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Sommario del 08/07/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus: non cercare sempre segni e prodigi, è Gesù il più grande miracolo dell’universo
  • Nel ricordo del Concilio: domani, la visita del Papa alla casa dei Verbiti a Nemi
  • Biblioteca Vaticana: 80 mila antichi manoscritti archiviati con le tecnologie spaziali usate dalla Nasa
  • Oggi in Primo Piano

  • Elezioni in Libia: liberali in vantaggio, Obama si congratula per la prova di democrazia
  • Sud Sudan: tensioni alla vigilia del primo anniversario dell’indipendenza
  • Allarme carestia in Somalia. L’Unicef: i bambini sono i più colpiti dall’emergenza
  • Il primo bimbo lasciato nella "Culla della Vita" a Milano: tantissime richieste di adozione da tutta Italia
  • Il bello della famiglia: è il tema della V edizione del Fiuggi Family Festival
  • Progetto "Donne e futuro": un'iniziativa per coniugare lavoro e mondo femminile
  • La devozione dei romani per l'icona della Madonna di San Luca nel Monastero di Santa Maria del Rosario
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Russia: si aggrava il bilancio delle vittime per le alluvioni, almeno 150 morti
  • Siria: ancora vittime in scontri armati, appello di Ban Ki-moon per la fine delle violenze
  • Sud Sudan: cattolici e anglicani insieme per la pace, nel primo anniversario di indipendenza
  • Timor Est: il partito di Gusmao verso la vittoria nelle elezioni legislative
  • Stati Uniti: ondata di caldo fa 30 morti nella costa orientale
  • Una comunità piccola ma vivace: i primi 20 anni della Chiesa in Mongolia
  • Rio 2013: evangelizzazione di strada in vista della Gmg
  • Uruguay: a settembre la 34.ma Giornata della Gioventù cattolica
  • Filippine: i vescovi intervengono in difesa della vita
  • Spagna: congresso su cattolici e vita pubblica incentrato sulla nuova evangelizzazione
  • Appello dei vescovi giapponesi: la polizia non violi la libertà religiosa
  • Francia: fede e cultura nella "notte delle chiese"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus: non cercare sempre segni e prodigi, è Gesù il più grande miracolo dell’universo

    ◊   Gesù è la “trasparenza di Dio”, “il più grande miracolo dell’universo”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI all’Angelus, al Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, il primo nella cittadina laziale da quando vi si è trasferito, martedì scorso, per il periodo estivo. Il Papa ha affermato che spesso, nel cercare segni e prodigi, non ci accorgiamo che il vero Segno è Gesù, “Dio fatto carne”. Quindi, nei saluti in polacco, ha levato una preghiera per la pace nel mondo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “I miracoli di Cristo non sono un’esibizione di potenza, ma segni dell’amore di Dio che si attua là dove incontra la fede dell’uomo”: così, Benedetto XVI all’Angelus in cui, commentando il Vangelo domenicale, si è soffermato sull’incredulità della gente di Nazareth per le guarigioni compiute da Gesù. Un fatto, ha osservato, comprensibile “perché la familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina”. D’altro canto, ha aggiunto il Papa, anche Gesù si meravigliava dell’incredulità della gente di Nazareth:

    “Anche Lui, in un certo senso, si scandalizza! Malgrado sappia che nessun profeta è ben accetto in patria, tuttavia la chiusura del cuore della sua gente rimane per Lui oscura, impenetrabile: come è possibile che non riconoscano la luce della Verità”.

    Perché, ha detto, “non si aprono alla bontà di Dio, che ha voluto condividere la nostra umanità?”. In effetti, ha rilevato il Papa, “l’uomo Gesù di Nazareth è la trasparenza di Dio, in Lui Dio abita pienamente”:

    “E mentre noi cerchiamo sempre altri segni, altri prodigi, non ci accorgiamo che il vero Segno è Lui, Dio fatto carne, è Lui il più grande miracolo dell’universo: tutto l’amore di Dio racchiuso in un cuore umano, in un volto d'uomo”.

    Il Papa ha, dunque, rammentato che la Vergine ha “compreso veramente questa realtà”. Maria, ha detto, “non si è scandalizzata di suo Figlio: la sua meraviglia per Lui è piena di fede, piena di amore e di gioia, nel vederlo così umano e insieme così divino”. Ha quindi esortato i fedeli a imparare da Maria, “Madre nella fede”, a “riconoscere nell’umanità di Cristo la perfetta rivelazione di Dio”. Al momento dei saluti, in un clima particolarmente festoso, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ai pellegrini polacchi della Famiglia di Radio Maria, riuniti a Jasna Gora, che pregano “per la patria, per le famiglie e per la libertà di espressione”. Ha quindi salutato i giovani della Fondazione “Opera del Nuovo Millennio”, ispirata al Beato Karol Wojtyla, che stasera con credenti di diverse religioni eleveranno una preghiera per la pace nell’ex campo di concentramento di Majdanek:

    “Włączam się duchowo w te wydarzenia…”“Mi unisco spiritualmente a questi eventi – ha detto il Papa – imploro il bene e la pace, per il mondo, per la Polonia e per ognuno di voi”. In francese, ha poi invitato i fedeli a non dimenticare Dio, durante le vacanze, continuando a pregare e ad andare a Messa la domenica. Infine, un cordiale saluto alla cittadinanza di Castel Gandolfo che, come da tradizione, lo accoglie con affetto nel periodo di riposo estivo:

    “Saluto cordialmente la comunità locale e auguro a tutte le famiglie di poter avere un momento di riposo e di ricarica fisica e spirituale”.

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    Nel ricordo del Concilio: domani, la visita del Papa alla casa dei Verbiti a Nemi

    ◊   Domani mattina, Benedetto XVI farà una breve visita, strettamente privata, alla casa dei Verbiti a Nemi, dove soggiornò, nel 1965, durante i lavori del Concilio Vaticano II in qualità di perito conciliare. Il Papa sarà accolto dai superiori dei Verbiti presso il Centro "Ad Gentes". Su questa visita, Tiziana Campisi ha intervistato padre Giancarlo Girardi, procuratore generale della Società del Verbo Divino:

    R. - Sarà una cosa molto semplice, il Papa arriverà poco dopo le 11.30 ed entrerà nella chiesa. Lì saremo raccolti tutti noi, soltanto noi religiosi, non altra gente, perché è una visita privata. Ci sarà un momento di preghiera con il Santo Padre, poi il nostro superiore generale, padre Antonio Pernia, farà un saluto di accoglienza, quindi il Papa ci rivolgerà alcune parole e infine benedirà il nostro Centro e poi ci saluterà e ritornerà a Castel Gandolfo. Una visita semplice, ma per noi molto significativa. Lui ha voluto fare questa visita, diciamo strettamente privata - tengo a precisarlo - proprio per ricordare, il fatto che, nel 1965 - i giorni esatti erano dal 29 marzo al 3 aprile 1965 - era qui presente per preparare assieme ad altri periti - 4 vescovi e 5 teologi tra cui anche Congar - l’ultima bozza del Decreto conciliare "Ad Gentes".

    D. - In che modo voi vi state preparando ad accogliere il Papa?

    R. - Noi ci stiamo preparando attraverso il 17.mo Capitolo generale che accoglie qui 150 confratelli provenienti da 65 Paesi diversi. E questi 150 capitolari si stanno preparando perché noi sappiamo che questa visita è un dono voluto veramente dal Santo Padre, forse anche per ricordare il Decreto conciliare "Ad Gentes", ma anche per incoraggiarci come missionari verbiti, oggi 6.100 confratelli sparsi in tutto il mondo, a continuare questa opera di evangelizzazione in tutti e 5 i continenti.

    D. - Quale patrimonio offrite voi alla gente?

    R. - Il patrimonio che noi offriamo alla gente anzitutto è la prima evangelizzazione: questo è il nostro compito come congregazione missionaria. Prima evangelizzazione che poi si esprime in vari modi: predicare il Vangelo attraverso la scuola, l’istruzione – abbiamo parecchie università, una delle più grandi è in Taiwan, prima era in Cina a Pechino –, attraverso il lavoro pastorale, attraverso la costruzione di nuove chiese e nuove realtà, nuove diocesi. Ecco, una delle nostre caratteristiche è che nei Paesi di missione dove noi prendiamo un territorio per costruire la chiesa, per formarla come parrocchia, come entità, una volta che è diventata "adulta" noi la cediamo al clero diocesano e andiamo a ritirarci in un altro luogo per costruire un’altra chiesa ancora, una nuova realtà e un nuovo popolo di Dio.

    D. - Cos’è il Centro "Ad Gentes" oggi?

    R. - Il Centro "Ad Gentes" è la casa che i missionari del Verbo Divino, in particolare il superiore generale padre Johannes Schütte, nel 1960, hanno voluto costruire come servizio o meglio come luogo dove tutti i missionari verbiti, dopo il Concilio Vaticano II, potessero trascorrere un momento di rinnovamento, dai 4 ai 6 mesi. Un rinnovamento spirituale, ma in modo particolare un rinnovamento teologico alla luce del Vaticano II. Questa era la prima idea che ha motivato la fondazione di questa casa. Dopo, questa casa è diventata per molti istituti religiosi anche luogo di incontro, di esercizi spirituali.

    D. - Il Papa vi rivolgerà, dunque, delle parole, ma voi cosa lascerete nel suo cuore?

    R. - Penso che rimarrà colpito nel vedere la diversità di persone che saranno davanti a lui. Ecco, questa penso sarà la cosa più bella che porterà nel cuore: l’universalità della Chiesa, ciò che lui sta facendo anche a livello della Curia Romana: portare nei vari dicasteri rappresentanti che non siano soltanto di una nazione, ma di tutte le nazioni dove la Chiesa cattolica è presente.

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    Biblioteca Vaticana: 80 mila antichi manoscritti archiviati con le tecnologie spaziali usate dalla Nasa

    ◊   C'è una connessione insospettabile tra i circa 80 mila antichi manoscritti conservati in Vaticano e le moderne tecnologie spaziali. La Biblioteca Apostolica Vaticana è infatti l'unica istituzione culturale al mondo ad aver deciso di archiviare digitalmente i propri manoscritti con il formato Fits (Flexible Images Transport System) utilizzato dalla Nasa fin dagli anni '60 per archiviare le informazioni delle missioni astronomiche. Questa scelta innovativa è stata al centro di una sessione speciale della "Settimana europea di Astronomia e Scienza spaziale" - in programma dal 2 luglio ad oggi presso la Pontificia Università Lateranense - dedicata alla "Conservazione a lungo termine dei Beni culturali in formato digitale" e organizzata dalla stessa Biblioteca Vaticana. Fabio Colagrande ne ha parlato con Luciano Ammenti, coordinatore dei Servizi Informatici della Biblioteca:

    R. – Precisamente condividiamo il formato di conversazione: questo formato che si chiama Fits e che è lo stesso che usa la Nasa per le conservazioni delle missioni lunari, è stato condiviso anche dalla Biblioteca Vaticana che, nelle sue istituzioni, con il prefetto in capo, ha fatto un lungo studio sulle possibilità di conservazioni e ha deciso che questo formato poteva sicuramente essere quello giusto per conservare i manoscritti della Biblioteca Vaticana.

    D. – Perché avete scelto proprio questo sistema di memorizzazione?

    R. – Perché è l’unico formato che è in utilizzo da più di 45 anni nel mondo dell’informatica ed è l’unico che ci dà la garanzia di longevità, oltre al fatto di essere open source e cioè completamente gratuito e completamente modificabile, e oltre anche al fatto che è un formato di 64 bit, che vuole dire che i file che saranno con lui generati sono senza limiti di grandezza.

    D. – L’incontro che avete organizzato alla Lateranense vuole fare un po’ il punto su questo tipo di archiviazione digitale, anche confrontarsi sui metodi che vengono usati da altre istituzioni?

    R. – Il nostro scopo era quello di tirare un sassolino nello stagno, nel mondo della conservazione dei beni culturali, che è così importante nell’ambito del territorio nazionale, ma anche in territorio europeo. Ovviamente c’è molta sorpresa, perché questo formato era usato relativamente a missioni spaziali: vedere che la Biblioteca Vaticana si è schierata favorevolmente da questa parte ha arrecato stupore ed interesse. Era proprio quello che volevamo: volevamo una critica costruttiva, al di fuori ovviamente della nostra "isola", per capire se il cammino che stiamo intraprendendo sarà quello giusto.

    D. – Esistono altre istituzioni che stanno intraprendendo strade simili con questo formato?

    R. – No, nessuna. Abbiamo coinvolto in questo meeting tutte le istituzioni possibili proprio per solleticare il loro interesse e anche la loro criticità verso la nostra scelta.

    D. – Dal punto di vista tecnico si tratta di un’archiviazione complicata?

    R. – E’ un’archiviazione complicata, perché l’oggetto è delicato. Utilizzando però le migliori tecnologie tutto si riduce esclusivamente a un controllo delicato e attento del materiale con cui abbiamo a che fare, perché ovviamente il bene che dobbiamo tutelare è quello dei manoscritti e quindi potete immaginare che nessuna di queste cose può essere né deturpata né violata durante il processo di acquisizione.

    D. – E’ un formato tuttora utilizzato dalla Nasa?

    R. – Assolutamente sì e non solo dalla Nasa, ma – ripeto – dal mondo scientifico internazionale, che conserva tutte le informazioni che dai satelliti arrivano sulla terra e anche – da quattro-cinque anni a questa parte – della Biomedicina o Medicina Nucleare: tutte le Tac, le tomografie assiali computerizzate vengono salvate in formato Fits.

    D. – E’ impressionante anche questa contaminazione fruttuosa tra mondo scientifico e mondo umanistico…

    R. – Sì, lo è stato anche per noi. Per questo ci siamo fidati, perché loro con la loro organizzazione – diciamo – spontanea, perché si tratta di un formato open source, sono 45 anni che lo mantengono. L’unica esperienza al mondo di un sistema operativo o di un prodotto software così longevo è il sistema operativo Unix, il padre di Linux e che è il software che "gira" in tutti i telefonini del mondo: anche quello ha 40 anni, anche quello è generato dalla comunità scientifica, anche quello aggiornato dalla comunità scientifica gratuitamente.

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    Oggi in Primo Piano



    Elezioni in Libia: liberali in vantaggio, Obama si congratula per la prova di democrazia

    ◊   E’ stata del 66 per cento l’affluenza alle urne per le elezioni in Libia, le prime dal 1965. Secondo la commissione elettorale hanno votato 1,7 milioni di elettori su quasi tre milioni degli aventi diritto. Tensioni si sono registrate in Cirenaica, dove un uomo è stato ucciso ed un altro è rimasto ferito e Bengasi, cuore della rivolta contro Gheddafi. E mentre i liberali di Maḥmūd Jibrīl si dichiarano in vantaggio nella maggior parte delle regioni, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si congratula col popolo libico "per un’altra pietra miliare nella loro straordinaria transizione verso la democrazia". Ma come si vive a Tripoli il clima delle elezioni? Michele Raviart lo ha chiesto a Cristiano Tinazzi, giornalista freelance che si trova nella capitale libica:

    R. – Il clima che si respira è quello di un “dopo elezioni” festante, con migliaia di persone radunate nell’ex Piazza Verde, ora Piazza dei Martiri. Si attendono comunque ancora dei risultati. Ieri sera, l’Alta Commissione elettorale ha parlato soltanto della percentuale dei seggi aperti, che era intorno al 94 per cento. Ci sono stati vari problemi, soprattutto nell’Est, ma anche nel Sud del Paese, dove non è arrivato il materiale elettorale, per cui alcuni seggi non sono stati aperti; anche sulle montagne il materiale è arrivato solo alle 19.30, per cui decine di migliaia di persone non hanno potuto votare. L’atmosfera comunque è festante, la gente è contenta e tanti dicono di avere votato Maḥmūd Jibrīl.

    D. – Il Partito Liberale, l’erede del Consiglio Nazionale di transizione, si dichiara in vantaggio nella maggior parte delle regioni. Quali sono le forze in campo e sono espressione di quale interesse?

    R. – Le principali forze in campo sono: la coalizione di 58 partiti, guidata da Maḥmūd Jibrīl; poi c’è il partito Ouattan, di Abdelhakim Belhadj, ex comandante militare di Tripoli, che comunque nella capitale ha un forte seguito; e c’è l’incognita dei Fratelli Musulmani, dei quali non si sa quale sarà l’entità del risultato, anche se loro avevano detto, anche abbastanza sfrontatamente, che a Tripoli avrebbero preso intorno al 30-35 per cento. Per quanto riguarda la formazione di Abdelhakim Belhadj, molti puntano il dito verso il Qatar, dicendo appunto che il partito è finanziato illecitamente dai Paesi del Golfo. Queste sono le dicerie che si mettono in giro, ma non c’è niente di certo. L’unico dato di fatto è che il partito di Belhadj, Ouattan ha comprato un ex centro commerciale, che era il più grande di Tripoli, e l’ha trasformato nella sede del suo partito, una sede di sette piani, la più grande che ci sia in tutta la Libia. Di certo gli interessi nazionali sono portati da Jibrīl, che comunque è un uomo di fiducia, un uomo che si apre verso l’Occidente, un uomo che vuol rendere la Libia un Paese aperto al commercio estero, al turismo.

    D. – Come vivono le elezioni i gruppi che sono ancora legati al vecchio regime, a Gheddafi?

    R. – Proprio ieri sono stato nel quartiere di Abu Salim, che era la roccaforte gheddafiana di Tripoli. In quel quartiere l’affluenza al voto è stata leggermente inferiore rispetto alla media della capitale: intorno al 17-18 per cento, nel pomeriggio, mentre nel resto della capitale è stato del 20-25 per cento. Molte persone, interpellate, erano indecise se andare a votare o meno.

    D. – Ci sono stati malcontenti per la divisione dei seggi: 100 alla Tripolitania, ad Ovest; 60 alla Cirenaica; 40 al Fezzan a Sud. Gli indipendentisti sono un pericolo?

    R. – Potrebbero destabilizzare il Paese, se poi legati ad altre persone che non vogliono che questo Paese vada verso un completo sviluppo democratico. Gli autonomisti hanno una buona influenza per quanto riguarda la Cirenaica. La Cirenaica è sempre stata bistrattata da Gheddafi, che ha favorito la Tripolitania; è sempre stata ribelle nei confronti del potere centrale. Le istanze autonomiste, comunque, sono sentite come una sorta di rivalsa, dopo decenni e decenni di abusi, anche territoriali, e di sfruttamento.

    D. – Un anno fa la Libia era in guerra, ora Obama si congratula con il popolo libico per i risultati raggiunti. A che punto è la strada per la democrazia?

    R. – Di certo sarà una lunga strada questa verso la democrazia, perché comunque non tutti quelli che si sono iscritti sono andati a votare. In diverse zone del Paese non si è potuto votare. C’è chiaramente il fenomeno della compravendita dei voti, soprattutto per quanto riguarda le liste indipendenti. Si scommetteva sull’esito favorevole o meno di un’operazione elettorale di questo livello in tutto il Paese. Le aspettative ci sono tutte. I libici sperano che questo sia soltanto il primo passo verso la democrazia.

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    Sud Sudan: tensioni alla vigilia del primo anniversario dell’indipendenza

    ◊   Il 9 luglio dello scorso anno il Sud Sudan si è dichiarato indipendente dal Sudan. L’inizio, dunque, di una nuova fase per il Paese dopo 50 anni di lotte intestine. Tuttavia, permane una situazione di tensione tra Giuba e Khartoum, divise dal controllo di alcune regioni petrolifere, tanto che le Nazioni Unite, pochi giorni fa, hanno prolungato di un anno la missione in Sud Sudan. A preoccupare è pure la grave situazione umanitaria per i profughi di entrambi i Paesi che sfuggono alle violenze. Sono dunque molti i nodi irrisolti tra i due Sudan come conferma, al microfono di Marco Guerra, la prof.ssa Anna Bono, docente di Storia e istituzioni dell’Africa all’università di Torino:

    R. – La principale questione irrisolta è quella dei confini, che non sono stati esattamente definiti e questo ha creato dei contrasti che durano tuttora. Poi l’attribuzione a uno dei due Stati di due regioni per le quali era già previsto che si svolgessero dei referendum, che invece non si sono tenuti. La ragione per cui i referendum non si sono svolti è che la secessione del Sudan ha tolto al Nord del Sudan il 75 per cento dei suoi proventi derivanti dal petrolio: il che ha comportato e sta comportando dei problemi enormi per l’economia e quindi anche per la vita sociale del Sudan, che non si può permettere di perdere ulteriormente risorse e che sta quindi cercando di mantenere e anzi di rivendicare ulteriori giacimenti di petrolio. E’ oramai quasi una questione di sopravvivenza per entrambi i Paesi.

    D. – Tra marzo e aprile scorso i contrasti tra i due Paesi sono sfociati in scontri armati lungo la frontiera. C’è il rischio di una nuova guerra?

    R. – Questi scontri sono stati scontri cruenti e con ripercussioni gravissime sulla popolazione. Finché non si risolverà la questione dei confini, l’attribuzione dei territori, è talmente importante la posta in gioco, che i due Paesi sono disposti a ricorrere alle armi. Bisogna poi aggiungere che la secessione ha sì attribuito il 75 per cento delle risorse petrolifere al Sudan, lasciando però al Sudan residuo – diciamo al Nord del Sudan - le poche raffinerie esistenti e soprattutto la discrezionalità per quel che riguarda il trasporto del greggio sud sudanese fino a Port Sudan, che è il termine unico attraverso il quale il Sud Sudan può esportare il suo petrolio. Da qui – va aggiunto, perché è molto importante - è nato un ulteriore contenzioso dalle conseguenze davvero drammatiche, perché il Sud Sudan per trasportare il suo petrolio dovrebbe pagare – e questa è la richiesta di Khartoum – 36 dollari per barile di greggio: una cifra veramente astronomica! Il risultato è stato che il Sud Sudan da gennaio non produce petrolio e quindi è alla bancarotta; il Sudan ha perso anche questo tipo di risorsa ed è alla bancarotta esattamente come Giuba.

    D. – In che condizioni socio-economiche si trova il neonato Stato del Sud Sudan?

    R. – Naturalmente questa situazione sta avendo delle ripercussioni molto serie su una popolazione che – bisogna ricordarlo – è provata, è stremata, è decimata tra l’altro da una guerra civile che è durata praticamente 50 anni. Sembra che il governo di Giuba - risulta ormai evidente - non abbia fatto granché per avviare lo sviluppo economico e sociale del Paese; in più sembra che le nuove leadership del Sud Sudan non abbiano saputo resistere alla tentazione della corruzione, del malgoverno. La popolazione è poverissima, vive per lo più in condizioni non solo di estrema povertà, ma di abbandono perché mancano le infrastrutture e mancano al punto che è difficile prestare soccorso a questa popolazione, anche da parte della comunità internazionale; mancano ospedali, mancano scuole. Il Paese manca di tutto! In più ci sono i profughi: si tratta delle popolazioni che vivono negli Stati del Sudan, immediatamente al di là della frontiera, dove il governo di Khartoum combatte contro dei movimenti ribelli armati. C’è poi ancora il problema – tutt’altro che secondario – dei circa 700 mila sud sudanesi che hanno vissuto finora nel Sudan e che si sono ritrovati – dal 9 luglio scorso in poi – stranieri in terra straniera. Il ritorno di tutti questi immigrati è un problema che si aggiunge ad altri problemi: in patria non hanno casa, non hanno lavoro, non hanno terra, non hanno bestiame e quindi hanno bisogno di tutto; hanno bisogno di ricominciare una vita in un Paese che in questo momento di risorse ne ha veramente molto, molto poche pur essendo un Paese potenzialmente ricchissimo.

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    Allarme carestia in Somalia. L’Unicef: i bambini sono i più colpiti dall’emergenza

    ◊   E’ di nuovo allarme carestia in Somalia a distanza di un anno dall’ultima crisi alimentare, la più grave degli ultimi 60 anni. Piogge scarse, ritardi nei raccolti e numerosi episodi di violenza stanno minando il futuro della popolazione. A lanciare l’allarme è “Save the Children”, Ong presente da 20 anni in Somalia. Benedetta Capelli ha intervistato Emanuela Salvatori, dell’ufficio stampa di “Save the Children” Italia:

    R. – La situazione nel Paese rimane estremamente critica per centinaia di migliaia di persone e noi stimiamo che ci sono circa un milione e 400 mila persone - la maggior parte delle quali sono bambini e donne - a rischio di fame, malnutrizione acuta, che rischiano nel breve e medio periodo di morire di fame se non metteremo in atto strategie di aiuto che, come “Save the children”, stiamo portando avanti ma che richiedono ulteriori fondi, un ulteriore impegno massiccio da parte anche della comunità internazionale. Il rischio insomma è che quanto accaduto mesi fa in Somalia, nel Corno d’Africa, in realtà si perpetui: la carenza di piogge, lo spostamento all’interno dell’area di più di un milione di persone e il persistere di atti militari di conflitto interno, stanno purtroppo ponendo le premesse per una nuova ulteriore "escalation della fame".

    D. - Per quanto riguarda la situazione dei bambini avete richieste specifiche per loro e poi soprattutto come si può contribuire affinché questa popolazione sia aiutata?

    R. - Nell’immediato noi invitiamo tutte le persone a sostenere l’attività di “Save the children”. La nostra è una delle poche Ong che ancora operano in Somalia in una situazione molto difficile e questo in virtù di una relazione di fiducia che si è stabilita negli anni - parliamo di circa 20 anni di presenza sul campo - con i referenti locali, con le comunità locali. Invito tutti ad andare sul nostro sito, , e a sostenere anche il nostro fondo emergenze al quale attingiamo per poi garantire gli aiuti a quei Paesi e quei bambini in situazione di emergenza, come il Sahel e la Somalia. Nello specifico, i bambini sono quelli in questo momento più a rischio, perché sono i più deboli, anche fisicamente, e quindi coloro che primi fra tutti soffrono la malnutrizione e che rischiano di morire, rischiano di perdere la vita più di tutti gli altri. Quello che noi stiamo fornendo loro, attraverso i nostri “feeding center”, i nostri centri nutrizionali, è un intervento di aiuto e di cura. Si tratta di bambini che hanno una malnutrizione acuta, a cui noi forniamo cibi ipernutrienti e una terapia di uscita da malattie e infezioni collegate che vanno di pari passo con la malnutrizione e che, saldandosi con la debolezza del bambino e anche una immaturità del sistema immunitario, purtroppo portano spesso alla morte.

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    Il primo bimbo lasciato nella "Culla della Vita" a Milano: tantissime richieste di adozione da tutta Italia

    ◊   Pesa poco più di un chilo ed è nato una settimana fa il bimbo lasciato nella "Culla della Vita" della clinica Mangiagalli di Milano, una versione moderna della medioevale "ruota degli esposti". La struttura, nata nel 2007, proprio per prevenire il fenomeno di abbandoni drammatici, come quelli nei cassonetti, che mettono a rischio la vita dei neonati, non era mai stata utilizzata. “Si tratta di un gesto d’amore di una mamma in difficoltà che ha voluto donare la vita a suo figlio”: questo il commento di Marco Griffini presidente dell’Aibi, Associazione nazionale Amici dei Bambini. Cecilia Seppia lo ha intervistato:

    R. – Diciamo che proprio il nome, “Culla della Vita”, dà il significato di questa gesto: questa, donna, questa mamma, non ha abbandonato, ha donato! Speriamo che adesso non ci sia "accanimento" da parte delle forze dell’ordine nel rintracciare questa donna. Questa donna è stata chiara nel suo gesto: non l’ha abbandonato perché non dimentichiamoci che quando capitano questi casi sono, purtroppo, la punta di un iceberg, perché la maggior parte di questi bambini vengono lasciati in posti dove non si troveranno mai. Poi, certamente, come tutte le volte che c'è un "abbandono" di questa natura, sono tantissime le richieste di adozione. Questo è un secondo significato che il gesto vuole mettere in luce, come l’adozione sia un fatto naturale.

    D. – Le difficoltà economiche, la precarietà lavorativa e abitativa, l’irregolarità per quanto riguarda gli immigrati, sono tanti fattori che possono portare una mamma a compiere questo gesto. Però, fondamentalmente lei dice: la vita è stata tutelata, la vita ha vinto...

    R. – Questa madre, vivendo a Milano, avrebbe potuto tranquillamente abortire, non portare a termine la gravidanza. Ha voluto portarla a termine e ha consegnato il bambino a una struttura protetta. Quindi io non vedo la disperazione, questo è un gesto di speranza! La disperazione è nell’aborto, è nell’uccisione della vita, nel fare del male ai propri piccoli.

    D. - Dietro queste donne, queste mamme, che compiono questi gesti drammatici, c’è una vita di solitudine... Che cosa fare per loro, come aiutarle?

    R. – Noi abbiamo presentato una proposta in Parlamento che è l’adozione del nascituro. Si dà la possibilità a queste donne che sono in un momento di disperazione, in un momento di difficoltà, di poter dare in adozione il nascituro, il bambino che hanno in gestazione e infatti è definita “adozione in pancia”; salvo poi dare la possibilità a queste madri, una volta che il bambino nasce, di poter rinunciare all’adozione e di tenersi il bambino. Questo vuol dire mettersi a fianco di questa donna, dicendo: ho già adottato e adotto tuo figlio, se poi lo vuoi tenere, una volta che nasce, lo puoi tranquillamente fare. Questa è una soluzione, che magari fa discutere chi non comprende le finalità, però è un sistema innovativo, per quanto riguarda l’Italia - negli Stati Uniti è ormai una realtà da 30 anni - che ha dato la possibilità a migliaia di donne di evitare l’aborto e a moltissime di queste mamme di tenere il bambino, ad altre invece di darlo in adozione mantenendo anche i rapporti con la famiglia che l’ha adottato.

    D. - Il direttore della clinica Mangiagalli, facendo riferimento ai dati e all’esperienza dell’ospedale, ha detto che non c’è una gran differenza negli abbandoni tra italiani e stranieri, non c’è una nazionalità che prevale sulle altre. E’ così?

    R. – Mi pare che ormai siamo arrivati al 50 per cento, almeno per quanto riguarda i dati che abbiamo dei bambini accolti nelle strutture di accoglienza. Ormai siamo arrivati al 50 per cento: 50 per cento italiani e 50 per cento figli di immigrati, di stranieri. Vuol dire che le situazioni di emarginazione non sono più importanti per quanto riguarda le famiglie straniere.

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    Il bello della famiglia: è il tema della V edizione del Fiuggi Family Festival

    ◊   Si è tenuta, in questi giorni a Roma, la conferenza stampa di presentazione della V edizione del Fiuggi Family Festival, in programma nella città termale dal 25 al 29 luglio. Il tema scelto quest’anno è “Il bello della famiglia”, e prevede numerose novità tutte dedicate ai giovani. Sull’evento in programma e in particolare sul tema di quest'anno, Angelica Ciccone ha intervistato Antonella Bevere Astrei, presidente della manifestazione:

    R. – La bellezza di una famiglia è nella possibilità di essere insieme, di farsi compagnia ancor prima dell’affrontare le difficoltà, di risolvere i problemi, del dare tutela, formazione, cura: ancor prima c’è questo conoscersi, questo stare insieme, questo sapere di non essere mai soli.

    D. – Quali sono le principali novità di questa edizione?

    R. – Ci sono delle novità ludiche, che fanno parte del nuovo interesse quest’anno sul mondo giovanile. Ci saranno dei viaggi in mongolfiera, ci sarà la possibilità per i giovani di sperimentare la guida sicura con istruttori. Abbiamo contribuito a portare avanti il progetto per la sicurezza stradale, con la proiezione di un bellissimo film, che mostra i ragazzi in Europa al volante, “Young Euro”; e un concorso fotografico, intitolato “Uno di noi”, che racconta con un’immagine l’art. 3 della Carta internazionale sui diritti dell’uomo, cioè il diritto alla vita.

    D. – Come mai quest’attenzione maggiore, quest’anno, alla fascia degli adolescenti?

    R. – E’ un’attenzione indispensabile, non solo perché bisogna costruire, lavorare, tutelare, educare i giovani, ma perché è dai giovani che le famiglie stesse ricavano insegnamenti, interessi, energia. Mi ricordo che Giovanni Paolo II, dallo stare accanto ai giovani, diceva spesso di trarre allegria, energia ed entusiasmo.

    D. – Cos’è cambiato e cosa è cresciuto in queste cinque edizioni?

    R. – E’ molto bella la storia del Festival, perché è nato grande: è nato come un Festival internazionale, un concorso di film stranieri inediti, sottotitolati, con contatti con le più grandi case di distribuzione cinematografica. Quindi, dalla prima edizione si è trovato tra i festival cinematografici con concorso internazionale. Questo, da un lato, è stato molto bello, dall’altro ha richiesto tempo per individuare le caratteristiche peculiari di questo tipo di evento.

    D. – Questa oltre che una rassegna cinematografica è anche un’occasione di divertimento e di vacanza...

    R. – Non c’è solo il momento culturale o lavorativo nella vita di una persona o di una famiglia, ma ci sono anche quei momenti di conoscenza reciproca, in cui si ritrovano le motivazioni del proprio impegno. E’ come la giornata di festa, che consente di capire la bellezza dello stare insieme e il perché dello stare insieme: ritrovare motivazioni che a volte s’impolverano. Io penso che il Fiuggi Family Festival stia facendo un grande servizio alle famiglie, invitandole ad essere più critiche in senso positivo, e stia facendo un grande servizio soprattutto al cinema, facendo ritrovare nel mondo sociale l’interesse verso l’arte, nel momento in cui ci si ritrova tutti insieme, per divertirsi, per riflettere, per gioire o per soffrire di una storia raccontata.

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    Progetto "Donne e futuro": un'iniziativa per coniugare lavoro e mondo femminile

    ◊   Avere un'opportunità di un reale inserimento nel mondo del lavoro dopo la laurea oggi è sempre più difficile. A dare una mano alle giovani laureate ci prova l’associazione “Progetto donne e futuro”, nata nel 2010 a Milano da un’idea dell’avvocato Cristina Rossello. L’iniziativa è operativa in Lombardia, Liguria, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lazio e Valle d'Aosta. Sulla specificità di questo progetto, Marina Tomarro ha intervistato la stesa Cristina Rossello:

    R. – E’ un’associazione privata, che si autofinanzia, che individua nei vari territori italiani delle eccellenze locali, premia delle ragazze per meriti e per qualità e le sostiene nel loro difficile passaggio dal mondo dello studio al mondo del lavoro. L’inserimento per una donna è sempre più problematico, perché deve fare i conti con la famiglia, con le scelte di base per iniziare il focolare domestico e quindi, ovviamente, una ragazza incontra delle disparità, che vengono colmate, dove possiamo, sostenendola con una borsa di studio e assegnando a questa ragazza una “mentore”, che la segua nel tempo e nella formazione, secondo quella che è la formazione che questa ragazza vorrebbe per la sua vita, nel settore che si è scelta.

    D. – Quanto è importante la promozione di questi progetti, per quanto riguarda il mondo femminile?

    R. – E’ molto importante. Questo progetto ha quasi tre anni ed è stato abbracciato da tutte le donne che ho contattato, e molte generosamente prendono "sotto la propria ala" una giovane. Ci sono tante ragazze con grandi qualità che hanno delle loro timidezze, delle loro incertezze, delle loro insicurezze o difficoltà oggettive. Cerchiamo di supportarle dove si può. Ormai siamo in una società globale, dove non si può dare tutto il carico alle famiglie o alle scuole, bisogna fare anche degli interventi a latere. Lo Stato è pubblico, quindi non può occuparsi sempre di tutto. Cerchiamo nel privato di fare molto quando possiamo.

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    La devozione dei romani per l'icona della Madonna di San Luca nel Monastero di Santa Maria del Rosario

    ◊   Il Monastero di Santa Maria del Rosario, a Roma, tenuto dalla monache domenicane di clausura, custodisce da vari secoli l’antichissima e venerata icona della Madonna di San Luca. Di provenienza orientale, la suggestiva immagine della Vergine, è stata da sempre oggetto di approfonditi studi di esperti per datarne l’epoca della realizzazione e stabilirne l’origine. La Madonna di San Luca è meta continua di fedeli ed anche Benedetto XVI, il 24 giugno 2010, si è recato nel Monastero per venerare quest’immagine mariana davvero unica. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Monte Mario, il colle più alto di Roma, ospita, lontano dai clamori e dal caos del centro città, il Monastero domenicano di Santa Maria del Rosario. Adiacente all’istituto, la chiesa nella quale, dietro una grata, è presente la Madonna di San Luca, visibile in originale durante la Messa domenicale o su richiesta in altri giorni. La tradizione vuole che il dipinto sia stato realizzato miracolosamente dallo stesso San Luca su una tavola di tiglio. Raffigura la Vergine orante, su fondo dorato, senza il Bambino, in atteggiamento supplice ed è probabilmente la più antica immagine mariana su tavola esistente a Roma. Oggetto di grande devozione, le monache domenicane la venerano e la invocano con sentimento filiale. Suor Maria Angelica Ubbriaco, madre priora dell’istituto:

    “Dal 1221 la Madonna è stata nel nostro monastero e ci ha seguite in tutti gli spostamenti che abbiamo fatto. Quindi, per noi rappresenta tutto, dopo Gesù. Quegli occhi ci penetrano, ci parlano e sembra che ci dicano ‘Venite a me perché io sono qui per voi’”.

    Databile nel VI-VII secolo per Hans Beling, poco più recente per Carlo Bertelli, che ne ha curato il restauro nel 1959, l’icona rivela una provenienza orientale. Come già aveva fatto Giovanni Paolo II, due anni fa la visita di Benedetto XVI al Monastero. Il Santo Padre ha sostato in preghiera di fronte alla Madonna di San Luca e di quella giornata le monache hanno un imperituro ricordo. Ancora la madre priora:

    “E’ per noi motivo di gioia e di gratitudine al Signore, perché avvicinare il Santo Padre non è stato solo avvicinare il Vicario di Cristo, ma soprattutto avvicinare una persona completamente dedicata a Dio e alla gente, una persona straordinaria e alla portata di tutti; è stata una cosa bellissima, che ricorderemo con tanto affetto e con tanto amore”.

    Le monache domenicane custodiscono anche preziose reliquie di San Domenico, Santa Caterina da Siena e altri Santi domenicani all’interno del Monastero, luogo di pace, meditazione e preghiera, nel quale visse anche per un periodo il musicista Franz Liszt, che ne trasse ispirazione per alcune sue composizioni.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Russia: si aggrava il bilancio delle vittime per le alluvioni, almeno 150 morti

    ◊   Si aggrava il bilancio dei morti in Russia a causa delle alluvioni che stanno colpendo il Mar Nero. Oltre 150 persone sono rimaste uccise nella regione meridionale russa di Krasnodar, la maggior parte nella città di Krimsk. Nell’area sono caduti 28 centimetri di piogge torrenziali, equivalente a due mesi di precipitazioni, che hanno allagato oltre 5mila abitazioni e lasciato quasi 30mila persone senza elettricità. Il presidente russo Vladimir Putin ha visitato personalmente la regione e ha ordinato un’inchiesta per verificare eventuali responsabilità delle autorità per non aver avvertito tempestivamente del disastro. Ha inoltre stanziato fondi per la ricostruzione. Intanto il Ministero degli interni ha comunicato che 77 persone sono ricoverate in ospedale, mentre gli sfollati sono oltre 3mila. (M.R.)

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    Siria: ancora vittime in scontri armati, appello di Ban Ki-moon per la fine delle violenze

    ◊   “Non è possibile continuare così, Bashar Al-Assad deve capire che serve un cambiamento fondamentale”. Queste le parole del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, a margine della Conferenza di Tokyo, nella quale 80 tra Stati e organizzazioni internazionali hanno stanziato 16 miliardi di aiuti per l’Afghanistan. “Il popolo siriano ha sofferto troppo e troppo a lungo”, ha continuato Ban Ki-moon, “e spero sinceramente che i Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu affrontino la questione in modo più serio, condividendo le responsabilità intraprendendo azioni collettive al più presto”. E mentre è prevista per lunedì la visita a Damasco di Kofi Annan, emissario dell’Onu della Lega araba per la Siria, almeno 13 persone sono state uccise in un conflitto a fuoco nella provincia di Hama. La denuncia arriva dall’Osservatorio siriano per i diritti umani che parla anche di tre morti, tra i quali due bambini, nella provincia orientale di Deir Ezzor. (M.R.)

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    Sud Sudan: cattolici e anglicani insieme per la pace, nel primo anniversario di indipendenza

    ◊   Era il 9 luglio 2011 quando il Sud Sudan diventava il 54.mo Stato africano, proclamando la propria indipendenza dal governo di Khartoum. A distanza di un anno, l’arcivescovo cattolico di Giuba, mons. Paulino Lukudu Loro, ed il primate anglicano del Sudan, il reverendo Daniel Deng Bul, hanno rivolto un messaggio congiunto ai cittadini. Nel testo, vengono ricordati i passi avanti compiuti dalla giovane nazione in 365 giorni di indipendenza: la costruzione delle strade, l’ampliamento della rete delle telecomunicazioni, “il nascente senso di orgoglio ed identità nazionale”. Allo stesso tempo, però, non mancano le criticità, come la corruzione, i conflitti etnici, la carenza di servizi basilari, il deterioramento “ad un livello inaccettabile” dei rapporti tra i governi di Giuba e Khartoum. La guerra non è “un’opzione per risolvere i conflitti”, scrivono mons. Lukudu Loro ed il reverendo Bul, invitando poi le parti in causa a cessare il fuoco. È urgente, inoltre, ricorda il messaggio congiunto, affrontare la questione del rincaro dei prezzi dei beni essenziali e dello sfruttamento del petrolio, “risorsa donata da Dio e che dovrebbe portare benefici ad entrambi i Paesi”. La Chiesa cattolica e quella anglicana si soffermano anche sul principio della dignità umana, “dono del Signore, non derivante dal luogo di nascita” e in base alla quale si chiede di porre fine “alle espulsioni di sud-sudanesi dal Sudan e ai rapimenti di cittadini di Giuba da parte di gruppi armati”. Di qui, l’esortazione forte al Sudan e al Sud Sudan affinché attuino la risoluzione Onu 2046, approvata il 2 maggio scorso, e che chiede ai due Paesi di cessare immediatamente gli scontri armati, di ritirare le proprie truppe riportandole all'interno dei confini delle rispettive nazioni e di ripristinare i negoziati di pace. Piena di speranza è, poi, l’ultima parte del messaggio, in cui i firmatari esprimono l’auspicio che si possa avverare il sogno di “due nazioni democratiche e libere, in cui persone di ogni religione, etnia, cultura e lingua godano degli stessi diritti umani; due nazioni in pace l’una con l’altra, che usano insieme, e nel modo migliore, le risorse donate da Dio; due Paesi che vivono fianco a fianco nella solidarietà e nel rispetto reciproco, che celebrano la loro storia comune e dimenticano gli errori commessi in passato”. Dal canto loro, cattolici e anglicani ribadiscono il proprio impegno “nella promozione della pace a tutti i livelli attraverso i valori del Vangelo”, per costruire “la nuova Repubblica del Sud Sudan sulle solide fondamenta dell’uguaglianza, della dignità dell’uomo, dei diritti umani e della giustizia”. (I.P.)

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    Timor Est: il partito di Gusmao verso la vittoria nelle elezioni legislative

    ◊   Il partito di Xanana Gusmao, eroe dell’indipendenza di Timor Est, si appresta a vincere le elezioni legislative che si sono tenute ieri nel Paese asiatico. I risultati, che saranno ufficializzati tra alcuni giorni, assegnano la maggioranza relativa di 31 seggi su 65 al partito di Gusmao, il Congresso nazionale per la ricostruzione, che ha mancato quindi di soli due voti la maggioranza assoluta. Il secondo partito più votato è stato il Freitilin, espressione della sinistra e delle opposizioni (24 seggi) e terzo il Partito democratico, attualmente nella coalizione di governo (8 seggi). (M.R.)

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    Stati Uniti: ondata di caldo fa 30 morti nella costa orientale

    ◊   L’eccezionale ondata di caldo che si è abbattuta sulla parte orientale degli Stati Uniti ha provocato 30 vittime, soprattutto anziani. Le autorità hanno invitato i cittadini a restare a casa mentre si teme il rischio blackout per un uso massiccio dei condizionatori d’aria. Particolarmente colpita è la città di Chicago, mentre è stato dichiarato lo stato d’allerta in 20 Stati. Le alte temperature, che hanno superato finora i 40 gradi, dureranno almeno per tutto il weekend. (M.R.)

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    Una comunità piccola ma vivace: i primi 20 anni della Chiesa in Mongolia

    ◊   Una comunità "piccola ma vivace, che ringrazia Dio per le grandi cose che ha fatto per lei". Con queste parole il prefetto apostolico di Ulan Bator, mons. Wenceslao Padilla, commenta la preparazione per le celebrazioni dei primi 20 anni di vita della Chiesa cattolica in Mongolia. I festeggiamenti, che avranno luogo il 10 e l'11 luglio, vedranno la presenza di mons. Savio Hon Taifai, segretario della Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli, e di mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo della diocesi coreana di Daejeon. La prima missione mongola venne aperta nel 1992 proprio da mons. Padilla, allora nunzio apostolico in Corea del Sud, che arrivò a Ulan Bator insieme a due confratelli della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria. Oggi sono 64 i missionari, provenienti da 18 Paesi, che lavorano con la comunità locale: appartengono a 9 congregazioni religiose e alla diocesi di Daejeon, mentre i fedeli hanno raggiunto le 415 unità. Riferisce il prefetto apostolico ad AsiaNews che "bisogna essere grati per il lavoro generoso di tanti missionari. Ma bisogna spingere sempre di più per stimolare una Chiesa locale, costituita da mongoli: è il momento di incoraggiare le vocazioni, l'animazione pastorale e i Battesimi. Possiamo fare molto di più, e siamo stimolati a farlo". Oggi la missione cattolica in Mongolia ha 4 parrocchie, una in più rispetto al 2007. Sono la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, di Maria, del Buon Pastore e di Maria Ausiliatrice: quest'ultima si trova a Darhan, la seconda città per grandezza del Paese. Esistono inoltre diverse scuole cattoliche, soprattutto per i meno abbienti, ed un “centro tecnico Don Bosco”, che offre un'alternativa agli studi classici. Inoltre, proprio in occasione del 20.mo anniversario verrà aperta una clinica per i poveri alla periferia della capitale. A dirigere questo centro sarà un sacerdote coreano, padre Pietro, inviato in Mongolia da mons. You, che ad AsiaNews racconta: "La mia diocesi ha inviato in Mongolia 4 sacerdoti e uno di loro si è occupato negli ultimi 4 anni di ottenere i permessi necessari per aprire questo piccolo ospedale. Siamo molto fieri di lui, e siamo pronti a sostenerlo anche economicamente. Domenica celebrerò la Messa con mons. Hon e mons. Padilla, e il mio pensiero sarà per questa missione". (M.R.)

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    Rio 2013: evangelizzazione di strada in vista della Gmg

    ◊   Fervono i preparativi a Rio de Janeiro in vista della Giornata mondiale della gioventù del luglio 2013. L'agenzia Sir riferisce che, dal 9 al 15 luglio, le strade della città brasiliana saranno teatro di una missione di evangelizzazione da parte della comunità “alleanza di misericordia” che per questo evento metterà in campo oltre 350 giovani missionari. La missione, che si chiamerà “Thalità kum” prevede l’annuncio evangelico in strada e sugli autobus, momenti di musica, danza, teatro, per arrivare all’evangelizzazione porta a porta nei quartieri più popolari, fino a raggiungere i senza fissa dimora e i bagnanti delle spiagge di Rio, Copacabana in testa. Il momento centrale della missione sarà la celebrazione liturgica del 13 luglio, presieduta dall’arcivescovo di Rio de Janeiro e presidente del Comitato organizzatore locale (Col) della Gmg, mons. Orani João Tempesta, che sarà seguita da uno spettacolo animato da band cristiane. Un altro evento, promosso dal Comitato, sarà la “Bote Fé na Vida” (Metti fede nella vita), un corsa non competitiva che si svolgerà contemporaneamente il 22 luglio in tutte le diocesi brasiliane su un percorso di 5 chilometri. Lo scopo della corsa sarà quello di lanciare la Gmg e motivare le persone ad impegnarsi nell’evangelizzazione, in questo caso attraverso lo sport. Le iscrizioni si sono aperte lo scorso 30 giugno e chiuderanno il 20 luglio. Ogni iscritto riceverà una medaglia. L’evento non si collega solo alla Gmg ma anche alla campagna di fraternità in atto nella chiesa brasiliana che ha per tema la salute. Lo sport, fa sapere il Col, è molto importante per mantenere alta la qualità della vita. Intanto i vescovi brasiliani ed il Col lavorano al prossimo lancio, il 6 luglio, del progetto di expo cattolico che vedrà la luce alla Gmg del 2013. In quei giorni a Rio de Janeiro verranno allestiti oltre 200mila metri quadri di esposizione per venditori di prodotti miranti all’annuncio e alla solidarietà. Presenti nello spazio fiera anche gruppi culturali, artistici, e ambienti dove sarà possibile collegarsi ad internet. La fiera potrà ospitare fino a 100 mila persone al giorno. (M.R.)

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    Uruguay: a settembre la 34.ma Giornata della Gioventù cattolica

    ◊   Alla 34.ma Giornata nazionale della gioventù cattolica dell’Uruguay, che si celebrerà a Maldonado l’1 e il 2 settembre prossimo, parteciperanno oltre 3 mila giovani. Secondo un comunicato inviato all'Agenzia Fides dalla “Commissione nazionale di Pastorale della Gioventù della Conferenza Episcopale dell’Uruguay”, questo importante evento avrà come obiettivo quello di rinnovare la fede della gioventù cattolica e di condividere l'entusiasmo dell'annuncio e dell'impegno verso gli altri. Per promuovere questo incontro, la diocesi di Maldonado ha aperto un sito Internet dove si può ascoltare l’inno dell'incontro e trovare tutte le informazioni utili. Una pagina riporta poi i dettagli su come arrivare alla sede dell'incontro. Una sezione è riservata ai sacerdoti, che potranno iscriversi sul sito e scegliere il tipo di collaborazione pastorale che intendono offrire. Il sito presenta anche una versione disponibile per smartphone ed altri dispositivi mobili. (M.R.)

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    Filippine: i vescovi intervengono in difesa della vita

    ◊   Continua la battaglia dei vescovi filippini contro la legge sulla salute riproduttiva (Reproductive Health Bill – Rh) ancora in discussione al Congresso di Manila e al centro di un annoso braccio di ferro nel Paese. Dal 23 al 26 luglio prossimi, la Commissione per la famiglia e la vita della Conferenza episcopale (Ecfl) organizza ad Antipolo City una conferenza per spiegare le ragioni dell’opposizione della Chiesa al provvedimento e ad altre leggi contro la vita e la famiglia. Come anticipato dal presidente della Ecfl, mons. Gabriel Reyes, la conferenza servirà per spiegare “perché la legge sarebbe un male per il popolo filippino e perché minaccia la famiglia e il matrimonio”. Il presule ha inoltre precisato che la Commissione si sta intanto adoperando per convincere i membri del Congresso a bocciare il testo. Ad introdurre la "quattro giorni" sarà il segretario esecutivo dell’Ecfl, padre Melvin Castro. Tra i relatori mons. Oscar V. Cruz, arcivescovo emerito di Lingayen-Dagupan e attuale vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico di secondo grado per le cause di nullità matrimoniale, che illustrerà gli aspetti giuridici della questione. Il braccio di ferro sul "Rh Bill" va avanti ormai da diversi anni. Il provvedimento rifiuta l’aborto clinico, ma promuove un programma di pianificazione familiare, sponsorizzando la diffusione degli anticoncezionali anche nelle scuole e incoraggiando la sterilizzazione volontaria. Chiesa e associazioni cattoliche pro-vita sostengono invece il Natural Family Programme (Nfp), che mira a diffondere tra la popolazione una cultura della responsabilità e dell’amore basata sui valori cristiani. I vescovi hanno affermato in più occasioni che le politiche di controllo delle nascite non sono il modo migliore per lottare contro la povertà, le cui cause si riscontrano non in un’ipotetica sovrappopolazione, ma, “in alcune scelte errate in materia di sviluppo, politiche economiche mal progettate, in un contesto in cui predominano l’avidità, la corruzione, le disuguaglianze sociali, il mancato accesso all’educazione, la carenza di servizi economici e sociali e infrastrutture insufficienti”. Un argomento al quale sembrano dare ragione i recenti dati sulla crescita economica nelle Filippine che, per stessa ammissione del presidente Benigno Aquino, è legata proprio alla crescita demografica nel Paese. (L.Z.)

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    Spagna: congresso su cattolici e vita pubblica incentrato sulla nuova evangelizzazione

    ◊   “Un nuovo impegno sociale e politico. Dal Concilio Vaticano II alla Nuova Evangelizzazione”. Sarà questo il tema del XIV Congresso sui cattolici e la vita pubblica, l’annuale appuntamento organizzato dalla Fondazione universitaria spagnola San Pablo presso la sede dell’Università a Madrid. Il Congresso, riferisce un comunicato, si svolgerà dal 16 al 18 novembre e, come ogni anno, vedrà la partecipazione di esponenti di Movimenti e Associazioni ecclesiali, docenti universitari, sociologi, educatori e di esponenti della politica, della comunicazione e della cultura di diversi Paesi. Concepito come uno spazio di incontro e di riflessione per i cattolici, con un’attenzione alla dimensione apostolico-missionaria, l’evento è diventato negli anni un importante punto di riferimento del cattolicesimo impegnato spagnolo. Tre i temi principali che caratterizzeranno questa edizione: il punto sull’attuazione del Concilio a 50 anni dal suo inizio; la nuova evangelizzazione, al centro del prossimo Sinodo dei vescovi a Roma a ottobre, e la risposta cristiana all’attuale crisi economica mondiale. Tra le novità un dibattito, il 17 novembre, sul tema “Fede, ragione e vita”, al quale interverranno il prof. Gabriel Albiac, docente di filosofia presso l’Università Complutense di Madrid (Ucm), Javier Maria Prades, Rettore dell’Università ecclesiastica di San Damaso e l’ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede Francisco Vásquez. In programma anche un omaggio al Beato Giovanni XXIII per ricordare l’inizio del Concilio e un momento culturale dal titolo “La voce del silenzio, pregare è riconoscere il primato di Dio” in cui si parlerà della vita monastica e del’l’importanza della preghiera nella vita cristiana. Anche quest’anno ampio spazio sarà poi dedicato ai giovani con la “Noche Joven”, tra il 16 e il 17 novembre, che inizierà con una tavola rotonda intitolata "GMG, continuiamo a camminare" seguita da diverse altre attività. Tra i relatori del convegno il rappresentante dei Focolari in Spagna, Angel Gajate Bartol, il presidente di “Manos Unidas”, Myriam Abrisqueta Garcia, il presidente della Caritas spagnola, Rafael del Rio Sendino, l’arcivescovo angolano Luis Onraita Maria Perez de Aguirre e il primo ministro della Repubblica di Ungheria, Viktor Orban. Alla sessione di apertura interverranno, tra gli altri, il nunzio apostolico in Spagna, mons. Renzo Fratini e il vescovo ausiliare di Madrid, mons. Fidel Herraez Vegas. A concludere, domenica 18 novembre, la Santa Messa presieduta dal cardinale arcivescovo di Madrid Antonio Maria Rouco Varela, presidente della Conferenza episcopale spagnola. (L.Z.)

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    Appello dei vescovi giapponesi: la polizia non violi la libertà religiosa

    ◊   La polizia non violi la libertà religiosa: è quanto ha chiesto, in questi giorni, la Conferenza episcopale del Giappone, in un incontro con la Commissione nazionale per la pubblica sicurezza. Il meeting si è reso necessario dopo che il 27 maggio, domenica di Pentecoste, le forze armate avevano fatto irruzione, senza mandato, in una chiesa cattolica di Kawasaki City per arrestare un immigrato filippino privo di passaporto. Un episodio definito “un incidente impensabile” da mons. Jun Ikenaga, arcivescovo di Osaka e presidente dei vescovi giapponesi, che ha consegnato alla Commissione nazionale una lettera in cui si richiedono spiegazioni su come la polizia intenda agire in relazione alla libertà religiosa nel Paese. In particolare, la missiva si appella alle forze di sicurezza affinché non interferiscano con le attività ecclesiali entrando illegalmente in chiesa, e si astengano dal condurre indagini contro i visitatori degli edifici sacri. Dal suo canto, il presidente della Commissione nazionale per la pubblica sicurezza, Jin Matsubara, ha assicurato che tale episodio, che “ha violato il buon senso comune”, non si ripeterà più. Prima di mons. Ikenaga, anche mons. Masahiro Umemura, vescovo di Yokohama, nella cui diocesi rientra Kawasaki City, aveva protestato contro l’arresto in Chiesa dell’immigrato filippino, definendolo “una violazione del diritto umano fondamentale della libertà religiosa”. In una lettera indirizzata alla stazione di polizia locale, il presule esprimeva la sua preoccupazione per l’accaduto, evidenziando anche che un arresto effettuato senza mandato viola specifiche procedure legali e rappresenta una minaccia per la società. Infine, mons. Umemura chiedeva alla polizia di presentare le sue scuse per l’accaduto. (I.P.)

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    Francia: fede e cultura nella "notte delle chiese"

    ◊   Fede e cultura sono state protagoniste, ieri sera in Francia, durante la “notte delle chiese”. 540 luoghi di culto sono rimasti aperti in tutto il territorio con eventi artistici e spirituali. “La Chiesa occupa davvero pienamente il suo posto quando si avvicina alla gente, dato che la nostra identità di cattolici si esprime in quest’accoglienza”, ha affermato mons. Bernard Podvin, portavoce della Conferenza episcopale francese al quotidiano "Avvenire". A ciascun gruppo pastorale è stata data piena libertà d’iniziativa: nella provincia di La Rochelle sono andate in scena “le notti romaniche”, mentre a Parigi, nella chiesa di San Sulpizio, si sono alternate letture di testi relgiosi del Seicento e del Settecento e concerti di musica sacra, fino alla veglia di preghiera a mezzanotte. L’attore franco-britannico Micheal Lonsdale, padrino dell’iniziativa, ha elogiato l’evento, “perché le chiese sono il luogo della gioia, della luce, della pace, del raccoglimento. Di notte poi, l’esperienza è sorprendente, insolita e rara, dunque forse ancora più propizia a un’atmosfera del tutto benefica” (M.R.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 190

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.