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Sommario del 28/06/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla delegazione del Patriarcato ecumenico: proseguire la nuova fase iniziata con il Concilio
  • Il Papa approva i Decreti dei nuovi Beati. Presto agli altari don Puglisi, prete martire ucciso dalla mafia
  • Altre udienze e nomine
  • L’11 luglio concerto per il Papa a Castel Gandolfo, dirige Daniel Barenboim
  • Inedita presentazione dell'attività dello Ior a un folto gruppo di giornalisti
  • Un anno fa la nascita del portale vaticano news.va
  • Pubblicato il documento finale dei Cappellani Cattolici dell’Aviazione Civile
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • A Bruxelles il Consiglio europeo anti-crisi, tensione tra Germania e altri Stati
  • Sud Sudan. La morte silenziosa di migliaia di persone. La denuncia di Msf
  • Al via, in Italia, l'Osservatorio della Libertà Religiosa. Intervista con il coordinatore, Introvigne
  • Firmati a Roma due protocolli di intesa Cei-Miur sull'insegnamento della religione cattolica
  • L'impegno della Caritas di Roma per la salute e l'integrazione dei rom
  • "Un matrimonio": la fiction familiare di Pupi Avati
  • Nove giornalisti raccontano l'Italia di oggi, attraverso i sette vizi capitali
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: in una Homs assediata i gesuiti ospitano una trentina di famiglie
  • Nigeria: 18 morti per scontri tra Forze di sicurezza e Boko Haram nel nord del Paese
  • Onu e Unione Africana contro i ribelli Lra di Joseph Kony
  • Sudan: accordo sugli aiuti umanitari nel Sud Kordofan e Nilo Blu
  • Mali: nel Nord scontri e vittime, attaccata la sede dell’Mnla
  • Somalia: sempre più sfollati a causa del conflitto e dell’insicurezza alimentare
  • Madagascar: i bambini colpiti da malnutrizione e rachitismo
  • Panama: la mediazione della Chiesa nel mondo politico per il bene del Paese
  • Mongolia al voto: in ballo economia e stato sociale
  • Indonesia: per il Congresso eucaristico a Yogyakarta anche il sostegno di un leader islamico
  • Germania. I vescovi cattolici: impedire la circoncisione è un attacco alla libertà religiosa
  • Vescovi portoghesi e spagnoli a confronto sulle comunicazioni sociali
  • Regno Unito: per le Olimpiadi, la Chiesa organizza il Joshua Camp per i giovani cattolici
  • Filippine: domenica prossima, colletta per la Pontificia opera di San Pietro apostolo
  • Terra Santa: celebrata ad Ein Karem la festa della natività di san Giovanni Battista
  • Ieri i funerali solenni del carabiniere Manuele Braj caduto in Afghanistan
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla delegazione del Patriarcato ecumenico: proseguire la nuova fase iniziata con il Concilio

    ◊   Il cammino ecumenico prosegua sui passi iniziati, 50 anni fa, con il Concilio Vaticano II: è quanto affermato, stamani, da Benedetto XVI nell’udienza in Vaticano alla delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli che, come da tradizione, partecipa alla Festa dei Santi Pietro e Paolo, Patroni di Roma. Nel suo discorso, il Papa ha ringraziato il Patriarca Bartolomeo I per la sua apertura al dialogo e il suo impegno ad annunciare il Vangelo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La predicazione dei Santi Pietro e Paolo, suggellata dal martirio, “è il fondamento saldo e perenne su cui si edifica la Chiesa”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI che - rivolgendosi alla delegazione del Patriarcato ecumenico - ha ribadito che proprio “nella fedeltà al deposito della fede” trasmesso dagli Apostoli si trovano le radici della “comunione che già sperimentiamo tra noi”. Quindi, ha rammentato che fra pochi mesi, l’11 ottobre, ricorrerà il 50.mo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Un evento di straordinario significato anche per il cammino ecumenico:

    “Et c’est en concomitance avec…”
    “E’ proprio in concomitanza con questo Concilio” al quale, ha ricordato, hanno preso parte anche dei rappresentanti del Patriarcato ecumenico in qualità di “delegati fraterni” che “ebbe inizio una nuova importante fase delle relazioni tra le nostre Chiese”. Ha quindi ringraziato il Signore per la “riscoperta” di questa profonda unità e per il cammino percorso in questi anni dalla Commissione mista internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa nel suo insieme, “con l’auspicio che anche nella fase attuale si possano fare dei progressi”:

    “Rappelant l’anniversaire du Concile Vatican II…”
    “Richiamando l'anniversario del Concilio Vaticano II”, il Papa ha quindi ricordato “la figura e l'attività dell'indimenticabile Patriarca ecumenico Athenagoras”, di cui tra qualche giorno ricorrerà il 40.mo anniversario della morte. Il Patriarca Athenagoras, insieme al Beato Papa Giovanni XXIII e al Servo di Dio Papa Paolo VI, ha detto, “animati da quella passione per l'unità della Chiesa che sgorga dalla fede in Cristo Signore, si fecero promotori di coraggiose iniziative che aprirono la strada a rinnovate relazioni tra il Patriarcato ecumenico e la Chiesa cattolica”. Ha così espresso particolare “gioia” nel costatare come Bartolomeo I segua, “con rinnovata fedeltà e feconda creatività”, il cammino tracciato dai suoi predecessori, i Patriarchi Athenagoras e Dimitrios, “distinguendosi a livello internazionale per la sua apertura al dialogo tra i cristiani e per l'impegno al servizio dell'annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo”:

    “Que Dieu tour-puissant nous fasse…”
    “Dio onnipotente – ha concluso il Papa – ci faccia il dono di una comunione sempre più piena secondo la Sua volontà, perché ‘con un cuore solo ed un'anima sola’ possiamo sempre esaltare il Suo nome”.

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    Il Papa approva i Decreti dei nuovi Beati. Presto agli altari don Puglisi, prete martire ucciso dalla mafia

    ◊   Sarà presto proclamato Beato don Giuseppe Puglisi, il sacerdote siciliano martire, ucciso dalla mafia nel 1993. Il suo nome fa parte del gruppo di prossimi candidati agli onori degli altari, i cui decreti di Beatificazione sono stati approvati questa mattina da Benedetto XVI, nel corso dell’udienza concessa al cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Tra i prossimi Beati, anche un sacerdote italiano e una laica brasiliana dell’Ottocento. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Sono tanti i martiri le cui storie tornano alla memoria dalle brevi righe dei Decreti approvati dal Papa. Memoria che in realtà conserva il sapore della cronaca, quando il ricordo fa affiorare il sorriso di don Pino, Giuseppe Puglisi, figlio del quartiere palermitano del Brancaccio e legato a quelle case e strade piene di troppe miserie da un filo doppio di affetti e missione. Dalla voglia di strappare a colpi di Vangelo i giovani dall’orbita della mafia, che invece gli strappa la vita il 15 settembre del ’93, ma al solito fallisce nel tentativo di estirpare il seme di bene, di dignità e di civiltà che don Pino ha piantato troppo in fondo al cuore della Sicilia e dell’Italia perché qualche colpo di pistola possa renderlo sterile. Più lontana di un sessantennio, ma certo non sfocata, specie per la Chiesa spagnola, è invece la memoria del nuovo gruppo di martiri della guerra civile del secolo scorso ai quali il Papa riconosce l’onore degli altari. Ai tanti sacerdoti, religiosi e laici già beatificati in questi anni, si aggiungono ora i nomi del vescovo ausiliare di Terragona, Emanuele Borrás Ferré, e Agapito Modesto, dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, e dei loro 145 compagni. Di Ermenegildo dell'Assunzione e dei suoi cinque compagni dell'Ordine della Ss.ma Trinità. Della religiosa Vittoria di Gesù, dell’Istituto Calasanziano della Divina Pastora, tutti uccisi tra il ‘36 il’39. E ancora, del sacerdote diocesano 23.enne, Giovanni Huguet y Cardona, anch’egli ucciso in odio alla fede nel ‘36. E di prossima Beatificazione si parla nei Decreti anche per Devasahayam (Lazaro) Pillai, un laico nato nell’India dei primi del Settecento e morto martire nel 1752.

    Oltre a loro, l’elenco approvato da Benedetto XVI contiene il riconoscimento delle virtù eroiche per nove Venerabili Servi e Serve di Dio, quattro donne e cinque uomini. Si tratta del cardinale arcivescovo di Napoli dell’800, Sisto Riario Sforza, dell’arcivescovo statunitense Fulton Sheen, scomparso 32 anni fa, del vescovo spagnolo dell’Opus Dei, Álvaro Del Portillo y Diez de Sollano, morto a Roma nel 1994, del sacerdote diocesano olandese, Ludovico Tijssen, spentosi nel 1929, e del sacerdote spagnolo Cristoforo di Santa Caterina, vissuto nel Seicento e fondatore della Congregazione e dell'Ospedale di Gesù Nazareno di Córdoba. E ancora, della Serva di Dio canadese dell’Ottocento, Maria del Sacro Cuore, vedova e fondatrice delle Ancelle del Cuore Immacolato di Maria, conosciute come Suore del Buon Pastore di Québec. Della religiosa nordirlandese, Maria Angelina Teresa, fondatrice della Congregazione delle Suore Carmelitane per gli anziani e gli infermi, spentasi negli Stati Uniti nel 1984. Della monaca professa ungherese dell'Ordine della Visitazione, Maria Margherita, morta a soli 28 anni il 13 maggio 1933, e della suora professa italiana dell'Istituto delle Figlie della Carità, morta a Mumbai, India, nel 1956 a 36 anni.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani in successive udienze il signor Mordechay Lewy, Ambasciatore di Israele, in visita di congedo e la signora A.H. Lamia Mekhemar, Ambasciatore della Repubblica Araba di Egitto in visita di Congedo. Il Pontefice, a fine mattinata, ha pranzato con i Membri della Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli.

    Il Papa ha nominato Nunzio Apostolico in Svezia e Islanda S.E. Mons. Henryk Józef Nowacki, Arcivescovo titolare di Blera, finora Nunzio Apostolico in Nicaragua.

    In Canada, il Papa ha nominato il rev. Marcel Damphousse Vescovo della Diocesi di Alexandria–Cornwall.

    In Italia, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi metropolitana di Gorizia, presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Dino De Antoni, in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico. Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo dell'arcidiocesi metropolitana di Gorizia Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, trasferendolo dalla Sede titolare di Labesi e dall'incarico di Vescovo Ausiliare di Milano.

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    L’11 luglio concerto per il Papa a Castel Gandolfo, dirige Daniel Barenboim

    ◊   L’11 luglio, festa di San Benedetto, si terrà al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo un concerto in onore di Benedetto XVI, che sarà presente all’evento musicale. Il concerto, che avrà un programma beethoviano, sarà eseguito dalla “West-Eastern Divan Orchestra” diretta da Daniel Barenboim. L’orchestra è stata fondata nel 1999 dal maestro Barenboim e da Edward Said riunendo assieme musicisti provenienti da molte nazioni del Medio Oriente, tra cui israeliani e palestinesi. In un comunicato per l'evento, viene ricordato il grande impegno del Papa “per il dialogo tra ebrei, cristiani e musulmani”. Il primo giugno scorso, Daniel Barenboim aveva diretto il concerto alla Scala di Milano alla presenza del Papa, in occasione dell'Incontro Mondiale delle Famiglie.

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    Inedita presentazione dell'attività dello Ior a un folto gruppo di giornalisti

    ◊   Dare un’informazione adeguata sulla natura, le finalità, l’organizzazione, i servizi, la situazione attuale, le nuove procedure di controllo per una gestione corretta: questo lo scopo dell’incontro organizzato stamani nella Sala delle Conferenze dello Ior, Istituto per le Opere di Religione, a cui sono stati invitati una cinquantina di giornalisti. A tenere la relazione principale il direttore generale dell’Istituto, commendatore Paolo Cipriani. All’incontro è seguita la visita ai locali dove si svolge l’attività dell’Istituto. Per noi c'era Adriana Masotti:

    Maggiore trasparenza non solo nella gestione, ma anche nel modo di fare comunicazione: questo il senso dell’invito, il primo in assoluto, rivolto a un folto gruppo di giornalisti a conoscere più da vicino e nei dettagli come funziona lo Ior, tra gli argomenti legati al Vaticano che più spesso attirano l’attenzione degli organi di informazione e suscettibile spesso di notizie inesatte. Lo spiega bene il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che precisa come questo vuol essere più un punto di partenza che d’arrivo per fornire una conoscenza di base comune agli operatori di mass-media. Nella Sala delle Conferenze è poi il direttore generale, Paolo Cipriani, a prendere la parola presentando un’ampia relazione sulla vita dell’Istituto e rispondendo successivamente alle domande. Cipriani illustra prima di tutto la missione dello Ior, quella di custodire e amministrare i beni mobili e immobili affidati dagli utenti, beni destinati alle opere di religione e di carità, e curare gli interessi della Chiesa cattolica e principalmente del Papa. E precisa: non è esatto parlare dello Ior come di una banca, si tratta invece di un Istituto finanziario. Non ha infatti fini di lucro, gli investimenti non sono a carattere speculativo, ma di mantenimento, i rapporti con le controparti non sono conti di corrispondenza cioè le altre banche non possono aprire conti nell’Istituto.

    Qualche cifra: 112 sono i dipendenti, di cui 6 i dirigenti. Ci si avvale anche di alcuni consulenti legali esterni. 33 mila i conti aperti, 6 miliardi di Euro l’asset generale, cioè il patrimonio. Lo Ior fornisce servizi di supporto a enti di oltre 150 Paesi e non ha filiali all’estero. Per il 77% l’utenza ha un riferimento geografico europeo e il 60% del denaro gestito è in Euro. Gli utenti sono ammessi in base a criteri rigorosi: sono ad esempio i dicasteri vaticani, le nunziature, le congregazioni religiose, le parrocchie e le diocesi, le ambasciate presso la Santa Sede, ma anche sacerdoti e dipendenti laici vaticani. Altro elemento di chiarificazione: nello Ior non esistono conti cifrati, né anonimi e recentemente non ci sono state uscite di capitali. L’Istituto non ha rapporti con banche o Paesi off Shore. Esiste una piccola riserva aurea alla Federal Reserve di New Jork, dice Cipriani, rispondendo ad una domanda, mentre gli investimenti non superano il 5% dell'asset e sono di basso rendimento in quanto hanno lo scopo di proteggere il capitale e non di creare utili.

    Gran parte della relazione di Cipriani riguarda l’adeguamento dello Ior alle nuove regole internazionali di controllo anti riciclaggio. Per questo sono state predisposte nuove normative che impongono precise attività di controllo come la legge 127 del dicembre 2010 e la legge 166 dell’aprile 2012. Dal 2009 la Santa Sede ha aderito alla normativa europea in materia di AML/CFT cioè di antiriciclaggio. Lo Ior è stato visitato due volte da valutatori del gruppo regionale di controllo antiriciclaggio "Moneyvall", nel novembre 2011 e nel marzo 2012. Tutti i trasferimenti di capitale in entrata e uscita, dice Cipriani, vengono sottoposti alle procedure standard di adeguata verifica comunemente applicate dagli altri enti finanziari internazionali utilizzando il sistema SWIFT che impone regole precise per ogni singola transazione. I bonifici devono indicare i dati completi dell’ordinante e del beneficiario e la causale permettendone così la tracciabilità. Controlli interni ed esterni verificano tutte le operazioni. La Governance interna prevede la Commissione cardinalizia, il Consiglio di Sovrintendenza che elabora le strategie a lungo e medio termine, un prelato, in questo momento vacante, anello di congiunzione tra Commissione e Consiglio, la direzione generale responsabile dell’attività operativa. Tra i controlli interni, il collegio dei Revisori. E all’esterno dal primo aprile 2011 è operativa l’AIF, l’Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede. E a questo proposito Cipriani spiega: all’AIF possono fare riferimento soggetti esterni per avere chiarimenti su operazioni anche precedenti all'aprile 2011, e quindi anche a prima che entrasse in vigore la normativa antiriciclaggio della Santa Sede, smentendo voci che sostengono il contrario. Il direttore generale dello Ior conclude ribadendo come l’Istituto sia tenuto più di qualsiasi banca commerciale ad obblighi etici per la sua missione e anche per la necessità di custodire l’immagine stessa della Chiesa cattolica.

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    Un anno fa la nascita del portale vaticano news.va

    ◊   Esattamente un anno fa la nascita di news.va, il portale web che presenta le ultime notizie dei media vaticani. A dare il via all’iniziativa del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, fu Benedetto XVI annunciandola attraverso un “tweet”. Al microfono di Veronica Scarisbrick, mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, traccia il bilancio di un anno di attività:

    R. – E’ stato un anno ricco, perché dopo la lingua italiana abbiamo aperto in spagnolo, in inglese e in francese. Sono lieto di annunciare che oggi apriremo anche il canale in portoghese. L’altro aspetto positivo, che noi riteniamo veramente significativo, è che oggi i nostri visitatori si attestano tra i 10 mila e i 15 mila ogni giorno. Secondo le statistiche, recentemente pubblicate, abbiamo il 58,3 % dei visitatori che sono i cosiddetti returning visitors, gente quindi che ci conosce e che ritorna a visitare il nostro sito: il 41,7% sono invece nuovi visitatori. Chi viene a visitare il nostro sito ha una permanenza - in media - di due minuti e venti secondi. Il che vuol dire, quindi, che i nostri visitatori non sono visitatori per caso, ma vengono e vengono per leggere. C’è un altro aspetto che mi interessa sottolineare: molte delle nostre notizie pubblicate nel portale appaiono anche nei social network e lì abbiamo milioni di visitatori.

    D. - Quale il ruolo della Radio Vaticana nel sito in questo anno?

    R. - La Radio Vaticana è utilizzata in doppia maniera: attraverso il portale, si possono ascoltare i programmi della Radio Vaticana; poi, essendo noi un aggregatore di notizie, una delle principali fonti di queste notizie che appaiono sul portale vaticano viene dal website della Radio Vaticana. Quindi direi, ancora una volta, che sia positivo sottolineare che c’è una profonda intesa e collaborazione tra i vari organi di notizia della Santa Sede: L’Osservatore Romano, la Radio Vaticana, l’agenzia Fides, il Centro Televisivo Vaticano. Mi sembra che questo abbia un significato e direi che tutte queste fonti diverse trovano un’unica presentazione proprio nel portale news.va.

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    Pubblicato il documento finale dei Cappellani Cattolici dell’Aviazione Civile

    ◊   “Chiamati ad impersonare negli aeroporti del mondo la missione della Chiesa che è quella di condurre l’uomo all’incontro con Dio”. E’ una delle sfide contenute nel documento finale del XV Seminario Mondiale dei Cappellani Cattolici dell’Aviazione Civile, che si è svolto a Roma nei giorni scorsi. L’incontro ha visto la partecipazione di 79 cappellani, provenienti da 31 aeroporti internazionali di 14 paesi dell’Europa e dell’America. Obiettivo: tracciare delle linee guida per mettere in atto con efficacia negli aeroporti la Nuova Evangelizzazione. Il servizio di Cecilia Seppia:

    L’aeroporto emblema di transito e mobilità, crocevia di razze, culture, religioni diverse diventa ora uno straordinario areopago per la nuova evangelizzazione, il cui obiettivo principale, come è noto è quello di promuovere una cultura più profondamente radicata nel Vangelo ed offrire una risposta adeguata ai segni dei tempi. E questo è il punto di partenza del documento finale, stilato dai Cappellani Cattolici dell’Aviazione Civile. "La cappellania aeroportuale, si legge nel testo costituisce un importante ministero e un’apertura pastorale della Chiesa", che grazie ad esso rafforza la presenza nella società. La sfida più grande di chi opera in questi ambiti è dunque rivitalizzare la fede di coloro che sono già credenti, senza dimenticare i fedeli, "passando da una pastorale di mantenimento ad una missionaria, da una prassi di risposta alle richieste, ad una ricerca attiva" per raggiungere i lontani. Fondamentale a tal fine l’uso di nuovi linguaggi, la sperimentazione, la creatività, anche attraverso l’impiego delle nuove tecnologie, nonché la profonda conoscenza del contesto culturale fluido e multidimensionale in cui si agisce. "Per attuare la nuova evangelizzazione – prosegue il documento – i cappellani si devono poi impegnare personalmente": essenziale è la loro formazione umana e come credenti, poiché per essere efficaci evangelizzatori, bisogna diventare testimoni viventi del Vangelo, ma bisogna anche essere capaci di accogliere le persone, ascoltarle entrare con loro in un dialogo che può condurre alla fede. Imprescindibile, è la prospettiva ecumenica: i sacerdoti che operano in questi contesti devono anche essere sensibili alle diverse tradizioni religiose e riuscire a metterle in sintonia con il cristianesimo.

    Ma dopo queste esortazioni come si agisce concretamente? Il metodo di evangelizzare nelle cappellanie non può essere lo stesso di una parrocchia: ecco che allora tornano utili gli strumenti di divulgazione presentazioni audio-visive sui vari aspetti della fede, catechesi, anche la pubblicazione di un nuovo “Libro di preghiere per i viaggiatori”. E ancora, coinvolgere i laici studiando la costituzione di un’ Associazione internazionale di volontariato, per garantire nelle cappelle una presenza orante continua, magari mediante l’adorazione eucaristica permanente. Ancora implementare la formazione dei cappellani perché sappiano gestire emergenze, situazioni critiche, gravi incidenti. Infine essere presenza visibile della Chiesa, mantenendo buoni rapporti con le autorità aeroportuali, imprenditori, sindacati per un servizio pastorale più efficace alle persone loro affidate, operatori, dipendenti e passeggeri.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Alle radici della comunione: il Papa alla delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.

    Nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede sui diritti umani dei migranti.

    Quando la storia riemerge da un magazzino: in cultura, Anna Maria de Strobel sul restauro dei frammenti ritrovati del fregio del portico medievale di San Giovanni in Laterano.

    Un articolo di Giovani Carrù dal titolo "Il 29 giugno appuntamento al terzo miglio della via Appia": la "memoria apostolorum" nelle catacombe di San Sebastiano.

    Testimonianza cristiana in un mondo multireligioso: nell'informazione religiosa, un articolo sul primo anniversario del documento congiunto sull'agire da credenti.

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    Oggi in Primo Piano



    A Bruxelles il Consiglio europeo anti-crisi, tensione tra Germania e altri Stati

    ◊   E' iniziato, oggi pomeriggio, a Bruxelles il Consiglio europeo anti-crisi. Un vertice a 27 tutto incentrato sulla situazione economica del Vecchio continente, alla ricerca di possibili ed urgenti soluzioni. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    L’obiettivo da raggiungere è ambizioso, ma più che mai necessario: la solidità del Vecchio continente, ed in primo luogo la calma dei mercati. Secondo gli addetti ai lavori, si tratta dell'ultima occasione – a meno della convocazione di un altro vertice straordinario in luglio – per lanciare segnali chiari e importanti, sull'irrevocabilità dell'Unione economica e monetaria. Ma a preoccupare è soprattutto la posizione assunta dalla Germania, che non cambia linea dopo l'aut-aut del premier italiano Monti, che - forte dell’appoggio del francese Hollande - ha dichiarato: “niente Tobin tax senza Scudo anti-spread”. Berlino, da parte sua, bolla come “esagerato” il panico di Italia e Spagna sui tassi e fa notare che è a disposizione dei Paesi che ne avessero bisogno una serie “raffinata” di strumenti, tra i quali il fondo salva-Stati. Intanto a sorpresa il ministro tedesco delle finanze, Wolfgang Schaeuble, in un'intervista al Wall Street Journal, ha detto che la Germania è disposta ad un'apertura sulla questione degli Eurobond. E gli industriali italiani lanciano un allarme: il Pil nel 2012 calerà del 2,4%, mentre la pressione fiscale supererà il 54%. Drammatica la situazione anche sul fronte occupazionale: persi un milione e mezzo di posti di lavoro dal 2008. Una crisi economica – si legge nello studio di Confindustria – che produce danni come se il "Bel Paese" fosse in guerra.

    Un vertice su cui si concentrano le attenzioni dei mercati, in cerca di maggiore stabilità. Ma nonostante i rischi legati al fallimento del vertice, le tensioni della vigilia tra la Germania e gli altri Stati, non fanno ben sperare. Salvatore Sabatino ha intervistato Marco Lossani, docente di Politica internazionale presso l’Università "Cattolica" di Milano:

    R. – Ci sono i migliori presupposti affinché il Vertice produca un nulla di fatto, che in questo momento sarebbe un risultato – ovviamente – pessimo! Queste schermaglie, che si sono andate producendo nel corso della settimana, non sono evidentemente favorevoli alla soluzione dei problemi che ci sono, che sono grossi e che rischiano di degenerare molto velocemente.

    D. – Se non si dovessero raggiungere i risultati sperati, che cosa accadrebbe, poi, fattivamente?

    R. – Fattivamente c’è il rischio che il mercato reagisca in maniera molto nervosa, facendo precipitare immediatamente le quotazioni di quelle che sono, appunto, le principali piazze internazionali e in modo particolare andremmo incontro a severe tensioni sul mercato dei titoli del debito pubblico.

    D. – Abbiamo visto nelle ultime ore che c’è la preoccupazione soprattutto di Italia e Spagna: è stato lanciato anche un allarme di Confindustria, in Italia, che parla addirittura di risultati economici come se il Paese fosse in guerra. Insomma una situazione davvero drammatica…

    R. – L’economia reale sta soffrendo molto a seguito di queste tensioni che si stanno manifestando, ormai da tempo, sui mercati finanziari. Comincia a diventare preoccupante, ancora di più di quanto non fosse fino a qualche mese fa, anche il quadro produttivo e dell’occupazione. Evidentemente le preoccupazioni di Confindustria sono bene fondate.

    D. - Quale può essere la chiave di volta per uscire dal tunnel della crisi, forse un maggior senso di responsabilità da parte dei singoli Stati?

    R. – Il senso di responsabilità da parte dei singoli Stati ci deve essere; ci deve anche essere uno sforzo evidentemente a risistemare alcune cose che non hanno funzionato, ma più che altro in questo momento urge un accordo veramente cooperativo a livello europeo. La politica deve fare veramente un salto in avanti! Se si vuole mantenere in vita l’Euro è più che mai necessario mettere da parte nazionalismi e visioni molto restrittive o particolaristiche e pensare in chiave davvero europea.

    D. - Insomma prima di fare l’Europa, forse andavano "fatti" gli europei?

    R. – Andavano "fatti" gli europei e per favorire la costruzione degli europei era necessario accelerare sul fronte della costruzione delle istituzioni europee. Questo è – diciamo – quanto è veramente mancato in questi ultimi 10 anni. Si era fatto un grandissimo passo in avanti con la costruzione dell’Euro e poi ci si è sostanzialmente "addormentati" su quello che si era riuscito a fare, senza andare avanti in questo processo di costruzione, che invece era assolutamente necessario.

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    Sud Sudan. La morte silenziosa di migliaia di persone. La denuncia di Msf

    ◊   Nel Sud Sudan, è in corso una crisi umanitaria senza precedenti, alla quale la comunità internazionale è chiamata a porre rimedio con la massima urgenza. E’ l’appello di Medici Senza Frontiere (Msf) che, nei suoi campi di raccolta, dà assistenza sanitaria alle migliaia di profughi che fuggono giornalmente dai territori di confine, dove continua a combattersi un sanguinoso conflitto tra Nord e Sud Sudan per la gestione delle regioni petrolifere. Su questa situazione, oggi si è svolta una conferenza stampa a Roma, con la presenza dell’infermiera di Msf, Chiara Burzio, appena rientrata dal Sud Sudan, intervistata da Giancarlo La Vella:

    R. – La situazione è sempre più grave. Se non si riceveranno gli aiuti necessari, peggiorerà di giorno in giorno. Adesso, infatti, con la stagione delle piogge, gli aiuti faticano ad arrivare per la condizione delle strade, che non sono adeguate e non sono praticabili. In più, con le piogge e l’acqua stagnante, ci può essere il problema di malattie ed epidemie come il colera. La situazione, quindi, sta peggiorando. I profughi sono persone che sfuggono dalle violenze al di là della frontiera e vengono a cercare rifugio nel Sud Sudan. A piedi percorrono la strada tra i due Stati e cercano rifugio nei campi, che abbiamo allestito temporaneamente.

    D. – Presto all’emergenza già esistente potrebbe aggiungersi un'ulteriore emergenza, che è quella dei tanti sud sudanesi che vivono nel Nord e che potrebbero essere rimpatriati. Come vi state preparando a questa nuova ondata di profughi?

    R. – Msf ha già allestito tre campi per rifugiati, per accogliere le persone che arrivano dallo Stato del Nord e non facciamo alcuna differenza sulle etnie, se sono del Sud o del Nord: siamo pronti ad accogliere chiunque.

    D. – Quali sono le emergenze maggiori cui dovete porre rimedio?

    R. – Sono emergenze che in Italia o in Europa, non sono considerate tali, ma che in un posto come il Sud Sudan sono mortali, come la disidratazione, la malnutrizione, la diarrea o le infezioni polmonari. Là il fatto di non avere l’acqua significa morire.

    D. – Com’è possibile stimolare un intervento maggiore da parte della comunità internazionale?

    R. – Facendo parlare di più del Sud Sudan, per ottenere così una risposta concreta, immediata a questa emergenza. Più se ne parla e più la gente conosce il Sud Sudan, conosce quali sono i problemi e magari si sente in dovere di aiutare.

    D. – Quali sono le situazioni più gravi, anche dal punto di vista umano, su cui siete intervenuti?

    R. – La cosa più grave è veder morire le persone per disidratazione. Queste persone camminano chilometri e chilometri sotto il sole, senza poter avere un bicchier d’acqua o comunque senza avere cibo e quindi sono costrette a mangiare le foglie degli alberi. Arrivano in condizioni talmente catastrofiche, che, anche se qualcuno cerca di aiutarli, dal punto di vista medico spesso ormai è troppo tardi.

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    Al via, in Italia, l'Osservatorio della Libertà Religiosa. Intervista con il coordinatore, Introvigne

    ◊   Anche in Italia nasce un Osservatorio della Libertà Religiosa, promosso dal ministero degli esteri e da "Roma Capitale". L’iniziativa, presentata stamani a Roma, ha visto l’intervento dell’arcivescovo di Baltimora, William E. Lori e del coordinatore scelto per il nuovo organismo, il sociologo Massimo Introvigne che è stato anche Rappresentante per la lotta al razzismo e alla discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni presso l’Osce, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Sugli obiettivi dell’Osservatorio, Debora Donnini ha intervistato lo stesso Introvigne:

    R. - Il suo scopo è duplice: assistere la diplomazia italiana negli sforzi, che per la verità sono molto intensi, per portare la libertà religiosa all’attenzione dei governi stranieri e delle istituzioni internazionali, e sensibilizzare l’opinione politica, i media e l’opinione pubblica italiana con opportune iniziative. Molto significativa la decisione di "aprire" con mons. Lori, l’arcivescovo di Baltimora, che è stato al centro di una serie di iniziative, che hanno richiamato l’attenzione sul fatto che anche in Occidente, anche negli Stati Uniti, soprattutto in alcuni settori come l’obiezione di coscienza, ci sono dei problemi di libertà religiosa.

    D. - Anche in Occidente ci possono essere delle restrizioni…

    R. - Questo è il punto che vogliamo sottolineare. Certamente l’Osservatorio come istituzione governativa italiana non si propone di interferire negli affari interni degli altri Paesi, tuttavia vogliamo promuovere una riflessione internazionale sul fatto che il valore della libertà religiosa oggi è in pericolo a causa di interpretazioni riduzioniste e ambigue. Non è in pericolo solo in Nigeria o in Pakistan, ma anche in Europa e anche negli Stati Uniti. Un settore molto importante è proprio quell’obiezione di coscienza non solo dei singoli, ma delle istituzioni quando si trovano di fronte a leggi - è il caso della riforma sanitaria Obama - che impongono, per esempio, di finanziare per i propri dipendenti l’aborto o la contraccezione. E’ vero che c’è un’eccezione per le Chiese, ma la nozione di “chiesa” è definita in modo molto restrittivo e non comprende una serie di istituzioni che dovranno o dovrebbero affrontare gravi problemi di coscienza. Ma ripeto, non è compito dell’Osservatorio entrare su questioni tecniche: quello che ci interessa in questa vicenda è che è la punta di iceberg. C’è stato un documento su problemi parzialmente analoghi dei vescovi canadesi, ci sono problemi in Gran Bretagna a livello di Consiglio di Europa e di Unione europea. La libertà religiosa è un problema anche in Occidente e non solo in Africa e in Asia.

    D. - Il Paese che in questo periodo è tristemente in primo piano è la Nigeria, dove ci sono stati molti attacchi di questa setta islamica fondamentalista dei "Boko Aram" verso i cristiani, alle Chiese, mentre la gente andava a Messa. Questo è un dato drammatico…

    R. - Questo è un dato drammatico su cui si deve fare di più. Il governo italiano invierà una missione in Nigeria per insistere su questo punto. E’ certo che nessuno di noi attribuisce al governo nigeriano la responsabilità di questi attacchi: anzi il governo nigeriano è un obiettivo ed è una vittima. E’ necessario, però, che l’azione di prevenzione e di repressione faccia un salto di qualità. Il problema non può essere solo nigeriano, perché è un problema regionale. E’ anche importante, come fanno i vescovi della Nigeria, sottolineare che non dobbiamo confondere "Boko Haram" o l’ultrafondamentalismo islamico con l’Islam nel suo insieme. In Africa ci sono esempi virtuosi di dialogo: io di recente sono stato in Senegal, dove i rapporti fra la comunità cristiana e i musulmani sono molto buoni. Non dobbiamo, quindi, generalizzare.

    E su questo nuovo Osservatorio in Italia, ecco la riflessione dell’arcivescovo di Baltimora, William Lori, intervistato da Debora Donnini:

    R. – The Observatory is a very important initiative ...
    L’Osservatorio è un’iniziativa davvero importante, un’iniziativa lodevole per monitorare violazioni della libertà religiosa nel mondo, ma anche per promuovere una buona comprensione della libertà religiosa. Spero che possa essere imitata largamente non solo in Europa, ma in Occidente e in molte parti del mondo.

    D. – Lei ha parlato della riforma sanitaria dell’amministrazione Obama. Cosa vuole dire al riguardo?

    R. – The bishops of the United States have always ...
    I vescovi degli Stati Uniti hanno sempre appoggiato l’accesso per tutti all’assistenza sanitaria, coerente con l’insegnamento sociale della Chiesa, ma abbiamo anche chiesto di non usare i soldi della tassazione federale per l’aborto e di essere certi di tutelare il diritto di coscienza di tutti. Sfortunatamente, queste due cose non sono rientrate nella legislazione ed ora vediamo che il governo sta cercando di forzare le istituzioni religiose e i credenti a non rispettare la loro coscienza con l’istituzione e la promozione di servizi contrari al nostro insegnamento. Quindi, ci troviamo di fronte ad un governo che si è posto una buona meta politica assicurando l’assistenza sanitaria, ma che la applica nella maniera sbagliata, perché costringe la Chiesa a non rispettare alcuni suoi insegnamenti e gli individui a non rispettare la loro coscienza. Pensiamo che questa sia una cosa molto negativa e quindi la stiamo combattendo.

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    Firmati a Roma due protocolli di intesa Cei-Miur sull'insegnamento della religione cattolica

    ◊   Ridefinire il profilo professionale dei futuri insegnanti di religione cattolica a partire dal riconoscimento della laurea magistrale in scienze religiose e aggiornare le indicazioni didattiche per l’insegnamento della religione differenziandole in base ai vari indirizzi professionali. Questo l’oggetto della duplice intesa firmata oggi a Roma dal presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco e dal ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo. “Un atto – ha spiegato il porporato – che conferma lo stile di dialogo e collaborazione tra le istituzioni e consolida ulteriormente l’armonioso inserimento dell’insegnamento della religione cattolica nei percorsi formativi della scuola italiana”. Ma quale il valore dell’ora di religione a scuola? Paolo Ondarza lo ha chiesto a mons. Vincenzo Annicchiarico, responsabile del Servizio Nazionale per l’insegnamento dell’educazione cattolica:

    R. – L’insegnamento della religione cattolica si concentra sull’attenzione alla persona in quanto tale, vista in tutti i suoi aspetti. Non è possibile infatti formare una persona soltanto negli aspetti tecnici, professionali. Va sempre considerato che ad esercitare una professione è la persona. Proprio per questo l’insegnamento della religione cattolica contribuisce a rispondere, per esempio, a quelle che possono essere le domande di senso, che ogni uomo porta con sé e verso le quali la scuola è chiamata, a livello strutturale, ad offrire risposte. L’insegnamento della religione cattolica, che prende i contenuti dalla confessione cattolica del cristianesimo, quindi dalla dottrina cattolica, strutturandosi come disciplina scolastica, naturalmente cerca di offrire una risposta a queste domande di senso.

    D. – Spesso l’insegnamento della religione cattolica è al centro di polemiche. Qualcuno si chiede perché insegnare la religione cattolica e non le religioni?

    R. – Non è vero che viene proposta una religione. Le domande religiose sono proprie di ogni uomo: “perché esisto? Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Quale sarà il mio futuro?” Ebbene, all’interno della scuola, queste domande devono trovare accoglimento. Quindi, l’insegnamento della religione cattolica significa disciplina scolastica e non invece la proposta della religione cattolica. E’ una risposta disciplinare, che naturalmente mutua il linguaggio religioso, i contenuti da una religione vera, esistente che fa parte, come dice il Concordato, del patrimonio storico del popolo italiano. Non si fa, dunque, proselitismo a scuola, anzi di per sé l’insegnamento della religione cattolica è rivolto a tutti e tutti potrebbero aderire.

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    L'impegno della Caritas di Roma per la salute e l'integrazione dei rom

    ◊   Sono stati presentati ieri a Roma i risultati del rapporto “La salute per i rom, tra mediazione e partecipazione”, bilancio del progetto di informazione sanitaria per rom e sinti coordinato dalla Caritas di Roma in collaborazione con le istituzioni sanitarie locali. Questa azione, ha spiegato in un messaggio il ministro italiano per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, Andrea Riccardi, aiuta a “spezzare quel circolo vizioso” che porta a “esclusione” e “autoesclusione”di rom e sinti. Il servizio è di Davide Maggiore:

    Il progetto ha riguardato in particolare due insediamenti nel Comune di Roma: il grande “villaggio” di via Candoni, lontano dal cento urbano, e il piccolo campo cittadino di via Ortolani. Ad abitarli sono rom e sinti provenienti dalla ex-Jugoslavia, che vivono in Italia da più di 30 anni, in una condizione di forte esclusione sociale. A spiegare le ragioni di questa scelta è stato mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma:

    “Come in ogni società ci sono quelli che ce la fanno e possono essere considerati fortunati, ci sono altri che vivono l’emarginazione nell’emarginazione. Noi siamo soprattutto vicini a questi ultimi”.

    Tra gli interventi effettuati, ci sono stati: l’apertura nei campi di sportelli di promozione della salute, incontri di formazione sulla sanità per mamme e bambini, un laboratorio teatrale sui temi della salute - per i più piccoli – e un corso di formazione per 110 operatori sanitari della città di Roma. Così la dottoressa Fulvia Motta, responsabile del progetto, ha riassunto la filosofia complessiva degli interventi:

    “Il nostro lavoro è di orientamento, volto ad aprire le strutture sanitarie per l’accoglienza dei rom e, nello stesso tempo, volto a spiegare ai rom come utilizzare in modo adeguato le strutture. Infatti, noi lavoriamo sia sui rom che sul personale sanitario. Un lavoro con soltanto uno dei due non funziona: bisogna favorire l’incontro, e nel dialogo cercare insieme dei cammini che siano adeguati per entrambi”.

    Questa impostazione, ha spiegato ancora la dott.ssa Motta, si è tradotta in una precisa scelta:

    “Coinvolgere anche la comunità rom nella promozione della salute, farli sentire protagonisti della tutela della loro salute, per cui non soltanto offrire servizi e percorsi facilitati, ma aiutarli a prendersi carico e cura della propria salute”.

    Anche la sensibilizzazione dell’intera società ha naturalmente un ruolo importante. Su questo punto si è soffermato ancora mons. Feroci:

    “Uno degli sforzi che stiamo facendo è quello di far comprendere anche alla società civile che i nostri fratelli rom hanno dei bisogni che sono bisogni primari: quelli della salute, dell’istruzione e della casa. Al primo posto, è ovvio, c’è la salute. Ci sono molti rom che non hanno le vaccinazioni per i bambini e hanno tante difficoltà per accedere ai servizi sanitari. Il nostro sforzo è quello di far comprendere alla nostra società i bisogni di questa popolazione e rispondere”.

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    "Un matrimonio": la fiction familiare di Pupi Avati

    ◊   Trattenuto a Bologna per motivi di salute di un familiare, Pupi Avati non ha mancato di far sentire la sua voce al FilmFest di Taormina per presentare la sua nuova fiction televisiva "Un matrimonio", dedicata alla famiglia, intessuta di ricordi e di affetti. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Ne è convinto, Pupi Avati: il cinema fatto con una certa ambizione, quello d’autore, sta vivendo un’emarginazione drammatica. La televisione per lui non è una fuga, ma un nuovo modo di potersi esprimere scendendo in profondità nella psicologia dei suoi personaggi. Si è semplicemente voltato indietro, gettando lo sguardo sulla sua famiglia, e così è nata l’idea di girare "Un matrimonio", una fiction in sei puntate che saranno trasmesse da Rai Uno alla fine dell’anno. Abbiamo chiesto al regista bolognese quali sono i motivi per i quali ha voluto immergersi in questo nuovo lavoro televisivo.

    R. – Anzitutto il fatto che ieri ha coinciso con la ricorrenza del 48.mo anno di matrimonio e quindi una conoscenza di questo “istituto” profondissima, contrariamente a quello che avviene: si parla molto di famiglia, di matrimoni, di unioni e il più delle volte da parte di chi questo tipo di esperienza e di conoscenza non l’ha vissuta. Poi perché mi sembra che se la famiglia sta vivendo, ormai da decenni, una sua crisi progressiva è un tentativo di essere rimessa continuamente in discussione attraverso interpretazioni, soprattutto alternative, che attengono tutte e comunque a quella forma di relativismo, della quale ha parlato - dal suo primo pronunciamento - Benedetto XVI. Io penso che la crisi del matrimonio sia alla base di questo tipo di interpretazione – a mio avviso – scorretta ed egoistica. Allora occuparsi di matrimonio oggi è sicuramente molto provocatorio; dare il titolo a un lungo racconto – di 600 minuti – appunto “Un matrimonio” e farlo durare cinquant’anni, mi è parsa un’opportunità oggi provvista di senso.

    D. - Al Teatro Antico di Taormina ieri sera avrebbe dovuto tessere un omaggio a Lucio Dalla. Quale ricordo ha del celebre cantautore?

    R. – I ricordi di chi ha vissuto con Lucio Dalla l’adolescenza: noi abbiamo spartito probabilmente il sogno più grande della nostra vita, che era appunto quello della musica e che poi lui ha visto realizzato. Aveva cinque anni meno di me: era un quattordicenne molto talentuoso; io ero un diciannovenne con un talento molto più contenuto. Per aver spartito lo stesso sogno, nella stessa band, suonando addirittura lo stesso strumento – lui suonava il clarinetto ed io suonavo il clarinetto – ha fatto sì che abbia conosciuto Lucio molto profondamente come essere umano da ragazzino e poi ritrovarlo come un grande poeta, un grande autore, con un successo riconosciuto in gran parte non soltanto d’Italia, ma d’Europa certamente e forse anche del mondo, è assolutamente straordinaria e singolarissima. Tuttavia era rimasto, è rimasto – perché voglio parlarne al presente – quello che era una volta: un ragazzo straordinariamente generoso, con una voglia ancora di pensare che il futuro gli riservasse chissà che cosa… Quindi Lucio, con il quale c’è stato un interscambio frequentissimo, recentissimo – ci chiamavamo la notte e parlavamo a lungo della stagione che ci attendeva e che era poi la terza, la quarta età, l’anzianità, rassicurandoci vicendevolmente – è una delle persone meravigliose che la mia vita mi ha dato modo di incontrare.

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    Nove giornalisti raccontano l'Italia di oggi, attraverso i sette vizi capitali

    ◊   Rileggere l’Italia attraverso i sette vizi capitali, recuperando una memoria collettiva spesso dimenticata. Questo l’obiettivo che si pone il volume “Al mio Paese. Sette vizi, una sola Italia”, edito da Edimedia e presentato ieri a Roma. Nel libro nove giornalisti, tra cui la nostra collega Fausta Speranza, ripercorrono tappe della storia italiana, tra ricordi e suggestioni. Dal delitto Pasolini al rapporto con l’Unione Europea, dalla strage di Capaci al Concilio Vaticano II. Il servizio di Michele Raviart:

    Se l’esercizio della virtù è un sicuro mezzo di progresso, anche il superamento del vizio, attraverso una sua metabolizzazione nel ricordo, può essere uno sprone al miglioramento. E la storia d’Italia è stata spesso paradigmatica in questo, trovando nei momenti più oscuri, le scintille per la rinascita. Per questo i giornalisti coinvolti nel libro-progetto “Al suo Paese”, declinano, attraverso racconti, che sono allo stesso tempo ricordi e fiction, i vizi italiani della storia recente, per una catarsi quanto mai necessaria in un periodo storico in cui si vive in un eterno presente, scollato dalle cause e dai perché dei fatti. Un libro che nasce da un “bisogno” da giornalisti, come ci spiega Melania Petriello, coordinatrice del volume

    “Nasce dalla necessità di ricontestualizzare la memoria e di trovare nuovi paradigmi per indagarla. Il giornalismo di inchiesta e non solo ci insegna che riaprire gli archivi, rileggere le pagine, riscoprire i personaggi e cercare nuove risposte, è un modo per dare senso alla sfida che dobbiamo vincere contro la demagogia, la disaffezione, la semplificazione, che è figlia della sottocultura”.

    La cupidigia del politico che gode degli ossequi alla sua mediocrità, l’ira di un Mezzogiorno bistrattato dalla Storia; la gola di una burocrazia bulimica, e ancora l’invidia per un Paese che rimane unico, malgrado la superbia verso chi vorrebbe viverci dignitosamente e la lussuria della sua classe dirigente. Ma tra i vizi che fiaccano la società civile, il più pericoloso rimane forse l’accidia, intesa come il conforto nel restare immobili davanti alle sfida della vita. Sette vizi capitali e “tradizionali”, ai quali se ne può aggiungere un ottavo. Ancora Melania Petriello:

    “La Chiesa nell’antichità ne contemplava un ottavo, cioè la tristezza, un vizio personale, intesa come incapacità di godere del dono della vita. Se oggi dovessimo declinare l’ottavo vizio sarebbe un vizio sociale e cioè l’impunità. E’ l’impunità che ci distrugge perché soprattutto le nuove generazioni non hanno bisogno di parole ma di esempi e l’esempio nasce dal merito e forse dalla certezza della pena. Qualcuno l’ha detto qualche secolo fa, evidentemente è un classico perché il suo insegnamento è tale in eterno”.

    “Al mio Paese” è un prodotto intellettuale collettivo, il cui obiettivo è riflettere in maniera critica sulla storia d’Italia, come ci spiega il prof. Fabrizio Dal Passo, docente di Storia moderna alla "Sapienza" e autore della postfazione al volume.

    “Si mettono i fatti, si dà un’interpretazione culturale di alcuni fatti legati appunto ad un vizio, ma si lascia libera la persona, che legge di capire e di interpretare con la propria testa. Questa secondo me è la più bella risposta, che si può dare culturalmente, parlando al futuro. C’è un bisogno enorme di recuperare il tempo, di recuperare la memoria, e non soltanto la memoria del tempo recente, che viene dimenticata. Questa è la prima grande esigenza: capire che cosa è successo negli ultimi dieci, venti anni. Questo veramente vuol dire ritrovare un senso civico e portare avanti anche un senso etico, altrimenti ci perdiamo tutto”.

    Dal libro “Al mio Paese” è stato ispirato un cortometraggio, vincitore del premio ViDay del 2012 e sarà tratto uno spettacolo teatrale che sarà in scena al teatro Eliseo nella prossima stagione.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: in una Homs assediata i gesuiti ospitano una trentina di famiglie

    ◊   “La città vecchia è occupata da uomini armati. Tra i civili intrappolati, 160 cristiani e fra i 400 e i 600 civili musulmani sunniti, c’è anche un religioso. Nella casa dei gesuiti, tra i quartieri di Hamidiyeh e Bustan Diwan, sono ospitati circa una trentina di famiglie, molte donne e bambini”: lo racconta all'agenzia Misna una fonte raggiunta nella città sotto assedio da settimane, dove la popolazione è ostaggio del fuoco incrociato dell’esercito e dei gruppi armati. Da giorni la Croce Rossa sta provando a negoziare un passaggio sicuro per i civili bloccati nei quartieri del centro storico, ma finora ogni tentativo si è rivelato infruttuoso. “L’esercito acconsente all’evacuazione dei civili, ma non a quella dei combattenti feriti, che necessitano cure e assistenza medica e così ogni trattativa finisce in uno stallo” spiega la fonte per cui “nella zona, solo un forno è rimasto attivo e pochi coraggiosi, al mattino si azzardano a uscire per comprare un po’ di cibo”. Al centro del negoziato, l’ipotesi di un doppio cessate il fuoco: da un lato per consentire a operatori umanitari di entrare in città a soccorrere i feriti e dall’altro per permettere l’evacuazione dei civili. Sulla prima ipotesi le forze dell’Esercito Siriano di Liberazione hanno posto il veto fin dall’inizio. Mentre sulla seconda è l’esercito regolare a frenare, temendo la ‘fuoriuscita’ di ribelli e terroristi. Nella casa dei gesuiti, “l’ultimo dei religiosi rimasti sul posto porta aiuto alla gente e sostiene le famiglie, cristiane e musulmane, che hanno cercato rifugio dalle bombe e dalla violenza. Non solo non può andare via, come tutti, ma non vuole neanche. Dice che non potrebbe lasciare lì donne e bambini”. Questa guerra di posizione è in corso da settimane, “con l’esercito che bombarda indiscriminatamente e i ribelli asserragliati nel centro storico, composto da un labirinto di vicoli e stradine che li mettono al riparo dall’ingresso di mezzi militari pesanti” racconta l’interlocutore, mentre la gente è sempre più a corto di cibo e medicinali. “Il rischio è che il conflitto si trasformi in guerriglia urbana. Alcuni residenti riferiscono che i militari hanno già avviato incursioni casa per casa con piccole unità” dice la medesima fonte, per cui uno scenario simile avrebbe conseguenze imprevedibili per la sicurezza della popolazione”. (R.P.)

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    Nigeria: 18 morti per scontri tra Forze di sicurezza e Boko Haram nel nord del Paese

    ◊   È di 18 morti il bilancio dei violenti scontri ingaggiati il 26 giugno a Kano (nel nord della Nigeria) tra le forze di sicurezza e un gruppo di appartenenti alla setta islamica Boko Haram. Negli scontri - riporta l'agenzia Fides - sono morti un poliziotto e 17 uomini della Boko Haram, altri 3 sono stati arrestati. Secondo un portavoce della polizia, il gruppo aveva l’intenzione di assalire la prigione di Goron Dutse, al fine di liberare i detenuti. Oltre alla prigione sono state prese d’assalto alcune stazioni di polizia. I militari e i poliziotti hanno risposto al fuoco, sventando gli assalti. Nel corso delle operazioni sono state recuperate armi, munizioni ed ordigni esplosivi artigianali. Il commissario di polizia Ibrahim Idris, ha affermato che “le preghiere collettive dei musulmani e dei cristiani” hanno permesso di far fallire un altro attacco lanciato dai terroristi contro stazioni di polizia e altri edifici delle forze di sicurezza. La setta Boko Haram ha intensificato gli attacchi contro le forze dell’ordine e i luoghi di culto cristiani. I vescovi nigeriani hanno da tempo lanciato l’allarme sul clima di odio e di violenza suscitato dagli atti di terrorismo che potrebbe far sprofondare la Nigeria in una spirale di scontri intercomunitari. (R.P.)

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    Onu e Unione Africana contro i ribelli Lra di Joseph Kony

    ◊   Un contingente dell’Unione Africana (Ua) forte di 5000 uomini perfettamente equipaggiati entro il prossimo dicembre, per dare la caccia ai ribelli dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra) e il loro capo Joseph Kony: è il nucleo dell’iniziativa congiunta Onu-Ua presentata in conferenza stampa nella sede delle Nazioni Unite a New York dal rappresentante speciale e coordinatore dell’Ufficio regionale per l’Africa Centrale (Unoca), Abou Moussa. Il progetto, ha spiegato Moussa, si sviluppa lungo cinque obiettivi strategici: disarmo, smobilitazione e reinserimento dei combattenti; protezione delle popolazioni locali e soprattutto dei minori; sostegno ai progetti di pacificazione e riconciliazione; sanzione delle violazioni dei diritti umani e ripristino dello stato di diritto. Dal canto suo - riferisce l'agenzia Misna - l’inviato speciale dell’Ua per l’Lra, Francisco Madeira, ha aggiunto che la ‘task force’, composta da militari dei quattro Paesi coinvolti negli attacchi, è stata autorizzata ed è quasi operativa. Il suo quartier generale sarà stabilito nella città di Yambio, in Sud Sudan, da dove saranno coordinate le operazioni. Joseph Kony è ricercato dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Il suo gruppo, scisso in un numero imprecisato di bande che operano lungo le frontiere di Uganda, Congo, Sud Sudan e Centrafrica, semina terrore tra le popolazioni locali con sequestri e saccheggi. (R.P.)

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    Sudan: accordo sugli aiuti umanitari nel Sud Kordofan e Nilo Blu

    ◊   Il governo di Khartoum ha dato il via libera alle operazioni di assistenza umanitaria alle popolazioni delle regioni del Nilo Blu e del Sud Kordofan, nelle zone controllate dal Movimento popolare per la liberazione del Sudan-Nord (Splm-N). La decisone giunge ad un anno dall’inizio del conflitto tra l’esercito regolare e i ribelli, storicamente e culturalmente vicini al Sud durante la lunga guerra civile tra il 1983 e il 2005. Finora lo stallo era stato determinato dalle condizioni poste da Khartoum - riporta l'agenzia Misna - per evitare che gli aiuti finissero per sostenere la resistenza armata dei ribelli: un ostacolo superato grazie all’intervento di Unione Africana e Lega Araba che si sono proposte di inviare osservatori per monitorare la neutralità dell’intervento umanitario. L’Accordo in nove punti, raggiunto ieri dopo una delicata opera di mediazione prevede inoltre – secondo il testo in arabo fatto circolare sul web – un immediato cessate-il-fuoco e la sospensione delle ostilità per consentire l’accesso dei volontari alla popolazione civile. Secondo le Nazioni Unite il conflitto lungo le regioni di confine tra Nord e Sud Sudan, avrebbe causato finora 170.000 sfollati in Sud Sudan e altri 20.000 in Etiopia. Il presidente sudanese Omar Hassan al Bashir si è opposto all’apertura di campi profughi nelle due regioni, affermando di non voler ripetere “l’errore” commesso in Darfur, dove “i sostenitori della ribellione hanno usato gli sfollati per fare pressione su Khartoum”. Lo scorso maggio, il consiglio di Sicurezza Onu ha approvato una risoluzione in cui esorta il governo sudanese e i ribelli dell’Splm-N all’avvio di negoziati sulla base di un accordo firmato il 28 giugno 2011 ma rimasto finora lettera morta. (R.P.)

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    Mali: nel Nord scontri e vittime, attaccata la sede dell’Mnla

    ◊   Ancora scontri nel nord del Mali, che hanno avuto come scenario ieri la città di Gao, dove è insediato il quartier generale dei tuareg del Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (Mnla). La sede è stata occupata dal Movimento islamico per l’unicità e il jihad in Africa Occidentale (Mujao), che ha anche attaccato un campo militare lungo la strada verso l’aeroporto. L’agenzia Fides riporta che l’assedio sarebbe stato una reazione del Mujao all’uccisione di un consigliere comunale ad opera di esponenti dell’Mnla. Il bilancio provvisorio delle vittime, secondo quanto invece riportato dall’agenzia Misna, conterebbe una ventina di persone, ma le notizie sono ancora incerte. Sarebbe stato ferito il segretario generale dell’Mnla, Bilal Ag Acherif, poi rifugiatosi in Burkina Faso, così come sarebbero fuggiti anche i combattenti tuareg e il capo di stato maggiore Mohamed Ag Najim. Incerta invece la sorte del responsabile tuareg Mahamadou Djeri Maiga mentre Bouna Ag Tahib, colonnello dell’esercito maliano passato con i tuareg nei mesi scorsi, sarebbe stato ucciso. (A.C.)

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    Somalia: sempre più sfollati a causa del conflitto e dell’insicurezza alimentare

    ◊   L’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha reso noto che sta aumentando il numero degli sfollati e rifugiati provenienti dalla Somalia che sempre più, alla causa principale di migrazione che è quella del conflitto, si aggiungono motivi legati alla difficoltà di provvedere al proprio sostentamento. L’Unhcr ha registrato ben 13.000 persone che sono fuggite dalla propria zona nel 2012 per l’insicurezza alimentare, dovuta anche alle scarse precipitazioni stagionali, delle quali 6.000 solo nelle ultime 7 settimane. Molti degli sfollati si sono sistemati al confine con l’Etiopia, ben integrandosi con le comunità locali, alla ricerca di acqua e pascoli. Nel Paese confinante, infatti, già sono presenti 157.000 rifugiati, fuggiti anche per la paura di essere reclutati forzatamente nelle milizie Al Shabaab. Il numero crescente di persone sta mobilitando alla costruzione di un nuovo campo profughi, in aggiunta ai 5 già esistenti, anche perché molte famiglie riferiscono di voler portare via dalla Somalia anche gli altri parenti rimasti. L’Unhcr riferisce anche di numerosi posti di blocco nella regione di Juba che impediscono il trasporto di beni di prima necessità, sottolineando che questo problema potrebbe avere gravi conseguenze, anche sull’aumento dei prezzi a livello locale. (A.C.)

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    Madagascar: i bambini colpiti da malnutrizione e rachitismo

    ◊   Nei mesi di maggio e di giugno, generalmente il Madagascar vive abbondanza di raccolti di riso e frutta, ma quest’anno il ciclone Giovanna e gli effetti della tempesta tropicale Irina, che hanno colpito il Paese da gennaio a marzo, hanno distrutto molti alberi da frutta e sommerso circa il 90% delle risaie. Anche il Centre de Récupération et Education Nutritionnelle Intensif (Creni) è stato gravemente danneggiato e tutti i pazienti sono stati trasferiti nel reparto di maternità. Presso il Creni di Toamasina, capitale provinciale della regione di Atsinanana, nella stagione che va da gennaio a marzo, ogni settimana sono stati curati 3 casi di malnutrizione acuta infantile con complicazioni quotidiane. Molti genitori - riporta l'agenzia Fides - non si accorgevano della situazione e portavano i propri piccoli in ospedale per altre cause, come edemi o eruzioni cutanee. Circa l’8% di tutti i bambini con meno di 5 anni di età, che vivono nelle aree più vulnerabili del sud e dell’est, delle coste occidentali e settentrionali, risultano gravemente malnutriti. Secondo uno studio del Madagascar Demographic Health, la metà di tutti i bambini malgasci sotto i cinque anni è colpita da rachitismo, una conseguenza della scarsa alimentazione. Si tratta del sesto Paese al mondo con il più alto tasso di arresto della crescita. I bambini tra i 6 e i 23 mesi sono quelli più vulnerabili, infatti il latte materno da solo non dà loro il giusto apporto nutrizionale. A livello nazionale, risultano gravemente malnutriti circa il 4% dei piccoli con meno di 6 mesi che vengono solo allattati. La carenza di cibo nella regione di Atsinanana è un problema ricorrente. Il Southern Africa Regional Food Security Update di febbraio 2012 ha evidenziato che l’80% dei 20 milioni di abitanti del Madagascar vive con meno di un dollaro al giorno e le famiglie povere spendono il 74% del loro scarso reddito per il cibo. (R.P.)

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    Panama: la mediazione della Chiesa nel mondo politico per il bene del Paese

    ◊   Il Presidente Ricardo Martinelli e l'arcivescovo metropolita di Panama, mons. José Domingo Ulloa, si sono incontrati martedì pomeriggio presso il Palazzo de Las Grazas, secondo una nota inviata all'agenzia Fides. All'incontro, che ha avuto luogo nell'ufficio del Presidente, hanno partecipato anche il vescovo ausiliare mons. Pablo Varela; il sacerdote Miguel Angel Keller, vicario pastorale; il Ministro della Pubblica Istruzione, Lucy Molinar, e Luis Eduardo Camacho, segretario delle comunicazioni dello Stato. Durante l'incontro, mons. Domingo Ulloa ha riferito al Presidente Martinelli sui colloqui avuti con vari settori della società, volti a costruire ponti di dialogo per mantenere un clima di pace e di tranquillità di cui il Paese ha estremo bisogno. La Chiesa, attraverso questi approcci, intende cercare di creare contatti utili per il dialogo tra governo e gruppi di opposizione a beneficio del Paese. Il Presidente ha ribadito il suo impegno costante a rispettare la Costituzione e le leggi dello Stato, e a promuovere un clima di dialogo cordiale, in modo di far prevalere sempre gli interessi di tutti i panamensi. Prima dell’incontro l'arcivescovo aveva incontrato i leader del Fronte per la Democrazia ed altri membri dell’opposizione, membri dei sindacati e di gruppi ambientalisti, reiterando la posizione della Chiesa: "Diventare un ponte per l’unità fra tutti i protagonisti politici per il bene comune del Paese". (R.P.)

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    Mongolia al voto: in ballo economia e stato sociale

    ◊   La Mongolia si reca oggi alle urne per le elezioni generali. Il Partito del popolo (ex partito comunista) sfiderà il Partito democratico per mantenere la propria supremazia in Parlamento. In ballo non c'è soltanto il potere esecutivo ma anche una grossa fetta dello sviluppo economico del Paese: i "popolari" vogliono infatti ribaltare una legge imposta dal presidente Tsakhia Elbegdor (democratico) che impone il controllo dell'esecutivo su tutte le transazioni sopra i 75 milioni di dollari. Al momento - riporta l'agenzia AsiaNews - i "popolari" sembrano in netto svantaggio. Un sondaggio li posiziona 14 punti percentuali sotto gli sfidanti: il 42% dei mongoli si è dichiarato democratico, mentre solo il 28 ha espresso simpatie per gli ex comunisti. Di fatto pesano i 70 anni di governo comunista del Paese, che lo ha mantenuto in uno stato economico primordiale: i democratici, di centrodestra, sostengono invece una bassa tassazione e pieno sostegno alle industrie e al business privato. In questo senso le elezioni di oggi sono fondamentali per i colossi del settore minerario: gli investimenti esteri nel settore, che rappresentano il 62% del Pil nazionale, sono arrivati a 8 miliardi di dollari solo l'anno scorso. Il presidente Elbegdor, in un'intervista al Financial Times, ha dichiarato di essere pronto a ricevere suggerimenti per migliorare la legge sul controllo del denaro in entrata, ma ha aggiunto che "si deve evitare il rischio di corruzione vista l'elevata circolazione di denaro e i grossi interessi in gioco". Le imprese dell'estrazione temono peraltro un periodo di incertezza dopo le elezioni parlamentari perché già nel 2008 la tornata elettorale senza un chiaro vincitore aveva fatto esplodere proteste nella capitale. (R.P.)

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    Indonesia: per il Congresso eucaristico a Yogyakarta anche il sostegno di un leader islamico

    ◊   Usando parole e frasi caratteristiche del linguaggio occidentale e cattolico, la massima autorità islamica della provincia di Yogyakarta - in Indonesia - ha fornito il proprio sostegno al Congresso eucaristico, indetto la scorsa settimana dall'arcidiocesi di Semarang (Kas). Un evento significativo, nel Paese musulmano più popoloso al mondo, spesso teatro di attacchi ed episodi di persecuzione contro le minoranze religiose e in particolare quella cristiana. In occasione della tre giorni di incontri, all'insegna del motto "Lasciamo che Cristo sia in mezzo a noi, per diventare suoi frutti", il sultano Hamengku Buwono X - governatore della Provincia speciale autonoma di Yogyakarta - ha diffuso un messaggio personale in cui conferma l'adesione alla manifestazione pubblica, svolta all'aperto e senza incidenti in numerose parrocchie della zona. La prima conferenza eucaristica a Yogyakarta si è tenuta nel luglio 1939, in occasione del 25mo anniversario dalla fondazione di una missione cattolica straniera nel sultanato. A seguire, il 25 giugno 1940, veniva festeggiata l'erezione del vicariato di Semarang dopo anni di attesa dei fedeli. L'ultima conferenza sull'Eucaristia nell'arcidiocesi - riferisce l'agenzia AsiaNews - si è svolta quattro anni fa, al santuario della Madonna di Gua Kerep, ad Ambarawa. Per la tre giorni di incontri (22 - 24 giugno) della scorsa settimana, cui hanno partecipato oltre 1500 fedeli di tutte le parrocchie, erano presenti tre vescovi fra cui il nunzio apostolico. Nel suo messaggio ai cattolici, il leader musulmano Hamengku Buwono X ha sottolineato che le parole "congresso" ed "Eucaristia" derivano dal greco e dal latino; egli ha aggiungo che "è tempo di unità fra i movimenti e le congregazioni dell'arcidiocesi, per contribuire a migliorare" la società. Il sultano e guida politica della provincia ha inoltre auspicato che "questa conferenza sull'Eucaristia vi porti a diffondere la cultura di amore e di dialogo". L'arcivescovo di Semarang mons. Johannes Pujasumarta ha ricordato ai fedeli l'impegno dei cattolici nel "rafforzare l'educazione civica per il bene della nazione e della Chiesa", all'insegna dei motti latini 'pro ecclesia et patria' e 'ad maiorem Dei Gloriam'. Ricordando il messaggio del leader musulmani, il prelato ha inoltre auspicato che eventi di questo tipo possano "far fiorire lo spirito di umanità" e contribuire a rendere più presente "Cristo nel mondo" attraverso "il mistero dell'Eucaristia". (R.P.)

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    Germania. I vescovi cattolici: impedire la circoncisione è un attacco alla libertà religiosa

    ◊   “Un attacco alla libertà religiosa”: così la Chiesa cattolica tedesca definisce la decisione del Tribunale distrettuale di Colonia di impedire la circoncisione. Il caso riguarda un medico musulmano che aveva praticato la circoncisione ad un bambino di quattro anni, su richiesta dei genitori. Due giorni dopo, in seguito ad un’emorragia, il bimbo era stato ricoverato d’urgenza in ospedale. Il Pubblico ministero, venuto a conoscenza del caso, aveva presentato una denuncia contro il medico. Di qui, la decisione del Tribunale di impedire la circoncisione. Una sentenza che ha provocato malcontento tra ebrei e musulmani, ma anche tra gli stessi cattolici. “Si tratta di un verdetto sorprendente – ha dichiarato mons. Henry Mussinghoff, presidente della Sotto-commisione per le relazioni con l’ebraismo della Conferenza episcopale tedesca – poiché esso non è conforme alla libertà religiosa dei genitori e al loro diritto a scegliere l’educazione dei loro figli. E questi sono principi sanciti dalla Costituzione”. Quanto alla motivazione espressa dai giudici, ovvero che la circoncisione sarebbe contraria agli interessi del bambino e potrebbe provocare in lui pregiudizi, una volta cresciuto, mons. Mussinghoff replica: “La circoncisione non riduce affatto la possibilità, per un bambino, di allontanarsi, con il tempo, dalla religione dei suoi genitori”. Infine, il presule esprime rammarico per la superficialità con cui il Tribunale distrettuale di Colonia ha considerato le motivazioni religiose della circoncisione. (I.P.)

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    Vescovi portoghesi e spagnoli a confronto sulle comunicazioni sociali

    ◊   Le Commissioni per le Comunicazioni sociali delle Conferenze episcopali di Portogallo e Spagna hanno concluso ieri, a Fatima, un incontro di tre giorni dedicato al tema “Mass media: porta della fede”. Pensato con l’obiettivo di “contribuire alla riscoperta della fede, in modo che tutti i membri della Chiesa siano, per il mondo attuale, testimoni gioiosi e convincenti del Risorto, capaci di indicare ‘la porta della fede’ ai tanti che sono in cerca della verità”, l’evento si è concluso con la pubblicazione di un documento finale contenente sei raccomandazioni. Innanzitutto, i vescovi notano che oggi il mondo della comunicazione “è notevolmente condizionato dalla situazione economica, ideologica e politica” e che si riscontra una “limitazione del diritto del pubblico a conoscere la verità”. Non solo: mentre si verifica “una supremazia dell’immagine”, spesso “l’uso inadeguato delle tecnologie rende difficile la riflessione, la formazione delle opinioni e le relazioni interpersonali e familiari”. I diktat dell’audience, inoltre, “costituiscono un fattore determinante nella configurazione dei contenuti offerti dai media”. Di fronte a tale realtà, la Chiesa portoghese e quella spagnola richiamano l’importanza di una “visione etica” che risponda “ai bisogni delle persone, senza sacrificare in alcun caso la verità e il bene comune”. Quanto alla comunicazione della Chiesa, i presuli sottolineano come i mass media siano, per essa, non “un mero strumento per la trasmissione di un messaggio”, ma un modo per “sviluppare una missione”, con “chiarezza e in un atteggiamento di dialogo”. Il tutto tenendo ben presenti due obiettivi: da un lato, “l’evangelizzazione” e dall’altro l’immagine “istituzionale e pubblica della Chiesa, affinché essa sia percepita in modo adeguato”. Infine, i vescovi di Spagna e Portogallo invitano i genitori e gli educatori a “formare i giovani all’uso adeguato e responsabile dei mass media” ed esortano tutti gli operatori del settore a “proseguire nell’impegno di porsi a servizio della dignità della persona e della costruzione di una società più libera, giusta e solidale”. (I.P.)

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    Regno Unito: per le Olimpiadi, la Chiesa organizza il Joshua Camp per i giovani cattolici

    ◊   Essere nel cuore delle Olimpiadi di Londra: con questo obiettivo, l’Ufficio per i giochi olimpici 2012 della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha organizzato il “Joshua Camp”, una sorta di mini-Giornata Mondiale della Gioventù dedicata ai ragazzi dai 18 anni in su. A carattere ecumenico, l’evento avrà luogo dal 1° al 13 agosto presso la Scuola San Bonaventura di East London, vicino al Villaggio olimpico. Numerosi i giovani già iscritti, mentre sono attesi gruppi missionari provenienti da 13 diversi Paesi, come Stati Uniti, Australia, Polonia e Lituania, e tanti gruppi musicali che arriveranno da Uganda, Kenya e Tanzania. “Durante il Joshua Camp – informa una nota - i partecipanti potranno seguire catechesi quotidiane e ricevere una formazione adeguata per comprendere meglio la propria fede e supportare i progetti di servizio e di ospitalità già presenti a Londra”. Il programma dell’evento prevede anche la celebrazione quotidiana della Santa Messa, l’adorazione eucaristica perpetua e la condivisione di esperienze e testimonianze tra gruppi e comunità cattoliche di tutto il mondo. Largo spazio sarà dato anche al teatro, alla danza e all’arte in generale, senza dimenticare, naturalmente, lo sport. “Il Joshua Camp – afferma James Parker, coordinatore generale cattolico per le Olimpiadi 2012 – darà ai cristiani molte opportunità per mettere in atto esperienze di servizio e di ospitalità”. La 30.ma dei Giochi Olimpici si terrà a Londra dal 27 luglio al 12 agosto e sarà seguita, dal 29 agosto al 9 settembre, dalla 14.ma edizione delle Paralimpiadi. (I.P.)

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    Filippine: domenica prossima, colletta per la Pontificia opera di San Pietro apostolo

    ◊   In prossimità della Solennità dei Santi Pietro e Paolo, che ricorre il 29 giugno, la Pontificia società per le Missioni delle Filippine ha indetto per il 1.mo luglio una colletta speciale il cui ricavato sarà devoluto alla Pontificia opera di San Pietro Apostolo (Pospa). Attiva nel campo della formazione del clero locale, la Pospa opera a favore della costruzione e del sostentamento dei Seminari maggiori e minori situati nelle terre di missione. Solo nel 2011, ad esempio, la Pospa ha finanziato 884 seminari che ospitano 72.682 seminaristi. Espressione significativa del “genio femminile” missionario, l’Opera muove i primi passi in Francia nel 1889 per iniziativa di una giovane, Jeanne Bigard, e di sua madre Stephanie. Attive presso la Società delle Missioni Estere di Parigi, le due donne si accorgono delle difficoltà di sostenere giovani seminaristi per mancanza di fondi. Di qui, l’idea di istituire borse di studio annuali e perpetue, così da permettere alle vocazioni dei giovani di maturare. L’Opera cresce rapidamente e nel 1922 la Santa Sede la rende organizzazione pontificia. Infine, da segnalare che domani, 29 giugno, saranno quattro gli arcivescovi metropoliti filippini che riceveranno il pallio da Benedetto XVI, durante una Santa Messa nella Basilica Vaticana: si tratta degli arcivescovi di Manila, Capiz, Palo e Davao, rispettivamente, mons. Luis Antonio Tagle, mons. Jose Advincula, mons. John Du e mons. Romulo Valles. (I.P.)

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    Terra Santa: celebrata ad Ein Karem la festa della natività di san Giovanni Battista

    ◊   “La nascita di Giovanni è simbolo dei tempi che cambiano, risultato di una promessa messianica per Israele, popolo senza profeti, in una situazione senza via d’uscita, senza speranza (come la coppia sterile); un popolo non più abituato alla presenza di Dio né a sentire la Sua voce”: è quanto ha detto nella sua omelia il custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa che ha presieduto domenica scorsa, nel santuario di San Giovanni Battista, sulla collina di Ein Karem, la Messa che ha ricordato la nascita del Battista. “Quando tutto sembra finito Dio interviene – ha proseguito il custode di Terra Santa – per rimuovere, per cambiare, come a dire: Non siete voi che chiedete, ma sono Io che riporto la vita. Giovanni è la voce nuova, con cui si ricomincia ad ascoltare, ad aprirsi all’attesa di Dio. Il suo modo di essere secondo, mai autoreferenziale, esempio cui la Chiesa si deve ispirare, ancor più per tutti noi, che viviamo in questa terra per testimoniare, ovunque andremo, che Lo abbiamo visto”. Nel santuario, riferisce il portale www.custodia.org, ad indicare il luogo della nascita di San Giovanni è una stella marmorea, mentre maioliche colorate ripetono, in più lingue, il “Benedictus”: la preghiera di Zaccaria, il ringraziamento per il Precursore, annuncio della salvezza. Il Santuario di San Giovanni nel Deserto, sorge poco distante da Ein Karem, in un luogo isolato e verdeggiante, dove una grotta, è stata trasformata in cappella; qui avrebbe abitato il Battista, che si sarebbe dissetato alla vicina fonte. “Questo è il luogo che ci fa pensare al deserto, a Giovanni che si ritira per preparare la sua missione – ha spiegato padre Artemio Vítores, vicario della custodia di Terra Santa – è il luogo dell’ascesi, della purificazione e della solitudine. Non per vivere in solitudine, ma per incontrarsi con il Signore”. (T.C.)

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    Ieri i funerali solenni del carabiniere Manuele Braj caduto in Afghanistan

    ◊   A Collepasso, in provincia di Lecce, si terranno oggi le esequie di Manuele Braj, il carabiniere scelto del 13.mo reggimento Friuli Venezia Giulia ucciso lunedì scorso da un razzo in Afghanistan. Ieri i funerali solenni a Roma nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. Nel corso della celebrazione, mons. Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia, ha sottolineato le qualità del giovane trentenne. “Un ragazzo luminoso, animato non dall’egoismo – ha detto l’arcivescovo - ma dalla voglia di servire i più deboli”. “Manuele - ha aggiunto mons. Pelvi - era sempre disposto a scegliere i posti più disperati dove nessuno andrebbe, aveva l'arte di accorgersi se qualcuno era in difficoltà”. In chiesa la moglie Federica con la foto del marito sempre in mano, accanto a lei anche il piccolo Manuel di 8 mesi. “Davanti ad un evento così tragico e doloroso - ha detto l'ordinario militare - sembra che Dio non si accorga del peso che portiamo nel cuore e della follia che attraversa la mente, ma Dio parla anche attraverso il silenzio. Non è forse vicinanza del Signore il piccolo Manuel con i suoi abbracci ed il suo sorriso?". Infine l’appello a costruire la pace "anche quando un razzo – ha concluso - distrugge la vita di un innocente”. (B.C.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 180

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