano a bordo di una piccola barca, così da simboleggiare l’esperienza della spiritualità coniugale. Sullo sfondo, poi, dei colori nazionali brasiliani - ovvero verde, giallo e bianco - si staglia la cifra 2012, con uno zero formato dall’intreccio di due vere nuziali, segno del sacramento del matrimonio. Oltre ottomila i partecipanti previsti all’evento; tra loro anche 200 portoghesi ed 80 rappresentanti di altri Paesi lusofoni. “La Chiesa in Portogallo – spiega in un’intervista all’agenzia Ecclesia mons. Joaquim Mendes, vescovo ausiliare di Lisbona e membro della Commissione episcopale per il laicato e la famiglia – considera le coppie cristiane come un pilastro essenziale per riavvicinare alla fede le comunità più lontane”. Sottolineando come la Chiesa sia “molto attenta alle sfide ed ai bisogni delle coppie cristiane” e si impegni ad “accompagnarle nella loro testimonianza”, mons. Mendes mette in luce un obiettivo specifico: “Aiutare i coniugi cristiani a fare da esempio e da stimolo per altre coppie, donando il loro contributo all’evangelizzazione delle famiglie”. L’auspicio del presule portoghese – che in Brasile sarà accompagnato dai mons. Manuel Clemente, Virgílio Antunes e António Francisco dos Santos, rispettivamente vescovi di Porto, Coimbra e Aveiro – è che l’evento di Brasilia aiuti le coppie partecipanti “a riscoprirsi ed accettarsi come progetto e dono di Dio”. Anche perché, continua l’ausiliare di Lisbona, “la verità su se stessi è inseparabile dall’apertura e dalla dedizione alla famiglia, alla Chiesa e alla società”. “Trasformandosi in marito e moglie – conclude il presule – l’uomo e la donna portano benefici a tutti, attraverso la testimonianza cristiana della fedeltà coniugale, l’attenzione all’educazione cristiana dei figli e l’impegno ecclesiale nelle parrocchie e nelle diocesi”. (A cura di Isabella Piro)

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    Africa: a novembre simposio su "cultura e sviluppo" in Tanzania

    ◊   Un colloquio a novembre su “Cultura e Sviluppo in Africa” al quale parteciperanno 60 delegati ufficiali da tutte le Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam) nonché vescovi, sacerdoti, religiosi e laici che operano in Africa. Scopo del simposio che si terrà a Dar-es-Salam in Tanzania e sarà organizzato dal Secam in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Cultura, è quello di arrivare alla costituzione di un Forum permanente sulla Cultura e lo Sviluppo in Africa e di lavorare ad un approccio a questo tema partendo “dalle risorse e dalle sfide del continente africano”. In preparazione al colloquio, si sta svolgendo ad Abidjan, in Costa d‘Avorio l’incontro del comitato direttivo del Simposio per una sessione di lavoro di due giorni. Il Comitato direttivo è sotto la presidenza del cardinale Theodore Adrien Sarr, vicepresidente del Secam e arcivescovo di Dakar (Senegal) e di mons. Barthelemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura. Fanno parte del comitato direttivo rappresentanti delle Chiese in Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, Benin, Tanzania e Madagascar. (R.P.)

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    Usa: al via il 22 luglio la Settimana di informazione sui metodi naturali

    ◊   “Fedelmente tuo”: questo il tema scelto per la prossima “Natural Family Planning (Npf) Awareness Week”, l’annuale Settimana di sensibilizzazione e informazione sui metodi naturali promossa dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb). L'iniziativa, giunta alla sua 11.ma edizione, si terrà dal 22 al 28 luglio in coincidenza con l’anniversario della firma dell’Enciclica di Paolo VI Humane Vitae (il 25 luglio) e con la memoria dei Santi Gioacchino ed Anna, genitori della Vergine Maria (il 26 luglio). “La Settimana offrirà alle coppie sposate e tutti i cattolici l’occasione per comprendere meglio e aderire con più convinzione al messaggio positivo e liberante sulla verità dell’amore coniugale”. Così spiega il senso dell’iniziativa il vescovo di Fort Wayne-South Bend, mons. Kevin Rhoades presidente della Commissione episcopale sui laici, il matrimonio, la vita familiare e i giovani. “Il tema del 2012 – aggiunge – sta a sottolineare la bellezza per i coniugi di essere chiamati a dedicarsi completamente l’uno all’altra”. La Conferenza episcopale ha messo a disposizione sul proprio sito http://www.usccb.org diversi sussidi e materiale di approfondimento, per diffondere la conoscenza e favorire la traduzione pratica degli insegnamenti della Humanae vitae sui metodi naturali, la genitorialità responsabile e sul significato autentico della sessualità umana e del matrimonio cristiano. (L.Z.)

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    Nigeria: nel 2014 Port Harcourt capitale mondiale del libro

    ◊   Port Harcourt non è soltanto il cuore dell’industria petrolifera della Nigeria ma anche, almeno per il 2014, la capitale mondiale del libro: lo ha deciso l’Organizzazione dell’Onu per la cultura, la scienza e l’istruzione (Unesco), attribuendo per la prima volta questo riconoscimento a una città dell’area subsahariana. La direttrice generale dell’Unesco, Irina Bokova, ha detto di aver voluto premiare “manifestazioni tese a garantire un’ampia partecipazione di pubblico” e in particolare “programmi per l’alfabetizzazione con iniziative organizzate per tutto l’anno”. Anche se non prevede stanziamenti finanziari, si sottolinea in una nota ripresa dall'agenzia Misna, la decisione dell’Unesco costituisce “un riconoscimento simbolico per i migliori programmi dedicati ai libri e alla lettura. Port Harcourt è la principale città del Delta del Niger, una regione affacciata sul Golfo di Guinea dove lo sfruttamento petrolifero su larga scala ha finito per aggravare i problemi della disoccupazione e della povertà. Dall’anno scorso molte speranze sono legate all’elezione di Goodluck Jonathan, primo presidente della Nigeria originario del Delta. (R.P.)

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    Bielorussia: pellegrinaggio delle reliquie di santa Teresa di Gesù Bambino

    ◊   Dopo aver visitato l’Ucraina, la Polonia e la Russia, le reliquie di S. Teresa di Gesù Bambino giungono ora in Bielorussia. Il loro pellegrinaggio nelle parrocchie cattoliche del Paese - riferisce l'agenzia Sir - è previsto per l’estate del 2013, su iniziativa dell’Ordine delle carmelitane scalze. “Prima di tutto bisogna sottolineare che questo pellegrinaggio è estremamente importante per il rinnovamento della vita spirituale del nostro Paese. Possiamo dire che S. Teresa è molto conosciuta e venerata nella nostra regione. In molti luoghi - ha spiegato Sergei Tristen - vi sono infatti numerose icone in cui la santa è ritratta con petali di rosa tra le mani”. Tristen ha espresso l’auspicio che il pellegrinaggio delle reliquie possa essere un evento importante per i fedeli di tutte le diocesi. (R.P.)

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    60.mo di sacerdozio del cardinale Martini. Gli auguri della Chiesa di Milano

    ◊   Il 13 luglio scorso è ricorso il 60.mo anniversario dell’Ordinazione sacerdotale del cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, che prese i voti nel 1952 a Chieri, in provincia di Torino. Per questa importante ricorrenza, l’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, e la Chiesa ambrosiana tutta, attraverso il vescovo ausiliare della città, mons. Erminio De Scalzi, che fu a lungo segretario del cardinale Martini quando fu a capo della diocesi del capoluogo lombardo, esprimono in una lettera le proprie felicitazioni al porporato, malato da tempo, pregando il Signore affinché continui a sostenerlo anche in questa prova e ricordando quanto egli fece per la città dove visse ben 22 anni del suo lungo ministero. “Anni di tale intensità umana e spirituale – li definiscono – da fissarsi indelebilmente nel cuore di ogni milanese”. Nella missiva sono richiamate alla mente alcune parole che il cardinale Martini rispose, qualche mese fa, a un giovane che gli domandava se in questa fase della sua vita, la malattia, fosse spaventato dall’eventualità di poter rimanere in silenzio: “Non ho paura, mi chiedo cosa il Signore voglia dirmi con questa crescente difficoltà che da un lato sto combattendo e dall’altro sto accettando – scriveva il porporato citando l’esempio degli ultimi mesi di Giovanni Paolo II – sono ancora in viaggio e come in ogni viaggio vedo e sperimento cose nuove e sento che si tratta di una condizione che apre a orizzonti misteriosi”. La lettera si conclude con la voce di moltissimi fedeli, religiosi e laici che al cardinale Martini sono particolarmente vicini: “Lei ha saputo mirabilmente dialogare aiutando tutti a riconoscere il non credente e il credente presenti nel cuore di ogni persona – si legge ancora – tutti le siamo debitori perché ci ha insegnato che è possibile ascoltare la Parola di Dio anche nel frastuono della metropoli”. (A cura di Roberta Barbi)
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 197

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.