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Sommario del 07/07/2012
Papua Nuova Guinea: centenario della nascita del Beato To Rot, il Papa ricorda il suo martirio
◊ In Papua Nuova Guinea la Chiesa ha celebrato oggi il centenario della nascita del beato Pietro To Rot, catechista e martire, primo abitante di quella terra ad essere elevato all’onore degli altari. Pietro To Rot “rifiutò la poligamia e difese l’indissolubilità del matrimonio”, ha ricordato il Santo Padre nella lettera al suo inviato speciale, il cardinale Joseph Zen Ze-Kiun. Il servizio di Davide Maggiore:
Rievocando l’impegno di Pietro To Rot a favore del matrimonio, Benedetto XVI ha spiegato che ancora oggi la famiglia “fondamento della società umana”, è “più volte messa in pericolo”, e ha invitato a “difenderla” e “proteggerla”. Di quest’opera di difesa fu certamente un esempio Pietro To Rot, figlio di un capo locale convertito alla fede cattolica. Il padre lo guidò nella scelta di divenire catechista e – a poco più di 20 anni – valido aiuto dei missionari presenti nella sua terra. Lo aveva ricordato nel 1995 anche Giovanni Paolo II durante la cerimonia di beatificazione in Papua Nuova Guinea. “Grazie allo spirito di Dio che dimorava in lui, egli proclamò coraggiosamente la verità circa la santità del matrimonio” e “rifiutò di prendere la via più facile del compromesso morale”, aveva sottolineato Papa Wojtyla. Benedetto XVI, in più, ha evidenziato come il Beato To Rot possa essere considerato senza dubbio “un grande fautore della nuova evangelizzazione”. Fu infatti lui a prendersi cura della comunità cristiana locale quando nel 1942 le truppe giapponesi occuparono la sua terra, scacciando o imprigionando i missionari e distruggendo le cappelle cattoliche. Quando le autorità occupanti legalizzarono la poligamia, il futuro Beato ribadì l’insegnamento della Chiesa sul sacramento matrimoniale. “Non lo fermò il timore della sofferenza e della morte”, ricordava ancora Giovanni Paolo II. Fu arrestato a Natale del 1944, e ucciso nel luglio dell’anno seguente in un campo di concentramento, lasciando un ricordo di marito devoto, padre amoroso e catechista impegnato”, come lo definì ancora Papa Wojtyla, che ne richiamò l’esempio a catechisti coppie sposate e giovani di Papua Nuova Guinea.
Padre Zollner: dal Papa sforzo impressionante per combattere lo scandalo degli abusi nella Chiesa
◊ Sono stati pubblicati in questi giorni, per i tipi delle Edizioni Dehoniane, gli Atti del Simposio sugli abusi sessuali su minori, “Verso la guarigione e il rinnovamento”, svoltosi nel febbraio scorso alla Pontificia Università Gregoriana. All’evento era intervenuto mons. Charles Scicluna, promotore di Giustizia per la Congregazione della Dottrina della Fede, che in un’intervista sull’ultimo numero del mensile Jesus si sofferma sulla risposta della Chiesa allo scandalo degli abusi sessuali. “Gran parte degli episcopati – rivela mons. Scicluna – hanno elaborato le linee-guida” contro gli abusi “e le hanno sottomesse all’esame della Congregazione” per la Dottrina della Fede che “avverrà dopo il periodo estivo”. Per quelle che non hanno risposto, aggiunge, “è in partenza una lettera di sollecito”. In particolare, si legge nell’intervista, “senza contare il continente africano, che è una realtà particolare, in grande difficoltà nelle strutture ecclesiastiche, più della metà delle Conferenze ha risposto”. Questo dato parziale, evidenzia mons. Scicluna, “non indica una battuta d’arresto”. E soggiunge: “E’ incoraggiante il dato del mondo anglosassone, ma anche Europa, Asia e America Latina hanno alte percentuali di risposta”. Per “valutare tutti i testi”, conclude, “ci vorrà almeno un anno”. Al Simposio sugli abusi era intervenuto anche il padre gesuita Hans Zollner, preside dell’Istituto di psicologia della Gregoriana e tra i curatori degli Atti. A padre Zollner, Alessandro Gisotti ha chiesto di soffermarsi sull’importanza e i frutti del Simposio:
R. – Siamo molto contenti che il libro sia già uscito in italiano in così poco tempo, perché lì è possibile vedere – nero su bianco – come la Chiesa sia impegnata. Al Simposio sono stati radunati i rappresentanti delle Conferenze episcopali del mondo e i superiori generali delle grandi Congregazioni, per dare un segno chiaro all’interno della Chiesa e anche ai gruppi della società, perché agiscano anche loro. E’ stato molto importante che, al Simposio, i vescovi potessero parlarsi tra di loro in uno spazio riservato, così da potersi anche confrontare sulle pratiche migliori da adottare: come si può combattere l’abuso, come si possono aiutare le vittime e come si può prevenire così che queste cose non accadano più o almeno che siano veramente bloccate e non si ripetano.
D. – Il Simposio non è stato solo di studio, fine a se stesso, ma molto concreto, operativo e di aiuto innanzitutto agli episcopati del mondo…
R. – Certamente. Eravamo a metà strada riguardo alla lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede, in cui veniva chiesto alle Conferenze episcopali di sottoporre le loro linee guida nella lotta contro l’abuso. Molte conferenze episcopali non avevano preparato ancora le linee guida. Quindi, molti vescovi che hanno partecipato a questo Simposio dicevano esplicitamente che l’evento - e quindi lo scambio di opinioni tra loro, l’aver sentito la vittima che ha parlato a nome delle vittime e degli abusi e l’aver ascoltato mons. Scicluna, responsabile a livello mondiale della lotta a questi crimini - gli avrebbe permesso di impostare le linee guida in maniera molto più concisa, molto più efficace.
D. – Il Simposio ha dato appunto voce alle vittime degli abusi e forse questo è stato il momento anche più forte, impressionante. Sappiamo che il Papa stesso, in diversi viaggi, ha voluto incontrare le vittime degli abusi. Questo tema dell’ascolto è fondamentale?
R. – Sì, è fondamentale. Il Papa è veramente un grande maestro di ascolto e prende sul serio la sofferenza e questa piaga che la Chiesa, tramite i suoi ministri che hanno abusato di minori, ha inflitto al corpo di queste vittime e anche al Corpo della Chiesa stessa. Questo il Papa lo ha detto ripetutamente. Siamo molto grati per l’appoggio avuto da parte di tutte le Congregazioni interessate, ci hanno veramente appoggiato. Abbiamo ricevuto anche una lettera del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, a nome del Papa, in cui appoggiava l’iniziativa, incoraggiava questo Simposio e incoraggiava il cammino verso una guarigione e un rinnovamento che noi da soli non possiamo mettere in atto. Il Simposio e la pubblicazione di questi atti potrebbe rappresentare un piccolo passo in questo lungo e doloroso cammino che il Santo Padre ha intrapreso. Senza di lui certamente non avremmo potuto celebrare il Simposio e non avremmo questo movimento in tutte le parti della Chiesa di prendere atto e consapevolezza della necessità che la Chiesa agisca con una sola voce e con determinazione.
D. – Davvero il Papa è impegnato in uno sforzo di grande coraggio e trasparenza, non nascondendo anche gli errori del passato…
R. – Il segnale più forte sono stati gli incontri del Santo Padre con le vittime; le parole che ha usato nella Lettera ai cattolici in Irlanda: tutto rappresenta un grande ed impressionante sforzo di tornare nel passato e di vedere tutte queste colpe, tutti questi peccati, tutti questi crimini che sono stati commessi da parte di ministri della Chiesa, ma anche di quei superiori che hanno nascosto, che hanno cercato - anche - di negare il fatto. Il Papa stesso è testimone per eccellenza del fatto che così non è possibile andare avanti: dobbiamo fare giustizia alle vittime del passato e dobbiamo fare tutto ciò che è possibile per prevenire abusi. Proprio per questo, alla fine di questo Simposio, abbiamo voluto fondare il Centro per la protezione dei minori, che la Pontificia Università Gregoriana ha istituito a Monaco di Baviera, e che vuole essere un centro di apprendimento a distanza. In questi giorni i nostri collaboratori sono andati nelle prime diocesi, nei primi Paesi con i quali vogliamo collaborare in questo progetto di ricerca e hanno portato risultati dall’Asia, dall’India e dall’Indonesia, che sono molto interessanti. Certamente vogliamo essere uniti nella lotta contro l’abuso, ma dobbiamo anche renderci conto che il linguaggio, la sensibilità, le leggi stesse sono molto diverse da un continente all’altro, da un Paese all’altro. Per cui ci vorrà uno sforzo ulteriore e necessario per rendere più efficace anche la risposta della Chiesa in tutte le parti del mondo.
Concilio. Memoria viva: l’editoriale di padre Lombardi
◊ “Voglio affermare con forza la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II”: è quanto affermava Benedetto XVI nella prima Messa da Pontefice, il 20 aprile del 2005 nella Cappella Sistina. Una volontà che ha confermato con forza in questi sette anni di Pontificato. Sulla memoria viva del Concilio, ascoltiamo l’editoriale di padre Federico Lombardi per il settimanale d’informazione “Octava dies” del centro Televisivo Vaticano:
Lunedì 9 luglio il Papa fa una breve visita alla casa dei Verbiti a Nemi, non solo per salutare i Superiori e i partecipanti al Capitolo del famoso istituto religioso missionario, ma anche perché in quel luogo nel 1965 egli – giovane teologo perito conciliare - aveva partecipato a riunioni di approfondimento e rielaborazione di testi, nella vivace e feconda atmosfera di studio, dibattito e preghiera che accompagnava e preparava le plenarie dei Padri in San Pietro.
Nei giorni scorsi, in una bella intervista, il cardinale Tucci evocava il lavoro analogo svoltosi ad Ariccia per la preparazione della Costituzione “Gaudium et spes” sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, con la partecipazione attiva del giovane vescovo Wojtyla, i cui interventi contribuivano alla formulazione della famosa frase: “Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (n. 22), che, non a caso, sarebbe stata la più frequentemente citata da Giovanni Paolo II. Sembra che i partecipanti al Concilio ancora in vita siano una trentina, fra Padri ed esperti, e le loro testimonianze suscitano un’onda di emozione in chi, come noi – pur non coinvolti direttamente – ricorda bene quel tempo straordinario di fervore, entusiasmo e speranza. Ci auguriamo che il 50° che ci prepariamo a celebrare in ottobre sia occasione di ricollegarci in modo vitale a quel clima di ascolto dello Spirito, così che anche la rilettura odierna dei testi avvenga nella linea della “ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa che il Signore ci ha donato, che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino” (Discorso alla Curia romana, 22.12.2005). Così ci esorta saggiamente Joseph Ratzinger, testimone privilegiato e più che autorevole, allora perito conciliare e oggi Papa.
◊ In Italia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Ischia, presentata da S.E. Mons. Filippo Strofaldi, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.
In Malaysia, Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Penang, presentata da S.E. Mons. Anthony Selvanayagam in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.
Il Santo Padre ha nominato nuovo vescovo di Penang il Rev.do Mons. Sebastian Francis, finora Vicario Generale della diocesi di Melaka-Johor.
Benedetto XVI ha nominato il cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, Legato Pontificio per la consacrazione della Cattedrale della diocesi di Karaganda (Kazakhstan), prevista per il 9 settembre 2012.
◊ Si è conclusa ieri a Ginevra, in Svizzera, la 20.ma sessione del Consiglio Onu dei Diritti Umani. Tanti gli argomenti affrontati. La Santa Sede è stata rappresentata dall’osservatore permanente presso l’Ufficio Onu della città elvetica, mons. Silvano Maria Tomasi. Il presule ha denunciato, in particolare, le crescenti violenze anticristiane nel mondo. Sergio Centofanti lo ha intervistato:
R. – Il Consiglio dei diritti umani, in questa 20.ma sessione, ha trattato temi molto caldi. La preoccupazione che ha espresso, attraverso le risoluzioni adottate, indica che c’è ancora molta strada da fare. Si è parlato in particolare di Paesi che hanno una violazione sistematica dei diritti umani, secondo i rapporti degli esperti e dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite. Un tema che la Santa Sede da sempre porta avanti è quello della libertà religiosa, vedendo che in vari Paesi ci sono violenze contro gruppi religiosi. Abbiamo avuto dei casi molto eclatanti in Nigeria, in Kenya, in altre parti del mondo, dove credenti - soprattutto cristiani - mentre pregano sono attaccati con bombe o violenze, che lasciano sul terreno decine e decine di morti. Quindi, preoccupato di questa situazione, di questa recrudescenza della violenza contro le comunità religiose - specialmente le minoranze religiose cristiane - io sono intervenuto ancora una volta, dicendo appunto che se si rispetta la libertà di espressione, di religione, le convinzioni più profonde del popolo di un Paese, anche gli altri diritti umani vengono rispettati. C’è, inoltre, una correlazione, un legame tra il rispetto dei diritti umani e la possibilità della libertà religiosa in particolare e la possibilità di vivere assieme pacificamente e, quindi, nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto, di facilitare il progresso del Paese e fare in modo che le forze sane e creative di una popolazione siano messe a disposizione del bene comune e non incanalate verso attività di conflitto e di odio, che portano solo morte e distruzione. Per questi motivi, argomentando appunto che la libertà di religione è sempre più evidente essere un diritto al centro e al fondamento di tutti i diritti umani, la comunità internazionale ha una responsabilità: di creare una mentalità che rispetti questa libertà e provveda ai meccanismi e alle misure che, di fatto, in concreto, la possano attuare e fare rispettare.
D. – Oggi non ci sono solo persecuzioni, ma anche pericolose limitazioni, pensiamo all’emblematico caso degli Stati Uniti, dove i vescovi hanno lanciato una campagna a difesa dell’obiezione di coscienza, oggi seriamente minacciata...
R. – Nel mondo occidentale l’atteggiamento verso la religione non si esprime attraverso una violenza fisica, ma attraverso meccanismi che sono molto più sofisticati e con modi che entrano poi nella legislazione di un Paese cercando di imporre una filosofia laica, che di fatto non è neutra - lasciando spazio, dicono, a tutte le espressioni culturali, religiose, di convinzioni anche di non credenti - ma impone uno stile di vita e un modo di pensare che lascia poco spazio alle convinzioni religiose. Davanti a questa realtà è importante che la comunità internazionale, soprattutto le comunità dei credenti – la comunità cristiana in particolare – prendano le loro responsabilità e facciano davvero comprendere che la libertà vera implica una possibilità concreta di esercitare non solo il culto, la preghiera a livello individuale, ma di poter partecipare collettivamente alla vita della società, attraverso opere sociali e attraverso la libertà di dire le proprie convinzioni e i propri valori facendo in modo che anche questi possano essere parte del bene comune.
Giornata del mare. Mons. Vegliò: i marittimi non sono invisibili agli occhi della Chiesa
◊ In occasione della Giornata del Mare, che si celebrerà domani in tutto il mondo, il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti ha pubblicato un messaggio. Nel testo, firmato dal presidente del dicastero, il cardinale Antonio Maria Vegliò e dal segretario mons. Joseph Kalathiparambil, si ricorda come "i marittimi e le loro famiglie non sono invisibili agli occhi di Dio e della Chiesa. Da oltre novanta anni, l'Apostolato del Mare riconosce il loro duro lavoro, le loro difficoltà e sofferenze attraverso la cura pastorale offerta dai suoi cappellani e volontari”. “Attraverso l'appuntamento annuale della Domenica del Mare”, si legge ancora, “auspichiamo che le nostre comunità cristiane e la società in generale riconoscano anzitutto la gente del mare come esseri umani che contribuiscono a rendere la nostra vita più confortevole, e poi li ringrazino per il lavoro e i sacrifici”.
Nel messaggio si ricorda inoltre come “prima dell’avvento della globalizzazione, l’industria marittima abbia svolto un ruolo importante nel trasporto di beni di consumo, materie prime e prodotti finiti, come pure di un gran numero di emigranti. Ciò è ancor più vero oggi dato che il 90% del commercio mondiale si muove via mare”. La gente che lavora in mare “spesso lavora in situazioni molto pericolose”, e approda in terre straniere necessita “di un sorriso che li accolga, di una parola che li consoli e li sostenga, di un trasporto verso la città, di un luogo per rilassarsi senza essere discriminati per la nazionalità, il colore della pelle o la religione”. Nel testo, che si conclude con l’invocazione della Madonna, “Stella del Mare”, si lancia anche un appello affinché “la Convenzione sul Lavoro Marittimo 2006 venga ratificata il più presto possibile, al fine di garantire piena protezione e condizioni di lavoro dignitose agli oltre 1,2 milioni di marittimi del mondo”. Il Pontificio Consiglio ricorda inoltre l’appuntamento del novembre prossimo, quando in Vaticano si svolgerà il XXIII Congresso Mondiale dell’Apostolato del Mare. “In quei giorni ci riuniremo insieme con i Vescovi promotori, i cappellani e i volontari dell’Apostolato del Mare, per riflettere sulle sfide che il nuovo ambiente marittimo (equipaggi internazionali, multireligiosi e multiculturali) pone alla pastorale marittima per fare discepoli tutte le nazioni del mondo”. (M.R.)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Una parrocchia a Londra: in prima pagina, Lucetta Scaraffia recensisce il romanzo di Francesca Kay "Il bambino sbagliato".
In rilievo, nell'informazione internazionale, il crescente numero di rifugiati siriani in fuga dalle violenze.
Ma dov'è il paradiso?: in cultura, Mordechay Lewy sull'ubicazione dell'Eden nella tradizione ebraica e in quella cristiana.
La festa che ci manca: anticipazione del saggio di Pierangelo Sequeri (in uscita sul prossimo numero di "Vita e Pensiero") su un momento che ha perso la sua natura comunitaria e che ormai viene rivestito di ogni cosa.
Gli altri per quello che sono: nell'informazione religiosa, Roberto Giraldo sull'inaugurazione, a Venezia, della nuova sede del Centro studi per l'ecumenismo in Italia.
Il primo capitolo, intitolato "L'esperienza cristiana", del libro di Francesco Ventorino "Luigi Giussani. La virtù della fede".
Foto di gruppo con giovane teologo: nell'informazione vaticana, Gianluca Biccini sulla visita, lunedì a Nemi, di Benedetto XVI alla casa dei verbiti dove nel 1965 lavorò alla stesura dell'"Ad gentes".
Elezioni in Libia, le prime del dopo Gheddafi: code a Tripoli e disordini a Bengasi
◊ Lunghe code in alcune città della Libia per le storiche elezioni del dopo Gheddafi e a 48 anni di distanza dall’ultimo voto. Da registrare anche alcuni episodi di violenza nella parte orientale del Paese, in particolare a Bengasi, cuore della rivolta contro il colonnello. Diversi seggi - un centinaio secondo la Commissione Elettorale - sono rimasti chiusi a causa di atti di sabotaggio commessi da alcuni manifestanti che hanno anche messo a fuoco le schede elettorali. Pesanti le critiche sulla gestione della sicurezza pubblica, maggiormente concentrata a Tripoli e al nord a spese della Cirenaica. Due milioni e 700 mila di cittadini sono oggi chiamati a scegliere solo i 200 membri del Congresso Generale Nazionale, che avrà il compito di nominare il governo e il nuovo premier. Non saranno invece scelti i 60 membri dell'Assemblea Costituente, ieri sera il Consiglio Nazionale di Transizione ha approvato una legge che prevede la loro elezione in un secondo momento. Ma si è arrivati a questo momento storico in un clima di sufficiente libertà e rispetto per tutti, candidati e elettori? Al microfono di Adriana Masotti, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli:
R. - Io penso di sì, anche se è difficile dire una parola certa per questa nuova realtà che si propone alla società libica. Una cosa è sicura: i libici si sono preparati con molto entusiasmo e certamente, anche con molta preoccupazione. Aspettano veramente qualche risultato concreto che possa essere la vita nuova del Paese.
D. - Il compito dell’Assemblea nazionale libica che uscirà dal voto, sarà nominare il nuovo governo e poi la nuova Costituzione. Che cosa, secondo lei, dovrebbe garantire principalmente questa nuova Costituzione nella Libia di oggi?
R. - Penso che innanzi tutto quello che si vuole, e quello che i libici vogliano, sia una certa sicurezza; sicurezza nel Paese e poi un clima più sereno e quindi di scelte per il programma del governo. È una cosa non facile, anche perché è la prima volta. Tutti vorrebbero la sicurezza, ma non tutti sono disponibili forse a dare quello che dovrebbero dare. Io ho fiducia che, in questa realtà nuova che si presenta, qualche cosa di positivo verrà fuori anche da queste elezioni e da queste decisioni dei libici.
D. – Lo dice Amnesty International in un recente rapporto, e molti lo sostengono, che il rispetto dei diritti umani e il primato della legge, dovrebbero essere le priorità di chi vince queste elezioni. A che punto siamo oggi su questo in Libia?
R. - Credo che c’è tutta la volontà di arrivare a questa decisione concreta del rispetto dei diritti dell’uomo. Prima il leader faceva tutto: la legge era nelle sue mani, e la legge era lui. Oggi ci si accorge come realmente le cose vanno evolvendosi, e la prima cosa forse da mettere in evidenza è il rispetto di tutte le entità che sono in Libia, non soltanto le persone, ma anche le diverse entità nelle diverse zone della Libia. Se vogliamo la libertà e anche una pace, occorre garantire a tutte queste realtà proprio la libertà di espressione e di vita. Mi riferisco in particolare a quanti hanno avuto un ruolo anche in questa liberazione della Libia. Quindi questa possibilità di dare a tutti anche il respiro è necessaria in questo nuovo contesto sociale.
D. - Per i cristiani presenti in Libia, c’è qualche preoccupazione in più?
R. - I cristiani in pratica sono tutti stranieri. Quindi io mi auguro che la situazione nuova non presenti sorprese. Fino ad adesso possiamo dire che la Chiesa è stata accettata, rispettata e i cristiani, in qualsiasi parte si trovano, hanno la possibilità di esprimere, realizzare la propria fede. Pensiamo ad esempio alle diverse unità, ai diversi gruppi, soprattutto filippini che lavorano nel deserto, oppure lungo la costa nei diversi ospedali; sono persone che sicuramente prestano un servizio importante al Paese e quindi viene assicurata loro la possibilità di avere un servizio religioso necessario. Ripeto, sono soprattutto filippini, ma anche coloro che lavorano negli ospedali, quelli che richiedono maggiormente un servizio religioso. Ma penso all’eventuale ritorno delle compagnie straniere: ci sarà tanta altra gente nei diversi cantieri, che avrà bisogno e richiederà una presenza sacerdotale e una presenza di servizio pastorale.
Situazione drammatica in Mali. Il nunzio: cristiani in fuga, potrebbe essere un nuovo Afghanistan
◊ Resta drammatica la situazione in Mali dopo l’occupazione del Nord da parte degli estremisti islamici. Il presidente francese François Hollande e il segretario di Stato americano Hillary Clinton si sono detti “preoccupati”, ribadendo il loro sostegno agli sforzi per “il pieno ritorno della democrazia” nel Paese. E per sabato, a Ouagadougou in Burkina Faso, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale ha convocato un vertice per cercare una soluzione alla crisi. La nostra collega della redazione tedesca, Gudrun Sailer, ha parlato della situazione con il nunzio in Mali, l’arcivescovo Martin Krebs:
R. - Si tratta di una crisi di immensa gravità dal punto di vista politico, religioso, ecclesiastico e missionario. In quella regione, stiamo vivendo una crisi senza precedenti. Non si può sintetizzare in qualche frase, la complessità della situazione, ma se si vuole schematizzare, prendiamo il diritto internazionale: la sovranità e l’integrità di uno Stato sono minacciate, minacciate da gruppi di fanatici religiosi. L’attuale governo non può imporsi efficacemente. Poi oltre il diritto internazionale prendiamo in considerazione i diritti umani, anche loro sono gravemente minacciati; in particolar modo lo è la libertà religiosa, la cultura della popolazione. Infine, dal punto di vista ecclesiale ci troviamo davanti alle macerie di decenni di lavoro di sacerdoti, di religiosi, di laici, che hanno costruito la Chiesa in quella parte del Mali, con il sostegno efficace della Chiesa universale. Tutto questo, può sintetizzare la complessa crisi del Mali.
D. - Come si presenta concretamente la situazione degli stessi cristiani nel Mali?
R. - I cristiani che abitavano in quelle zone del Nord sono fuggiti. In quella regione non ci sono più cristiani. Contiamo circa tra i 160 mila e i 180 mila sfollati, che sono scappati verso Paesi vicini del Togo, del Benin e della Nigeria. La loro fuga è iniziata recentemente. Ho avuto modo di incontrarne qualcuno; sono sorprendentemente silenziosi, non esprimono ad alta voce il loro dolore, sono taciturni, sotto shock. Una crisi mai vissuta. Dobbiamo fare di tutto per sostenerli e rendere di nuovo possibile una vita a questa gente che ha perso tutto.
D. - Qualcuno teme che questa crisi possa avere delle ripercussioni su tutto il Sahel. Ma è possibile una cosa del genere?
R. - Difficile predire una cosa del genere, perché ci sono tanti gruppi islamisti in quella regione dell’Africa del Nord, nel Sahel. Attualmente questi gruppi che hanno occupato il Nord del Mali hanno un grande prestigio. Hanno approfittato dell’assenza del potere centrale di Bamako, sono gruppi fanatici religiosi che cooperano con semplici criminali che vivono grazie al commercio di droga, armi, persone. Attualmente godono di un grande prestigio e questo può costituire, per altri gruppi, l’occasione di unirsi a loro. Ma può anche succedere che nel futuro questi gruppi si troveranno l’uno contro l’altro. Hanno tutti le stesse convinzioni: hanno un elemento fanatico, una sete di potere. Non si può dire quale sarà la futura situazione del Sahel; ma potrebbe divenire un nuovo Afghanistan.
Allarme del Fondo Monetario: Paesi emergenti coinvolti dalla crisi
◊ L'economia mondiale sta peggiorando e la crisi è diventata negli ultimi mesi “più preoccupante”. A lanciare l’allarme è stata la numero uno del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, la quale ha sottolineato che a soffrire non è più solo l’Europa, ma anche gli Stati Uniti e, cosa più preoccupante, la Cina, il Brasile e l’India. Quei Paesi emergenti che, fino a questo momento, erano il traino dell’economia mondiale. Salvatore Sabatino ha intervistato Luca De Fraia, segretario generale aggiunto di Action Aid-Italia:
R. - Il grido dall’allarme lanciato dal direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, richiede, a mio avviso, ancora una piena interpretazione. Ricordiamo che Lagarde ha fatto il suo annuncio in Giappone e in quel contesto, ha tenuto a sottolineare che chiaramente c’è un legame tra i diversi aspetti della crisi. Ma se andiamo a guardare i numeri che lo stesso Fondo Monetario mette a disposizione, le regioni, i Paesi di cui stiamo parlando, Cina, Brasile e India, sono ancora Paesi che fanno registrare dei segni positivi nella crescita economica; anzi, a giugno, per la Cina si dava un otto percento di crescita. Bisogna tener conto di questi elementi. Non si tratta eventualmente, allo stato attuale, di uno stop della crescita di questi Paesi, ma di un rallentamento che probabilmente non sarà della stessa dimensione del fenomeno che stiamo osservando in Europa.
D. - Ci sono dei Paesi che hanno puntato più sulla produzione di petrolio e altri invece sulla produzione agricola con dinamiche che sono molto differenti tra loro ...
R. - Questo è un aspetto fondamentale per capire quali potrebbero essere le implicazioni tra i diversi livelli di crescita tra i diversi raggruppamenti di Paesi, perché i legami non corrono più semplicemente attraverso le materie prime classiche che sono quelle energetiche, ma ad esempio, ne esistono di nuovi che passano attraverso la produzione di beni agricoli. La Cina che cresce, che è anche più benestante, è un Paese che consuma di più anche in termini di cibo, e che quindi deve andare ad acquistare materie prime agricole sui mercati mondiali. Essendo quindi il "portfolio" di elementi e di relazioni commerciali che corrono tra i Paesi emergenti di cui stiamo parlando adesso, e i Paesi in via di sviluppo, molto più ricco rispetto al passato, anche questo elemento può attenuare le implicazioni o le ripercussioni di una crisi globale sui Paesi considerati ancora in via di sviluppo.
D. - È possibile prevedere una sorta di effetto domino ben più ampio che coinvolga anche Paesi non così lanciati come Cina, India e Brasile?
R. - Un effetto domino avrebbe come fondamento soprattutto, a mio avviso, dinamiche che sono molto dentro i mercati finanziari. Laddove poi si passa ad altri mercati collegati a beni e commodities che sono più legati alle dinamiche produttive, gli effetti domino sono meno evidenti. Teniamo conto che per i Paesi in via di sviluppo - parliamo principalmente dei Paesi del continente africano in questo caso - esistono anche altre fonti di risorse che possono contenere la crisi; fra queste ci sono anche gli aiuti pubblici allo sviluppo, le rimesse, gli investimenti internazionali che si stanno indirizzando in Africa proprio sull’acquisto e l’uso di terreni per finalità diverse, agricole ed energetiche. Questo uso, che è fonte di riflessione e di preoccupazione, può essere comunque un fattore che attenua l’impatto della crisi. Quindi direi che siamo di fronte ad uno scenario molto più complesso rispetto a quello che poteva essere lo scenario di dieci anni fa, che quindi potrebbe darci dei risultati e delle sorprese rispetto alla performance dei singoli Paesi e delle singole regioni, che non ci saremmo aspettati qualche tempo fa.
Fondazione Migrantes: con decreto del governo, rafforzate tutele degli immigrati lavoratori
◊ “Un gesto importantissimo anche sul piano dello sviluppo in questo momento di crisi”. Così mons. Giancarlo Perego, direttore della "Fondazione Migrantes" della Cei, definisce il decreto, approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, in materia di sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che impiegano stranieri il cui soggiorno è irregolare. Sentiamo lo stesso mons. Perego intervistato da Alessandro Guarasci:
R. – Credo che sia un decreto legislativo che, oltre ad adeguarsi ad una normativa europea, raggiunge un obiettivo fondamentale: cioè mettere al centro del mercato del lavoro il contratto, che è uno strumento che da sempre tutela la persona sia in termini retributivi sia in termini previdenziali, ma anche di sicurezza. Al tempo stesso ha come obiettivo quello di inserire anche questo tassello del mondo del lavoro irregolare all’interno di una prospettiva di bene comune e d’inclusione sociale.
D. – Un modo per non considerare gli immigrati solo come forza lavoro, ma dietro di loro spesso ci sono tante storie di dolore...
R. – Questa azione fa emergere innanzitutto tutte le persone comunitarie, oltre che extra comunitarie: fa emergere il valore aggiunto degli oltre due milioni di lavoratori stranieri all’interno del nostro mercato del lavoro, in termini anche previdenziali, visto che, come abbiamo sottolineato nell’ultimo Dossier Immigrazione di Caritas e di Migrantes, danno alle casse previdenziali oltre 6 miliardi di euro e quindi sono una risorsa certamente significativa, in termini anche di futuro previdenziale per molti anziani e anche in termini di superamento della crisi. Credo che questo decreto sia un gesto importantissimo sul piano dello sviluppo in questo momento di crisi.
D. – Ma, secondo lei, questo vuol dire anche che il sistema dei flussi ormai è superato?
R. – Il sistema dei flussi è sempre un sistema importante. Deve essere, però, adeguato e deve essere certamente molto più legato ai tempi, alle stagioni del lavoro, alle necessità del lavoro. Non si può interpretare questo mercato del lavoro come un decreto flussi annuale. In questo senso credo che, ancora una volta, quest’azione per il lavoro nero diventi un’occasione importante per ripensare effettivamente la modalità con cui fare incontrare domande e offerte di lavoro. Poi credo che questo decreto si ponga anche all’interno di una lotta allo sfruttamento del lavoro che, non dimentichiamo, è legato ad un sistema tante volte mafioso, di traffico, di caporalato, di controllo dei prezzi del mercato e quindi, credo, che quest’azione solleciti anche un’attenzione maggiore a tutto ciò che è di contorno all’irregolarità lavorativa che, tante volte, è legata a sistemi certamente di sfruttamento molto più ampi.
Giornata delle cooperative, per l'Onu svolgono un'azione a sostegno della dignità umana
◊ “Le cooperative contribuiscono a creare un mondo migliore”. Lo afferma il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, in occasione dell’odierna giornata internazionale delle cooperative. Per Ban Ki-moon, queste aziende “accrescono le prerogative dei membri e rafforzano le comunità”, svolgono un’"azione a sostegno della dignità umana e della solidarietà globale". Il servizio di Alessandro Guarasci:
Le cooperative sembrano aver retto meglio delle altre imprese alla crisi. Nel mondo, il 30 per cento è impiegato nel settore agricolo e nella produzione di cibo, il 23 per cento nel commercio, e il 41 nel settore finanziario. Negli Usa le 900 cooperative elettriche forniscono la luce a 42 milioni di persone. In Europa, è forte la presenza in Francia, Germania, Olanda. In Italia, sono quasi 80 mila le imprese con forma cooperativa, che danno lavoro a quasi un milione e 400 mila persone. Tra banche e casse rurali ci sono 412 soggetti con oltre sei milioni e 700 mila clienti. Un modo per fare buona finanza, dice Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse, la federazione che raggruppa queste banche:
R. - La storia della finanza alternativa, che in Italia ha 130 anni, dimostra che si possono raggiungere sia risultati quantitativi che qualitativi in termini di resistenza culturale al pensiero unico del modo di fare banca che ci confortano. È chiaro che adesso il contesto sia dei mercati che quello dei regolatori, sono una doppia sfida per noi, ma la finanza alternativa, la finanza libera, forte e partecipata con funzione educante, è quanto mai attuale.
D. - Voi avete adottato importanti progetti di microcredito in Togo ed Ecuador. Qual è la differenza rispetto ad una semplice donazione?
R. - Il credito, accompagnato da un processo formativo, è qualche cosa che fa fare un passo avanti in termini complessivi, integrali, alla persona, alla famiglia, al villaggio. Quindi riteniamo che il piccolo credito, soprattutto se preceduto da qualche forma di risparmio, sia la strada giusta per uno sviluppo auto-centrato e sostenibile.
Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
◊ In questa 14.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù insegna nella sinagoga della sua Nazaret, tra l’incredulità di quanti lo conoscono. Tanto che non compie alcun prodigio: guarisce solo pochi malati. Gesù dice ai suoi concittadini:
«Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Cinque domande a raffica oggi nel Vangelo per mostrare tutta la diffidenza dei compaesani di Nazareth verso il giovane rabbì Gesù. Si salta dalla meraviglia alla incredulità, anzi Marco parla addirittura di “motivo di scandalo”. Non è possibile, anzi è assurdo che un figlio di carpentiere, con una famiglia normale, parentela a tutti nota, possa essere profeta e compiere dei prodigi con le sue mani callose. Impossibile che Dio sia tanto normale, umile, debole: tranquillamente uno come noi. Gesù era fin troppo normale, non poteva essere profeta di Dio: ne resta sorpreso Gesù stesso per tanta ostinazione. Ma vuole lo stesso fare qualcosa per i suoi paesani: stende le mani sulla carne ferita dei malati e li guarisce. E poi se ne va deluso. Ma i cuori restano chiusi e diffidenti: la normalità diffida della profezia, se non è ammantata di clamore e splendore. Eppure proprio in questa semplicità di legami e lavoro, in questa cerchia di familiarità allargata, Dio ha voluto rivelarsi, ha voluto abitare tra noi, seminare sapienza e aprire gli orizzonti. Perché vogliamo sradicare Dio dalla vita, dalle relazioni di lavoro e di famiglia, dalle strade quotidiane che percorriamo? La nostra fede è basata proprio sulla rivelazione di Dio che si fa corpo di fraternità.
Siria: 3 morti al confine col Libano, continuano i bombardamenti nella regione di Aleppo
◊ Le dure prese di posizione dei Paesi “Amici della Siria” contro il regime di Assad non hanno fermato le violenze nel Paese. Tre persone, tra le quali due donne, sono state uccise oggi nel Nord del Libano dal lancio di razzi provenienti dal territorio siriano. L’episodio è avvenuto nella località di Al-Hisha, dove risiedono molti rifugiati e oppositori del regime. Bombardamenti anche in una decina di località nella provincia di Aleppo e nella città di Homs. “Le forze del regime stanno tentando di riconquistare il controllo della regione, dove hanno subito pesanti perdite nei mesi scorsi da ribelli”, ha reso noto l’Osservatiorio siriano per i diritti umani, che ha denunciato la morte di 93 persone, tra cui 60 civili, nelle repressioni di ieri. Sul fronte diplomatico, intanto, la Cina ha definito “totalmente inaccettabili” le critiche del segretario di Stato degli Stati Uniti Hillary Clinton, per la quale Russia e Cina dovranno "pagare un prezzo" per il loro aiuto a Damasco. Pechino ha rivendicato il sostegno di “parti rilevanti della comunità internazionale” alla sua azione diplomatica. "Qualsiasi parola o azione contro la Cina che mette in disaccordo Pechino con altri Paesi è quindi vana", ha aggiunto la portavoce del Ministero degli esteri cinese Liu Weimin (M.R.)
Alluvioni in Russia: 99 morti nella regione del Mar Nero
◊ Le forti piogge torrenziali che stanno colpendo il Mar Nero hanno causato nel Sud della Russia 99 morti e stanno coinvolgendo più di 13mila persone. Lo rendono noto le autorità russe. Particolarmente colpito il porto petrolifero di Novorossisk, dove sono state bloccate le attività navali e la città di Krasnodar, dove è aumentata la presenza della polizia per evitare atti di sciacallaggio. Secondo l'amministrazione della regione di Krasnodarsky Krai, spesso esposta alle intemperie, si tratta del peggior disastro dell'ultimo decennio. La compagnia petrolifera Transneft ha bloccato l'export di petrolio della regione mentre il premier russo Dimitri Medvedev ha chiesto alle autorità di locali di venire costantemente informato della vicenda. (M.R.)
16 miliardi di aiuti per l'Afghanistan alla vigilia della conferenza di Tokyo
◊ Alla vigilia della conferenza che domani a Tokyo riunirà i Paesi donatori e amici dell’Afghanistan, il ministro degli Esteri giapponese Koichiro Gemba ha annunciato lo stanziamento di oltre 16 miliardi di dollari in aiuti per l’assistenza civile al Paese fino al 2015. Alla conferenza parteciperanno 80 tra Stati e organizzazioni internazionali alla presenza del presidente afghano Hamid Karzai, del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e del segretario di Stato americano Hillary Clinton. La stessa Clinton, in visita a sorpresa a Kabul, ha innalzato l’Afghanistan allo status di “maggiore alleato non Nato” degli Stati Uniti, condizione che implica un rafforzamento della cooperazione militare tra i due Paesi. (M.R.)
Osce: al via a Montecarlo la 21.ma assemblea parlamentare
◊ E’ in corso di svolgimento nel Principato di Monaco la 21.ma assemblea plenaria dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). Alla riunione partecipano 270 parlamentari provenienti da 50 Stati, che discuteranno principalmente sulla situazione dei diritti dell’uomo e della sicurezza in Europa, Asia centrale e Nord America. Al termine della sessione, che terminerà lunedì prossimo, i membri dell’assemblea voteranno una dichiarazione generale e tre risoluzioni, relative al rilancio dell’economia tra austerità e crescita, alla modernizzazione del “Documento di Vienna”, che favorisce la trasparenza delle informazioni sugli apparati militari degli Stati membri e al rafforzamento dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali. Quest’ultima, in particolare, sarà adottata dalla Commissione per la democrazia, i diritti umani e le questioni umanitarie, i cui vertici saranno rinnovati in questa sessione. Nella risoluzione sarà chiesto ai Paesi che detengono la presidenza dell’Osce di stabilire standard in maniera di diritti umani, incluso il rispetto dell’indipendenza del potere giudiziario. All’assemblea, inoltre, saranno presentate anche alcune risoluzioni sullo Stato di diritto in Russia, sulla pratica delle “extraordinary renditions”, sul programma nucleare iraniano, sulla cooperazione tra Osce e Afghanistan e sui diritti umani in Bielorussia e Ucraina. (M.R.)
Gmg di Rio 2013: dalla Cei un sussidio per la preparazione all'evento
◊ Anche in Italia ci si prepara alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù. A poco meno di un anno dall’inizio della Gmg 2013 di Rio de Janeiro, il Servizio nazionale per la pastorale giovanile (Snpg), nella consapevolezza che “il cammino di preparazione è fondamentale per vivere nel miglior modo possibile l’esperienza della Gmg”, ha elaborato una serie di sussidi rivolti a tutti, sia a quelli che avranno la possibilità di seguire Benedetto XVI in Brasile, sia a quelli che resteranno in Italia. Si tratta - riferisce l'agenzia Sir - di una scheda mensile, nella quale è raccolto tutto quel materiale che può aiutare a confezionare un incontro di preparazione con cadenza mensile. La scheda, spiegano dal Snpg, “si rivolge ai gruppi diocesani, parrocchiali, associativi, a tutte le realtà giovanili interessate; non si tratta di uno schema già pronto ma di una serie di ‘ingredienti formativi’ che ognuno potrà adattare alla propria situazione”. Il materiale è composto da testi, immagini, link e di filmati, uno per ogni mese. Il percorso mensile si è aperto proprio in questo mese di luglio e durerà un anno esatto, ovvero fino alla Gmg 2013. Esso è stato concepito tenendo conto sia del tema della Gmg “Andate e fate discepoli tutti i popoli”, sia dello svolgimento dell’Anno della fede e delle indicazioni presenti nel Motu Proprio “Porta Fidei”. Il sussidio consiglia e suggerisce di promuovere “appuntamenti mensili in luoghi diversi da quelli consueti: andare nelle parrocchie più lontane, ai confini della diocesi, sfruttare le case religiose, le scuole, i saloni dei municipi, utilizzare spazi laici, secondo le opportunità”. Sul sito italiano (www.gmgrio2013.it) sarà possibile trovare anche uno schema per la preghiera comunitaria del secondo venerdì del mese che accompagna, in tutto il mondo, la preparazione alla Gmg. Da domenica 2 dicembre 2012, infine, sarà attiva una applicazione utile per un cammino quotidiano personale. Le iscrizioni per la Gmg si apriranno ufficialmente a fine luglio e, come prassi consolidata ormai, verranno raccolte dall’incaricato diocesano per la pastorale giovanile che le trasmetterà al Snpg. Dall’11 al 18 luglio una delegazione della Cei si recherà a Rio per incontrare il Comitato organizzatore locale e concordare a livello logistico la partecipazione italiana. (D. M.)
Gesuiti: a Nairobi la 70.ma Congregazione dei Procuratori, l'Africa al centro della riflessione
◊ Dal 9 al 15 luglio si terrà a Nairobi (Kenya), la 70.ma Congregazione dei Procuratori della Compagnia di Gesù che deciderà sulla necessità o meno di convocare una Congregazione Generale e dove si rifletterà sulle sfide attuali che si trovano ad affrontare i gesuiti. Una di queste sfide - ricorda la Fides - è l'Africa, come ratificato dalla Congregazione Generale del 2008. Per questo motivo è stato deciso di tenere la riunione in Kenya: è la prima Congregazione dei procuratori che si tiene fuori Europa. La Congregazione dei Procuratori è convocata dal Padre Generale ogni quattro anni a partire dalla fine della Congregazione Generale. I partecipanti sono i cosiddetti “procuratori”: gesuiti eletti dalle loro rispettive province, unità amministrative in cui è organizzata la Compagnia di Gesù in tutto il mondo. In questo senso, i procuratori sono i rappresentanti qualificati della base della Compagnia, non tanto del loro governo. La Congregazione dei Procuratori non ha potere legislativo, il suo compito più importante è decidere se convocare o meno la Congregazione Generale, oltre a quello di discutere lo stato generale della Compagnia di Gesù nella sua dimensione universale. A Nairobi saranno presenti 84 Procuratori eletti dalle loro Province (7 dall'Africa, 14 dall'America Latina, 18 dall’Asia Meridionale, 7 dall’Asia Pacifico, 29 dall’Europa, 9 dagli Stati Uniti) e altre 13 persone che vi partecipano di diritto. La provincia gesuita africana, che ospita la Congregazione dei Procuratori, è formata da 212 gesuiti che operano in 6 nazioni: Etiopia, Kenya, Sudan, Sud Sudan, Tanzania, Uganda. Il loro impegno pastorale si svolge nelle parrocchie, nelle case di esercizi spirituali e nei centri educativi, sociali e di comunicazione. (D. M.)
Francia: al via un osservatorio del pluralismo delle culture e delle religioni
◊ Mettere a fuoco gli attacchi sempre più frequenti e sempre più gravi alla libertà di coscienza, alla libertà di espressione e alla libertà religiosa nel mondo e favorire la nascita e l’affermazione di società pluraliste. Questo l’obiettivo degli ideatori dell’“Osservatorio del pluralismo delle culture e delle religioni” che dovrebbe vedere la luce il prossimo autunno in Francia. A promuovere l’iniziativa l’”Associazione per il pluralismo delle culture e delle religioni”, fondata nel 2008 da un gruppo di esponenti religiosi cattolici e protestanti per sensibilizzare l’opinione pubblica francese sulla drammatica situazione dei cristiani in Medio Oriente e alla quale aderiscono oggi anche responsabili religiosi ebrei e musulmani e importanti personalità del mondo della cultura. Da allora l’associazione ha allargato il suo orizzonte oltre al mondo cristiano e al Medio Oriente, rivolgendo la sua attenzione a tutte quelle realtà nel mondo in cui il pluralismo religioso e culturale e quindi la libertà di coscienza e quella religiosa sono conculcate. Da qui è nata l’idea di un osservatorio che ha cominciato a prendere forma lo scorso dicembre e all quale ha dato il suo sostegno anche il Governo francese. Il progetto, al quale in questi giorni ha dedicato un articolo il quotidiano “Le Monde”, prevede un sito internet in francese inglese e arabo che proporrà schede per ogni Paese sul modello del rapporto annuale pubblicato dalla Commissione Usa sulla libertà religiosa nel mondo (Uscirf). Le schede saranno redatte con il contributo di ricercatori, giuristi, organizzazioni presenti sul territorio e di fonti diplomatiche. (L. Z.)
Giornata della vita nel Regno Unito. I vescovi: difendere la dignità del corpo umano
◊ “Usa il tuo corpo per la gloria di Dio”: è un versetto della prima Lettera ai Corinzi (1 Cor 6,20) il tema scelto dalla Conferenza episcopale di Inghilterra a Galles per la Giornata della vita. Celebrata ogni anno nell’ultima domenica di luglio, per il 2012 l’iniziativa cade il 29 luglio e si concentra sull’importanza del corpo umano, da difendere e tutelare a partire dal concepimento e fino alla morte naturale. In un messaggio reso noto per l’occasione, i vescovi inglesi ribadiscono che “il corpo umano è un dono straordinario” e in questo contesto, essi guardano anche alle Olimpiadi e Paralimpiadi che si terranno a Londra tra luglio e settembre, così come ai Giochi del Commonwealth, in programma in Scozia nel 2014. “Tali eventi – si legge nel documento episcopale – sottolineano l’importanza di una buona salute, della cura del nostro corpo e dell’esercizio fisico”. Centrale, poi, il riferimento al “corpo e sangue di Cristo”, che “si è fatto uomo” così come al principio che l’individuo è “al tempo stesso corpo e anima”, e che attraverso di essi può sperimentare “l’amore di Dio”. Per questo, i vescovi inglesi affermano: “Il corpo è degno della massima cura e del massimo rispetto, non solo perché è un bene di per sé, ma anche perché viene santificato, attraverso il Battesimo, come tempio dello Spirito Santo”. Inoltre, poiché l’uomo è creato “ad immagine e somiglianza di Dio”, il suo corpo contiene “il piano eterno pensato da Dio” ed è destinato alla Risurrezione. Quindi, il messaggio della Chiesa inglese fa un collegamento tra il rispetto della persona ed il rispetto dell’ambiente: “In una cultura in cui si gettano via molte cose – si legge nel testo – si consuma più di quel che serve e si sfrutta incautamente l’ambiente, è facile avere un atteggiamento simile anche verso la persona umana ed il suo corpo”. Di qui, il richiamo a quella “ecologia umana” citata spesso da Benedetto XVI, poiché “promuovere l’ecologia umana significa dimostrare ancora più attenzione alla persona umana ed alla dignità del corpo”, considerando anche che “il modo in cui si trattano gli uomini influenza il modo in cui si tratta l’ambiente e viceversa”. La Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles invita, perciò, ad nuovo “stile di vita” che “contrasti la tendenza a ridurre la persona ai suoi componenti fisici o biologici, ad una merce, ad un oggetto da vendere, comprare o sfruttare senza far riferimento alla sua natura spirituale e morale”. “Bisogna liberarsi – sottolineano i vescovi – dalla tentazione di giudicare se stessi secondo il modello irrealistico del ‘corpo perfetto’ così spesso propagandato dagli interessi commerciali”. Anche perché, scrivono i presuli inglesi, “dove manca il rispetto per il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale, dove il concepimento, la gestazione e la nascita di un essere umano avvengono artificialmente e gli embrioni vengono sacrificati alla ricerca, allora là la coscienza della società perde la sua sensibilità nei confronti della persona umana e di quel dono e tesoro che è il Creato”. L’invito, quindi, è a “contribuire al vero bene del corpo umano” che, a sua volta, “contribuisce al bene morale e spirituale dell’uomo e della società”. Guardando, poi, agli atleti che si allenano per le Olimpiadi, e ai quali è richiesto “equilibrio ed armonia tra il corpo, lo spirito e la mente”, la Chiesa inglese esorta a far riferimento a San Paolo il quale scriveva: “Tutti gli atleti gareggiano per vincere una corona che appassirà, ma i cristiani lo fanno per una corona che non sfiorirà mai”. Infine, i vescovi di Inghilterra e Galles richiamano l’importanza dell’Eucaristia, “il cibo più prezioso” che avvicina l’uomo “alle sofferenze del corpo di Cristo sulla croce ed alla sua meravigliosa trasformazione nella gloria della Risurrezione”. (I. P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 189