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Sommario del 12/06/2012
◊ "Andate e fate discepoli, battezzando e insegnando. Riscopriamo la bellezza del Battesimo". Dal Vangelo di Matteo è tratto il tema del Convegno ecclesiale diocesano che il Papa ha aperto ieri sera nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Ai presenti, Benedetto XVI ha spiegato la ricchezza di un dono di Dio che ci rende fratelli e che è il primo passo della Resurrezione. “Roma ama il Papa e lo difende come un dono di Cristo”, ha detto nel saluto introduttivo il cardinale vicario Agostino Vallini, ribadendo l’impegno della diocesi a restituire vitalità alla fede. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Tre giorni di incontri, conferenze e scambi si sono aperti ieri sera per la diocesi di Roma: è una nuova tappa della verifica pastorale incentrata quest'anno principalmente sul valore del Battesimo e ispirata alle parole rivolte ieri dal Papa ai presenti, dopo la preghiera iniziale. Perchè il Battesimo è necessario per essere discepoli di Cristo, si chiede Benedetto XVI. Quale la profondità di questo Sacramento? Una prima risposta è già nelle parole scelte da Gesù per la formula battesimale: "Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". Essere battezzati ci immerge - spiega Benedetto XVI, parlando a braccio - nella divinità trinitaria; diventiamo inseriti nel nome di Dio, che diventa il nostro nome e noi i suoi testimoni. Battezzare, dunque, vuol dire innanzitutto essere uniti a Dio in una nuova unica esistenza. Ne consegue che Dio non è più lontano, ma è una presenza viva di cui dobbiamo tener conto, che siamo fatti cristiani da Dio, che ci realizza in una nuova dimensione e infine che essendo immersi con il Battesimo in Dio siamo in comunione con i fratelli":
“Essere battezzati non è mai un atto solitario, per 'me', ma è sempre necessariamente un essere unito con tutti gli altri, un essere in unità e solidarietà con tutto il Corpo di Cristo”.
Ma anche il rito sacramentale - prosegue Benedetto XVI - ci aiuta a capire cosa è il Battesimo. In esso due elementi la parola e l’acqua, quest’ultima simbolo religioso importante della vita nuova, ma anche della morte attraverso cui si arriva alla Risurrezione, alla una nuova vita. E poi acqua come materia perché anche di questa, di materia e di corpo, è fatta la nostra fede. Poi la parola del rito battesimale - ovvero rinunce, promesse, invocazioni - attraverso di esse il Battesimo si rivela e si trasforma in cammino di vita:
“In queste si realizza una decisione, in queste parole è presente tutto il nostro cammino battesimale, sia pre-battesimale sia post-battesimale. Quindi, con queste parole e anche con i simboli il Battesimo si estende in tutta la nostra vita.”
In particolare, poi, il Papa si sofferma sulle tre rinunce del rito battesimale: rinunciare alle seduzioni del male - spiega - significa anche oggi emanciparsi da un modo di vivere, in cui non conta la verità, ma l'apparenza, l'effetto, la sensazione, in cui sotto il pretesto della verità, in realtà, si distruggono uomini:
“Una cultura che non cerca il bene, il cui moralismo è una maschera per, in realtà, confondere, creare confusione e distruzione. E contro questa cultura, in cui la menzogna si presenta nella veste della verità e dell’informazione, contro questa cultura che cerca solo il benessere materiale e nega Dio, diciamo 'no'”.
Rinunciare al peccato per vivere nella libertà dei figli di Dio è ammettere - prosegue il Papa - che il peccato non è indifferente a Dio, non è una parola ridicola, e la libertà non è, come oggi si intende, emanciparsi dalla fede e, quindi, in fin dei conti, emanciparsi da Dio. Dio ci ama, si è fatto vulnerabile fino alla morte per noi e ferirlo con il peccato, questo è vivere contro noi stessi e contro la nostra libertà. E finalmente - prosegue il Pontefice - rinunciare a satana: questo - spiega - significa dire un "sì" a Dio e un "no" al potere del maligno, che si vuole fare Dio in questo mondo. Anche la confessione di fede accompagna il rito battesimale.
Non si tratta semplicemente di una formula - sottolinea il Papa - tocca il nostro vivere: è un dialogo, è un'azione di Dio con noi, è un cammino. Solo se accettiamo Cristo come via incominciamo - dice Benedetto XVI - realmente ad essere nella via di Cristo e possiamo anche capire la verità di Cristo. L'ultima breve riflessione, lasciata dal Pontefice ai presenti, è sul Battesimo dei bambini. Sarebbe necessario farlo dopo un cammino catecumenale. Possiamo imporre ad un bambino la religione da vivere? Si chiede Benedetto XVI, con le domande di oggi. No, non è contro la libertà il Battesimo, anzi - sottolinea il Papa - proprio in quanto garanzia del bene di Dio e della sua protezione sulla vita, può giustificare anche il dono della vita stessa, che quello sì ci viene dato senza previo consenso.
◊ Aprendo, ieri sera, il Convegno ecclesiale della diocesi di Roma, il Papa ha messo l’accento sulla dimensione comunitaria del Battesimo. Proprio sulla ricchezza che il Sacramento battesimale riveste sia per la famiglia che per la Chiesa, Luca Collodi ha intervistato il cardinale vicario Agostino Vallini:
R. – E’ un tema importante e, nella nostra specifica realtà romana, è un tema che si inserisce in un cammino di Chiesa e nel progetto pastorale di questi anni. A dieci anni dalla Missione cittadina e dal Giubileo, volevamo capire quanto il cammino ecclesiale fosse percepito e assimilato rispetto al tema del "generare alla fede", cioè dell’iniziazione cristiana, un tema molto ampio, complesso, non riducibile più solo alla lezione di catechismo sui Sacramenti. Proprio il generare, l’educare alla fede, in un contesto di cultura secolarizzata, chiama in causa molti aspetti quanto a contenuti e quanto a metodo. Quest’anno abbiamo pensato di doverci concentrare sul tema del Battesimo dei bambini, che poi vuol dire generarli alla fede, ma attraverso la famiglia e la comunità ecclesiale.
D. – Parlando di Battesimo, quindi, si parla fondamentalmente della famiglia...
R. – Sì, perché in fondo la famiglia è non soltanto fruitrice di un dono, quello del Sacramento, ma ne è responsabile: si battezza sulla fede dei genitori e della Chiesa. In questo senso vorremmo che i genitori fossero consapevoli, non di chiedere un rito o una benedizione, ma un Sacramento, un’esperienza, un dono immenso che il Signore fa, perché poi si viva da cristiani. Quindi, evidentemente, la pastorale battesimale dei bambini coinvolge profondamente la famiglia, i genitori.
D. – Dopo questo Convegno sul Battesimo, come cambierà nelle parrocchie della diocesi di Roma, proprio la pastorale battesimale?
R. – Noi ci auguriamo - questo è l’obiettivo che vorremmo raggiungere - di poter avere una "schiera", per così dire, di giovani famiglie che diventino catechisti del Battesimo, accanto alle famiglie che chiedono il Battesimo per i loro figli. In questo senso il vicariato ha in mente di produrre dei sussidi che accompagnino la formazione dei catechisti e, in secondo luogo, l’accompagnamento di queste famiglie. Non è più pensabile, a nostro parere, dare i Sacramenti, se la famiglia - il cuore del problema poi è qui – i genitori, rimangono esterni a questo cammino spirituale dei figli. E’ un obiettivo ambizioso nella cultura che conosciamo oggi, ma che confidiamo possa realizzarsi.
D. – Talvolta c’è superficialità nel richiedere il Battesimo nelle parrocchie romane?
R. – Credo un po’ dappertutto; c’è l’abitudine ed è una cosa buona, quindi, perché non darlo, salvo poi, una volta celebrato il Battesimo, di ritrovarci impegnati, quando ci sarà la tappa della Prima Comunione... Noi vorremmo che non fosse un rito isolato, ma che fosse davvero un’esperienza della famiglia, che accoglie un dono immenso, quello della vita di un figlio e della rinascita alla vita di fede e di grazia, e che l’accompagni, godendo della presenza del Signore nella vita, e al tempo stesso lo sostenga nello scoprire e vivere i doni di Dio.
◊ Il Santo Padre ha nominato Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso il Rev.do Indunil Janakaratne Kodithuwakku Kankanamalage, del clero della diocesi di Badulla (Sri Lanka), docente presso la Facoltà di Missiologia della Pontificia Università Urbaniana.
Il Papa ha nominato Membri del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani: Sua Beatitudine Rev.ma Sviatoslav Shevchuk, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Haly_ (Ucraina); gli Ecc.mi Monsignori: Zbig_ey Stankevi_S, Arcivescovo di Riga (Lettonia); Savio Hon Tai-Fai, S.D.B., Arcivescovo tit. di Sila, Segretario della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli; Gerhard Ludwig Müller, Vescovo di Regensburg (Rep. Federale di Germania); Donald Joseph Bolen, Vescovo di Saskatoon (Canada). Sua Santità ha inoltre nominato Consultori del medesimo Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani: il Rev.do Aimable Musoni, S.D.B., Professore di Ecclesiologia ed Ecumenismo presso la Pontificia Università Salesiana; il Rev.do Padre Robert Francis Christian, O.P., Vice Decano della Facoltà di Teologia presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino.
Il Santo Padre ha nominato Membri della Congregazione per l'Educazione Cattolica gli Eminentissimi Signori Cardinali: Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, Arcivescovo di Tegucigalpa; Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux; Oswald Gracias, Arcivescovo di Bombay; Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali; e gli Eccellentissimi Monsignori: Luis Antonio G. Tagle, Arcivescovo di Manila; Alfredo Horacio Zecca, Arcivescovo di Tucumán; Gerhard Ludwig Müller, Vescovo di Regensburg; Charles Morerod, Vescovo di Lausanne, Genéve et Fribourg.
Incontro alla Dottrina della Fede con la Leadership della Conferenza delle religiose Usa
◊ Oggi, i superiori della Congregazione per la Dottrina della Fede si sono incontrati con il presidente e con il direttore generale della Leadership della Conference of Women Religious (Lcwr), la Conferenza delle religiose degli Stati Uniti d’America. Hanno partecipato anche all’incontro l’arcivescovo di Seattle, mons. Peter J. Sartain, e il delegato della Santa Sede per la valutazione dottrinale della Lcwr. L’incontro – secondo quanto ha reso noto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede - ha fornito l’opportunità alla Congregazione ed ai rappresentanti della Lcwr di discutere gli argomenti e le preoccupazioni sollevate dalla valutazione dottrinale in un’atmosfera di apertura e cordialità. Secondo il Codice Canonico, una Conferenza di Superiori maggiori come lo è la Lcwr, è costituita e rimane sotto la direzione suprema della Santa Sede al fine di promuovere sforzi comuni tra i singoli Istituti membri, e la cooperazione con la Santa Sede e le locali Conferenze episcopali (cfr. Codice di Diritto Canonico, cann. 708-709). Lo scopo della valutazione dottrinale – riporta la nota della Sala Stampa - è assistere la Lcwr in questa importante missione, promuovendo una visione di comunione ecclesiale fondata sulla fede in Gesù Cristo e negli insegnamenti della Chiesa, come fedelmente insegnati nel corso dei secoli sotto la guida del Magistero.
◊ Si è riunita oggi, in Vaticano, in sessione plenaria, la Commissione bilaterale Santa Sede-Stato d’Israele per proseguire i negoziati sull’Accordo economico. L’incontro è stato presieduto dal sottosegretario vaticano per i rapporti con gli Stati, mons. Ettore Balestrero, e dal viceministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon. “I negoziati – si legge in un comunicato congiunto – si sono svolti in un’atmosfera positiva e costruttiva” e si sono fatti “significativi progressi” per la finalizzazione dell’Accordo. E’ stato quindi deciso di tenere una nuova riunione della Commissione il prossimo 6 dicembre, presso il Ministero degli affari esteri israeliano. In vista della fine della loro missione, la Commissione ha ringraziato l’arcivescovo Antonio Franco, nunzio in Israele, e l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Mordechay Lewy per il “loro servizio esemplare”. Intervistato dalla Radio Vaticana, mons. Ettore Balestrero si sofferma sull’importanza di questo incontro:
R. - Come è detto nel Comunicato, l’atmosfera è stata positiva e costruttiva. Si sono fatti progressi significativi e ciò fa ben sperare per il futuro.
D. - Negli ultimi giorni è circolata con insistenza in certi ambienti la notizia che oggi si sarebbe firmato il menzionato Accordo sul quale si lavora ormai da 13 anni e più. Ma non c’è stata alcuna firma. Cosa è successo?
R. - Niente di particolare. Di firma dell’accordo si è parlato, è vero, in certi ambienti. Ma non era in programma. Come ho detto, si sono fatti progressi, ma ci sono ancora questioni da risolvere.
D. - C’è stato pure allarme nei circoli Palestinesi per il fatto che la Santa Sede, con la firma di questo Accordo riconoscerebbe indirettamente la sovranità di Israele su Gerusalemme Est e su altri territori occupati con la guerra del 1967.
R. - L’Accordo a cui si sta lavorando riguarda la vita, le attività ed il regime fiscale della Chiesa Cattolica in Israele. Nell’Accordo ci si vuole tenere al margine delle dispute territoriali: Non si parlerà di Gerusalemme Est, né di località nella Cisgiordania.
D. - Ma si è fatta menzione di una bozza dell’accordo, nel quale sono menzionate località in Gerusalemme Est e nella Cisgiordania…
R. - Dall’inizio dei negoziati si è lavorato su un progetto di Accordo comprensivo anche della cosiddetta “Schedule One”, ossia una lista di proprietà individuali appartenenti alla Santa Sede e ad alcune Istituzioni della Chiesa Cattolica in Terra Santa, che, nel corso degli anni, sono state oggetto, da parte di Israele, di provvedimenti onerosi per i proprietari. Ed è vero che alcune di tali proprietà si trovano in Gerusalemme Est o in zone occupate nel 1967. Si mirava a risolvere problemi concreti. Già da tempo, comunque, si è deciso di trattare, nell’Accordo che si firmerà, solo alcune proprietà, che non si trovano a Gerusalemme Est o in Cisgiordania. Non è esatto, quindi, affermare che la Santa Sede, con l’accordo, violerebbe la IV Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra. La confusione e l’allarme sono dovuti all’uso indebito di uno strumento di lavoro, superato da tempo e, comunque, ancora in elaborazione.
D. - La posizione della Santa Sede su Gerusalemme Est è cambiata?
R. - La posizione della Santa Sede non è cambiata. E’ stata affermata nel “Basic Agreement” tra la Santa Sede e l’OLP; è stata richiamata in diverse circostanze e lo sarà nuovamente nell’“Accordo Globale” con l’OLP, attualmente in fase di elaborazione.
D. - Un’ultima domanda. È stato pure scritto che questo Accordo che la Santa Sede sta elaborando con Israele danneggerà gli Accordi che la Francia e l’Italia o altri Paesi hanno con Israele, a vantaggio delle rispettive istituzioni nazionali che operano in Israele.
R. - Non è esatto. L’Accordo riguarda la Santa Sede e lo Stato di Israele e non ha incidenza su Accordi che Israele ha concluso con altri Stati. La validità di questi ultimi dipende anzitutto dalla volontà delle Parti contraenti e non dall’esistenza di un Accordo di una di tali Parti con un terzo soggetto, come è in questo caso la Santa Sede. Peraltro questo è un principio di diritto internazionale comunemente accettato.
Il cardinale Vegliò: negli aeroporti, occasioni di incontro con Gesù per chi viaggia
◊ “Occorre dare ai cristiani che si trovano nell’ambito della mobilità umana tutto l’aiuto possibile perché si mantengano saldi nella fede e coerenti nella vita cristiana”: è quanto affermato, stamani, dal cardinale Angelo Vegliò al XV Seminario mondiale dei cappellani dell’aviazione civile, in corso a Roma. “Il viaggiatore – ha detto il porporato – ha il diritto di ascoltare il kerygma, che viene loro proposto, non imposto”. Per questo, ha affermato il presidente del dicastero per i Migranti e gli Itineranti, è necessaria “una pastorale adeguata”. Nel contesto della globalizzazione, di cui la mobilità è uno dei fenomeni più evidenti, ha detto ancora il cardinale Vegliò, la Chiesa è “chiamata a svolgere la sua missione evangelizzatrice”. Di fronte a questa sfida, quindi, la Chiesa “si sente sollecitata a rivedere i suoi metodi, le sue espressioni e il suo linguaggio, rinnovando il suo ardore e slancio missionario”. Negli aeroporti del nostro mondo contemporaneo, “moderni aeropaghi – ha osservato – troviamo l’opportunità provvidenziale per annunciare o ri-annunciare il Vangelo”.
Il cardinale Filoni esorta la comunità cristiana dell'Azerbaijan a diventare “Chiesa in missione”
◊ Pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata; prendersi cura della famiglia, cellula base della società e della Chiesa; promuovere un maggiore spirito di apostolato non solo tra i sacerdoti e i religiosi, ma anche tra i laici, per far diventare l’intera comunità “Chiesa in missione”: sono le indicazioni che il cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha lasciato alla comunità dell’Azerbaijan per la crescita ed il consolidamento della Chiesa cattolica locale. Lo ha fatto durante la Celebrazione Eucaristica a Baku che ha concluso la giornata di ieri, lunedì 11 giugno, dedicata agli incontri con le autorità civili e religiose ed alla visita alle principali realtà cattoliche in Azerbaijan, dopo quella caratterizzata dalle celebrazioni del decimo anniversario della visita del Beato Giovanni Paolo II. Celebrando la Messa della festa di San Barnaba nella cappella dove dieci anni fa si svolse a Baku l’incontro del Beato Giovanni Paolo II con le autorità religiose, il cardinale ha sottolineato l’eredità spirituale dell’Apostolo: “la sua risolutezza, la sua eccezionale generosità e la sua disponibilità per il servizio”. Richiamando l’impegno del Santo per l’evangelizzazione, il Prefetto del Dicastero Missionario ha detto ai presenti: “Capisco bene che il vostro lavoro qui non è mai facile. Vivendo in un oceano di non cristiani, la cultura, la mentalità e le strade possono non sempre essere secondo il nostro gradimento”. Tuttavia, di fronte alla difficoltà di trovare, umanamente parlando, soddisfazioni e riconoscimenti, il cardinale Filoni ha esortato ad essere “fonte di incoraggiamento per gli altri attraverso un contagioso senso di gioia, l’ottimismo, un carattere accogliente, e soprattutto attraverso una vita esemplare come sacerdoti o religiosi, come persone consacrate o semplici laici, come cristiani giovani o adulti”. Giovanni Paolo II venne in Azerbaijan mosso “dal suo profondo apprezzamento e dall’alta stima per il popolo e la cultura dell’Azerbaijan”, con il desiderio di “aprire la porta della comprensione reciproca e della cooperazione tra Azerbaijan e Santa Sede” ha ricordato il cardinale Filoni nel suo saluto al vice ministro per gli Affari esteri, Araz Asimov. Gli avvenimenti positivi di questi dieci anni indicano l’importanza di quella “porta” che il Beato Giovanni Paolo II aprì, ha detto il porporato, declinando i diversi significati della porta: amicizia reciproca, amicizia concreta, amicizia salda, amicizia sincera, amicizia esemplare. L’apprezzamento per il clima di tolleranza religiosa che si respira in Azerbaijan è stato poi espresso dal cardinale Filoni rivolgendosi al Capo del dipartimento di stato per le opere delle Organizzazioni religiose, Elshad Iskandarov. “Auspico che il vostro Paese continui a brillare come esempio per la comunità mondiale delle nazioni, come un luogo dove persone di fede e religione diverse vivono insieme in pace, costruendo mano nella mano una società armoniosa e prospera, e quindi protagonista nel rendere migliore il mondo”. Ieri il cardinale Filoni ha visitato la comunità delle Missionarie della Carità, il Centro educativo salesiano Meryam e la prima casa dei Salesiani. (R.P.)
Radio Vaticana: da onde corte a nuove strategie di comunicazione
◊ "Dopo aver celebrato lo scorso anno il suo 80° anniversario, la Radio Vaticana è pronta per affrontare una nuova tappa della sua storia affidando in modo sempre crescente il suo messaggio di servizio al Vangelo e alla Chiesa alle nuove tecnologie di comunicazione". Sono le parole con le quali il direttore generale della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, introduce il comunicato dal titolo "Una nuova tappa nella stroia della Radio Vaticana. Dalle Onde Corte alle nuove strategie di comunicazione", spiegando che "i programmi radiofonici in circa 40 lingue della Radio Vaticana – ricevuti via satellite o via internet - sono oggi ritrasmessi da un migliaio di radio locali o regionali in FM e OM in circa 80 Paesi dei cinque continenti. Essi sono inoltre accessibili live su cinque canali web e on demand e in podcast in ogni punto del mondo da cui ci si possa connettere al Sito della Radio Vaticana. Anche le notizie e i testi pubblicati per scritto in 40 lingue in 13 alfabeti diversi sul Sito - rileva - sono una fonte di informazione ricchissima, e il servizio RSS e le newsletter vengono inviate quotidianamente a numerosi abbonati in molte lingue diverse (non solo europee, ma anche, ad es. cinese, hindi, tamil…)".
Inoltre, ricorda ancora padre Lombardi, la "stretta collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano" ha permesso di "sviluppare anche un servizio video molto ricco sulla Rete e lo strumento innovativo del 'Vatican player', che offre non solo le immagini e i suoni delle attività del Papa live e on demand, ma le collega sistematicamente all’Agenda degli appuntamenti del Papa e così anche ai testi e ai servizi giornalistici attinenti. Tramite il 'Vatican player' i Siti web di tutto il mondo possono ricevere e rilanciare sistematicamente nella Rete immagini, voci e testi del Papa e della Santa Sede. Il canale radiofonico “Radio Vaticana in diretta” sulle 24 ore è ormai ben seguito in FM su Roma e in DAB e DAB+ su buona parte del territorio italiano, permettendo un dialogo sempre più intenso con la vita e la cultura italiana e con la Chiesa in Italia.
Dunque, si legge nella nota, "tenuto conto della vasta accessibilità dei suoi servizi tramite le ritrasmissioni radio locali, regionali o nazionali, e tramite il Web e alcuni canali satellitari, la Radio Vaticana ritiene che sia giunto il tempo in cui sia possibile ridurre l’impegno delle trasmissioni con le tecnologie tradizionali delle Onde Corte e delle Onde Medie, trasferendo così risorse in nuove direzioni. Perciò - si afferma - dal prossimo 1° luglio verranno terminate dal Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria tutte le trasmissioni in Onde Medie e quelle in Onde Corte verso la maggior parte dell’Europa e delle Americhe, che sono appunto le regioni del mondo in cui la copertura da parte delle ritrasmissioni radio e l’accesso tramite Internet sono ormai le vie di gran lunga preponderanti per fruire dei servizi della Radio Vaticana. La riduzione attuale - illustra padre Lombardi - interessa circa la metà dei tempi di trasmissione dal Centro Trasmittente, dove si avvia lo studio per la ristrutturazione del Centro stesso in funzione delle nuove tecnologie di comunicazione. Nel corso dei prossimi anni si prevedono ulteriori riduzioni delle trasmissioni in Onde Corte, tenendo però sempre presente il dovere di servire con particolare attenzione quelle aree e popolazioni più povere o in situazioni di difficoltà (in particolare in Africa, nel Medio Oriente o in Asia), che non hanno altre vie alternative per ricevere capillarmente la voce del Papa e della Chiesa".
Dai prossimi giorni, annuncia anche il comunicato, "i programmi radiofonici nelle diverse lingue informeranno i loro ascoltatori della nuova situazione, dando anche suggerimenti e indicazioni appropriate perché i tradizionali radioascoltatori in Onde Corte o Medie possano ricorrere alle vie alternative disponibili per fruire dei servizi della Radio Vaticana".
Quindi padre Lombardi conclude: "Le trasmissioni internazionali in Onde Corte e Medie della Radio Vaticana hanno svolto un servizio di valore incalcolabile nella storia della Chiesa - soprattutto in Europa - nel corso del Secolo XX, a sostegno delle popolazioni oppresse dalla guerra e dai totalitarismi. Mentre questo tipo di servizio si avvia al tramonto per lasciare il passo alle nuove tecnologie di comunicazione, sentiamo di dover esprimere viva gratitudine a chi vi ha dedicato con intelligenza e grande generosità le sue forze e il suo cuore per il bene di innumerevoli persone".
Il "Vatican Information Service" cessa le pubblicazioni dal 31 luglio
◊ "Con il 31 luglio 2012 il Vatican Information Service - informa oggi una nota della sala Stampa Vaticana - termina di esistere come ufficio con un suo servizio specifico di informazione distinto dal Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, ma i suoi abbonati continueranno a ricevere un ampio servizio informativo". "Nel quadro dello sviluppo e del coordinamento delle attività di comunicazione sociale della Santa Sede, in seguito ad orientamenti ricevuti dalla Segreteria di Stato, il personale del VIS viene quindi destinato, in parte al rafforzamento del Portale multilinguistico 'news.va', costituito da circa un anno nell’ambito del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, in parte allo sviluppo multilinguistico del Bollettino della Sala Stampa".
"Com’è noto, il Portale news.va raccoglie regolarmente e presenta in forma facilmente accessibile le principali notizie di attualità sulla Santa Sede e la vita della Chiesa che vengono pubblicate ogni giorno da Sala Stampa, Osservatore Romano, Radio Vaticana, Agenzia Fides, arricchite dai video del CTV e da fotografie del servizio fotografico dell’Osservatore Romano. Esso opera quotidianamente in italiano, inglese, spagnolo e francese. Una delle sue caratteristiche è di essere strutturato in modo da offrire la facile possibilità di condividere i suoi materiali nei social networks (come Facebook e Twitter) e di renderli accessibili con nuove applicazioni su diverse piattaforme mobili".
"Il Bollettino della Sala Stampa è stato pubblicato finora principalmente in lingua italiana, tranne quando si abbiano testi originali in altre lingue, mentre il VIS ha operato regolarmente in quattro lingue. L’inserimento di parte del personale del VIS (di lingua inglese, francese, spagnola) nel lavoro ordinario della Sala Stampa permetterà un opportuno rinnovamento della pubblicazione online del Bollettino, che comprenderà le traduzioni integrali di diversi testi del Bollettino stesso e anche sintesi in lingua di testi di cui non sia possibile dare la traduzione integrale. Ciò avverrà in misura graduale, a cominciare da settembre 2012".
"Le parti tradotte del Bollettino, unitamente alle sintesi nelle lingue diverse dall’italiano, continueranno a venire inviate all’indirizzo dei circa 60.000 abbonati al VIS, che non verranno così a perdere un servizio da lungo tempo apprezzato. Anche il ricco archivio di 85.000 notizie in diverse lingue realizzate in oltre vent’anni dal VIS, dotato di un sistema di ricerca semplice e rapido, verrà conservato e integrato nel sito della Sala Stampa".
Congresso Eucaristico di Dublino: in primo piano la famiglia
◊ Riscoprire e celebrare la Comunione del matrimonio e della famiglia: è intorno a questo argomento che si sviluppa la seconda giornata del 50.mo Congresso eucaristico internazionale di Dublino, in Irlanda, sul tema: “L'Eucaristia: Comunione con Cristo e tra di noi”. In programma laboratori, incontri e relazioni e, nel pomeriggio, la Santa Messa celebrata dal cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi. Al microfono di Roberta Barbi l’inviato del quotidiano "Avvenire" a Dublino, Salvatore Mazza, racconta quali sono i temi affrontati riguardo alla famiglia:
R. – La famiglia è vista in tutti i suoi aspetti, anche nei suoi aspetti di debolezza, nei suoi momenti più difficili, ma soprattutto come "chiesa domestica", e poi come grande risorsa anche per la società, perché nella famiglia avviene la prima trasmissione della fede, la formazione dei giovani. Anche il suo valore per la società, perché garantisce la stabilità, garantisce quella cura della persona e quel patto tra le generazioni che è fondamentale per lo sviluppo di ogni società umana.
D. – Eucaristia anche come comunione all’interno delle famiglia e si è parlato anche di spiritualità per le coppie sposate, di come crescere insieme nella fede all’interno del matrimonio?
R. – Certamente. La cosa più interessante è vedere, per esempio, come nei vari stand sia pieno di gruppi che si sono dedicati alla famiglia ed è anche interessante vedere come la famiglia non sia vista soltanto come un momento statico ma come qualcosa in divenire. Ci sono gruppi di sostegno ai fidanzati per prepararli al matrimonio, ci sono gruppi di accompagnamento, anche nelle difficoltà, quando il matrimonio diventa o potrebbe diventare un peso per uno o per entrambi i coniugi, ci sono gruppi per la catechesi familiare…
D. – Comunione anche nella comunità, quindi il matrimonio deve aver anche il sostegno della comunità?
R. – Esatto. Quello che risulta evidente è che il matrimonio è visto proprio come un momento di comunione con tutta la comunità. Chi si sposa non è solo e può sempre trovare non qualcuno che invade il proprio spazio ma qualcuno pronto a dare una mano, che è una differenza fondamentale e credo che questo dia il senso di che cosa sia e di come venga vista la famiglia.
E ieri, nella prima giornata del Congresso di Dublino, si è molto discusso di crisi dei Sacramenti in Europa. Nel corso della celebrazione ecumenica è stata poi benedetta l’acqua proveniente da alcuni pozzi irlandesi considerati sacri. La nostra inviata a Dublino, Emer McCarthy, ha intervistato il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e presidente di "Caritas Internationalis". Al porporato ha chiesto un commento sulla riflessione offerta da mons. Diarmund Martin, arcivescovo di Dublino, incentrata sull’attualità della Gaudium et Spes e del Concilio Vaticano II, del quale ricorrono i 50 anni dall’apertura:
R. – Ho potuto percepire come lui abbia voluto vedere questo anniversario non semplicemente come un andare indietro per considerare il passato, ma soprattutto calarlo nella cultura irlandese con tutti i cambiamenti che sono avvenuti in questi ultimi 50 anni, guardando non con pessimismo a cose che sono andate perdute, ma riconoscendo le sfide e continuando l’evangelizzazione, presentando precisamente Cristo come una persona vivente, con cui c’è bisogno di incontrarsi.
D. – Servono punti di contatto con la società, in modo che la Chiesa non sia emarginata ma entri di nuovo nella società: ha parlato anche di questo …
R. – Certamente, perché la Chiesa non è composta soltanto dai ministri ordinati. A questo punto è necessario ricordare che la Chiesa sono anche i laici; a volte purtroppo solo quando ci sono problemi di carattere sociale ci si ricorda che c’è la gerarchia e che la Conferenza episcopale deve intervenire... Però, anche i laici hanno la loro responsabilità e corresponsabilità nella società: per questo, quando si tenta di emarginare la Chiesa dalla cultura attuale oppure dalla "pubblica piazza", è uno sbaglio.
D. – Però, i cattolici laici devono essere catechizzati, istruiti per quanto riguarda la comunione e il mistero dell’Eucaristia: qui c’è una grande carenza, una grande sfida, e non solo per l’Irlanda …
R. – Quando si compirà l’analisi dei cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, si vedrà che la catechesi come educazione sistematica e progressiva della fede in moltissimi luoghi non è avvenuta. Dunque, ci sono generazioni di giovani e di giovani adulti che non hanno ancora ricevuto il messaggio di Gesù, che non conoscono la Persona di Gesù, e devono farlo. Penso che queste siano le sfide principali per la nuova evangelizzazione.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La scelta tra menzogna e verità: la lectio divina di Benedetto XVI sul sacramento del battesimo all’inaugurazione del convegno ecclesiale della diocesi di Roma.
Con quali occhiali si legge il destino dell’uomo: in cultura, ampi stralci dall’omelia del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, per il venticinquesimo anniversario della visita di Giovanni Paolo II a Danzica.
Nell’informazione internazionale, in primo piano l’economia: ancora tensioni sui titoli di Stato dell’area euro.
La scoperta filologica del secolo: Manlio Simonetti sul ritrovamento a Monaco di ventinove omelie inedite di Origene.
Tutti i modi per entrare in Ambrosiana: Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, sul nuovo catalogo della Pinacoteca.
Radicati nel concilio Vaticano II: Melchor Sánchez de Toca y Alameda sui trent’anni del Pontificio Consiglio della Cultura.
Roma ama il Papa come un dono prezioso: nell’informazione religioso, il cardinale Agostino Vallini per l’apertura del convegno diocesano.
Onu: in Siria bambini usati come scudi umani. Padre Dall'Oglio lascia il Paese
◊ In Siria, non si arrestano i bombardamenti e le incursioni aeree del regime su Homs, presidio degli oppositori anti Assad. Un disperato appello per la fine delle violenze è stato lanciato da un medico nella città che attraverso la rete Al Jazeera ha chiesto di fermare quello cha ha definito “un massacro”. Decine le vittime in varie città del Paese, 11 nella provincia di Deir Ezzor. Intanto, un rapporto Onu sulle condizioni dei bambini nei conflitti denuncia che in Siria l'esercito regolare ha usato i piccoli come scudi umani. In questo scenario, dopo 30 anni di presenza sul territorio, sta per partire il padre gesuita Paolo Dall’Oglio, fondatore della Comunità monastica di Deir Mar Musa: “Lascio la Siria per evitare danni peggiori dovuti alla mia situazione personale” ha dichiarato ascoltiamolo al microfono di Helene Destombes:
“Lascio la Siria per evitare danni peggiori dovuti alla mia situazione personale. Io ho ritenuto mio dovere esercitare una piena libertà di espressione sulla base degli impegni che il governo siriano ha preso lungo tutto il 2012, ufficialmente, ma questo ha creato una situazione che ha di fatto obbligato l’autorità ecclesiastica a chiedermi di lasciare il Paese per evitare conseguenze peggiori. Questo non significa affatto che io non resti pienamente impegnato, culturalmente e spiritualmente, per il processo di soluzione di questo drammatico conflitto e di democratizzazione di questo magnifico Paese”.
La partenza di Padre Dall’Oglio è un grave impoverimento per il Paese, dicono gli stessi siriani. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento dello scrittore italo-siriano Shady Hamadi:
R. – La società civile, tutta quanta, perde il più importante mediatore tra le fedi, almeno nella recente storia siriana. Padre Paolo Dall’Oglio non si è mai rifiutato di parlare chiaramente e di presentare la grave situazione che si sta verificando nel Paese. Ultimamente, si era anche recato nella città di Homs. Trovo sia stato coraggioso: ha continuato a raccontare la realtà dei fatti - quello che bisognava fare - e padre Dall’Oglio lo ha fatto è dire ai propri fedeli di non avere paura, ma di rendersi promotori e attori del futuro politico siriano in questo momento. Cioè, di fronte all’atrocità che si sta manifestando, bisogna seguire la fede, come quella cristiana, che dice e predica l’amore tra le persone.
D. – Lo stesso padre Paolo Dall’Oglio ha ribadito: “Questa uscita non significa restare lontano dalla Siria, anzi, al contrario – ha detto – io resterò pienamente impegnato, culturalmente e spiritualmente, con un processo di soluzione di questo drammatico conflitto e di democratizzazione di questo magnifico Paese”…
R. – Io ritengo essenziale che, appena lui arriverà qui in Italia, venga accolto e poi nel più breve tempo possibile prenda parte, anche a livello internazionale, del dialogo politico che è in corso tra le varie opposizioni. Infatti, il suo contributo è essenziale in quanto lui, nonostante sia anagraficamente italiano, è per spirito, coscienza e percorso di vita siriano a tutti gli effetti. Cercherò di incontrarlo per portargli il saluto e la gratitudine non soltanto mia che quella che hanno moltissimi siriani nei suoi confronti.
D. – Padre Dall’Oglio ha sempre avuto un occhio limpido nel denunciare le criticità, le violenze del regime Assad, così come quelle dell’opposizione…
R. – Bisogna averlo, bisogna criticare proprio in questo momento, soprattutto all’interno dell’opposizione quando qualcosa non va. E’ essenziale criticare il fatto che non ci sia unità nell’opposizione e questa disunità, questi continui conflitti, a motivo del colore politico piuttosto che le diverse appartenenze, causano un prolungamento della situazione di stallo che c’è in Siria. In questo modo, le istituzioni internazionali non hanno un interlocutore unico con cui parlare per scegliere un’azione da intraprendere nei riguardi del popolo siriano.
Violenza in Nigeria. L'arcivescovo di Abuja: più impegno da governo e forze dell'ordine
◊ La Nigeria è sempre più preda della violenza. Ieri, un gruppo di malviventi ha compiuto razzie in due villaggi nello Stato di Zamfara, nel Nord del Pese, uccidendo 23 persone. Una nuova strage che segue l'ennesimo attacco dei terroristi di "Boko Haram" contro le comunità cristiane, avvenuto domenica scorsa. Fabio Colagrande ha chiesto un commento sulla situazione all'arcivescovo di Abuja, mons. John Onaiyekan:
R. – Non è che il governo e le forze dell’ordine non facciano niente; infatti, ci sono soldati e poliziotti dappertutto. Noi stessi nelle chiese abbiamo preso provvedimenti per impedire questi attacchi, specialmente quelli con le autobomba. Per entrare in chiesa adesso bisogna passare dei controlli molto stretti. Per noi, almeno per me, c'è ancora l’impossibilità del governo di controllare questa gente e di trovare il modo di eliminare le loro attività.
D. - Qual è il vero obiettivo della setta dei "Boko Haram"?
R. – Si deve distinguere. C’è l’intenzione del gruppo di "Boko Haram", fanatici religiosi che hanno preso le idee da qualche imam nel Medio Oriente e sono convinti nella loro testa che tutto il mondo debba diventare musulmano e hanno la sicurezza che raggiungeranno questo loro scopo: è gente pazza! Ma oltre questi c’è tutta la popolazione islamica nigeriana che è assediata come noi; non è vero che attaccano solo le chiese, hanno attaccato anche le moschee.
D. – Visto che questi attacchi contro le chiese in Nigeria continuano, sarebbe necessario coinvolgere in qualche modo la comunità internazionale?
R. - Il nostro governo è già in contatto con la comunità internazionale e ha già contatti con i Paesi che hanno avuto esperienza in queste cose.
D. - Comunque la cultura del terrorismo viene da fuori, non appartiene alla Nigeria, lei lo conferma?
R. – Infatti, perché secondo me questa gente è quella che è stata educata nei campi di addestramento di Al Qaeda fuori dalla Nigeria. Sappiamo già da tanto tempo che tanti giovani nigeriani sono andati in Afghanistan e in Pakistan ed erano lì, in questi campi internazionali … Purtroppo il nostro governo non ha fatto attenzione.
D. – Una preghiera per le persone uccise anche per le persone ferite negli attentati di domenica?
R. – E’ gente innocente che viene uccisa da persone che sono criminali anche se gridano il nome di Dio, con blasfemia. Speriamo che il Signore nostro dia pace a coloro che sono morti ma cambi anche il cuore di quelli che causano dolore agli altri.
Giornata contro il lavoro minorile: sfruttati 215 milioni di bambini
◊ Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Dati drammatici arrivano dall’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), secondo cui sono ancora 215 milioni i bambini costretti a lavorare. Cinque milioni invece quelli ridotti in schiavitù. Forte il monito del direttore dell’Ilo, Juan Somavia che ribadisce: “Non possiamo accettare che l’eliminazione di questa piaga faccia passi indietro nelle priorità dell’agenda dello sviluppo” il servizio di Cecilia Seppia:
Lavoro minorile ma non solo: schiavitù, sfruttamento sessuale, bambini impiegati nei conflitti armati o nel traffico della droga e dunque ancora brutalmente privati della loro infanzia. Nonostante l’impegno di molti governi e Ong per combattere queste piaghe, i dati nel mondo restano drammatici: sono infatti 215 milioni, secondo l’Ilo, i minori costretti a lavorare anziché andare a scuola, cinque milioni quelli ridotti in schiavitù, 53 milioni i piccoli a rischio abusi. Lorenzo Guarciello, responsabile di una campagna Ilo-Banca Mondiale-Unicef per contrastare il lavoro minorile:
“Finora si è guardato al lavoro minorile come ad un problema a se stante, quindi con politiche mirate al lavoro minorile. Quello che invece serve, a mio parere, è un approccio integrale per risolvere il problema utilizzando determinate politiche, che guardino all’istruzione ma allo stesso tempo al mercato del lavoro, alla protezione sociale ma anche alla comunicazione, per far capire alle famiglie quanto sia dannoso il lavoro minorile per i bambini e quanto sia importante l’istruzione. In tutto questo non dobbiamo dimenticarci dei giovani, perché i bambini lavoratori di oggi saranno i giovani di domani che entreranno a far parte del mercato del lavoro. Il problema è che il lavoro minorile impedisce ai bambini di accumulare capitale umano, quindi di raggiungere certi livelli di istruzione, per cui questi bambini si trovano ad entrare da giovani nel mercato del lavoro con low skills, ovvero basse competenze. Quindi, è difficile trovare lavori decenti, un salario decente, impiego nel mercato formale”.
Tra i Paesi sotto accusa, l’Africa con 65 milioni di "piccoli schiavi", poi l’America Latina con 14 milioni. Focus anche sull’India, Stato molto popoloso, che non ha ancora ratificato la Convenzione dell’Onu sul lavoro minorile. Ogni minuto in queste aree - secondo l’Ilo - ne muore uno per incidenti, malattie o gravi traumi psicologici. Ancora, Lorenzo Guarciello:
“Anche questo degli incidenti sul lavoro, è un altro dato allarmante. Infatti, da ricerche effettuate si vede che specialmente nelle aree agricole, ma anche in quei settori manifatturieri in cui spesso i bambini vengono coinvolti, gli incidenti sono in numero elevato. E uno dei grossi problemi è appunto che il lavoro minorile influisce tanto anche sulla salute dei giovani. Questo preclude non solo una vita normale da adulto, ma preclude anche l’accesso al mercato del lavoro, per esempio, impoverendo sempre di più le famiglia. Questo ciclo deve essere assolutamente interrotto con politiche che salvaguardino anche – per i bambini che lavorano – la salute dei bambini stessi”.
“E’ necessario - dunque - rafforzare la giustizia in ogni Paese e promuovere programmi di protezione delle vittime”, dice Juan Somavia, direttore dell’Ilo, che spinge i governi ad impegnarsi efficacemente. Ma ribadisce: “E' indispensabile anche favorire l’occupazione dei genitori e l’educazione dei più piccoli per contrastare il lavoro minorile”.
Siria: un cristiano ucciso a Qusayr. Due sacerdoti confermano l’ultimatum ai cristiani
◊ Il cristiano Maurice Bitar è stato ucciso a Qusayr, la cittadina nei pressi di Homs dove la popolazione cristiana presente – circa mille persone sui 10mila che vi risiedevano prima dell’inizio della violenza – è stata costretta a fuggire dopo l’ultimatum lanciato da una fazione armata, nelle forze di opposizione, guidata dal generale Abdel Salam Harba (vedi Fides 9/6/2012). Come anticipato dall'agenzia Fides, alcuni cristiani, dopo l’avvertimento, hanno scelto di restare comunque a Qusayr, esponendosi a forti rischi. Maurice Bitar è stato ucciso da un cecchino, con altri tre uomini, mentre era uscito di casa per comperare del pane per la sua famiglia. Gli abitanti cristiani di Qusayr, riferiscono fonti locali di Fides, subiscono vessazioni come il divieto di circolare per strada e l’obbligo di “cedere il passo” se incontrano un musulmano, “come ai tempi del califfato ottomano”, nota la fonte. L’opposizione armata, infatti, come confermano numerosi osservatori in Siria e all’estero, si sta gradualmente radicalizzando verso una ideologia sunnita estremista, di marca salafita. Sono numerose le bande e i gruppi militari che operano in modo del tutto indipendente, al di fuori del coordinamento dell’Esercito Siriano di Liberazione. L’ultimatum lanciato dalla fazione di Abdel Salam Harba, ad esempio, non è stato ratificato da altri gruppi: in un comunicato inviato a Fides, il coordinamento dello stesso Esercito Siriano di Liberazione, di stanza a Qusayr, si dice “scioccato per la notizia” e rigetta tale ultimatum, affermando di non esserne responsabile e di non condividerlo in alcun modo. Due sacerdoti cattolici fuggiti nei giorni scorsi da Qusayr, raggiunti dall’agenzia Fides, confermano, invece, di aver sentito “con i loro orecchi” l’ultimatum, ripetuto anche dai minareti delle moschee, e di aver lasciato la città con numerose famiglie di profughi. Secondo fonti di Fides, “la situazione nella zona è insostenibile ed esposta a totale illegalità “. I cristiani si confrontano con un dura realtà: o unirsi all’opposizione, arruolando i loro giovani, o essere vittime di vessazioni, discriminazioni, violenze. La sorte dei cristiani di Qusary, conclude la fonte, potrebbe ben presto toccare ai 10mila fedeli che popolano altri villaggi nell’area, come Dmeineh, Rableh e Hamra. (R.P.)
Onu: in Siria 1200 bambini protagonisti di violenze dall’inizio del conflitto
◊ L’organismo Onu incaricato di monitorare le condizioni dei minori nei conflitti armati ha pubblicato il rapporto annuale nel quale è descritta la situazione dei bambini nelle zone di guerra. Particolarmente drammatica la situazione in Siria, dove dall’inizio del conflitto sarebbero state commesse gravi violazioni su oltre 1200 bambini. La rappresentante speciale dell’Onu Radhika Coomaraswamy – riferisce l’agenzia Misna – ha spiegato che emerge uno scenario che rivelerebbe una “brutalità” inusuale che supera di gran lunga le situazioni di abuso a cui i minori sono sottoposti solitamente in contesti di guerra. Diversi testimoni hanno parlato di assedi e violente repressioni commesse in molte città e villaggi abitati da donne e bambini, in cui i minori sono rimasti vittime. Nella zona di Ayn l’Arouz, lo scorso 9 marzo, le forze armate avrebbero ucciso 11 persone tra cui 3 ragazzi tra i 15 e i 17 anni. Avrebbero poi prelevato alcuni bambini, usandoli come scudi umani davanti alle finestre e sugli autobus che trasportavano militari. “La morte di giovani innocenti – afferma mons. Mario Zenari, nunzio in Sira, in un’intervista all’agenzia AsiaNews – e il loro utilizzo come scudi umani o soldati è un crimine inaccettabile. La comunità internazionale e l'Onu devono fare di tutto per difendere queste vittime innocenti, sfruttate dal regime e dai ribelli”. Il vescovo ha poi invitato al dialogo, e ha lanciato l’appello alla comunità internazionale, in particolare ai Paesi cristiani, a non lasciare sola la Siria. Gli Stati Uniti hanno intanto espresso timori per possibili nuovi massacri, mentre un portavoce di Kofi Annan, autore del piano di pace per la Siria, ha riferito che i civili, intrappolati nella città del nord-ovest del Paese, chiedono di consentire l’immediato ingresso degli osservatori dell’Onu. (A.C.)
Siria: a Homs la società civile in campo per una soluzione non violenta
◊ Si chiama “Mussalaha”, che significa “Riconciliazione”, ed è una straordinaria iniziativa popolare non-violenta nata nella società civile di Homs, città martoriata dal conflitto fra esercito regolare e forze di opposizione. E’ la dimostrazione, e anche la speranza, di una “terza via”, alternativa al conflitto armato ma anche alternativa a un possibile intervento militare dall’estero, invocato dal Consiglio Nazionale Siriano, che coordina l’opposizione siriana. E’ una iniziativa che, come riferito all'agenzia Fides, “colma un vuoto creato dal rumore delle armi: non parteggia per alcuna delle parti in lotta, nasce spontaneamente dal basso, dalla società civile, da tutti quei cittadini, parlamentari, notabili, sacerdoti, membri di tutte le comunità etniche e religiose, che sono stanchi della guerra”. Fra i promotori e i maggiori sostenitori dell’iniziativa vi sono i cristiani di Homs, di tutte le confessioni. Fra quanti si sono spesi ed esposti personalmente, vi sono i due preti greco cattolici, padre Michelle e padre Abdallah, il sacerdote siro-cattolico padre Iyad, il maronita padre Alaa, il siro-ortodosso padre Khazal. Costoro hanno messo in campo tutte le loro energie, persuadendo larghe fasce di popolazione sul fatto che “in questa situazione di stallo, c’è bisogno di una scossa: è scoccata l’ora della riconciliazione”. L’iniziativa ha preso forma con l’organizzazione di due incontri tenutisi nei giorni scorsi ad Homs, con straordinaria partecipazione popolare, in cui erano presenti membri dei tutte le comunità che compongono la società siriana: alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi. In questi incontri si è già avuto un risultato straordinario e impensabile: è stata sancita da dichiarazioni comuni, abbracci e impegni solenni, la riconciliazione fra gruppi, famiglie e comunità alawite e sunnite – protagonisti principali del conflitto in corso – che si sono pubblicamente impegnate a “costruire una Siria riconciliata e pacifica”, in nome del rispetto reciproco. Mentre Homs è ancora al centro del conflitto, la società civile rispolvera termini come “dialogo e riconciliazione”, finora dimenticati, per dire “no a una guerra confessionale in Siria”, lanciando un pressante appello a tutti i leader in campo e alle parti in lotta, perchè restituiscano “pace e sicurezza al paese e alla popolazione”. La “Mussalaha” va avanti e prevede altri incontri pubblici nei prossimi giorni, con la speranza di “contagiare” ben presto tutte le città siriane. (R.P.)
Unicef: nel Sahel a rischio oltre un milione di bambini nel 2012
◊ La crisi alimentare in Sahel e il conflitto in Mali hanno alimentato l’urgenza di rispondere ad una situazione gravissima che coinvolge 1,1 milioni di bambini. L’Unicef lancia, dunque, un appello per far fronte alle necessità finanziarie che si stanno presentando sempre più pressanti in questi mesi. Già da gennaio ad aprile 250.000 bambini sotto i 5 anni, gravemente malnutriti, hanno ricevuto assistenza nutrizionale nella regione africana. L’Unicef, che ha aumentato a 5.200 i Centri specializzati presenti nei 9 Stati interessati, prevede che sarà necessario raccogliere ancora 146 milioni di dollari per gli interventi umanitari dei prossimi mesi. Manuel Fontaine, direttore Unicef per l’Africa centrale e occidentale, sostiene che “senza dubbio, i fondi ricevuti all’inizio dell’anno hanno contribuito sensibilmente a fronteggiare l’arrivo della crisi e a salvare molte vite. Dobbiamo fronteggiare problemi molteplici – ha proseguito il direttore – e la crisi del Mali non ha fatto che aumentare il numero dei bambini a rischio”. Le urgenze cui rispondere sono diverse, e riguardano anche problemi di abusi, abbandono scolastico, reclutamento nelle milizie. Inoltre sono state avviate campagne di vaccinazione e misure di prevenzione contro il colera, la malaria e le problematiche che arriveranno con la stagione delle piogge. Le donazioni ricevute finora hanno, però, risposto in parte solo al problema della fame. “La scarsità di fondi – ha, infine, affermato Fontaine – rischia di pregiudicare altri interventi vitali, e ci impedisce di fare tutto ciò che potremmo fare per i bambini e i loro genitori, nel momento in cui hanno maggior bisogno del nostro aiuto”. (A.C.)
Paraguay: oltre un milione di bambini poveri, dediti all’accattonaggio e al crimine
◊ La realtà della maggior parte dei bambini paraguayani è molto grave. Su 2.500.000 di minori, 1.100.000 sono poveri. La situazione si va aggravando con l’attuale cambio di stagione che, con il freddo, colpisce ulteriormente centinaia di bambini di strada. Quelli che non possono contare sull’appoggio dei genitori o di altri tutori - riporta l'agenzia Fides - vivono in stato di totale abbandono. Le autorità del Paese sembrano disinteressate, l’irresponsabilità di quei genitori che lasciano i propri figli senza alcun supporto costringe i piccoli a non andare più a scuola e a lavorare per cercare di guadagnarsi un pezzo di pane. Alcuni vengono reclutati dalle organizzazioni criminali che li sfruttano per commettere reati. Nel Paese è assente una politica volta a riscattare questa generazione di minori che convivono tra privazioni e tentazioni che li portano inesorabilmente al carcere o alla morte, dopo una breve esistenza segnata dalla fame, dalla violenza, dall’abuso, dalla criminalità. (R.P.)
Honduras: i vescovi indicano l’azione evangelizzatrice di ogni diocesi nell’Anno della Fede
◊ La Conferenza episcopale dell’Honduras, a conclusione dell'Assemblea ordinaria svoltasi la settimana scorsa, in un comunicato sottolinea che durante questo incontro è stata analizzata la situazione della vita ecclesiale e della vita nazionale dell’Honduras. Rispondendo all'invito di Benedetto XVI a preparare l'Anno della Fede - riferisce l'agenzia Fides - i vescovi hanno anche elaborato 7 punti principali di riflessione che dovranno ispirare l'azione evangelizzatrice di tutte le comunità cristiane del Paese, e in particolare il piano pastorale di ogni diocesi. I punti suggeriti sono i seguenti: vivere la fede in rapporto alla Sacra Scrittura: preparare corsi di formazione sulla conoscenza della Bibbia; vivere la fede in rapporto ai suoi contenuti: conoscere quali sono le fonti della nostra fede; vivere la fede in rapporto alla missione affidata dal Signore alla Chiesa: la vocazione missionaria condivisa da tutti i credenti, in America Latina è in atto la Missione Continentale; vivere la fede in rapporto alla carità: il nostro servizio deve essere indirizzato verso i poveri; vivere la fede in rapporto con la liturgia: celebrare la fede, la comunità si unisce nell’Eucaristia; vivere la fede della comunità in rapporto alla cultura: l'inculturazione dei fedeli; vivere la fede in rapporto alla realtà: chi crede deve trasformare la storia di dolore in storia di salvezza. I vescovi concludono invocando la Madonna, discepola e missionaria, come guida del Paese. (R.P.)
India: nell'Assam, tribali cristiani picchiati e costretti a convertirsi all’induismo
◊ Insultati, minacciati di morte, picchiati e costretti ad abiurare il cristianesimo: è accaduto nel villaggio di Deuphani (Assam) ad alcuni tribali Rabha, vittime in questi ultimi giorni di attacchi di 40 radicali indù. "Sono aggressioni sistematiche - denuncia all'agenzia AsiaNews Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic) - non più tollerabili. I fedeli della tribù Rabha vivono ormai nel terrore. Alle autorità dico: proteggete tutti i vostri cittadini". In seguito all'attacco, tre cristiani, compresa una donna, hanno riportato gravi ferite e sono stati ricoverati, Tutto è iniziato l'8 giugno scorso, quando alcuni indù hanno trovato il cristiano Bhageswar Rabha, fuggito da Deuphani, e costretto a riconvertirsi all'induismo. Qualche ora dopo, intorno alla mezzanotte, un gruppo di 40 indù ha fatto irruzione nella casa di Manesor Rabha, un cristiano pentecostale, prelevandolo insieme a sua moglie Mala, e a Michael Rabha (nella foto) e Prashanto Rabha, altri due credenti. Una volta trascinati fuori, li hanno insultati e minacciati, tentando di convincerli ad abiurare il cristianesimo e a firmare dei fogli in bianco. Di fronte al silenzio dei cristiani, gli aggressori hanno iniziato a picchiarli, per poi riportarli a casa di Manesor con la minaccia di "terribili conseguenze" se avessero denunciato l'accaduto alla polizia. La mattina del 10 giugno, Mala, Michael e Prashanto sono stati ricoverati al Satribari Christian Hospital. In seguito all'attacco, altre due famiglie (sette persone in totale) sono fuggite dal villaggio. "L'amministrazione del distretto - sottolinea Sajan George - deve assicurare protezione e sicurezza a questi tribali cristiani. La libertà religiosa è sancita dall'art.25 della Costituzione indiana, che garantisce ai cittadini di ogni credo di professare, praticare e diffondere la sua fede". (R.P.)
Terra Santa: incontro della Commissione per le relazioni con gli ebrei
◊ L’incontro incentrato sulla promozione del dialogo con gli ebrei nella realtà particolare della Chiesa in Terra Santa – riferisce l’agenzia Sir – si è svolto nei giorni scorsi a Gerusalemme tra i sette membri che compongono la Commissione per le relazioni con gli ebrei, facente parte dell’Assemblea degli Ordinari cattolici in Terra Santa (Aocts). All’incontro, durante il quale è intervenuto mons. Antonio Franco, nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico in Palestina, erano presenti i membri della Commissione padre David Neuhaus, vicario patriarcale latino per i cattolici di lingua ebraica e per i migranti in Israele, padre Yuhanna Bshouty, parroco greco-cattolico di Jdeideh, padre Rafic Nahra, del vicariato di lingua ebraica e della Chiesa maronita, insieme a religiose e laici. L’impegno preso per il futuro è stato quello di proseguire nello studio dei documenti della Chiesa che approfondiscono il tema del dialogo con gli ebrei. (A.C.)
Israele: all'università di Tel Aviv un Centro accademico interreligioso
◊ Nascerà per condurre ricerche comparative sulle tre principali religioni monoteiste mondiali – ebraismo, cristianesimo ed islam – per contrastare stereotipi pericolosi il Centro accademico interreligioso dell’università di Tel Aviv. Ne dà notizia un articolo pubblicato venerdì scorso su haAretz. Il Centro, in cooperazione con l’Università di Cambridge in Inghilterra, vuole promuovere in particolare la conoscenza delle religioni. “In Israele, la gente non conosce la propria religione, ed immagini falsate di cristianesimo ed islam sono pericolose - ha detto Menachem Fisch, professore di filosofia e storia della scienza dell'Università di Tel Aviv -. Non tutti i fedeli mussulmani appartengono ad Al-Qaida”. Il centro accademico interreligioso dell’università di Tel Aviv avrà un sito in Israele ed un altro in Inghilterra. “C’è paura ed avversione sia in Europa che in Israele verso i mussulmani, e la via per cambiare le percezioni inizia con il comprendere coloro che sono diversi” ha aggiunto il prof. Fisch. Il docente ha inoltre sottolineato che la cancellazione degli stereotipi che gli aderenti ad una religione hanno nei confronti degli altri può avvenire attraverso lo studio e che l’approccio comparativo agli studi religiosi del Centro è motivato dal riconoscere la mutua influenza delle tre religioni. (T.C.)
Slovenia: cristiani e musulmani in difesa della legge sulla libertà religiosa
◊ No alla modifica della legge sulla libertà religiosa: è quanto chiedono, in Slovenia, il Consiglio delle Chiese cristiane e la Comunità islamica, diffondendo una dichiarazione congiunta. Nel testo - a firma dell’arcivescovo Anton Stres, presidente della Conferenza episcopale cattolica; del vescovo luterano Geza Erniša e del Mufti Nedžad Grabus – si esprime preoccupazione riguardo alla proposta di modifiche ed emendamenti alla legge sulla libertà religiosa, presentata nel maggio scorso da un gruppo di 14 deputati guidati da Majda Potrata. In particolare, i cambiamenti riguardano l'abolizione dei co-finanziamenti statali per i contributi previdenziali dei sacerdoti. Ma tali modifiche, si legge nella dichiarazione congiunta, non sono necessarie, poiché “la maggioranza delle comunità di fede ritiene appropriata la legge già in vigore”, approvata dalla Corte Costituzionale nel 2010 e in accordo con la Costituzione slovena. Eventuali emendamenti, proseguono i firmatari della nota, “tenderebbero sostanzialmente ad abbassare gli standard attuali della tutela dei diritti umani in Slovenia e sarebbero in disaccordo con la Carta costituzionale del Paese”. Per questo, il Consiglio delle Chiese cristiane e la Comunità islamica ritiene che l’intervento dei 14 deputati sia “non democratico, dato che la legge stabilisce che la libertà religiosa è uno dei diritti umani fondamentali”. Inoltre, nella dichiarazione si ribadisce che “il gruppo di deputati avrebbe dovuto consultare le comunità di fede che sarebbero le più toccate da tali cambiamenti e che hanno partecipato attivamente alla formulazione della legge attuale”. Di qui, la preoccupazione che dietro la proposta di emendamenti ci siano “politici motivati ideologicamente”: “Siamo convinti – scrivono i firmatari della dichiarazione – che tale azione violi i principi legali dell’Unione Europea che promuove un dialogo aperto, trasparente e regolare tra Stato, Chiesa ed altre comunità di fede”. Sottolineando, poi, come “la legge attualmente in vigore codifichi la pratica della libertà religiosa a livello individuale e collettivo, sia nella sfera pubblica che in quella privata”, cristiani e musulmani auspicano “azioni legittime per rafforzare la libertà religiosa”, rifiutando “la politicizzazione della religione e delle comunità di fede”. (A cura di Isabella Piro)
Germania: inaugurata a Bonn la "Casa dei media cattolici tedeschi"
◊ È stata inaugurata ieri, a Bonn, la “Katholisches Medienhaus”, la struttura che ospita le attività svolte dalla Chiesa cattolica tedesca nell’ambito dei media. Mons. Robert Zollitsch, presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), ha presieduto l’inaugurazione e ha ricordato che la “Chiesa compie con coraggio un grande passo in avanti in un mondo di media in rapida evoluzione”. La struttura inaugurata rappresenta, più che un edificio, “il tentativo di realizzare concretamente il raggruppamento delle energie profuse dalla Chiesa nel settore dei media. In questo modo, vogliamo trovare risposte adeguate alla sfide dell’era dei media digitali e creare una presenza più forte nell’opinione pubblica, nell’interesse della Chiesa e dei temi della fede”. L’arcivescovo - riferisce l'agenzia Sir - ha precisato che la Medienhaus non rappresenta una “centralizzazione o una concentrazione del lavoro sui media”. Tra i partner che collaborano alla Katholisches Medienhaus vi sono il portale cattolico katholisch.de e l’agenzia di stampa cattolica Kna, la testata “Christ & Welt” e diverse redazioni radiofoniche cattoliche nazionali, nonché l’emittente radio dell’arcidiocesi di Colonia “Domradio”. (R.P.)
Al pellegrinaggio Macerata-Loreto 100 mila partecipanti
◊ Ha toccato la quota record delle centomila persone il 34° Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto che si è svolto lo scorso fine settimana sui 27 chilometri che separano lo stadio Helvia Recina di Macerata dalla Santa Casa di Loreto. Lo si apprende da un comunicato diffuso oggi dall’ufficio stampa del Pellegrinaggio, ripreso dall'agenzia Sir. Dopo 8 ore dalla partenza, la “testa” del Pellegrinaggio, guidata dal vescovo di Fabriano-Matelica don Giancarlo Vecerrica, è entrata nella piazza della Basilica ed insieme al cardinale Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero che aveva celebrato la messa la sera precedente, e agli altri vescovi Giuliodori (Macerata), Tonucci (Loreto) e Menichelli (Ancona), sono stati accolti i pellegrini, snodati lungo una coda di oltre sette chilometri. Il cammino è stato scandito dalla preghiera, dai canti e dalle testimonianze, tra le quali quelle del comico di Zelig Paolo Cevoli e dello sportivo cesenate Lorenzo Minotti. L’immagine della Madonna ha fatto il suo ingresso nella piazza della Santa Casa dopo oltre un’ora e tre quarti dall’arrivo dei primi pellegrini, perché da due anni la Vergine, trasportata dai militari dell’Aeronautica, aspetta l’ultimo pellegrino per chiudere la fila, come a voler proteggere ogni singolo partecipante. Numerose le intenzioni che, sotto forma di bigliettini, sono state bruciate nel sagrato per chiedere una grazia alla Madonna. Il pellegrinaggio si è concluso con un atto di consacrazione alla Vergine. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 164