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Sommario del 10/06/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus: anche Gesù tra le macerie delle chiese dell’Emilia, vicinanza alle comunità colpite dal sisma
  • Congresso eucaristico di Dublino. L’inviato del Papa, cardinale Ouellet: occasione di rinnovamento per la Chiesa
  • Il cardinale Bertone in Polonia: difendere vita e famiglia, nel segno di Karol Wojtyla
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: l'opposizione anti-Assad elegge nuovo capo, stallo del piano di pace Annan
  • Mali a rischio guerra interna: aumenta l'emergenza profughi
  • Sierra Leone: un missionario saveriano al fianco dei bambini vittime di guerra e violenza
  • Afghanistan: l’impegno della Fondazione Pangea per donne e bambini
  • Riformare la politica italiana: l'esortazione dei giovani cattolici
  • Europei di Calcio. Il cardinale Dziwisz: occasione per unire i popoli del Vecchio Continente
  • Presentato a Roma l'epistolario inedito del cardinale Costantini, figura profetica per la Chiesa in Cina
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nigeria: attentati contro due chiese, numerose vittime tra i fedeli
  • Aiuti Ue alla Spagna, Rajoy: ha vinto la credibilità dell'Europa
  • Terremoto Emilia: colletta nelle parrocchie per aiutare le popolazioni colpite
  • Unicef: nello Yemen 250 mila bambini rischiano la vita
  • Angola: migliaia di rimpatri allo scadere dello status di rifugiati
  • Kenya: precipita elicottero della polizia, morto ministro anti-shabaab
  • India: a Mumbai l'adorazione eucaristica per il "Corpus Domini" affidata alle Suore di Madre Teresa
  • Pellegrinaggio Macerata-Loreto. Il cardinale Piacenza: la nostra meta è l'incontro con Gesù
  • Costa d'Avorio: biblioteche mobili per i bambini orfani e vulnerabili a causa dell'Aids
  • Iran: per Iran Human Rights "prigionieri politici in sciopero della fame e malati"
  • Myanmar: Centro studi asiatico invoca una riforma del sistema giudiziario e penale
  • Usa: sparatoria in un campus dell'Alabama, tre morti
  • Pakistan: in carcere, per false accuse, un pastore cristiano accusato di frode
  • Francia: a Lione mostra sulla figura del missionario nei fumetti
  • A Roma, scuola di pace all’insegna di San Francesco
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus: anche Gesù tra le macerie delle chiese dell’Emilia, vicinanza alle comunità colpite dal sisma

    ◊   All’Angelus, in Piazza San Pietro, nella Festa solenne del “Corpus Domini”, Benedetto XVI ha rivolto il pensiero alle comunità terremotate dell’Emilia Romagna, costrette a celebrare la Messa all’aperto perché le loro chiese sono andate distrutte. Quindi, soffermandosi sul dono straordinario dell’Eucaristia, ha rinnovato l’esortazione a riscoprire il valore dell’Adorazione Eucaristica. Dal Papa anche l'invito a donare il sangue, gesto di solidarietà indispensabile per tanti malati. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    All’Angelus, Benedetto XVI ha rammentato che la festa del “Corpus Domini” è un “grande atto di culto pubblico dell’Eucaristia”, Sacramento nel quale il Signore “rimane presente anche al di là del tempo della celebrazione”. Nelle chiese, ha osservato, “il luogo più sacro è proprio quello in cui si custodisce l’Eucaristia”. Di qui, il Papa ha rivolto un pensiero commosso ai terremotati dell’Emilia Romagna:

    “Non posso a questo proposito non pensare con commozione alle numerose chiese che sono state gravemente danneggiate dal recente terremoto in Emilia Romagna, al fatto che anche il Corpo eucaristico di Cristo, nel tabernacolo, è rimasto in alcuni casi sotto le macerie. Con affetto prego per le comunità, che con i loro sacerdoti devono riunirsi per la Santa Messa all’aperto o in grandi tende; le ringrazio per la loro testimonianza e per quanto stanno facendo a favore dell’intera popolazione”.

    “E’ una situazione – ha proseguito – che fa risaltare ancora di più l’importanza di essere uniti nel nome del Signore, e la forza che viene dal Pane eucaristico”. Dalla condivisione di questo Pane, ha detto, “nasce e si rinnova la capacità di condividere anche la vita e i beni, di portare i pesi gli uni degli altri, di essere ospitali e accoglienti”. Quindi, ha ribadito l’importanza delle processioni con il Santissimo Sacramento ed ha invitato i fedeli a professare il culto dell’Eucaristia non solo durante la Messa:

    “La preghiera di adorazione si può compiere sia personalmente, sostando in raccoglimento davanti al tabernacolo, sia in forma comunitaria, anche con salmi e canti, ma sempre privilegiando il silenzio, in cui ascoltare interiormente il Signore vivo e presente nel Sacramento”.

    Dopo l’Angelus, il Papa ha salutato con affetto i pellegrini polacchi, ricordando che il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, si trova in Polonia per celebrare il 25.mo anniversario del viaggio apostolico di Giovanni Paolo II nella sua terra natale ed inaugurare un Centro studi intitolato al Beato Wojtyla. Frutto di quel viaggio, ha detto il Papa, è proprio "la Festa dell’Eucarestia", oggi celebrata a Łódz. Il Papa non ha poi mancato di rammentare che il prossimo 14 giugno ricorre la Giornata Mondiale del donatore di sangue:

    “Esprimo il mio vivo apprezzamento a quanti praticano questa forma di solidarietà indispensabile per la vita di tanti”.

    Infine, nei saluti in lingua italiana, il Papa ha rivolto un pensiero ai pellegrini della diocesi friuliana di Concordia-Pordenone, in occasione della presentazione dell’Epistolario del cardinale Celso Costantini, ed ha salutato l’Associazione Motociclisti Forze di Polizia presente in Piazza San Pietro con centinaia di motociclette.

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    Congresso eucaristico di Dublino. L’inviato del Papa, cardinale Ouellet: occasione di rinnovamento per la Chiesa

    ◊   “La mia speranza è che la Chiesa in Irlanda sia veramente rafforzata nella sua identità di comunione di Dio tra la gente”: così, il cardinale Marc Ouellet, Inviato speciale del Papa al 50.mo Congresso eucaristico internazionale che prende il via oggi pomeriggio a Dublino, in Irlanda. Il porporato presiederà la Messa di apertura nello stadio di Dublino, il “Royal Dublin Society Arena”. Nell'intervista della nostra inviata in Irlanda, Emer McCarthy, il cardinale Ouellet si sofferma sull'importanza di questo evento ecclesiale:

    R. – I think this is the first hope of a Eucharistic Congress to strengthen the bond …
    Penso che questa sia la prima intenzione di un Congresso eucaristico: fortificare il legame di fede e d’amore all’interno della Chiesa. Considerando quanto siano stati difficili gli ultimi dieci anni per quanto riguarda la tragedia degli abusi sessuali e la crisi economica che colpisce la società, c’è un reale bisogno di riconciliazione, di perdono e di nuovo dialogo tra tutte le persone in Irlanda, tra i vescovi e i laici, tra sacerdoti e religiosi. Si sente il bisogno di un nuovo dialogo. Dobbiamo voltare pagina dopo questi tempi difficili, senza dimenticarli: piuttosto, tenendoli bene a mente affinché non siano ripetuti, e chiedere a Dio che nella sua amorevole misericordia ci rinnovi. La maggior parte dei partecipanti verranno dall’Irlanda stessa, e questo è normale, ma ci saranno anche molte persone che vengono da tutto il mondo. Un Congresso eucaristico significa che è la Chiesa universale che si riunisce in una Chiesa locale per rivolgersi a Dio e chiederGli ogni genere di benedizione di cui abbiamo bisogno per il cammino della Chiesa. Io sono convinto che questo potrà essere un momento straordinario per la Chiesa in Irlanda e il punto di partenza per un nuovo cammino che sarà poi seguito da altre iniziative nel solco di questo dono di Dio.

    D. – Quattro anni fa, quando era ancora arcivescovo di Québec, lei ospitò il 49.mo Congresso eucaristico internazionale e lo descrisse allora come una “svolta” nella vita ecclesiale del suo Paese. Per quale motivo?

    R. – Our Church in Québec has been going through secularisation …
    La nostra Chiesa del Québec ha sperimentato decenni di secolarizzazione e aveva bisogno di una sorta di grazia e di rinnovamento; il Congresso eucaristico ha portato, in effetti, maggiore unità nella Chiesa locale, maggiore collaborazione tra vescovi e sacerdoti, tra religiosi e laici; ha contribuito anche a promuovere i carismi ed a rafforzare il legame con la Chiesa universale. In concreto, ne è risultata la creazione di due seminari e anche di un seminario maggiore, che sono venuti ad aggiungersi al seminario diocesano. Questo nuovo seminario, che si chiama Redemptoris Mater, è quello dal quale usciranno sacerdoti per altre diocesi del Canada o di altri Paesi. Questo è stato un frutto del Congresso eucaristico ed è per questo che io penso che sia stato un punto di svolta. Avevamo pensato che la fede cattolica ed il suo messaggio centrale fossero in qualche modo superati, invece si è dimostrato che è ancora viva e promette bene per il futuro.

    D. – In molti Paesi, però, la partecipazione alla Messa diminuisce e non sembra che i Congressi eucaristici riescano ad attirare la stessa attenzione delle Gmg o degli Incontri delle famiglie…

    R. – I think we need to look at these global manifestations together as one …
    Credo che dovremmo guardare a queste manifestazioni nel loro insieme, come una che completa l’altra. Il Congresso eucaristico è una testimonianza profetica della Chiesa da ormai oltre un secolo ed ha acquisito nuove caratteristiche con il Concilio Vaticano II, attraverso il quale abbiamo rafforzato non soltanto l’Adorazione del Santissimo Sacramento ma anche il vincolo tra la celebrazione eucaristica e la Chiesa in quanto comunione, come fraternità. Questo fa parte della nuova evoluzione del Congresso eucaristico a partire dal Concilio Vaticano II; è molto positivo e sempre comprende la testimonianza dell’Adorazione, perché l’Eucaristia è la reale presenza di Cristo tra di noi che è nutrimento per la Chiesa e che rafforza il suo corpo tramite il pane della vita. Questi eventi dobbiamo considerarli insieme: il Congresso eucaristico è il mistero interiore della Chiesa, è il mistero spirituale della Chiesa. Gli incontri della gioventù (le Gmg) e gli incontri delle famiglie sono piuttosto una testimonianza degli specifici obiettivi dell’evangelizzazione. Noi dobbiamo trasmettere la fede alle nuove generazioni, quindi la Chiesa affida questo messaggio al mondo intero, convocando i giovani affinché si nutrano dell’Eucaristia e sperimentino anche il Sacramento della Riconciliazione. La stessa cosa vale per gli Incontri delle famiglie: c’è un grandissimo bisogno di rinnovare i rapporti, nella vita delle famiglie ci sono tante fratture, divisioni, cuori spezzati … La Chiesa convoca le famiglie affinché rendano testimonianza al mondo di speranza, perché il mondo non dimentichi che questa è la cellula della società e la prima cellula della Chiesa. Questa è la realtà di fondo della comunione nella vita dell’uomo e nella vita della Chiesa. Insieme, questi tre eventi portano quindi il medesimo messaggio: riceviamo nutrimento dalla presenza del Signore risorto nell’Eucaristia, che chiama i giovani a seguirlo e le famiglie ad essere, in quanto Chiesa domestica, reale santuario della vita divina nel mondo.

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    Il cardinale Bertone in Polonia: difendere vita e famiglia, nel segno di Karol Wojtyla

    ◊   “I cristiani difendano con coraggio la famiglia, la sua ricchezza, i suoi valori”: è quanto ha detto il cardinale Taricisio Bertone nell’omelia pronunciata stamani a Łódź, in Polonia, a venticinque anni dalla visita di Giovanni Paolo II. Celebrando la Messa nella Festa dell'Eucaristia, il segretario di Stato vaticano ha richiamato l’importanza della famiglia come “Chiesa domestica” ribadendo che “la Chiesa è la nostra casa” e come tale va “rispettata, difesa e, soprattutto, amata”. Il servizio di Isabella Piro:

    La famiglia è “l’ambiente naturale dello sviluppo della fede e dell’amore per Dio”, ha detto il cardinale Bertone, chiedendo poi una maggiore “collaborazione tra le famiglie e i catechisti, affinché il cammino di crescita delle nuove generazioni porti i migliori frutti”. Quindi, il porporato si è soffermato sull’importanza dell’Eucaristia “il più grande dono di Cristo” di fronte al quale “non possiamo essere indifferenti”. Fondamentale, perciò, il riscoprire “la bellezza di partecipare regolarmente alla Messa” e il “risvegliare in noi la fede, la speranza e l’amore” soprattutto nel mondo di oggi, in cui Cristo appare “come un Grande Assente nella vita di molte persone”. Della necessità di difendere la famiglia, così come le donne, i bambini, i giovani e gli anziani, il cardinale Bertone ha parlato anche ieri sera, incontrando, sempre a Łódź, il mondo della cultura e della scienza. In particolare, il segretario di Stato vaticano ha incentrato il suo discorso sulla figura di Giovanni Paolo II come testimone e maestro della cultura della vita.

    Oggi è fondamentale, ha detto il porporato, la dimensione etica della cultura e la difesa della vita “in qualunque stadio si trovi”. E “la Chiesa - ha proseguito - considera suo dovere intervenire sui temi che riguardano da vicino la crescita e lo sviluppo dell’uomo”, poiché tale contributo “non inficia, ma anzi arricchisce il principio di una ‘sana laicità’, perché si sforza di fornire un apporto originale alla costruzione del bene comune”. Denunciando, poi, i rischi di una “cultura della morte”, diffusa nel mondo contemporaneo a causa del “voltare le spalle a Dio” da parte dell’uomo, il cardinale Bertone ha lanciato un appello per “una permanente formazione delle coscienze”, con un richiamo forte ad intellettuali e mass media perché “possono promuovere e servire la cultura della vita”, tanto più che essa si intreccia con la cultura “della pace”. “La vita è un dono”, ha concluso il porporato, non è “dominata da un destino impersonale o determinata dallo sviluppo di una natura in evoluzione”, ma “il suo valore rimane ed il suo senso non scompare” a partire dal concepimento e fino al suo termine naturale.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: l'opposizione anti-Assad elegge nuovo capo, stallo del piano di pace Annan

    ◊   Non cessano le violenze in Siria: 83 i civili uccisi solo ieri, secondo l’Osservatorio per i diritti umani che parla di oltre 14.100 vittime dall'inizio del conflitto. Intanto, Israele ha annunciato che porterà aiuti nei Paesi dove ci sono sfollati siriani e nella notte a Istanbul il Consiglio nazionale siriano, che riunisce tutte le opposizioni al governo di Damasco, ha eletto il suo nuovo capo, il curdo Abdulbaset Sieda, che ha subito affermato: “Il regime siriano volge al termine”. Dal canto suo, il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha affermato che Mosca non si opporrebbe alla partenza di Assad. Francesca Sabatinelli ha intervistato Natalino Ronzitti, professore di diritto internazionale, e consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali, sull'ipotesi di un intervento armato internazionale contro la Siria:

    R. – Da giurista io sono contrario all’“intervento umanitario”, se non è deciso dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ritengo che l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza per la Francia, e specialmente per gli Stati Uniti, sta diventando la foglia di fico, perché altre volte i due Paesi e la Nato sono intervenuti senza nessuna autorizzazione al Consiglio di Sicurezza, vedi il Kosovo. Probabilmente un’altra possibilità c’è ed è quella di fare un’azione piuttosto intensa nei confronti del regime, affinché questa situazione comporti non solo la partenza di Assad, ma anche l’ingresso, con il consenso della Siria, in territorio siriano di una forza di pace, che possa mantenere l’ordine e la pace.

    D. – Perché non provare ad intimare a Bashar al Assad di arrestarlo e portarlo davanti alla Corte penale internazionale dell’Aja con l’accusa di crimini contro l’umanità? Ci sono gli estremi perché questo possa avvenire?

    R. – Nel caso concreto ci sono queste stragi, ovviamente c’è anche una presunzione di innocenza. Quello che è accaduto, e, purtroppo, sta accadendo, in Siria, può esser configurato come un crimine contro l’umanità e quindi è sotto la giurisdizione della Corte penale internazionale. Il problema è che la Siria non ha ratificato lo statuto della Corte e quindi in questo caso la Corte penale internazionale può avere giurisdizione solo se la questione è deferita dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Un po’ quello che è accaduto con la Libia di Gheddafi, con la risoluzione 1970.

    D. – Che cosa potrebbe effettivamente far funzionare il piano di pace di Kofi Annan?

    R. – Il piano di Kofi Annan non funziona, è purtroppo praticamente già morto. Qui la comunità internazionale si deve decidere. Tutti sono titubanti e non vogliono ripetere una situazione tipo Libia, cioè che per un intervento umanitario sarebbe necessaria una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Rendiamoci conto, però, che gli occidentali, da un po’ di tempo a questa parte, hanno affermato che si può intervenire senza una risoluzione del Consiglio di sicurezza per motivi umanitari. Insomma, si trincerano dietro lo schermo della risoluzione del Consiglio di sicurezza, perché nessuno vuole intervenire militarmente.

    D. – Lavrov, il ministro degli Esteri di Mosca ha ripetuto che la Russia potrebbe non opporsi ad una partenza di Assad. Pensare che Assad possa lasciare la Siria in questo momento o possa essere cacciato dagli stessi siriani sembra una possibilità estremamente remota...

    R. – Nel momento attuale, la possibilità che Assad possa essere cacciato dagli stessi siriani è remota. Intanto, si potrebbe avere un intervento più deciso da parte delle Nazioni Unite. Non si possono mandare degli osservatori delle Nazioni Unite disarmati, i quali sono spesso oggetto di violenza bellica da parte di franchi tiratori e quindi non possono nemmeno difendersi.

    D. – Quando Kofi Annan ha presentato questa sorta di gruppo di contatto, del quale fanno parte le grandi potenze - anche tutti i Paesi coinvolti però nella regione, compreso l’Iran - questa ipotesi ha sollevato anche le critiche dell’Italia, perché il ministro degli Esteri, Terzi, ha escluso questa possibilità. Secondo lei, invece - e questo è quello che insiste nel dire la Russia, ad esempio - ha senso? Avrebbe senso il coinvolgimento dell’Iran?

    R. – In linea di principio sì, però anche l’Iran è sotto embargo: è oggetto di sanzioni da parte della comunità internazionale. Quindi, in questo momento credo che l’Iran non abbia nessuna chance di essere coinvolto e non possa essere coinvolto. Le chiavi della situazione per ora si trovano nelle mani della Russia, anche della Cina, ma in particolare della Russia. Probabilmente bisogna agire in maniera efficace nei confronti della Federazione russa ed assicurare a Mosca certe soluzioni. Ad esempio, per quanto riguarda le “facilities” navali che ha in Siria dire che queste possano essere mantenute. Io credo che sia una situazione molto complessa, molto pericolosa, perché c’è poi – e già ne abbiamo avuto le avvisaglie – il rischio che il conflitto "travasi" nel Libano, e tra l’altro noi italiani in Libano siamo molto interessati, perché abbiamo le nostre forze di pace nell’ambito delle Nazioni Unite.

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    Mali a rischio guerra interna: aumenta l'emergenza profughi

    ◊   Sempre tesa la situazione in Mali, a rischio guerra interna. Ieri, il presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, mediatore dell'Ecowas (Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale) ha incontrato, a Ouagadougou, una delegazione del Movimento nazionale di liberazione dell'Azawad, una delle formazioni armate impegnate nel nord del Mali. Sull'esito della trattativa c'è il massimo riserbo. Negli ultimi giorni, dopo il fallito tentativo di fusione, ci sono stati scontri tra tuareg e i jihadisti di Ansar Dine. Al Sud, intanto ,si è ristabilito l’ordine dopo il golpe dei militari di fine marzo, ma su tutto grava lo spettro delle guerra armata contro i terroristi del Nord. Drammatica la situazione umanitaria: circa 80 mila persone, tra cui 25 mila bambini, sarebbero profughi in Burkina Faso. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente, a Kati, suor Miriam, responsabile nella capitale Bamako, delle Suore Missionarie dell’Immacolata Regina Pacis:

    R. – La popolazione vive questa transizione implorando la pace: sia musulmani che cristiani, tutti cercano di avere un dialogo anche se si capisce che con questo gruppo islamico - che più che un gruppo islamico è un gruppo terrorista - la pace, il dialogo, sono difficili.

    D. – Preoccupa questa alleanza tra i ribelli tuareg e i militanti islamici di Ansar Dine legati ad al Qaeda?

    R. – Certo: preoccupa perché c’è questa insicurezza per cui non si sa come andrà a finire anche se la popolazione, il grosso della popolazione – anche i tuareg – dice che il Mali è uno.

    D. – Circa 25 mila bambini sono profughi in Burkina Faso, oltre a 60 mila adulti. C’è un fenomeno anche di uscita dal Paese?

    R. – Sì e da subito. Da quando c’è stato il colpo di Stato c’è stato questo esodo perché la zona è pericolosa: applicano la sharìa. Per questo c’è stato l’esodo nel Paese di Zili ma anche all’interno dello Stato, cioè dal Nord adesso stanno venendo verso il Sud …

    D. – Si corre il rischio addirittura di una guerra?

    R. – Sì, il problema è quello. I Paesi limitrofi – Algeria, Libia, Mauritania – dichiarano che bisogna arrivare alla guerra contro la parte Nord del Paese perché non c’è dialogo. La preoccupazione c’è, perché loro continuano a essere forniti di armi che non riusciamo a capire da dove passino, mentre l’esercito maliano non ha queste possibilità e quindi ha bisogno di un intervento internazionale, perché da solo non ce la fa.

    D. – A Bamako, dopo il colpo di Stato, qual è la situazione?

    R. – A Bamako la vita continua normalmente. Fino alla settimana scorsa c’erano ancora i militari che sorvegliavano gli accessi alle città; questa ultima settimana hanno tolto anche le barriere.

    D. – Il golpe dei militari ha stabilizzato la situazione al Sud ma di fatto ha accentuato ancora di più i problemi con il Nord?

    R. – Questo colpo di Stato, che non voleva essere di potere ma di denuncia perché non c’è democrazia, l’ha messo in evidenza perché si sapeva che la zona era di contrabbando, di passaggio di armi di droga e tutto quello che c’è dietro. E quindi si vorrebbe eliminare questo corridoio.

    D. – Tutto questo accade proprio in Mali, uno dei Paesi che ha vissuto una terribile carestia l’anno scorso …

    R. – Il Paese non ha abbastanza cibo, ha fame. Tutto quello che può arrivare per aiutare a nutrire questo popolo, è benvenuto.

    D. – Vuole lanciare un appello attraverso i microfoni della Radio Vaticana?

    R. – L’appello è pregare perché solo con un miracolo si può trovare la pace. Noi crediamo che il Signore possa intervenire perché si riesca a superare questa crisi con il dialogo. I cristiani qui fanno una preghiera tutti i giorni e in tutti i gruppi, la preghiera di San Francesco di Assisi: “Laddove c’è odio, che ci sia la pace”. Quindi l’appello a chi ci sente, si unisca in questa preghiera perché questo popolo non entri in guerra perché sappiamo che la guerra porta vedove, orfani e rancore nei cuori.

    D. – C’è anche un’iniziativa che coinvolge tutte le religioni presenti...

    R. –Tutte le forze religiose si sono unite in momenti anche pubblici di preghiera per implorare la pace e si continua, tutte le religioni insieme: musulmani, cattolici, protestanti, tutte le religioni presenti sul territorio. Questa preghiera c’è ed è incessante.

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    Sierra Leone: un missionario saveriano al fianco dei bambini vittime di guerra e violenza

    ◊   In Sierra leone, Paese attraversato fino al 2002 da una sanguinosa guerra civile, un missionario italiano si prende cura - da oltre 30 anni - dei minori senza famiglia, e in particolare di quanti durante il conflitto furono arruolati come bambini soldato: è il saveriano padre Giuseppe Berton, fondatore del "Family Homes Movement". A Davide Maggiore ha spiegato qual è il principio che guida le sue iniziative:

    R. – Ho cominciato a prendermene cura, in questo senso: piuttosto che creare orfanotrofi o istituti, chiedevo alle famiglie di accoglierli come parte della loro famiglia. Dato che questa mentalità della famiglia estesa esiste mi preoccupavo di far sì che questa cosa fosse finanziariamente possibile. Loro mi aiutavano ad educarli, creando un ambiente di famiglia, ed io cercavo di assistere la famiglia rendendo tutto ciò possibile.

    D. – Cosa ha rappresentato, in questi anni, per i minori della Sierra Leone, il "Family Homes Movement"?

    R. – In passato era più “famiglia”, perché erano giovani. Adesso sono cresciuti ed anche loro hanno le famiglie, quindi l’assistenza è di tutt’altro tipo. Però, si tratta comunque di un’assistenza valida nel senso che hanno un punto di riferimento.

    D. – Per quanto riguarda i bambini soldato, l’urgenza è anche e soprattutto quella di un loro re-inserimento nella società…

    R. – Il loro re-inserimento nella società diventa ancora più impegnativo, perché ormai sono adulti e quindi devono stabilirsi come persone responsabili. E non sempre ne hanno la capacità. C’è un’eccessiva aggressività, anche nel lavoro e nel sociale e quindi, di tanto in tanto, si trovano in difficoltà anche dinanzi alla legge. L’aggressività sarà quasi impossibile eliminarla. Speriamo, però, che sparisca nei loro figli. La gioventù soffre per la mancanza di sentirsi protetti. Ma quel che definiscono “il doversi arrangiare” qualche volta si spinge al di là dell’accettabile.

    D. – C’è stata una riconciliazione, a livello della popolazione, nei 10 anni che sono trascorsi dalla fine del conflitto?

    R. – Non è che la riconciliazione sia un problema. Anzi, dicono: “Dobbiamo vivere, viviamo insieme”, e si riconoscono tutti come vittime. C’è chi è stato vittima e chi ha colpito. In realtà, per la gioventù è stato proprio così.

    D. – Cos’ha significato, per lei, in un contesto come questo, essere missionario ed annunciare Cristo ed il Vangelo?

    R. – Per me è stato un camminare insieme, con il loro passo, portando pazienza quando si fanno due passi avanti ed uno indietro, aspettando che producano un qualcosa di bello. Bisogna avere davvero molta pazienza. Ma non è mica difficile avere pazienza se si considera che cosa hanno passato.

    D. – In questi decenni di missione, la Sierra Leone le ha anche mostrato esperienze di segno positivo?

    R. – Altroché! Ho imparato un sacco di cose, specialmente quella di saper accettare quel che viene, quello che capita. Lì c’è la Provvidenza, e lasciamo che operi. Noi siamo presenti oggi e saremo presenti domani. E loro questo senso della provvidenza, della fiducia in Dio, ce l’hanno davvero molto forte.

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    Afghanistan: l’impegno della Fondazione Pangea per donne e bambini

    ◊   Domani, la Fondazione “Pangea” Onlus inaugura a Kabul, dove da anni opera a sostegno di donne e bambini, un asilo-casa accoglienza per piccoli dai 3 mesi ai 5 anni e per le loro mamme. “E’ un segno di speranza per tutta la società afghana e un sostegno alla famiglia”, sottolinea Luca Lo Presti, presidente di Pangea, che al microfono di Gabriella Ceraso parla dei cambiamenti in corso a Kabul:

    R. - Il fatto che ci siano oggi tanti mezzi blindati per le strade, ma il fatto che di fianco a loro - e non è forzatura retorica - vi siano tante rose colorate che hanno piantato, come non ho mai visto in 10 anni di Afghanistan, è un forte segno di ricerca di vita, di bellezza che va oltre i bisogni elementari. Nello stesso tempo, ancora tanti bambini per le strade sono un forte rischio perché qui è ancora diffusa la tratta di esseri umani e la tratta di organi.

    D. - Il diritto all’infanzia quindi è negato sotto tanti punti di vista?

    R. - Oggi muoiono tanti bambini per incuria, per mancanza di igiene, si muore per il morbillo, per la tubercolosi, più che per la guerra. Ci sono bambini che imparano a camminare prima dell’anno e immediatamente vanno in giro da soli, lavorano subito. Per questo, ridare all’infanzia il diritto al gioco, a disegnare, a colorare, per esprimere quelle sensibilità che in futuro creeranno uomini diversi, è veramente importante.

    D. - Quindi c’è una voglia di futuro anche proprio, più in generale, della società? Qual è la vostra impressione oggi a Kabul?

    R. - Che la vita non si possa fermare e qui lo si vede forte e chiaro. Io oggi ho molta speranza anche se c’è molta titubanza per via del ritiro delle truppe del 2014.

    D. - Questa vostra casa sarà un contributo alla vita perché ha proprio l’obiettivo di sostenere da una parte i bambini in vari modi; si potranno curare, distrarsi, coltivare anche questa crescita con le proprie mamme, con la propria famiglia. E' questo l’obiettivo, il senso?

    R. - L’obiettivo in sintesi è il recupero dell’infanzia, della vita futura, perché si possa sperare di superare questo dato infernale che vede l’Afghanistan come il Paese con più alta mortalità infantile e la più bassa speranza di vita sopra i 5 anni. Il grosso lavoro che noi iniziamo è un servizio che deve essere riconosciuto e accettato dalla popolazione perché mandino volentieri i loro figli e perché questo lo facciano ci deve essere un accompagnamento per tutta la famiglia e quindi per le donne: igiene, sanità assistenza al parto, scolarizzazione, formazione professionale, un prestito, perché a quel punto sviluppino economia e non debbano più mandare a mendicare i loro figli e i figli possono venire nella nostra casa Pangea.

    D. - Come viene intesa e vissuta la famiglia e soprattutto come va sostenuta?

    R. - La cosa che noi possiamo sperare di portare è il rispetto. Quando c’è il rispetto, questo viene portato anche dentro casa e dentro casa se c’è il rispetto c’è amore, se c’è amore c’è vita, e se c’è famiglia c’è vita, amore e rispetto.

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    Riformare la politica italiana: l'esortazione dei giovani cattolici

    ◊   Alcune proposte per una riforma istituzionale italiana sono state presentate, ieri, dai giovani cattolici al segretario del Pdl, Angelino Alfano, al vicesegretario del Pd, Enrico Letta, e al leader dell’Api, Francesco Rutelli. Il documento è stato consegnato nella sede della “Civiltà Cattolica” a Roma ed è il risultato di tre anni di studi e approfondimenti tra i dirigenti dell’Azione Cattolica, della Fuci, dell’Agesci e del Movimento studenti cattolici (Msc). L'evento è stato seguito per noi da Michele Raviart:

    Chiedono riforme istituzionali e trasparenza nella gestione dei soldi pubblici, i giovani cattolici agli esponenti della “vecchia” politica. Una politica nella quale credono ancora, mentre registrano con preoccupazione la sfiducia dei loro coetanei nei confronti dei partiti e degli organi dello Stato. Un’assunzione di responsabilità che nasce dalla consapevolezza del proprio impegno civile. Luca Alessandrini dell’Agesci:

    “Siamo in una situazione in cui la condizione di partecipazione dei cittadini è ridotta ai minimi termini. All’interno delle nostre associazioni, come all’interno del tessuto sociale del nostro Paese esistono quelle competenze per poter governare le istituzioni a livello locale e a livello più ampio, nazionale. Noi abbiamo l’esigenza di avere una gioventù, che sia autonoma, responsabile, impegnata e che abbia nella trasparenza e nella legalità il suo fondamento”.

    Nel documento dei giovani cattolici si leggono proposte concrete di riforma, a partire da quella della Costituzione. Si chiede l’abbandono del bicameralismo perfetto e un rafforzamento dei poteri del premier del governo, controbilanciato da un nuovo ruolo del Parlamento, che avrebbe nel “Senato delle regioni” la sua maggiore novità. E se i partiti devono rimanere gli interlocutori privilegiati dell’azione politica, è tuttavia necessario regolamentarli giuridicamente, per garantirne la democrazia interna e la trasparenza nella selezione delle candidature. Un’esigenza che si avverte anche nella proposta di modifica della legge elettorale. Alberto Ratti della Fuci:

    “Innanzitutto, la legge elettorale va modificata. La legge elettorale che abbiamo adesso non permette a noi cittadini di scegliere i nostri deputati e questo è profondamente sbagliato. Ci sono persone valide in Parlamento, che lavorano bene, competenti, e ce ne sono invece altre che chiaramente sono finite lì per difendere i propri interessi. Queste, vanno mandate via! In una crisi dei partiti, come quella che stiamo vivendo, credo che le novità, le nuove idee, possano provenire soprattutto dal terzo settore, dalle associazioni; associazioni che, in questo momento, continuano a lavorare e che sono il tessuto del nostro Paese”.

    Un patto “valoriale” tra istituzioni e società civile che ha come punto di riferimento la cultura del cattolicesimo democratico e il compromesso, “alto, formale e sostanziale” dei costituenti del 1946. Umberto Ronga dell’Azione Cattolica:

    La democrazia non si fonda soltanto su procedure e su regole, ma anche su valori che sono al centro della riflessione attuale e che sono stati al centro della riflessione del costituente. Penso, innanzitutto, al valore della persona al centro del sistema e quindi destinataria principale delle iniziative, anche di tipo politico istituzionale. Questo è il senso, credo, oggi, della partecipazione politica dei giovani cattolici: dire il senso di una presenza, che metta al centro la persona e i suoi valori e, allo stesso tempo, che dica che i giovani vogliono fare la loro parte in una logica di corresponsabilità”.

    Valori che non possono prescindere dalla fede, come ci spiega Annamaria Burzynska, del Movimento degli Studenti Cattolici:

    “Come giovane cattolica, penso che i giovani debbano ricordare che la fede è il fondamento di ogni valore; noi dovremmo dare testimonianza concretamente, essere attivi nel mondo sociale, e non solo a livello politico nelle istituzioni e nelle amministrazioni, ma avendo come obiettivo sempre il bene comune”.

    L’ultimo appello dei giovani cattolici è alla sobrietà. La politica costa ed è giusto che sia finanziata con i soldi pubblici, si legge nel documento, ma è veramente necessario che il tenore di vita di molti uomini politici sia così distante da quello dei loro elettori?

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    Europei di Calcio. Il cardinale Dziwisz: occasione per unire i popoli del Vecchio Continente

    ◊   "I Campionati europei di calcio 2012 aiuteranno ad unire ancora di più l’Europa”. E’ quanto afferma il cardinale Stanislav Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, in un colloquio con la Radio Vaticana e il quotidiano “Avvenire” in occasione dei Campionati europei di calcio, in corso in Polonia ed Ucraina, che vedranno nel pomeriggio l’esordio della nazionale italiana contro la Spagna, campione del mondo. Luca Collodi ha chiesto al cardinale Stanislaw Dziwisz che messaggio può inviare il calcio europeo alle istituzioni dell’Unione, in questo momento di crisi:

    R. – Soprattutto questo Campionato sblocca ancora la divisione tra Est ed Ovest, perché il Muro di Berlino è caduto, ma all’interno delle anime c’è ancora questa separazione tra Est ed Ovest. Certamente questi giochi aiutano ad unire l’Europa!

    D. – Si guarda con un certo interesse alla Polonia. Il cambiamento sociale e culturale del Paese, è reale?

    R. – Certamente. La Polonia di oggi è diversa dalla Polonia sotto la dittatura marxista. La libertà ha provocato un rinnovamento certamente economico, ma anche un cambiamento culturale. Penso che la Polonia fosse preparata a questo cambiamento. Ora deve andare avanti senza perdere quel filo spirituale che accompagna il popolo polacco, cristiano da secoli.

    D. – Il calcio, lo sport, lo ha scritto anche Benedetto XVI in un messaggio ai vescovi polacchi, come possono contrastare gli egoismi del nostro tempo?

    R. – Naturalmente vivendo bene lo sport. Perché lei sa che con il calcio c’è il pericolo di tafferugli, di violenze, anche del terrorismo. Cerchiamo di evitare tutto questo e speriamo, perché siamo solo all’inizio dei giochi europei, che tutto vada bene, secondo lo spirito dello sport.

    D. – Quando si parla di sport, il ricordo va al Beato Giovanni Paolo II. Karol Wojtyla andava spesso allo stadio per vedere il Cracovia, o preferiva il Wilsa Cracovia, squadra che fu ricevuta in Vaticano, quando venne a Roma per giocare contro la Lazio (20 febbraio 2003, ndr)?

    R. – Non andava allo stadio, ma seguiva il calcio tramite i giornali, ma anche attraverso la radio e la televisione. Si interessava, perché anche lui, personalmente, cercava di fare sport.

    D. – Si parla spesso di una simpatia del Papa per qualche squadra italiana. Qualcuno pensava alla Lazio...

    R. – Il Papa si interessava allo sport, al calcio italiano. Devo dire che parteggiava un po’ per la Roma e un po’ per la Lazio, per le squadre romane. Come Papa, però, doveva essere al di sopra di tutto questo!

    D. – Torniamo a parlare degli Europei. Contro il razzismo e l’antisemitismo, le nazionali di Olanda e Italia sono andate in visita ad Auschwitz. Sta cambiando qualcosa, secondo lei, a livello di sensibilità nei calciatori?

    R. – C’è qualche ambiente europeo che vuole dare quest’immagine. Qui in Polonia e penso anche in Ucraina, ma parlo a nome della Polonia, non esiste razzismo, assolutamente. Piuttosto c’è una grande simpatia per la gente di colore o per gli ebrei. Sono alcuni ambienti dell’Occidente che vogliono imporre questo pensiero di razzismo e antisemitismo.

    D. – Alla vigilia di Polonia-Russia, che si giocherà il 12 giugno, il calcio può allentare la diatriba che c’è tra questi due popoli? Per questo si teme un po’ la manifestazione annunciata dei tifosi russi a Varsavia, negli stessi giorni in cui si ricorda la tragedia aerea nella quale perse la vita l’ex presidente della Repubblica polacca...

    R. – No, non penso. Tra il popolo polacco e quello russo non ci sono problemi. Prima c’era il problema con il marxismo comunista, ma non con il popolo, perché il popolo russo è un popolo buono, è un popolo sensibile alla cultura, allo sport.

    D. – Klose e Podolski sono dei polacchi che hanno scelto la nazionale tedesca. Sembra che ai tifosi polacchi non piaccia la nazionale composta da oriundi, figli di polacchi emigrati all’estero. Qualcuno pensa che non conoscono nemmeno l’inno nazionale polacco. Lei è d’accordo?

    R. – Ci sono opinioni diverse che si leggono nei giornali. Quelli che giocano fuori e che partecipano ai campionati europei ci fanno piacere, perché giocano bene.

    D. – Il calcio scommesse è un fenomeno italiano, ma anche polacco. Ci sono processi in corso, le sentenze arriveranno dopo gli europei. Cosa pensa di questo fenomeno?

    R. – C’è sempre qualcosa del genere nell’ambito del comportamento sportivo.

    D. – Cardinale Dziwisz vedrà le partite del Campionato europeo di calcio? A lei piace il calcio?

    R. – Sì, ho guardato proprio quattro squadre e la Russia è stata davvero molto forte. Aspettiamo, però, Italia e Spagna. Sarà certamente sport ad altissimo livello. Peccato che si incontrino all’inizio dei campionati europei. Guarderò questa partita con grande interesse.

    D. – Come vede il cammino della Polonia?

    R. – In questo momento la squadra polacca non è molto forte, ma spero che riesca ad andare avanti.

    D. – Chi vincerà secondo lei questo campionato?

    R. – Non voglio dire niente. Ho già sbagliato pronostico dicendo che la Polonia avrebbe vinto e invece ha solo pareggiato. Nessuno pensava che il risultato della partita fra Russia e Repubblica Ceca sarebbe stato così clamoroso. Quindi, è tutto aperto. Se l’Italia vince, applaudo già da ora. Vi ringrazio di cuore. Cercate di far capire ai cristiani che lo sport è importante, soprattutto per la promozione umana. (In collaborazione con Massimiliano Castellani, "Avvenire").

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    Presentato a Roma l'epistolario inedito del cardinale Costantini, figura profetica per la Chiesa in Cina

    ◊   “Vivo apprezzamento” per la pubblicazione dell’opera: “Il ritratto segreto del cardinale Celso Costantini” e l’auspicio “che il suo studio manifesti l’infaticabile dedizione del porporato all’annuncio del Vangelo e alla crescita della Chiesa, soprattutto nell’amata terra cinese”. Così nel messaggio, a firma del cardinale Tarcisio Bertone, che il Papa ha voluto inviare in occasione della presentazione, venerdì pomeriggio, alla Pontificia Università della Santa Croce di Roma, del volume curato da mons. Bruno Fabio Pighin. Di fronte a una affollata sala, molti gli interventi che hanno fatto emergere la grande figura di Costantini, nato a Castions di Zoppola, Pordenone, nel 1876 e morto a Roma nel 1958. Scultore e appassionato d’arte, dopo essere stato cappellano militare durante la Prima guerra mondiale, si impegnò per la ricostruzione e l’aiuto ai bambini orfani, fu delegato apostolico in Cina dove ordinò i primi sacerdoti autoctoni, animato da profondo spirito missionario varò diverse iniziative per favorire l’inculturazione del cristianesimo. Il volume, di 652 pagine, pubblica parte dell’epistolario, finora inedito, del porporato con politici, artisti, uomini di cultura. Quali gli aspetti più rilevanti dell’opera? Adriana Masotti lo ha chiesto al curatore del volume, mons. Pighin:

    R. - Fondamentalmente, credo due aspetti. Il primo fa luce sulla figura che oggi emerge come un profeta, l’abbraccia proprio a 360 gradi con documenti originali. In secondo luogo emergono grosse novità, ad esempio i rapporti che ebbe con la famiglia Ciano, i rapporti - già noti ma ancora più evidenti - con la famiglia De Gasperi, che egli salvò, ed i rapporti con molti altri statisti. Direi soprattutto una grandissima sintonia con Papa Pio XII, del quale, si dice, fosse il principale ispiratore della politica missionaria. Le encicliche missionarie, in pratica, dipendono molto da Costantini. Emerge tutto questo ed emergono anche tanti punti parziali, che tutti insieme ne fanno un personaggio, come ha detto Papa Giovanni XXIII, di una superiorità assoluta.

    D. - Perché questo ritratto viene chiamato ‘segreto’?

    R. - Segreto perché il ritratto è stato colto da documenti inediti, cui nessuno aveva mai posto attenzione. Egli, infatti, conservò e curò, durante la sua vita, questo epistolario, lasciandolo poi al seminario di Pordenone, ma nessuno lo aveva mai letto. Io, quindi, sono stato il primo a leggere le oltre 10 mila lettere, e a sceglierne tra queste oltre 600, tra le più significative. In quel senso sì, è ‘segreto’.

    D. - Le due grandi passioni del cardinale Costantini sono l’arte sacra e le missioni. Quali novità ci sono in questi due ambiti?

    R. - Nell’arte sacra egli fu un grande innovatore. Prima di tutto nel collegarla con la liturgia: l’arte sacra doveva innovarsi con un nuovo spirito di fede, cogliendo anche le sensibilità, ma non gli atteggiamenti estremisti, che si annunciavano a livello artistico. In questo campo, aveva un’autorità veramente assoluta, perché da tutto il mondo - e lo faceva anche il Papa - si ricorreva a lui per avere un giudizio super-partes. In secondo luogo, in campo missionario riuscì non solo nell’opera di decolonizzazione, ma anche nella cosiddetta ‘plantatio Ecclesiae’, ossia rendere autonome le Chiese in terra di missione. I missionari europei dovevano quindi essere di supporto alle missioni e non il perno delle stesse. In terzo luogo, poi, egli pensò - e forse, qui, la sua grandezza si rivela ancora maggiore - all’inculturazione: lo fece utilizzando l’arte, che doveva esprimere le varie culture locali, mettendo insieme il cristianesimo con le diverse culture. E questo gli riuscì soprattutto in Cina. Il suo merito, perciò, è quello di essere il più grande evangelizzatore della Cina di tutti i tempi.

    D. - In tutto questo il suo pensiero è ancora attuale?

    R. - Sicuramente è ancora attuale. Egli guardò effettivamente al Terzo millennio, pensando sia a un Concilio ecumenico per una riforma della Chiesa in senso missionario, sia all’internazionalizzazione della Curia romana, come anche a un Papa non italiano, affinché si potesse trasmettere il messaggio dell’universalità della Chiesa.

    D. – La pubblicazione del suo volume è soltanto una delle tante iniziative che sono state intraprese, in questi ultimi anni, per riportare l’attenzione sul cardinale Costantini…

    R. - Sì. Ma non è finta: noi vorremmo costituire un museo delle sue cospicue opere, a Pordenone, un museo permanente. Inoltre, vorremmo tradurre queste opere se non in cinese quantomeno in inglese, perché siano accessibili, e questo ci viene richiesto da diverse nazioni.


    Ad aprire gli interventi alla presentazione dell’opera: "Il ritratto segreto del cardinale Celso Costantini", il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli. Al microfono di Adriana Masotti il porporato sottolinea l’aspetto profetico di Costantini:

    “La figura del cardinale Costantini è una straordinaria figura di una personalità della Chiesa che ha fortemente influito soprattutto nella visione di una Chiesa missionaria. Egli non è stato semplicemente un esecutore, ma è stato un antesignano, nel senso che aveva visto come la Chiesa missionaria sarebbe dovuta cambiare proprio per assumere una fattezza di Chiesa che si incarnasse nella realtà. Una Chiesa, quindi, che fosse incarnata e che potesse assumere le caratteristiche locali, una Chiesa che fosse in grado di rispondere alle esigenze, uscendo fuori da uno stereotipo che poteva sembrare di tipo colonialista”.

    Ma che cosa ha colpito di più di questo volume, mons. Brian Edwin Ferme, preside della Facoltà di Diritto Canonico San Pio X di Venezia a cui si deve la sua pubblicazione?

    “Sul cardinale Costantini, gli aspetti che vengono fuori leggendo sia il suo diario, scritto durante la guerra, e sia l’epistolario, sono due. Il primo riguarda la sua umanità, nel senso vasto del termine. Egli aveva una corrispondenza con tante persone, di tutti i ranghi sociali: nella sua vita così densa e piena, ha appositamente ritagliato del tempo per scrivere a tutte queste persone. Il secondo aspetto concerne l’amore profondo per un aspetto specifico della Chiesa, ossia le missioni, specialmente quelle in Cina, che a quei tempi non erano così scontate. Inoltre, ha costruito anche delle cose nuove in Cina, ad esempio la Congregazione "Discipulorum Domini", il primo istituto religioso maschile cinese che continua ad esistere. Credo che la sua capacità e la sua abilità si siano espresse nell’indovinare quale potesse essere la strada giusta per l’evangelizzazione, senza offendere però gli altri. E credo che questa sia una cosa che possiamo imparare anche oggi”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nigeria: attentati contro due chiese, numerose vittime tra i fedeli

    ◊   Ancora violenze e terrore contro i cristiani in Nigeria: un gruppo di tre uomini armati ha aperto il fuoco in una chiesa a Biu Town, nello Stato di Borno, nel Nord-est del Paese, seminando il panico prima all’esterno e poi all’interno dell'edificio, tra i fedeli che stavano partecipando alla Messa. Secondo testimoni, ci sarebbero almeno cinque morti e diversi feriti. Poco dopo, un kamikaze si è fatto esplodere davanti a una chiesa evangelica nella città di Jos e anche qui si registrerebbero molte vittime, tra cui - secondo la Cnn - anche bambini. Gli attentati non sono ancora stati rivendicati, ma rientrano nel modo di agire del gruppo terrorista islamico "Boko Haram". (R.B.)

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    Aiuti Ue alla Spagna, Rajoy: ha vinto la credibilità dell'Europa

    ◊   "Ha vinto l’euro, un progetto forte e irreversibile, ha vinto la credibilità del sistema europeo": così, il premier spagnolo Rajoy commenta con i giornalisti la decisione di ieri dell’Eurogruppo di concedere al suo Paese una linea di credito di 100 miliardi di euro per aiutare le banche, con l’obiettivo di recuperare, così, la solvenza del sistema finanziario e avere il credito necessario alla crescita e all’occupazione. “Non si tratta di un salvataggio”, ha tenuto a precisare il premier che ha sottolineato quanto nella decisione dell’Ue siano pesate le riforme operate dal suo governo negli ultimi cinque mesi. “È un passo nella giusta direzione – ha detto ancora Rajoy – il problema non si può risolvere in pochi mesi, ma il governo sa quali sono le misure da prendere”. Il premier ha poi ringraziato il popolo spagnolo per la comprensione e ha precisato di non aver ricevuto pressioni, ma, semmai, di averne fatte per ottenere il prestito, il quale “non avrà conseguenze sul deficit”, perché non sono state imposte condizioni alla Spagna per ottenerlo. (A cura di Roberta Barbi)

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    Terremoto Emilia: colletta nelle parrocchie per aiutare le popolazioni colpite

    ◊   Oggi, solennità del "Corpus Domini", è anche la giornata della solidarietà per i terremotati dell’Emilia, promossa dalla Conferenza episcopale italiana. La decisione - simile a quella adottata all’epoca dell’emergenza sisma all’Aquila - è nata in collaborazione con il Consiglio di amministrazione dell’Istituto centrale di sostentamento del Clero e con la Segreteria generale della Cei, che ha già stanziato tre milioni di euro di fondi dell’8 per mille da destinare alle parrocchie delle aree più colpite. Previsto l’azzeramento fino a fine anno delle retribuzioni computate ai sacerdoti che prestano servizio in tutte le parrocchie coinvolte. La colletta di oggi coinvolgerà a livello nazionale tutte comunità ecclesiali; il ricavato sarà poi consegnato il più presto possibile alle Caritas diocesane, già allertate, che faranno pervenire i fondi a Caritas centrale, già attiva con un proprio centro di coordinamento a Finale Emilia per facilitare l'incontro tra i bisogni rilevati e la disponibilità di risorse materiali e di volontari. Anche "Caritas Europa" e "Caritas Internationalis" si sono dette pronte a contribuire agli aiuti nel medio e lungo termine, ossia nella fase più difficile della ricostruzione materiale e del tessuto sociale. (R.B.)

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    Unicef: nello Yemen 250 mila bambini rischiano la vita

    ◊   Sono 13 milioni i minori nello Yemen, più della metà della popolazione, e quasi tutti sono stati colpiti dalla diffusa violenza che affligge il Paese. È quanto emerge, insieme ad altri drammatici dati, dalle dichiarazioni di Geert Cappelaere, rappresentante Unicef nello Stato asiatico. Il problema principale è quello della malnutrizione, per il quale – riferisce l’agenzia ANSAmed – oltre 250.000 bambini hanno una speranza di vita di qualche mese nel migliore dei casi. Il 58% dei bambini dello Yemen sotto i 5 anni soffre di disturbi della crescita, il secondo Paese con la percentuale più alta al mondo, e quasi 1 milione di loro ha problemi di grave malnutrizione, che è la principale causa di mortalità infantile. Più di 5 milioni di bambini, inoltre, non hanno adeguato accesso ad acqua potabile e servizi sanitari, e si stima che 2,5 milioni, per la maggior parte bambine, siano escluse dall’istruzione scolastica. “La priorità deve essere la lotta alla malnutrizione”, commenta Cappelaere, che nello Yemen richiede urgenti investimenti su larga scala, per migliorare l’accesso delle persone al cibo, acqua potabile, servizi igienici, sanità e protezione sociale. (A.C.)

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    Angola: migliaia di rimpatri allo scadere dello status di rifugiati

    ◊   Sono 600.000 le persone fuggite dall’Angola dal 1965 al 2002, anni in cui il Paese è stato scosso dalla guerra d’indipendenza prima e dal conflitto civile poi. Per queste persone il 30 giugno scade lo status di rifugiato collettivo, così l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha avviato da qualche mese il programma di rimpatrio assistito per riportare i profughi in patria. Gran parte degli emigrati era già tornata a casa negli anni scorsi e, fino al 2 giugno, attraverso l’assistenza dell’Unhcr, ne sono stati rimpatriati circa 13.700, mentre altri 35.000 sono nella lista delle Nazioni Unite. La maggior parte dei rifugiati aveva ricevuto ospitalità nella Repubblica Democratica del Congo, dalla quale ogni settimana stanno partendo convogli per trasferire 12.000 persone per volta. Altri rimpatri sono effettuati dalla Namibia, dallo Zambia e dal Botswana. In questo momento fuori dall’Angola rimangono ancora circa 120.000 persone, e l’Unhcr ha avviato collaborazioni con i diversi governi per permettere a chi si è ormai radicato in un altro territorio, di scegliere di non fare ritorno in patria. (A.C.)

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    Kenya: precipita elicottero della polizia, morto ministro anti-shabaab

    ◊   Sono 7 i morti del terribile incidente avvenuto oggi a un elicottero della polizia in Kenya che si è incendiato ed è esploso appena ha toccato il suolo nella foresta di Kibiku, nella regione di Ngong, non lontano dalla capitale Nairobi. Tra le vittime ci sono anche il ministro keniano per la Sicurezza interna, George Saitoti e il suo assistente Orwa Ojode. Saitoti, che si sarebbe candidato alle elezioni presidenziali del marzo dell'anno prossimo, era considerato l'esponente dell’esecutivo più esposto contro gli estremisti islamici somali al-Shabaab, e spesso si recava in elicottero a visitare i luoghi degli attacchi delle milizie all’interno del territorio del Kenya. Non sono ancora chiare le cause dell’incidente. (R.B.)

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    India: a Mumbai l'adorazione eucaristica per il "Corpus Domini" affidata alle Suore di Madre Teresa

    ◊   La Chiesa cattolica dell'India celebra oggi, domenica 10 giugno, il Corpus Domini e l'arcidiocesi di Mumbai ha deciso di affidare l'adorazione eucaristica alle suore di Madre Teresa che gestiscono l'Asha Dan ("Dono di speranza"), un ostello per disabili, poveri e malati. "Per le religiose - spiega all'agenzia AsiaNews padre Anthony Charanghat, direttore del settimanale diocesano The Examiner - la preghiera è fonte di forza, necessaria per portare avanti il loro difficilissimo lavoro". La scelta di riservare il momento dell'adorazione alle Missionarie della Carità è anche una "risposta all'attuale tendenza a enfatizzare solo la dimensione sociale dell'Eucarestia". L'arcidiocesi di Mumbai sottolinea così quanto affermato giovedì scorso da Benedetto XVI in san Giovanni in Laterano, che nella celebrazione del Corpus Domini ha ricordato che "è sbagliato contrapporre la celebrazione e l'adorazione", perché sono invece "due aspetti, tra loro connessi, del Mistero Eucaristico". L'Asha Dan si trova a Byculla, un sobborgo di Mumbai, ed è gestito da 12 suore di Madre Teresa. Composto da grandi capannoni, esso ospita circa 400 persone, inclusi bambini tra i 2 e gli 8 anni, tutti affetti da gravi disabilità fisiche e mentali. Ogni giorno inoltre, la polizia vi conduce donne malate di Aids insieme ai loro figli e bisognosi, per toglierli dalle strade della città. Suor M. Joyal, una delle Missionarie dell'ostello, spiega ad AsiaNews: "Li nutriamo, li laviamo, cambiamo loro lenzuola e vestiti, diamo loro le medicine: li serviamo con lo stesso rispetto con cui serviamo Gesù. Tutti loro muoiono: ma quando arriva il momento, sorridono, perchè sanno che Dio li ama". "Cristo - sottolinea suor M. Magdelita, superiora dell'Asha Dan - è morto per i poveri, gli oppressi, i non voluti, i bisognosi. È nella preghiera e nell'adorazione quotidiana che troviamo la forza per servire queste persone. In loro, vediamo Gesù. E attraverso il nostro servizio, permettiamo loro di essere testimoni dell'amore di Dio". (R.P.)

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    Pellegrinaggio Macerata-Loreto. Il cardinale Piacenza: la nostra meta è l'incontro con Gesù

    ◊   Il pellegrinaggio come metafora della vita, anche se non dobbiamo dimenticare che “è il Signore a venirci incontro”. Con queste parole, il cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, si è rivolto ai fedeli, riuniti ieri sera nello stadio di Macerata per la Messa della vigilia della solennità del "Corpus Domini". “Egli ci ha convocati qui questa sera – ha detto nell’omelia – è presente nel Suo Corpo e nel Suo Sangue, ci accompagna nel cammino, ci precede, ci segue ed è sempre con noi”, soprattutto nei momenti di buio e difficoltà, in cui potremmo pensare che Lui abbia rivolto altrove il Suo sguardo. La celebrazione ha aperto la 34.ma edizione del pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto e ha preceduto la partenza alla volta della città lauretana dove i pellegrini sono giunti questa mattina per la consacrazione solenne alla Madonna. “Il cammino ha senso solo se si ha una meta – ha aggiunto il porporato – e noi sappiamo che questa meta è Gesù Cristo e che camminando, a ogni passo, l’annuncio di Salvezza da Lui portato diviene più reale”. Il cardinale Piacenza ha poi insistito sulla doppia dimensione del pellegrinaggio: quella personale, ma anche quella corale, “perché la fatica è meno grave se si condivide la strada con i fratelli” e ha ricordato il tema scelto per quest’anno: “Cristo è qualcosa che sta accadendo ora”. “Gesù è un fatto nella storia dell’umanità, anzi, è il fatto più sconvolgente – ha sottolineato – ed è presente, accade ora. E solo il Cristo presente, celebrato e adorato nell’Eucaristia è ragione sufficiente per vivere e sperare, per ringraziare e continuare a camminare insieme”. (R.B.)

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    Costa d'Avorio: biblioteche mobili per i bambini orfani e vulnerabili a causa dell'Aids

    ◊   E’ stata appena lanciata, ad Abidjan, l’attività delle biblioteche mobili a favore dei bambini orfani e vulnerabili a causa dell’Aids e per i giovani in situazione di conflitto. Il progetto, promosso dall’Associazione Volontari per il Servizio Internazionale (Avsi), ha lo scopo di facilitare l’accesso alla lettura ai bambini attraverso biblioteche mobili in legno, di fabbricazione locale, leggero ma solido, facilmente trasportabili a mano. Si tratta di 225 biblioteche, ciascuna contenente 35 libri per piccoli lettori, che sono state distribuite in Costa d’Avorio a 46 Ong locali e a 6 Centri statali. Le biblioteche saranno a disposizione nei diversi quartieri, nelle scuole, nei luoghi anche più remoti o difficili da raggiungere, nelle bidonville e zone precarie della capitale. Il Ministero della Famiglia, si legge in una nota dell’Avsi inviata all’agenzia Fides, ritiene questa iniziativa umanitaria incontestabile e riconosce l’importanza dell’educazione e dell’apprendimento per i bambini, avvenire di una nazione. (R.P.)

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    Iran: per Iran Human Rights "prigionieri politici in sciopero della fame e malati"

    ◊   L’organizzazione per i diritti umani Iran Human Rights (www.iranhr.it) ha denunciato le cattive condizioni dei prigionieri politici in Iran. Ronaghi Hossein Maleki, studente blogger, esperto di sicurezza Internet e attivista per i diritti umani e Mohammad Sedigh Kaboudvand, fondatore della prima organizzazione per i diritti umani nella provincia del Kurdistan in Iran - riporta l'agenzia Sir - sono gravemente malati e richiedono l’immediata scarcerazione per malattia. Nonostante le loro condizioni di salute, sono in sciopero della fame da due settimane e vengono tenuti in prigione dalle autorità iraniane, senza adeguata assistenza sanitaria. “Kaboudand, Maleki e altri prigionieri di coscienza in Iran - ha dichiarato Mahmood Amiry-Mghaddam, portavoce internazionale di Iran Human Rights - sono dietro le sbarre solo per aver praticato i loro diritti civili.” “Questa - prosegue - è una chiara violazione del patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite, di cui l’Iran è parte”. Conclude il portavoce: “I due prigionieri politici dovrebbero essere rilasciati immediatamente”. Le autorità iraniane non danno una risposta positiva a questa richiesta. (R.P.)

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    Myanmar: Centro studi asiatico invoca una riforma del sistema giudiziario e penale

    ◊   Il Myanmar deve eliminare dal suo sistema giudiziario e dall’ordinamento penale pratiche come l’arresto illegale e arbitrario, le detenzione senza prove, la tortura, la confessione forzata, i processi a porte chiuse, la pena di morte. Urge promuovere equità nei tribunali e nell’applicazione della giustizia: è l’appello lanciato dall’Asian Legal Resource Centre (Alrc), Centro studi con sede a Hong Kong, che monitora la situazione della giustizia nelle nazioni asiatiche. In una nota inviata a Fides, il Centro afferma che una magistratura del tutto indipendente dal potere politico è un passo essenziale per la democrazia e lo stato di diritto in Myanmar, nella nuova fase di apertura e riforme che sta vivendo il Paese. Il Centro cita il caso di Phyo Wai Aung, attivista condannato a morte l'8 maggio 2012 da un tribunale di Yangon, per il suo presunto coinvolgimento in un attentato nel 2010 che uccise 10 persone. Il suo processo è iniziato il 30 giugno 2010, quando il Myanmar era ancora sotto la giunta militare e prima degli importanti cambiamenti sociali e politici verificatisi nel Paese. Il suo caso è esemplare perchè mostra il controllo politico sul potere giudiziario e le tendenze autoritarie nelle istituzioni della giustizia in Myanmar dove, secondo l’Alrc, i “tribunali finiscono per perseguitare, piuttosto che proteggere i cittadini”. Tra le molteplici violazioni del diritto interno e internazionale, nel caso di Phyo Aung Wai si segnalano: l’arresto illegale; la detenzione illegale; la tortura (anche con bruciature ai genitali) per estorcergli una confessione. Durante la detenzione l’uomo non ha potuto vedere né la sua famiglia né un avvocato. Inoltre il processo è stato sommario, a porte chiuse e si basato su prove artefatte, come presunte telefonate fra l’accusato e altri uomini incriminati. Altre prove, invece, non sono state ammesse nel processo, come la testimonianza di un uomo che poteva fornire un alibi all’accusato. Il Centro segnala anche la “negazione del diritto alla difesa”, in quanto all'avvocato di Wai Phyo Aung ha avuto solo sei giorni per rispondere a tutti gli argomenti dell’accusa. L’Asian Legal Resource Center nota che – in risposta alle nuove condizioni politiche emergenti nel paese – la magistratura, la polizia, i pubblici ministeri e le agenzie che si occupano della gestione dei casi criminali non mostrano però alcun cambiamento nel loro atteggiamento repressivo. “Nel lungo periodo – conclude il Centro – l'eliminazione di tendenze autoritarie in queste agenzie e nell’apparato statale potrebbe rivelarsi il compito più difficile”. (R.P.)

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    Usa: sparatoria in un campus dell'Alabama, tre morti

    ◊   Sarebbe di almeno tre vittime e due feriti il bilancio della sparatoria avvenuta stanotte in una residenza per studenti poco distante dalla University Heights di Auburn, nello Stato americano dell’Alabama. Finora sono pochi i dettagli rivelati dalla polizia che ha circondato l’area per tenere lontani i curiosi e proteggerla dalla pioggia battente, ma secondo alcuni media locali le vittime sarebbero giovani promesse della squadra di football dell’ateneo, i Tigers. Sul posto ci sono almeno una decina di veicoli, tra forze dell’ordine e soccorritori; secondo indiscrezioni un uomo in visibile stato di agitazione sarebbe stato fermato nella notte, ma poi rilasciato in quanto riconosciuto estraneo ai fatti. (R.B.)

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    Pakistan: in carcere, per false accuse, un pastore cristiano accusato di frode

    ◊   Il pastore cristiano protestante Mehboob Yaqoob è stato accusato di frode e arrestato dalla polizia di Lahore. Il pastore è vittima di un inganno ed è stato denunciato e tirato in ballo con false accuse da un gruppo di persone, alcuni musulmani e un cristiano, che volevano colpirlo. La polizia, informano fonti dell'agenzia Fides, lo ha maltrattato e malmenato e vi sono forti timori che venga ulteriormente maltrattato in carcere. Il Pastore, 40 anni, ha moglie e tre figli, guidava una comunità cristiana pentecostale a Lahore. L’organizzazione Lead (“Legal Evangelical Association Development”) si è mobilitata per lui e sta cercando di aiutarlo, smontando le accuse. La Lead difende i diritti dei cristiani fornendo assistenza legale gratuita. “Quello al Pastore Mehboob è un attacco strumentale e persecutorio. Ma la polizia non ha voluto ascoltare ragioni. Quando un cristiano è coinvolto in un procedimento legale, la strada per dimostrare la sua innocenza è sempre molto ardua. Speriamo e preghiamo per lui e per la sua famiglia” ha commentato a Fides il Pastore Mushtaq Gill, responsabile di Lead. (R.P.)

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    Francia: a Lione mostra sulla figura del missionario nei fumetti

    ◊   In questi giorni è in corso a Lione una mostra sulla figura del missionario nei fumetti, organizzata dalle Pontificie Opere Missionarie. "Il fumetto belga è nato in ambito cattolico", dice Philippe Delisle, storico presso l‘Università di Lyon 3. Secondo Delisle “il missionario non è un personaggio ricorrente, come può essere il giornalista - dice al quotidiano cattolico La Croix - ma una figura di spicco, soprattutto nelle avventure verso destinazioni esotiche”. E aggiunge: "Ci sono pochissimi preti nei fumetti”. L‘immagine del missionario - riferisce l'agenzia Sir - corrisponde quindi alla figura romantica a volte trasmessa dalle Pontificie Opere Missionarie. Philippe Delisle sottolinea che "per incoraggiare le donazioni, i giornali religiosi non disdegnavano di presentare il missionario come un uomo d‘azione”. Tuttavia, apparsa nel 1930, la figura del missionario nei fumetti è poi impallidita nel 1950 e scomparsa nel 1951, sostituita da una figura contemporanea dell’avventuriero in missione in terre lontane. E’ poi cambiata con la fine della colonizzazione nel 1960, per diventare quella del sacerdote locale. (R.P.)

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    A Roma, scuola di pace all’insegna di San Francesco

    ◊   Si terrà a Roma, dal 15 al 17 giugno prossimo - presso la Casa Frate Jacopa - una nuova sessione della “Scuola di Pace”, incentrata sul tema “Stili di vita per un nuovo vivere insieme. Riparare la casa della convivenza umana”. L’iniziativa si inserisce nel progetto “Educare alla Custodia del Creato”, con il quale la Fraternità Francescana e la Cooperativa Sociale Frate Jacopa hanno inteso accogliere il duplice appello della Chiesa italiana a prendere coscienza dell’emergenza educativa e a diventare parte attiva nel cammino di conversione che il rapporto con il Creato richiede. Tra i relatori che intervengono ai lavoratori, il prof. Martin Carbajo, docente di teologia morale e vicerettore Pontificia Università Antonianum, e il prof. Simone Morandini, docente di teologia della creazione presso la Facoltà Teologica del Triveneto. (A.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 162

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