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Sommario del 09/06/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai vescovi di Papua Nuova Guinea: la Chiesa a difesa della famiglia e impegnata per il bene comune
  • Altre udienze e nomine. Il Papa accetta la rinuncia per limiti di età presentata dal cardinale Farina
  • Padre Lombardi: Chiesa e presenza eucaristica per tutti
  • Nota della Sala Stampa della Santa Sede sulle vicende riguardanti il prof. Gotti Tedeschi
  • Dublino. Vigilia del Congresso eucaristico internazionale: intervista con mons. Piero Marini
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Daraa e Homs bombardate dai fedeli di Assad. Si indaga su Qubeir
  • Grecia verso le elezioni politiche del 17 giugno in un clima di grande tensione
  • Costa D’Avorio: uccisi in imboscata 7 caschi blu e 8 civili
  • Sisma tra Veneto e Friuli. Domani, colletta Cei nelle parrocchie per le popolazioni dell’Emilia
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: il Patriarca Gregorios III chiede un mese di digiuno e di preghiera per la pace
  • Siria. Ultimatum ai cristiani dall'opposiziome armata: “Via da Qusayr”
  • Lisbona: dal Forum cattolico-ortodosso un messaggio di speranza per la crisi europea
  • Massacri in Congo: la Chiesa di Bukavu denuncia l’indifferenza della missione Onu
  • India: nel Chhattisgarh estremisti indù armati attaccano un funerale cristiano
  • Laos: arrestato un Pastore cristiano per "troppo carisma"
  • Iran: ordine di chiusura per una chiesa protestante
  • Arabia Saudita: restano in carcere i 35 cristiani etiopi sorpresi a pregare in una casa privata
  • Myanmar: episodi di violenza nell’ovest, decretato il coprifuoco
  • Haiti. Emergenza educativa: oltre 500 mila bambini senza scuola
  • Argentina: al via la Campagna Caritas “Povertà zero, dignità per tutti”
  • Svizzera: Plenaria dei vescovi su Battesimo delle Chiese e cristiani perseguitati
  • Repubblica Ceca: il cardinale Duka commemora gli eccidi nazisti di Lidice e Lezaky
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai vescovi di Papua Nuova Guinea: la Chiesa a difesa della famiglia e impegnata per il bene comune

    ◊   La Chiesa è chiamata a far sentire la sua voce nel dibattito pubblico al servizio del bene comune. E’ quanto affermato dal Papa nell’udienza di stamani ai vescovi di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, in visita ad Limina. Il Pontefice ha ribadito l’importanza della difesa e promozione della famiglia fondata sul matrimonio e ha auspicato una formazione adeguata di laici e consacrati per resistere alle tentazioni del secolarismo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Quando la Chiesa interviene "nel dibattito pubblico, lo fa legittimamente e per contribuire al bene comune, non per proporre delle soluzioni politiche concrete”. E’ uno dei passaggi forti del discorso del Papa ai vescovi di Papua Nuova Guinea ed Isole Salomone, nel quale ha evidenziato che i principi morali indicati dalla Chiesa sono “accessibili a tutti attraverso la ragione e sono necessari per un giusto ordine della società civile”.

    “In view of this, I encourage you to continue…”
    Per questo, ha aggiunto, incoraggio i vescovi a “continuare il dialogo e a lavorare con le autorità civili in modo che la Chiesa possa essere libera di parlare e possa offrire servizi per il bene comune in un modo pienamente corrispondente ai valori evangelici”. Quindi, ha ribadito quanto sia importante rafforzare l’impegno pastorale in vista dell’evangelizzazione della cultura. Si è cosi soffermato sul ruolo primario che la famiglia deve avere nella Chiesa e nella società. Il Papa ha osservato che, sebbene, nel corso della storia sia stato riconosciuto il ruolo importante della famiglia, va riservata “particolare attenzione” ai frutti religiosi, morali e sociali della fedeltà, dell’equaglianza e del mutuo rispetto che “deve esistere tra un uomo e una donna”:

    “The Church tirelessly proclaims…”
    “La Chiesa – ha aggiunto – proclama incessantemente che la famiglia è basata sull’istituzione naturale del matrimonio tra un uomo e una donna”. Nel caso di cristiani, ha poi aggiunto, il patto matrimoniale è stato elevato da Cristo a Sacramento. Dunque, ha invitato i presuli a dare priorità pastorale “all’evangelizzazione del matrimonio e della famiglia in accordo con l’insegnamento morale cattolico”. Il Papa ha dunque dedicato la parte conclusiva del suo discorso alla formazione nella fede di laici, religiosi e sacerdoti:

    “A properly catechized laity…”
    “Un laicato adeguatamente catechizzato – ha detto – e un clero ben formato” saranno meglio preparati “a resistere alle tentazioni del mondo secolare”. Ecco allora, ha affermato, che questi testimoni “aiuteranno ad assicurare che la Chiesa continui ad essere nei vostri Paesi un efficace strumento di evangelizzazione, attraendo quanti non conoscono ancora Cristo e ispirando coloro che sono divenuti tiepidi nella fede.” Dal Papa, infine, l’elogio ai vescovi per il loro impegno in favore dei bisognosi e dei malati, in particolare di quanti soffrono a causa dell’Aids.

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    Altre udienze e nomine. Il Papa accetta la rinuncia per limiti di età presentata dal cardinale Farina

    ◊   Benedetto XVI riceve nel pomeriggio in udienza il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, con il segretario del medesimo Dicastero, l’arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer.

    Il Papa ha accolto la rinunzia presentata, per limiti di età, dal cardinale Raffaele Farina, all’incarico di archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa.

    Ad Haiti, il Pontefice ha nominato Vescovo di Fort-Liberté mons. Max Leroy Mésidor, del clero della diocesi di Les Gonaïves, finora Vicario generale e parroco della Cattedrale. Mons. Max Leroy Mésidor è nato il 6 gennaio 1962 a Saint-Marc, nella diocesi di Les Gonaïves. Dopo gli studi secondari nel Collège de l’Immaculée-Conception nella città di Les Gonaïves, è entrato nel Seminario Maggiore Nazionale a Port-au-Prince, dove ha ottenuto il Baccalaureato in Sacra Teologia nel 1987. Dal settembre 1998 al settembre 2000, ha fatto studi in Teologia Pastorale e Catechesi presso l’Università di Lovanio (Belgio), ottenendo la Licenza. È stato ordinato sacerdote il 10 gennaio 1988 per la diocesi di Les Gonaïves. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi ministeriali: Vicario parrocchiale a Petite-Rivière de l’Artibonite (1988-1989); Amministratore della medesima parrocchia (1989-1992); Vicario nella Cattedrale di Les Gonaïves (1992-1993); Parroco della Parrocchia della Visitazione (1993-1998); Parroco della Parrocchia di Saint-Marc (2000-2008). Dal 2008, è Parroco della Cattedrale di Les Gonaïves. Nello stesso tempo è Vicario generale della diocesi. È anche Responsabile del centro pastorale diocesano Pastor Bonus e presiede le Commissioni diocesane per la Catechesi e la Liturgia.

    In Spagna, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Pamplona y Tudela mons. Juan Antonio Aznárez Cobo, finora vicario generale della medesima arcidiocesi, assegnandogli la Sede titolare Vescovile di Bisuldino. Mons. Juan Antonio Aznárez Cobo è nato il 14 gennaio 1961 a Eibar (Guipúzcoa). Conseguita la Licenza in Filosofia e Lettere presso l’Università di Zaragoza nel 1984, ha frequentato poi gli studi ecclesiastici nel Seminario di Pamplona ed è stato ordinato sacerdote a Tudela il 27 ottobre 1990. Dopo esser stato Amministratore parrocchiale di San Juan Bautista di Mendavia, è stato inviato a Roma per completare i suoi studi, e nel 1997 ha ottenuto la Licenza in Scienze Bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico. Rientrato in diocesi, è stato Vicario parrocchiale di San Juan Evangelista di Huarte-Pamplona (1997-1999), Parroco di San Esteban e Santos Emeterio y Celedonio (1999-2004) e Parroco di San Jorge (2004-2009). Dal 26 giugno 2009 è Vicario Generale. Inoltre, a Pamplona è Professore di Sacra Scrittura nel Centro Superior de Estudios Teólogicos San Miguel Arcángel, nell’Instituto de Ciencias Religiosas e nella Facoltà di Teologia dell’Università di Navarra.

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    Padre Lombardi: Chiesa e presenza eucaristica per tutti

    ◊   Essere consapevoli di essere in piena comunione con la Chiesa pur senza ricevere sacramentalmente l’ostia. A prima vista, secondo il comune sentire, ciò appare come una contraddizione. Non è così e Benedetto XVI lo ha spiegato pochi giorni fa, durante l’Incontro mondiale delle famiglie a Milano, affrontando in particolare la delicata questione dei divorziati risposati. Nel suo editoriale per il settimanale d’informazione “Octava dies” del centro Televisivo Vaticano, padre Federico Lombardi riflette su questo aspetto:

    In occasione del Corpus Domini il Papa ha ripreso un tema caratteristico del suo magistero sul culto eucaristico: la complementarità della celebrazione della Messa e dell’adorazione. Un’accentuazione eccessiva, per non dire esclusiva, della celebrazione eucaristica a scapito della dimensione e del tempo effettivamente dedicato all’adorazione porta a non comprendere più e a non percepire la presenza viva del Signore nel Sacramento eucaristico anche fuori della Messa e forse anche il significato spirituale e la ricchezza della stessa celebrazione della Messa.

    Ora, cogliere questa presenza nella sua verità e nella sua realtà è fondamentale per la vita cristiana. Mi sono tornate spontaneamente alla mente le parole intense che il Papa ha detto pochi giorni fa durante la veglia festosa con le famiglie a Milano, parlando alle persone che non possono ricevere la comunione perché si trovano in situazione matrimoniale irregolare. Diceva: “E’ molto importante che sentano che l’Eucarestia è vera e partecipata se realmente entrano in comunione con il Corpo di Cristo. Anche senza la ricezione ‘corporale’ del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo”. Già, perché il suo Corpo non è solo l’ostia consacrata, ma la comunità della Chiesa… Invitare alla comunione “spirituale” quando non è possibile quella “corporale”, non è voler dare un’ingannevole consolazione, ma è allargare e approfondire le dimensioni della vita nella fede e nella comunità di fede. Solo così anche quell’altra parola del Papa a Milano – a prima vista un po’ misteriosa – può trovare il suo senso: la sofferenza di chi è privo della comunione sacramentale, se accettata interiormente come prezzo della testimonianza comune che i credenti devono dare al valore della stabilità dell’amore matrimoniale sacramentale, “è un dono per la Chiesa”. Sì, perché non è “fuori” della comunità, ma “pienamente dentro”, nel suo cuore, con un desiderio forse ancora accresciuto da un’esperienza di privazione.

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    Nota della Sala Stampa della Santa Sede sulle vicende riguardanti il prof. Gotti Tedeschi

    ◊   "La Santa Sede ha appreso con sorpresa e preoccupazione le recenti vicende in cui è stato coinvolto il Prof. Gotti Tedeschi". Lo si legge in una nota della Sala Stampa Vaticana, che prosegue affermando che è riposta "nell’autorità giudiziaria italiana la massima fiducia che le prerogative sovrane riconosciute alla Santa Sede dall’ordinamento internazionale siano adeguatamente vagliate e rispettate. La Santa Sede - si legge ancora - conferma inoltre la sua piena fiducia nelle persone che dedicano la loro opera con impegno e professionalità all’Istituto per le Opere di Religione e sta esaminando con la massima cura l’eventuale lesività delle circostanze, nei confronti dei diritti propri e dei suoi organi". La nota termina ribadendo "che la mozione di sfiducia adottata nei confronti del Prof. Gotti Tedeschi da parte del Consiglio di Sovrintendenza è stata fondata su motivi oggettivi, attinenti alla governance dell’Istituto, e non determinata da una presunta opposizione alla linea della trasparenza, che anzi sta a cuore alle Autorità della Santa Sede, come all’Istituto stesso".

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    Dublino. Vigilia del Congresso eucaristico internazionale: intervista con mons. Piero Marini

    ◊   A Dublino, con la relazione odierna del cardinale Rodriguez Maradiaga su Eucaristia e Missione, che ha dato il tono alla giornata conclusiva del Simposio Teologico Internazionale dell’Università di Maynooth, cala il sipario su un importante appuntamento alla vigilia del 50.mo Congresso Eucaristico Internazionale. Il servizio di Enzo Farinella:

    Tre porporati, Ouellet, Kock e Rodriguez Maradiaga, hanno presentato in tre giorni diversi, le colonne su cui si regge la Chiesa nel mondo contemporaneo. L’ecclesiologia della comunione, basata sull’Eucaristia e presentata dal cardinale Ouellet, è stata un vero trattato De Ecclesia, un pilastro fondamentale, che, come ha riferito il porporato, ha rivitalizzato la Chiesa dal di dentro e moltiplicato le sue aperture ecumeniche e missionarie all’esterno, impegnandola maggiormente nelle problematiche della pace e della giustizia nel mondo, nella solidarietà su scala globale e nella promozione del dialogo interreligioso. Il cardinale Kock ha sottolineato invece il legame tra Eucaristia e comunione ecclesiale, mettendo in evidenza come la devozione privata e individuale verso l’Eucaristia deve essere sempre intesa nella sua dimensione ecclesiale, appartenendo tutti all’unico Corpo di Cristo, nell’abbraccio universale della Chiesa. La Comunione, infatti, non è qualcosa di amorfo, ma la linfa che dà vita, animando tutta l’umanità, redenta dal Sacramento del Battesimo, che ci riunisce tutti in Cristo.

    La missione della Chiesa odierna, “Andate e predicate a tutte le genti” è l’esigenza dell’Eucaristia, tema trattato dal cardinale Rodriguez Maradiaga, quasi a conclusione dei tre giorni di studio che hanno approfondito la necessità di vivere l’ecclesiologia della comunione e l’esigenza ecumenica di condividerla con tutta l’umanità. A queste tre importanti relazioni si sono aggiunti contributi e approfondimenti da parte di teologi internazionali, che hanno arricchito la visione complessiva dell’Eucaristia e le sfide che la Chiesa deve affrontare oggi, dall’ecumenismo all’economia, dal laicato al lavoro pastorale del prete in un contesto culturale secolarizzato, dal dialogo interreligioso alla comunione nella fede, nella missione e nella vita sacramentale. Il tutto è stato coronato da celebrazioni liturgiche, preghiere in comune e note musicali.

    Mons. Piero Marini, presidente del Pontificio Comitato dei Congressi eucaristici internazionali, ricorda – al microfono dell'inviata della Radio Vaticana a Dublino, Emer McCarthy – il lungo percorso sviluppato in oltre un secolo da questi importanti raduni ecclesiali:

    R. - I Congressi eucaristici sono nati alla fine del 1800, con la spiritualità che caratterizzava quel periodo storico. Un periodo che vedeva la contrapposizione tra la Chiesa e la società civile, soprattutto per le questioni anche relative all’occupazione dello Stato Pontificio da parte dell’Italia; quindi c’era una certa ostilità, il Papa veniva considerato come prigioniero, generalmente i poteri civili erano ostili alla Chiesa. Tutto questo aveva portato a sviluppare la pietà verso l’Eucaristia con queste tematiche di fondo, e cioè il risveglio dei cattolici per dire: “Nella società ci siamo anche noi, vogliamo avere la nostra presenza, nella società non esistono solo i poteri civili che sono contro la Chiesa, ma esiste anche un potere superiore che è quello della presenza di Cristo nell’Eucaristia”. E poi c’era anche la necessità, nel 1800, di presentare un Dio più vicino all’umanità: eravamo nel periodo in cui si era molto sviluppato il giansenismo, pensiamo che Blaise Pascal in punto di morte aveva chiesto la Comunione e gli era stata negata perché la Comunione era riservata solo alle persone sante. Naturalmente, c’è anche la sottolineatura dell’aspetto sociale dell’Eucaristia, già presente all’inizio dei Congressi Eucaristici, che viene ancora più sottolineato ad esempio a partire dal 1960. Ad esempio, a Bombay, il Papa Paolo VI – è la prima volta che un Papa fuori Roma presiede, partecipa ad un Congresso Eucaristico internazionale – ha fatto arrivare una nave carica di grano proprio nel giorno in cui si apriva il Congresso Eucaristico, per sottolineare questo impegno, questo aiuto di tutta la Chiesa verso l’India, che in quel periodo soffriva varie difficoltà, soprattutto la fame. E così arriviamo agli ultimi Congressi, fino al Congresso di Québec, celebrato quattro anni fa, nel 2008, e al Congresso Eucaristico di Dublino. Naturalmente, dopo la scelta della sede del Congresso, il Pontificio Comitato e soprattutto il Consiglio di presidenza deve scegliere il motto del Congresso e i vescovi irlandesi – allora, quando non era ancora manifesto tutto questo problema della difficoltà di questa Chiesa ferita – hanno voluto scegliere un motto che appartiene ai documenti del Concilio, in particolare alla Lumen Gentium, dove si parla dell’Eucaristia come “Comunione con Cristo e tra di noi”. Probabilmente, il nome di “Congresso Eucaristico” porta con sé una visione dei Congressi Eucaristici del passato che non è più la visione dei Congressi Eucaristici di oggi. Oggi un Congresso Eucaristico è il Congresso che si basa sulla celebrazione e sulla vita. Siamo nella nuova evangelizzazione: la Nuova Evangelizzazione non si limita alla sola celebrazione dell’Eucaristia. Per celebrare l’Eucaristia bisogna essere preparati, bisogna sapere che cosa si va a fare, bisogna sapere che cosa è la Sacra Scrittura, bisogna sapere che cosa sono i segni che si compiono. Bisogna rinnovare la nostra catechesi, bisogna rinnovare la nostra formazione, che comincia nei nostri Seminari, per scendere alle varie comunità, rinnovare la formazione dei laici… Adesso ci sono, fortunatamente, tanti laici preparati. Soprattutto, adesso che stiamo diventando forse una minoranza in tanti Paesi dell’Europa, dobbiamo unire le nostre forze e non dividerci in tante piccole “chiesuole”, ricordando che il Concilio ci parlava sempre della Chiesa locale come della Chiesa diocesana. Allora, tutti dobbiamo essere uniti al Vescovo, tutti dobbiamo essere uniti al Papa, e insieme possiamo costruire questo rinnovato volto della Chiesa che si manifesta proprio attraverso la liturgia. La liturgia è l’elemento di comunione, come ci diceva San Paolo: “Voi non potete fare la comunione con il Corpo di Cristo se siete divisi tra di voi”. E quindi anche oggi l’Eucaristia è il momento della comunione, non della divisione.


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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per evangelizzare il matrimonio e la famiglia: Benedetto XVI ai vescovi di Papa Nuova Guinea e delle Isole Salomone in visita "ad limina".

    Ritorno all'essenziale: in prima pagina, Carlo Bellieni sulla medicina al tempo della crisi.

    Madrid bussa alle casse di Bruxelles: in rilievo, nell'informazione internazionale, la Spagna, che punta ad accedere al fondo salva-Stati per ricapitalizzare le banche.

    Dove si trova l'equilibrio dell'uomo: in cultura, su Giovanni Paolo II e la cultura della vita, anticipazione della conferenza che il cardinale segretario di Stato terrà oggi pomeriggio nel Seminario maggiore di Lodz, in Polonia, in un incontro con una rappresentanza del mondo della cultura e della scienza.

    Né darwinismo né Intelligent Design: su cosa accomuna la prospettiva creazionistica di Jonas a quella di Ratzinger, un articolo di Paolo Becchi e Roberto Franzini Tibaldeo curatori del libro di Hans Jonas "Materia, spirito e creazione" (che uscirà in questi giorni).

    Nei documenti dell'Archivio Segreto, gli anni che portarono alle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Turchia.

    Cinque secoli di sguardi sulla realtà: Alessandro Scafi sulla critica d'arte di Giovanni Testori.

    Se solo volessimo conoscere: Giulia Galeotti segue il filo rosso che lega due libri - "Vite indegne di essere vissute" e "Se ti abbraccio non avere paura" - che raccontano la disabilità mentale.

    La comunione realizza la Chiesa: nell'informazione religiosa, l'intervento del cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi e legato pontificio al Congresso eucaristico internazionale di Dublino.

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    Oggi in Primo Piano



    Daraa e Homs bombardate dai fedeli di Assad. Si indaga su Qubeir

    ◊   Anche oggi le città siriane di Homs e Daraa sono sotto i bombardamenti delle forze fedeli al presidente Bashar al Assad. L’opposizione dà notizia di decine di vittime a Daraa, tra loro donne e bambini. Intanto, è ancora da chiarire ciò che sarebbe accaduto a Qubeir, dove ieri sono entrati gli osservatori dell’Onu. Francesca Sabatinelli:

    Testimoni avevano denunciato un massacro: un’ottantina di persone, molte donne e bambini, uccisi nella città di Qubeir. Una nuova strage dopo quella di Hula. Ma gli osservatori delle Nazioni Unite frenano: il villaggio era vuoto e, nonostante tracce di sangue nelle abitazioni, visibilmente danneggiate da missili e granate, le circostanze non sono chiare e il numero delle vittime non è confermato. I segni della violenza erano stati documentati da subito da un reporter della Bbc, che aveva parlato di resti umani nelle case. E mentre a Istanbul si riunisce il Consiglio nazionale siriano, principale organizzazione dell’opposizione, per eleggere il nuovo leader dopo le dimissioni di Burhan Ghalioun, legato ai Fratelli Musulmani, l’Occidente continua a leggere in ciò che accade il rischio della guerra civile, come denunciato dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si prepara a discutere una nuova bozza di risoluzione che disporrebbe sanzioni nei confronti di Damasco, tra le quali l’embargo sulle armi, ma soprattutto il coinvolgimento della Corte penale internazionale sui crimini contro la popolazione.

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    Grecia verso le elezioni politiche del 17 giugno in un clima di grande tensione

    ◊   La Grecia si prepara, per la seconda volta nel giro di poche settimane, a votare per le elezioni politiche. Una tornata elettorale tra le più difficili della sua storia, che si svolgerà domenica 17 giugno, in un clima di grande tensione sociale, legata oltre che alla grave crisi economica, anche alla presenza in Parlamento dei neonazisti di “Alba dorata”. Ieri una manifestazione anti-fascista ha fatto salire la tensione ad Atene. Di certo, tutti sono consapevoli che il risultato che uscirà dalle urne sarà essenziale per determinate il futuro assetto del Paese e per la permanenza dello stesso in Europa. Salvatore Sabatino ha chiesto alla collega greca Vassiliki Markaki, se le forze politiche, che non sono riuscite il mese scorso a formare un governo di unità nazionale, riusciranno questa volta a mostrare maggior senso di responsabilità, anche nei confronti dell’Europa:

    R. – Dipenderà dai numeri che usciranno dalle urne. Certo, se il primo partito sarà ancora Syriza, di sinistra, grande sorpresa dell’ultimo turno elettorale, sarà difficile pensare ad un governo di unità nazionale; ha già dichiarato che non vuole collaborazioni. Dall’altra parte, quasi tutto fa escludere un governo autonomo o un esecutivo con i due partiti conservatori e socialisti, che sono stati i protagonisti degli ultimi 40 anni di storia.

    D. – Molte volte si è parlato anche della possibilità di avere un governo tecnico, sul modello di quello italiano, però l’ipotesi è stata sempre scartata. Perché?

    R. – Il governo che ha preceduto le elezioni era un governo tecnico, dove partecipavano, con tantissimi rappresentanti, tutti i partiti. Non si è riusciti, però, a formare un governo tecnico che veramente governasse e, principalmente, non si è riusciti a fare un governo che non avesse questa dipendenza dai partiti. Nel prossimo giro, forse, è più probabile un governo di unità nazionale, con, naturalmente, tante caratteristiche tecniche.

    D. – All’interno del Parlamento, nelle ultime elezioni, sono entrati anche i neonazisti di "Alba Dorata". Secondo le previsioni dovrebbero conquistare nuovamente dei seggi, anche se con una percentuale più bassa della precedente. Continua ad essere solo un voto di protesta o c’è qualcos’altro?

    R. – Secondo me è un voto di protesta; la Grecia non si merita lo spettacolo di questi personaggi: è un Paese profondamente tollerante, profondamente democratico e profondamente antifascista. Evidentemente le mancanze di tutti hanno dato il via a questo "gruppetto di ignoranti", i quali continuano a provocare su temi nazionali e internazionali.

    D. – L’Europa guarda ovviamente con grande interesse alle elezioni greche, perché la permanenza di Atene nell’area euro determinerà la sopravvivenza della moneta unica. La gente percepisce il rischio che il Paese correrebbe tornando alla Dracma?

    R. – Io credo che da una parte la gente percepisca questo pericolo, ma dall’altra parte credo che ci si trovi nella fase pericolosissima di quando uno dice: “Cosa ho da perdere?” Se non hai davvero niente da perdere, puoi dare solo espressione alla tua rabbia.

    D. – La crisi che ha coinvolto la Grecia ha modificato anche l’assetto sociale del Paese e si assiste ad una sorta di imbarbarimento. Oggi come si potrebbe definire la società greca?

    R. – E' una società profondamente delusa dai suoi partiti, dai suoi politici e anche da se stessa. Una società che è stata trascinata ad arte nel consumismo senza limiti, senza pensieri, per sentirsi dire subito dopo, nel giro di pochi mesi: “Siete poveri, siete i più poveri, siete quelli che hanno truccato i conti, non avete mai avuto veramente le possibilità di esserci in Europa”. E’ una società che sta combattendo veramente con i peggiori incubi, che possono esistere in ciascuno di noi e in tutti noi messi assieme.

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    Costa D’Avorio: uccisi in imboscata 7 caschi blu e 8 civili

    ◊   Torna la tensione in Costa d’Avorio, teatro tra il 2010 e il 2011 di una drammatica crisi politica, sfociata in un conflitto costato la vita ad oltre 300 persone. Nella notte, sette caschi blu nigeriani dell’Onu sono stati uccisi in un’imboscata tra Tai e il villaggio di Para da cui la popolazione è in fuga. Altri otto civili sarebbero morti nella stessa zona. Dura condanna è stata espressa dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che ha chiesto al governo ivoriano di assicurare i responsabili alla giustizia. Ma chi potrebbe esserci dietro questi attacchi? Cecilia Seppia lo ha chiesto a padre Franco Moretti, direttore della rivista Nigrizia:

    R. – Sono i mercenari e gli ex soldati di Gbagbo, l’ex presidente che ha perso le elezioni nel 2010. Lui rifiutò di riconoscere la vittoria di Ouattara, l’attuale presidente, e i suoi ex militari, tra cui molti mercenari della Liberia, si sono rifugiati appunto in Liberia che è proprio al di là del confine. Human Rights Watch aveva già parlato nei mesi scorsi, ma anche recentemente, di questi attacchi contro alcuni villaggi della Costa d’Avorio, ecco perché le forze dell’Onu si trovavano in quella zona, a difendere questi villaggi. Diciamo che la pace non è ancora totale: siamo ben lontani dall’avere un Paese unito e unificato.

    D. – Tra l’altro, proprio ieri un importante alleato dell’ex presidente Gbagbo ed ex ministro della difesa, Kouassi, è stato arrestato in Togo e si tratta del primo dei sostenitori di Gbagbo a essere arrestato: questa è una novità rilevante sul fronte politico…

    R. – Qualcosa si sta muovendo. Sono 23 le persone ricercate e condannate dall’attuale governo, però sono in molti – sia in Costa d’Avorio, sia all’estero – che non hanno mai accettato la sconfitta di Gbagbo e non tentano neppure, all’Onu, di essere rimasti a sostenere il nuovo governo. E quindi ecco che prendersela con Ouattara, o non accettare Ouattara e prendersela con le forze dell’Onu che lo sostengono, è la stessa cosa. E’ rischioso: qualcuno dice che potrebbe essere una prima mossa, quindi potrebbero esserci nei prossimi giorni altri arresti, altri ex ministri del vecchio presidente potrebbero essere arrestati e consegnati al governo legittimo della Costa d’Avorio. D’altra parte, però, potrebbe essere un pericolo verso una possibile e affrettata pacificazione del Paese. E’ ovvio che gli antichi sostenitori di Gbagbo oggi urlano, gridano, sono rattristati perché i loro antichi campioni, uno alla volta, sono arrestati e magari consegnati all’Aja – come è già accaduto per l’ex presidente.

    D. – Tra l’altro, secondo testimonianze, la gente starebbe proprio fuggendo da questa zona che è compresa tra Tai e il villaggio di Para: quindi c’è tensione, c’è paura e – come diceva lei – forse potrebbe essere l’inizio di qualcosa che non si è mai spento, nel Paese?

    R. – Ecco, sì, che ci sia del fuoco sotto alla cenere, è scontato. Potrebbe scoppiare, potremmo vedere nei prossimi giorni vere e proprie fiamme? Io spero di no. Però, questo atteggiamento di Ouattara di esigere che i suoi antichi nemici, i "dinosauri" dell’ex governo, gli vengano consegnati perché lui li vuole processare, a noi occidentali può sembrare una cosa giusta: chi ha sbagliato, paghi. Ma non sempre questo potrebbe funzionare così "dolcemente" in una situazione come quella della Costa d’Avorio, dove c’è stata una decennale guerra civile e quindi gli animi sono ancora surriscaldati, gli odii non si sono ancora sopiti e quindi la voglia di vendicarsi potrebbe aumentare. Qualcuno dice che invece di riportarli in patria per condannarli, per consegnarli alla Corte penale internazionale…

    D. – …forse sarebbe giusto che il nuovo presidente, Outtara, provasse a mettere in campo una politica diversa?

    R. – Ouattara potebbe adottare una politica diversa: una comprensione, una riconciliazione, non so. Tanto più che qualcuno, contrario a Ouattara, è pronto a tirar fuori dossier contro di lui. Si sa, ad esempio, che i suoi uomini hanno compiuto massacri nel tentativo di avvicinarsi alla capitale quando egli doveva essere insediato come presidente. Quindi, i morti ci sono stati da tutte e due le parti, i crimini sono stati commessi da tutte e due le parti e qualcuno dice: “Ora si arrestano solo i perdenti, ai vincitori si perdonano tante cose”. Quindi, è ancora confusa la situazione.

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    Sisma tra Veneto e Friuli. Domani, colletta Cei nelle parrocchie per le popolazioni dell’Emilia

    ◊   Un terremoto di magnitudo 4,5, che fortunatamente non ha provocato vittime, ha colpito nella notte le province di Belluno e Pordenone. Un’altra scossa, di bassa intensità, è stata registrata stamani nell’area di Finale Emilia. I due fenomeni, secondo gli esperti, non sono collegabili. Domani intanto, nel giorno in cui si celebrerà la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, si terrà in tutte le parrocchie italiane la colletta nazionale - promossa dalla Conferenza episcopale italiana che ha già stanziato 3 milioni di euro - in favore delle popolazioni dell’Emilia. La solennità del Corpus Domini ci ricorda che il Signore non è lontano dalla nostra vita, dalle nostre sofferenze. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il parroco di Finale Emilia, don Ettore Rovatti:

    R. – Quando Gesù dice “Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” lo dice in modo serio. Gesù soffre con noi: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare”. Gesù è presente e dice: “Io mi assumo le sofferenze dell’umanità”. Quindi, io sono sempre grato al Signore, perché ha voluto bene all’umanità e non si è mai vergognato dell’umanità. Non è andato in cielo, dimenticandosi di noi. Lui dice: “Io sarò con voi sempre”. L’Eucaristia, quindi, è l’espressione più alta dell’amore di Dio per noi.

    D. – Quali sono, in questo momento, le esigenze della vostra comunità?

    R. – Le nostre splendide sette chiese sono state tutte molto gravemente colpite, così come la scuola materna e il Santuario degli Obici, Santa Maria degli Angeli. Di fatto, l’esigenza primaria è quella di riaprire la scuola materna. Sono 150 i bambini che la frequentano e 15 le persone alle dipendenze della scuola. Le chiese le apriremo pian piano.

    D. – Per il momento, le celebrazioni eucaristiche si svolgono all’interno di un tendone…

    R. – In questa grande tenda, che è estremamente comoda, domani avremo due matrimoni, due battesimi. Martedì, per esempio, verrà il ministro Passera ad incontrare gli industriali. Durante il giorno, poi, sono centinaia i ragazzi che giocano e cercano di dimenticare. Ci sono anche i bambini, che si preparano per l’esame di terza media. Quindi, è un luogo di aggregazione notevole, che aiuta tutta la gente ad avere voglia di fare, anche a livello propriamente materiale, per ridare lavoro a chi l’ha perso, per ricostruire quello che è ricostruibile, o perlomeno metterlo in sicurezza. Il bene è sempre più forte del male, perché il Signore deve vincere.

    Per aiutare la Caritas nel suo impegno nei confronti degli sfollati, si possono inviare offerte tramite c/c postale n. 347013 specificando nella causale: "Terremoto Nord Italia 2012". In alternativa, attraverso bonifico bancario a:

    Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma - Iban: IT 29 U 05018 03200 000000011113
    UniCredit, via Taranto 49, Roma - Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119
    Banca Prossima, via Aurelia 796, Roma - Iban: IT 06 A 03359 01600 100000012474
    Intesa Sanpaolo, via Aurelia 396/A, Roma - Iban: IT 95 M 03069 05098 100000005384.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella Solennità del Corpus Domini, la liturgia ci presenta il Vangelo dell’Ultima Cena così come è raccontata da Marco. Gesù spezza il pane e lo distribuisce ai discepoli dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi dà loro il calice:

    “Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    La Messa ci è così familiare che a volte non ci rendiamo conto di quale mistero in essa si compia, in questo “grande sacramento”, come diceva papa Woytila. La Messa è memoria e presenza, alleanza e banchetto, sacrificio e epifania sempre nuovi. L’immensità del mistero di Dio si fa corpo e sangue, si fa nutrimento e grazia, si fa morte e vita, per dare a noi vita eterna. La preparazione della cena pasquale, come ce la racconta Marco, in una stanza ampia e ben arredata, indica l’importanza centrale dei gesti che vi si compiono. Anche il luogo collabora all’atmosfera di festa. Ma è in quelle parole così dense di Gesù: “Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue dell’alleanza”, che si deve cogliere il vertice. Corpo e sangue del Signore: un realismo che sconcerta; ma anche un legame con tutti i corpi, le persone concrete, la realtà umana. La grazia passa proprio attraverso il realismo di un corpo che si dona, di un vivere che si fa abbraccio e servizio, attraverso fatti concreti e non solo parole. E noi ne facciamo memoria non solo nel rito, ma nel nostro vivere, nel nostro amare, nel nostro risorgere sempre da capo, nella nostra lotta alla tristezza, alla paura, alla morte. Perché trionfino la vita e la solidarietà.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: il Patriarca Gregorios III chiede un mese di digiuno e di preghiera per la pace

    ◊   Di fronte ai massacri e ai sanguinosi eventi vissuti negli ultimi tempi in Siria, Gregorios III Laham, Patriarca greco-cattolico melchita di Damasco, ha lanciato un accorato appello a tutti i fedeli perchè vivano un periodo di preghiera, astinenza e digiuno per la pace. La Chiesa intende accompagnare la difficile situazione nel Paese, perché “il Dio possa ristabilire la pace, l’amore fraterno e la solidarietà reciproca in Siria, in tutte le sue regioni e tra tutti i suoi cittadini”, recita il messaggio, inviato all’agenzia Fides. Messaggio nel quale il Patriarca afferma: “Nella tradizione orientale della Chiesa, dopo la Pentecoste, nel mese di giugno si osserva il ‘digiuno dei Dodici Apostoli’, tra i quali Pietro e Paolo, che la Chiesa in Oriente e Occidente commemora il 29 giugno. Questo digiuno comincia quest'anno il 4 giugno e termina il 28 giugno. Ora, dopo l'escalation di violenza, in particolare la diffusa serie di omicidi e rapimenti a scopo di estorsione che ha colpito un gran numero di membri della Chiesa greco-melchita cattolica e gli altri, specialmente in Homs, chiediamo a tutti i figli della nostra Eparchia patriarcale di Damasco di digiunare e offrire speciali preghiere ogni giorno, a casa e in chiesa”. Il Patriarca spiega: “Questa è la nostra risposta agli eventi dolorosi che hanno causato il pianto e la sofferenza, diffondendo immagini terrificanti e provocando odio e vendetta”. La speciale iniziativa, informa il Patriarca, è rivolta a tutti, clero, religiosi, fedeli laici, famiglie, che potranno rivolgere a Dio speciali intenzioni di preghiera: “per tutti i cristiani, che siano confermati nella vera fede vera e possano essere uniti nella Chiesa; per i leader e i membri del Parlamento, che possano essere illuminati e seguire vie di comprensione, compassione e cooperazione; per tutti gli abitanti della Siria, che i loro cuori possono essere confermati nella comprensione e nella pace. (R.P.)

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    Siria. Ultimatum ai cristiani dall'opposiziome armata: “Via da Qusayr”

    ◊   Esodo dei cristiani nell'Ovest della Siria: la popolazione cristiana ha lasciato la cittadina di Qusayr, nei pressi di Homs, in seguito a un ultimatum lanciato dal capo militare dell’opposizione armata, Abdel Salam Harba. E’ quanto riferiscono fonti locali dell'agenzia Fides segnalando che, in seguito allo scoppiare del conflitto, dei diecimila fedeli che abitavano la cittadina, ne erano rimasti solo mille, che ora sono stati costretti a fuggire in fretta a furia. Alcune moschee della città hanno rilanciato il messaggio, annunciando dai minareti: “I cristiani devono lasciare Qusayr entro sei giorni, che scadono questo venerdì”. L’ultimatum, dunque, è scaduto ieri, 8 giugno, e ha prodotto paura fra la popolazione cristiana che aveva ricominciato a sperare dopo la presenza di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita che si era fermato a Qusayr per una settimana, con l’idea di “pregare e digiunare per la pace, nel bel mezzo del conflitto”. La ragioni di questo ultimatum restano oscure. Secondo alcuni, esso serve a evitare ai fedeli nuove sofferenze; altre fonti rilevano “una continuità nelle discriminazioni e nella repressione mirata”. Altri ancora sostengono che i cristiani hanno manifestato apertamente la loro fedeltà allo Stato e per questo l’esercito dell’opposizione li scaccia. Ora le famiglie cristiane di Qusayr hanno iniziato il loro esodo di sfollati verso le valli e le campagne circostanti. Alcuni si sono rifugiati da parenti e amici a Damasco. Alcune famiglie, pochissime, hanno voluto coraggiosamente restare nella loro città natale, ma non si sa a quale sorte potranno andare incontro. Fonti di Fides ribadiscono che gruppi di estremisti islamici salafiti, che sono nelle file dell’opposizione armata, considerano i cristiani “infedeli”, ne confiscano i beni, compiono esecuzioni sommarie e sono pronti ad avviare una “guerra confessionale”. (R.P.)

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    Lisbona: dal Forum cattolico-ortodosso un messaggio di speranza per la crisi europea

    ◊   “L’Europa di oggi sta attraversando una crisi gravissima” e “molti europei soffrono direttamente per le conseguenze di questa crisi”, nutrendo “preoccupazioni rispetto al loro futuro”. Di fronte a questa situazione, “le nostre Chiese accolgono e sono attente a queste sofferenze e preoccupazioni. Esse desiderano rivolgere ai loro fedeli e a tutti gli europei un messaggio di fiducia e di speranza. Dobbiamo continuare ad avere fiducia nella Provvidenza divina e nella nostra capacità di correggere gli errori del passato, e dobbiamo tracciare le linee di un futuro di giustizia e di pace”. Lo si legge nel messaggio finale dei partecipanti al III Forum cattolico-ortodosso che si è tenuto a Lisbona, dal 5 giugno a ieri, sul tema “La crisi economica e la povertà. Sfide per l’Europa di oggi”. “L’uomo - prosegue il messaggio - trova il proprio compimento in Dio, suo Creatore e Salvatore”, ma “sotto l’influsso del processo di secolarizzazione, molti europei hanno preso le distanze da questo legame costitutivo con Dio, cercando il senso della vita nel solo orizzonte terrestre”. Perciò, “le Chiese osservano che la crisi che stiamo attraversando non è soltanto una crisi economica. Si tratta invece di una crisi non solo morale e culturale ma più profondamente antropologica e spirituale”. La società “deve essere organizzata in modo da essere sempre al servizio dell’uomo, e non il contrario”. Se gli europei vogliono uscire dalla crisi, si legge nel messaggio finale, “devono capire che è necessario cambiare stile di vita”. La crisi può essere “l’occasione di una presa di coscienza salutare. Gli europei devono dare un senso all’attività economica partendo da una visione integrale, non troncata, della persona umana e della sua dignità. Rimettendo la persona nella sua giusta collocazione, subordinando l’economia agli obiettivi di sviluppo integrale e solidale, aprendo la cultura alla ricerca del vero, facendo spazio alla società civile e all’ingegnosità dei cittadini che operano per il benessere dei loro contemporanei, creeranno le condizioni per far emergere un nuovo tipo di rapporto con il denaro, con la produzione e con il consumo”. In questo mutamento, “deve essere accordata una priorità al lavoro. È opportuno privilegiare le attività generatrici di posti di lavoro. Ognuno deve poter vivere dignitosamente, realizzarsi grazie al lavoro ed essere solidale con gli altri. Ogni forma di corruzione e di sfruttamento deve essere soppressa”. Il mercato, perciò, “non deve essere una forza anonima e cieca”, ma “chiede di essere regolato in funzione dello sviluppo integrale della persona”. I partecipanti al Forum hanno quindi rivolto “una parola di incoraggiamento ai governi nazionali e ai responsabili delle istituzioni europee nei loro sforzi volti a concretizzare una via giusta ed equa per uscire dalla crisi economica e finanziaria, con un’attenzione particolare ai Paesi che sono più in difficoltà”. Un appello poi “all’unico agente del cambiamento in grado di far evolvere le nostre società verso un nuovo stile di vita: il cittadino dei nostri Paesi europei”. “Se tale cittadino capisce la necessità vitale di un cambiamento rispetto alle sue abitudini di consumo - si legge nel testo - avrà la gioia di ravvivare le radici cristiane e coltivare la dimensione spirituale del suo essere, l’unica in grado di colmare la sua ricerca di felicità e di senso”. (R.P.)

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    Massacri in Congo: la Chiesa di Bukavu denuncia l’indifferenza della missione Onu

    ◊   È chiaro ed esplicito l’appello lanciato dalla Commissione diocesana Giustizia e Pace dell’arcidiocesi di Bukavu, nella provincia del Sud-Kivu, in Congo: sale il numero delle violenze e dei massacri nella zona. A compierli sono i ribelli delle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda (Fdlr), che dopo il genocidio del 1994 si sono rifugiati nei territori nord del Congo. Assaltano i villaggi, stuprano, uccidono, appiccano il fuoco e, in due mesi, circa 50 persone hanno perso la vita. “La popolazione di Bunyakiri, nel territorio di Kalehe – afferma la denuncia inviata all’agenzia Misna – recentemente vittima di gravi violenze, lancia un Sos alla comunità internazionale che la lascia in balia delle feroci bande armate ruandesi che continuano a seminare morte nei villaggi in tutta impunità. La Monusco – prosegue – non ha fatto niente anche se i massacri si sono verificati a meno di 300 metri da un suo accampamento”. La Monusco è la locale missione dell’Onu, il più costoso e consistente contingente di peacekeeper al mondo, nei confronti della quale, insieme al governo, “la popolazione prova paura ma soprattutto rabbia” per la loro incapacità di proteggere i civili. Catherine Ashton, Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, si è detta seriamente preoccupata per la situazione nei Kivu. “È nell’interesse di tutti – ha aggiunto – che Kinshasa ristabilisca la sua autorità su tutto il territorio”. (A.C.)

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    India: nel Chhattisgarh estremisti indù armati attaccano un funerale cristiano

    ◊   Continuano le violenze contro i cristiani nello Stato del Chhattisgarh, governato dal Bharatiya Janata Party (Bjp) partito nazionalista indù. Lo scorso 6 giugno in un villaggio della periferia di Bacheli (distretto di Bastar) una folla di estremisti indù armati ha attaccato un gruppo di cristiani della Bastar Christ Movement Church durante un funerale. Nello scontro sono rimaste ferite nove persone. I protestanti - riferisce l'agenzia AsiaNews - stavano celebrando il funerale della figlia del pastore Shankarlal Karma, responsabile della comunità. Alcuni testimoni raccontano che il gruppo di radicali indù si è avvicinato al corteo funebre armato di coltelli e bastoni e ha iniziato a insultare i circa 100 cristiani presenti alle esequie. Quando il gruppo è giunto nei pressi del cimitero per seppellire il corpo della giovane, gli estremisti si sono scagliati contro la folla, facendo fuggire tutti i presenti. Per impedire la celebrazione del rito, i fanatici hanno ricoperto la fossa con della terra. Incapace di mantenere la sicurezza, la polizia ha convinto la famiglia della defunta a seppellire il corpo nel cimitero cristiano della città di Bacheli. Terminate le esequie, Shankarlal Karma ha denunciato l'aggressione presso la locale stazione di polizia. Finora gli agenti hanno identificato solo 10 persone che hanno partecipato all'attacco. Dal 3 agosto 2006 nel Chhattisgarh vige una legge anti-conversione che obbliga chiunque voglia cambiare religione a comunicarlo un mese prima al magistrato distrettuale. Chi viola questa regola viene punito con una multa che oscilla fra le 50 e le 100 mila rupie, oltre alla detenzione fino a tre anni. Stessa pena per coloro che operano "conversioni forzate". Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christian sottolinea che tale legge è una piaga per le comunità cristiane dello Stato. "Gli estremisti indù - afferma - la utilizzano per molestare le minoranze religiose". Secondo l'attivista, il governo guidato dal Bjp non fa nulla per fermare queste violenze e consente ai fanatici di attaccare i cristiani e di distruggere le loro chiese e proprietà. (R.P.)

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    Laos: arrestato un Pastore cristiano per "troppo carisma"

    ◊   Un leader cristiano è stato arrestato in Laos. Il Pastore cristiano Asa Canta, 53 anni, capo di una Chiesa cristiana protestante del villaggio di Peeyeur, nel distretto di Sing, all’interno della provincia di Luang Namtha (nel Nordovest del Laos), è stato arrestato dalla polizia in modo del tutto arbitrario il pomeriggio del 6 giugno. L’arresto è del tutto immotivato in quanto al Pastore, persona mite, benevola e innocente, non si contesta alcun reato o alcun crimine. La sua “colpa”, spiegano fonti dell'agenzia Fides, è solo quella “essere troppo carismatico, di avere attratto molto persone alla fede cristiana”. Subito dopo il suo arresto, le autorità provinciali ne hanno disposto il trasferimento al carcere provinciale di Luang Namtha, a circa 50 chilometri dal suo villaggio natale, dove vivono 115 abitanti di fede cristiana, proprio per strapparlo alla sua comunità locale. Secondo le procedure, infatti, l’indagine su possibili reati dura circa tre giorni, durante i quali la persona resta in stato di fermo nella stazione di polizia locale. Invece, nel caso del pastore Asa, il suo trasferimento al carcere provinciale è avvenuto subito, senza alcuna indagine. Il Pastore Asa guida alcune comunità cristiane tribali, appartenenti alla tribù akka. Nei distretti di Sing e di Rong, nella provinca Luang Namtha, vi sono circa 15 chiese cristiane di comunità tribali akka e il Pastore le coordinava. Il Pastore era stato già arrestato due anni fa e costretto a firmare un “affidavit”, in cui dichiarava che non avrebbe fatto opera di proselitismo. Tuttavia, nel 2012 molte persone hanno accolto la fede cristiana e chiesto di diventare cristiane, grazie alla sua testimonianza. Come informa l’Ong “Human Rights Watch for Lao Religious Freedom” (Hrwlrf) in una nota inviata a Fides, il 7 giugno il Pastore Khamla, leader provinciale dei cristiani di Luang Namtha, si è recato dalla polizia per informarsi sul motivo dell’arresto del pastore Asa e ha appreso che le autorità lo accusano di “condurre le persone ad accogliere la fede cristiana”. Secondo alcuni leder cristiani locali, le autorità civili nella provincia di Luang Namtha vogliono eliminare il cristianesimo dal territorio provinciale. L’Ong Hrwlrf chiede al governo centrale di far rispettare in tutte le province la libertà religiosa, ordinando alle autorità provinciali di consentire ai cristiani di manifestare la propria fede e il proprio culto, come garantito dalla Costituzione laotiana. (R.P.)

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    Iran: ordine di chiusura per una chiesa protestante

    ◊   Una chiesa protestante della “Assemblea di Dio” nel quartiere Janat-Abad, a Teheran, ha ricevuto l’ordine immediato di chiusura da funzionari di intelligence della Guardia Rivoluzionaria Iraniana. Secondo fonti locali, al Pastore che guidava la comunità, è stato ordinato di cancellare tutte le attività della chiesa. I fedeli cristiani che la frequentavano restano all’improvviso senza luogo di culto, afferma in un nota inviata all'agenzia Fides l’Ong “Christian Solidarity Worldwide” (Csw). La Guardia Rivoluzionaria è nota per l'utilizzo di metodi aggressivi e per gli interventi in situazioni considerate “minacce alla sicurezza nazionale o alla stabilità” del paese. I suoi interventi sulle questioni di libertà religiosa sono, dunque, piuttosto preoccupanti, nota Csw. Fonti locali confermano che tutte le chiese cristiane di Teheran che celebrano il culto in lingua farsi (la lingua nazionale) sono state minacciate di chiusura e le autorità intendono eliminarle del tutto. La chiusura della chiesa dell’Assemblea di Dio è l'ultima mossa in un giro di vite avviato a partire dalla fine del 2011, quando ad Ahwaz una chiesa della stessa denominazione è stata perquisita e tutti i presenti sono stati arrestati, compresi i bambini della scuola domenicale. Nel 2012 i leader delle Chiese anglicane di San Pietro e di San Paolo a Esfahan sono stati arrestati dalla polizia e uno di loro rilasciato a maggio con una cauzione di circa 40.000 dollari. Un mese fa i leader di un’altra chiesa dell’Assemblea di Dio nel centro di Teheran hanno denunciato controlli e ispezioni intrusive su tutti i membri della comunità. Più di recente, i membri della Chiesa presbiteriana dell’Emmanuele a Teheran sono stati arrestati, e alla chiesa è stato ordinato di cessare tutte le attività settimanali, ad eccezione dei servizi liturgici domenicali. Dall’inizio del 2012, in Iran si registra un aumento di arresti, persecuzioni, processi e incarcerazioni di convertiti al cristianesimo, in particolare a Teheran, Kermanshah, Esfahan e Shiraz. Secondo Csw si tratta “di una evidente escalation, in cui si vuole rappresentare l'attività cristiana come un pericolo per lo Stato”. (R.P.)

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    Arabia Saudita: restano in carcere i 35 cristiani etiopi sorpresi a pregare in una casa privata

    ◊   Restano in carcere i 35 cristiani di nazionalità etiope arrestati nel dicembre 2011 a Jeddah sorpresi a pregare in un'abitazione privata. Il 7 giugno, l'International Christian Concer (Icc), associazione statunitense per la difesa dei cristiani nel mondo, ha lanciato un appello per la loro liberazione. L'Icc - riporta l'agenzia AsiaNews - sottolinea che le accuse mosse contro di loro dalle autorità saudite sono contradditorie. A tutt'oggi l'Arabia Saudita nega di aver imprigionato i 35 cristiani, fra cui 29 donne, per ragioni legate alla religione. In questi mesi, essi sono stati più volte picchiati e costretti ad interrogatori e perquisizioni. In Arabia Saudita l'unica religione ammessa è l'islam, ma dal 2006 le autorità del Regno si sono impegnate con gli Stati Uniti a "garantire e proteggere il diritto dei non musulmani, che si riuniscono in casa, di pregare in privato". Resta invece proibito pregare in pubblico per qualsiasi fede che non sia l'islam. Il 15 dicembre 2011 i 35 etiopi si erano riuniti in casa di uno di loro per pregare durante l'Avvento. La polizia religiosa (Muttawa) ha fatto irruzione nell'abitazione e li ha arrestati. I cristiani sono stati portati prima in una stazione di polizia e in seguito trasferiti alla prigione di Buraiman. Qui, la polizia ha costretto le donne a spogliarsi, sottoponendole a perquisizione corporale, mentre gli uomini sono stati picchiati e insultati come "non credenti". Dieci giorni dopo l'arresto, i prigionieri sono stati portati in un ufficio del tribunale dove sono stati costretti a porre le loro impronte digitali su un documento che non è stato loro permesso di leggere. L'accusa iniziale nei loro confronti era di "commistione illecita" di persone di sesso opposto non sposate tra loro. Per fare luce sul caso, in maggio il Congresso degli Stati Uniti ha chiesto spiegazioni all'ambasciata dell'Arabia Saudita a Washington. Sarah Nezamuddin, funzionario saudita, in un primo tempo ha giustificato l'arresto come parte di una campagna contro il traffico illecito di persone. In un successivo incontro risalente al 21 maggio scorso, la donna ha cambiato versione, affermando che i cristiani erano in carcere per non precisate irregolarità nei permessi di soggiorno e traffico di stupefacenti. Secondo i funzionari del Congresso, i cristiani non hanno commesso alcun reato e dovrebbero essere liberati. Fonti dell'Icc raccontano che pochi giorni dopo l'incontro avvenuto a Washington, i prigionieri sono stati portati in tribunale per la prima volta dopo sei mesi di carcere. Ma dopo due sedute le autorità li hanno rinchiusi in cella senza specificare nulla sulle ragioni della detenzione o su un' eventuale scarcerazione. Ryan Morgan, legale dell'Icc, afferma: "Sono sconcertata dal comportamento del governo saudita che continua a cambiare versione e non spiega perché 35 persone arrestate mentre pregavano in privato sono in carcere da più di sei mesi senza accuse specifiche". "È scandaloso - continua la donna - che un alleato chiave degli Stati Uniti in Medio Oriente menta in modo spudorato anche di fronte alle pressioni di funzionari del governo Usa e si rifiuti di riferire sulle violenze contro le minoranze religiose". (R.P.)

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    Myanmar: episodi di violenza nell’ovest, decretato il coprifuoco

    ◊   Sale la tensione nei territori ovest della Birmania, dove diversi episodi di violenza hanno visto protagoniste le comunità buddiste e musulmane della zona. Un gruppo di musulmani – riferisce l’agenzia Misna – avrebbe aggredito gli abitanti di un villaggio buddista appiccando anche fuoco alle case, mentre poco prima la polizia aveva provocato due morti a Maungdaw, sparando contro la comunità musulmana di Rohingyas, una delle minoranze più perseguitate del mondo secondo le Nazioni Unite. In seguito a questi episodi di violenza le autorità birmane hanno dispiegato l’esercito nella zona, decretando il coprifuoco e l’interdizione al raduno di più di cinque persone nei luoghi pubblici. All’origine degli scontri di questi giorni ci sarebbe una vicenda di stupro e omicidio di una donna, per il quale sono stati arrestati tre musulmani. (A.C.)

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    Haiti. Emergenza educativa: oltre 500 mila bambini senza scuola

    ◊   Oltre 500mila bambini ad Haiti sono senza scuola, il tasso di analfabetismo assoluto è superiore al 50% e il diritto all’istruzione è negato a migliaia di famiglie: è l’allarme lanciato dal convegno “Diritto all'educazione in Haiti: sfide e orizzonti”, svoltosi nei giorni scorsi nella capitale haitiana, Port au Prince. L'evento ha riunito rappresentanti delle organizzazioni della società civile e gli educatori haitiani, oltre ad una delegazione internazionale della “Campagna latino-americana per il Diritto allo Studio” (Clade), con esperti provenienti da otto Paesi esteri. Come riferito all’agenzia Fides, i partecipanti hanno dato vita a un dibattito e intrapreso visite sul campo per conoscere lo stato dell'istruzione nel Paese, verificando la reale “emergenza educativa” che si registra ad Haiti, a oltre due anni dal terremoto del 2010. Un altro problema che è stato segnalato è il livello di privatizzazione dell'istruzione. Attualmente, il 92% delle scuole sono private, dato considerato il più alto al mondo. Questa realtà costituisce un impedimento per migliaia di bambini, visto che la retta richiesta per ogni studente, circa 70 dollari l’anno, è una cifra impossibile da sostenere per la maggior parte delle famiglie haitiane. I partecipanti hanno anche verificato le pessime condizioni delle strutture educative del Paese, caratterizzate dal sovraffollamento, con il caso limite di 225 studenti in una sola classe, trovati in una scuola rurale. Inoltre le lezioni sono impartite in francese, anche se la lingua madre del Paese è il creolo. Il documento conclusivo del Convegno, pervenuto all’agenzia Fides, chiede allo Stato di costituirsi “garante del diritto all'istruzione in tutto il Paese”, promuovendo una istruzione pubblica, gratuita e di qualità, soprattutto a livello di scuola elementare, senza alcuna discriminazione. (R.P.)

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    Argentina: al via la Campagna Caritas “Povertà zero, dignità per tutti”

    ◊   “Povertà Zero, dignità per tutti”: è questo il titolo della nuova Campagna della Caritas Argentina, lanciata oggi. Mons. Oscar Vicente Ojea, vescovo di San Isidro e presidente della Commissione episcopale della Caritas nazionale, ne ha spiegato all’agenzia Fides significati e finalità: “Dire ‘Povertà Zero’ risponde al desiderio umano più immediato: da quando siamo piccoli, vogliamo un mondo con più uguaglianza, più giustizia, desideriamo rimuovere le barriere in modo che ogni persona riesca a crescere e a svilupparsi nel modo migliore, per tirare fuori dal cuore il meglio di sé. Sappiamo che avremo sempre dei problemi, ma si cerca di costruire un mondo più equo, più umano, più giusto”. Invocando poi “una vita dignitosa per tutti”, prosegue il vescovo, “usiamo il termine ‘dignità’ che viene dal latino e significa valore. La dignità è il valore della persona. Il valore della persona sta nel modo in cui Dio ci guarda e in cui Dio ci ama. Vita dignitosa per tutti significa vivere ed essere riconosciuti”. “Purtroppo – nota mons. Ojea – abbiamo una percezione della dignità, quando la vita umana viene calpestata, quando è umiliata, quando si vede l'uomo in condizioni disumane. Cercare la dignità appare come una rivendicazione che è nel profondo del cuore di ogni uomo, in situazioni in cui è essa sfruttata o trascurata, nei cosiddetti nuovi scenari di povertà. Siamo abituati a concepire la carità cristiana come aiuto, per dare alloggio, cibo, salute, istruzione. Ma oggi abbiamo nuovi scenari di povertà: la droga, la violenza, la distruzione dell'ambiente. La droga divide le famiglie, le distrugge, la violenza è un problema nuovo, la tutela del creato riguarda il nostro futuro”. Su questi scenari si innesta l’opera della Caritas che, con la nuova campagna, esorta: “Rinunciare a qualcosa per donare ai bisognosi significa toccare con mano la realtà e non fuggire di essa”. (R.P.)

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    Svizzera: Plenaria dei vescovi su Battesimo delle Chiese e cristiani perseguitati

    ◊   La proposta di una nuova dichiarazione comune delle Chiese cristiane elvetiche per il mutuo riconoscimento del battesimo; l’indurimento della legge sull’asilo in Svizzera; la situazione dei cristiani perseguitati nel mondo e la revisione delle direttive sugli abusi sessuali in seno alla Chiesa. Questi i temi principali che hanno caratterizzato la 296ª assemblea plenaria dei vescovi del Paese riunita dal 4 al 6 giugno nell’abbazia di Einsiedeln. La sessione ha esaminato la proposta della Comunità di lavoro delle Chiese cristiane in Svizzera (Ctec) di estendere l’attuale riconoscimento reciproco del battesimo, stipulato nel 1973, a tutte le Chiese membro dell’organismo. I vescovi sono orientati a stare in linea con l’esortazione della Charta Oecumenica europea sottoscritta da tutte le Chiese elvetiche nel 2005. Un primo via libera era stato già espresso nel rapporto sul Sacramento del battesimo della Commissione di dialogo tra protestanti e cattolici-romani della Svizzera (Cdpc), approvata dalla Conferenza episcopale lo scorso mese di marzo. I presuli hanno indirizzato alla Ctec una lettera in cui spiegano le condizioni richieste dalla Chiesa cattolica per l’estensione di tale riconoscimento. Altro punto all’esame dell’Assemblea è stata la riforma della legge sul diritto di asilo. I vescovi, hanno voluto ricordare in proposito che la solidarietà, la giustizia, l’attenzione verso i deboli e il rispetto della dignità di ciascuno costituiscono valori fondamentali per il Paese. Questo atteggiamento – hanno sottolineato - corrisponde alla visione cristiana dell’uomo alla quale ha fatto riferimento Benedetto XVI durante la sua recente visita pastorale ad Arezzo: “Essere solidali con i poveri – aveva detto il Papa - è riconoscere il progetto di Dio Creatore, che ha fatto di tutti una sola famiglia”. Durante i lavori i vescovi elvetici hanno discusso anche della situazione dei cristiani perseguitati nel mondo. Una situazione – hanno ammesso – che sembra peggiorare, anziché migliorare. A preoccupare i presuli sono in particolare gli ultimi drammatici sviluppi in Siria. Di qui l’invito a pregare per i cristiani oppressi e ad offrire loro tutto l’aiuto possibile. Tra gli altri punti affrontati dalla sessione, infine, la revisione delle “Direttive dei vescovi sugli abusi sessuali in seno alla Chiesa”, alla luce dell’esperienza maturata in questi anni in Svizzera e soprattutto delle nuove norme di diritto canonico varate nel 2010, che prevedono, tra l’altro, il raddoppio dei tempi di prescrizione riguardanti i delitti di pedofilia. Il nuovo testo sarà sottoposto prossimamente all’Unione dei superiori maggiori della Svizzera. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Repubblica Ceca: il cardinale Duka commemora gli eccidi nazisti di Lidice e Lezaky

    ◊   L’arcivescovo di Praga, card. Dominik Duka, parteciperà alla cerimonia di commemorazione del 70° anniversario dei massacri di Lidice e Lezaky che si terrà domani 10 giugno. I due villaggi furono completamente incendiati e i loro abitanti assassinati o inviati in campi di sterminio come conseguenza diretta dell’uccisione del leader nazista Reinhard Heydrich per mano di agenti cechi. In tutto furono brutalmente assassinati 340 cittadini di Lidice e 52 di Lezaky, solo 143 donne e pochi bambini riuscirono a ritornare in patria al termine della Seconda guerra mondiale. Queste azioni disumane commesse dai nazisti contro civili disarmati hanno alimentato una sempre maggiore resistenza contro la Germania hitleriana diventando in tutto il mondo simbolo di barbarie. Fortunatamente, però, il piano nazista di cancellare i due villaggi dalle carte geografiche e dalle menti delle persone fallì. Numerosi villaggi e città di vari Paesi si chiamano oggi “Lidice” per tener viva la memoria di questi eventi. Parteciperanno all’evento commemorativo del 10 giugno - che prevede, oltre a momenti di preghiera, l’esibizione “Luce per Lidice” con la partecipazione di cori di voci bianche - diversi rappresentanti della Chiesa e della vita pubblica e politica della Repubblica Ceca. L’entrata al museo e alla galleria di Lidice sarà gratuita. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 161

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.