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Sommario del 04/07/2012
Il Papa a Castel Gandolfo, "piccola città circondata dalle bellezze della creazione"
◊ E' iniziato per Benedetto XVI un periodo di riposo estivo che durerà fino alla fine del mese di luglio. Da ieri pomeriggio, il Papa si è trasferito nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, da dove ha rivolto un breve saluto alla gente che lo aspettava per tributargli un affettuoso applauso. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Castel Gandolfo ha tutto ciò che di bello uno si aspetta da un paesaggio di collina. Con parole simili lo scorso anno Benedetto XVI aveva espresso il suo apprezzamento per il felice colpo d’occhio che offre al visitatore la cittadina dei Castelli Romani, del resto eletta a residenza estiva – o comunque a luogo in cui concedersi periodi di riposo – dai Pontefici degli ultimi sei secoli. Ieri pomeriggio, il Papa ha coniato un’altra espressione che risulterà certamente gradita ai castellani: “Una piccola città circondata dalla bellezza della creazione”. Una definizione utilizzata da Benedetto XVI poco dopo il suo arrivo nella residenza di Castel Gandolfo, quando come di consueto si è affacciato per salutare la piccola folla raccoltasi davanti al palazzo:
“Cari amici, sono felice di essere arrivato qui per le mie ferie e auguro a tutti buon riposo, un buon fresco. Speriamo che spiritualmente e fisicamente possiamo rinnovarci in questa bella piccola città circondata dalla bellezza della creazione".
È noto che il Papa godrà fino alla fine di luglio di un periodo di vacanza dagli impegni istituzionali, tranne che per la celebrazione domenicale dell’Angelus. Ed è altrettanto noto – come ha ribadito ieri anche il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi – che alcune circostanze vedranno comunque la presenza del Papa in visita nei dintorni della sua residenza estiva. Accadrà lunedì prossimo, quando il Pontefice sarà nella casa dei Padri Verbiti di Nemi – una visita nel solco di ricordi lontani quasi 50 anni, quando il giovane Joseph Ratzinger, perito al Vaticano II, vi soggiornò per qualche tempo. E accadrà il 15 luglio, per l’annunciata visita pastorale alla diocesi confinante, quella di Frascati.
Riposo, dunque, in quelle attività che Benedetto XVI ama coltivare durante la pausa estiva. E affetto, sempre, per chi, di quella pausa, si sente da tanti anni privilegiato custode:
“Grazie per la vostra presenza. Auguri, buone vacanze a tutti voi”.
Il Papa rinnova la sua fiducia al cardinale Bertone, rammarico per le ingiuste critiche
◊ Il Papa ha scritto una lettera al cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, per rinnovargli la sua fiducia. “Alla vigilia della partenza per il soggiorno estivo a Castel Gandolfo – scrive il Pontefice - desidero esprimerle profonda riconoscenza per la sua discreta vicinanza e per il suo illuminato consiglio, che ho trovato di particolare aiuto in questi ultimi mesi”. “Avendo notato con rammarico le ingiuste critiche levatesi verso la sua persona – aggiunge Benedetto XVI – intendo rinnovarle l’attestazione della mia personale fiducia”, già manifestata “con la lettera del 15 gennaio 2010, il cui contenuto rimane per me immutato”. Il Papa conclude affidando il cardinale Bertone “alla materna intercessione della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani, e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo” e gli invia “insieme con il fraterno saluto, la Benedizione Apostolica, in pegno di ogni desiderato bene”.
Viaggio in Libano. Il coordinatore: il Papa pellegrino di pace per cristiani e musulmani
◊ Un viaggio nel segno della fede, della speranza e della pace. C’è grande attesa in Libano per il viaggio apostolico del Papa, in programma dal 14 al 16 settembre prossimi, di cui è stato pubblicato ieri il programma. Il 24.mo viaggio internazionale di Benedetto XVI avviene in occasione della firma e pubblicazione dell’Esortazione apostolica post-sinodale per il Medio Oriente. Sulle attese e speranze legate a questo evento, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Marwan Tabet, coordinatore della visita papale in Libano:
R. – The program of the visit...
Il programma della visita del Papa è stato accolto molto bene dai libanesi. Nel momento in cui è stato annunciato in Vaticano, anche la presidenza lo ha annunciato attraverso il suo ufficio stampa e così il Centro d’informazione cattolica a Beirut. Il programma è stato diffuso con rilievo da tutti i media libanesi. I preparativi stanno andando molto bene e ci prepariamo a ricevere il Papa in Libano.
D. – L’occasione del viaggio apostolico in Libano è la firma dell’Esortazione apostolica post-sinodale per il Medio Oriente. Questa visita è dunque un segno di speranza per tutti i cristiani della regione, non solo per i libanesi...
R. – Sure, during the visit...
Certamente. Durante la visita, il Papa incontrerà anche i leader religiosi musulmani. Inoltre, avrà un incontro con i leader religiosi ortodossi e allo stesso tempo, nel palazzo presidenziale, incontrerà tutte le autorità civili, culturali e sociali del Paese. Avrà quindi l’occasione di rivolgersi loro e di ascoltarli, come anche la possibilità di incontrare la società civile in Libano, e non solo i cristiani o i cattolici.
D. – Come si stanno preparando i giovani del Libano all’incontro con il Papa?
R. – Already, there is a...
Ci si sta preparando all’evento della serata di sabato 15 settembre, quando il Papa incontrerà i giovani. Abbiamo tanti giovani impegnati per questo evento e non abbiamo abbastanza spazio per accogliere tutti coloro che dovrebbero essere presenti! Dovremo fare delle scelte e dare opportunità a tutti i differenti movimenti affinché siano rappresentati. Due giorni prima dell’arrivo, in uno dei grandi stadi libanesi, sarà organizzato anche un grande raduno per i giovani, proprio per prepararsi alla visita del Papa.
D. – Il Papa sarà un pellegrino di pace. Sappiamo quanto il Medio Oriente – si pensi alla Siria – chieda la pace...
R. – Yes, definitely that’s his message…
Sì, certamente questo è il suo messaggio: lui viene con la pace di Cristo. Il Papa vuole davvero venire in questa regione per aiutare la pace, pregare con questa gente – cristiani e musulmani – e dar vita ad un nuovo clima: il clima della convivenza tra le differenti religioni.
◊ Il Papa ha ricevuto in Udienza il cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.
In Brasile, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Jequié, presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Cristiano Jakob Krapf, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha nominato nuovo Vescovo della diocesi di Jequié, il Reverendo Padre José Ruy Gonçalves Lopes, O.F.M.Cap., finora Direttore del Collegio "Santo Antônio ", Vicario Parrocchiale e Docente nell'arcidiocesi di Feira de Santana.
Il nuovo prefetto della Dottrina della Fede, mons Müller: nella Chiesa serve clima di familiarità
◊ Due giorni fa, Benedetto XVI ha chiamato il vescovo di Ratisbona, mons. Gerhard Ludwig Müller, a succedere nella delicata carica di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede al cardinale William Joseph Levada, che lascia per raggiunti limiti di età. In questa nuova veste, mons. Müller assumerà anche la responsabilità di presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale. Mario Galgano, collega della sezione tedesca della nostra emittente, ha chiesto al nuovo prefetto in che modo veda il suo nuovo impegno:
R. - Il compito del prefetto è molto chiaro: aiutare il magistero del Papa, che è il maestro della Chiesa universale, affidata a Pietro e agli Apostoli. Stiamo vivendo un tempo non sempre facile e soffriamo un po’ tutti a causa del secolarismo, ma non dobbiamo dimenticare la dimensione trascendente, l’orientamento verso Dio, come pure – è molto importante per me – l'impegno a sviluppare un clima di familiarità in tutta la Chiesa e anche qui nella Curia Romana, soprattutto nella Chiesa di Roma. Ciò che resta sempre molto importante è la preghiera per gli altri, la liturgia comune, l’amore per il prossimo, l’amore per Dio. Questo è anzi il nucleo, il centro della fede cristiana: volendo dire cosa sia il cristianesimo, possiamo dire che è amore per Dio e amore per il prossimo. E dov’è il prossimo? E’ al mio fianco.
Congo: l'incontro del cardinale Filoni a Kinshasa con religiosi e religiose
◊ Proseguendo la sua visita pastorale nella Repubblica Democratica del Congo, il cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha incontrato nel pomeriggio di ieri, i religiosi e le religiose, riuniti presso il Centro interdiocesano della Conferenza episcopale. Nel suo discorso - riferisce l'agenzia Fides - il cardinale ha anzitutto ringraziato i religiosi per l’impegno missionario profuso in questa terra: “I religiosi e le religiose di diverse Congregazioni missionarie, internazionali e locali, hanno giocato un ruolo storico nell’evangelizzazione di questo Paese. Voi siete gli eredi di quegli araldi coraggiosi del Vangelo, chiamati oggi a proseguire la tradizione dell’impegno missionario delle persone consacrate per l’annuncio della Buona Novella”. L’Associazione dei Superiori maggiori (Asuma) e l’Unione delle Superiore maggiori (Usuma) rappresentano 10.600 persone consacrate, di cui 7.000 donne e 3.600 uomini. “Questo numero elevato di membri – ha sottolineato il cardinale - è un segno eloquente della fecondità della vita religiosa consacrata, che, partendo dalle congregazioni internazionali e missionarie, si è diversificata ed arricchita con la creazione di congregazioni locali dinamiche e largamente dedicate alla missione”. Dopo aver citato l’eroica testimonianza della religiosa Beata Clementina Anuarite Nengapeta, Vergine e Martire, il Porporato ha reso omaggio “a tutte le generazioni di persone consacrate che hanno lavorato e a quelle che continuano a lavorare al servizio dell’evangelizzazione e della promozione umana in questo Paese, accettando di offrire la loro vita e le loro sofferenze unicamente a Dio e al suo Vangelo”. Nel suo discorso, il cardinale Filoni ha sottolineato come la vita consacrata sia “preziosa per la Chiesa” e rivesta un ruolo importante “nella vita ecclesiale e missionaria”, in quanto “i consacrati sono un aiuto necessario e prezioso per l’attività pastorale”. Quindi ha ribadito che “la vita religiosa consacrata è profondamente radicata nell’esempio e nell’insegnamento di Gesù”, pertanto le persone consacrate nella loro vita quotidiana devono assegnare un posto centrale alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio. Quindi il Prefetto del Dicastero Missionario ha invitato ad affrontare con coraggio e determinazione i problemi e le mancanze della vita religiosa evidenziati in occasione della ricorrenza giubilare, prendendo le opportune misure, tra cui in primo luogo “un discernimento rigoroso e serio dei candidati, una formazione integrale di qualità e una formazione permanente che favorisca la crescita umana e spirituale”. Infine, dopo aver esortato i religiosi “a lavorare in profonda comunione con la Chiesa locale ed il suo primo responsabile, il vescovo”, privilegiando il dialogo e rispettando le prerogative di ciascuno, il cardinale Filoni ha concluso con questa esortazione: “Mettete voi stessi e i vostri rispettivi carismi al servizio del vostro Paese, soprattutto per dare motivi di speranza ai figli e alle figlie del Congo che stanno attraversando situazioni dolorose e drammatiche, dovute a guerre successive, all’insicurezza e alla povertà che affliggono il Paese. Bisognosi di riconciliazione e di pace, assetati di giustizia, i vostri concittadini hanno bisogno di testimoni e di modelli da imitare per ricostruire una nuova società”. (R.P.)
La Santa Sede condanna ordinazione illegittima di un vescovo cinese
◊ Nota della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli di condanna e biasimo riguardo l’ordinazione episcopale, che si preparando in Cina, senza il necessario mandato pontificio, del rev. Giuseppe Yue Fusheng. Un atto “che danneggia l’unità della Chiesa e tutta l’opera di evangelizzazione”, sottolinea il dicastero. Il servizio di Roberta Gisotti:
La notizia giunge dall’Amministrazione Apostolica di Harbin, nella provincia di Heilongjiang, dove l’ordinazione episcopale del rev. Yue Fusheng “è stata programmata in modo unilaterale e produrrà – ammonisce il dicastero vaticano – divisioni, lacerazioni e tensioni nella comunità cattolica in Cina”. “Se si vuole che la Chiesa in Cina sia cattolica, non si deve” infatti – sottolinea la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli – “procedere a ordinazioni episcopali che non abbiano la previa approvazione del Santo Padre”.
Lo stesso rev. Yue Fusheng “è stato informato da tempo” che “la sua ordinazione sarà illegittima”, che “la Santa Sede non lo riconoscerà come il vescovo di Harbin” e che “egli sarà privo dell’autorità di governare la comunità cattolica diocesana”, violando la norma del Codice di Diritto canonico, che prevede per i trasgressori la scomunica latae sententiae. Così, anche “i vescovi consacranti” – ricorda la nota – saranno esposti “alle gravi sanzioni canoniche, previste dalla legge della Chiesa”. Compromessi anche i rapporti con le autorità governative: l’ordinazione del rev. Yue Fusheng “contraddirebbe quei segni di dialogo, auspicato dalla Parte Cinese e dalla Santa Sede, che si sta cercando di porre”.
“La nomina dei Vescovi – puntualizza il dicastero vaticano – è una questione non politica, ma religiosa”, come spiega Benedetto XVI nella Lettera a tutti i membri della Chiesa cattolica in Cina, del maggio 2007. Quando il Papa “concede il mandato apostolico per l’ordinazione di un vescovo” – si legge nel documento – “esercita la sua suprema autorità spirituale: autorità ed intervento, che rimangono nell’ambito strettamente religioso. Non si tratta quindi di un’autorità politica, che si intromette indebitamente negli affari interni di uno Stato e ne lede la sovranità”. Del resto, aggiunge il Santo Padre, “la nomina di Pastori per una determinata comunità religiosa è intesa, anche in documenti internazionali, come un elemento costitutivo del pieno esercizio del diritto alla libertà religiosa”.
Mons. Fisichella: un successo le "Prediche sui vizi capitali" al Festival di Spoleto
◊ Alla 55.ma edizione del "Festival dei Due Mondi" a Spoleto, in Umbria, prosegue con straordinaria presenza di pubblico il ciclo di "Prediche sui vizi capitali", organizzato in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. Ad aprire gli appuntamenti - che si chiuderanno il 14 luglio con la presenza di mons. Renato Boccardo, per una riflessione sull’avarizia - è stato il presidente del dicastero vaticano, mons. Rino Fisichella, intervenuto il 29 giugno sul "principe dei vizi", la superbia. Al microfono di Antonella Palermo, il presule spiega i motivi del successo di questa iniziativa:
R. - Anche io mi sono meravigliato molto nel verificare come un Festival così importante sia riuscito a suscitare una così grande partecipazione da parte del popolo a una riflessione sui vizi capitali. C’è il desiderio di conoscere e penso che questa sia la cosa più importante. Fra poco, ad esempio, a partire da settembre, nelle dieci più grandi piazze del Paese ci sarà una riflessione sui Dieci Comandamenti, con la collaborazione di credenti, non credenti, del mondo dello spettacolo, della cultura in genere, e penso che questa iniziativa del Festival di Spoleto sui sette vizi capitali abbia riscosso un particolare successo proprio perché c’è il desiderio di conoscenza. Più che altro, credo ci sia il desiderio di approfondire, e perché no, anche quella curiosità che è sempre l’inizio di una nuova conoscenza.
D. - In un tempo non troppo facile per la Chiesa...
R. - Diciamo che non è facile per tutti. È un periodo di profonda crisi generalizzata, ma io sono convinto che anche nei momenti di crisi si debba riflettere, riflettere anche positivamente. Il Papa utilizza una bella espressione nella sua ultima Enciclica. Dice: “Il mondo soffre per la mancanza di pensiero”. Io credo che dobbiamo avere la forza del pensiero, e quando si unisce la ragione con la fede, il pensiero diventa certamente più forte.
D. - Lei, proprio a Spoleto, ha detto che di crisi si parla sempre in termini economici e finanziari, mentre la crisi più profonda tocca i rapporti personali. In sostanza chi è in crisi, è l’uomo...
R. - È vero. Sono profondamente convinto di questo. Tutte le altre crisi sono una conseguenza. L’uomo che è in crisi è un uomo che appare confuso, disorientato, incapace di guardare al futuro, e quindi privo anche di speranza. È questo uomo che ha bisogno di ritrovare se stesso e io sono convinto che lo fa con tutti gli strumenti che può avere a disposizione, primo fra tutti, il desiderio di conoscere, di partecipare e di sapere di più sulla propria vita.
D - Eccellenza, lei ha parlato a Spoleto del principe dei vizi, la superbia. Quanto la superbia si annida anche nella Chiesa e come smascherarla, come cercare di estirparla definitivamente?
R - La superbia - lo diceva già la sacra Scrittura - si vince con l'umiltà. L'umiltà è avere la piena consapevolezza di sé stessi, dei propri limiti e anche delle proprie contraddizioni. Però l'umiltà ci porta anche a conoscere quelle qualità che noi possediamo e che devono essere messe a servizio degli altri. Non si può sempre pensare a una crisi che ci tocca all'esterno. La crisi antropologica è anche connotata da una profonda crisi di fede. Quando viene meno la dimensione profonda della fede, la preghiera e la vita di spiritualità, allora la conseguenza è che aumenta il limite e aumenta anche la capacità di sopravvalutare se stessi. Quindi, primo fra tutti, aumenta la superbia.
D. - Qual è il linguaggio più adatto oggi per la nuova evangelizzazione?
R. - Deve essere quello del nostro tempo, perché è il linguaggio che serve per la comunicazione. Non c’è un linguaggio particolare, attraverso il quale noi facciamo la nuova evangelizzazione. Certo, il cuore della nuova evangelizzazione rimane sempre l’annuncio di Gesù Cristo, conoscendo il quale, si conosce di più se stessi. Ma questo deve essere un annuncio che è caratterizzato anche da uno stile di vita profondo e coerente. Ecco perché la nuova evangelizzazione si muove su questo binario: un annuncio che diventa poi concretezza nella testimonianza di vita.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Benedetto XVI rinnova la fiducia al cardinale segretario di Stato.
Intervento della Santa Sede, a Ginevra, sulla protezione internazionale dei rifugiati.
In rilievo, nell'informazione internazionale, la Somalia: il Governo firma un piano d'azione contro il reclutamento dei bambini soldato.
In cultura, un articolo di Roberto Pertici dal titolo "Affascinato dalla semplicità”: la biografia di Albino Luciani in un libro di Marco Roncalli.
Ottocento copertine per il Papa: Silvia Guidi a colloquio con don Giuseppe Costa, confermato per altri cinque anni alla guida della Libreria Editrice Vaticana.
Meraviglie con un po' di carta: Alfredo Tradigo riguardo alla mostra, a Torino, sui manufatti di arte devozionale realizzati tra il XII e il XIX secolo.
Come costruire il futuro del movimento cattolico: Francesco Castelli su due lettere inedite di Giuseppe Toniolo all'arcivescovo Pietro Alfonso Jorio emerse dall'archivio storico diocesano di Taranto.
Un santo abate testimone di Cristo in Europa: nell'informazione religiosa, l'omelia del cardinale Angelo Scola per il XV Columban's Day a Milano.
Tensione Siria-Turchia. Mosca dice no all'asilo politico per il presidente siriano Assad
◊ Nessun confronto Stati Uniti-Russia sull’asilo politico al presidente siriano Assad. Lo ha ribadito il ministro degli Esteri, Lavrov, dopo alcune indiscrezioni di stampa. Intanto sale la tensione tra Damasco e Ankara a due settimane dall’abbattimento di un caccia turco mentre oggi Ankara ha annunciato il ritrovamento in mare dei corpi dei piloti. Il presidente siriano, in un’intervista, ha accusato la Turchia di sostenere i terroristi. Intanto nel Paese, oggi, sono una ventina le vittime della violenza. Benedetta Capelli ha raccolto l’opinione di Fabio Grassi, esperto di questioni turche, autore del libro “Atatürk. Il fondatore della Turchia moderna”:
R. – Penso che sia utile precisare una cosa, cioè che Assad non ha dato l’intervista a un quotidiano turco qualsiasi ma a un quotidiano fortemente, decisamente oppositore dell’attuale governo del primo ministro. Questo è un primo aspetto interessante. Certamente la posizione di Assad è piuttosto dura ma è anche molto dura quella della Turchia negli ultimi tempi verso il regime di Assad ed è forte proprio l’interventismo dell’amministrazione turca in questo periodo. Io ero a Istanbul quando è stato abbattuto l’aereo; pochi giorni dopo ho avuto occasione di parlare con un’importante studiosa e ci siamo messi a vagliare tutte le possibili motivazioni razionali di quella che appare anche più una provocazione o un’imprudenza: abbiamo esaurito tutte le teorie complottiste, dietrologiche, senza riuscire a trovare, per la verità, una spiegazione convincente, il che è forse la cosa più preoccupante. Evidentemente una chiave di lettura possibile è quella di un sostegno alla componente sunnita della Siria contro quella che è un’amministrazione alawita e che rappresenta una parte minoritaria della popolazione siriana. Sta di fatto che l’amministrazione turca, due, tre anni fa proclamava come principio forte della sua politica estera “zero problemi con i vicini”.
D. - Perché è cambiato il giudizio nei confronti del regime di Assad?
R. - Una spiegazione che si può dare è che Ankara rivendica un suo ruolo di interlocuzione che finisce per essere quasi anche una richiesta di essere ascoltata molto attentamente. E questa richiesta si basa su una grande crescita economica, quindi su una maggiore forza oggettiva del Paese.
D. – Un’eventuale uscita di scena di Assad per la Turchia che cosa potrebbe significare?
R. – La Turchia sta chiaramente navigando contro il regime di Assad e la cosa più logica che si possa pensare come obiettivo della Turchia è un regime siriano in qualche modo affine, sintonico con i movimenti della "primavera araba" e quindi che portino sia a un assetto più democratico, sia alla prevalenza di partiti o di movimenti che sono nell’area sunnita.
D. – Faceva cenno alla potenza economica della Turchia, oggi questo Paese come si colloca nello scacchiere geopolitico e soprattutto che Paese è?
R. – La Turchia si colloca in un’area strategica fondamentale, però è un Paese che ha una collocazione ancora incompiuta e la va cercando recuperando anche il retaggio della sua natura ottomana. C’è un dato di fatto, e poi alla fine lì dobbiamo sempre tornarci, è un Paese che si muove "sciolto", relativamente parlando, nel momento in cui le cose con l’Unione europea stanno andando a finire male. Certo faremmo altri discorsi se la Turchia fosse già membro dell’Unione europea o comunque fosse prossima ad esserlo.
Mali, distrutta dagli integralisti la porta sacra della moschea di Sidi Yahia
◊ La comunità internazionale sempre più preoccupata per quanto sta avvenendo in Mali. Gli integralisti islamici di "Ansar Dine" continuano ad annientare sistematicamente il patrimonio culturale musulmano. Tra gli ultimi episodi: la distruzione della porta sacra della moschea di Sidi Yahia, uno dei tre grandi tempi di Timbuctu, la mitica città nel Nord del Paese africano, patrimonio dell’umanità. L’attacco si aggiunge alla distruzione, nei giorni scorsi, di altri dieci antichi mausolei. Come leggere questi episodi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Elisa Giunchi, docente di Storia e Istituzioni dei Paesi Islamici all’Università di Milano:
R. – Penso sia come un desiderio di autodefinire la propria religione, rispetto a una visione abbastanza tollerante e flessibile da parte occidentale di quello che è l’islam e in particolare l’islam africano; e poi una volontà anche di contrapporsi a forme di religiosità molto più sincretistiche e ibride, che accettano notevoli compromessi con la realtà sociale.
D. – Il mondo islamico ci appare sempre più sfaccettato rispetto a quello che pensavamo…
R. – Lo è sicuramente. E’ una cosa che poi gli studiosi raccontano da tempo, ma che sui mass media spesso non torna. Ci sono confini interni alla comunità islamica e un tentativo da parte di alcune forme di religiosità di prevalere sulle altre e di portare avanti un processo di omogeneizzazione interna all’islam, perseguito soprattutto da interpretazioni rigoriste che tengono a semplificare e a creare un islam unico, standardizzato, rispetto a questa grandissima varietà - e anche tolleranza - che esiste tradizionalmente nel mondo musulmano e in particolare nel mondo musulmano non arabo.
D. – Esiste all’interno del mondo musulmano una volontà reale di dialogare con le altre grandi religioni, con l’ebraismo così come con il cristianesimo?
R. – Ci sono componenti più aperte al dialogo, altre molto più chiuse e altre, invece, che non dialogano neppure con altri gruppi che si considerano musulmani. Da parte di questi gruppi più "rigoristi" c’è anche il tentativo di screditare e di svalutare l’islamicità di altri gruppi.
D. – Il fatto che l’islam non abbia ancora concepito un’idea di Stato laico, e quindi che protegga anche tutte le espressioni religiose, come va interpretato?
R. – In realtà ci sono diversi intellettuali che hanno insistito sul fatto che l’islam vero è laico. Se si guarda alla storia del mondo musulmano si vede che praticamente sempre la storia del mondo sunnita è stata una storia di divisione tra sacro e profano e quindi di laicità. Nella maggior parte dei casi le figure religiose erano – fra l’latro – sottomesse, dipendenti dalle autorità politiche, che avevano tutto l’interesse ad avere un islam di Stato controllato dalle autorità. Questa è ancora oggi la realtà, sostanzialmente, in quasi tutto il mondo sunnita: anche oggi nel mondo sunnita non si trovano delle teocrazie!
Annuncio del Cern di Ginevra: confermata l'esistenza del "bosone di Higgs"
◊ Un trionfale, e atteso, annuncio è stato lanciato oggi dai ricercatori del “Cern” di Ginevra: dopo oltre 40 anni di ricerca, è stata confermata l’esistenza del “bosone di Higgs”, la particella che sostiene il cosiddetto “Modello standard” dell’universo secondo la fisica delle particelle elementari. La particolarità del bosone è quella di conferire “massa” a tutte le altre microparticelle, a tutto ciò che costituisce la materia visibile, inclusi gli atomi. Arianna Catti De Gasperi ha intervistato Fernando Ferroni, presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che stamattina ha presentato a Roma, in collegamento con il "Cern" di Ginevra, l’importante scoperta:
R. - Se le particelle non avessero interagito con il "bosone di Higgs", e il bosone non fosse esistito, noi non ci saremmo, tutta la varietà di particelle che ci sono non ci sarebbe, e quindi mi sembra un oggetto decisamente importante.
D. - Attraverso questa scoperta, avete capito che l’universo non è né stabile né instabile. Ci può spiegare un po’ questa scoperta?
R. - Sempre premesso che questo sia il vero "bosone di Higgs", e si comporti come noi pensiamo, allora crediamo che questo particolare valore della massa - perché il "bosone di Higgs" poteva avere qualsiasi massa tra 110 e 500 GeV, nelle unità di misura che noi usiamo -, mette l’universo in uno stato che non è né stabile né instabile. Se fosse stato instabile, noi non ci saremmo... Stabile vuol dire che sostanzialmente la sua evoluzione continuerà per sempre, ed è in qualche modo determinata, quindi noi non ci dobbiamo preoccupare, ma insomma non dobbiamo neanche affaticarci molto a capire. Meta-stabile o parzialmente stabile, vuol dire che l’universo sarà soggetto, un giorno, ad avere una transizione: passerà da quello che è il nostro universo così come è fatto appoggiato su una struttura del vuoto, concetto complicatissimo da spiegare, a un altro stato. Non so se lo farà; siamo sull’orlo di un precipizio, ma l’orlo potrebbe essere lontano dieci miliardi di anni, non ci dobbiamo preoccupare per il caffè di domani mattina! Però diciamo che siamo in una situazione in cui ad un certo punto, l’universo sembra "condannato". Questo particolare valore della massa di Higgs, spinge l’universo a un’evoluzione diversa, un’evoluzione in cui sicuramente noi non ci saremo.
Cresce in Italia il triste business delle ecomafie: l’appello di Napolitano
◊ Un business che vale quasi 17 miliardi e che interessa 296 clan, 6 in più dell'anno precedente. Sono alcuni dati sulla situazione delle ecomafie in Italia contenuti nel Rapporto 2012 di Legambiente presentato stamane a Roma. Da parte sua il presidente della Repubblica Napolitano chiede di potenziare il contrasto alle ecomafie. Il servizio di Fausta Speranza:
“Le ecomafie dilagano in gran parte del Paese e penetrano in nuovi settori”. Il Rapporto non lascia dubbi: gli eco-criminali sono sempre di più. Un giro di malavita che ruota intorno ai rifiuti, che si nutre di abusivismo, che spazia dai furti d'arte al traffico di animali fino alla pirateria agroalimentare. Guardando in particolare alla questione rifiuti, si scopre che quelli scomparsi nel nulla nel 2011 ammontano a circa 13,3 milioni, considerando solo 9 delle 16 inchieste dove è stato contestato il traffico organizzato di rifiuti e dove è stato possibile risalire ai sequestri effettuati. Dunque, almeno 346.000 tonnellate di rifiuti gestiti illegalmente che per essere trasportate avrebbero bisogno di 13.848 Tir. Nel Rapporto si dà un’immagine drammatica ed efficace: messi in fila uno dietro l'altro i Tir formerebbero una colonna lunga oltre 188 chilometri. Di fronte al fenomeno ecomafia in triste aumento, l’appello del capo dello Stato Giorgio Napolitano: "E' fondamentale – dice - lo sviluppo di un'intensa attività di prevenzione da attuarsi ricorrendo a iniziative che promuovano soprattutto tra i giovani la cultura del rispetto e della tutela del territorio".
Resta da dire che i 16,6 miliardi derivanti dagli affari illegali delle cosiddette ecomafie sono così suddivisi: 3,1 addebitabili alla gestione dei rifiuti speciali, 1,8 all'abusivismo edilizio, 300 milioni all'archeomafia (furti sono aumentati del 13,1%, i sequestri del 50%), il valore dei sequestri nel settore agroalimentare è stato di 1,2 miliardi, mentre i reati contro la fauna e il traffico di animali hanno fatto registrare la cifra di 3 miliardi; i restanti 7,2 miliardi sono frutto di investimenti a rischio in cui si nasconde la mano delle mafie come per esempio “6,2 miliardi da opere pubbliche e un miliardo dalla gestione dei rifiuti urbani”. Anche il mercato illegale del cemento e dell'abusivismo edilizio non si ferma: 25.800 le nuove costruzioni e le ristrutturazioni per un fatturato 'illegale' stabile a 1,8 miliardi, e pari a circa 18,3 miliardi dal 2003 (anno dell'ultimo condono edilizio) a oggi. Da parte sua, il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, parla di fatturato in generale della mafia valutato sui 140-150 miliardi l'anno.
◊ Immediate e chiare risposte in merito all’insostenibile situazione che si è creata in riferimento ai minorenni stranieri giunti in Italia a seguito dell’ emergenza del Nord Africa e accolti da associazioni e comunità residenziali, specie nel Sud. E’ ciò che chiedono il CNCA, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, e altre organizzazioni impegnate su questo fronte. La preoccupazione riguarda la mancata erogazione da parte dello Stato dei fondi promessi, ma anche l’assenza di piani per il dopo emergenza, cioè dal 2013 in poi. Un caso emblematico che mostra, tra l’altro, l’esistenza in Italia di un sistema di tutele sempre più debole. Adriana Masotti ha chiesto a Liviana Marelli, responsabile minori del CNCA, che cosa non ha funzionato in tutta questa vicenda:
R. - Faccio una premessa per evitare che ci siano confusioni. Qui non stiamo parlando genericamente dei minori stranieri non accompagnati, per i quali vale la normativa italiana secondo cui intervengono i comuni sul cui territorio il minore è stato trovato privo di tutela. Qui parliamo specificatamente di una procedura particolare, impostata dal Ministero del Welfare, per la cosiddetta “emergenza Nord Africa”; quindi quei minori che arrivavano dalle coste africane a Lampedusa, alle coste siciliane. Per questi minori, il governo italiano, aveva previsto la copertura dell’accoglienza, attraverso le strutture ponte piuttosto che direttamente nelle comunità educative, garantendo alle strutture che accoglievano questi ragazzi, una copertura economica per i progetti, e quindi per il lavoro svolto, di 80 euro al giorno che coprivano l’anno 2011 e il 2012. In realtà, al di là delle accoglienze avvenute, lo Stato non sta pagando. Non sta pagando dalla metà dell’anno scorso, e non ci sono, in questo momento, investimenti e pagamenti per il 2012. Quindi ci sono realtà che hanno accolto regolarmente i minori su invito del governo, che in questo momento stanno supportando autonomamente i costi dell’accoglienza, ma che non sono più in grado neanche di pagare gli operatori, per mancanza di pagamento da parte dello Stato. Noi abbiamo delle realtà, per esempio il Progetto Sud che è di Lamezia Terme, i cui operatori non sono pagati da aprile, hanno un credito nei confronti dello Stato di più di 200 mila euro, e questo è solo un esempio.
D. - Quali sono le giustificazioni, le risposte da parte del governo?
R. - Se le avessimo… il fatto è che non lo sappiamo! Io non glielo so dire dal momento che le realtà che accolgono non hanno delle risposte. I comuni non sono coinvolti perché la procedura non è quella solita, e per altro i comuni non so dirle se da gennaio prossimo interverranno o meno. Quello che mi è stato detto è che c’è una mancanza di liquidità.
D. - Voi dite che non è stato previsto nulla neanche per il futuro, per i prossimi anni ..
R. - Questo famoso canale diverso che lo Stato ha avviato per i minori nell’emergenza africana, almeno teoricamente, doveva coprire il periodo fino al 31 dicembre del 2012. Ora, noi non abbiamo idea di cosa succederà nonostante le richieste e le sollecitazioni, perché noi siamo arrivati ai comunicati stampa dopo aver cercato di capire insieme alle prefetture, alle regioni, ai comuni ... La preoccupazione è che a gennaio 2013, i minori stranieri ritornino ad essere esattamente come tutti gli altri. Allora, o lo Stato negozia con i comuni la continuità, o altrimenti il cerino rimane in carico alle organizzazioni, le quali possono scegliere: o andare avanti e tenere questi ragazzi mettendoci risorse proprie, che non hanno – perché alcune cooperative stanno chiudendo, non si pagano gli stipendi ecc... Perchè anche lì si parla di lavoro, non solamente nelle altre realtà italiane-, oppure li dimettono. Le conclusioni le faccio trarre a lei su cosa vuol dire dimettere i ragazzi, dopo aver investito energie, pensiero… e cosa significa sul piano della tutela, non accompagnare i ragazzi all’autonomia.
D. - Dopo questi tentativi vari e ora i comunicati stampa per segnalare questo problema, che cosa vi resta da fare? Avete pensato a qualche altra forma di pressione?
R. - Abbiamo anche già provato altre forme. Purtroppo è come se ci ascoltassero solo in pochi. Credo che arriveremo a valutare noi come Cnca, ma anche insieme ad altre organizzazioni come l’Unicef, ci rivolgeremo al Garante... Cercheremo sicuramente di dare visibilità alla questione anche attraverso forme concrete di manifestazione pubblica, perché al di là dei minori non accompagnati, che appunto ha questa specificità, è un po’ tutto il sistema di protezione e di tutela che oggi rischia di essere non garantito. Il sistema del welfare è sempre un po’ l’ultima ruota del carro. E le cooperative sociali non sono le banche dello Stato.
Documento dei vescovi spagnoli su amore coniugale, ideologia di genere e legislazione familiare
◊ La Conferenza episcopale spagnola ha presentato oggi a Madrid il documento elaborato dall’assemblea plenaria dal titolo “La verità dell’amore umano. Orientamenti sull’amore coniugale, l’ideologia di genere e la legislazione familiare”. Ce ne parla Sergio Centofanti.
I vescovi spagnoli con questo documento intendono riannunciare “il vangelo del matrimonio e della famiglia come un bene per tutta l’umanità” a fronte di una legislazione nazionale che svaluta queste due realtà generando – affermano senza eufemismi – “una cultura della morte” con il fenomeno degli aborti, dei divorzi e dello sfruttamento dei più deboli e dei più poveri. Ma la speranza della Chiesa spagnola è che – contrariamente a quanto ha mostrato fin qui la politica – nella società civile si registra una crescente rivalutazione del matrimonio e della famiglia con la nascita di numerosi movimenti e associazioni. I vescovi denunciano che alla base delle nuove leggi c’è “l’assolutizzazione soggettiva della libertà che, slegata dalla verità, finisce per fare delle emozioni parziali la norma del bene e della moralità”.
Contestano quindi “l’ideologia di genere”, secondo la quale la scelta del sesso appartiene “esclusivamente alla volontà variabile e mutevole del soggetto”, negando la realtà della persona umana che esiste “necessariamente come uomo o donna”. Il documento denuncia poi “la manipolazione del linguaggio, che maschera alcune verità fondamentali delle relazioni umane”, e le “strategie di diffusione di questa ideologia nell’ambito legislativo e educativo” con lo scopo di forgiare le menti sin dall’infanzia. Il rischio è quello di creare una società “senza riproduzione sessuale, senza paternità e senza maternità”, affidata “unicamente alla scienza, alla biomedicina, alla biotecnologia e all’ingegneria politica”. “Dietro queste teorie – si sottolinea – c’è un pensiero materialista e radicale, in definitiva inumano” che degrada la dignità della persona umana “alla condizione di cosa o oggetto totalmente manipolabile”.
I vescovi spagnoli affermano che “dietro la pretesa neutralità di queste teorie si nascondono drammi personali che la Chiesa conosce bene. Però - proseguono - dobbiamo tenere sempre viva la speranza. Il bene e la verità, la bellezza dell’amore, sono capaci di superare tutte le difficoltà, per molte e gravi che siano”. In questo senso, si ricorda che la Chiesa apre sempre il suo cuore di madre a tutti: “nessuno può sentirsi escluso, tantomeno coloro che sentono attrazione sessuale verso il medesimo sesso”.
Si ribadisce quindi che il matrimonio “non è una semplice relazione di convivenza o coabitazione”, ma un’alleanza coniugale tra un uomo e una donna, un vincolo non meramente visibile “ma anche morale, sociale e giuridico”. E’ “un amore pienamente umano e totale, che deve essere fedele ed esclusivo, fecondo, aperto alla vita” e indissolubile e che non va confuso con altre forme di unione. “Riconoscere e aiutare l’istituzione matrimoniale è uno dei maggiori servizi che si possono offrire oggi al vero sviluppo degli uomini e della società”. Infatti “la famiglia, come comunità specifica, costituita da padre, madre e figli, è un capitale sociale della più grande importanza, che richiede di essere promosso politicamente e culturalmente”. Ma purtroppo – sottolinea il documento - con le attuali normative vigenti in Spagna “assistiamo alla distruzione del matrimonio per via legale”. I presuli chiedono quindi di promuovere leggi che sostengano le famiglie e “una politica demografica che favorisca la natalità, posto che i figli sono un contributo decisivo per lo sviluppo della società, che deve essere riconosciuto adeguatamente dallo Stato”.
“La miglior risposta alla ideologie di genere e all’attuale crisi matrimoniale – sostengono i vescovi spagnoli – è la nuova evangelizzazione. E’ necessario proporre Cristo come cammino per vivere e sviluppare la vocazione all’amore. Senza la sua grazia, senza la forza dello Spirito Santo, amare risulta un’avventura impossibile. Per questo – concludono - abbiamo bisogno di nuovi evangelizzatori che testimonino con la loro vita che per Dio nulla è impossibile”.
Trattato sul commercio delle armi: al via la Conferenza Onu
◊ Sono cominciati ieri i lavori della Conferenza dell’Onu per il Trattato sul commercio di armamenti (Att, Arms Trade Treaty): lo ha annunciato a New York il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, dopo un ritardo di circa un giorno dovuto a una controversia sulle modalità di una partecipazione palestinese. “Negli anni abbiamo fatto progressi sulle questioni delle armi di distruzione di massa – ha detto il Segretario generale – ma la comunità internazionale è rimasta indietro sulle armi convenzionali”. Secondo Ban Ki-moon, “le armi nucleari conquistano i titoli, ma le armi convenzionali uccidono ogni giorno”. L’apertura dell’incontro ha seguito l’elezione del diplomatico argentino Roberto Garcia Moritan come presidente dell’Assemblea. A sollevare la questione della partecipazione palestinese - riferisce l'agenzia Misna - era stato l’Egitto, un Paese che acquista armamenti statunitensi per un valore di oltre un miliardo di euro l’anno. La diplomazia del Cairo aveva denunciato discriminazioni nei confronti dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), che alla conferenza ha uno status di osservatore come l’Unione Europea ma un ruolo del tutto marginale. L’appuntamento di New York costituisce una tappa fondamentale per arrivare a un Trattato sul commercio di armamenti. La conclusione dei lavori è prevista per il 27 luglio. Nelle prossime settimane i rappresentanti di 193 Stati negozieranno quello che è considerato dalla società civile internazionale un atto fondamentale per controllare il commercio di armi con regole chiare e condivise. (R.P.)
Myanmar. Aung San Suu Kyi al governo birmano: liberate i 330 detenuti politici
◊ Nelle carceri birmane sono ancora oggi rinchiusi "centinaia" di prigionieri politici e anch'essi devono essere rilasciati. È quanto ha affermato oggi la leader dell'opposizione democratica Aung San Suu Kyi, all'indomani della decisione del governo di liberare 46 detenuti nel contesto di un provvedimento di grazia di cui hanno beneficiato una ventina di persone in carcere per reati di opinione. In una nota la Nobel per la pace respinge l'ordine impartito da Naypyidaw, che le proibisce di continuare a chiamare la nazione "Birmania" in sostituzione di Myanmar, il nome con cui il regime militare ha ribattezzato il Paese durante i due decenni di dittatura e isolamento internazionale. Al monito della Commissione elettorale, la "Signora" ribatte che "in una nazione democratica si deve valutare il volere della gente", mentre il cambio di nome è avvenuto senza la consultazione popolare. In una conferenza stampa indetta oggi, la leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld) ha confermato l'intenzione di chiedere "il rilascio di tutti e 330 i prigionieri politici", in un appello rilanciato dal famoso dissidente Ko Ko Gyi che ha aggiunto: "continueremo a lavorare per la liberazione di tutti". Ieri il governo birmano ha anticipato gli effetti di un provvedimento di amnistia, scarcerando oltre 40 detenuti, di cui 37 uomini e nove donne. Fra le ragioni alla base del provvedimento, il proposito delle autorità di "assicurare la stabilità" della nazione e dar vita a una "pace perenne, riconciliazione nazionale, assicurando a tutti la possibilità di prendere parte al processo politico". Tra le persone rilasciate vi è anche Than Zwe, arrestato e condannato al carcere a vita sebbene innocente. "Non sono riconoscente né felice per la liberazione" ha dichiarato l'uomo, dietro le sbarre dal luglio 1989, perché "sono stato imprigionato per moltissimi anni - oltre due decenni - per un crimine che non ho neanche commesso". Egli era stato arrestato con l'accusa di aver partecipato all'attacco bomba alla raffineria petrolifera Thanlyin: condannato alla pena capitale in primo grado, la sentenza è stata commutata in ergastolo al processo di appello. Dietro l'attentato vi era invece un comandante dell'esercito nazionalista Karen, reo confesso nel 2005; tuttavia, le sue parole non sono servite a scarcerare Than Zwe. Fra gli altri 20 prigionieri di coscienza liberati ieri vi è anche Aye Aung, uno dei leader studenteschi del movimento Generazione 88 condannato dapprima a 59 anni, ridotti poi a 29 in appello con l'accusa di aver violato la legge di emergenza nazionale e stampa clandestina. (R.P.)
◊ “La situazione è calma. Sia i cristiani sia i musulmani hanno condannato gli attentati. Tutti affermano che non esiste una guerra di religione ma che gli assalti alle due chiese sono probabilmente una reazione alla presenza dell’esercito keniano in Somalia” dice all’agenzia Fides mons. Joseph Alessandro, vescovo coadiutore di Garissa, la località del Kenya dove domenica 1° luglio sono state attaccate due chiese, tra le quali la cattedrale cattolica. “Ieri si è svolto un incontro con le autorità civili e religiose dell’area, al quale abbiamo partecipato come Chiesa cattolica” dice mons. Alessandro, che aggiunge: “il vescovo, mons. Paul Darmanin, ha organizzato una riunione che si terrà domani con i sacerdoti, i religiosi e le religiose per verificare la situazione. L’intenzione è quella di accrescere gli aiuti ai musulmani per dimostrare che non abbiamo nulla contro di loro. Già ora ogni mese distribuiamo cibo anche a famiglie musulmane in difficoltà a causa della carestia”. La stampa somala riporta l’arresto di alcune persone che sarebbero coinvolte nel duplice attentato contro le chiese di Garissa. “Non abbiamo ancora notizie di arresti di persone coinvolte negli attentati - afferma mons. Alessandro - e non si sa se gli attentatori provengano da fuori o siano del posto. È comunque vero che qui ci sono alcuni simpatizzanti degli Shabaab. D’altronde la popolazione dell’area è formata da somali, ed è difficile distinguere tra chi è del posto e chi viene dalla Somalia” conclude mons. Alessandro. (R.P.)
Burundi: messaggio dei vescovi per i 50 anni di indipendenza
◊ “L’indipendenza nazionale è un dono di Dio che sta a noi fruttificare”. È questo il senso del messaggio dei vescovi del Burundi letto in tutte le chiese domenica 1° luglio, nel 50esimo anniversario dell’indipendenza del Paese. Nel messaggio, inviato all’agenzia Fides, si ricorda che la Chiesa ha contributo a diffondere l’idea di indipendenza insegnando che tutti gli uomini, neri e bianchi, sono uguali di fronte a Dio. “Anche la nomina del primo vescovo burundese, nella persona di mons. Michel Ntuyahaga, così come l’erezione delle diocesi nel 1959, furono un segnale che era venuto il tempo per l’indipendenza del Burundi” scrivono i vescovi. Grazie all’indipendenza, si sottolinea nel Messaggio, i burundesi hanno ricevuto diversi doni: il diritto di cittadinanza e di parola nel concerto delle nazioni; l’autonomia politica e amministrativa; la libertà organizzativa nel campo economico e culturale. “D’altronde - aggiungono i vescovi - nel momento in cui rendiamo grazie a Dio, non possiamo nascondere il fatto che sotto certi aspetti, ci siamo comportati come il servitore che ha ricevuto un talento ma che lo ha nascosto sotto terra, invece di farlo fruttare”. Invece che far progredire la democrazia e l’economia nazionale, infatti, “noi burundesi ci siamo dilaniati, mettendo al primo posto le etnie, il regionalismo, la provenienza sociale e le appartenenze ai partiti politici” scrivono i vescovi, con un chiaro riferimento alle diverse guerre civili che hanno sconvolto i primi decenni dell’indipendenza. “Le guerre che si sono susseguite hanno portato enormi distruzioni e la conseguenza è che ora il nostro Paese è tra gli Stati più poveri del mondo” sottolinea il Messaggio. Per uscire da questa situazione i vescovi sottolineano la necessità di consolidare la democrazia (che non significa solo elezioni regolari ma soprattutto la possibilità per tutti i cittadini di far sentire la propria voce) e di rilanciare lo sviluppo economico. “Come avete visto, siamo ancora lontani dall’aver fatto fruttare il tesoro dell’Indipendenza che Dio ci ha dato. C'è ancora molta strada da fare. Ma non c'è bisogno di disperare, l'importante è ripartire nella giusta direzione. Possiamo sempre far fruttare, per Dio e per i burundesi, i tesori che il Signore ci ha affidato, se ci impegniamo con determinazione a servire il nostro Paese” concludono i vescovi. (R.P.)
Zimbabwe: i vescovi esortano a non perdere la speranza e ad avere fede in Dio
◊ Una lettera pastorale rivolta a tutti gli zimbabwani — a quelli che hanno lasciato la loro terra e a quelli rimasti — con l’invito a “non perdere la speranza e a continuare ad avere fede in Dio” è stata scritta nei giorni scorsi dai vescovi del Paese africano. I presuli – riferisce L’Osservatore Romano - si dicono preoccupati per la situazione di caos nella quale è sprofondata la società negli ultimi anni. Secondo dati recenti, poco meno di mille persone al giorno abbandonano lo Zimbabwe per raggiungere altri Paesi o il vicino Sud Africa in cerca di cibo e salvezza. Un vero e proprio esodo, come è stato definito dalla Conferenza episcopale. Elezioni segnate dalla corruzione, libertà di parola e di stampa limitate, censura dei media o intimidazioni e tentativi di controllo delle attività della società civile e delle ong continuano a violare il rispetto dei diritti umani in Zimbabwe. Da anni, la Chiesa cattolica è impegnata nella promozione dei diritti universali, nella creazione di partenariati che favoriscano il Paese e aiutino uomini, donne e bambini a vivere in condizioni di vita dignitose, e nel rispetto e nella tutela dei diritti umani. Nonostante lo Zimbabwe sia allo stremo e il tessuto sociale quasi sfaldato a causa delle migrazioni forzate e della “fuga di cervelli”, per lo più giovani, i presuli esortano la popolazione ancora una volta ad «avere fede e non perdere la speranza. Dobbiamo pregare tutti insieme per il bene e il futuro del nostro Paese. Siate certi che ci sono persone all’interno del Governo, della società civile e della Chiesa, che lavorano per trovare la strada della guarigione e della riconciliazione nazionale. Migliaia di persone impegnate nella ricerca del bene comune e nella creazione di una società migliore per tutti. Siate pazienti — conclude la lettera — perché gli attuali sforzi richiedono tanta energia e molto tempo. Sappiate che possiamo superare l’odio con l’amore, la menzogna con la verità, la paura con il coraggio. Questa è la via del Vangelo che ci condurrà alla libertà, alla verità e alla pienezza della vita». (L.Z.)
India: ancora aggressioni anticristiane
◊ Non si fermano le aggressioni contro i cristiani dell'India, perpetrate da ultranazionalisti indù con la complicità della polizia. Gli ultimi episodi in ordine di tempo sono avvenuti in Karnataka e in Uttar Pradesh. Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), denuncia una situazione "non più tollerabile per l'India laica", dove "sempre più spesso i cristiani non godono della libertà costituzionale di professare e praticare la propria religione, nei loro luoghi di culto". Il primo luglio scorso - riferisce l'agenzia AsiaNews - a Vijayapura (Karnataka) il rev. Kantharaj Hanumanthappa, pastore della Chiesa pentecostale Zion Prarthana Mandira, stava conducendo un servizio di preghiera nella sua abitazione. All'improvviso, circa 20 attivisti del Bajrang Dal (gruppo ultranazionalista indù) hanno interrotto il raduno, insultando i fedeli presenti e accusandoli di fare proselitismo tra gli indù. Per non far degenerare la situazione, il pastore ha deciso di interrompere il servizio. Poi, insieme ad alcuni dei presenti si è recato alla stazione di polizia di Burmasagar per sporgere denuncia, ma gli agenti non hanno effettuato ancora alcun arresto. Una situazione analoga si è verificata nel villaggio di Rahika (distretto di Sitapur, Uttar Pradesh), durante un raduno di tre giorni (26-28 giugno) di una Chiesa pentecostale della zona. Intorno alla mezzanotte del primo giorno, alcuni poliziotti si sono introdotti nella casa del pastore Ramgopal, gli hanno sequestrato il cellulare e lo hanno portato alla stazione di polizia. Gli agenti lo hanno minacciato: "O ve ne andate via da qui e non tornate mai più, o ti arrestiamo". Inutili gli interventi di funzionari locali del Gcic: la polizia ha rilasciato il pastore solo dopo avergli fatto firmare una dichiarazione, in cui prometteva di non condurre più alcun servizio di preghiera nella zona. "Episodi come questi - sottolinea Sajan George - sono ormai una consuetudine, soprattutto negli Stati guidati dal Bharatiya Janata Party (Bjp, partito ultranazionalista indù). Membri del Sangh Parivar attaccano la vulnerabile comunità cristiana, nel silenzio e nella protezione delle autorità. I nostri appelli per garantire maggiore sicurezza sono inutili". (R.P.)
Europarlamento: l'intervento di mons. Komarica sulla situazione in Bosnia-Ezegovina
◊ Mons. Franjo Komarica, vescovo di Banja Luka, diocesi a nord ovest della Bosnia-Erzegovina, è intervenuto ieri nella sede dell’Europarlamento per affrontare le problematiche che sta vivendo in questo periodo il Paese balcanico. “Gli accordi di Dayton – ha ricordato – hanno fermato la guerra, ma non hanno contribuito a creare democrazia e una convivenza pacifica”. Il territorio – riferisce l’agenzia Sir – soffre di una difficile convivenza tra etnie, culture e religioni diverse, oltre ai problemi di rapporti con gli Stati vicini. Mons. Komarica ha anche ricordato la fatica della vita quotidiana toccata da crimine, corruzione, incertezze sull’istruzione pubblica ed ha sottolineato come l’odio venga alimentato da alcuni esponenti politici, creando un clima di ingiustizia e disuguaglianza. “Nella mia terra occorre rimettere l’uomo al centro, l’uomo a immagine di Dio” ha affermato il vescovo, ricordando la difficile situazione per la Chiesa cattolica che “sta per essere annientata e i cattolici stanno scomparendo”. Mons. Komarica ha poi proposto di realizzare un accordo “Dayton 2” o una revisione dell’accordo del 1995, “affinché la Bosnia-Erzegovina possa divenire uno Paese unito, uno Stato sovrano, pacificato, laico, che possa al più presto entrare a far parte dell’Unione europea”. Il vescovo ha, infine, lanciato un appello alla comunità europea perché possa prestare maggior attenzione alla regione balcanica. “Non lasciateci morire – ha concluso – sarebbe un disastro per noi, ma un grande problema anche per i Balcani e per l’Ue nel suo complesso”. (A.C.)
Dall’Asia all’Italia: migranti aumentati del 600% negli ultimi 20 anni
◊ Viene presentato oggi a Roma il volume “Asia-Italia. Scenari migratori”, curato da Idos e promosso da Caritas e Fondazione Migrantes. La ricerca – riferisce l’agenzia Sir – è stata effettuata al termine di un viaggio di studio nelle Filippine, e approfondisce la situazione delle migrazioni tra l’Asia e l’Italia e come queste siano cambiate nel corso degli ultimi decenni. Il continente asiatico negli ultimi 60 anni è stato il primo per numero di migrazioni, con 65 milioni di partenze, e il primo per numero di rifugiati: 6 milioni, senza contare i palestinesi. In Italia nel 2011 gli asiatici residenti erano 767 mila, 6 volte in più rispetto a vent’anni prima. Per provenienza, le prime 6 nazionalità presenti in Italia sono cinesi (210 mila), filippini (134 mila), indiani (121 mila), bangladesi (82 mila), srilankesi (81 mila) e pakistani (76 mila). I settori di impiego lavorativo sono vari, e coloro che si dedicano ad iniziative imprenditoriali sono perlopiù cinesi, bangladesi, indiani e pakistani. I curatori del volume sottolineano come, in questo momento di crisi, il mercato “continua a offrire agli immigrati asiatici discrete possibilità di inserimento, soprattutto in agricoltura e nel settore domestico, dall’altra, provoca l‘espulsione di quote consistenti di occupati, per i quali la perdita del lavoro può condurre a quella del permesso di soggiorno”. Ricordano, infine, che le aggregazioni religiose, i partiti, i sindacati e le associazioni hanno un ruolo fondamentale nell’integrazione tra le diverse comunità locali fra loro e con gli italiani. (A.C.)
Sri Lanka: premio alla cristiana Nimalka Fernando per la lotta in favore dei diritti umani
◊ L’attivista cristiana Nimalka Fernando, presidente dell’International Movement Against all Forms of Discrimination and Racism, è stata insignita – riferisce l’agenzia AsiaNews – del Citizen’s Peace Award 2011, uno dei più importanti premi dello Sri Lanka, promosso dal National Peace Council (Npc) del Paese asiatico. Il riconoscimento, consegnato lo scorso 26 giugno, è stato assegnato alla donna per il coraggio, l’impegno e l’iniziativa che ha dimostrato, in modo consistente e per molto tempo, lavorando per i diritti umani e la giustizia delle persone per una pace duratura in Sri Lanka. “In tutta onestà, sono solo una delle migliaia di persone e movimenti che dalla fine degli anni '70 lavorano per la giustizia e la pace in Sri Lanka”, ha commentato Nimalka Fernando durante il discorso di ringraziamento. “Questo è anzitutto il 'loro' premio, più che il mio, e per questo lo voglio dedicare a tutti i miei compatrioti” ha proseguito. “Come vincitrice, questo riconoscimento mi pone dinanzi a una sfida. Ma esso rappresenta anche un incoraggiamento per tutti noi, a continuare il nostro lavoro. Grazie per aver voluto premiare la pace e i diritti umani in Sri Lanka”. Alla consegna del premio, avvenuta al centro culturale Lakshman Kadirgamar di Colombo, erano presenti membri del governo e dell’opposizione, attivisti della società civile. Il Citizen’s Peace Award è un premio nato due anni fa per riconoscere l’impegno di quanti, nella società civile, lavorano per la pace, i diritti umani e l’armonia tra le diverse comunità. (A.C.)
Perù: la Chiesa chiede di fermare le violenze dopo i 3 morti di ieri a Celendin
◊ L'ex presidente della Conferenza episcopale del Perù e vescovo emerito di Chimbote, mons. Luis Bambaren, ha denunciato la violenza scoppiata nella provincia di Celendín, nella zona di Cajamarca (nord del Perù), dove la popolazione manifesta contro la realizzazione del progetto minerario Conga, e ha sollecitato la mediazione della Chiesa cattolica, offerta dalla Conferenza episcopale peruviana (Cep). Nella nota ripresa dall'agenzia Fides, si legge che mons. Bambaren ha affermato che sia il governo centrale che le organizzazioni sociali di Cajamarca, che si oppongono al progetto minerario Conga, dovrebbero immediatamente accettare la mediazione di padre Gaston Garatea proposta dalla Cep. Il vescovo ha sottolineato che padre Garatea è un sacerdote con molta esperienza e ben accetto nelle comunità andine, e potrebbe indicare cosa è meglio per lo sviluppo di quella regione andina. "Il dialogo è l'unico modo per risolvere le divergenze in questi momenti difficili. Io faccio appello ai miei fratelli di Celendín per fermare la violenza e favorire il dialogo" ha concluso il vescovo. Secondo informazioni locali inviate a Fides, almeno tre persone sono state uccise e 20 ferite in uno scontro fra polizia e manifestanti verificatosi ieri, a Celendin. I manifestanti protestavano contro il progetto minerario Conga, che prevede l’apertura di una serie di miniere nella zona di Cajamarca. Il progetto, del valore di oltre 5.000 milioni di dollari (quasi 4.000 milioni di euro), è da tempo contestato dalla popolazione locale. Dopo la protesta di ieri, che è stata la più violenta, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza nella regione di Cajamarca e ha ordinato l'intervento dell'esercito per ristabilire l'ordine nella cittadina di Celendín, centro della protesta anti-mineraria. (R.P.)
Repubblica Dominicana: la Chiesa esprime disappunto per la chiusura dei mercati binazionali
◊ La Chiesa cattolica nella Repubblica Dominicana è intervenuta, attraverso un editoriale pubblicato sul settimanale Camino, in merito alla chiusura dei mercati binazionali che si svolgono ogni settimana in diversi punti del confine con Haiti. La denuncia – riferisce l’agenzia Fides – ha messo in evidenza come migliaia di haitiani e dominicani riescono a sopravvivere grazie a questo spazio di commercio e come quindi la chiusura provoca ingenti danni al sostentamento di numerose famiglie. La chiusura era stata proposta la scorsa settimana dal Primo ministro di Haiti Laurent Lamothe, come misura per la lotta al contrabbando. L’editoriale afferma che “coloro che sostengono la chiusura dei mercati binazionali mostrano che il loro cuore è lontano dal confine”. Invita, infine, il governo di Haiti a non ostacolare il commercio, “altrimenti vorrà dire solo aumentare la miseria. Se il problema è la mancanza di entrate nelle casse dello stato haitiano, queste si devono trovare altrove, e non mettendo in croce i più poveri”. (A.C.)
Ecuador: giovani portano il Vangelo di porta in porta, nelle zone più povere
◊ Al fine di evangelizzare e mettersi al servizio delle comunità più vulnerabili in Ecuador, la "Universidad Tecnica Particular de Loja" e la Gioventù Idente, che comprende giovani universitari cattolici di diverse università dell’Ecuador e di altri Paesi dell’America Latina, hanno annunciato la 9a edizione della Missione Idente Ecuador 2012, che si terrà dal 3 al 12 agosto. Come riportato dal comunicato dell'università, pervenuto all’agenzia Fides, la “Missione Idente Ecuador 2012” intende promuovere la consapevolezza sociale degli studenti universitari e dei professionisti dall'America Latina, invitandoli a portare il messaggio di Cristo, come missionari, nelle diverse province del Paese. Secondo gli organizzatori dell'evento - riporta l'agenzia Fides - questa missione "ha un significato speciale: per molti giovani si tratta di un incontro personale con Cristo, scoperto nella semplicità e nella generosità di tutti coloro che li ricevono presso i luoghi di missione". La missione si articola in attività spirituali, accademiche e tecniche, in quanto i giovani promuovono la realizzazione di progetti specifici nei settori più svantaggiati della società. Ci sono visite porta a porta, laboratori per bambini, giovani e adulti, giochi ed altre attività che aiutano la sviluppo socio-culturale delle comunità. La Missione Idente si realizza dal 2004 con la partecipazione di centinaia di giovani del Paese e di tutta l'America Latina, che partono verso 18 delle 24 province dell'Ecuador, anche se in un futuro si mira a raggiungere tutto il Paese. (R.P.)
Olimpiadi di Londra: iniziative su sport e disabilità dei vescovi inglesi
◊ Due iniziative dedicate alla disabilità per dimostrare, con le parole di Giovanni Paolo II, che “il corpo ha la capacità di mantenere il vero sussurro e i segreti di Dio”. Alla vigilia dei Giochi olimpici e paralimpici, che inizieranno a Londra il 27 luglio, la Chiesa cattolica d’Inghilterra e Galles sta tenendo in questi giorni un convegno internazionale (2 luglio) e una giornata (8 luglio) approfittando di questa occasione sportiva unica “per promuovere una nuova idea di persona che consideri il corpo nelle sue potenzialità più profonde, oltre il limite dell’handicap”. A parlarne all'agenzia Sir Europa è Cristina Gangemi, consulente della Conferenza episcopale per i temi legati alla disabilità. “Le Paralimpiadi - spiega - mettono in scena la teologia del corpo di Giovanni Paolo II che era un grande sportivo. Era sempre in forma, grazie a una ferma disciplina, e consentiva al suo spirito di guidarlo nello sport. Ha anche dimostrato, sperimentando in prima persona la disabilità fisica, che esiste una continuità tra salute e malattia e il corpo va rispettato e onorato sempre. Con la ‘Gaudium et Spes’ ha letto i segni del tempo perché ha avviato una teologia della disabilità”. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 186