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Sommario del 29/06/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Santi Pietro e Paolo. Il Papa: le forze del male non prevarranno, pregate perché serva la Chiesa con forza e mitezza
  • Un'unica voce: il coro di Westminster e della Cappella Sistina cantano insieme in San Pietro
  • Parrocchie e movimenti in Piazza San Pietro per esprimere solidarietà e vicinanza al Papa
  • Padre Lombardi: Santi Pietro e Paolo, festa per l'unità della Chiesa
  • Nomine
  • Il Papa a Napolitano: auguri di compleanno e complimenti per la vittoria italiana sulla Germania
  • Il cardinale di Palermo, Romeo: il martirio di don Puglisi, modello per tanti
  • Oggi in Primo Piano

  • I mercati in rialzo dopo i primi risultati dell'Eurosummit anti-crisi
  • Siria: vigilia del vertice di Ginevra per rilanciare il piano di pace di Annan
  • Usa: la Corte Suprema approva la riforma sanitaria di Obama
  • Orvieto, Settimana di aggiornamento pastorale. Intervista con mons. Sigalini
  • Spoleto, Festival dei due mondi: i vizi capitali visti da sette grandi predicatori
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Onu: appello per la raccolta di nuovi fondi per i rifugiati siriani
  • Egitto: Morsy giurerà davanti all'Alta Corte Costituzionale
  • Terra Santa: mons. Twal si congratula con il presidente egiziano Morsy
  • Dopo anni nei campi dei rifugiati, Tornano a casa i profughi angolani
  • Guatemala: il presidente Molina presenta la riforma costituzionale
  • I polacchi pregano sulla tomba del Beato Giovanni Paolo II
  • I cardinali Rylko e Bagnasco ad Enna per il 600.mo della proclamazione della Patrona
  • Africa: concluso l’incontro dell’Apostolato sociale dei Gesuiti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Santi Pietro e Paolo. Il Papa: le forze del male non prevarranno, pregate perché serva la Chiesa con forza e mitezza

    ◊   La Chiesa “non è una comunità di perfetti, ma di peccatori” che hanno bisogno dell’amore di Dio: è uno dei passaggi dell’intensa omelia di Benedetto XVI alla Messa di stamani nella Basilica Vaticana in occasione della Solennità dei Santi Pietro e Paolo, copatroni della Chiesa di Roma. Durante la celebrazione, il Pontefice ha imposto la stola del Pallio - simbolo di comunione dei vescovi con il Successore di Pietro - a 43 nuovi arcivescovi metropoliti. Ad altri tre presuli verrà invece consegnato nelle loro sedi metropolitane. Alla Messa ha partecipato anche una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, inviata da Bartolomeo I. All’Angelus, in Piazza San Pietro, il Papa ha quindi chiesto ai fedeli di pregare affinché egli possa continuare a servire la Chiesa con forza e mitezza. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Pietro e Paolo, fratelli nella fede in Cristo. Nella Messa per celebrare i Patroni della Chiesa di Roma, Benedetto XVI ha sottolineato come la tradizione cristiana abbia sempre considerato i due Apostoli come “inseparabili”. Se la prima coppia biblica, con Caino che uccide Abele, ci mostra “l’effetto del peccato”, Pietro e Paolo “hanno realizzato un nuovo modo di essere fratelli vissuto secondo il Vangelo”, e ciò nonostante fossero “differenti umanamente l’uno dall’altro e malgrado nel loro rapporto non siano mancati conflitti”:

    “Solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità: ecco il primo fondamentale messaggio che la solennità odierna consegna a ciascuno di noi, e la cui importanza si riflette anche sulla ricerca di quella piena comunione cui anelano il Patriarca ecumenico e il Vescovo di Roma come pure tutti i cristiani”.

    Il Papa si è dunque soffermato sulla missione che il Signore ha affidato a Pietro di essere roccia, “fondamento visibile su cui è costruito l’intero edificio spirituale della Chiesa”. E ha sottolineato la “tensione che esiste tra il dono che proviene dal Signore e le capacità umane”, “la debolezza umana”. Una tensione che ritroviamo nella storia dello stesso papato:

    “Da una parte, grazie alla luce e alla forza che vengono dall’alto, il papato costituisce il fondamento della Chiesa, pellegrina nel tempo; dall’altra, lungo i secoli emerge anche la debolezza degli uomini, che solo l’apertura all’azione di Dio può trasformare”.

    Ha così richiamato “la chiara promessa” di Gesù: “le porte degli inferi, cioè le forze del male non potranno avere il sopravvento”. Quella di Gesù, ha spiegato il Papa, è una promessa più grande di quelle fatte agli antichi profeti. “Questi, infatti, erano minacciati solo dai nemici umani, mentre Pietro” dovrà essere difeso “dal potere distruttivo del male”:

    “Pietro viene rassicurato riguardo al futuro della Chiesa, della nuova comunità fondata da Gesù Cristo e che si estende a tutti i tempi, al di là dell’esistenza personale di Pietro stesso”.

    Benedetto XVI ha quindi rivolto il pensiero al simbolo delle chiavi del Regno dei Cieli affidate da Cristo a San Pietro, che ha il potere di “legare e sciogliere”:

    “Il parallelismo ‘sulla terra…nei cieli’ garantisce che le decisioni di Pietro nell’esercizio di questa sua funzione ecclesiale hanno valore anche davanti a Dio”.

    Appare chiaramente, ha soggiunto, che “l’autorità di sciogliere e di legare consiste nel potere di rimettere i peccati”. E questa grazia, ha detto, “che toglie energia alle forze del caos e del male è nel cuore del ministero della Chiesa”:

    “Essa non è una comunità di perfetti, ma di peccatori che si debbono riconoscere bisognosi dell’amore di Dio, bisognosi di essere purificati attraverso la Croce di Gesù Cristo”.

    I detti sull’autorità di Pietro, ha affermato il Papa, lasciano dunque trasparire proprio che “il potere di Dio è l’amore, l’amore che irradia la sua luce dal Calvario”. Infine, rivolgendosi ai metropoliti che hanno ricevuto il Pallio, ha richiamato la dimensione fondamentale della “comunione che è la Chiesa”:

    “Animati da questa certezza, sentiamoci tutti insieme cooperatori della verità, la quale – sappiamo – è una e 'sinfonica' e richiede da ciascuno di noi e dalle nostre comunità l’impegno costante della conversione all’unico Signore nella grazia dell’unico Spirito”.

    Dopo la Messa, all’Angelus in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha ringraziato con affetto i fedeli che assieme al cardinale vicario, Agostino Vallini, e ai giovani cattolici “riunitisi spontaneamente in gruppo attraverso i social network” si sono raccolti per esprimergli vicinanza spirituale:

    “Cari amici, vi ringrazio cordialmente per questo gesto di affetto e per le vostre iniziative a sostegno del mio ministero apostolico e per favorire in ogni ambiente una coraggiosa e attiva testimonianza cristiana. Conto anche sulle vostre preghiere per continuare a servire la Chiesa con la mitezza e la forza dello Spirito Santo”.

    Il Papa non ha mancato, inoltre, di sottolineare quanto Roma porti inscritti nella sua storia i segni della vita e della morte di San Pietro e San Paolo, un martirio che è “segno di unità della Chiesa”:

    “Ma i Santi Pietro e Paolo brillano non solo nel cielo di Roma, ma nel cuore di tutti i credenti che, illuminati dal loro insegnamento e dal loro esempio, in ogni parte del mondo camminano sulla via della fede, della speranza e della carità”.

    Quindi, ha rivolto un saluto particolare alla delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, levando una preghiera alla Vergine affinché “conduca tutti i credenti in Cristo al traguardo della piena unità”.

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    Un'unica voce: il coro di Westminster e della Cappella Sistina cantano insieme in San Pietro

    ◊   Come ricordato dal Papa, anche il coro di Westminster Abbey ha preso parte alla celebrazione cantando insieme nella Basilica Vaticana, per la prima volta nella storia, al coro della Cappella Musicale Pontificia. “Il segno tangibile di una volontà di camminare insieme cercando di anticipare nella storia quella desiderata unità che tutti cerchiamo”: così ieri sera il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, si è espresso al concerto privato che i due cori hanno tenuto in Cappella Sistina. Al microfono di Benedetta Capelli, le parole di John Hall, decano di Westminster:

    R. – Well, it’s an enormous privilege for us. I mean, like the Sistine Chapel…
    Per noi è un grandissimo privilegio. Come il coro della Cappella Sistina, noi siamo un coro antico, una fondazione corale che risale a molti secoli fa. Abbiamo la nostra tradizione e la nostra opera svolta a Londra, nella cattedrale di Westminster. Per noi, unirci a un altro prestigioso coro e fare musica insieme nella Basilica di San Pietro è un grande privilegio. Siamo molto felici di essere qui.

    D. – Questo può essere un segno visibile dell’ecumenismo?

    R. – Oh, I think it is. And it’s wonderful that it can be expressed, amongst other…
    Certo, penso di sì. Ed è meraviglioso che possa essere espresso, tra tanti modi, anche tramite la musica. Penso che la musica sia un grande elemento di unificazione: è una grande arte alle quale tutti possiamo partecipare e di cui tutti possiamo godere. Per questo, è un modo meraviglioso per esprimere unità, sia come musicisti sia come cristiani. Siamo immensamente riconoscenti al Papa e al Coro della Cappella Sistina per il loro invito. Credo che possa diventare una collaborazione veramente molto feconda.

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    Parrocchie e movimenti in Piazza San Pietro per esprimere solidarietà e vicinanza al Papa

    ◊   Nel giorno della solennità dei Patroni di Roma centinaia di persone si sono riversate in Piazza San Pietro per la recita dell’Angelus, accogliendo l’invito del cardinale Vicario Agostino Vallini alle parrocchie, ai movimenti, alle realtà ecclesiali, di stringersi intorno al Papa per ribadire solidarietà e vicinanza in un tempo per lui difficile. “Chiediamo alla Vergine – scrive il porporato – di custodire e proteggere il Santo Padre, fatto oggetto negli ultimi tempi di giudizi irriguardosi e falsi”. Cecilia Seppia ha raccolto per noi alcune testimonianze:

    R. – Siamo qui, in questa occasione, per manifestare il nostro sostegno al Papa e per uscire dalle catacombe. Oggi, infatti, siamo molto addormentati e noi invece vogliamo testimoniare la nostra fede al fianco del Santo Padre e portarla in tutto il mondo.

    D. – Perché avete scelto oggi di essere qui in piazza?

    R. – Perché non potevo non scegliere, dovevo stare in questo momento qui davanti al Papa per fargli sentire che gli vogliamo bene e che c’è una Chiesa diversa da quella che viene presentata.

    R. – Per esprimere tutta la nostra gratitudine a Benedetto XVI, alla testimonianza che sta dando in questo periodo storico di crisi e di fatica personale per lui, vista la confusione che c’è nella Chiesa.

    R. – Come c’è scritto appunto sullo striscione, noi amiamo il Papa, lo sosteniamo e – anche se fa caldo e molti sono al mare e in vacanza – noi vogliamo essere qui a dimostrare che siamo con lui.

    D. - Rispetto all’invito che ha fatto il cardinale Vallini alle diocesi, ai movimenti e alle parrocchie, questa preghiera mariana oggi acquista un significato diverso?

    R. – Senz’altro, perché come nella lettura di oggi c’era Pietro, che era in prigione, e la comunità che pregava, così anche da noi Pietro è assediato da tutte queste notizie, da queste interpretazioni, e noi vogliamo essere una comunità che prega perché le catene e i preconcetti cadano.

    R. – Siamo venuti tutti quanti per manifestare il nostro amore al Papa, la nostra gratitudine e il nostro affetto sincero. Per questo siamo qui oggi. Vogliamo dirgli che siamo davvero uniti a lui e tante grazie per la sua fedeltà, per il suo magistero e per guidare la Chiesa, unito a Cristo, come sta facendo, dando testimonianza della verità in mezzo al mondo.

    D. – E’ una giornata torrida, si potrebbe essere altrove, invece avete accolto anche l’invito del cardinale Vallini di manifestare solidarietà in un momento così difficile per il Pontefice...

    R. – Certo, sì, in una giornata poi dedicata ai Santi Pietro e Paolo, cui dobbiamo la nostra vita, la nostra salvezza, il fatto di essere nella Chiesa e di poter testimoniare Gesù Cristo, quello che abbiamo ricevuto, agli uomini.

    D. – Tu sei?

    R. – Suor Tatiana.

    D. – Di quale istituto?

    R. – Suore Francescane dell’Addolorata.

    D. - E perché avete scelto oggi di essere qui?

    R. – Vogliamo oggi gioire con il Papa in questo giorno di festa di San Pietro e San Paolo a Roma e sostenerlo: dare la nostra presenza, il nostro contributo per sostenerlo in questo tempo.

    D. – Che cosa volete dire al Santo Padre?

    R. – Unendoci a questa proposta del cardinale Vallini, vogliamo dire a Papa Benedetto che gli siamo vicini, con la preghiera, con la presenza, con la vita, perché camminiamo tutti insieme verso Gesù Cristo Signore, che ha patito, è morto ed è risorto per noi. Camminiamo con Lui nella gioia dei figli di Dio.

    D. – Il Papa durante la Messa ha ribadito proprio l’importanza di sentirsi fratelli. In fondo vedendo questa piazza, riunita, gioiosa, tutta vicina al Santo Padre, ci si sente ancora più fratelli?

    R. – La Chiesa è comunione. Siamo qui tutti insieme: aggregazioni, movimenti, comunità, parrocchie, per testimoniare che siamo una famiglia.

    D. – Benedetto XVI è anche il Vescovo di Roma e ha fatto tanto per questa città: le visite parrocchiali, ma anche le iniziative di solidarietà, di carità. Quanto lo sentite vicino nella realtà cittadina?

    R. – Tutto quello che tu hai citato è segno che lui è presente, che non "vola" sopra la Chiesa universale, non è distante ma si immerge dentro la realtà e fa sentire... Soprattutto in questi momenti, perché è più facile, si sente veramente quel contatto di amore di pastore, ma anche di fratello grande, maggiore.

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    Padre Lombardi: Santi Pietro e Paolo, festa per l'unità della Chiesa

    ◊   Una Chiesa che si ritrova davanti all’Eucaristia a “rinnovare la nostalgia e la speranza mai morta di una comunione più piena”. È l’immagine che si rinnova ogni anno il 29 giugno, quando il Papa e il Patriarca ortodosso ecumenico, rappresentato da suoi delegati, si ritrovano insieme per la festa dei Santi Pietro e Paolo, copatroni di Roma. Su questo “desiderio” di unione e “comunione più piena” si sofferma il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava dies”, il settimanale d’informazione del Centro Televisivo Vaticano:

    Quanti significati in questa meravigliosa festa romana d’estate, che si celebra sotto la cupola e sopra l’altare che sovrastano esattamente la tomba di Pietro, nella Basilica che si apre sulla Piazza luogo del suo martirio, crocifisso a testa in giù per umile e fedele amore del suo Signore. Dall’Abbazia di Westminster a Londra, cuore della comunione anglicana e dedicata anch’essa a San Pietro, quest’anno è venuto a cantare insieme alla Cappella Sistina uno dei cori più famosi del mondo, per dire che nella fedeltà alla grande tradizione liturgica si alimenta continuamente la passione verso l’unità.

    Gli inviati del Patriarca ecumenico ortodosso sono venuti da Costantinopoli, la sede di Andrea, fratello di Pietro, a rinnovare una tradizione antica di scambio di auguri e preghiere nelle feste dei due apostoli, capi delle Chiese dell’Occidente e dell’Oriente. A rinnovare la nostalgia e la speranza mai morta di una comunione più piena. Da tutti i continenti, da ogni regione della Chiesa cattolica, sono venuti i nuovi arcivescovi nominati nel corso dell’anno, oltre 40, per ricevere dalle mani del Papa il pallio, che era custodito sulla tomba di Pietro e che ora porteranno sulle spalle nelle loro sedi, segno dell’unione con il Successore del Capo degli apostoli, mentre, come Paolo, annunciano il Vangelo fino ai confini della terra.

    Pietro, Andrea, Paolo. Da Gerusalemme a Roma al mondo. Unione e desiderio di comunione più piena. Servizio del Vangelo fino al martirio.

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    Nomine

    ◊   In Mozambico, il Papa ha nominato Arcivescovo di Beira in Mozambico il Reverendo Padre Claudio Dalla Zuanna, S.C.I, Vicario Generale dei P.P. Dehoniani.

    In Kenya, il Santo Padre ha nominato il Rev. P. Joseph Alessandro O.F.M., Cap., finora Vicario Generale della Diocesi di Garissa, Vescovo Coadiutore della stessa Diocesi di Garissa.

    In Bolivia, il Papa ha accettato le dimissioni al governo pastorale della Prelatura territoriale di Corocoro (Bolivia) presentate da Sua Eccellenza Monsignor Toribio Ticona Porco, ai sensi del canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

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    Il Papa a Napolitano: auguri di compleanno e complimenti per la vittoria italiana sulla Germania

    ◊   Una telefonata d’auguri e di piacevole scambio di opinioni su temi di stretta attualità. È quella che, a nome di Benedetto XVI, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha rivolto nella tarda mattinata di oggi al capo di Stato italiano, Giorgio Napolitano, per i suoi 87 anni. “Il simpatico colloquio augurale – ha spiegato il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi – ha toccato brevemente non solo i temi dell’attualità economica europea, ma anche di quella sportiva. Il Papa infatti ha desiderato manifestare i suoi complimenti per la vittoria della squadra italiana, dato che, come Vescovo di Roma, si sente partecipe dell’allegria dei suoi fedeli”.

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    Il cardinale di Palermo, Romeo: il martirio di don Puglisi, modello per tanti

    ◊   “Il martirio di Don Pino Puglisi è un esempio per tanti”. Sono le parole pronunciate dall’arcivescovo di Palermo, cardinale Paolo Romeo, ieri in conferenza stampa, dopo il decreto di Beatificazione del parroco del quartiere palermitano di Brancaccio, ucciso nel 1993 dalla mafia. “Evangelizzazione e promozione umana - ha detto ancora il porporato - sono stati i segni che hanno contraddistinto l’opera del sacerdote martire”. Ma come la Chiesa palermitana ha accolto la notizia della prossima Beatificazione di don Puglisi? Risponde il cardinale Romeo, intervistato da Giancarlo La Vella:

    R. - Con molta gioia, con commozione e anche con senso di responsabilità. Tutti ci aspettavamo, nel rispetto di quelle che sono le norme della Chiesa, che potesse arrivare questo giorno come dono che viene da Dio. La gioia è di vedere un figlio di questa Chiesa, un membro di questo presbiterio, una persona così accessibile nei suoi gesti e così caro nel ricordo di tanti, che viene proposto oggi come un modello da seguire. Sull’esempio di don Pino Puglisi, dobbiamo rinnovare il nostro impegno a rilanciare quell’apostolato di evangelizzazione e di promozione umana che ha caratterizzato tutta l’azione di don Pino. Penso che sia un esempio molto luminoso di che cosa oggi voglia dire lavorare sui sentieri del Vangelo e verificare anche, con i frutti del Vangelo, se questo sia il sentiero giusto, oppure se abbiamo preso strade sbagliate, le strade del male, invece di seguire quelle del Vangelo.

    D. - Vivere la fede fino al martirio: è di grande attualità anche oggi?

    R. - Io penso di sì. La vocazione del cristiano è anche una vocazione a esporsi al martirio, perché tutte le volte che ci opponiamo alle forze del male, queste possono anche giungere a distruggere la nostra vita fisica. Del resto vediamo, attualmente, in Africa, in Medio Oriente, come tanti cristiani vengano perseguitati e uccisi solo per il fatto di appartenere alla nostra fede.

    D. - La violenza e l’odio, che hanno tolto la vita a don Pino, si sono tramutati oggi in una grande ricchezza per la comunità palermitana. Come investire su di essa?

    R. - Io credo che ancora ci sia molto cammino da fare. Penso ci sia una frase di don Puglisi ancora oggi di grande attualità: “Se ognuno di noi fa qualcosa, certamente si aprono cammini di speranza per un futuro migliore”. Ognuno deve fare qualche cosa!

    E ora un vivo ricordo del sacerdote ucciso dalla mafia. Emanuela Campanile lo ha chiesto a suor Carolina Iavazzo, già collaboratrice di don Puglisi, e autrice del libro “Figli del Vento. Padre Puglisi e i ragazzi di Brancaccio” edito dalla San Paolo:

    R. – Il sogno di padre Puglisi era quello di vedere la gente libera e vedere un quartiere, come quello di Brancaccio, risorto, libero da tutto il male della mafia, consegnato proprio nelle mani di Dio. Questo era il sogno di padre Puglisi.

    D. – L’immagine più bella che conserva di don Pino?

    R. – L’immagine più bella è il suo sorriso, aveva un sorriso luminoso: quegli occhi azzurri, che esprimevano apertura, simpatia e che esprimevano la bellezza della vita. Lui amava la vita e, da vero siciliano, amava anche la Sicilia. E quindi il ricordo che ho di lui è la sua gioia: la gioia di appartenere a Dio, convinto di quello che stava facendo. C’è una frase molto bella sulla sua tomba: “Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici”. E’ la frase che dice Gesù nel Vangelo di Giovanni, capitolo 15. Penso che questa frase racchiuda tutta la sua gioia.

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    Oggi in Primo Piano



    I mercati in rialzo dopo i primi risultati dell'Eurosummit anti-crisi

    ◊   Iniziata la seconda giornata di lavori al Consiglio Europeo di Bruxelles, dopo un “tour de force” durato tutta la notte. Dopo i lavori del Consiglio, infatti, ieri sera i leader dell’Eurogruppo hanno raggiunto una serie di importanti intese. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    Ci è voluta un’intera notte, ma alla fine l’intesa è arrivata, quella sull'intero pacchetto di misure, incluso il piano crescita da 120 miliardi. In sostanza i leader europei hanno detto sì alla proposta italiana di uno scudo anti-spread a protezione dei Paesi vulnerabili. Ma il pacchetto apre pure alla ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del fondo europeo salva-Stati. L’imperativo, dunque, era di rassicurare i mercati e l’obiettivo è stato raggiunto, almeno a guardare i mercati europei, che stamattina corrono. Il balzo più deciso è stato in apertura quello di Madrid, + 3,23%; ma in salita sono pure i listini di Milano, Parigi e Francoforte. La ventata di ottimismo era passata anche per le piazze asiatiche, e alla Bce con Mario Draghi che, attraverso il presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy, comunica di aver accettato di servire da agente per i fondi Efsf/Esm, il fondo salva stati e quello straordinario. Questo implica che l’Istituto di Francoforte potrà acquistare e vendere bond. Effetto positivo anche sullo spread con il Btp-Bund attestatosi a quota 420.

    ''E' stato un Consiglio europeo di successo, su tutti i fronti'' ed e' servito anche a ''stabilizzare i mercati finanziari''. Lo ha detto il cancelliere tedesco Angela Merkel a Bruxelles. Sull’effetto benefico che l’intesa europea ha avuto sui mercati internazionali, e sull'importanza dei risultati raggiunti, Salvatore Sabatino ha intervistato Giacomo Vaciago, docente di Economia Internazionale presso l’Università Cattolica di Milano:

    R. – Di vertici, ne abbiamo fatti tanti. Qui c’è un messaggio positivo: l’impostazione italiana-spagnola è stata accolta, c’è la firma “Merkel” sotto questo accordo, lunedì lo leggeremo con cura e vedremo quanto sia discrezionale e quanto sia condizionato, quanto sia automatico questo impegno ad evitare tassi di interesse assurdi.

    D. – Bisognerà vedere anche quale sarà la reazione delle banche centrali …

    R. – Assolutamente sì: cosa ne pensa la Bundesbank, e così via. Perché di solito tocca alle banche centrali difendere un certo livello di tassi. Qui abbiamo la novità, che sarà un fondo ad hoc, cosa di cui non ci sono precedenti.

    D. – Questo che cosa determinerà poi, in pratica?

    R. – In pratica determinerà di nuovo un gioco complesso, perché ciascuno deve fare la sua parte. Draghi dovrà coordinarsi con il Fondo e assieme dovranno decidere se e quando intervenire, e come. Quindi, i giochi si complicano ma certamente c’è un supplemento di intervento sui mercati che dovrebbe calmare le paure.

    D. – L’assetto istituzionale europeo, così come lo vediamo oggi, potrà supportare questi cambiamenti o sarà necessario ritoccare anche le istituzioni?

    R. – Ci vogliono più istituzioni che abbiano missioni loro. Questa teoria che 17 governi, quando serve, sono come fosse un governo solo, abbiamo visto in questi anni che è un fiasco. I 17 governi hanno 17 popoli, 17 parlamenti, 17 orizzonti temporali del loro mandato diversi … Non siamo stati nemmeno capaci, ancora, di dire che ogni governo dura come gli altri …

    Come si possono definire i risultati raggiunti nella notte a Bruxelles? Salvatore Sabatino lo ha chiesto all’economista Francesco Carlà:

    R. – Direi positivi, soprattutto perché si è sbloccata la linea d’inflessibilità della Germania. Ci sono tre decisioni. Una è offensiva, ma molto limitata: il piano da 120 miliardi per la crescita dell’eurozona non è che una goccia nel deserto dell’attuale diffusa recessione europea. Poi abbiamo la seconda, che è difensiva, ma anche offensiva: le banche dell’eurozona possono essere adesso ricapitalizzate, senza che questi soldi siano calcolati nel debito pubblico – è una vittoria decisiva soprattutto per la Spagna, che era nell’angolo, ma in prospettiva anche per altre banche europee, francesi, tedesche, italiane e così via – difensiva per le banche e offensiva per le imprese e le persone, se un po’ di questi soldi arriveranno sull’economia e sulle famiglie.

    D. – Queste intese raggiunte a Bruxelles quanto serviranno a calmierare i mercati e a creare più stabilità?

    R. – Qui viene fuori la terza, decisamente difensiva, e anche la più controversa delle decisioni, perché si è deciso che il fondo salva-Stati dell’Unione Europea, il nuovo FM, il meccanismo speciale, intervenga in maniera automatica, nel caso in cui gli spread di una nazione virtuosa superino una determinata soglia, che non è ancora stata stabilita però; questo, senza fare la fine della Grecia, con l’arrivo della famosa troika e i piani "lacrime e sangue", ma con la semplice firma di un memorandum. Questo è molto importante, ovviamente, soprattutto per l’Italia, in prospettiva visto che, a quanto dice Monti, non è ancora in queste condizioni. La reazione positiva di tutti i mercati, iniziale - gli indici asiatici, i futures americani ed europei, l’euro – potrebbe venire certamente dal sollievo di vedere che la strada della liquidità, della flessibilità, arriva anche in eurozona, ma viene senz’altro anche dalle attese, che erano molto basse, sui risultati dell’eurosummit, che i mercati avevano scontato appunto in senso negativo. Attese basse significavano rimbalzo quasi assicurato, per come ragiona il mercato.

    D. – Proprio questo meccanismo di stabilizzazione dei mercati per abbassare lo spread dei Paesi virtuosi era stato osteggiato dalla Germania, che poi ha ceduto invece alle richieste dell’Italia. Cosa avrà in cambio Berlino, secondo lei?

    R. – In questa fase immediata, Berlino non ha in cambio nulla, anzi è seriamente preoccupato per l’eventuale conseguenza che queste due decisioni – quella della ricapitalizzazione e quella del fondo salva-Stati – possano avere sulla sua famosa tripla "A", insomma sulle condizioni attuali in cui versa la Germania. Io, però, credo che invece, in tempi medi, anche per la Germania sia meglio evitare l’idea che alla fine ovviamente resta, cioè quella di arrivare sempre più avanti e avere delle condizioni in cui gli altri Stati membri dell’Euro siano veramente in difficoltà, anche con nelle loro condizioni produttive.

    D. – La "road map" finale sul rafforzamento dell’unione monetaria sarà presentata in ottobre, almeno è stato annunciato così nella notte da Van Rompuy. E’ un tempo giusto o sarebbe stato meglio agire prima?

    R. – Io credo che i mercati in questa fase non siano molto interessati alla velocità di quella "road map". Io credo che nelle prossime settimane siano due le questioni decisive. La prima, è che riforme e vincoli non dovranno essere trascurati, altrimenti gli spread non saranno difendibili con nessun meccanismo. La seconda è che dovrà essere gestita con molta attenzione la creazione di liquidità, che deriva dalla ricapitalizzazione bancaria e dal fondo salva-Stati, pena: inflazione in cammino, che già in Italia – vediamo - ha superato il 3 per cento, e danni alla valutazione della moneta, cosa che sicuramente potrebbe piacere all’Italia e alla Spagna, ma certamente non alla Germania e ai suoi amici, ai suoi satelliti, e che quindi potrebbe avere delle conseguenze negative anche in Francia.

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    Siria: vigilia del vertice di Ginevra per rilanciare il piano di pace di Annan

    ◊   Sul tavolo del vertice del Consiglio europeo c’è anche una bozza di risoluzione riguardante la Siria. Si chiede l’apertura di un’inchiesta “trasparente, indipendente e rapida” per accertare eventuali violazioni di diritti umani nel Paese. Intanto, domani a Ginevra si cercherà il rilancio del piano di pace Annan nel corso della riunione tra i 5 Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Turchia, Ue e una delegazione della Lega Araba. A pesare il "no" della Russia ad un intervento esterno nella transizione politica di Damasco. Con queste premesse è possibile in partenza che questo vertice sia fallimentare? Benedetta Capelli ha rivolto la domanda a Fabrizio Battistelli, presidente di Archivio Disarmo:

    R. - No, non credo possa definirsi fallito in partenza, perché le posizioni sono variegate anche nel fronte del “no”, nel fronte cioè di tutti quei Paesi che, sulla base anche di esperienze recenti – pensiamo al caso Libia – guardano con diffidenza ad interventi promossi e guidati dall’Occidente. Un conto è la posizione della Cina, che è stranamente – in qualche modo – possibilista; un altro punto di vista è quello espresso dai Paesi della Lega Araba; un altro punto di vista ancora è quello di un alleato occidentale importante, ma proiettato nel mondo islamico come la Turchia. Insomma qualche margine di manovra c’è.

    D. – Per quanto riguarda l’ipotesi di un governo di unità nazionale aperto ai lealisti di Assad è possibile che questa ipotesi venga accettata, anche se ha generato dei malumori non indifferenti?

    R. – Potrebbe essere un’ipotesi di evidente compromesso e un compromesso che possiamo anche definire al ribasso, ma che ha dalla sua il dato di essere realistico: se si guarda bene ad un bilancio delle “primavere arabe” si vede che in più occasioni la soluzione non è stata molto lontana da questa. Nelle situazioni dell’area il fatto che i governi lascino delle personalità, che poi possono servire anche a capovolgere il destino politico che fino a quel momento hanno servito, non sarebbe una novità.

    D. – Veniamo alla tensione Siria-Turchia: ci sarebbero 170 carri armati a Nord di Aleppo, vicino al confine con la Turchia che, da parte sua, ha chiesto la creazione di una “no fly zone”. Quali scenari ipotizzare da questo punto di vista?

    R. – Di tutto devo dire che questa evoluzione del rapporto fra i due Paesi confinanti è veramente la più sorprendente: nessuno sei mesi fa avrebbe potuto immaginare che dalla crisi interna della Siria sarebbe sfociata una crisi fra due Paesi che finora avevano avuto sostanzialmente dei buoni rapporti di vicinato, pur nell’assoluta diversità del sistema politico che, nel caso turco, è indubbiamente democratico rappresentativo. I campi a cui appartengono l’uno e l’altro Paese sono diversi, ma il rapporto e le relazioni tra vicini erano buone. Lì Assad ha fatto "l’errore del secolo" per quello che riguarda il suo governo: quello di andare a litigare con un vicino molto forte, molto importante, molto centrale, ideologicamente non etichettabile come al servizio dell’Occidente, perché – pur essendo incardinato nell’area occidentale sul piano istituzionale – a livello politico Erdogan è rappresentante di un partito musulmano, sia pure moderato, e quindi non accusabile di collusione con l’Occidente. Probabilmente il nervosismo provocato dalla repressione del movimento popolare in Siria da parte del governo di Assad e alcuni errori di calcolo sulla tolleranza anche del vicino hanno portato a una crisi pericolosissima per Assad, che lo isola politicamente e un domani – ma c’è augurarsi di no – potrebbe anche dare vita a qualche forma di conflitto tra questi due importanti Paesi. C’è solo da augurarsi, per gli equilibri internazionali e per la pace nell’area, che questo non accada.

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    Usa: la Corte Suprema approva la riforma sanitaria di Obama

    ◊   La riforma sanitaria voluta dal presidente americano, Barack Obama, è costituzionale. Lo ha stabilito ieri la Corte Suprema, con 5 voti a favore su 9, salvando la parte fondamentale del provvedimento che prevede l'obbligatorietà dell’assicurazione medica per tutti i cittadini. Grande la soddisfazione delle Casa Bianca. Per Obama si tratta di una "vittoria di tutto il popolo americano". I repubblicani hanno, invece, ribadito la volontà di abrogare la riforma al Congresso. Dal canto suo, attraverso un comunicato, la Conferenza episcopale Usa ha riaffermato la sua opposizione alle disposizioni della riforma che violano l’obiezione di coscienza in materia di farmaci contraccettivi e abortivi. I presuli americani rinnovano l’appello al Congresso a correggere queste norme della riforma. Per una riflessione sul valore politico di questa sentenza, Alessandro Gisotti ha intervistato Paolo Mastrolilli, inviato de “La Stampa” a New York:

    R. – La Corte suprema doveva decidere se la riforma sanitaria varata dal presidente Obama era costituzionale, e il punto fondamentale che era in discussione era la questione dell’individual mandate, cioè in sostanza l’obbligo per i cittadini che possono permetterselo di acquistare l’assicurazione sanitaria. Questa era una parte fondamentale della legge, perché naturalmente obbligando questi cittadini ad acquistare l’assicurazione sanitaria, intanto si assicurano queste persone; inoltre si ricavano i soldi che poi sarebbero serviti per finanziare tutto l’impianto della riforma. Se fosse venuto a cadere questo individual mandate, questo obbligo di acquistare l’assicurazione, l’intera riforma non sarebbe più stata in piedi. I giudici hanno deciso che l’individual mandate è costituzionale perché l’hanno considerato – in sostanza – una tassa, cioè le penalità che sarebbero state imposte alle persone che non acquistavano queste assicurazioni sono state considerate dai giudici come una tassa. Il Congresso, secondo i giudici, ha il potere di imporre delle tasse ai cittadini e quindi questo è stato l’argomento fondamentale che ha consentito a cinque giudici su nove di votare in favore della riforma sanitaria e in sostanza di mantenerla in vigore.

    D. – Si tratta, ovviamente, di una vittoria politica molto forte, per il presidente, in vista delle elezioni di novembre …

    R. – Certamente. Questo è l’aspetto su cui lui aveva puntato, nella sua presidenza. Vedere questa legge confermata dalla Corte Suprema, per Obama è naturalmente un grande risultato politico.

    D. – Nonostante il voto favorevole della Corte Suprema, i sondaggi dicono che una parte importante degli americani è contraria a questa riforma sanitaria, in particolare proprio a questo tema dell’obbligatorietà dell’assicurazione …

    R. – La riforma sanitaria è stata, intanto, forse non presentata in maniera perfetta dall’amministrazione, che avrebbe potuto fare un lavoro migliore per comunicare gli aspetti più importanti che portava la legge. Per alcune questioni gli americani sono scontenti; ci sono altri aspetti, però, che sono molto popolari come ad esempio il fatto che in passato le assicurazioni potevano rifiutare di prendere dei nuovi clienti se avevano delle malattie preesistenti. La riforma sanitaria varata da Obama, invece, obbliga le assicurazioni a fornire i loro servizi a tutti i pazienti, anche se hanno già una condizione di malattia preesistente.

    D. – I vescovi cattolici americani che pur da lungo tempo sono favorevoli ad un accesso universale alle cure e al sistema sanitario, sono invece fortemente critici rispetto alla violazione dell’obiezione di coscienza, della libertà religiosa, e su questo stanno impegnando molte risorse ed energie, anche con un’iniziativa che, peraltro, prosegue in questi giorni …

    R. – Certo. Questo problema non cambia. Non era all’ordine del giorno nella causa che è stata analizzata dai giudici della Corte Suprema, che stavano valutando solamente la costituzionalità di alcuni aspetti della riforma. Rimane in piedi, invece, la questione che sta a cuore ai vescovi cattolici, cioè il fatto che in base a questa riforma, in base all’interpretazione che il ministero della sanità ha dato a questa riforma, tutti i datori di lavoro sono obbligati a fornire gratuitamente i contraccettivi ai propri dipendenti.

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    Orvieto, Settimana di aggiornamento pastorale. Intervista con mons. Sigalini

    ◊   La Chiesa non è "un'agenzia" dispensatrice di "servizi religiosi", ma una comunità universale di persone legata dal vincolo dell'Eucaristia. In un'epoca di postmodernità, il Centro di orientamento pastorale (Cop) ribadisce l'importanza di questo valore assoluto, al termine della Settimana di aggiornamento pastorale terminata ieri a Orvieto. Il presidente del Cop e vescovo di Palestrina, mons. Domenico Sigalini, indica al microfono di Fabio Colagrande, quale sia l'unica possibilità degli evangelizzatori di oggi nei riguardi dell'Eucaristia:

    R. – Avere il coraggio di proporla senza reticenze. Sta aumentando tra i fedeli l’attenzione all’Eucaristia, perché in molte parrocchie, in molte chiese – anche chiese di ospedali – si fanno adorazioni continuate, per giornate e notti intere. Questo è un fatto di grande importanza. A noi però, che siamo dentro il mondo ecclesiale, nella pastorale, preme fare in modo che questa pratica di pietà, l'adorazione al Santissimo, non diventi una devozione qualsiasi ma sia il tornare al centro della vita cristiana, perché l’Eucaristia è quella che fonda la Chiesa ed è il corpo di Cristo, che è ancora presente in mezzo a noi per darci la forza di vivere.

    D. – Quindi, dimenticare l’origine eucaristica della Chiesa significa poi non capire cos’è la Chiesa?

    R. – Sì, la facciamo diventare una società, oppure un’"agenzia" di distribuzione di servizi religiosi. Invece no: è il corpo di Cristo.

    D. – Nel suo intervento conclusivo, lei ha ricordato che l’Eucaristia è anche sacrificio, è anche espiazione...

    R. – Certo, è anche sacrificio, perché questo amore non è un insieme di emozioni o di sentimenti che oggi ci sono e domani non ci sono: l’amore, sempre, quando è vero, dona se stesso fino alla consumazione di sé, come fanno tanti genitori per i figli, come fanno tante persone per coloro che amano. Sacrificio, quindi, vuol dire che vogliamo accostare l’Eucaristia, consapevoli di essere trascinati dentro una decisione senza ritorno per amore.

    D. – Ed è l’Eucaristia quella che può dare forza nella vita di ogni giorno...

    R. – Certo, abbiamo ascoltato anche alcune belle esperienze di qualche imprenditore, di una famiglia, che ci aiutavano a vedere quale fosse il nostro rapporto con la vita di famiglia, con l’Eucaristia, come lo vivevamo. E emergevano veramente delle cose molto belle, perché questi sposi dicevano: la nostra vita di amore è anche fatica, è anche perdono, è anche un insieme di difficoltà, che dobbiamo superare assieme, un cammino. Noi sappiamo che c’è una forza che mantiene questa decisione limpida e questa forza di volontà di continuare a insistere sulla nostra comunità di amore, sia nell’educare i figli come nel volerci bene fra di noi. E direi che siamo riusciti anche a far cogliere che l'Eucaristia non è un dato separato dalla nostra vita, non è un "bollo" che si vede appiccicato alla domenica, ma è una costante precisa della nostra esistenza.

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    Spoleto, Festival dei due mondi: i vizi capitali visti da sette grandi predicatori

    ◊   Si inaugura oggi a Spoleto il "Festival dei Due Mondi": grandi spettacoli, artisti di prestigio, giornate dense di appuntamenti con il teatro, la musica, la danza, le mostre. E un evento inconsueto e originale: le “Prediche sui sette vizi capitali”, affidate a brillanti predicatori, per portare la parola cristiana a nuovo pubblico e in contesti davvero inusuali. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Una delle città più belle e famose del mondo, Spoleto, torna ad animarsi di artisti accogliendo uno dei Festival più amati, risorto a vita nuova e splendente grazie all’impegno del suo presidente e direttore artistico, Giorgio Ferrara. Appuntamenti dalla mattina alla sera nei teatri, nelle chiese e nelle piazze, un caleidoscopio di proposte di altissimi livello per qualità e titoli. A lui abbiamo chiesto come presenterebbe questa 55.ma edizione:

    “Io ho creato una specie di slogan, quest’anno: 'Di due mondi, ce n’è uno'. Il Festival di Spoleto, ormai, in questi cinque anni si è riqualificato come evento maggiore tra i festival europei. Poi sono passati cinque anni, come di dita di una mano tornata ad afferrare il filo delle idee nuove e delle grandi memorie, e capaci di tenerlo stretto nel suo pugno”.

    Un cartellone così ampio su quali fondamenta poggia?

    “Poggia sulle linee guida che abbiamo stabilito in questi cinque anni, e cioè: grande vetrina internazionale nelle quattro discipline importanti che sono opera lirica, danza, musica e la quarta, che era un po’ sparita e che io ho riportato a nuova vita: il teatro, il teatro di prosa”.

    Tra gli eventi del Festival, a partire dal giorno inaugurale, ecco anche nel pomeriggio le “Prediche sui sette vizi capitali”, riflessioni affidate al cardinale Ravasi – la lussuria – ai vescovi Fisichella, Paglia e Boccardo – rispettivamente la superbia, l’invidia e l’avarizia – a mons. Sequeri, l’accidia, a padre Enzo Bianchi, l’ira, e a don Fabio Rosini, la gola. Come è nato questo progetto?

    “Pensavo fosse giusto in qualche modo parlare alla coscienza di tutti, e poi risvegliarla anche con la capacità retorica di incatenare l’attenzione, di muovere i sentimenti in una maniera antica, che non è più tanto frequentata. Con mons. Fisichella ci siamo visti, ne abbiamo parlato, io gli ho raccontato questa mia idea: ha subito aderito con entusiasmo e quindi, con la collaborazione del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione e con i consigli di Lucetta Scaraffia siamo riusciti a mettere insieme una serie di 'predicatori' di grande smalto, i quali – in questa bellissima chiesa di San Domenico – si alterneranno a predicare con il tema dei vizi capitali”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Onu: appello per la raccolta di nuovi fondi per i rifugiati siriani

    ◊   Le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite e le organizzazioni partner hanno rivolto oggi un appello per la raccolta immediata di nuovi fondi destinati al crescente numero di rifugiati siriani che si trovano in Giordania, Libano, Turchia e Iraq. A marzo le agenzie avevano stimato che sarebbero stati necessari fondi pari a 84.1 milioni di dollari, ma il crescente numero di rifugiati ha indotto le agenzie ad innalzare la cifra a 193 milioni di dollari. “I governi e le comunità ospitanti di Iraq, Giordania, Libano e Turchia hanno dimostrato una incredibile generosità e ospitalità nei confronti dei rifugiati siriani”, ha dichiarato Panos Moutmtzis, coordinatore regionale dell’Unhcr per i rifugiati siriani. “E’ fondamentale che la comunità internazionale intensifichi il proprio sostegno alle operazioni di assistenza ai rifugiati’’. Durante gli ultimi tre mesi le agenzie umanitarie hanno registrato la presenza di una media di 500 rifugiati siriani al giorno. Attualmente più di 96.000 siriani, più del doppio rispetto a marzo, sono stati registrati o stanno ricevendo assistenza nei Paesi confinanti. Le cifre per la pianificazione operativa preannunciano che dalla fine del 2012 questo numero potrebbe di nuovo raddoppiare raggiungendo i 185.000 rifugiati a causa di nuovi arrivi e dei rifugiati che già si trovano nei Paesi vicini e che hanno bisogno di assistenza e protezione.“Circa il 75% dei rifugiati siriani sono donne e bambini. Per la maggior parte di loro la sopravvivenza dipende dagli aiuti umanitari”, ha riferito Moumitzis, notando che l’appello è stato finora soddisfatto solo per il 26% dei fondi. (R.P.)

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    Egitto: Morsy giurerà davanti all'Alta Corte Costituzionale

    ◊   Sarà davanti all’Alta Corte costituzionale che giurerà domani il nuovo Presidente eletto per la prima volta democraticamente in Egitto, Mohammed Morsy. L’annuncio è stato dato dall’ufficio della presidenza egiziana. Sempre domani, Morsy rivolgerà un messaggio alla nazionale dall’Università’ del Cairo dopo la cerimonia di giuramento. L’annuncio giunge dopo giorni di speculazioni su dove e davanti a chi il neo eletto Presidente avrebbe prestato giuramento. Il neo eletto Presidente Morsy ufficializzerà anche domani il nome del suo primo ministro. Dalle dichiarazione rilasciate da un membro del Consiglio supremo delle forze armate (Scaf), Generale Mohamed Assar, non ci sarebbe mistero per il chi sarà il ministro della difesa. Sarà il generale Hussein Tantawi, 76 anni, capo dello Scaf che manterrà il ministero della difesa. Tantawi aveva servito come ministro della difesa per due decenni sotto Hosni Mubarak. “Il nuovo governo avrà come ministro della difesa, l’attuale capo del Consiglio supremo delle Forze armate. Non c’è niente di strano in questa decisione”, ha dichiarato il generale Assar. Continuano ancora speculazioni sul possibile nome del primo ministro. Unica notizia confermata sarebbe quella della nomina di una donna e un esponente copto alla vicepresidenza. Mohammed Morsy, candidato dei Fratelli musulmani era stato eletto con il 51,73% delle preferenze, circa 13,2 milioni di voti, mentre il suo rivale Ahmed Shafiq, ultimo primo ministro di Hosni Mubarak, era stato scelto da 12,3 milioni di votanti, pari al 48,27% dei consensi. (R.P.)

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    Terra Santa: mons. Twal si congratula con il presidente egiziano Morsy

    ◊   Il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, a nome della Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa, ha indirizzato al neo-eletto Presidente egiziano Mohamed Morsy le proprie felicitazioni auspicando che le promesse di apertura e di democrazia a favore degli egiziani, delle donne e dei copti, vengano rispettate. Nel messaggio, diffuso ieri dal Patriarcato e ripreso dall'agenzia Sir, mons. Twal, che ha trascorso tre anni del suo servizio diplomatico al Cairo, saluta con favore il progetto “conciliante” del nuovo presidente egiziano di nominare una donna ed un copto come vice-presidenti: “mi auguro che questo passo attribuisca ai cristiani e alle donne il loro giusto posto nel Paese. Accogliamo anche con favore che Mohamed Morsy sia ‘il Presidente di tutti gli egiziani’ e il garante dei diritti delle minoranze. Assicuriamo le nostre preghiere al nuovo Presidente”. Il Patriarca riconosce come “positiva” questa vittoria e spera che “tutti gli egiziani possano lavorare con spirito di collaborazione nei confronti del nuovo Presidente in vista della trasformazione del Paese, nella direzione di maggiore democrazia, giustizia, libertà”. Il messaggio termina con l’augurio che Morsi “possa guidare il Paese verso una maggiore pace nella Regione e nel piano internazionale”. (R.P.)

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    Dopo anni nei campi dei rifugiati, Tornano a casa i profughi angolani

    ◊   Il prossimo pullman parte da Kinshasa questa mattina. Trasporterà un pezzo di storia, ricordi dolorosi, ma anche la speranza di ricostruirsi una vita. Dove si è nati o dove sono nati i propri genitori, perché molti figli dei rifugiati non hanno mai visto né l’Angola né la guerra civile. I rimpatri volontari si sono intensificati nelle ultime settimane, con l’avvicinarsi della scadenza di sabato, quando decine di migliaia di angolani sparsi tra la Repubblica Democratica del Congo, lo Zambia, la Namibia o il Botswana non godranno più dello status di rifugiati. La decisione è stata adottata a gennaio alla luce dei cambiamenti avvenuti in Angola grazie a 10 anni di pace e alle ricadute economiche e sociali dello sfruttamento di alcuni dei giacimenti di petrolio più ricchi dell’Africa. “Soltanto dal Congo abbiamo assistito oltre 15.000 rimpatri – dice all'agenzia Misna Leo Dobbs, un portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) – e il numero potrebbe salire presto fino a 40.000”. Il Congo è il paese che oggi accoglie il maggior numero di rifugiati angolani, circa 81.000. Seguono lo Zambia con 23.000 e, con un buon distacco, la Namibia e il Botswana. Secondo le ultime stime dell’Onu, all’estero restano circa 120.000 delle 600.000 persone costrette a lasciare l’Angola durante la lotta di liberazione anti-coloniale e il successivo conflitto civile. Già da tempo, sottolineano i responsabili di Unhcr, la maggior parte dei rifugiati non beneficia di servizi di assistenza mirati ed è integrata nelle realtà dei Paesi ospitanti. Chi in queste settimane è partito da Kinshasa è tornato quasi sempre nel nord dell’Angola, in particolare nella regione di Uige. Sono altre le strade percorse da chi parte dallo Zambia o dalla Namibia, magari dal campo di Namacunde, a dieci chilometri dal confine. Tra loro c’è Nanda, una ragazza di 18 anni che in Namibia è nata e cresciuta. “In Angola – dice – non ci sono mai stata e non ho idea di cosa mi aspetta”. (R.P.)

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    Guatemala: il presidente Molina presenta la riforma costituzionale

    ◊   Il presidente del Guatemala, Otto Pérez Molina, ha finalmente fatto conoscere, dopo settimane di attesa, la prima bozza di proposte per modificare la Costituzione del 1985. Il documento comprende circa 50 emendamenti e dovrebbe essere presentato al Congresso entro lunedì. Per Pérez Molina, le modifiche non hanno altro obiettivo che “rafforzare le istituzioni del Paese”. Le modifiche principali sono la riduzione dei membri dell’Assemblea nazionale del Guatemala dagli attuali 158 a 140 membri, l’ampliamento del ruolo dei militari per “includere la sicurezza dei cittadini” e alcune disposizioni “finalizzate a rafforzare il sistema giudiziario”. La proposta di ridurre le dimensioni del Congresso – una richiesta della società civile – ha incontrato resistenza da parte di partiti minori, secondo i quali in questo modo verrebbe ridotta la loro presenza nell’Assemblea legislativa e si verrebbe infine a creare un sistema bipartitico. Per quanto riguarda i militari, Pérez Molina, un ex capo dell’intelligence militare (D-2), propone di aumentare il suo ruolo dalla “difesa della sovranità e integrità territoriale” al sostegno alle forze di sicurezza civile per compiti di “sicurezza interna”. Gli osservatori fanno notare che questa disposizione violerebbe gli accordi di pace del 1996 che conclusero 36 anni di guerra civile. Per altri analisti la mossa non è altro che l’istituzionalizzazione di una tendenza che aveva già raccolto consenso sotto la precedente amministrazione di centro-sinistra del presidente Alvaro Colom (2008-2012). Con le nuove modifiche si permetterebbe anche a un civile di diventare ministro della Difesa. Per quando riguarda il potere giudiziario, il presidente Pérez Molina propone di regolare la professione legale e istituire un Consiglio di sorveglianza. La Corte Suprema sarebbe ridotta da 13 a nove membri e i giudici resterebbero in carca nove anni invece dei cinque attuali. La bozza del documento riconosce anche i diritti delle popolazioni indigene del Guatemala, il secondo Paese dell’America Latina dopo la Bolivia per l’ampiezza della sua componente nativa (60% del totale della popolazione delle Nazioni Unite stima). La bozza, in particolare, prevede il riconoscimento delle lingue indigene, oltre allo spagnolo, come lingue ufficiali. Un altro elemento che ha attirato l’attenzione è che la bozza di Costituzione darebbe la possibilità allo Stato di possedere fino al 40% delle aziende che sfruttano le risorse naturali del Paese. (R.P.)

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    I polacchi pregano sulla tomba del Beato Giovanni Paolo II

    ◊   “Non basta parlare del Regno di Dio, non basta dire che io credo. Bisogna costruire la casa della vita e della fede sulla roccia che è Cristo”, ha detto nella sua omelia, l'arcivescovo di Lublino mons. Stanislaw Budzik, che ieri ha presieduto la Santa Messa per i polacchi presso la tomba del Beato Giovanni Paolo II nella cappella di San Sebastiano, nella Basilica di San Pietro in Vaticano. La Santa Messa è stata concelebrata da mons. Waclaw Depo metropolita di Czestochowa, da mons. Jan Wątroba, vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Czestochowa, da mons. Mieczyslaw Cisło vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Lublino, da vari sacerdoti venuti dalla Polonia, alla celebrazione dei Santi Pietro e Paolo, e da sacerdoti che lavorano in Vaticano nei diversi dicasteri. Nella sua omelia - riferisce l'agenzia Zenit - l'arcivescovo Budzik ha sottolineato che “presso la tomba di Beato Giovanni Paolo II si possono comprendere meglio le parole di Cristo dedicate a Pietro come la roccia su cui è costruita la Chiesa”. Il beato Giovanni Paolo II è un uomo che ha cambiato la storia del mondo, ha detto l'arcivescovo Budzik. L'arcivescovo di Lublino ha detto che i polacchi “dovrebbero ringraziare Dio per il beato Giovanni Paolo II”. Il metropolita di Lublino ha anche sottolineato la figura di San Ireneo, come colui che “ci ha mostrato il modo di camminare con Cristo attraverso la sua vita e la testimonianza del martirio”. La tradizione delle Sante Messe presso la tomba di Giovanni Paolo II, prima nelle Grotte Vaticane e adesso nella Cappella di San Sebastiano è cominciata nel 2005 dopo la morte del Papa. Oggi, Solennità dei Santi Pietro e Paolo, mons. Waclaw Depo arcivescovo metropolita di Czestochowa, mons. Stanislaw Budzik arcivescovo metropolita di Lublino e mons. Wiktor Skworc arcivescovo metropolita di Katowice riceveranno il pallio dalle mani di Benedetto XVI. (R.P.)

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    I cardinali Rylko e Bagnasco ad Enna per il 600.mo della proclamazione della Patrona

    ◊   La città di Enna si appresta a vivere eventi importantissimi inseriti nell’anno giubilare mariano per il 600° anniversario della proclamazione di Maria Santissima della Visitazione quale patrona di Enna. Dopo il “Giubileo dei Laici”, il Pellegrinaggio degli ennesi in udienza dal Papa e l’ultimo “Giubileo delle Famiglie”, continuano i festeggiamenti promossi dal Comitato scientifico per l’Anno giubilare mariano presieduto da Salvatore Martinez. Domani ad Enna si raduneranno circa 3.000 giovani provenienti da tutta la Sicilia che accoglieranno il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, organizzatore delle Gmg nel mondo e stretto collaboratore per 27 anni del Beato Giovanni Paolo II. Accorreranno dalle parrocchie, dai movimenti, dalle associazioni e dalle comunità per vivere insieme una “piccola Gmg” e far giungere al Santo Padre l’abbraccio e la gioia di tutti i ragazzi della Sicilia. Eccezionalmente per l’occasione sarà accolto ad Enna il Reliquiario contenente il sangue del Beato Giovanni Paolo II, che sarà itinerante preso le sedi delle istituzioni civili e militari della città sino al giorno della festa patronale del 2 luglio. La vigilia di questa importante giornata sarà allietata dalla solenne esposizione del simulacro della Patrona salutata dagli ennesi in attesa di accoglierla per le vie della città il 2 luglio, giorno della processione. E proprio alla solenne processione del giubileo della città, sarà presente ad Enna il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana. Il porporato si recherà la mattina del 2 luglio nella sala Cerere per salutare le autorità, alle 11 nel Duomo presiederà il solenne Pontificale, alle 13 presenzierà al ricevimento in Prefettura, alle 15 di nuovo nel Duomo per l’inaugurazione della mostra “Gli ori della Madonna” e infine parteciperà alla processione serale. La processione del Simulacro della Patrona sulla “Nave d’ Oro” sarà accompagnata dal Reliquiario del Beato Giovanni Paolo II, dai Simulacri di San Michele Arcangelo e di San Giuseppe e dalle insegne delle Confraternite. Insieme al cardinale Bagnasco parteciperanno mons. Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina, il clero ennese, le autorità civili e militari. Al termine della processione che culminerà davanti la Chiesa di Montesalvo, il cardinale Bagnasco rivolgerà un messaggio alla città e la benedizione speciale. (R.P.)

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    Africa: concluso l’incontro dell’Apostolato sociale dei Gesuiti

    ◊   “L’Apostolato sociale dei gesuiti in Africa. Il ruolo dei Centri di studio e di azione sociale”: su questo tema si è concluso ieri a Nairobi, in Kenya, il seminario dei rappresentanti dell’Apostolato sociale della Compagnia di Gesù operante in Africa. L’evento è stato organizzato dal Jesam, la Conferenza delle Province dei gesuiti di Africa e Madagascar) con l’obiettivo di riflettere, a 50 anni dall’inizio delle attività, sulla possibilità di una maggiore indipendenza economica, considerata la crisi finanziaria che attanaglia i Paesi donatori, soprattutto in Europa. Diverse le soluzioni proposte nel corso dei lavori: il Centro di studi per l’azione sociale (Cepas) di Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo, ha pensato di puntare sull’incremento degli abbonamenti alle pubblicazioni del Cepas, mentre il Centro di studi e ricerche per l’azione di pace ha deciso di istituire delle borse di studio per i giovani in difficoltà economiche. Il Centro cultura ‘Christus’ situato a Kigali, in Rwanda, ha invece stabilito di affittare alcuni dei suoi locali e di investire nell’apostolato sociale il ricavato. Ma la sfida resta ardua, soprattutto in Paesi come il Burundi, in cui i gesuiti operano anche sul fronte sanitario, portando assistenza e sostegno ai malati di Aids. Di qui, l’invito lanciato da padre Agbonkhianmeghe Orobator, Provinciale dei gesuiti nell’Africa orientale, affinché la Chiesa si impegni per una pastorale rivolta anche ai dirigenti politici, così da formarli secondo i valori ed i principi della Dottrina sociale. “In linea con le conclusioni del secondo Sinodo speciale per l’Africa, svoltosi nel 2009 – ha ribadito padre Orobator - la Chiesa può e deve contribuire efficacemente all’elaborazione di leggi giuste e di politiche a favore del bene comune”. In quest’ottica, la Compagnia di Gesù ha proposto di lavorare alla “promozione di programmi multidimensionali di educazione civica e alla formazione della coscienza sociale di tutti i cittadini, ad ogni livello”. Infine, il padre provinciale ha ribadito che è necessario incoraggiare i cittadini competenti ed onesti a partecipare alla vita politica, contribuendo alla formazione dei leader locali. (I.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 181

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.