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Sommario del 23/06/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa incontra i capi dicastero vaticani. Padre Lombardi: confronto nel segno dell'unità e della fiducia
  • Nomine
  • I rifugiati e il rischio di "morire di speranza". Editoriale di padre Lombardi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria. Violenze a Homs e Dayr az Zor. Si cercano i piloti del caccia turco abbattuto
  • Paraguay, destituito il presidente Lugo. I vescovi: calma e rispetto
  • Rio+20 sullo sviluppo sostenibile. Focsiv: "Nessuna decisione vincolante"
  • Domani la Giornata della carità del Papa promossa dalla Cei. Intervista a mons. Crociata
  • Roma. Sesta Adunanza eucaristica nazionale, centinaia di giovani in adorazione notturna
  • "Roma città reciproca": incontro per tessere una rete di solidarietà nella capitale
  • L'anima oltre le sbarre: in un libro le storie dei detenuti di Rebibbia
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Il vescovo di Aleppo: “Le parole del Papa un aiuto a cercare strade di pace”
  • Nigeria. Boko Haram minaccia altri attentati: pronti 300 kamikaze
  • Pakistan: nel nuovo governo Paul Bhatti confermato al Ministero per l'armonia
  • Sud Corea: appello alla riconciliazione della Chiesa al popolo nordcoreano
  • Rio+20: vescovi africani chiedono trasparenza e buon uso delle risorse naturali
  • Laos: militari licenziati perché convertiti al cristianesimo
  • Sud Sudan: nuovi ponti aerei per aiuti umanitari Onu ai rifugiati
  • Etiopia: progetti di assistenza sanitaria della Chiesa nei quartieri più poveri della capitale
  • Togo: i vescovi condannano la violenza e chiedono un confronto pacifico
  • Burkina Faso: la Caritas lancia un progetto in tre fasi per vincere la fame
  • Onu: messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata internazionale delle vedove
  • Australia. La Chiesa: affrontare alla radice il problema dei richiedenti asilo
  • Perù. Rapporti sessuali fra minori: no dei vescovi alla modifica del Codice penale
  • Argentina: al via la Settimana sociale sul tema del lavoro, dignità e giustizia
  • Terra Santa: gli Ordinari cattolici condannano l'incendio doloso della moschea di Jaba
  • Marocco: cattolici ed evangelici creano l'Istituto ecumenico di teologia Al Mowafaqa
  • Cortile dei gentili all'ambasciata italiana presso la Santa Sede su "Diplomazia e verità"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa incontra i capi dicastero vaticani. Padre Lombardi: confronto nel segno dell'unità e della fiducia

    ◊   Una riunione collegiale ai massimi livelli vaticani per contribuire a ristabilire un clima “di serenità e di fiducia nei confronti del servizio della Curia romana”, in un periodo non semplice. È questo il motivo centrale della riunione convocata questa mattina, alle 10, nella Sala Bologna del Palazzo apostolico, che ha visto Benedetto XVI a colloquio con i capi dei dicasteri pontifici. Nel pomeriggio, il Papa sarà impegnato in un secondo incontro con un ristretto gruppo di cardinali. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

    “Nel contesto della situazione creatasi in seguito alla diffusione di documenti riservati il Santo Padre approfondisce le sue riflessioni in continuo dialogo con le persone che condividono con lui la responsabilità per il governo della Chiesa”. Con queste parole il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha spiegato ai giornalisti il motivo dell’incontro di lavoro tra il Papa e i capi dicastero della Curia Romana. Com’è noto, ha ricordato padre Lombardi, sabato scorso Benedetto XVI aveva desiderato “essere informato in modo più ampio sull’andamento delle indagini” dalla Commissione cardinalizia creata appositamente sotto la responsabilità del cardinale Julian Herranz. Di qui, ha proseguito il portavoce vaticano, la partecipazione del Papa alla riunione con i capi dicastero, “dedicata come di solito – ha precisato padre Lombardi – alle questioni di buon coordinamento del lavoro della Curia, oggi particolarmente importante e urgente per testimoniare efficacemente l’unione di spirito che lo anima”.

    Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede si è poi riferito a una seconda riunione fissata nell’agenda papale nel pomeriggio alle 18. In questa circostanza, Benedetto XVI incontrerà cinque cardinali – George Pell, Marc Ouellet, Jean-Louis Tauran, Camillo Ruini e Jozef Tomko – i quali, ha detto padre Lombardi, “in forza della loro grande e varia esperienza di servizio della Chiesa, non solo nell’ambito romano ma anche internazionale, possono utilmente” scambiare con il Papa “considerazioni e suggerimenti per contribuire a ristabilire il desiderato clima di serenità e di fiducia nei confronti del servizio della Curia Romana”. Naturalmente, ha concluso il portavoce vaticano, Benedetto XVI “continuerà nei prossimi giorni i suoi colloqui e le sue riflessioni, profittando anche della venuta a Roma di tanti pastori in occasione delle festività dei Santi Pietro e Paolo, che sono una straordinaria occasione perché la comunità della Chiesa universale si senta unita a lui nella preghiera, nel servizio e nella testimonianza della fede per l’umanità del nostro tempo”.

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    Nomine

    ◊   Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico presso l'Unione Europea l’arcivescovo Alain Paul Lebeaupin, finora nunzio apostolico in Kenya ed osservatore permanente presso gli Organismi delle Nazioni Unite per l'Ambiente e gli Insediamenti Umani (U.N.E.P., UN-Habitat).

    Il Papa ha nominato membri del Consiglio di Cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede i cardinali: Polycarp Pengo, Arcivescovo di Dar-es-Salaam; Telesphore Placidus Toppo, Arcivescovo di Ranchi; e John Tong Hon, Vescovo di Hong Kong.

    Il Pontefice ha aderito alla elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Greco-Melkita dell’Arcivescovo Metropolita di Homs, Hama e Yabroud dei Greco-Melkiti (Siria), nella persona di S.E.R. Mons. Abdo Arbach, B.C., avendo accolta dal medesimo Presule la rinuncia al governo pastorale dell’Esarcato apostolico per i fedeli Greco-Melkiti residenti in Argentina. E’ nato a Yabroud in Siria il 28 giugno 1952. Nell'anno 1977 ha emesso i voti perpetui nell'Ordine Basiliano Soarita (Chouérites). Ha conseguito la licenza in Liturgia presso l'Università "St Esprit" a Kaslik (Libano). Conosce l'arabo, il francese e lo spagnolo. E’ stato ordinato sacerdote il giorno 24 agosto 1980. Ha ricoperto vari incarichi, tra i quali: Consigliere Generale dell’Ordine Soarita (1989-1995), Parroco di Córdoba in Argentina (1996-2005), Direttore della Scuola dell'Ordine a Zahlé in Libano dal 2005 al 2006. In data 17 ottobre 2006 il Santo Padre Benedetto XVI lo ha nominato Esarca Apostolico per i fedeli Greco-Melkiti residenti in Argentina, elevandolo alla dignità episcopale come Vescovo titolare di Palmira dei Greco-Melkiti. La chirotonia episcopale gli è stata conferita a Zahlé il 3 febbraio 2007 da Sua Beatitudine il Patriarca di Antiochia.

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    I rifugiati e il rischio di "morire di speranza". Editoriale di padre Lombardi

    ◊   Cercare scampo da una guerra, sollievo dalla miseria, un futuro perché il presente non offre nuella. Sono molti i motivi per cui si lascia la propria terra e si diventa stranieri in cerca di asilo in un’altra. Le condizioni di questa numerosissima categoria di persone sono state ricordate nei giorni scorsi durante la Giornata mondiale del rifugiato. Condizioni spesso tragiche, nelle quali il cercare la speranza vuol dire trovare la morte. Lo ricorda il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “octava dies”, il settimanale d’informazione del Centro Televisivo Vaticano:

    “Morire di speranza”, questo è il titolo paradossale della veglia di preghiera organizzata a Roma in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, il 20 giugno, dalle associazioni impegnate nel campo. Preghiera in memoria di chi è morto nel corso dei drammatici viaggi per sfuggire alle persecuzioni, alle violazioni dei diritti umani, alla fame…da tanti, da troppi Paesi del mondo.

    Si muore asfissiati nei camion, si muore di sete e di fame attraversando i deserti, si muore aggrediti dai predoni, si muore passando i fiumi e le montagne, si muore cercando di attraversare il mare ammassati sulle imbarcazioni più piccole e insicure che esistano. Si parla di 20.000 morti negli ultimi anni nei viaggi verso l’Europa, di quasi 3000 nell’ultimo anno cercando di giungere in Italia attraverso il Mediterraneo.

    Ma non si fugge solo verso i paesi più ricchi. Negli ultimi mesi oltre 70.000 persone si sono rifugiate nel campo di Mberra in Mauritania, fuggendo dal Mali diviso dalla guerra civile. E in quante parti dell’Africa i conflitti hanno fatto sorgere immensi accampamenti di rifugiati?
    Le storie di ognuna di queste persone in fuga sono una più struggente dell’altra. Dal campo di Mberra sono giunti i racconti di tre donne giovanissime con piccoli bimbi, i cui mariti sono scomparsi nel conflitto, indifese e vulnerabili, spesso vittime di abusi sessuali…ma quante altre, quanti altri? E poi, come e da dove ripartire quando non si ha più nulla e si è del tutto sradicati ?

    Oltre a dare da ripararsi e da mangiare, occorre dare ascolto, comprensione, accoglienza umana e spirituale, ricostruire quel minimo di fiducia negli altri e nella vita da cui la speranza possa rilanciarsi in avanti. E’ una delle sfide più grandi per i credenti e le persone di buona volontà che vogliano veramente ripartire dagli ultimi per costruire un mondo migliore.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nell'informazione internazionale, un articolo di Pierluigi Natalia da titolo "La fame e la crisi sudanese".

    Ecco l'Origene ritrovato: in cultura, in anteprima alcuni brani delle omelie inedite del teologo e predicatore Alessandrino identificate nella Bayerische Staatsbibliothek di Monaco.

    Quella sinistra energicamente cristiana: Andrea Possieri su una presenza minoritaria ma culturalmente e politicamente rilevante nella storia d'Italia.

    I dolori del maresciallo Manuela: Giulia Galeotti recensisce "Limbo" di Melania Mazzucco.

    Non prendetelo alla lettera: Sandro Barbagallo su Andy Warhol in mostra alla Galleria nazionale di arte moderna.

    La solidità della famiglia aiuta a superare ogni crisi: nell'informazione vaticana, il cardinale segretario di Stato intervistato dai media polacchi durante il suo recente viaggio.

    La Chiesa ha bisogno di un supplemento d'amore: l'appello dell'arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, tra gli ex alunni del Pontificio seminario regionale della Sardegna.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria. Violenze a Homs e Dayr az Zor. Si cercano i piloti del caccia turco abbattuto

    ◊   Sempre più drammatica la situazione in Siria. Secondo fonti locali, oltre 23 persone da questa mattina sono state uccise in scontri, tra militari ed oppositori del regime, a Dayr az Zor, nell'est del Paese. Pesanti combattimenti sono in corso anche a Homs. Intanto, aerei e navi siriane sono impegnate nella ricerca in mare dei due piloti che si trovavano a bordo del caccia turco abbattuto ieri pomeriggio, nella zona di confine davanti a Latakia, nella Siria settentrionale. Episodio che ha fatto ulteriormente alzare la tensione tra i due Paesi. Damasco parla di sconfinamento del jet da guerra, mentre Ankara si riserva di mettere in campo ogni azione necessaria al caso, dopo aver raccolto tutte le informazioni sull’accaduto. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Michele Iacovino, analista del Centro studi internazionali:

    R. – La sensazione è quella che Erdogan non voglia soffiare sul fuoco della crisi siriana, anche perché non essendoci chiarezza su quello che è successo non vuole commettere un errore. A seconda di quelli che sono stati gli effettivi accadimenti, potrebbero esserci ripercussioni pericolose nell’area. Non dobbiamo dimenticare che la Turchia è per grandezza il secondo esercito all’interno della Nato e in questo momento è stato abbattuto un suo aereo: la priorità è quindi fare chiarezza su quello che è successo, cioè su quali siano state le cause che hanno portato all’abbattimento di un aereo della Nato.

    D. – C’è poi una notizia che si è diffusa in queste ultime ore, ovvero che i gruppi armati siriani anti-Assad a Homs avrebbero ricevuto missili israeliani di ultima generazione. Questo vuol dire che si apre un altro scenario?

    R. – Su questa notizia andrei con molta cautela, anche perché sarebbe un coinvolgimento che andrebbe “contro” gli stessi interessi di Israele, il quale in questo momento non ha alcuna voglia che il conflitto siriano possa subire una ulteriore escalation rispetto all’attuale situazione, che già è di totale instabilità. Quindi, da parte israeliana armare le milizie ribelli che si rifanno a una maggioranza sunnita non rientra al momento nella lista delle priorità.

    D. – In questa situazione, si cerca ancora di mantenere in piedi il cessate-il-fuoco e il piano di Kofi Annan, l’inviato della Lega araba e dell’Onu. Un cessate-il-fuoco che però non è stato fino ad adesso rispettato …

    R. – Finora, il mandato di Kofi Annan è comunque rimasto imbrigliato nella volontà politica del Consiglio di sicurezza di non dare troppo potere a questa missione anche perché su tutta la crisi siriana rimane l’influenza della Russia che non vuole, in questo momento, totalmente perdere l’alleato nell’area mediorientale che è Assad. Comunque, le diplomazie occidentali stanno portando avanti un lavoro di pressione nei confronti di Putin e si sta cercando una via d’uscita in modo tale da tentare di portare via dal Paese Assad per gettare i presupposti per una transizione. Il grandissimo problema è che ancora l’opposizione siriana non riesce a essere unita e non riesce a dimostrarsi un soggetto responsabile su cui poter puntare per una transizione democratica.

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    Paraguay, destituito il presidente Lugo. I vescovi: calma e rispetto

    ◊   Il Senato del Paraguay ha destituito il presidente Fernando Lugo approvando a larghissima maggioranza il processo di impeachment nei suoi confronti, per la cattiva gestione di uno scontro a fuoco tra polizia e contadini, avvenuto la settimana scorsa, in cui sono morte 17 persone. A prendere il suo posto il vicepresidente Federico Franco. Di colpo di stato parlano i leader centroamericani, mentre i vescovi del Paraguay invitano alla pace e alla salvaguardia della vita umana. Ancora tensione ad Asuncion, dove centinaia di persone sono scese in strada ingaggiando scontri con le forze dell’ordine. Cecilia Seppia:

    E' unanime la condanna dei leader latinoamericani per la destituzione in Paraguay del capo di stato, Fernando Lugo, accusato di cattivo comportamento nell’esercizio delle sue funzioni. Il presidente dell’Argentina, Kirchner, non ha dubbi e parla di colpo di Stato, inaccettabile per un Paese che ha superato, dice, questo tipo di situazioni non democratiche. Dello stesso parere l’omologa brasiliana, Dilma Rousseff, e José Munica dell’Uruguay. Un golpe esecrabile anche secondo il presidente venezuelano, Hugo Chavez, mentre è più cauto il Messico, che da un lato riconosce la legittimità del parlamento che ha messo sotto impeachment Lugo per gli scontri di venerdì scorso tra polizia e contadini, costati la vita a 17 persone, e dall’altro sottolinea come al presidente non sia stato dato tempo per una giusta difesa. Duro anche il presidente dell’Ecuador, Correa, che definisce quello appena insediato un governo assolutamente illegittimo. La tensione nel Paese è comunque alle stelle, nonostante Lugo abbia accettato la destituzione e il passaggio del potere nelle mani del suo vice, Federico Franco. Migliaia di sostenitori dell’ex capo di Stato si sono riversate per le strade di Asunción ingaggiando violenti scontri con le forze dell’ordine, che hanno usato gas lacrimogeni idranti e manganelli per disperdere la folla. A loro e alle autorità politiche l’appello della Conferenza episcopale del Paraguay che esorta alla pace e alla salvaguardia della vita umana come valore supremo. I vescovi invitano anche alla prudenza politica richiamando l’importanza del rispetto della Costituzione e dei diritti umani. Un ulteriore appello viene lanciato ai mass media affinché operino con prudenza ed equilibrio fornendo un’informazione veritiera e responsabile.

    Intanto, proprio in memoria delle vittime di Curuguaty oggi, alle 15 ora locale, l’arcidiocesi di Asunción ha organizzato un momento di preghiera e una Santa Messa, sul tema “Uniti per la pace e la giustizia in Paraguay”. “Preghiamo per le vittime, i feriti ed i loro familiari – si legge in una nota dell’arcidiocesi – preghiamo perché si trovino soluzioni per la tanto desiderata Riforma agraria”. Ribadiscono infine che “esiste una cattiva distribuzione della ricchezza nel Paese” e che “è necessario trovare una soluzione alla mancanza di terre per i contadini”: per questo, i presuli concludono il loro messaggio chiedendo allo Stato che “garantisca la giustizia ed i beni materiali indispensabili per una vita dignitosa”, sviluppando quindi un dialogo tra le parti in causa ed “evitando ulteriori spargimenti di sangue”. “Un Paese senza pace – afferma l’arcidiocesi di Asunción – è un Paese senza direzione”.

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    Rio+20 sullo sviluppo sostenibile. Focsiv: "Nessuna decisione vincolante"

    ◊   Si è chiuso ieri in Brasile il Summit Rio + 20 con l’impegno a promuovere un’economia verde risparmiando le risorse naturali del pianeta e sradicando la povertà tra molte critiche inerenti l’assenza di obiettivi vincolanti e di finanziamenti. Il testo finale approvato è intitolato “Il mondo che vogliamo”: un buon documento su cui costruire il futuro sostenibile, affermano Onu, Stati Uniti e Brasile. Di parere opposto la società civile e le ong. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Sergio Marelli, presente a Rio come rappresentante della Focsiv, la Federazione di organismi cristiani per il volontariato:

    R. – Rio+20 doveva essere una conferenza epocale, a vent’anni di distanza da quella del ’92. Invece, pur se si è trovato un accordo, poteva andare anche molto meglio. L’urgenza di mettere in campo misure concrete avrebbe dovuto portare a decisioni sicuramente molto più stringenti e molto più vincolanti. Come si dice, il paziente non è morto però versa ancora in gravi condizioni.

    D. – C’è dunque un accordo al ribasso, ma c’è anche il debutto dell’economia verde, citata da tutti come un fatto positivo…

    R. – Finalmente, ci si è accorti che la crescita economica non può essere disgiunta dal rispetto dell’ambiente e soprattutto non può non fare i conti con la limitatezza delle risorse naturali. Tuttavia, c’è un grande rischio dietro l’angolo, ed è che sotto la "maschera" dell’economia verde si passi oggi a mercificare i beni naturali, i beni comuni. La green economy va praticata e applicata alla luce del rispetto dei diritti umani fondamentali.

    D. – Povertà, lotta alla fame e per la sicurezza alimentare: da questi temi soprattutto la società civile si aspettava molto…

    R. - Ci si aspettavano impegni concreti. Non c’è per esempio una quantificazione di quanti aiuti saranno destinati per sostenere l’agricoltura dei piccoli produttori, dei piccoli contadini, che soprattutto nei Paesi poveri costituiscono il 70-80% della sicurezza alimentare.

    D. – Nel documento finale, però, c’è un risultato a favore della vita: l’esclusione della frase sui “diritti riproduttivi delle donne”…

    R. – Si continua a inserire affermazioni che lasciano poi alla libera interpretazione il come applicare le norme approvate dalla comunità internazionale. Quindi, fa bene la Santa Sede a chiedere che ci sia una maggiore precisazione nell’escludere la violazione del diritto alla vita.

    D. - La società civile e voi, le ong, cosa pensate di fare ?

    R. – Per la prima volta, si è vista un’ulteriore convergenza: come dire, una propositività comune. Si tratta ora di capire quanto finalmente i governi vorranno prestare davvero attenzione a queste richieste.

    D. – L’appuntamento prossimo quale sarà?

    R. – Sicuramente, il prossimo anno c’è un grande appuntamento che è l’Assemblea generale delle Nazioni Unite che, a soli due anni dalla scadenza dei famosi Obiettivi di sviluppo del Millennio, dovrà decidere se nel 2015 questi Obiettivi dovranno essere riconfermati. Ma soprattutto dovrà decidere quali misure mettere in campo per dare un colpo di reni, una sferzata finale, perché a oggi è molto chiaro che, continuando così, nessuno di questi Obiettivi sarà raggiunto in maniera soddisfacente.

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    Domani la Giornata della carità del Papa promossa dalla Cei. Intervista a mons. Crociata

    ◊   Si celebra domani in tutte le diocesi italiane la “Giornata per la carità del Papa”, promossa dalla Conferenza episcopale italiana (cei) in collaborazione con l'Obolo di San Pietro. Le offerte raccolte saranno poi destinate alle opere di misericordia indicate da Benedetto XVI. Un appuntamento che esprime un vincolo profondo con il Santo Padre, ribadisce mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, intervistato da Benedetta Capelli:

    R. - Debbo dire che l’esperienza di questi anni ha visto non solo confermata, ma crescere questa vicinanza. E' un attaccamento, che è tipico del senso cattolico della Chiesa e della vita di fede, che in Italia è rimarcato in modo particolare. Questo attaccamento ha tante manifestazioni. Questa giornata si manifesta in modo particolare, come espressiva di un legame profondo, che è radicato nella fede.

    D. - Tra l’altro, lo scorso anno, c’è stato anche un leggero aumento delle donazioni, nonostante una crisi economica che sappiamo bene come attanagli le famiglie italiane…

    R. - Questo dice anche il contenuto di questo legame, di questo rapporto profondo con il Papa, di fiducia e di bisogno di affidare a lui quell’iniziativa nel primato della carità, che è tipico del ministero del successore di Pietro: il vedere nel Papa colui che guida nell’apertura del cuore verso chi è nel bisogno, aiutando a fare questo gesto di attenzione, di solidarietà.

    D. - Le persone a volte non hanno ben chiaro il passaggio: in che modo le donazioni raccolte dalla Chiesa italiana contribuiscono alle opere di carità del Papa? Quali sono i canali?

    R. - Intanto, le raccolte vengono indirizzate a un organismo della Santa Sede, che è deputato proprio alla carità del Papa e alla raccolta delle offerte. E poi, questo organismo offre al Papa le opportunità, le indicazioni circa quanto raccolto e, dall’altra parte, raccogliendo anche le sollecitazioni che vengono da ogni parte, il Santo Padre indirizza via via queste somme raccolte distribuendole per le necessità più urgenti. Lo abbiamo visto per esempio a Milano, quando il Papa ha fatto annunciare che quanto aveva raccolto, in quell’occasione, veniva destinato ai terremotati. Così avviene di volta in volta, distinguendo tra attività ordinarie di destinazione e interventi per motivi straordinari, come è stato appunto questo terremoto.

    D. - I media della Chiesa italiana si sono spesi molto per questa Giornata della carità…

    R. - Il quotidano Avvenire si è impegnato a diffondere un manifesto e ha intensificato la comunicazione prima della Giornata vera e propria, che è appunto domani, in modo tale che la sensibilità dei fedeli e di tanti altri è stata resa più viva e più attenta. E’, dunque, un servizio specifico che da anni ormai la Conferenza episcopale chiede ai suoi media, per far convergere l'attenzione verso questa Giornata, perché sia un momento di solidarietà attorno al Papa ma sia anche un momento di crescita nella fede e nell’unità della Chiesa, attorno al successore di Pietro.

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    Roma. Sesta Adunanza eucaristica nazionale, centinaia di giovani in adorazione notturna

    ◊   Una notte in adorazione di Gesù Eucarestia. E’ quella vivranno oggi circa duemila giovani nella Basilica di Santa Anastasia a Roma, dove dalle 21 alle 6 di domani mattina si svolgerà la sesta Adunanza Eucaristica Nazionale. La preghiera introdotta da una Messa celebrata dal vescovo ausiliare di Roma, mons. Matteo Zuppi, sarà seguita da una processione eucaristica per l’area del Circo Massimo e da una liturgia penitenziale. L’animazione è affidata a Movimenti e associazioni ecclesiali. Tra le intenzioni: la “crisi economica e valoriale” e la preghiera per Benedetto XVI e la Chiesa. Al microfono di Paolo Ondarza, Fabio Anglani, coordinatore nazionale dell’Adunanza Eucaristica:

    R. – L’Adunanza è una preghiera continuata che inizia, solitamente, attorno alle 21 con la Santa Messa e che poi prosegue con l’adorazione eucaristica per tutta la notte, fino alle 6 del mattino. Ogni ora, si alternano nell’adorazione realtà, movimenti, associazioni e secondo il loro specifico carisma e modo di preghiera animano sessanta minuti. In questo modo, si crea una grande comunione le varie realtà ecclesiali. Quest’anno, usciremo sul suolo del Circo Massimo con una iniziativa che si chiama “Mille luci per Gesù”: portando Gesù Eucaristia in processione, porteremo anche mille luci come nostra testimonianza.

    D. – E attraverso questa processione inviterete a partecipare alla vostra Adunanza chi incontrerete lungo il percorso?

    R. – Chiaramente, è una esperienza aperta a tutti. Chi l’ha fatta almeno una volta, torna.

    D. – Partecipa anche chi è lontano, magari incuriosito dalla vostra iniziativa?

    R. – La bellezza dell’Adunanza è che solitamente ragazzi invitano altri ragazzi. Noi assistiamo a delle meraviglie: persone lontane che si avvicinano all’Eucaristia, ma soprattutto alla Confessione in questa notte. E’ una meraviglia rivedere persone che ritornano al Signore: anche persone non abituate alla preghiera, le vediamo lì, ferme - un’ora, due ore - davanti al Signore. Lo spirito di Dio nel cuore si muove e comincia ad agire, a parlare e qualcuno ci racconta di “aver trovato la pace”.

    D. – A questo proposito. C’è una storia particolare di chi ha preso parte negli anni scorsi all’Adunanza e che lei vuole raccontarci?

    R. – Ce ne è una che ha segnato la nostra prima Adunanza. Questa persona, che si chiama Matteo, si è avvicinato con una problematica di difficoltà familiare, viveva una situazione prossima alla separazione dalla moglie: dall’incontro con l’Eucaristia e dalla successiva confessione, si è rimesso in cammino, ha ripreso forza e adesso la sua famiglia è cresciuta. Prima non avevano bambini, ora hanno due figli. Insomma, il Signore ha fatto il miracolo davanti ai nostri occhi anche – penso – per incoraggiarci nella nostra iniziativa e dirci: questa è una strada valida da percorrere.

    D. – C’è un’intenzione di preghiera che fa da filo rosso a questa notte di Adorazione?

    R. – C’è innanzitutto un desiderio di Adorazione che muove il tutto e quindi il desiderio di stare davanti a Gesù. Chiaramente, i tempi che attraversiamo e le esigenze della Chiesa e di quello che viviamo ogni anno dettano un’intenzione di preghiera. Quest’anno, sicuramente la nostra Adorazione, questa Adunanza, sarà dedicata alla Chiesa, al momento che sta attraverso e a Benedetto XVI.

    D. – Cosa significa per un giovane, abituato a sentir parlare di crisi politica, economica e valoriale, partecipare ad una Adunanza Eucaristica?

    R. – Quando il mare è in tempesta, la cosa più saggia da fare per chi è sulla barca è di non perdere la lucidità e la calma. Allora la presenza di Dio fa questo: rimette la pace nel cuore. Quindi, l’Adunanza fa bene all’ambito spirituale di ciascuno, ma fa bene anche alla vita concreta, perché rimette in ordine un equilibrio che, alla fine, ti fa fare le scelte giuste e ti fa muovere i passi giusti.

    D. – Cosa vuol dire adorare l’Eucaristia?

    R. – In realtà, quello che noi abbiamo nella nostra vita spirituale è il contatto con la Presenza. Ritrovando questo contatto con la Presenza, che noi sappiamo essere quella del Signore Vivente, che ha detto “Io sono con voi tutti i giorni”, si trova un nuovo impulso per cominciare a camminare verso di Lui, per fare anche scelte controcorrente rispetto al mondo. Questa Presenza, questo contatto è indispensabile per una vita cristiana sana, che porti frutto.

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    "Roma città reciproca": incontro per tessere una rete di solidarietà nella capitale

    ◊   Roma: la città eterna sospesa tra una crisi profonda - sociale, prima che economica - e disgregazione, sperimenta isolamento, nuove povertà, chiusura. Di questo si è parlato oggi alla manifestazione "Roma città reciproca". La comunità cristiana della città, il cui primato è la carità, si interroga e offre strade e soluzioni non solo a partire da teorie di mercato o dottrine economiche, quanto da concetti antichi e al tempo stesso innovativi come fraternità e reciprocità. Al microfono di Luca Attanasio, il cardinale Agostino Vallini, il direttore dell’ISTAT, Enrico Giovannini, il direttore della Caritas Diocesana, mons. Enrico Feroci e il direttore dell’Opera Don Calabria, alla vigilia dell’80.mo anniversario di presenza a Roma, offrono visioni e piste per un futuro diverso a partire dai più deboli:

    Nel 1974 veniva convocato da un suo predecessore il cardinale Poletti e da mons. Di Liegro il convegno noto come “I mali di Roma”. A 38 anni di distanza i cristiani di Roma si fermano come per ridare un’anima a questa città. Le parole del cardinale Agostino Vallini:

    “Questo è il frutto di un cammino intraecclesiale, che non ha quasi, in prima istanza, la necessità di rivolgersi ad extra, ma che chiama tutti gli operatori della carità a Roma a dire: ragioniamo e lavoriamo insieme. E’ un’esperienza di comunione elaborata ed espressa in un bel documento che ci auguriamo possa adesso passare, diffondersi, creare cultura, in vista di una presenza più incisiva nella vita della Chiesa e della città. Paolo VI definì la politica la più alta forma di carità sociale”.

    Enrico Giovannini, presidente Istat:

    “In realtà, la cosiddetta economia comportamentale mostra come la reciprocità, cioè la relazione, sia in realtà al centro del mercato e del funzionamento dell’economia. La persona è al centro del messaggio cristiano. La comunità cristiana, oltre che praticare nella realtà di tutti i giorni questi principi, può aiutare a far sì che queste riflessioni diventino centrali nel dibattito politico. Come ci ha ricordato il Papa, la crisi ci obbliga a ripensare i modelli”.

    Mons. Enrico Feroci parla di offerta dei cristiani di Roma, di un martirio della legalità e della giustizia…

    “Sì, perché credo che in questo momento quello di cui noi più abbiamo bisogno è la testimonianza. Ci vuole un martirio dell’impegno quotidiano nel servire questa nostra società secondo le regole, perché i diritti e i doveri devono essere riequilibrati”.

    La parola a Fratel Brunelli, direttore dell’Opera don Calabria di Roma, che a ottobre compie 80 anni di presenza in questa città…

    “L’istituzione religiosa, la Chiesa di Roma, deve finalmente capire che è la Chiesa che ha bisogno dei poveri per essere se stessa e per vivere la sua missione. L’Opera don Calabria vuole esser questo e vuole esserlo in forma solidale anche con le altre istituzioni che sono presenti storicamente. I nostri 80 anni sono solo 80. E’ ora di diventare reciproci proprio con le istituzioni, insieme alla Chiesa”.

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    L'anima oltre le sbarre: in un libro le storie dei detenuti di Rebibbia

    ◊   Appuntamento annuale nella sezione penale del Carcere di Rebibbia per la presentazione del nuovo volume curato dalla religiosa canossiana, suor Rita Del Grosso, che raccoglie storie e testimonianze degli ospiti della Casa circondariale romana. Ha seguito l'evento Davide Dionisi:

    Tristezza e poesia vivono insieme nella raccolta di scritti presentata questa mattina nella casa di reclusione penale di Rebibbia, intitolata "Nel Mio Deserto la tua sorgente". Il carcere raccontato dal carcere, emozioni e speranze di tanti protagonisti che hanno voluto mettere nero su bianco il loro quotidiano, vissuto più che in un luogo fisico, in un ambito dove si intrecciano relazioni umane. Le testimonianze degli ospiti confermano ancora una volta che la voglia di superare quel senso di smarrimento e di solitudine, proprie del luogo di detenzione, è forte e può esaudita anche dando alle stampe un piccolo diario di bordo. Ci spiega perché suor Giampaola Periotto, curatrice della pubblicazione realizzata dai detenuti:

    R. - Quando questi detenuti, questi nostri fratelli, cominciano a scrivere, buttano fuori tutta la loro anima e quindi c’è in loro questa necessità di ritrovare il nucleo bello della loro vita. Questo è il senso della speranza che poi ritorna e possono dire: “Potrò ritornare com’ero prima”.

    D. - Secondo lei, il carcere, in Italia, recupera la persona?

    R. - Non tanto, perché questi nostri carceri sono super affollati. Poi, ci sono poche esperienze che siano mirate veramente alla persona singola, piuttosto lo sono verso il gruppo da recuperare oppure a cui far scontare una pena. L’attenzione alla persona che viene data da noi volontari fa tanto bene a ciascuno ed è quello il punto da cui ripartono poi per una vita serena, per una vita di speranza.

    D. - Perché le persone si suicidano in carcere?

    R. - Perché non hanno futuro e non hanno trovato il punto d’appoggio cui appigliarsi per poter dire: “Ce la farò”. E quando in loro viene a mancare l’amicizia di Dio, allora i detenuti dicono: “Non ho futuro, quindi la vita è in mano mia e me la tolgo”.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella Natività di San Giovanni Battista, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui i genitori impongono al precursore di Cristo un nome che desta la meraviglia di tutti. Il padre, Zaccaria, muto per nove mesi, riprende improvvisamente a parlare:

    “Tutti coloro che udivano queste cose le custodivano in cuor loro, dicendo: 'Che sarà mai questo bambino?'. E davvero la mano del Signore era con lui”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Una rarità liturgica oggi nella Messa: non la domenica normale, ma la memoria della nascita del Battista. Perché è un evento intimamente legato alla vita di Gesù e alla sua missione: la missione di Giovanni Battista si intreccia con quella di Gesù. Anche le letture della Messa mostrano proprio questo incastro tra le due testimonianze. Il Vangelo ricorda il momento della scelta del nome: nella tradizione ebraica toccava al padre fare la scelta; si doveva col nome mostrare una continuità familiare. Cose che ancora si conoscono anche nelle nostre famiglie.

    Eppure avviene una rottura sorprendente: contro il parere della parentela, Elisabetta e Zaccaria scelgono un nome diverso, Giovanni. In ebraico vuol dire: “il Signore è benigno”: e di fatto questo bambino diventerà testimone di una grazia che tutto trasforma, precursore e testimone efficace della rivelazione di “Dio con noi”, l’Emmanuele. E si completa la scena del Vangelo col canto di lode di Zaccaria, che pur conosciamo bene. Ogni nascita è un mistero, ogni paternità uno stupore, ogni persona porta in sé qualcosa che appartiene a Dio, e che deve custodire e donare. Questa scena ci ricordi la bellezza di una vita che sboccia e di ogni famiglia che la protegge.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Il vescovo di Aleppo: “Le parole del Papa un aiuto a cercare strade di pace”

    ◊   “L’urgenza per noi è una riconciliazione nazionale. La situazione è grave, occorre riattivare i fili del dialogo. La Siria è sempre stata un esempio di convivialità e oggi deve ritrovare il suo volto pacifico di terra araba, cristiana e musulmana”: è quanto dice all’agenzia Fides mons. Antoine Audo, vescovo cattolico caldeo di Aleppo, commentando l’appello di Benedetto XVI per la pace in Siria, lanciato in occasione dell’assemblea della Roaco (Riunione delle Opere d'Aiuto alle Chiese Orientali), che comprende le agenzie umanitarie cattoliche impegnate a sostenere le Chiese orientali. “L’appello del Papa è molto commovente. - afferma il vescovo - Come cristiani siriani, ne siamo profondamente colpiti. Dalle sue parole traspare un desiderio forte di pace. Il Papa ha usato il verbo ‘perseverare’: per noi vuol dire non avere paura delle difficoltà e cercare con determinazione strade di pace. E’ un forte incoraggiamento. Chiediamo la fine della violenza e preghiamo per la pace. Confidiamo nell’aiuto della Santa Sede perché a livello internazionale si possa promuovere la pace in Siria”. Sui cristiani in Siria, il vescovo ricorda che “la nostra presenza come Chiesa di lingua araba e di cultura orientale, capace di convivere con l’islam, è molto importante per il Medio Oriente e per la Chiesa universale”. Sul terreno un forte appello a rispettare la tregua umanitaria a Homs giunge all’agenzia Fides da rappresentanti della comunità cristiana, leader civili e notabili musulmani sunniti della città. Le famiglie intrappolate nella città vecchia hanno ancora la speranza che ai team della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, respinti a colpi di arma da fuoco, sia consentito di portare aiuti umanitari e di far evacuare i civili. Intanto i preti cristiani di Homs, che ricevono giornalmente notizie dalle famiglie intrappolate, riferiscono a Fides che “la situazione degenera di ora in ora: le famiglie sono terrorizzate, disperate, strette fra spari, carenza di cibo e medicine”. (R.P.)

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    Nigeria. Boko Haram minaccia altri attentati: pronti 300 kamikaze

    ◊   E’ allarme nella comunità cristiana in Nigeria dopo che il gruppo terrorista Boko Haram, autore di numerosi recenti attentati contro le chiese cristiane, ha minacciato di compiere nuovi attentati per rendere giugno “il mese più sanguinoso per i cristiani”. Il gruppo ha detto di aver addestrato circa 300 kamikaze pronti ad attaccare le chiese cristiane negli Stati di Plateau e Kaduna (Nigeria meridionale). Il gruppo afferma di aver reclutato i figli e le figlie dei musulmani uccisi durante gli ultimi conflitti settari, fornendo armi e bombe fabbricate in Mauritania e in Somalia. Boko Haram ha annunciato, inoltre, attacchi a edifici governativi negli Stati di Kano, Kaduna, Yobe e Gombe, nonchè un grande attacco dimostrativo sul territorio della capitale federale, cioè nella capitale Abuja, per mostrare al mondo che “le forze di sicurezza nigeriane non riusciranno a fermarci”. Nelle scorse settimana, le autorità hanno disposto il coprifuoco per ristabilire l'ordine, come avvenuto negli Stati di Yobe e Kaduna, con successo variabile. Le Chiese cristiane chiedono maggiore protezione anche in cinque Stati della Nigeria settentrionale e centrale, oggetto di attacchi in passato. In una nota inviata all'agenzia Fides, l’Ong Christian Solidarity Worldwide (Csw), invita le autorità “a rispondere a tali minacce, rafforzando la protezione dei civili innocenti, per disinnescare qualsiasi rischio di rappresaglie”. Secondo il Ong “Boko Haram ha nuovamente mostrato i suoi legami con Al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqim) e con le milizie Al Shabaab in Somalia”, dunque “è un fenomeno che va oltre i confini della Nigeria: è essenziale la cooperazione internazionale per distruggerne finanziatori, sostenitori e la rete di formazione”. (R.P.)

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    Pakistan: nel nuovo governo Paul Bhatti confermato al Ministero per l'armonia

    ◊   Il Pakistan ha un nuovo premier: si tratta di Raja Parvez Ashraf, del Partito popolare del Pakistan (Ppp), che ha ricevuto ieri il voto favorevole del Parlamento federale, e ha già formato il nuovo governo. Originario del distretto di Rawalpindi, 62 anni, Ashraf era Ministro per l’Acqua e l’energia nell’esecutivo guidato dall'ex premier Yousuf Raza Gilani, destituito dalla Corte Suprema il 20 giugno scorso. La delega del Ministero per l’Armonia Nazionale è stata confermata a Paul Bhatti, fratello di Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico per le minoranze ucciso un anno fa. Paul Bhatti ha dichiarato all'agenzia Fides: “Pur non condividendo la decisione della Corte Suprema, le forze politiche hanno dato un segnale forte di proseguire nel cammino democratico e di non voler creare un conflitto istituzionale. Il nuovo Primo Ministro continuerà la politica dell’esecutivo Gilani. E’ riconfermato il Ministero per l’Armonia nazionale, secondo una politica di attenzione alle minoranze religiose”. L’auspicio espresso a Fides da padre Robert Mc Culloch, Missionario di San Colombano, per oltre 30 anni in Pakistan è che “questa crisi non sfoci in una crisi di democrazia. Nel caso di Gilani, sarebbe stata la prima volta nella storia del Paese che un Premier poteva completare il suo mandato, ma purtroppo non è accaduto”. “Questa crisi istituzionale – aggiunge – mette in luce la necessità di rivedere l'equilibrio fra poteri in Pakistan. Sembra che il potere giudiziario stia intendendo il suo ruolo in senso interventista, come accade nel modello americano, piuttosto che in senso garantista, come inteso, invece, dal modello costituzionale inglese, disegnato nella Costituzione pakistana”. (R.P.)

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    Sud Corea: appello alla riconciliazione della Chiesa al popolo nordcoreano

    ◊   “La pace sia con voi”: un forte appello di riconciliazione, solidarietà, fraternità giunge dalla Chiesa della Corea del Sud alla popolazione dei “fratelli e sorelle in Nord Corea”. E’ quanto afferma il messaggio dei vescovi per la “Giornata di preghiera per la riconciliazione e l'unità del popolo coreano” che si celebra domani, 24 giugno, in tutte le diocesi coreane. Nelle chiese, riferisce all'agenzia Fides padre John Bosco Byeon, direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Corea, “si tengono messe speciali per la riconciliazione e la pace; in alcuni luoghi vi sono incontri di preghiera in piazza e processioni, mentre alcune comunità hanno vissuto una novena di preparazione, riunendosi a pregare per nove giorni il Rosario per la pace”. Il messaggio dei vescovi è firmato da mons. Peter Lee Ki-Heon, presidente della “Commissione episcopale per la Riconciliazione del popolo coreano”. Nel testo, titolato “La pace sia con voi” (Gv 20,19), i vescovi deplorano la distanza, la sofferenza, lo scarso dialogo tra le due Coree, divise da più di 60 anni. Soprattutto, il messaggio esprime profonda preoccupazione per le famiglie divise dalla frontiera delle due Coree, che non possono incontrasi da decenni, con grande sofferenza per tutti. Si affronta anche la questione dei fuggiaschi nordcoreani, che devono ancora affrontare molti ostacoli, prima di potere riveder la loro città natale e le loro famiglie al Sud. In conclusione, il Vescovo afferma nel testo: “Il nostro primo dovere ora è sperare e pregare perché si raggiunga un accordo che scacci le nubi oscure di divisione e di conflitto. Sono sicuro che il Signore risponderà se rivolgiamo la nostra sincera preghiera a Colui che guida i nostri passi sulla via della pace”. Fin dal 1965 i cattolici in Corea del Sud organizzano una “Giornata di preghiera per la riconciliazione nazionale” nella domenica più vicina al 25 giugno, il giorno in cui scoppiò la guerra di Corea (1950-53). (R.P.)

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    Rio+20: vescovi africani chiedono trasparenza e buon uso delle risorse naturali

    ◊   Una delegazione di vescovi africani ha partecipato al Summit Onu sullo sviluppo sostenibile Rio+20, che si è concluso ieri a Rio de Janeiro, e al vertice parallelo della società civile (Cùpola dos povos). La delegazione del Secam (Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar), a nome della Chiesa africana, ha diffuso per l’occasione un messaggio - ripreso dall'agenzia Sir - nel quale chiede ai leader di tutto il mondo, alle agenzie internazionali e alle organizzazioni non governative “trasparenza nella legislazione e nell’uso delle risorse naturali, per sostenere lo sviluppo dell’Africa”. “La cattiva gestione di foreste, terre e acque e delle risorse minerarie quali minerali, petrolio e gas - scrivono - stanno provocando conflitti, guerre e competizioni provenienti da poteri stranieri”. “La competizione per lo sfruttamento delle risorse naturali africane da parte di questi poteri - affermano - ha provocato, inoltre, un aumento della corruzione e dei conflitti interni, poiché i profitti vanno principalmente a vantaggio delle élite locali. Le popolazioni non traggono benefici dalle loro risorse. Tutto ciò ha provocato un aumento della povertà, dell’ingiustizia sociale e della malnutrizione”. I vescovi africani avvertono: “la situazione sta peggiorando sempre di più e bisogna intervenire il prima possibile” per “limitare o controllare l’aggressiva competizione straniera sulle risorse minerali e naturali africane”. Il messaggio, firmato da mons. Paul Bemile, arcivescovo di Wa, in Ghana, presente a Rio, ricorda la posizione della Chiesa africana su questi temi, che suggerisce ai governi “di adottare politiche adeguate per lo sfruttamento e la distribuzione delle risorse” e consultare le popolazioni locali prima di firmare contratti o prendere decisioni sui territori che li riguardano. Tra i vescovi africani mons. Gabriel Mbilingi, arcivescovo di Lubango (Angola) e vicepresidente del Secam, ha partecipato ad un seminario sullo sviluppo sostenibile e i diritti umani organizzato a Rio dal Cidse, la rete delle Ong cattoliche. Nel suo intervento mons. Mbilingi ha espresso la “preoccupazione” della Chiesa per le sfide ambientali che riguardano l’Africa, a causa “della estrazione incontrollata di riserve minerali e biologiche a vantaggio di pochi”. “Oggi - ha ricordato - vaste zone del continente africano vengono distrutte senza che ci sia nessun progetto finalizzato allo sviluppo del continente”. Anche il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici, ha aggiunto il vice-presidente del Secam, “provocano molti disastri, soprattutto in Africa, con fenomeni di grave siccità ed eccessive inondazioni”. “La Chiesa ripete spesso - ha concluso mons. Mbilingi - che la terra è un dono prezioso di Dio per l’umanità. Perciò le risorse naturali devono essere una benedizione e una fonte di sviluppo sostenibile”. Da qui l’appello alle autorità riunite a Rio a “creare meccanismi e sistemi per garantire una gestione efficace delle risorse naturali, per sostenere lo sviluppo di tutti i Paesi, soprattutto dei più poveri”. (R.P.)

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    Laos: militari licenziati perché convertiti al cristianesimo

    ◊   Due militari sono stati licenziati in Laos, nel distretto di Phin, perché si sono convertiti al cristianesimo. Khamsorn e Tonglai – riferisce l’agenzia Fides – hanno deciso di abbracciare la fede cristiana insieme ai propri familiari, ma il capo del villaggio di Alowmai li ha denunciati a capo della polizia del sub-distretto di Chudsume. Avendo questi ribadito che in Laos vige la libertà di culto, il capo villaggio si è poi rivolto al comando militare del distretto di Phin che ha congedato i due militari facendogli riconsegnare armi e uniforme. L’Ong Human Rights Watch per Lao Religious Freedom fa notare che “Khamsorn e Tonglai hanno servito fedelmente la nazione e i cittadini che risiedono nel loro villaggio” e che “ora sono puniti per la loro fede cristiana”. L’Ong, chiedendo il reintegro dei due militari nelle Forze di sicurezza, ha invitato il governo a rispettare i diritti di libertà religiosa dei cittadini. (A.C.)

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    Sud Sudan: nuovi ponti aerei per aiuti umanitari Onu ai rifugiati

    ◊   L’Alto Commisariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha avviato un nuovo ponte aereo destinato a far giungere aiuti umanitari ai rifugiati, provenienti dal Sudan, nello Stato sud-sudanese di Upper Nile. Sono circa 50.000 coloro che sono fuggiti dal conflitto nel Blue Nile, che attraverso l’Unhcr stanno ricevendo coperte, utensili da cucina, sapone, teli di plastica, materassi, taniche per l’acqua e zanzariere. Da circa una settimana un Ilyushin 18 sta effettuando due turni giornalieri per consegnare i beni di prima necessità, ovviando al problema delle piogge che aveva rallentato i mezzi via terra a causa delle pessime condizioni delle strade. Già lo scorso 20 dicembre l’Onu aveva avviato un ponte aereo da Nairobi a Juba per far fronte all’emergenza dei rifugiati, ma con le nuove ondate di sfollati è stato necessario potenziare gli aiuti. Il numero dei rifugiati continua ad aumentare velocemente: al momento si contano più di 200.000 persone divise tra alcuni Stati del Sud Sudan e l’Etiopia. Alcuni problemi sono sorti in conseguenza dello stabilirsi degli sfollati in zone riservate al pascolo, con forti proteste da parte delle comunità locali. In ogni caso l’Agenzia dell’Onu sta cercando di raggiungere l’obiettivo di trasferire i rifugiati negli appositi siti predisposti, dove possono ricevere assistenza alimentare e disporre di spazi sociali. (A.C.)

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    Etiopia: progetti di assistenza sanitaria della Chiesa nei quartieri più poveri della capitale

    ◊   La Chiesa cattolica in Etiopia, in collaborazione con volontari sostenuti dall’ong spagnola Fundacion Canfranc e altre organizzazioni, ha avviato alcuni progetti di assistenza sanitaria dedicata alle persone affette da tubercolosi, di Aids e attenzione per le categorie materno-infantili. Solo lo 0,7% degli abitanti in Etiopia è cattolico – riferisce l’agenzia Fides – ma la Chiesa gestisce il 12% dei centri medici nel Paese. Nel quartiere povero di Akaki Kaliti della capitale Addis Abeba, dove la popolazione vive in capanne, con pochi vestiti e senza scarpe, è stato avviato dalla Chiesa un Centro medico per far fronte alla totale mancanza di servizi sanitari. Sono zone in cui scarseggia l’acqua, l’elettricità è precaria e non esistono i mezzi pubblici. Un altro progetto è il Counseling Center, dove vengono assistiti i malati di Aids finchè non tornano ad essere autonomi. In caso di morte, invece, il Centro si fa carico degli orfani fino a quando non diventano maggiorenni. La formazione del personale è affidata a tre medici, due interpreti e sette giovani che si alternano per due settimane. (A.C.)

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    Togo: i vescovi condannano la violenza e chiedono un confronto pacifico

    ◊   Nella fase di tensione sociale che si registra in Togo, occorre cercare il confronto pacifico e costruttivo, senza degenerare nella violenza gratuita: è quanto afferma la Chiesa locale, che sta seguendo con grande attenzione la critica fase istituzionale che attraversa il Paese. La popolazione - riferisce l'agenzia Fides - è scesa in strada nei giorni scorsi per manifestare insoddisfazione verso la riforma della legge elettorale approvata nel dell'Assemblea Nazionale. Una coalizione di partiti di opposizione e gruppi della società civile, chiamata “Salviamo il Togo”, afferma che continuerà a protestare accusando il governo di aver “calpestato lo Stato di diritto”. Secondo la coalizione, il governo ha riformato la legge elettorale senza consultare l'opposizione. Nel Paese si dovrebbero celebrare delle elezioni generali nell’ottobre 2012, ma ancora non è stata pubblicata ufficialmente una data precisa. Nei giorni scorsi la Conferenza episcopale del Togo ha condannato la violenta irruzione della polizia in una chiesa di Lomé, con l'uso di gas lacrimogeni, mentre alcune persone avevano cercato rifugio durante le proteste. In un comunicato giunto a Fides, i vescovi hanno anche smentito la versione data dal governo, secondo cui “il forte vento ha causato l'ingresso del gas lacrimogeno in chiesa”. I vescovi, deplorando “l’atto sacrilego che ha profanato la casa del Signore”, chiedono a tutti i cittadini e alla polizia di non compiere atti di violenza. (R.P.)

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    Burkina Faso: la Caritas lancia un progetto in tre fasi per vincere la fame

    ◊   Tre fasi, un unico obiettivo: sconfiggere la piaga della fame. Si articola così il progetto lanciato in questi giorni, in Burkina Faso, dalla Caritas e dall’Ocades (Organizzazione cattolica per lo sviluppo e la solidarietà) e destinato ad oltre 7mila famiglie in difficoltà e a più di 21mila bambini malnutriti, da zero a cinque anni. L’iniziativa concerne, nello specifico, dieci diocesi del Paese e necessita, per la sua riuscita, di oltre un miliardo di moneta locale. Le tre fasi in cui si articoleranno gli aiuti saranno: la distribuzione gratuita di alimenti come riso, legumi ed olio a circa 3mila bisognosi, nell’arco di sei mesi; seguirà quindi una sovvenzione economica per aiutare le famiglie ad acquistare cereali, mentre nella terza fase i nuclei familiari riceveranno un aiuto diretto nella produzione agricola, nella gestione del bestiame da allevamento e nell’accesso ai macchinari specifici per l’agricoltura. A lanciare ufficialmente il progetto è stato mons. Paul Ouédraogo, presidente della Caritas-Ocades, il quale ha ricordato: “Attraverso tali doni, si tratta di far sentire l’amore di Dio ai più bisognosi”. Da notare che, secondo recenti stime della Fao, oggi nel mondo un miliardo di persone – pari ad 1 su 7 - soffre la fame e più di un quarto di esse vive in Africa. (I.P.)

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    Onu: messaggio di Ban Ki-moon per la Giornata internazionale delle vedove

    ◊   Si celebra oggi la Giornata internazionale delle vedove, promossa per il secondo anno dalle Nazioni Unite, che pone l’attenzione verso le drammatiche condizioni in cui si trovano migliaia di vedove in molti Paesi del mondo. Nel messaggio scritto dal Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon per l’occasione, viene ricordato come le donne siano soggetti estremamente vulnerabili quando i loro mariti muoiono. In diversi luoghi, infatti, esse sono escluse dall’eredità, private dei mezzi di sussistenza, di assistenza sanitaria e di istruzione. Possono anche venire cacciate dalla comunità e spesso costrette a risposarsi o essere abusate fisicamente. “Sono particolarmente preoccupato per la condizione delle vedove in situazioni di conflitto e disastri naturali”, sostiene il Segretario generale, sottolineando come in queste occasioni molte giovani donne restano vedove. “Dobbiamo fare molto più che proteggerle – ha proseguito – dobbiamo assicurare loro la possibilità di partecipare alle decisioni riguardanti gli aiuti umanitari e il peacebuilding”. Ban Ki-moon ha anche invitato a riconoscere i punti di forza e il contributo delle vedove nel mondo e ottimizzare il loro potenziale, abolendo leggi discriminatorie e pratiche che non ne riconoscono la giusta dignità. Il messaggio auspica, infine, che tutte le donne vedove possano godere a pieno dei propri diritti, a beneficio dei loro figli e di tutta la comunità. (A.C.)

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    Australia. La Chiesa: affrontare alla radice il problema dei richiedenti asilo

    ◊   “C’è un bisogno grande ed urgente di affrontare alla radice il fenomeno dei richiedenti asilo”: è quanto scrive, in una nota, padre Maurizio Pettenà, direttore dell’Acmro, l’Ufficio per i migranti e i rifugiati della Conferenza episcopale australiana. In particolare, padre Pettenà fa riferimento alle tante persone che si imbarcano in condizioni disperate per cercare una vita migliore lontano dal proprio Paese d’origine. “La decisione di imbarcarsi per richiedere asilo altrove – scrive il direttore dell’Acmro – viene presa da chi non ha davvero altra scelta; nessuno sceglie volutamente di essere un richiedente asilo e nessuno vuole rischiare la vita in mare aperto”. Citando, poi, Paesi come l’Afghanistan, l’Iraq, l’Iran e lo Sri Lanka, “tutti presenti nella classifica delle 20 nazioni in cui c’è il rischio di violazioni dei diritti umani e di omicidi di massa”, padre Pettenà chiede al governo australiano di valutare “misure alternative che permetterebbero a coloro che sono maggiormente a rischio di lasciare in modo ordinato il proprio Paese, terra di conflitto e di persecuzioni, e di poter arrivare in Australia”. In quest’ottica, viene suggerita la stipula di un accordo con i Paesi d’origine dei richiedenti asilo, così da non permettere che essi finiscano “alla mercé degli scafisti o di pericolosi viaggi in mare”. Contestualmente, padre Pettenà chiede all’esecutivo di migliorare l’accoglienza umanitaria in Australia, aumentando anche il numero di posti disponibili alla recezione migranti. (I.P.)

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    Perù. Rapporti sessuali fra minori: no dei vescovi alla modifica del Codice penale

    ◊   La Conferenza episcopale peruviana ha criticato una proposta di legge che propone di depenalizzare i rapporti sessuali tra i minori in Perù: tale proposta di legge accentuerebbe “libertinaggio e promiscuità”, affermano. In un comunicato inviato all’agenzia Fides, mons. Salvador Pineiro, arcivescovo di Ayacucho e presidente della Conferenza episcopale, rimarca la responsabilità dei genitori nell’educazione sessuale dei minori e degli adolescenti e invita le autorità peruviane “ad avere un atteggiamento responsabile dinanzi ai diritti degli adolescenti”. La Chiesa ha chiesto di fermare questa proposta di legge perché provocherebbe “un inizio precoce dell'attività sessuale nei bambini”, “aumenterà la paternità non-responsabile e l'aborto”, creando “nuove situazioni di ingiustizia, sfruttamento e abusi della gioventù, nonchè la perdita di valori necessari nella formazione di uomini e donne responsabili”. Il progetto di legge, approvato nei giorni scorsi dalla Commissione parlamentare per le Donne e la Famiglia, dovrà essere presentato per il voto all’assemblea del Congresso. Il provvedimento modifica una disposizione del Codice penale che prevede sanzioni fino a 30 anni di carcere per rapporti sessuali tra minori di 18 anni. (R.P.)

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    Argentina: al via la Settimana sociale sul tema del lavoro, dignità e giustizia

    ◊   "Lavoro, dignità e giustizia sociale”: su questo tema, si è aperta ieri a Mar del Plata, in Argentina, la Settimana sociale 2012, organizzata dalla Commissione episcopale della Pastorale sociale (Cepas). L’evento, che si concluderà domani, è rivolto a cittadini e dirigenti politici, sociali, sindacali e ai professionisti di tutto il Paese. A presiedere i lavori è il presidente della Cepas, mons. Jorge Eduardo Lozano. "Le Settimane sociali – informa una nota della Conferenza episcopale argentina – sono un vero laboratorio culturale nel quale si comunicano e si condividono riflessioni ed esperienze, si studiano i problemi più gravi e si individuano nuovi orientamenti operativi”. Tanti gli obiettivi dell’iniziativa: "generare uno spazio di dialogo e dibattito sull’importanza del lavoro, vincolato alla giustizia e alla dignità scoiale; approfondire la conoscenza della Dottrina sociale della Chiesa da parte dei cittadini e dei dirigenti politici, impegnati nella costruzione del bene comune; riflettere insieme a specialisti del settore sull’attuale situazione del lavoro in Argentina; promuovere il diritto umano al lavoro”. Tra i temi in esame nel corso dei lavori, la distribuzione della ricchezza, il lavoro nero, la disoccupazione, la questione lavorativa dei giovani ed il legame tra lavoro ed ecologia. A chiudere la Settimana sociale, domani, sarà, alle 11.30, una Santa Messa presieduta da mons. Lozano (I.P.)

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    Terra Santa: gli Ordinari cattolici condannano l'incendio doloso della moschea di Jaba

    ◊   "Coloro che si rifiutano di rispettare i luoghi santi ed i segni della nostra storia comune non hanno futuro”. E’ dura la condanna dell’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa (Aocts) dell’incendio doloso, appiccato cinque giorni fa, nella moschea del villaggio palestinese di Jaba, vicino Ramallah, e attribuito - riferisce l'agenzia Sir - all’ennesima spedizione punitiva di coloni israeliani. Sui muri anneriti del luogo di culto erano, inoltre, visibili scritte come “la guerra è cominciata” e “pagherete il prezzo”. “I palestinesi - si legge in una nota dell’Aocts - non devono pagare nessun prezzo a coloro che occupano le loro proprietà legali o espropriano un pezzo di terra che appartiene loro”. “Una coscienza indurita - afferma la nota - può commettere atti malvagi col favore delle tenebre. Se la coscienza è pulita, allora vive nella luce e la luce mantiene la speranza accesa. Oggi, i muri che sono stati sporcati possono essere lavati mentre i luoghi santi che sono stati bruciati o distrutti possono essere ricostruiti. Ancora per quanto tempo proclamerete apertamente che ‘la guerra è cominciata’? Siete voi, come ebrei, vittime della violenza e schiavi della vostra fobia contro i credenti, siano essi musulmani o cristiani?”. “Come vescovi cattolici della Terra Santa - termina la nota - uniamo le nostre voci con quelle dei leader religiosi e condanniamo questo gesto vandalico. Poniamo nelle mani di Dio la preoccupazione dei residenti di Jaba ai quali diciamo: “ricostruite con tenacia e solidarietà il vostro luogo di culto. Possa Dio convertire il cuore dei trasgressori della legge e dare un cuore nuovo a chi non lo ha”. L’incendio, che si colloca in una lunga lista di episodi analoghi, ha provocato forti tensioni in Cisgiordania: condanne sono venute dall’Autorità palestinese e dal premier israeliano Netanyahu. Il fatto sembra riconducibile alla demolizione di cinque strutture abusive nell’insediamento ebraico di Beit El decisa dalla Corte Suprema. (R.P.)

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    Marocco: cattolici ed evangelici creano l'Istituto ecumenico di teologia Al Mowafaqa

    ◊   E’ nato il 16 giugno scorso a Rabat, in Marocco “L’istituto ecumenico di teologia Al Mowafaqa”, creato dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa evangelica. Si tratta di un progetto unico al mondo che avrà la sua sessione zero dal 5 al 15 luglio a Ifrane - dove sarà elaborato il programma accademico - e i primi corsi a gennaio del 2013. “Abbiamo voluto dare un segno forte che i cristiani sono capaci di fare qualcosa insieme” si legge in un intervista a mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat, e al pastore Samuel Amedro, copresidenti dell’istituto, pubblicata sul sito web dell’arcidiocesi www.dioceserabat.org. Obiettivo dell’istituzione è quella di formare i responsabili della comunità, spiega il pastore Amedro che ritiene impossibile fare teologia staccandosi dalla realtà; una realtà che nell’Africa del nord sembra specifica, dunque si avverte la necessità di contestualizzare il modo di vivere la fede cristiana nella cultura marocchina. “Abbiamo preso coscienza che le Chiese cattolica e protestante condividono la stessa analisi della situazione e gli stessi bisogni” aggiunge il pastore Amedro. Il nome dell’istituto, “Al Mowafaqa”, significa “L’accordo” e vuole esprimere l’accordarsi con la volontà di Dio, l’accordarsi fra cristiani, e il senso è quello di “accordarsi per servire”. I corsi saranno indirizzati ai leaders delle comunità che riceveranno borse di studio e si metteranno a servizio della Chiese locali, ma saranno anche aperti a quanti avranno voglia di frequentarli. “Vogliamo che questo istituto sia in linea con le università riconosciute – dice mons. Landel – vogliamo degli insegnamenti con il diploma di ‘dottore’, sia d’Africa che d’Europa, con un numero significativo di donne”. “Vogliamo essere onesti tra noi – aggiunge l’arcivescovo di Rabat – alcuni capitoli di teologia non possono essere validi in comune. Ma nulla impedirà ad un cattolico di validare corsi protestanti”. L’istituto ecumenico di teologia Al Mowafaqa sarà finanziato dalle Chiese d’Europa, da privati, istituzioni ufficiali e risorse proprie. E’ in progetto anche la creazione di una rete di Amici dell’Istituto con riferimenti in Africa (in Camerun in particolare), in Europa (in Francia) e in Marocco, il cui obiettivo è quello di sviluppare la dimensione internazionale, ecumenica ed interreligiosa. Per mons. Landel si tratta di “una collaborazione più che fraterna che, prima di basarsi sulle differenti teologie, si è fondata su una amicizia costruitasi giorno dopo giorno”, per il pastore Amedro il progetto – unico al mondo – mette in luce la maniera originale di vivere il Vangelo in un Paese musulmano e può apportare una voce originale nel contesto internazionale. (A cura di Tiziana Campisi)

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    Cortile dei gentili all'ambasciata italiana presso la Santa Sede su "Diplomazia e verità"

    ◊   "Diplomazia e verità": questo il tema del nuovo appuntamento del Cortile dei Gentili, che avrà luogo martedì 26 giugno, alle ore 18.30, all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, a Palazzo Borromeo. Presiederanno l’incontro l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco e il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi. Interverranno il cardinale Jean-Lous Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, l’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa sede, Miguel Humberto Diaz, l’ambasciatore del Marocco presso il Quirinale, Hassan Abouyoub, Stefano Folli, editorialista del “Sole 24 ore” e l’on. Gianni De Michelis, presidente dell’Ipalmo. Protagonisti dello straordinario evento – il primo di questo genere - saranno i membri del Corpo diplomatico accreditati presso la Santa Sede e presso il Quirinale. “Io ritengo - ha spiegato l’ambasciatore Greco - che il Cortile dei gentili sia il foro più adeguato a discutere di verità e diplomazia, proprio per il fatto che è un ambito naturale di dialogo. E siccome la diplomazia oggi non è più l’arte del riferire, ma molto più direttamente l’arte del gestire le diversità culturali, ideologiche, geopolitiche e geoeconomiche, ritengo che nell’ambito di un foro come il Cortile dei Gentili, si possa affrontare questo dialogo, nel senso letterale di una parola che attraversa i fossati della incomunicabilità”. “Dobbiamo dire - ha affermato da parte sua il cardinale Ravasi - che la verità è una delle grandi categorie della comunicazione umana, a tutti i livelli. E’ vero che la diplomazia, tante volte, ricorre a strade alternative, però dobbiamo anche riconoscere alla diplomazia la necessità dell’uso di una virtù che è fondamentale anche nella comunicazione: la prudenza, la discrezione, il tono minore. Ecco, in questa luce possiamo anche riconoscere che questi due vocaboli, diplomazia e verità, non sono poi così tra loro antitetici”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 175

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