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Sommario del 20/06/2012
◊ All’udienza generale in Aula Paolo VI, Benedetto XVI ha levato un vibrante appello perché cessi la violenza in Nigeria, scossa da attentati terroristici contro i fedeli cristiani. Nella catechesi, prima dell’appello, il Papa si è soffermato sulla preghiera in San Paolo, concentrandosi in particolare sul primo capitolo della Lettera agli Efesini, che inizia con un inno di benedizione e ringraziamento a Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Benedetto XVI segue con “profonda preoccupazione” le notizie delle stragi in Nigeria. All’udienza generale, il Papa rivolge il pensiero al Paese africano “dove – afferma – continuano gli attentati terroristici diretti soprattutto contro i fedeli cristiani”. Eleva dunque la sua “preghiera per le vittime e per quanti soffrono”:
“Faccio appello ai responsabili delle violenze, affinché cessi immediatamente lo spargimento di sangue di tanti innocenti. Auspico, inoltre, la piena collaborazione di tutte le componenti sociali della Nigeria, perché non si persegua la via della vendetta, ma tutti i cittadini cooperino all’edificazione di una società pacifica e riconciliata, in cui sia pienamente tutelato il diritto di professare liberamente la propria fede”.
Prima dell’appello, soffermandosi sulla Lettera agli Efesini, il Papa ha sottolineato che la nostra preghiera è richiesta di aiuto nelle necessità, ma dovrebbe invece essere anzitutto lode, “motivo di ringraziamento” a Dio. E ha evidenziato che la preghiera “pulisce, purifica i nostri desideri” e così anche i “nostri cuori”. Quando la preghiera alimenta la nostra vita spirituale, ha osservato, diventiamo “capaci di conservare quello che San Paolo chiama ‘il mistero della fede’ in una coscienza pura”:
“La preghiera, come modo dell’abituarsi ad essere insieme con Dio, genera uomini e donne animati non dall’egoismo, dal desiderio di possedere, dalla sete di potere, ma dalla gratuità, dal desiderio di amare, dalla sete di servire, animati cioè da Dio; e solo così si può portare luce nel buio del mondo”.
Dio, ha detto ancora il Papa riecheggiando l’Apostolo delle Genti, ci ha chiamati all’esistenza, alla santità. E, ha soggiunto, “questa scelta precede persino la creazione del mondo. Da sempre siamo nel disegno di Dio, nel suo pensiero”:
“La vocazione alla santità, cioè alla comunione con Dio appartiene al disegno eterno di Dio, un disegno che si estende nella storia e comprende tutti gli uomini e le donne del mondo, perché è una chiamata universale. Dio non esclude nessuno, il suo progetto è solo di amore”.
Non ha poi mancato di mettere l’accento sulla bellezza del Creatore, che emerge dalle sue creature, come canta San Francesco d’Assisi. Un richiamo particolarmente attuale:
“Importante è essere attenti proprio adesso anche nel periodo delle vacanze alla bellezza della creazione e vedere trasparire in questa bellezza il volto di Dio”.
Al momento dei saluti ai pellegrini italiani, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ad alcuni gruppi parrocchiali di Banzano ed Alviano, convenuti rispettivamente per iniziare l’Anno dedicato a San Rocco e per l’ottavo centenario del miracolo delle Rondini di San Francesco d’Assisi. Infine, ricordando che il mese di giugno “richiama la nostra devozione al Sacro Cuore di Gesù” ha invitato i giovani a imparare “ad amare alla scuola di quel cuore divino”.
◊ In Lettonia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Liepāja, presentata da S.E. Mons. Wilhelms Lapelis, in conformità al can. 401 - paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico.
Il cardinale di Bologna Caffarra in visita ai terremotati: felici e grati per l'arrivo del Papa
◊ Martedì prossimo, il Papa sarà a Rovereto di Novi tra i terremotati per esprimere loro la propria vicinanza e solidarietà. Il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza dei vescovi dell’Emilia Romagna, al microfono di Roberta Barbi racconta come vivono queste popolazioni l’attesa della visita, raggiunto al telefono proprio mentre si trovava con i terremotati della zona di Cento:
R. - Ho passato questa mattina, ancora una volta, in alcune zone terremotate di Cento, per incontrare di nuovo i sacerdoti, incoraggiarli, sostenerli. Debbo dire che danno una testimonianza veramente eroica di condivisione con la gente. Hanno convocato in un parco cittadino tutti i bambini della zona. Io sono stato con loro e in questo modo li ho aiutati a stare più sereni.
D. - Martedì, il Santo Padre sarà a Rovereto di Novi tra i terremotati per esprimere loro vicinanza e solidarietà…
R. - E’ un gesto stupendo che il Santo Padre ha fatto ed è stato molto, molto apprezzato sia dai fedeli sia dai sacerdoti, vedendovi un’espressione dell’affetto del Santo Padre verso queste popolazioni colpite da una tragedia così immane. Questa mattina, quando ho detto ai bambini che il Papa verrà a trovarci, c’è stato un grande applauso.
D. - Come ha vissuto la tragedia del sisma la sua comunità, ormai a un mese dalla prima scossa? Si può tracciare un bilancio?
R. - Credo che immediatamente ci sia stata l’esperienza di qualcosa che nessuno davvero si aspettava. Dopo, si sono visti gli aspetti più belli della cultura del nostro popolo: un grande senso di solidarietà, di aiuto reciproco, di vera comunità, che è andata ricostruendosi, e la grande testimonianza dei sacerdoti, che vivono nelle tende con quella comunità.
D. - Qual è stato il ruolo della Chiesa accanto ai terremotati?
R. - E’ stato il referente proprio più importante, cui anche le varie istituzioni della società civile hanno fatto riferimento. Quando sono andato giù la prima volta, dopo la prima scossa, le tante persone che avevano perso tutto, sapevano dire un’unica cosa: "Ci stia vicino, abbiamo bisogno di questa vicinanza".
◊ La Siria ancora nella morsa della violenza. Oggi gli inviati dell’Onu a Damasco hanno deciso di non effettuare alcun monitoraggio per non mettere in pericolo la loro incolumità. Di Siria si sta parlando anche alla Roaco, Riunione delle Opere in aiuto alle Chiese orientali, che si conclude oggi a Roma. Nell’intervista realizzata per il Centro Televisivo Vaticano da Benedetta Capelli, il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari, ringrazia prima di tutto il Papa per la vicinanza:
R. – Trovandomi qui, a pochi passi dal Santo Padre, e pensando alla gioia che avrò insieme agli altri della Roaco di essere ricevuto in questi giorni, esprimerò al Santo Padre la riconoscenza dei siriani in genere e dei cristiani in particolare, per la solidarietà con cui egli segue le sofferenze del popolo cristiano. Gli porterò questo ringraziamento di tutta questa gente per le preghiere, per tutti i suoi appelli e per tutto quello che fa anche attraverso i suoi rappresentanti: un grazie sincero portato a lui.
D. – Cosa sta accadendo in Siria?
R. – Ho lasciato la Siria due giorni fa, ancora sotto il tuono delle esplosioni… Quello che mi fa male sono le ferite della Siria. La Siria – secondo quello che vedo e provo – sta sanguinando in queste ultime settimane, in questi ultimi giorni, sanguina da tutte le parti. La Siria sta iniziando la discesa agli inferi. Direi che c’è ancora un margine di speranza, non siamo ancora arrivati proprio agli inferi. Ma quello che vedo è che è cominciata questa discesa. Allora credo che sia veramente il momento per la comunità internazionale di non perdere attimi di tempo ma di frenare a tutti i costi, frenare questa discesa altrimenti ci troveremo agli inferi. Credo, ripeto, che la Siria abbia bisogno in questo momento del sostegno della comunità internazionale: ho paura che da sola non riesca a fermare questa corsa verso il baratro.
D. – C’è un immagine, un momento che più l’ha colpita durante tutto questo periodo?
R. – Naturalmente, quello che colpisce tutti quanti sono certe scene veramente dolorose quando si vedono bambini straziati, lacerati: questo non si può accettare. Non si può accettare alcun versamento di sangue umano. Il sangue umano è veramente sacro, di tutti: dei civili, dei non civili, degli adulti… ma quando si vedono dei bambini sfigurati, dei bambini uccisi questo è un colpo al cuore a tutta la comunità internazionale. Io sto raccogliendo, e vorrei un giorno poter raccontare, tanti fiori fioriti in questo deserto della Siria: fiori di bontà, fiori di eroicità, fiori di altruismo che sono nati proprio in contrasto a questo panorama a volte così di violenza. Vorrei un giorno poterli raccontare, perché sono molto belli: i fiori del deserto, del deserto della Siria.
D. – Qual è il ruolo che possono giocare i cristiani in Siria?
R. – I cristiani hanno un grande ruolo da giocare. Quello che è importante, e io cerco di aiutarli, è costruire dei ponti. I cristiani sono riconosciuti come gente non fanatica, gente aperta, che ha dei valori da proporre. Ho sperimentato che nei villaggi dove vivono cristiani e musulmani c’è, in genere, una convivenza buona e pacifica. Quindi, direi che in questo momento hanno una vocazione tutta particolare: quella di cercare a tutti i livelli di costruire dei ponti a livello di villaggio, di vicinato, fino ai più alti livelli della cultura e possibilmente anche della politica. E’ una vocazione specifica che hanno in questo momento.
E in Siria sono molte sono le emergenze per la popolazione civile, provata da ormai un anno di conflitto. Benedetta Capelli ha intervistato mons. Antoine Audo, presidente di Caritas Siria:
R. – Io sono presidente di Caritas dalla fine dell’anno scorso, è una grande responsabilità perché c’è una crisi economica e anche politica. Bisogna essere presenti. Lavoriamo soprattutto a Homs, dove c’è stata quasi una guerra civile e tante famiglie hanno lasciato la città per andare in campagna. Diversi vescovi della regione hanno organizzato aiuti per i profughi. Ci sono programmi specifici per gli aiuti alimentari ad Aleppo, anche per la salute, per la scuola per i bambini... C’è un lavoro della Caritas a tre livelli. Prima di tutto per la salute: c’è un bisogno di medicine, di effettuare interventi chirurgici. Poi per le scuole: si devono sostenere gli studenti delle scuole. Infine, è necessario aiutare i profughi perché trovino una casa e paghino l’affitto ogni mese. E’una priorità per noi adesso.
Alla Roaco, in primo piano anche le tensioni in Medio Oriente. A dividere la proposta dell’Anp di inserire la Chiesa della Natività di Betlemme nel “Patrimonio mondiale” dell'Unesco; progetto che Israele non appoggia. Al microfono di Manuella Afejee, della redazione francese, ascoltiamo padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa:
R. – Già da più di un anno, l’Autorità nazionale palestinese (Anp) vuole inserire non solo la Basilica della Natività, ma tutta la città vecchia di Betlemme, includendo la Basilica della Natività, nella lista del patrimonio universale dell’Unesco. Naturalmente, per fare questo l’Autorità nazionale palestinese ha voluto anche consultare le Chiese che hanno in custodia la Basilica della Natività e che sono la Chiesa greco-ortodossa, la Chiesa cattolica, rappresentata dalla Custodia di Terra Santa, e la chiesa armeno-ortodossa. Le Chiese, in linea di principio, non hanno nulla in contrario a un’iniziativa del genere, però hanno sollevato e continuano a sollevare delle perplessità circa il momento e l’opportunità, tenendo presente che i luoghi santi sono sempre gestiti esclusivamente dalle comunità religiose, mentre con l’Unesco è il governo che si fa garante della conservazione delle condizioni. Tenendo poi presente il clima incandescente, dal punto di vista politico, che c’è in Terra Santa, è nostro auspicio e nostro parere che la cosa debba maturare meglio. In Terra Santa, tutto può diventare strumentalizzazione politica.
Il cardinale Sodano in Slovenia suoi luoghi della Grande guerra
◊ Il cardinale decano Angelo Sodano, si è recato – dal 15 al 18 giugno – in Slovenia per visitare alcuni luoghi legati ai tragici avvenimenti della Prima Guerra Mondiale, per pregare per le vittime del conflitto e per intercedere, insieme alle comunità cattoliche di quelle terre, per la riconciliazione e la pace tra i popoli. Nel corso della visita, informa un comunicato distribuito dalla Sala Stampa vaticana, il porporato si è incontrato, tra gli altri, con il presidente della Repubblica slovena, Danilo Türk, e il primo ministro Janez Janša. Particolarmente significativi sono stati i due momenti liturgici: il sabato sera a Tolmino la Santa Messa in suffragio di tutte le vittime di guerra, e domenica mattina a Nuova Gorica, nella concattedrale della diocesi di Capodistria, per la riconciliazione tra i popoli e per la pace nel mondo. Nell'omelia a Tolmino, centrata sul tema della speranza cristiana, il cardinale Angelo Sodano, si legge nel comunicato, “ha raccontato anche un particolare della storia della famiglia: suo padre Giovanni, cessata la cruente guerra che solo sul Fronte di Isonzo aveva causato un milione di vittime, nel 1919 fu inviato nella zona di Tolmino e di Caporetto, per provvedere alla dignitosa sepoltura dei caduti i cui resti erano ancora sparsi sui monti”. Anni più tardi, “nell'ascoltare i racconti del padre, il figlio Angelo gli promise che sarebbe andato a visitare quei luoghi tanto belli e tanto imbevuti del sangue e della sofferenza”. Il cardinale decano, era finora stato impedito di compiere tale promessa, “a causa dei molteplici impegni a servizio della Sede Apostolica”. Ora a Tolmino, “si è detto felice che la promessa fatta al padre finalmente si fosse potuta realizzare, grazie alla Provvidenza divina e anche alla generosa accoglienza del governo sloveno e della Chiesa locale”. A tutti il cardinale Sodano ha portato il benedicente saluto di Benedetto XVI.
Incoraggianti sono state anche le parole del cardinale Sodano alla Messa della domenica a Nova Gorica dove, ricordando le due visite del Beato Papa Giovanni Paolo II in Slovenia, ha ribadito che alla base di ogni convivenza devono stare la verità, la giustizia, la libertà e l’amore: “E’ l’ora della verità per l’Europa, l’ora di ritorno a quelle basi fondamentali che solo possono assicurarle un avvenire migliore” (Giovanni Paolo II, Discorso in Slovenia al mondo della cultura, il 19 maggio 1996).
Durante la sua permanenza in Slovenia, il cardinale decano è stato accompagnato, tra gli altri, da mons. Juliusz Janusz, nunzio apostolico a Ljubljana, e da Maja Marija Lovrenčič-Svetek, ambasciatore della Repubblica di Slovenia presso la Santa Sede. Tra i luoghi visitati è stato particolarmente impressionante il Museo della Prima Guerra Mondiale a Caporetto che, con le sue convincenti presentazioni rappresenta, ha affermato il cardinale Sodano, "una vera scuola di pace per le nuove generazioni europee". Ricordare le tragedie dell'umanità, causate dall'orgoglio degli uomini, ha detto ancora il porporato, "serve a comprendere meglio il comune dovere di essere artefici di pace e di riconciliazione fra i popoli".
◊ “E’ la prima che un grande paese di religione islamica” manifesta “la generosa disponibilità a sostenere i costi del restauro di uno dei ‘luoghi’ più cari alla memoria storica e alla fede cristiana”. Con queste parole, il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il cardinale Gianfraco Ravasi – commenta la decisione della Fondazione “Heydar Alieyev”, presieduta dalla first lady della Repubblica di Azerbaijan, Mehriban Aliyeva, di procedere al restauro della catacomba romana dei SS. Marcellino e Pietro ad duas lauros, situata lungo la via Casilina. Decisione che verrà formalizzata venerdì prossimo, quando, alle 17.30, nella sede del dicastero vaticano, verrà firmato un Protocollo dalla presidente della Fondazione e dal cardinale Ravasi, nella sua veste di presidente della Pontificia Accademia di Archeologia sacra. “Si tratta – osserva ancora il porporato – di un segno di nobile attenzione e di grande valore, proteso verso più intense relazioni interculturali ed un dialogo interreligioso di più ampio respiro”.
◊ Va ricondotto nel segno dell’ecosostenibilità – valore più volte difeso da Benedetto XVI – il dono che questa mattina è stato fatto al Papa e, per sua volontà, alla Sala Stampa Vaticana. Un’auto elettrica a due posti prodotta dall'azienda di Prato NWG ha consegnato un modello NWG Zero, di colore bianco, targato “SCV 0173”, che vanta il primato di essere il primo veicolo elettrico completamente costruito in Italy. I fondatori dell'azienda toscana, Francesco D'Antini e Antonio Rainone, e dall'Amministratore Delegato, Massimo Casullo hanno dato luogo alla cerimonia di consegna, avvenuta alla presenza del direttore della Sala Stampa della S. sede, e del suo vice, padre Federico Lombardi e padre Ciro Benedettini. Presente anche mons. Luigi Mistò, segretario dell'Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, che ha anche benedetto l'auto
“La particolare sensibilità che Benedetto XVI mostra a riguardo della difesa e salvaguardia dell'ambiente – ha dichiarato l'amministratore delegato, Massimo Casullo – costituisce, per noi che lavoriamo nel settore della green economy, un motivo di grande incoraggiamento e fonte di ispirazione”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Pace e riconciliazione in Nigeria: all'udienza generale l'appello del Papa.
Una rete di sicurezza per l'Eurozona: in rilievo, nell'informazione internazionale, le conclusioni del G20 in Messico.
Il Papa polacco e la rivoluzione delle coscienze: in cultura, anticipazione del prologo di George Weigel al libro (che sarà presentato venerdì a Roma) "La fine e l'inizio. Giovanni Paolo II: la vittoria della libertà, gli ultimi anni, l'eredità".
Fulminato da Cuba: Gaetano Vallini sulla campagna protagonista del secondo volume della trilogia fotografica di Ernesto Bazan sull'isola caraibica.
Ogni cosa può diventare sacra: Marcello Filotei su Bloom, Bruckner, Mahler e la musica di Rai5.
Un articolo di Aldo Altamore e Sabino Maffeo dal titolo "Alle origini dell'astrofisica": ricostruita in un volume l'avventura scientifica che legò il gesuita Angelo Secchi al Collegio Romano.
Quell'abbraccio che ci parla di assoluto: Claudio Toscani recensisce una raccolta poetica di Cesare Viviani.
Guardiamo la voce del vento: Giulia Galeotti sui linguaggi del sacro nell'illustrazione per l'infanzia.
La religione è senza compromessi: nell'informazione religiosa, una conversazione fra Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, e lo scrittore Richard Godwin.
In Slovenia per la pace e la concordia: nell'informazione vaticana, il cardinale decano nei luoghi della prima guerra mondiale.
Calma apparente in Egitto. Mistero sulla sorte dell’ex presidente Mubarak.
◊ Una calma carica di tensione quella che caratterizza le piazze egiziane in attesa di conoscere la sorte dell’ex presidente, Hosni Mubarak, dato per morto la notte scorsa in seguito a un ictus. Cresce intanto l’attesa per i risultati definitivi delle elezioni presidenziali, mentre i due candidati usciti dal ballottaggio reclamano entrambi la vittoria. Dal Cairo, Giuseppe Acconcia.
Secondo i medici, l’ex presidente egiziano, Hosni Mubarak, sarebbe "clinicamente morto". Ma i suoi avvocati smentiscono e parlano di “coma". Al momento sarebbe in vita grazie a un respiratore artificiale. La moglie, Suzanne, si è recata in ospedale in piena notte per visitarlo. Le condizioni di salute di Hosni Mubarak sono peggiorate martedì sera quando è stato trasferito d’urgenza dopo un ictus dalla prigione di Tora all’ospedale militare di Maadi. L’ex presidente egiziano era stato condannato all’ergastolo il 2 giugno scorso per aver ordinato di sparare contro i manifestanti.
I migliaia di sostenitori di Fratelli musulmani, gruppi salafiti e del movimento 6 aprile che hanno raggiunto piazza Tahrir nella serata di ieri, hanno accolto con scetticismo la notizia dell’aggravarsi delle condizioni di Mubarak. I manifestanti festeggiavano la contestata vittoria di Mohammed Morsy e chiedevano pieni poteri per il nuovo presidente. Le manifestazioni erano iniziate nel pomeriggio di ieri anche contro la sentenza della Corte Costituzionale che ha di fatto sciolto il parlamento. D’altra parte, i sostenitori di Ahmed Shafiq contestano e si dichiarano vincitori, in attesa dei risultati definitivi che saranno resi noti dalla Commissione elettorale nella giornata di giovedì prossimo. Intanto, in vista dell’annuncio del nuovo presidente, il Consiglio supremo delle forze armate ha riunito d’urgenza il Consiglio di sicurezza nazionale. Dopo tante voci, le condizioni di Mubarak appaiono critiche nel momento più delicato per il suo Paese.
Crisi economica. Borse in salita dopo il G20. Attesa per le decisioni della Fed
◊ Adottare tutte le misure necessarie per salvaguardare l’integrità e la stabilità dell'area euro, migliorare il funzionamento dei mercati finanziari e a interrompere il circolo vizioso fra fondi sovrani e banche. E' in sostanza la dichiarazione finale del G20 messicano di Los Cabos. Il presidente della Commissione, Jose Manuel Barroso, e il collega al Consiglio Ue ,Herman Van Rompuy, in una nota congiunta hanno commentato il summit ribadendo che ''i leader del G20 hanno riconosciuto il valore del progetto e della valuta europea e hanno accolto con favore le misure adottate in Europa per stabilizzare le economie e il sistema finanziario''. Intanto, c'è attesa per la riunione della Fed di stasera e la successiva conferenza stampa del presidente Ben Bernanke. La Banca Centrale degli Stati Uniti d'America potrebbe infatti ritoccare i tassi d’interesse. Elena Molinari:
L’Europa è decisa a utilizzare il Fondo salva Stati per comprare i buoni del Tesoro dei Paesi in difficoltà, Italia e Spagna in primis. Dopo due giorni di colloqui intensi, i problemi della zona euro sono venuti al pettine al vertice del G20 in Messico, dove è apparso chiaro che né le elezioni greche né gli annunci di una maggiore integrazione politica e finanziaria, a livello Ue, possano contenere gli spread. Se ne è resa conto anche la cancelliera tedesca, Angela Merkel, che dopo molte resistenze sarebbe ora pronta al salvataggio dei Paesi a rischio, usando proprio il fondo finora destinato ai prestiti. Sono stati gli Stati Uniti ad aver preteso annunci concreti dai leader europei, durante un’attesa riunione, alla fine della quale il segretario al Tesoro Usa, Geithner, ha detto che gli europei sono pronti a varare nel brevissimo periodo misure per far sì che i Paesi che stanno affrontando le riforme, come Spagna e Italia, possano prendere prestiti a bassi tassi di interesse. Ribadita ieri dai 20 anche la necessità di porre l’accento sulla crescita e, a livello Ue, di compiere passi verso maggiore supervisione comune delle banche e garanzie comunitarie per i depositi.
Le Borse europee hanno reagito positivamente alle decisioni del G20 anche se guardano alle decisioni di oggi della Fed. Su quanto emerso dal G20 di Los Cabos, Massimiliano Menichetti ha intervistato l’economista Franco Bruni, docente di Teoria e politica monetaria internazionale alla Bocconi di Milano:
R. – E’ emerso che l’Europa continua a essere considerata il centro della crisi mondiale: effettivamente, nel breve periodo, al momento, lo è e bisogna, dunque, procedere al più presto per sistemare le cose europee. Tuttavia, non lo è più in generale. Sarebbe opportuno che gli Stati Uniti, in particolare, guardassero la propria situazione, perché hanno gravissimi squilibri interni. Quindi, fino a quando non ci sarà una maggiore concordia su quello che ciascuno deve fare dalle due parti dell’Atlantico, il G20 probabilmente non sarà troppo incisivo.
D. – Si punta su sviluppo e crescita. Uno dei risultati concreti è quello del Fondo monetario internazionale, che è riuscito ad incassare 456 miliardi di euro per fronteggiare la crisi...
R. – Non credo che il problema dell’Europa sia una questione di soldi: il problema è politico e va risolto con una cessione di poteri molto forte al centro dell’Europa, in particolare nella vigilanza bancaria e nella gestione delle crisi. Finché non ci sarà questa decisione delle economie europee – in particolare la Francia è il problema, perché Parigi è quella che resiste di più a cedere – finché non ci sarà questa cessione di potere importante, anche in materia di politica fiscale, e finché i politici dei vari Paesi non smetteranno di avere piccoli successi con il loro elettorato interno, anziché guardare al lungo periodo del benessere comunitario, non ci sarà montagna di soldi in grado di risolvere il problema.
D. – Come valutare la posizione della cancelliera tedesca Merkel, che ha visto le pressionei degli altri Paesi sulla necessità di alleggerire le politiche di austerità?
R. – La Germania dalla sua ha, credo, un europeismo abbastanza indubitabile. Ha però un atteggiamento – anche sul piano diplomatico – che non è incoraggiante per i Paesi che devono rilanciarsi. In particolare, non mi è sembrato opportuno che nei confronti delle elezioni greche, che hanno avuto un risultato incoraggiante, non ci sia stata immediatamente, da parte anche dei tedeschi e soprattutto dell’Unione Europea nel suo complesso, una dichiarazione più positiva, che faccia intravedere, per esempio, concretamente la possibilità di distribuire l’aggiustamento greco su un periodo di tempo più realistico.
D. – Il Fondo salva Stati quindi non basta, servono altre strategie, per poter risolvere realmente la situazione?
R. – Il Fondo salva Stati, così com’è, può servire a tappare un buco immediato, ma deve acquistare un potere e un’autonomia molto forte, anche dal punto di vista tecnico professionale: deve cioè essere un’istituzione autonoma in grado di intervenire quando e come vuole sui mercati, dotata di un capitale importante, per frenare i momenti di instabilità. Per far questo, però, occorre appunto che i vari Paesi cedano questo potere a un’organizzazione europea che sostanzialmente, coincide con la Banca centrale europea. Fino a quando non ci sarà questa decisione, si tratterà appunto di un Fondo che può servire nell’immediato, ma che non dà la sicurezza in un più lungo periodo.
Al via il vertice "Rio+20", alla ricerca di uno sviluppo sostenibile
◊ Si apre, oggi a Rio de Janeiro, il vertice “Rio+20”, la Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile, a 20 anni dal primo Summit della Terra, tenutosi nel 1992 nella città brasiliana. Al vertice sono presenti rappresentanti di governi ma anche della società civile e delle religioni. Anche la Santa Sede è presente all'incontro con una delegazione guidata dal cardinale arcivescovo di San Paolo, Odilo Scherer. Alessandro Gisotti ha chiesto al direttore della rivista dei gesuiti “Popoli”, Stefano Femminis, quali risultati si possono attendere da questo vertice:
R. – Sicuramente, la situazione ambientale del pianeta sarebbe peggiore senza questi vertici. Quindi, chi liquida questi incontri come inutili dovrebbe forse riflettere sul fatto che, comunque, si tratta di appuntamenti importanti. Quello di Rio è, di fatto, l’incontro a livello mondiale più importante del 2012, con oltre 100 capi di Stato e di governo, ma poi anche esperti, ong, imprenditori, esponenti della società civile e delle religioni. Detto questo, bisogna però obiettivamente aggiungere che le attese sono quanto mai basse. E’ già indicativo che mancheranno alcuni capi di Stato dei Paesi più ricchi, di molti Paesi europei, e gli stessi Stati Uniti saranno assenti. Più in generale, cosa è successo in questi anni che separano questo incontro da quello del ’92 di Rio? Intanto, sono emersi i cosiddetti "Bric", cioè il Brasile, la Russia, l’India e la Cina, ma anche altri Paesi emergenti, che, da un lato, ovviamente hanno avuto il merito di rompere il monopolio di un pianeta dominato da uno o pochi Paesi, ma dall’altro lato il risultato è stato che è ancora quanto mai in voga il principio, il dogma della crescita economica a qualunque costo, anche a costo di danneggiare l’ambiente, di danneggiare il pianeta. Questo è un primo problema.
D. – Si parla molto – pensiamo anche ad Obama – di “green economy”. Questa rivoluzione verde dell’economia non sembra però decollare. Anche qui ci sono forse degli interessi confliggenti...
R. – L’economia verde, o “green economy” per dirla all’inglese, è un po’ il nuovo paradigma economico, strumento attraverso cui risolvere anche il problema attuale di base, la crisi economica globale. Ora, bisogna capire appunto quali sono i criteri di questa economia verde, quali sono i paletti, perché esiste il pericolo che per inseguire questa crescita, legata alla “green economy”, si perdano per strada quei criteri, quelle regole legate all’equità sociale. Lo vediamo nella concretezza, in casi come quello del Brasile, che è certamente un Paese che per il fatto di avere da diversi anni un governo progressista, con anche alcune personalità ambientaliste, le quali hanno occupato dei ruoli chiave, certamente ha sviluppato una politica attenta all’ambiente, almeno a livello teorico. Poi, però, in nome dell’economia verde vengono proposti progetti come quello della diga di Belomonte, che produrrà sì energia pulita, ma a rischio di cancellare i diritti e la stessa sopravvivenza di una quantità di persone che risiedono in quella zona, popolazioni indigene totalmente inascoltate.
D. – La Chiesa brasiliana, in realtà la Chiesa di tutta l’America Latina, è tradizionalmente impegnata sui temi della difesa dell’ambiente, anche perché la salvaguardia del Creato si accompagna alla protezione dei più deboli, delle popolazioni indigene...
R. – Sì, la Chiesa brasiliana si è mobilitata, certo non solo per questo Summit, a difesa dell’ambiente, che significa soprattutto, in ottica cristiana, difesa dell’uomo. Quindi, sì, la Chiesa si sta mobilitando, si è mobilitata, e aggiungo anche che, in particolare, ci sarà una rappresentanza di Gesuiti al vertice di Rio. Il contributo, di fatto, che i credenti possono dare nella riflessione e anche nell’azione rispetto alla difesa dell’ambiente è un contributo decisivo.
◊ Ricorre oggi la Giornata Mondiale del Rifugiato dedicata a sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sui cittadini costretti a fuggire dal proprio Paese. Secondo i dati pubblicati dalle Nazioni Unite nel 2011 si stima che almeno 4milioni e 300mila persone abbiano dovuto abbandonare la propria casa per guerre o persecuzioni e anche il numero di coloro che hanno ottenuto l’asilo è cresciuto in ragione dei recenti conflitti in Libia, Somalia e Yemen. Sentiamo Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati nell’intervista di Stefano Leszczynski.
R. - Purtroppo un anno record in termini di spostamenti forzati di popolazione: almeno 4 milioni e 300mila persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case. La maggior parte di queste persone è rimasta all’interno del proprio Paese, quindi in una situazione di sfollamento interno, mentre 800mila di loro si sono rifugiati nei Paesi confinanti. Questo aumento rispetto agli anni precedenti è dovuto anche alle numerose crisi che sono esplose lo scorso anno, tra cui - vale sicuramente la pena ricordare - la guerra in Libia, la carestia e la guerra in Somalia e la situazione molto turbolenta in Sudan.
D. - Molte persone in fuga dalle guerre, dalle carestie, dalle persecuzioni, finiscono in Paesi dove non c’è la possibilità di chiedere asilo e dove tuttavia trovano un rifugio di fortuna. Qual è la sorte di queste persone, restano bloccate in questi Paesi o riescono a fuggire verso un futuro migliore?
R. - Diciamo che i quattro quinti, quindi una percentuale molto alta, dei rifugiati vive nei Paesi vicini a quello da cui sono fuggiti, quindi rimangono nel sud del mondo. Mi riferisco ad esempio al Pakistan per quanto riguarda i rifugiati afghani, che in Pakistan sono appunto un milione e 700mila. Mi riferisco anche all’Iran, sempre per quanto riguardo gli afghani; anche qui abbiamo circa 900mila afghani. Poi c’è il Kenya, da dove io sono appena rientrata e dove ho visitato il campo di Dadaab che è il più grande campo profughi al mondo con 500mila persone, in questo caso somali in fuga dal loro Paese che ormai dall’inizio degli anni ’90 non trova più una situazione di stabilità. Oggi, il campo di Dadaab rappresenta la terza città del Kenya per numero di abitanti. E’ evidente che i Paesi limitrofi poi si fanno carico di queste situazioni molto di più dei Paesi ricchi e industrializzati.
D. - Una situazione che smentisce completamente quelli che parlano di un’invasione verso l’Europa dei rifugiati, dei richiedenti asilo, e una sorta di terrorismo demografico che poi in alcuni Paesi come la Grecia ha portato all’esplosione della xenofobia e alla vittoria di partiti della destra ultranazionalista. Cosa si può fare per riportare l’equilibrio in questa situazione?
R. - Io penso che sia importante, specialmente per chi fa informazione, mettere tutto ciò in una prospettiva globale. Il fenomeno è essenzialmente un fenomeno globale, non si può guardarlo con la lente di ogni singolo Paese. Un dato significativo, che non si conosce, è che per esempio lo scorso anno nel solo Stato del Sudafrica, quindi un solo Paese africano, sono state avanzate 107mila domande d’asilo; nei Paesi dell’Unione europea arriviamo alla Francia con 52mila domande d’asilo, come primo Paese, con il più alto numero, quindi la metà di quello dello Stato del Sudafrica. Questo fa capire che da noi in Europa c’è molta demagogia sulla presenza dei rifugiati, sugli sbarchi. C’è una demagogia molto pericolosa, che fa vedere nell’altro una minaccia e fa suscitare una sindrome da invasione. I numeri non parlano di questo, la fotografia globale smentisce questa attitudine, smentisce chi grida all’invasione.
Aung San Suu Kyi a Oxford: pronta a guidare il Myanmar alla democrazia
◊ Prosegue con larghi consensi il tour europeo di Aung San Suu Kyi che poco fa ad Oxford ha ricevuto la laurea "ad honorem". Con fermezza, la leader dell’opposizione birmana si è detta pronta a guidare il suo Paese e a prendere le redini della transizione democratica in vista delle elezioni del 2015. Domani, a Londra, l’atteso discorso della leader birmana alle due camere del parlamento britannico. Cecilia Seppia ha chiesto un commento a Carlo Filippini, esperto di Asia orientale:
R. - Certamente, il processo di democratizzazione in Birmania sta procedendo e sembra continuare. La stessa leader ha dichiarato più volte che non pensa che le aperture del governo militare siano semplicemente un trucco per far togliere le sanzioni imposte sia dall’Unione Europea, sia dagli Stati Uniti. Gli anni prima delle elezioni saranno anche una dura prova per la leader della coalizione, in quanto stanno emergendo tutta una serie di problemi che prima erano in un certo senso compressi e nascosti dalla dittatura militare. Uno recentemente il trattamento o meglio gli scontri, con parecchi morti, fra la maggioranza birmana buddhista e una minoranza musulmana proveniente per di più dal Bangladesh che la popolazione birmana reputa stranieri.
D. – Immaginiamo che arrivi al potere, che tipo di governo sarà quello di Aung San Su Kyi?
R. - Certamente, non sarà un governo come lo possiamo pensare in un Paese occidentale, in particolare come in un Paese europeo. Sarà un governo più paternalistico, non autoritario certamente. Un governo paternalistico in Asia significa anche un governo che deve prendersi cura della popolazione.
D. – Sabato scorso, il premio Nobel per la pace era ad Oslo dopo 21 anni, poi a Dublino per Amnesty International, ancora ad Oxford per la laurea "ad honorem" e domani ci sarà l’atteso discorso alle due camere del parlamento britannico, un onore questo riservato di recente al Papa, al presidente Usa Obama: un’accoglienza davvero speciale quella che l’Europa le ha dato...
R. – Certamente, per l’Europa ma anche per gli Stati Uniti, rappresenta il segno di una svolta molto profonda e naturalmente gli europei sono desiderosi che tutto proceda secondo una democrazia parlamentare, come noi la conosciamo nei nostri Paesi. Da questo punto di vista, è molto importante il sostegno dei Paesi occidentali i quali, a mio parere, non devono “strafare” nel senso di non far sembrare Aung San Su Kyi una specie di occidentale che ritorna nel suo Paese. Il nazionalismo birmano è sempre molto forte: se localmente la leader dovesse apparire come una occidentale, questo le farebbe perdere un po’ di sostegno popolare.
D. - Il sorriso davanti al dolore, l’abbiamo sempre vista così… Lei ha dichiarato che quando era agli arresti domiciliari pensava i lavoratori migranti, alle vittime di traffici umani e ai bambini sfruttati: riuscirà a conciliare il potere con l’impegno per la difesa dei diritti umani?
R. – Penso di sì. In generale, su aspetti molto particolari come la minoranza musulmana, il problema è molto più delicato e non è facile vedere una soluzione come probabilmente tutti noi vorremmo. Certamente, ci sarà una maggiore protezione per le minoranze e i ceti più poveri.
D. – In questi giorni, abbiamo letto della commovente storia di Aung San Suu Kyi praticamente su tutti i giornali. Come viene vista la sua decisione di anteporre la libertà dei birmani alla sua vita, a quella della sua famiglia, dei figli, del marito che non ha potuto nemmeno salutare prima della morte?
R. – Fa parte di un carattere abbastanza particolare, abbastanza eccezionale, direi, anche in Asia orientale, quello di una vera leader che ha speso e spenderà tutta la sua vita per il benessere della popolazione. Non è facile trovare una persona che non ceda a nessun compromesso. Ad esempio, avrebbe potuto molto probabilmente andare in esilio e vivere una vita molto più tranquilla con molti più godimenti, con molti più piaceri. Lei ha voluto invece rimanere proprio per modificare il futuro della Birmania.
"Il nostro amore speciale": il ricordo di Chiara Corbella nelle parole del marito Enrico
◊ “Vado in cielo ad occuparmi di Maria e Davide, e tu rimani con il papà. Io da lì prego per voi”. E’ questa una frase che Chiara Corbella, una giovane ragazza romana di 28 anni, ha scritto al figlio Francesco prima di morire, una settimana fa, per un tumore scoperto al quinto mese di gravidanza. Una maternità affrontata con forza dopo la scelta di rimandare le cure alla nascita del bambino. Era la terza gravidanza di Chiara: Maria e Davide erano scomparsi poco dopo il parto. Entrambi erano nati con gravi malformazioni. “I nostri cuori innamorati sulla Croce”: così ha detto Enrico Petrillo, il marito di Chiara che al microfono di Benedetta Capelli ha voluto dare la sua testimonianza:
R. – Vivere con mia moglie, con Chiara, sia nel fidanzamento sia da sposati, è stato bellissimo. Abbiamo avuto una vita veramente piena. Io non so bene come definirla… Anche attraverso le vite dei nostri figli abbiamo scoperto che la vita, trenta minuti o cent’anni, non c’è molta differenza. Ed è stato sempre meraviglioso scoprire questo amore più grande ogni volta che affrontavamo un problema, un dramma. In realtà, noi nella fede vedevamo che dietro a questo si nascondeva una grazia più grande del Signore. E quindi, ci innamoravamo ogni volta di più di noi e di Gesù. Questo amore non ci aveva mai deluso e quindi, ogni volta, non perdevamo tempo, anche se tutti intorno a noi ci dicevano: "Aspettate, non abbiate fretta di fare un altro figlio”. Invece noi dicevamo: “Ma perché dobbiamo aspettare?”. Quindi, abbiamo vissuto questo amore più forte della morte. La grazia che ci ha dato il Signore è stata di non aver messo paletti, barriere alla sua grazia. Abbiamo detto questo “sì”, ci siamo aggrappati a lui con tutte le nostre forze, anche perché quello che ci chiedeva era sicuramente più grande di noi. E allora, avendo questa consapevolezza sapevamo che da soli non avremmo potuto farcela, ma con Lui sì. Abbiamo avuto un fidanzamento ordinario, ci siamo lasciati, litigavamo un po’, come tutti i fidanzati. Però, a un certo punto, quando abbiamo deciso di fare le cose seriamente, è cambiato tutto. Abbiamo scoperto che l’unica cosa straordinaria è la vita stessa. Dice il Signore: “A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Chiara ed io abbiamo desiderato profondamente questa cosa: di diventare figli del Signore. Siamo noi che dobbiamo scegliere se questa vita è un caso, oppure se esiste un Padre che ci ha creato e che ci ama.
D. – Quanto accaduto a Chiara assomiglia tanto all’esperienza di Gianna Beretta Molla che Giovanni Paolo II definì "un inno alla vita, una santa della quotidianità". L’amore per la vita, come ci raccontavi ha proprio guidato Chiara in tutta la sua esistenza…
R. – Sì, è proprio così. Chiara sin da piccola è stata educata da bravi genitori al cristianesimo, all'incontro con Gesù, e da subito ha manifestato una sensibilità e una docilità allo Spirito molto speciale, nutrendo anche fin da piccola un rapporto particolare con la Vergine Maria. Questa cosa se l’è portata per tutta la vita e logicamente, se ami Gesù Cristo, come non si può non amare la vita in tutti i suoi aspetti?
D. – In un filmato su Youtube, Chiara ha detto questa frase: “Il Signore mette la verità in ognuno di noi; non c’è possibilità di fraintendere”. Alla luce di quanto accaduto – dei dolori, delle incertezze, delle scelte fatte – qual è la verità che hai scoperto?
R. – Quella frase si riferisce al fatto che il mondo di oggi, secondo noi, ti propone delle scelte sbagliate di fronte all’aborto, di fronte a un bimbo malato, di fronte a un anziano terminale, magari con l’eutanasia… Il Signore risponde con questa nostra storia che, come ti ho detto prima, un po’ si è scritta da sola: noi siamo stati un po’ spettatori di noi stessi, in questi anni. Risponde a tante domande che sono di una profondità incredibile. Il Signore, però, risponde sempre molto chiaramente: siamo noi che amiamo filosofeggiare sulla vita, su chi l’ha creata e quindi, alla fine, ci confondiamo da soli volendo diventare un po’ padroni della vita e cercando di sfuggire dalla Croce che il Signore ci dona. In realtà, questa Croce – se la vivi con Cristo – non è brutta come sembra. Se ti fidi di lui, scopri che in questo fuoco, in questa Croce non bruci e che nel dolore c’è la pace e nella morte c’è la gioia. Riflettevo molto, soprattutto in quest’anno, sulla frase del Vangelo che dice che il Signore ci dà una Croce dolce e un carico leggero. Quando vedevo Chiara che stava per morire ero ovviamente molto scosso. Quindi, ho preso coraggio e poche ore prima – era verso le otto del mattino, Chiara è morta a mezzogiorno – gliel’ho chiesto. Le ho detto: “Chiara, amore mio, ma questa Croce è veramente dolce, come dice il Signore?”. Lei mi ha guardato, mi ha sorriso e con un filo di voce mi ha detto: “Sì, Enrico, è molto dolce”. Così, tutta la famiglia, noi non abbiamo visto morire Chiara serena: l’abbiamo vista morire felice, che è tutta un’altra cosa.
D. – A tuo figlio Francesco cosa racconterai di quello che è successo e, soprattutto, cosa racconterai quando ti chiederà di mamma Chiara?
R. – Gli racconterò sicuramente di come è bello lasciarsi amare da Dio, perché se ti senti amato puoi fare tutto. Questa, secondo me, è l’essenza, la cosa più importante della vita: lasciarsi amare, per poi a nostra volta amare e morire felici. Questo è quello che gli racconterò. E gli racconterò che questo ha fatto mamma Chiara. Lei si è lasciata amare e, in un certo senso, mi sembra che stia amando un po’ tutto il mondo. La sento più viva oggi che prima. E poi, il fatto di averla vista morire felice per me è stata una sconfitta della morte. A me metteva molto paura pensare, dopo le esperienze anche dei miei figli, di Davide e Maria, di poter veder morire anche mio figlio Francesco. Oggi, so che c’è una cosa bellissima di là che ci aspetta.
D. – Quando ti dicono che c’è questo profumo di santità intorno a Chiara, è una cosa che ti disturba?
R. – Sinceramente, mi lascia abbastanza indifferente. Nel senso che Chiara e io avevamo fatto altre scelte, per la vita: avremmo desiderato tanto invecchiare insieme. Però, anche in questo momento della nostra storia vedo come Dio ogni giorno mi meravigli... Io sapevo che mia moglie era speciale: credo che la beatitudine, che una persona venga proclamata beata perché beato significa essere felici. Chiara e in parte anch'io abbiamo vissuto tutta questa storia con una grande gioia nel cuore, e questo mi faceva intuire delle cose grandi. Però, oggi sono meravigliato, perché mi sembrano molto più grandi di quello che io potessi pensare.
Pakistan: premier Gilani destituito, rischio instabilità
◊ La Corte suprema del Pakistan ha destituito ieri il Primo ministro Yousuf Reza Gilani dal suo incarico, come effetto della condanna per oltraggio a lui inflitta il 26 aprile scorso. La stessa Corte Suprema, infatti, due mesi fa aveva condannato il Premier per essersi rifiutato di eseguire gli ordini della magistratura su un caso di corruzione contro il presidente Asif Ali Zardari, suo alleato politico nel Partito Popolare del Pakistan (Ppp). Gilani si era rifiutato di dimettersi, dicendo di non aver commesso alcun reato. Oggi, in seguito al verdetto della Corte, il Ppp ha convocato un vertice di emergenza. Secondo gli osservatori, potrebbe aprirsi un aspro conflitto di potere fra il governo e la magistratura. Interpellato dall’agenzia AsiaNews, mons. Rufin Anthony vescovo di Islamabad sottolinea che "oggi in Pakistan si sta registrando il fallimento della politica" ed è più che mai "tempo di unità" e coesione nazionale. "Tutti i partiti devono riunirsi e dialogare", afferma il presule, trovare delle "soluzioni" piuttosto che pensare al tornaconto personale. Mons. Anthony spiega che "il disprezzo della Corte", reato per il quale è stato condannato Gilani a una pena "simbolica", è un elemento più "particolare" rispetto ad altre esigenze diffuse come i diritti umani di base. "La nazione manca di acqua, elettricità, cibo a prezzi economici - conclude il prelato - lo Stato di diritto è assente e la corruzione dilaga ovunque. Preghiamo i nostri leader, perché in un momento così delicato sappiano prendere decisioni sagge". Parlando all’agenzia Fides, padre James Channan, direttore del “Peace Center” di Lahore e presidente della Conferenza dei Superiori maggiori degli istituti religiosi in Pakistan, commenta: “Ritengo che l'ordine della Corte suprema debba essere rispettato, per garantire l'osservanza dello stato di diritto in Pakistan. Avremmo però preferito che la Corte avesse dato tale ordine il 26 aprile, per evitare una confusione politica che non giova al Paese. Il rischio, ora, è che si dia il via a una pericolosa fase di instabilità e caos, che potrebbe anche sfociare in un colpo di stato militare. Eventualità, questa, che rigettiamo con ogni mezzo, ricordando gli anni bui dei regimi dittatoriali che hanno attraversato la storia del Pakistan”. (R.P.)
Grecia: trovato l'accordo per il nuovo governo. Nel pomeriggio il giuramento
◊ La Grecia ha un nuovo governo, il cui giuramento è previsto nel pomeriggio di oggi. Lo ha annunciato ai media il leader del Pasok, Evangelos Venizelos, precisandoo che la composizione del nuovo esecutivo sarà annunciata nelle prossime ore e aggiungendo – non senza toni critici – che Nuova Democrazia, il Pasok e Sinistra Democratica si sono assunti la responsabilità di "rinegoziare" il Piano di salvataggio concordato con Ue e Fondo monetario internazionale, “mentre altri hanno deciso di tenersi fuori da questo sforzo”. Secondo organi di stampa, il leader di Nova Democrazia e premier incaricato, Antonis Samaras, sarà ricevuto alle 16 di oggi, ora locale, dal presidente della Repubblica Karolos Papoulias per informarlo dell’esito positivo delle consultazioni condotte con il leader del Pasok, Venizelos, e di Sinistra Democratica, Fotis Kouvelis. (A.D.C.)
Nigeria. Mons. Kaigama: Boko Haram attacca i cristiani ma non rappresenta l'intero islam
◊ “È corretto affermare che Boko Haram è contro i cristiani e la religione cristiana, ma stiamo attenti a non confondere questa setta con l’intera popolazione musulmana della Nigeria, con la quale cerchiamo di mantenere buoni rapporti” dice all’agenzia Fides mons. Ignatius Ayau Kaigama arcivescovo di Jos e presidente della Conferenza episcopale della Nigeria, commentando la dichiarazione della Christian Association of Nigeria (Can, associazione che riunisce le principali confessioni cristiane nigeriane tra le quali la Chiesa cattolica) che afferma che “Boko Haram ha dichiarato guerra ai cristiani”. “La dichiarazione della Can è corretta, ma non è corretto affermare che l’intera popolazione musulmana nigeriana sia contro i cristiani” precisa mons. Kaigama. Negli ultimi giorni Boko Haram ha colpito in diverse aree settentrionali della Nigeria. A Kaduna, capitale dell’omonimo Stato dove domenica 17 giugno tre chiese sono state attaccate, è stato ristabilito il coprifuoco di 24 ore, mentre a Damaturu, capitale dello Stato di Yobe, almeno 40 persone sono morte in una serie di scontri, durati ore, tra forze di sicurezza e membri della setta islamica. Di fronte a questa ondata di violenza mons. Kaigama invita tutti a mantenere il sangue freddo. “Boko Haram - afferma l’ arcivescovo di Jos - ha una struttura formata non solo da fanatici disposti a sacrificare la propria vita per dare la morte agli altri, ma anche da sponsor, alcuni dei quali sono stranieri. Dobbiamo chiedere alle nostre forze di sicurezza di individuare i finanziatori e gli ispiratori di questa campagna di violenza. Purtroppo però, al momento, non sono state in grado di farlo” conclude il presidente della Conferenza episcopale nigeriana. (R.P.)
India: nel Rajasthan 2.500 feticidi e infanticidi femminili al giorno
◊ Con quasi 2.500 casi di feticidi e infanticidi femminili al giorno, il Rajashtan è uno degli Stati indiani peggiori per le bambine. E se già non bastavano i test illegali per determinare il sesso del feto e praticare aborti selettivi, ora chi non vuole una figlia sembra aver trovato un nuovo modo per aggirare la legge: una volta partorita, la neonata viene lasciata morire di fame e di sete. Dall'inizio di giugno - riferisce l'agenzia AsiaNews - nel distretto di Jaisalmer (uno dei peggiori) sono già cinque le "morti bianche" di bambine, giudicate sospette dalle autorità. Il 15 giugno, la polizia del villaggio di Sangad (distretto di Jaisalmer) ha arrestato Dileep Singh, dopo la morte in circostanze misteriose della figlia, il 13 giugno scorso. Secondo Mamta Vishnoi, sovrintendente che si è occupato del caso, l'uomo avrebbe negato alla piccola cure mediche, necessarie dopo la nascita. Al momento, un gruppo speciale di medici legali sta conducendo l'autopsia sul corpo della piccola. In attesa dei risultati, il padre resterà in carcere per 15 giorni. Nei villaggi di Tejmalta e Mandi, tre bambine sono morte per cause ignote. Una di queste, nata l'8 giugno e giudicata in piena salute dai medici, è stata trovata morta il giorno dopo in evidente stato di denutrizione. In un altro caso, la famiglia è scomparsa, e la polizia è sulle sue tracce. In seguito a questi episodi, Tyagi ha dato ordine che tutte le nuove nate siano segnalate a qualsiasi autorità del distretto: sanitari, polizia, consigli comunali. Il dr. Pascoal Carvalho, membro della Pontificia accademia per la vita, spiega ad AsiaNews: "Il nostro Paese considera la vita umana sacra, da sempre. L''Ahimsa' ("non violenza", ndr) è uno dei valori più preziosi dell'India. Eppure, stiamo assistendo alla graduale erosione del rispetto per la vita, mentre dilaga una cultura della morte. L'ultimo censimento nazionale (Census 2011) mostra che il Rajashtan ha 883 femmine sotto i sei anni ogni 1000 maschi della stessa età. Nel 2001 erano 909 [femmine] ogni 1000 [maschi]. Questo squilibrio riflette uno serio malessere sociale". L'India, spiega il medico, "è una società patriarcale, e la discriminazione verso la donna si manifesta in modo distruttivo con infanticidi e feticidi femminili. Questo, nonostante gli sforzi del governo nel sensibilizzare la popolazione". Nel Rajashtan, aggiunge, "i distretti di Jaisalmer, Brmer, Pali, Chittorgarh, Ganganagar e Jhunjhunu sono noti per uccidere le bambine". Secondo il medico, "leader religiosi, ong e istituzioni devono lavorare insieme per promuovere il valore e a dignità della bambina. La Chiesa cattolica difende la sacralità della vita umana, sin dal suo concepimento. E molti dei suoi ospedali cercano di insegnare e promuovere la cultura della vita, a tutti i pazienti". (R.P.)
Sahel: all'Onu oltre 1 milione di bambini a rischio morte per malnutrizione
◊ Nella regione del Sahel (Africa occidentale) più di un milione di bambini sotto i cinque anni rischia di morire per grave malnutrizione acuta e ha bisogno di aiuto immediato. Altri tre milioni di bambini sono a rischio di moderata malnutrizione acuta. Ad affermarlo l’Onu, che ieri da Ginevra ha lanciato con i suoi partner un appello per 1,6 miliardi di dollari per fornire cibo, nutrizione, servizi sanitari, igienici e altri tipi di assistenza urgente a 18,7 milioni di persone in Burkina Faso, Mali, Mauritania, Ciad, Niger, Camerun, Gambia, Nigeria e Senegal. “È fondamentale mantenere questo impegno nei mesi a venire, non solo per rispondere ai bisogni, ma anche per prepararsi alla ricostruzione delle vite e al sostentamento delle persone colpite dalla crisi”, ha detto durante il lancio il coordinatore umanitario regionale per il Sahel, David Gressly. Secondo l‘Ufficio Onu coordinamento affari umanitari (Ocha), la situazione nella regione è “drammaticamente peggiorata nel 2012 a causa della siccità, dello scarso raccolto, dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, degli sfollamenti e dell’insicurezza”. Le agenzie umanitarie hanno sostenuto i governi della regione nella risposta alla crisi. Finora i donatori hanno fornito il 43% dei fondi necessari, tuttavia, si legge in una nota, “se l‘assistenza non venisse più sostenuta, la transizione dall‘emergenza acuta al recupero potrebbe non riuscire”. (R.P.)
Senegal. Emergenza crisi alimentare: 800 mila persone denutrite, a rischio migliaia di bambini
◊ Oltre a Niger, Mauritania e Mali, anche in Senegal, con i suoi 12,5 milioni di abitanti, almeno 800 mila persone sono gravemente colpite dalla crisi alimentare. In tutto il Paese la denutrizione causata dalla mancanza di generi alimentari e dalla siccità, vede coinvolti anche il 14,1% dei bambini nella regione nordorientale di Matam. Secondo l’organizzazione umanitaria Azione contro la Fame (Ach), nella regione del Sahel (Africa occidentale e sud del deserto del Sahara), se non vengono immediatamente presi seri provvedimenti, si prevedono un milione di casi di denutrizione severa e quasi tre milioni di denutrizione acuta moderata tra i bambini con meno di 5 anni di età. Gli abitanti della zona non sono in grado di acquistare cibo nei mercati a causa dei prezzi elevati e hanno dovuto ridurre la loro alimentazione al minimo. A soffrire maggiormente sono i più piccoli che non mangiano né carne nè frutta, inoltre, a causa della morte degli animali, anche il latte scarseggia. Molti dei bimbi di Matam vengono portati nell’ospedale di Ourossogui, dove i professionisti dell’Ach collaborano con il personale sanitario per evitare che queste piccole vittime muoiano. Inizialmente sono stati assistiti 2.600 piccoli di Matam, che conta 400 mila abitanti. Molti dei bambini vivono in villaggi di difficile accesso dove la siccità sta distruggendo l’agricoltura e gli allevamenti di bestiame. (R.P.)
Usa: associazione sanitaria cattolica con i vescovi contro la riforma su abortivi e contraccettivi
◊ Con una mossa a sorpresa, suor Carol Keehan, presidente della Catholic Health Association (Cha), ha affermato che la sua associazione non può accettare i cambiamenti al regolamento dell’Health and Human Service (Hhs) che richiede alle organizzazioni cattoliche di finanziare prodotti abortivi e contraccettivi. Sebbene la Cha abbia inizialmente appoggiato il nuovo regolamento, una lettera diffusa venerdì scorso da suor Keehan afferma che se i cambiamenti operati dall’amministrazione Obama nelle esenzioni degli enti religiosi, erano apparsi un “buon primo passo”, in seguito ad una analisi successiva, la proposta “non ha risolto le nostre iniziali perplessità”. Il Cha ha più di 2.000 membri attivi nel settore sanitario. Ogni anno negli Usa un paziente su sei è ricoverato in un ospedale cattolico. La lettera spiega che il Cha ha portato avanti a lungo una campagna per un sistema sanitario conveniente per tutti e per la fornitura di servizi preventivi. “Rimaniamo comunque profondamente preoccupati per l'approccio assunto dall'Amministrazione rispetto alla contraccezione, specie riguardo ai farmaci abortivi e alla sterilizzazione”, si legge nella lettera. “Se il governo continuerà a perseguire la politica secondo cui tutti i dipendenti devono avere accesso a servizi contraccettivi, allora andrà trovato un modo per fornire e pagare direttamente quei servizi, senza richiedere alcun coinvolgimento diretto o indiretto da parte dei 'dipendenti religiosi', come genericamente vengono definiti”, insiste suor Keehan. Trattando il tema dell'esenzione per le organizzazioni religiose, la lettera evidenzia che “l'esenzione, nell'ultima stesura, è più ristretta di ogni clausola di coscienza mai emanata da leggi federali e riflette un inaccettabile cambiamento nella politica federale riguardo alle idee religiose”. La distinzione fatta dal regolamento del HHS tra organizzazioni religiose e secolari, crea “una falsa dicotomia tra la Chiesa Cattolica e i ministri attraverso i quali la Chiesa vive gli insegnamenti di Gesù Cristo”. La lettera è di poco successiva all'inizio delle “due settimane per la libertà” proclamate giovedì scorso dai vescovi americani, come giornate dedicate alla difesa della libertà religiosa. (R.P.)
Siria: dal 22 giugno i "Venerdì di solidarietà per la pace"
◊ Sostenere la Siria dedicandole un tempo di preghiera: è quanto si propone l’iniziativa “Venerdì di solidarietà per la pace in Siria” promossa nell’ambito dei gruppi, come “Le 2facce”, che ruotano intorno al gesuita Paolo Dall’Oglio, fondatore della comunità siriana di Mar Musa, a nord di Damasco, impegnata nel dialogo islamo-cristiano. Il religioso, dopo 30 anni di permanenza in Siria, è stato “invitato” a lasciare il Paese ma il suo desiderio continua ad essere quello di lavorare per il dialogo, la riconciliazione e il rispetto dei diritti umani. Da qui l’invito ad avviare i “Venerdì di solidarietà per la pace in Siria”. Si tratta - riferisce l'agenzia Sir - di un momento specifico di preghiera di comunione e unità fissato il venerdì, come scelta di condivisione, giorno sacro della preghiera dei fratelli musulmani e di accompagnamento per la risoluzione di questa crisi. I “Venerdì di solidarietà per la pace in Siria” si apriranno il 22 giugno in comunione con altre iniziative in città italiane e non solo: Trieste, Fermo, Trento, Iglesias, Venezia, Antiochia, Bruxelles, Ginevra e Parigi . (R.P.)
Kenya: messaggio dei vescovi per la Giornata mondiale del rifugiato
◊ Quella dei rifugiati è una questione che “nessuno, meno che mai la Chiesa, può permettersi di ignorare”: è quanto scrive la Conferenza episcopale del Kenya (Kec) nel messaggio per la Giornata mondiale del rifugiato che ricorre oggi. Nel testo, si ricorda il grande impegno portato avanti dalla Chiesa per “salvaguardare gli interessi di migranti e rifugiati, assicurando loro l’opportunità di condurre una vita dignitosa e facilitando la loro piena partecipazione nella società civile grazie ad una specifica opera pastorale”. I vescovi kenioti ricordano, poi, l’importanza di “trattare migranti e rifugiati con dignità”, in quanto “persone create ad immagine e somiglianza di Dio”, ma anche la necessità che gli stessi migranti guardino “alla popolazione locale con rispetto ed amore”. Per questo, la Conferenza episcopale mira a dare agli immigranti e ai richiedenti asilo “il conforto nel momento della prova”, insieme alla “speranza cristiana”. In particolare, il messaggio della Kec cita i tanti programmi educativi portati avanti dalla Chiesa, basati sui valori evangelici, e destinati ai bambini ospitati nei campi di accoglienza; lo sviluppo di legami tra la Chiesa stessa e le altre istituzioni che operano nel settore delle migrazioni; la sensibilizzazione delle comunità cattoliche affinché “trattino i richiedenti asilo in modo umano, rispettandone la dignità e mettendo in atto il principio dell’ospitalità”, così da “portare a pieno compimento il mandato di essere testimoni del Vangelo di Cristo”. Quindi, ricordando il tema scelto quest’anno per la Giornata mondiale del rifugiato, ovvero “Ricostruire la speranza”, i vescovi del Kenya invitano i fedeli a “rinnovare l’impegno nel servire, sostenere e pregare per coloro che, senza avere colpe, sono costretti all’esilio dal proprio Paese d’origine”. La Giornata di oggi, dunque, “sia un’opportunità per rivalutare le strategie da mettere in atto per rendere il mondo un luogo più sicuro per uomini, donne e bambini e per riaffermare l’impegno dei cristiani ad eliminare la piaga dei rifugiati” (I.P.)
Israele: comincia l’espulsione dei rifugiati del Sud Sudan
◊ In Israele un tribunale di Gerusalemme ha legittimato l’espulsione dal Paese dei richiedenti asilo provenienti dal Sud Sudan. Il provvedimento – riferisce l’agenzia Sir – coinvolge anche altri africani presenti sul territorio senza permessi ma non riguarda invece i rifugiati del Sudan e dell’Eritrea. I singoli hanno la possibilità di presentare una richiesta per essere riconosciuti come rifugiati che verrà poi vagliata dal Ministero degli Interni. I sud sudanesi presenti in Israele sono tra i 700 e i 3.000. Circa 120 persone, che hanno già lasciato il Paese, hanno ricevuto un contributo di 1300 dollari in cambio della promessa di non ritornare più nello stato ebraico. Il provvedimento di espulsione ha contribuito ad aumentare la tensione nel territorio. Molti migranti cercano di nascondersi e spesso diventano oggetto di aggressioni e di offese. Le relazioni tra i due governi, tuttavia, rimangono buone. Israele è stato tra i primi Paesi a riconoscere il Sud Sudan, e viceversa lo Stato africano ha stabilito la sua ambasciata a Gerusalemme invece che a Tel Aviv, diventando il primo Paese a riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato ebraico. (A.C.)
Tanzania: concluso il quarto Forum mondiale interreligioso per i bambini
◊ “Porre fine alla povertà, arricchire i bambini: ispirare, agire, cambiare”: su questo tema, si è chiuso a Dar-es-Salaam, in Tanzania, il quarto forum del Global network of religions for children (Gnrc), la rete mondiale di religioni che opera in favore della promozione dei diritti dei minori. L’evento, ospitato per la prima volta in Africa, ha visto oltre 250 partecipanti di diverse fedi, insieme a rappresentanti delle istituzioni sociali, civile e politiche e ad esponenti delle Nazioni Unite. Tre le cause individuate dal Forum tra i tanti fattori che mettono a rischio la vita dei bambini: la corruzione, le guerre e la diseguale distribuzione delle risorse. Per questo, il Gnrc ha esortato tutti i suoi membri ad un impegno condiviso per “rendere il mondo un luogo in cui ogni bambino possa non solo godere del diritto alla vita, ma anche promuoverlo, dando un contributo positivo alla pace ed alla dignità per tutti”. Tra i partecipanti al Forum, anche mons. Method Kilaini, vescovo ausiliare della diocesi di Bukoba, in Tanzania: “I rappresentanti e le comunità religiose – ha detto – hanno il dovere di insegnare ai bambini a vivere insieme in pace e in armonia”, a prescindere dalla fede di ciascuno e nel rispetto condiviso di tutti. Per questo, il presule ha invitato i partecipanti al Forum a mettere in atto il risveglio delle coscienze su questo tema, promuovendo la giustizia e responsabilizzando i governi nello sradicamento della povertà. Infine, mons. Kilaini ha puntato il dito contro quei gruppi che, dietro l’apparenza della religione, usano le difficoltà delle popolazioni per scatenare conflitti, a vantaggio dei propri interessi personali. (I.P.)
Australia: cattolici, ortodossi ed anglicani contro il progetto di legge sulle nozze gay
◊ In Australia, la Chiesa cattolica, quella greco-ortodossa e quella anglicana sono scese in campo insieme per dire no al matrimonio tra persone dello stesso sesso. In tre distinte lettere pastorali ai fedeli, l’arcivescovo cattolico di Sydney, cardinale George Pell, il suo omologo anglicano, Peter Jensen, e l’arcivescovo greco-ortodosso, Stylianos Harkianakis, si sono detti contrari ai due progetti di legge presentati da singoli deputati – uno Verde e uno Labourista – attualmente in discussione al Parlamento e volti ad emendare l’attuale legge sul matrimonio, permettendo così le nozze omosessuali. Una modifica che, affermano gli esponenti religiosi, sarebbe incompatibile con gli insegnamenti della religione e che – sottolinea in particolare il cardinale Pell – “invece di rimuovere discriminazioni ed ingiustizie, le provocherebbe”. Sulla stessa linea l’arcivescovo Harkianakis, per il quale “una modifica della forma tradizionale del matrimonio è contro la sacralità del matrimonio stesso così come è concepito dalla fede cristiana”. Dal suo canto, l’anglicano Jensen ribadisce che cambiare la definizione del matrimonio va al di là del potere del Parlamento e che tale modifica si ripercuoterebbe sul bene comune dell’intera società, disgregandola. (I.P.)
Giappone: il memoriale dei martiri di Nishizaka proclamato santuario nazionale
◊ È diventato santuario nazionale il memoriale di Nishizaka, nei pressi di Nagasaki, in Giappone. La designazione, voluta dalla Conferenza episcopale del Giappone, era stata annunciata a febbraio scorso, al termine dell’Assemblea episcopale annuale, ed è diventata effettiva il 10 giugno scorso. Nishizaka è un luogo particolarmente toccante per i cattolici giapponesi, pari a circa l’1% della popolazione: lì, infatti, nel , nel 1597 furono crocifissi il padre gesuita Paolo Miki ed altri 25 cristiani per volere di Toyotomi Hideyoshi, il leader dell'epoca, intenzionato ad instaurare definitivamente il buddhismo nel Paese. Prima di essere messi a morte, i 26 martiri furono costretti ad intraprendere una lunga marcia da Kyoto a Nagasaki. Sei di loro erano francescani, tre appartenevano alla Compagnia di Gesù, mentre gli altri erano laici. Da notare che la designazione di Nishizaka a Santuario nazionale è avvenuta quest’anno, in concomitanza del 150.mo anniversario dalla canonizzazione dei 26 martiri, saliti agli onori degli altari nel 1862. (I.P.)
Francia: per la prima volta, in pellegrinaggio le reliquie di Sant’Antonio di Padova
◊ Dal 3 all’8 luglio, le reliquie di Sant’Antonio di Padova saranno per la prima volta in pellegrinaggio nel sud della Francia, non lontano dai luoghi in cui il Santo predicò il Vangelo tra il 1222 ed il 1227. Ad annunciarlo, è l’edizione in francese de “Il Messaggero di Sant’Antonio”, nel quale si legge che i sacri resti saranno esposti alla venerazione dei fedeli in vari luoghi: presso la parrocchia ed il monastero delle clarisse a Lourdes, nella Chiesa di Sant’Antonio di Tarbes, nel convento francescano di Narbonne ed infine nel Santuario di Sant’Antonio di Cuges-les-Pins, in Provenza. Nato a Lisbona nel 1195 e morto a Padova nel 1231, Sant’Antonio fu canonizzato da Papa Gregorio IX dopo solo un anno dalla morte e proclamato Dottore della Chiesa nel 1946, sotto il pontificato di Pio XII. Come ricordato da Benedetto XVI all’Udienza generale del 10 febbraio 2010, “Antonio ha contribuito in modo significativo allo sviluppo della spiritualità francescana, con le sue spiccate doti di intelligenza, di equilibrio, di zelo apostolico e, principalmente, di fervore mistico”. “Si tratta - ha detto il Papa - di uno dei santi più popolari in tutta la Chiesa Cattolica, venerato non solo a Padova, ma in tutto il mondo”. (I.P.)
Centro di Orientamento Pastorale: in programma eventi su Eucaristia e unità pastorali
◊ Il Centro di Orientamento Pastorale (Cop) ha in programma per i prossimi giorni due diversi eventi che avranno come oggetto di approfondimento alcuni aspetti della vita della comunità cristiana. Si terrà ad Orvieto, dal 25 al 28 giugno, la 62° Settimana nazionale di aggiornamento pastorale, dal titolo “L’Eucaristia per la vita del mondo. La comunità cristiana contempla e testimonia”. L’incontro, che guarda alla necessità della comunità di avere l’Eucaristia al centro del proprio agire, vedrà l’intervento di diversi relatori che rifletteranno su aspetti diversi. Ad aprire i lavori sarà mons. Domenico Segalini, presidente del Cop, mentre gli altri relatori previsti sono mons. Gaetano Bonicelli, arcivescovo emerito di Siena, Giovanni Villata, responsabile del Centro studi e documentazione della diocesi di Torino, Roberto Filippini, biblista e rettore del seminario di Pisa, Rosanna Virgili, docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Lateranense, Erio Castellucci, docente di ecclesiologia presso la Facoltà teologica dell’Emilia Romagna e mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto. Testimonianze concrete saranno poi raccontate dal designer Guido Morichetti, da Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, da Anna Maria Gambino, superiora provinciale delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù e da Gianluca Tomassi e Paola Rosati, della diocesi di Orvieto-Todi. Il 29 e 30 giugno, invece, si svolgerà un seminario di studio sul tema “Unità pastorali a confronto”. Anche questo incontro vedrà la partecipazione di mons. Segalini e Giovanni Villata. Si confronteranno, quindi, i diversi vicari episcopali delle diocesi invitate, per fare un bilancio delle esperienze portate avanti negli ultimi vent’anni. (A.C.)
Siena: prima edizione dei Notturni dell’Opera “Lux in Nocte”
◊ Si terrà a Siena domani, giorno del solstizio d’estate, la manifestazione “Lux in nocte”, prima edizione dei Notturni dell’Opera. L’evento, promosso dall'Opera della Metropolitana di Siena e dall'arcidiocesi di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino, avrà come scenario il Complesso monumentale del Duomo, aperto per l’occasione dalle 21 alle 23.30, che metterà a disposizione la Cattedrale, la Cripta, il Museo dell’Opera e il Battistero. La luce sarà il tema guida del percorso, che vedrà fondersi insieme esposizioni artistiche, esecuzioni musicali, capolavori letterari e momenti di spiritualità. Tra le tappe previste ci saranno l’intervento musicale dei bambini della scuola di violino Suzuki e quello dell’Unione Corale senese, l’esposizione de “Il battesimo di Cristo” di Tiziano, l’ostensione della reliquia del braccio destro di San Giovanni Battista e la lettura dei “Commentarii” di papa Pio II tra gli affreschi del Pinturicchio. I visitatori avranno la possibilità di salire al Facciatone sopra il Duomo Nuovo per ammirare le lanterne che illumineranno il panorama della città. (A.C.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 172