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Sommario del 05/06/2012
Si è spento il cardinale Quezada Toruño, artefice della pace in Guatemala. Il cordoglio del Papa
◊ Si è spento ieri mattina in un ospedale di Città del Guatemala il cardinale Rodolfo Ignacio Quezada Toruño: aveva 80 anni. L’arcivescovo emerito di Guatemala è deceduto per un arresto cardiaco post-operatorio. Il Papa ha espresso in un telegramma il suo profondo cordoglio per la morte del porporato che – ha affermato - “ha servito la Chiesa in modo intenso e generoso” dedicandosi soprattutto “alla missione di evangelizzazione”. Nel Paese latinoamericano sono stati proclamati tre giorni di lutto nazionale; il presidente Otto Perez ha definito il porporato “un grande combattente della pace e della riconciliazione” ricordandolo come uno dei fautori dei negoziati di pace che nel 1996 hanno portato alla fine della guerra civile, che in 36 anni ha provocato oltre 200mila morti. Il cardinale Quezada Toruño era nato l'8 marzo 1932 a Città del Guatemala. Ordinato sacerdote nel 1956, viene consacrato vescovo nel 1972. I suoi sforzi per approfondire la pastorale della Sacra Liturgia, il Culto e la cura dell'immagine del Santo Cristo di Esquípulas negli anni 1993-1995, sono stati premiati nel febbraio del 1996 con la seconda visita di Giovanni Paolo II in Guatemala, in occasione della celebrazione dei 450 anni del Cristo Negro. Tra il 1987 e il 1993, nell'ambito della sua attività di presidente della Conferenza episcopale guatemalteca, svolta anche dal 2002 al 2006, è stato presidente della Commissione nazionale di Riconciliazione. Durante l'«Accordo di base per la ricerca della pace con mezzi politici» di Oslo, in Norvegia, è stato nominato «Conciliatore nel processo di pace» del Guatemala. Il 19 giugno 2001 è stato nominato diciottesimo arcivescovo di Guatemala. Giovanni Paolo II lo ha creato cardinale nel Concistoro del 2003. Le esequie saranno celebrate giovedì 7 giugno alle ore 10 nella Cattedrale Metropolitana. Dopo la sua morte, il Collegio cardinalizio risulta composto da 209 porporati, di cui 122 elettori e 87 non-elettori. (A cura di Paolo Ondarza)
◊ La Chiesa è una casa luminosa nonostante tutti i difetti delle persone: è quanto ha affermato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone in una intervista rilasciata ieri al Tg1 per un bilancio dell'Incontro mondiale delle famiglie a Milano e un commento sulle ultime vicende vaticane. Sulla diffusione di documenti riservati ecco quanto ha detto il porporato:
R. - Non basta venire a conoscenza di alcuni documenti e pubblicare documenti parziali per conoscere la piena verità sui fatti. Spesso avviene proprio questo: che le chiarificazioni sono frutto di un lavoro di dialogo, di rapporti personali ed anche di conversione del cuore, che non risultano semplicemente dalle carte o dalla burocrazia. Le carte sono importanti, ma i rapporti personali lo sono molto di più. Ciò che c’è di più triste in questi eventi ed in questi fatti è la violazione della privacy del Santo Padre e dei suoi più stretti collaboratori. Vorrei però dire che questi non sono stati e non sono giorni di divisione ma di unità, e vorrei anche aggiungere che sono anzitutto giorni di forza nella fede, di ferma serenità anche nelle decisioni. E’ il momento della coesione di tutti coloro che vogliono servire veramente la Chiesa.
D. – Un’ultima domanda, che è quella che tutti vorrebbero farle. Il Santo Padre come ha vissuto queste vicende? Si può pensare, come ha scritto qualcuno, che ci siano delle illazioni strumentali per arrivare persino ad attaccare la Chiesa ed il Papa?
R. – Gli attacchi strumentali ci sono sempre stati, in tutti i tempi: li ricordo anche per quanto riguarda la mia esperienza di Chiesa, ad esempio ai tempi di Paolo VI, che non sono poi così lontani. Questa volta, però, sembra siano attacchi più mirati, a volte anche feroci, dilanianti ed organizzati. Vorrei sottolineare il fatto che Benedetto XVI, come tutti sanno, è un uomo mite, di grande fede e di grande preghiera. Non si lascia certo intimorire dagli attacchi, di qualsiasi genere, ed anche dalle dure incrostazioni dei pregiudizi. Chi gli è vicino e lavora al suo fianco è sostenuto da questa grande forza morale del Papa. Benedetto XVI, come ho già detto in altre occasioni, è un uomo che ascolta tutti, è un uomo che va avanti fedele alla missione che ha ricevuto da Cristo, e sente il grande affetto della gente. Specialmente in questi giorni, ha sentito un affetto plenario della gente che gli sta vicino, dei giovani e delle famiglie con i bambini che applaudivano freneticamente il Papa. Mi sembra che il viaggio a Milano gli abbia dato ulteriore forza. Inoltre, voglio sottolineare una parola che ha ripetuto tante volte, anche proprio prima di partire dal cortile dell’arcivescovado di Milano: è la parola ‘coraggio’. L’ha detta agli altri, l’ha detta ai giovani, ai giovani che cercano di formare una famiglia, l’ha detto alle famiglie in difficoltà e l’ha detto anche alle autorità, e lo dice a tutta la Chiesa. Questa parola la dice perché è convinto interiormente, è la sua forza che gli viene dalla fede e dall’aiuto di Dio, e quindi dice a tutti: “Coraggio!”. E lo ha detto anche ai terremotati. Ripeto: vorrei che interiorizzassimo questa parola accanto al Papa, sotto la guida del Papa.
Vaticano: iniziato l'interrogatorio formale di Paolo Gabriele
◊ Briefing in gran parte tecnico oggi nella Sala Stampa della Santa Sede per la vicenda della diffusione di documenti riservati vaticani. Insieme al direttore, padre Federico Lombardi, a spiegare alcune questioni di carattere giuridico ai giornalisti c’era il prof. Paolo Papanti-Pelletier, giudice del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Il servizio di Sergio Centofanti.
Oggi è iniziato l’interrogatorio dell’istruttoria formale a carico di Paolo Gabriele, l’aiutante di Camera del Papa imputato di furto aggravato, un reato che – ha detto il prof. Papanti-Pelletier – prevede una reclusione da 1 a 6 anni con una circostanza aggravante e da 2 a 8 anni, con 2 o più circostanze aggravanti. Attualmente si sta indagando anche sul fatto se i documenti pubblicati siano autentici o falsi e se siano stati diffusi da una o più persone. Padre Lombardi ha ribadito che per il momento non sono partite dal Vaticano rogatorie. Paolo Gabriele si trova in una delle quattro camere di sicurezza esistenti nel territorio vaticano in condizione di custodia cautelare; una situazione che può durare 50 giorni, prorogabili di altri 50. Domenica si è potuto recare a Messa in una chiesa del Vaticano. La fase istruttoria, a differenza di quella dibattimentale - ha detto il prof. Papanti-Pelletier - non è pubblica, come accade, o dovrebbe accadere, in Italia, a garanzia dell'imputato.
Il direttore della Sala Stampa ha poi smentito seccamente due notizie: quella secondo la quale Paolo Gabriele avrebbe iniziato la sua collaborazione con la giustizia vaticana prima dell'arresto, trasformandosi così in una sorta di "agente doppio", ipotesi definita “assolutamente infondata e non plausibile”, ovvero una sciocchezza. La seconda notizia smentita riguarda il tentativo, definito “infondato e indegno”, di coinvolgere il cardinale Law nel caso di Emanuela Orlandi.
◊ Tra i messaggi più significativi lanciati da Benedetto XVI all’Incontro mondiale delle famiglie di Milano c’è sicuramente il rinnovato sostegno della Chiesa alle famiglie segnate da esperienze di fallimento e separazione. Dal Papa anche l’invito alle diocesi a realizzare iniziative di accoglienza e vicinanza. Sui frutti che si potranno raccogliere da questa esortazione del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato don Carlino Panzeri, responsabile della pastorale familiare della diocesi di Albano, da molti anni impegnato nell’accoglienza e vicinanza ai separati:
R. – Più che sorpreso sono stato contento. Un momento molto bello è stato quando, rispondendo ad una coppia del Brasile, dice per questi fratelli separati, o meglio ancora divorziati e risposati, che la loro sofferenza è la sofferenza della Chiesa. Soprattutto, la coscienza che questi fedeli cattolici sono Chiesa, non sono né esclusi e né riammessi, ed è stato stupendo che il Papa l’abbia sottolineato.
D. – Ha potuto parlare con qualche persona che, magari, segue spiritualmente e che vive una situazione di sofferenza o divisione, dopo queste parole del Papa?
R. – Sento che loro seguono ed ascoltano molto, perché chi vive ciò vive un dolore ed una sofferenza, ma soprattutto vive anche una grande coscienza di essere Chiesa. Ricordo quanto sottolineava il Papa, ossia che il dolore è vero, ed è nel digiuno eucaristico. Ma il dolore sta soprattutto nella solitudine, nel giudizio e nel sospetto che, a volte, possono ancora trovarsi, nella Chiesa in particolare come anche nelle comunità cristiane. E’ stato bello ed intenso quando il Papa ha parlato molto della Chiesa locale intendendo la parrocchia, i movimenti, i gruppi e le diocesi: sono persone che chiedono di essere amate ed accettate. Soprattutto, egli indica la vicinanza della Chiesa sia come percorsi di comunità di gruppo con loro e sia, soprattutto, come percorsi personali attraverso una guida spirituale ed attraverso il sacerdote.
D. - Il Papa ha parole inequivocabili su questo tema della vicinanza e della prossimità nella vita quotidiana delle parrocchie e delle comunità ecclesiali locali...
R. – Credo che sia proprio questo il punto, il punto che c’è sempre stato anche nella coscienza e, in particolare, anche nella pastorale della Chiesa italiana: non ridurre il cammino pastorale, con questi nostri fratelli, al problema della loro ammissione o esclusione ai sacramenti. Il dolore, a volte, non è tanto nel digiuno eucaristico ma nella solitudine nella quale si trovano. Ad essere stupende, poi, sono le indicazioni che dà Benedetto XVI: la prima che riguarda direttamente la realtà dell’Eucarestia, in cui ciò che è davvero importante è entrare in comunione con il Corpo di Cristo, ed il primo Corpo di Cristo è la Chiesa. Se manca la ricezione corporale del sacramento, egli dice che si è comunque uniti a Cristo spiritualmente e si è uniti al suo Corpo. Soprattutto, indica altre vie di grazia che non riguardano soltanto il momento sacramentale dell’Eucarestia. Il momento di grazia è l’essere e sentirsi Chiesa, perché queste persone non sono né escluse e né riammesse. La via di grazia è l’ascolto della Parola di Dio, la via di grazia è la preghiera personale, soprattutto lungo tutta una vita ispirata al Vangelo ed alla carità.
D. – Ci si possono aspettare dei frutti, anche copiosi, da queste parole che, tra l’altro, lanciano una sfida alle diocesi di tutto il mondo, cui viene chiesto, dal Papa, di percorrere nuove vie ed iniziative?
R. – E’ bello quando dice che non abbiamo delle ricette, ma che prima di tutto è importante la prevenzione, ossia la preparazione, l’accompagnamento degli sposi nelle varie fasi della vita coniugale e familiare, in particolare durante i primi anni di nozze. C’è il rischio che il matrimonio, il sacramento del matrimonio diventi, anche nella Chiesa, una realtà abbastanza privata. Credo che i divorziati e risposati, anche per esperienza, non chiedano dei favori alla Chiesa e né, tantomeno, un trattamento di favore. Semplicemente, chiedono alla Chiesa di essere Chiesa.
Famiglie e “primavera araba”: la testimonianza del vescovo egiziano di Assiut
◊ All’Incontro mondiale delle Famiglie di Milano, non è mancata la presenza di comunità familiari provenienti dai Paesi della “primavera araba”. Nei giorni scorsi, uno dei nostri inviati a Milano, Mario Galgano, ha raccolto la testimonianza del vescovo copto-cattolico, Kyrillos William, di Assiut, in Egitto. Il presule si sofferma in particolare sul contributo che le famiglie cristiane possono dare al dialogo interreligioso:
R. - Voglio interpretare i sentimenti dei miei amici, la nostra delegazione. Per loro è stata veramente un’esperienza di Chiesa; vivono l’universalità della Chiesa, la grandezza della Chiesa cattolica. Noi siamo una piccola minoranza cattolica dentro la minoranza cristiana in Egitto e ci siamo trovati a Milano con fratelli e sorelle di tutto il mondo ed è un motivo di incoraggiamento molto grande e molto forte.
D. – Com'è la situazione in Egitto e in quale situazione si trovano le famiglie cristiane?
R. – Tutti gli egiziani vivono nel pensiero di quale sarà il futuro. Alcuni temono che i fondamentalisti trasformino l’Egitto in uno Stato islamico e sarebbe terribile per tutti anche per i musulmani. Speriamo di no. Abbiamo tanti problemi economici nel momento attuale, tanta gente è senza lavoro, tutte le cose aumentano di prezzo, le famiglie hanno problemi seri, però hanno tanta fiducia nel Signore, vivono nella serenità. Viviamo i sei giorni di lavoro, e aspettiamo il settimo giorno per la festa, l’aspettiamo con tanta speranza, fiduciosi nella protezione del Signore.
D. – Cosa spera di portare in Egitto qui da Milano?
R. – Tutte le idee che abbiamo sentito, tutti i temi che abbiamo discusso, anche nei gruppi; tutta questa esperienza, certamente, noi la porteremo da noi e faremo anche un piccolo congresso nazionale per trasmettere questi valori al più gran numero possibile di persone.
D. – Lei come vede il futuro in Egitto?
R. – Noi siamo sempre ottimisti perché la volontà dei giovani di avere un nuovo Egitto, una nuova nazione egiziana civile democratica e libera, si realizzerà. Sono molti coraggiosi, continuano sempre a lottare per questo e non lasceranno mai che gli estremisti portino il Paese dove non si vuole.
D. - Per quanto riguarda anche il dialogo tra i cristiani, è importante anche il dialogo tra le famiglie, anche la famiglia può essere un veicolo di pace…
R. – Certo dobbiamo fare passi seri perché i cristiani si avvicinino gli uni agli altri, soprattutto nel momento difficile che viviamo, ma come ha detto lei, il dialogo tra le famiglie è molto importante e può aiutare molto in questo e noi possiamo incoraggiarlo di più.
Messa di mons. Mamberti per i 20 anni di relazioni tra Slovenia e Santa Sede
◊ “Ogni costruzione - sia quella fatta dai singoli, sia quella realizzata da una comunità piccola, grande o addirittura da una nazione intera - crollerà se non poggiata su Cristo e sui valori perenni che Egli ci insegna”: è un passaggio dell’omelia pronunciata, ieri, da mons. Dominique Mamberti, nella Basilica papale di Santa Maria Maggiore, in occasione del 20.mo dello stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Slovenia e Santa Sede. “Un cristiano – ha aggiunto il segretario vaticano per i rapporti con gli Stati – pur essendo immerso nei compiti e nelle preoccupazioni di questo tempo, dovrebbe attingere in Dio, tramite la preghiera e i sacramenti, le energie necessarie per santificare non solo se stesso, ma anche ogni realtà in cui si trova”.
Il presule ha così ricordato la figura del vescovo Slomšek, primo sloveno ufficialmente proclamato dalla Chiesa come beato. “Certamente – ha detto mons. Mamberti – nella multisecolare storia della nazione non sono mancati tanti santi, nel secolo passato anche tanti martiri, che con la loro vita e con il loro sacrificio hanno incarnato il messaggio evangelico nella vostra terra e continuano a intercedere dal cielo”. Ma, ha proseguito, “la santificazione delle realtà attuali e la promozione dei valori” tocca ai cristiani di oggi, “sia come singoli, sia uniti nelle varie comunità”. Questo, ha affermato, “vale anche per i cristiani in Slovenia”. Tocca dunque “ai membri della Chiesa cattolica nel vostro Paese continuare a vivere e diffondere il messaggio evangelico, contribuendo al contempo alla conservazione e alla promozione della lingua e della cultura slovena”. La Chiesa cattolica, ha concluso, “in unione con la Sede Apostolica, desidera anche oggi e nel futuro portare il suo specifico contributo per tutta la società slovena”.
Fede e musica: incontro con il cardinale Ravasi e il maestro Muti
◊ Capire dove la fede e la musica si incontrano, attraverso un linguaggio universale che va al di là del rumore del mondo. Questi gli obiettivi dell’incontro “In dialogo: fede e musica”, che si è svolto ieri sera a Roma, nella Basilica di Santa Maria in Aracoeli. Protagonisti della serata, promossa dall’Ufficio per le Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, e il maestro Riccardo Muti. Il servizio di Marina Tomarro:
“La musica non è comprensione ma è rapimento, ha spiegato il maestro Riccardo Muti nell’incontro “In dialogo: fede e musica”, è una luce nascosta tra le note, che ci porta verso l’Infinito, molte opere liriche, infatti, nonostante la tragicità guardano il Cielo. E proprio sulla musica e sulla fede, ecco il commento del cardinale Gianfranco Ravasi:
R. - Il rapporto tra fede e musica è quello, potremmo dire, tra due sorelle perché entrambe non rappresentano soltanto il suono, non rappresentano soltanto il visibile, non rappresentano soltanto l’udibile, ma invitano attraverso i suoni a passare al di là e a cogliere un messaggio che ha una voce, un’intensità, che è trascendente. Per questo motivo entrambe camminano verso l’alto, verso il mistero, verso l’Oltre e l’Altro.
D. - Ma la musica può essere strumento per la nuova evangelizzazione?
R. - Da un lato la musica normalmente si è intrecciata per secoli e secoli con testi biblici, con testi sacri. Pensiamo soltanto che cosa sono tutte le composizioni di tipo religioso che l’umanità da secoli ha composto, anche al di fuori del cristianesimo stesso. Quindi religione e musica hanno camminato insieme. Dall’altra parte, bisogna dire anche che proprio perché l’esperienza musicale è un’esperienza di sua natura tesa al rapimento, all’abbandono, alla scoperta delle emozioni più profonde e nascoste, è in un certo senso un tentativo di salire fino all’estremo della scala delle possibilità, cioè a Dio stesso. Quindi è un annuncio di Dio che tante volte risuona anche in coloro che non hanno mai voluto affermare il nome di Dio.
La serata ha concluso un ciclo di incontri dedicati alla musica e alla fede, promosso dal Vicariato di Roma. Don Walter Insero, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali:
“Abbiamo voluto chiudere una rassegna che ha portato questa meraviglia che è la tradizione musicale delle parrocchie di Roma. Abbiamo chiesto, per questa sera, a due grandi relatori di confrontarsi sul rapporto fede e musica. Lo abbiamo fatto qui nel cuore di Roma proprio per riflettere sulla vocazione: la musica porta l’uomo ad andare oltre se stesso e a guardare verso l’infinito”.
Psicologia e vita consacrata in un libro presentato dal cardinale Rodriguez Maradiaga
◊ Il contributo della psicologia nella vocazione dei religiosi è il tema del volume “Psicologia e maturità nella vita consacrata” di don Eugenio Fizzotti. L’autore, docente di psicologia della religione presso vari atenei, è stato l’unico allievo italiano dello psicologo austriaco Victor Frankl, fondatore della “terza scuola viennese di psicoterapia”. Il volume, edito dalla Lev e presentato ieri nella sede della nostra emittente, è arricchito da una prefazione del cardinale Oscar Andrés Rodrìguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e presidente di Caritas Internationalis. Il servizio di Michele Raviart:
“La vita non è qualcosa, ma è semplicemente l’occasione per qualcosa”. Con queste parole dello psicologo austriaco Victor Frankl, il cardinale Oscar Andrés Rodrìguez Maradiaga, spiega la grande opportunità che può offrire all’uomo la vita consacrata. Una vita che consiste nel mettersi nei panni degli altri, nello scoprire i loro bisogni e soddisfarli secondo le proprie possibilità, come ci spiega lo stesso cardinale Rodriguez Maradiaga:
“Le persone consacrate sono disposte a vivere tutta la vita che è concessa loro non limitandosi semplicemente a sommare gli anni ma a riempirli di senso e a ripercorrere la loro completa traiettoria ringraziando sistematicamente Dio per il dono della vita e scoprendo il senso profondo di ogni suo istante”.
Pertanto la psicologia, in quanto scienza che indaga il comportamento umano, può fornire un contributo importante per chiarire la portata dell’impegno di servire Dio e i fedeli scegliendo la vita religiosa. Particolarmente adatta a questo fine è il metodo della “logoterapia”, che attraverso una concezione costruttiva e positiva dell’uomo, mira a ricercare il significato profondo della propria esistenza attraverso l’analisi, come illustra don Eugenio Fizzotti nel suo libro. Un volume che non è solo un manuale rivolto a chi deve formare i nuovi religiosi, come rivela lo stesso autore:
“Anche per chi già vive la vita consacrata il libro dà la possibilità di fare una verifica personale di come vive le relazioni, di come vive l’assunzione degli impegni e soprattutto qual è la visione filosofica che ha alla base, che è appunto una visione fondata sulla responsabilità, sugli impegni, sulla creatività, il che significa mettere in evidenza moltissimo le proprie risorse interiori”.
E se la solidarietà deve essere il criterio guida, qualificante ed identificativo della vita consacrata, una continua verifica nella vita quotidiana delle motivazioni nelle attività pastorali, nella preghiera e nella vita fraterna può tanto rafforzare la solidità delle vocazioni, quanto sostenere i religiosi più anziani, che, con la crisi delle vocazioni temono di perdere il loro carisma per le nuove generazioni. Ancora, il cardinale Rodriguez Maradiaga:
“La vita consacrata non è una vita di tristezza, anzi siamo chiamati alla gioia piena. Le motivazioni vocazionali sono importantissime, le motivazioni per realizzare poi gli impegni presi, specifici, dei voti non sono soltanto poesia; la perseveranza è anche uno sforzo creativo, personale, di fedeltà e anche la perseveranza ha bisogno di motivazioni chiare, motivazioni luminose, che ci attraggono e ci danno quella gioia di seguire il Signore”.
◊ In Germania, il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di Augsburg, il Rev.do Florian Wörner, del clero della medesima diocesi, Responsabile diocesano della pastorale della gioventù, assegnandogli la sede titolare di Gerpiniana.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La forza di Benedetto XVI: in prima pagina, riguardo a un’intervista al cardinale segretario di Stato.
Il telegramma del Papa per la morte del cardinale Rodolfo Quezada Toruño, protagonista del processo di pace e riconciliazione in Guatemala.
Quando sviluppo significa pace e rispetto della natura: nell’informazione internazionale, sull’esempio della Costa Rica - in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente - un articolo del presidente Laura Chinchilla Miranda (ricevuto in udienza da Benedetto XVI il 28 maggio).
Ambrogio, Carlo e gli altri: in cultura, Inos Biffi sulla diocesi dell’imprevisto dal governatorato romano eletto suo malgrado fino ai successori del Novecento.
Mandorla in Fiore: Timothy Verdon sul restauro, completato dopo dieci anni, di uno dei più bei portali del duomo di Firenze (realizzato tra il 1391 e il 1422).
Con la fretta non si fanno i cristiani: anticipazione della riflessione su “La nuova evangelizzazione: una sfida e una promessa” che l’arcivescovo Bruno Forte terrà domani a Londra in occasione del Day of Priesthood.
Pericoli della comodità: Silvia Guidi sull'antico e il nuovo nell’arte sacra di Valerij Kharitov.
Per favorire la pace e l’armonia: nell’informazione religiosa, un articolo sul quarto Congresso dei leader religiosi ad Astana.
Rapporti commerciali e Siria nel colloquio a Pechino tra Putin e Hu Jintao
◊ Il presidente russo Vladimir Putin è da oggi a Pechino per una visita di tre giorni. Al centro del programma, l’incontro col presidente cinese Hu Jintao. Nei colloqui in primo piano, oltre che le relazioni bilaterali commerciali ed energetiche, anche le questioni internazionali più urgenti, dalla crisi in Siria al programma nucleare dell'Iran. Proprio nella capitale cinese, nei prossimi giorni, il capo del Cremlino vedrà il leader iraniano Mahmud Ahmadinejad, in occasione del vertice della Shanghai Cooperation Organization, di cui fanno parte Russia, Cina e le Repubbliche centroasiatiche del Kazakhstan, Kyrghiztan, Uzbekistan e Tajikistan, mentre l’Iran partecipa come osservatore. Una visita, quella di Putin in Cina, tesa dunque a rafforzare la collaborazione con il gigante asiatico. Sui motivi della scelta russa di privilegiare la Cina nei rapporti internazionali, Giada Aquilino ha intervistato Serena Giusti, del programma Russia e Vicini Orientali dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) e docente di Politica estera russa all’Università Cattolica di Milano:
R. – E’ importante perché è la prima visita in Asia di Putin alla presidenza, dopo i due mandati precedenti. L’interesse per la Cina ormai risale ad un po’ di tempo fa le precedenti presidenze, quindi direi non che sia in linea con questo approccio molto pragmatico, inaugurato da Putin, verso la politica estera, ossia di trattenere rapporti con gli attori che la Russia – di volta in volta – ritenga maggiormente strategici. Insieme alla Cina, la Russia fa parte anche della Cooperazione di Shangai e infatti poi, dopo questo incontro, Putin si tratterrà in Cina anche per partecipare alla riunione di questa organizzazione regionale. Direi che gli interessi sono economici, sono energetici; interessi molto più forti in un momento in cui l’Europa è in crisi. Agli occhi della Russia, l’Unione Europea appare un’entità ancora più debole e da qui anche la necessità di rafforzare, anche in termini energetici, rapporti con altri potenziali partner, come lo è la Cina. In questo momento c’è anche un allineamento diplomatico importante con la Cina all’interno del Gruppo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica): lo si è visto, per esempio, nel caso della Libia quando sia la Russia, sia la Cina si sono astenute sulla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per l’approvazione della “no fly zone”, però dopo che c’era stato questo allineamento all’approvazione di questa risoluzione, entrambi i Paesi sono rimasti delusi perché in realtà questa risoluzione è stata utilizzata da Gran Bretagna, Francia e poi dalla Nato per rimuovere dal potere Gheddafi. Adesso c’è il timore che questo possa riproporsi nel caso siriano e quindi diciamo che, oltre agli interessi economici, in questo momento c’è anche una convergenza di interessi più ampi di politica estera, soprattutto nell’area del Medio Oriente.
D. – Cina e Russia ritengono che in Siria le violenze debbano cessare, ma rimangono contrarie ad un intervento straniero nel Paese, hanno fatto sapere. Quindi, che posizione è, rispetto alla crisi siriana?
R. – L’atteggiamento della Russia rispetto alla "Primavera araba" è stato sicuramente un atteggiamento di sostegno a questi movimenti che cercano di promuovere il rispetto dei diritti, addirittura la democrazia, perché la Russia comunque si considera una democrazia, nonostante in Occidente noi la vediamo come una democrazia incompleta. Quindi, da una parte c’è stato sì, un riconoscimento dell’importanza di questi movimenti, dall’altra parte la Russia è sempre stata molto decisa nell’affermare che non si rimuovono i dittatori attraverso un intervento di potenze esterne e soprattutto attraverso l’uso militare. Ora, nel caso siriano, poi, c’è anche il fatto che ci sono degli interessi economici della Russia. Sono soprattutto interessi di tipo militare, accordi sulla fornitura di armamenti che sono stati conclusi in passato … Però, direi che, al di là di questi interessi economici, è più una questione di principio.
D. – In questo quadro di alleanze strategiche, il ruolo – il peso – degli Stati Uniti qual è?
R. – Gli Stati Uniti, come grande potenza, continuano a giocare un ruolo importante nelle varie regioni. Ricordiamo che la Cina ha interessi molto pragmatici con la Russia, nel senso che la fornitura di energia è una priorità per la Cina, che è il più grande consumatore di energia e non ha risorse interne proprie. La Cina, però, si fida fino ad un certo punto; la Cina vuole anche continuare ad intrattenere relazioni ottime con gli Stati Uniti. Per cui, diciamo che anche da parte della Cina, nel rinnovare la partnership con la Russia, c’è anche però la volontà di non esporsi troppo e di continuare ad avere buone relazioni anche con gli Stati Uniti: perché gli Stati Uniti continuano ad essere importanti per la Russia, anche per la volontà della riduzione degli armamenti: entrambi, per motivi economici, vogliono abbattere i costi delle spese militari e una via è sicuramente quella di trovare nuovi accordi. Quindi, diciamo che possono esserci dei conflitti ma possono esserci anche delle convergenze di interessi.
Economia: Obama striglia l'Unione europea sulle misure anticrisi
◊ Il presidente americano, Barack Obama, striglia l’Europa sull’efficacia dei piani anticrisi che diversi Paesi stanno portando avanti. Il capo della Casa Bianca ha detto che non bastano le misure adottate. Così si rischia di affossare i mercati mondiali e di compromettere la ripresa dell’occupazione negli Stati Uniti. Intanto, dalla Spagna giungono richieste di fondi all’Unione Europea per sostenere le banche iberiche in crisi di liquidità. Ma a chi in particolare si rivolge l’appello di Obama? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Carlo Dell’Aringa, docente di Economia Politica all’Università Cattolica di Milano:
R. - Nei confronti di questi Paesi come la Germania che hanno il "pallino" in mano: spetta cioè a loro prendere decisioni fondamentali per risolvere problemi di liquidità, anzitutto di alcuni Paesi europei e delle loro banche, e i problemi della crescita. Obama è molto preoccupato perché una crisi dell’intero continente europeo inevitabilmente provocherà effetti su tutte le altre aree commerciali del mondo: già l’India e la Cina cominciano a soffrire, perché le loro esportazioni in Europa stanno diminuendo. C’è quindi una forte preoccupazione anche degli Stati Uniti, soprattutto da parte di un presidente che si prepara alla tornata elettorale.
D. - La situazione difficile europea riguarda anche le banche: in che modo si può intervenire?
R. - In questo momento l’emergenza è costituita dal sistema bancario e in particolare dalle banche spagnole che - come sappiamo - erano le maggiormente esposte alla bolla immobiliare e che attualmente sono in grande difficoltà di liquidità: una crisi di liquidità che può anche tramutarsi in una crisi di solvibilità e quindi nel fallimento di alcune grandi banche. Se questo dovesse succedere, io penso che sarebbe la miccia che farebbe esplodere tutto un sistema dell’area monetaria. C’è quindi la necessità di spegnere anzitutto l’incendio, cercando di capitalizzare le banche maggiormente in crisi. Gli strumenti possono essere diversi: può essere certamente il Fondo Salva Stati; può essere la Banca Centrale Europea o può essere anche un nuovo istituto, come Draghi sta proponendo, di una banca europea di salvataggio nei confronti delle situazioni più critiche. Qualunque sia lo strumento, certamente occorrono delle risorse consistenti. E’ su questo punto che la Germania è ancora perplessa. Si spera che questo ulteriore invito da parte di una autorità così importante come Obama possa accelerare il processo di "conversione" della Merkel.
D. - Tutto all’insegna del salvataggio dell’euro: qual è il suo pensiero?
R. - Penso che lo sforzo maggiore sia quello di salvare le banche in pericolo, soprattutto spagnole, e di dare la possibilità alla Grecia di sopravvivere dal punto di vista economico. E’ chiaro che dovranno essere prese decisioni immediate prima dell’estate, ma soprattutto ci dovrà essere l’impegno da parte della Germania che alla ripresa autunnale si metteranno in campo quegli strumenti che servono. Se ci saranno strumenti e questi verranno annunciati alla fine di giugno, ancora la situazione sarà recuperabile; altrimenti io penso che sarà difficilmente recuperabile se si aspetteranno ancora diversi mesi prima di prendere qualche azione significativa. Io penso che sia necessario accelerare il processo di unione politica per convincere la Germania a porre in campo risorse, che poi provengnono dalla stessa Germania: sarebbe giustificata agli occhi dei loro elettori solo attraverso un impegno politico da parte della Germania e degli altri Paesi dell’area monetaria.
Giornata mondiale dell’Ambiente. Rapporto Ilo sull’economia verde per creare lavoro
◊ ‘Economia verde’ non solo una scelta obbligata per salvare il Pianeta ma un’opportunità per rilanciare l’occupazione. Ne è convinta l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) che ha messo nero su bianco le sue teorie in un nuovo Rapporto, pubblicato alla vigilia dell’odierna Giornata mondiale dell’Ambiente dedicata al tema “Green ecomony ne fai parte?” ed in vista della Conferenza sullo sviluppo sostenibile Rio+20, in programma dal 20 al 22 giugno in Brasile. Roberta Gisotti ha intervistato Luigi Cal direttore dell’Ufficio Ilo per l’Italia e San Marino.
In 20 anni è possibile creare da 40 a 60 milioni di posti di lavoro, ipotizza il Rapporto Ilo intitolato “Lavorare per uno sviluppo sostenibile. Opportunità di lavoro dignitoso e inclusione sociale nell’economia verde”.
R. – E’ uno studio molto importante, direi quasi poderoso, di circa 200 pagine dove sono interpellati governi, imprese, sindacati, ad intervenire per cambiare un modello di sviluppo che non funziona, un modello di sviluppo che ha visto negli ultimi vent’anni, per esempio, i redditi da lavoro crescere di meno della produttività, con una moderazione salariale che non si è tradotta in più investimenti o più occupazione ma solo in più profitti finiti per lo più in poche mani oppure, peggio, sono finiti a pagare dividendi o alimentare una finanza speculativa. Questo per il Nord del mondo. Per quanto riguarda il Sud del mondo una moderazione salariale che invece di essere usata per la crescita, per la domanda interna, ha sostenuto l’export verso il Nord. In questo rapporto si individuano invece grandi possibilità di occupazione. E’ possibile che nel giro di vent’anni vi sia una crescita di 2, 3 milioni di nuovi lavori all’anno e si indicano anche i settori in cui questi lavori dovrebbero prendere forma: l’agricoltura, le foreste, la pesca, il settore dell’energia, l’industria manifatturiera, il riciclaggio dei rifiuti, le costruzioni e i trasporti. Ad ognuno di questi settori, il Rapporto riserva una accurata analisi anche con esempi che riguardano Paesi specifici.
D. - Ma se “l’attuale modello di sviluppo - come denuncia anche nel Rapporto il direttore generale dell’Ilo, Juan Somavia - si è dimostrato inefficace e insostenibile non solo per l’ambiente ma anche per l’economia e la società”, a chi spetta cambiare rotta?
R. - Direi a tutti gli attori dell’economia e della società, ripeto: governi, imprese, sindacati, banche, etc., ma non solo del Nord del mondo, anche del Sud del mondo. Il mondo globale deve muoversi insieme e il Rapporto indica come lo dovrebbe fare. Innanzitutto, a parte gli otto settori che ho elencato bisognerebbe avviare processi di produzioni sostenibili a partire dal livello dell’impresa nei settori chiave della manodopera. Per fare questo sottolinea è necessaria una grande formazione professionale; senza formazione, senza studio, senza scuola, anche queste nuove tecnologie non possono avere lo sviluppo che tutti ci auguriamo. Poi, l’Ilo ha una serie di norme internazionali del lavoro per il diritto dei lavoratori e delle imprese e se le imprese, i governi, i sindacati, studiassero e prendessero le indicazioni che vengono da questo Rapporto, tenendo conto del quadro giuridico, istituzionale - che nei suoi 93 anni di storia ha dato l’Ilo - credo che avremmo molta possibilità di successo. Infine, quello che sottolinea sempre l’Organizzazione internazionale del lavoro è che tutto si deve fare attraverso il dialogo sociale tra i diversi attori.
D. – Non c’è dubbio che le sorti del mondo in questo momento sono in massima parte in mano al mondo della finanza, in gran parte speculativa e autoreferenziale di poteri forti. Questa volta la politica avrà la forza di alzare la testa?
R. – Io sono ancora un po’ dubbioso. Penso che un po’ di strada sia stata fatta ma che ne rimanga molta da fare. Sono convinto che c’era una possibilità che il G20, appena scoppiata la crisi e proprio grazie alla crisi, potesse intervenire e imporre la politica sull’economia. Non è stato in grado purtroppo di farlo subito e l’economia, la parte finanziaria e più ‘sporca’ dell’utilizzo della finanza a livello internazionale, ha ripreso di nuovo il sopravvento. Io penso che ci debba essere uno scatto da parte della democrazia internazionale, quella democrazia ‘rappresentata’ dal G20, ma anche all’interno degli organismi internazionali e dell’Onu, per ridare il potere in mano alla politica perché altrimenti saremmo nelle mani di pochi potentati, di poche lobbies, che farebbero "il bello e il cattivo tempo" e dove la popolazione, la cittadinanza, purtroppo, nonostante vada a votare nei diversi Paesi, non abbia la possibilità di incidere nei cambiamenti a suo favore.
Diritti per l'infanzia a rischio in Italia. Politiche carenti anche a causa della crisi
◊ Aumento di povertà, dispersione scolastica, lavoro minorile ed esclusione sociale. Più di 1 milione e mezzo di bambini a rischio nel solo Meridione dell'Italia. E’ la fotografia scattata dal Quinto Rapporto di aggiornamento sulla Convenzione Onu sui diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza, presentato oggi a Roma dal Gruppo Crc che riunisce 85 associazioni e organizzazioni del terzo settore. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, rassicura: il governo lavora per comprendere le conseguenze della crisi sui bambini. Il servizio di Paolo Ondarza:
Sono carenti le politiche per l’infanzia in Italia paese che in Europa ha il triste primato per dispersione scolastica e incremento della povertà. 1.876.000 i minori in condizioni di povertà relativa, 1.227.000 solo al Sud. Qui 359 mila bambini vivono in condizioni di povertà assoluta, al di sotto cioè di uno standard di vita minimamente accettabile. Occorre invertire la rotta, ma mancano i fondi, complice la crisi economica. Il presidente di Unicef Italia, Giacomo Guerrera:
R. - Sicuramente il momento è difficile, però non possiamo non mettere in campo tutte le risorse possibili che possano comunque incidere su questa condizione dell’infanzia, che è sempre più grave.
Grande lacuna in Italia è l’assenza di un sistema di raccolta dati, rappresentativi ed uniformi tra le varie regioni per misurare l’estensione di fenomeni come pedofilia, pornografia infantile, dispersione scolastica, lavoro minorile, abusi, disabilità:
R. - Valutare l’impatto delle politiche economiche, notare come effettivamente sia possibile migliorare la situazione, lo si può fare soltanto conoscendo: se noi non abbiamo dati, senza la conoscenza del fenomeno non è possibile dare soluzioni credibili.
D. - Anche perché di fronte a fenomeni come quello dell’abuso dei minori on line, non si può essere approssimativi!
R. - Noi sappiamo per certo che il fenomeno esiste! Abbiamo una percezione del fenomeno, ma non ne conosciamo la reale dimensione.
Il ministro Fornero ha garantito che l’Italia si doterà presto di un sistema nazionale per la protezione e l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati: secondo il Rapporto nel 2011 erano 7750 di cui 1791 irreperibili. Il Gruppo Crc chiede poi una revisione della legge sulla cittadinanza dei minori stranieri e per loro, a prescindere dalla condizione giuridica, l’iscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale. Ancora Guerrera:
R. - Non possiamo, una volta che sono arrivati nel nostro Paese, dare a questi minori una assistenza diversa rispetto ai nostri. Non è concepibile: non saremmo un Paese civile!
Celebrazioni per ricordare mons. Padovese, a due anni dall'uccisione in Turchia
◊ La famiglia francescana ricorda oggi il confratello mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia - ucciso il 3 giugno 2010 a Iskenderun, Turchia - con la presentazione presso la Pontificia Università Antonianum del volume di inediti “La Verità nell’Amore. Omelie e scritti pastorali (2004-2010)” per le Edizioni Terra Santa. Sempre oggi, presso la Basilica di San Bartolomeo all’Isola, fra Mauro Jöhri, Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori cappuccini, celebrerà una Santa Messa in ricordo di mons. Padovese e la sua mitria verrà deposta nella chiesa in memoria del suo impegno per la diffusione del Vangelo e per il dialogo tra popoli e religioni. Fra Raffaele della Torre, Ministro provinciale dei frati cappuccini della Lombardia, due anni fa incontrò mons. Padovese poco prima della morte. Ecco il suo ricordo al microfono di Fabio Colagrande:
R. - Ricordo ancora, era il 22 maggio, e padre Luigi era venuto a salutarci nella nostra curia provinciale di Milano in Viale Piave e c’eravamo intrattenuti. Con Luigi scherzavamo molto volentieri, anche pensando ai tempi passati. Quando lui era direttore dello studentato teologico dei cappuccini di Piazza Velasquez e mi diceva tutta la sua contentezza nel prepararsi a presentare il documento di lavoro per il Sinodo della Chiesa mediorientale che avrebbe voluto presentare al Santo Padre il 5 giugno 2010. Era molto fiero di questo lavoro, di questo contributo, che lui aveva preparato per la Chiesa, per il Sinodo delle Chiese del Medio Oriente.
D. - Perché è così importante ricordare mons. Padovese e mettersi in ascolto del suo insegnamento ancora oggi?
R. – Io credo che mons. Padovese ha vissuto il suo ministero proprio con due aspetti caratteristici. Questo aspetto culturale, propositivo, proprio a livello di far conoscere tutta la storia dei padri. Proprio per questo lui ha organizzato parecchi simposi nel centro di accoglienza della sua diocesi e proprio perché credo che, con molta serenità, con molta pace, con molta pastoralità, ha saputo mediare il rapporto fra i cattolici e tutto l’ambiente dell’islam in cui era piamente inserito, senza nessun problema di proselitismo ma con un desiderio umile e semplice di testimoniare il Vangelo.
D. – Colpisce di queste omelie la consapevolezza che mons. Padovese aveva rispetto alla sua possibile sorte...
R. – Io ho come davanti due immagini: mons. Padovese agli inizi del suo ministero episcopale con tanto zelo, oserei dire, con lo zelo e il trasporto del neofita. Poi ha iniziato il suo ministero, ha subito determinate situazioni, senz’altro la morte di don Andrea Santoro e alcune piccole altre persecuzioni vissute all’interno della sua diocesi, per cui era diventato molto più consapevole. Sapeva che il sacrificio della vita in qualche modo gli poteva essere richiesto. Era profondamente affidato a vivere il suo ministero anche fino a questa estrema conseguenza.
Siria: i ribelli per la "guerra totale". Assad espelle alcuni ambasciatori
◊ I ribelli siriani non rispetteranno più il cessate il fuoco in vigore dal 12 aprile e lanciano un appello a tutti i Paesi islamici sunniti chiedendo di finanziare con ogni mezzo la "guerra santa" contro il regime di Bashar al-Assad. Intanto, il governo siriano espelle gli ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Turchia. Per i leader del Free Syrian Army - riferisce l'agenzia AsiaNews - il piano in sei punti proposto da Kofi Annan è "nato morto". Esso non è mai stato rispettato dal regime, che sarebbe il principale imputato per la strage di Houla dove sono stati uccise 108 persone fra cui 49 bambini. Negli ultimi due giorni oltre 80 fra soldati e funzionari del regime sono morti in scontri a fuoco con le milizie ribelli. In risposta agli attacchi l'esercito siriano ha lanciato una offensiva con carri armati e armi pesanti nelle province di Hama e Idlib, dove oggi sono morti quattro civili. Oggi, il generale ribelle Mustafa al - Sheikh ha annunciato la creazione della Military Coalition For Syrian Revolutionaries Front, nuovo fronte armato della guerra contro Assad che riunirà tutte le milizie di opposizione in un unico esercito. Lo scopo è armare "tutti i combattenti islamici", creando un corridoio sui confini con Turchia e Iraq dove far passare armi e denaro. Tale strategia è in atto da mesi e vede fra i principali finanziatori dei ribelli Arabia Saudita e Qatar, ma è finora è sempre stata negata da entrambi i Paesi del Golfo e dagli stessi ribelli. Ieri, il Syrian National Council (Snc), gruppo politico che rappresenta parte dei ribelli siriani, si è dissociata dalla coalizione militare, sottolineando che l'unica strada percorribile è il piano di pace proposto da Lega Araba e Nazioni Unite. Ahmad Fawzi, portavoce del Snc accusa i Paesi occidentali e i media di aver decretato morto il piano di Kogi Annan già prima della sua applicazione. "In molti mi chiedono se anche secondo me il piano di pace in sei punti è superato, se è alla fine, se è morto. Senza avere una risposta vera tutti hanno già scritto il suo necrologio. Ma esso è per il momento l'unica opzione che consente di affrontare il conflitto in modo pacifico". Nonostante le pressioni per un intervento armato e per nuove sanzioni contro il regime, ieri Ban ki- Moon, segretario generale dell'Onu, ha confermato che il piano di Annan è ancora uno degli strumenti fondamentali con cui affrontare la questione siriana. Egli ha escluso l'ipotesi di un intervento militare nel breve periodo. Oggi, in occasione della visita di Vladimir Putin a Pechino, Russia e Cina hanno di nuovo ribadito il loro "no" a qualsiasi tentativo di rovesciare il regime degli Assad con le armi. Oggi, il ministero degli Esteri siriani governo dichiarato "persone non gradite", 17 diplomatici fra cui gli ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Turchia. "La scorsa settimana - afferma il comunicato - alcuni Paesi hanno chiesto ai nostri diplomatici di lasciare i Paesi ospiti, ora anche la Siria considera il personale di questi Paesi persone non gradite". (R.P.)
Nigeria: cresce il bilancio dell’attentato alla Chiesa cristiana di Bauchi
◊ È di almeno 21 morti e 45 feriti il bilancio aggiornato dell’attentato che domenica ha colpito una chiesa pentecostale di Bauchi, città nord-orientale della Nigeria. Le ultime cifre sono state diffuse dal reverendo Lawi Pokti, responsabile della ‘Christian Association of Nigeria’, citato dal quotidiano locale ‘Vanguard’. Il religioso, ripreso anche dall'agenzia Misna, non si è però limitato ad aggiornare il numero delle vittime dell’attacco suicida, “direttamente responsabile del decesso di 12 fedeli”, ma ha accusato anche l’esercito nigeriano di “uccisioni extragiudiziarie di gente disarmata”, attribuendo ai militari regolari la responsabilità dell’uccisione di otto persone e il ferimento di 20 altre. “Agenti della sicurezza non hanno nessuna giustificazione per aver aperto il fuoco su donne, giovani e bambini che sono venuti per piangere i propri cari – sostiene il reverendo -. Siamo di fronte a uccisioni extragiudiziarie per le quali l’Esercito della Nigeria dovrebbe dare prova di rimorso” ha aggiunto il responsabile della ‘Christian Association of Nigeria’. Intanto il gruppo islamico radicato nel nord della Nigeria, Boko Haram, ha rivendicato l’attentato di domenica in un comunicato trasmesso ai media nigeriani, a firma del suo presunto portavoce Abu Qaqa. Il testo non precisa le motivazioni dell’attacco e accusa i giornalisti di riportare solo le notizie diffuse dalle autorità nigeriane. (M.G.)
Mons. Martinelli: “La Libia è libera ma non la dialettica interna"
◊ “La Libia è libera, ma è una libertà che deve essere sempre riconquistata”, così mons. Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, commenta la nuova fiammata di tensione che ieri ha scosso il Paese nord africano con l’occupazione dell’aeroporto della capitale da parte di una brigata di Tarhuna, che chiede il rilascio di uno dei suoi leader, scomparso in circostanze non chiarite. “La situazione è tornata calma. Quando questa mattina alle 7 siamo usciti dalla Messa, non abbiamo notato niente di particolare” ha detto il prelato sentito dall’agenzia Fides. Secondo il vicario apostolico l’occupazione dello scalo, che ha portato al blocco del traffico aereo per diverse ore, rientra “in una dialettica interna che è tutta da costruire”, attraverso “un allenamento continuo per imparare a dialogare”. Le tensioni a Tripoli e a Bengasi (dove nella serata di ieri vi sono stati scontri tra la polizia militare ed una brigata locale) sembrano essere legate alle elezioni per l’Assemblea Costituente, previste per metà giugno ma che con ogni probabilità verranno rinviate. “L’opinione comune è che le elezioni verranno spostate a luglio prima dell’inizio del Ramadan” dice Mons. Martinelli. Il vicario apostolico di Tripoli rimane comunque fiducioso sull’evoluzione della Libia e assicura che “la comunità cattolica prosegue il suo cammino e il suo servizio al popolo libico con coraggio. Facciamo nostra – conclude mons. Martinelli - l’esortazione di Papa Benedetto XVI: “coraggio”, accettando in pieno le sue parole”. (M.G.)
Ucraina: concluso a Leopoli il primo Congresso Eucaristico dei cattolici
◊ Migliaia di cattolici romani hanno partecipato alla cerimonia conclusiva del primo Congresso eucaristico pan-ucraino che si è svolto il 3 giugno a Leopoli (Ucraina). L’evento si è concluso con una Messa presieduta dal cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa, presso la sede del campus della Facoltà di medicina veterinaria dell’Università di Leopoli. Il cardinale - riferisce l'agenzia Sir - ha portato i saluti del Pontefice ai partecipanti, regalando loro un calice per la celebrazione della messa. “Il Santo Padre Benedetto XVI è spiritualmente presente qui con noi a questa celebrazione liturgica e prega affinché il primo Congresso eucaristico possa lasciare un segno profondo in tutti voi”, ha detto il cardinale Comastri. La liturgia è stata concelebrata dal nunzio apostolico in Ucraina, mons. Thomas Gullickson, dai più alti esponenti della gerarchia ecclesiale ucraina guidati dal metropolita Mieczyslaw Mokrzycki, da vari vescovi stranieri e dai vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina Yosyf Milian e Hlib Lonchyna. Secondo il Servizio di informazione religiosa dell’Ucraina, hanno assistito alla celebrazione 400 sacerdoti giunti da tutte le diocesi ucraine e da Polonia, Bielorussia, Italia, Romania, Austria, nonché rappresentanti e funzionari delle autorità statali. Dopo la messa, laici e membri del clero hanno raggiunto in processione la chiesa dell’Assunzione della Beata Vergine, dove hanno assistito agli eventi conclusivi tra cui un concerto. Il Congresso eucaristico era iniziato il 26 maggio a Kiev. “Volevamo che esso aiutasse la gente a rendersi conto pienamente del grande dono che Gesù Cristo ha lasciato alla Chiesa, perché Lui è sempre presente nell’Eucaristia”, ha spiegato mons. Stanislaw Shyrokoradiuk, vescovo ausiliare della diocesi di Kiev-Zhytomyr. (R.P.)
Croazia: storica visita a Zagabria del Santo Sinodo del Patriarcato ortodosso di Serbia
◊ Il Santo Sinodo del Patriarcato ortodosso di Serbia (Soc) guidato dal Patriarca Ireneo sarà dal 7 giugno a Zagabria, in Croazia, per una visita di tre giorni, durante la quale incontrerà anche alti esponenti della Chiesa cattolica croata e del Governo. Si tratta della prima visita in Croazia della più alta autorità della Chiesa ortodossa serba, un evento storico, dunque, che segna emblematicamente il nuovo clima dei rapporti tra ortodossi e cattolici dei due Paesi della ex Jugoslavia. Lo ha sottolineato dai microfoni della Radio cattolica croata Jure Zečević, esperto di ecumenismo e segretario del Consiglio per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale croata. “La visita – ha detto – conferma l’apertura dell’attuale dirigenza della Chiesa ortodossa serba al dialogo e alla cooperazione con la Chiesa cattolica”. Secondo il prof. Zečević, citato dall’agenzia cattolica Ika, si tratta di un segnale ecumenico incoraggiante e di un nuovo “segno di speranza per i rapporti cattolico-ortodossi”, caratterizzati già adesso da uno “spirito di reciproca apertura e disponibilità”, dopo le tensioni del passato, come testimoniano, tra l’altro, gli incontri avviati tra le rispettive commissioni episcopali per l’ecumenismo, e la collaborazione nel campo educativo. “Queste e analoghe forme di collaborazione - ha aggiunto il prof. Zečević - dimostrano che ambedue le parti hanno a cuore la promozione degli autentici valori umani del Vangelo nelle nostre Chiese e società. In questo senso – ha concluso – ritengo che la visita vada considerata positivamente dall’opinione pubblica”. Il programma della visita prevede, il 7 giugno, la partecipazione della Soc all’inaugurazione di una scuola superiore ortodossa a Zagabria e, il giorno successivo, un incontro di alto livello con i vertici della Conferenza episcopale croata. (A cura di Lisa Zengarini)
Pakistan: le Ong chiedono alla Ashton di affrontare il problema delle minoranze religiose
◊ E' iniziata oggi la visita in Pakistan di Catherine Ashton, alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, e alcune Ong mettono in evidenza i temi che ritengono debbano essere affrontati con estrema importanza: persecuzioni alle minoranze religiose, blasfemia e violenze. Zorhra Yusuf, presidente dell’Ong Hrcp (Human Rights Commission of Pakistan), in un’intervista all’agenzia Fides, chiede alla Ashton “di sollevare, nei colloqui con il governo, questioni importanti per la democrazia nel Paese, come la condizione delle minoranze religiose, che sta degenerando”. “Mi riferisco a cristiani e indù – prosegue la Yusuf – ma anche alle minoranze musulmane come sciiti e ahmadi, vittime di violenza settaria”. Altro punto importante per l’organizzazione umanitaria è quello delle uccisioni extragiudiziali, sequestri e sparizioni, che proseguono soprattutto nella regione del Beluchistan. “La Ashton – aggiunge il presidente della Ong - dovrebbe esprimere, inoltre, le gravi preoccupazione dell’Europa e della comunità internazionale sull’abuso della legge sulla blasfemia, che colpisce le vita di tanti innocenti”. Anche un’altra Ong internazionale, Human Rights Watch (Hrw), lancia un appello alla rappresentante dell’Ue. Il direttore dell’Hrw in Pakistan, Ali Dayan Hasan, sottolinea che la “Ashton dovrebbe comunicare alle autorità pakistane che porre fine alla cultura dell’abuso e della discriminazione è essenziale perchè il Pakistan possa avere un rapporto significativo con l'Unione Europea”. (A.C.)
Pakistan: per il vescovo di Lahore è migliorato lo status dei cristiani
◊ “Restate saldi nella fede”: è l’appello lanciato ai fedeli da mons. Sebastian Francis Shaw, vescovo ausiliare e amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Lahore, in occasione delle celebrazioni giubilari per il 125° anniversario di fondazione della diocesi. Come appreso dall’agenzia Fides, il vescovo, parlando nei giorni scorsi ad un’assemblea riunita nella chiesa dell’Immacolata Concezione ad Anarkali, nel territorio diocesano, ha incoraggiato i fedeli alla speranza, ricordando “tempi più duri di quelli presenti, quando ai cristiani era perfino razionata l’acqua”. Il frutto di una fede salda, della fiducia in Dio, della ferma posizione in difesa della dignità di ogni uomo e della parità di diritti, ha rimarcato il vescovo, è stato “un maggiore riconoscimento dei cristiani nella società e un miglioramento del loro status”, sebbene siano ancora presenti intimidazioni e discriminazioni verso le minoranze religiose in Pakistan. Alla celebrazione giubilare, che ha visto la popolazione locale stringersi attorno al Pastore, erano presenti catechisti, giovani, gruppi ecclesiali, le “Suore della Carità di Gesù e Maria” i giovani della “St. Joseph High School”, le terziarie francescane di Lahore. Istituita nel 1886 e affidata ai frati cappuccini belgi, l’attuale arcidiocesi di Lahore ha oggi 26 parrocchie ed è la più grande nella provincia del Punjab. (R.P.)
Indonesia: a padre Sidin massimo riconoscimento dal governo per la tutela dell'ambiente
◊ Padre Samuel Onton Sidin è stato premiato ieri con il Kalpataru Award, il più prestigioso riconoscimento dell’Indonesia in materia di conservazione dell’ambiente. Il sacerdote, dell’ordine dei frati cappuccini, lavora da anni per il rimboschimento e il recupero di diverse zone della provincia di West Kalimantan. Nato nel 1954 e ordinato sacerdote nel 1984 – riferisce l’agenzia AsiaNews – ha fondato a Kubu Raya la Sunshine Home, per la promozione di programmi di riqualificazione di aree verdi, e dentro la quale ha creato un centro di preghiera per i cattolici locali. Nel 2000 aveva avviato un progetto di rimboschimento di un’area di oltre 90 ettari sul Monte Tunggal, devastata da un incendio, innestando alberi locali a rischio di estinzione. Il lavoro di padre Sidin coniuga, quindi, la cura della comunità cristiana con la spiritualità di attenzione all’ambiente propria dell’ordine dei francescani. (A.C.)
Congo: 15 mila rifugiati e violenze su donne e minori nel Nord Kivu
◊ Continua ad essere alto il clima di tensione in Congo, nella zona del Nord Kivu, dove gruppi armati da settimane stanno perpetrando violenze e omicidi su donne e minori. Alla periferia di Goma si sono formati campi di rifugiati, nei quali – riporta l’agenzia Fides – sono arrivate circa 15 mila persone in quattro giorni. Dall’opera salesiana di Goma-Ngangi, don Piero Gavioli afferma che “la situazione all’interno della città di Goma è tranquilla, gli allievi preparano gli esami di fine anno. Ma al Centro Don Bosco – continua il sacerdote – non mangiano più, dato che il Programma Alimentare Mondiale (Pam) ha ridotto drasticamente la distribuzione di cibo ‘per esaurimento delle riserve’”. Il Centro Don Bosco ha accolto 18 ragazzi e una ragazza ex soldato provenienti da Rutshuru, a 80 km da Goma, dove stavano facendo una riabilitazione psicologica dopo il trauma delle esperienze vissute. Il riaccendersi degli scontri li ha rimessi in crisi e sono stati costretti a chiedere ospitalità al Centro salesiano. (A.C.)
Repubblica Centrafricana: l'opera della Chiesa per i bambini soldato
◊ Il dramma dei bambini soldato è al centro dell’azione pastorale della diocesi di Bangassou, nel sud della Repubblica Centrafricana. Da 5 anni mons. Juan José Aguirre, vescovo della diocesi, promuove iniziative per il recupero dei minori che riescono a fuggire dal criminale di guerra, Joseph Kony, e arrivano “completamente bloccati, terrorizzati e privi di autostima” dopo aver subito violenze. Il presule insieme ai missionari porta avanti opere di carità e assistenza anche su numerosi altri fronti: al momento, secondo quanto riferisce l'agenzia Fides, sono in corso 25 grandi progetti sostenuti dalla Fundación Bangassou che è nata a Cordoba, in Spagna. Distribuzione di latte in polvere ai bambini che non possono essere allattati dalle madri malate di Aids, case di accoglienza per i malati, lebbrosari, reparti pediatrici e Centri per bambini malnutriti: sono questi alcune delle ulteriori iniziative promosse dalla diocesi, che ha anche avviato progetti di scolarizzazione, fondato 80 cooperative per le nonne che accolgono gli orfani e infine una casa di cura per adulti con problemi di demenza. (A.C.)
Burkina Faso: concluso il seminario dell’Associazione Radio Cattoliche
◊ “La forza di stare insieme per fare rete”: su questo tema si è svolto, nei giorni scorsi, il seminario dell’Associazione delle Radio Cattoliche (Arcb) del Burkina Faso. Il corso si è tenuto a Ouagadougou ed ha visto la presenza di numerosi membri di emittenti cattoliche nazionali, non solo radiofoniche, ma anche televisive, come “Tv Maria”. Conferenze, work-shop e momenti di preghiera hanno scandito i cinque giorni di lavori, guidati dal Centro di ricerca e di educazione nella comunicazione (Crec), al quale appartiene anche padre Janvier Yaméogo, membro del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali. Tanti gli obiettivi del seminario: come riporta una nota dell’Arcb, “si è mirato a rafforzare le capacità professionali dei partecipanti”, aiutandoli a “riflettere sulle loro strutture lavorative” e proponendo loro delle “strategie per amare e far amare le loro emittenti”. Infine, si è stabilito di creare una “banca-dati” di tutte le radio cattoliche del Burkina Faso, in modo che ciascuna di esse possa mettere in condivisione con le altre le proprie produzioni audio. Attualmente, le radio cattoliche del Paese sono quattordici e riescono a coprire una buona parte del territorio nazionale. Come ha detto Béatrice Damba, presidente del Consiglio superiore delle comunicazioni, “queste emittenti rappresentano una grande forza a disposizione della Chiesa” e l’auspicio è che esse riescano a collaborare anche “con gli altri media esistenti sul territorio”. Infine, ai partecipanti al seminario è giunto il saluto di mons. Philippe Ouédraogo, arcivescovo di Ouagadougou, il quale li ha esortati con le parole “Duc in altum!”, ovvero “Prendi il largo!”. Quelle stesse parole con cui Gesù esorta i primi discepoli a gettare le reti per una pesca che si rivelerà prodigiosa. (Lc 5, 4). (I.P.)
Senegal: i vescovi creano un polo per la formazione di sacerdoti, religiose e religiosi
◊ Rafforzare la formazione di sacerdoti, religiose e religiosi: con questo obiettivo, la Conferenza episcopale del Senegal ha deciso di istituire, nel Paese, “un polo attivo di riflessione filosofica e teologica” della Chiesa cattolica. In sostanza, i presuli hanno lanciato un appello ad una “maggiore collaborazione” tra i Seminari maggiori nazionali de Sébikotane e Brin con il Centro Sant’Agostino di Dakar. L’annuncio della creazione del “polo formativo” è arrivato al termine della sessione ordinaria dei lavori episcopali, svoltisi a Dakar dal 28 maggio al 1° giugno. Tra le novità previste per i Seminari maggiori, anche l’adozione di uno statuto interdiocesano e di un programma rinnovato di insegnamento, per fare fronte all’aumento e alla varietà degli iscritti. Ma la Conferenza episcopale del Senegal ha esortato anche i laici ad “impegnarsi nella loro missione, ovvero dare una testimonianza di vita nella Chiesa e nella società, soprattutto là dove è necessario un laicato attivo ed organizzato, che possa giocare pienamente il suo ruolo nella sfera sociale”. Inoltre, i vescovi hanno avviato un lavoro di riflessione volto ad istituire, alla pari delle altre Conferenze episcopali del mondo, un quadro giuridico per la tutela dei minori e delle donne nel Paese, spesso vittime di pratiche legate alle tradizioni. Infine, i presuli hanno esortato lo Stato - guidato dall’ex premier Macky Sall, vincitore delle presidenziali del 26 marzo scorso – a moltiplicare gli sforzi per attuare le riforme necessarie ad una migliore governance del Paese. (I.P.)
Uganda: le Chiese favorevoli ai contributi statali per gli enti religiosi di utilità sociale
◊ Il Consiglio delle Chiese cristiane dell’Uganda (Ujcc), che riunisce cattolici, anglicani e ortodossi, saluta con favore la proposta avanzata dal Governo di stanziare contributi pubblici a favore delle opere di utilità sociale delle Chiese, in particolare nel campo dell’istruzione e in quello socio-sanitario. Il progetto è stato annunciato dal deputato del National Resistance Movement David Bahati durante i lavori dell’Assemblea generale dell’organismo, riunito nei giorni scorsi a Kampala. Secondo la Ujcc si tratterebbe di un atto dovuto, considerato che gli enti religiosi spesso suppliscono alle carenze dello Stato e sarebbe un significativo contributo alla lotta alla povertà e al miglioramento degli standard di vita della popolazione ugandese. In questo senso si è espresso il presidente, l’arcivescovo anglicano Henry Luke Orombi, citato dal quotidiano ugandese “New Vision”. I sussidi statali – ha affermato - avrebbero come primo effetto positivo quello di permettere una riduzione delle rette e dei contributi a carico dei beneficiari dei servizi educativi e socio-sanitari forniti dalle strutture religiose, che sono attualmente gravate anche dalle imposte. Durante i lavori l’assemblea del Ujcc ha affrontato anche altri temi di attualità, tra i quali la modifica dell’attuale assetto istituzionale dello Stato; la legislazione sull’omosessualità e l’emergenza della cosiddetta della Nodding Desease, malattia tuttora incurabile che sta facendo strage di bambini in Nord Uganda. Sul primo punto, nella dichiarazione conclusiva, Ujcc ha chiesto un ridimensionamento degli attuali poteri del Presidente della Repubblica che i leader cristiani considerano eccessivi. Le Chiese cristiane ugandesi chiedono inoltre la rapida approvazione della Anti-Homosexuality Bill per impedire la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso che – affermano - minerebbero il tessuto sociale della società ugandese. Il progetto di legge ha aperto un vivace dibattito nel Paese, perché nella sua formulazione originaria prevedeva l’arresto e la pena di morte per gli omosessuali, misura considerata decisamente eccessiva e disumana dai vescovi cattolici ugandesi e dalle altre Chiese cristiane che sostengono comunque il rispetto della dignità umana delle persone omosessuali. (L.Z.)
Perù: entra nel vivo la settimana del migrante
◊ Intensificare l’azione missionaria nel campo della mobilità umana, è uno dei temi su cui sta riflettendo la Chiesa del Perù in occasione delle celebrazioni della "Settimana Nazionale del Migrante e della sua famiglia", in corso dal primo al 7 giugno. L’iniziativa, coordinata e animata dalla Pastorale della Mobilità Umana della Commissione episcopale per la Pastorale Sociale della Conferenza episcopale peruviana, prevede una serie di eventi culturali e religiosi che si stanno tenendo nelle diverse diocesi, per offrire spazi di riflessione sul tema dell'immigrazione. Tra queste l'agenzia Fides riferisce della diocesi del Callao, dove le attività hanno avuto inizio domenica 3 giugno, con una Eucaristia presieduta dal vescovo locale, mons. José Luis del Palacio, nella parrocchia di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. Alla Messa è seguito un festival culturale, una fiera gastronomica e uno spettacolo di danze. Nell'arcidiocesi di Lima ieri è stato presentato il libro "Dinamiche migratorie al confine tra Perù e Cile", nell'auditorium della Conferenza episcopale peruviana. Domani, mercoledì 6 giugno avrà luogo un forum-conferenza sul tema "Traffico di esseri umani: una sfida per lo sviluppo" presso la sede della Comunità Andina delle Nazioni. La commissione episcopale per la Pastorale Sociale ha pubblicato un messaggio rivolto a tutti i migranti e alle loro famiglie, in cui si richiama il tema del Messaggio di Papa Benedetto XVI per la 98.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2012, "Migrazione e Nuova Evangelizzazione". Nel testo i vescovi affermano: "In un momento in cui la Chiesa si prepara alla prossima Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, in ottobre, sulla nuova evangelizzazione, il Santo Padre ricorda nel suo messaggio che il momento attuale chiama la Chiesa a intraprendere una nuova evangelizzazione anche nel vasto e complesso fenomeno della mobilità umana, intensificando l’azione missionaria". "Nel nostro Paese – ricordano i vescovi - ci sono oltre tre milioni di peruviani che hanno dovuto lasciare le loro case in cerca di una vita migliore per le loro famiglie". "Allo stesso tempo - continua il messaggio -, dobbiamo considerare alcuni elementi come una maggiore migrazione interna, il traffico di persone e il traffico illegale di migranti, la situazione degli stranieri nelle carceri, la cura pastorale nei porti. Sono tutte parti – sottolineano i presuli - della realtà che ci sfida e dinanzi alla quale la Chiesa deve sentirsi Chiesa senza frontiere, una Chiesa di famiglie, attenta al fenomeno della mobilità umana". Infine i vescovi incoraggiano tutti i connazionali che si trovano fuori del Paese, “a conservare la loro fede cattolica”, e chiedono la protezione del Signore dei Miracoli, patrono dei migranti peruviani. (M.G.)
Thailandia: migliaia di bambini venduti e costretti a mendicare
◊ In tutta la Thailandia sono migliaia i bambini dati in “affitto” per pochi soldi dalle famiglie più indigenti ai trafficanti che li obbligano a chiedere l’elemosina e a vendere fiori per le strade. Secondo l’Ong thailandese Stop Child Begging, che si occupa del traffico di minori, la maggior parte non sono thailandesi ma birmani e cambogiani. Il fenomeno è allarmante soprattutto nella capitale, visto che le autorità non lo considerano un problema che riguarda il futuro dei loro bambini e della loro società. Secondo quanto riferisce l'agenzia Fides, questi minori sono considerati semplicemente accattoni, mentre ci sono anche ragazzini e ragazzine costretti a prostituirsi o che diventano essi stessi trafficanti. L’agenzia delle Nazioni Unite, United Nations Inter-Agency Project on Human Trafficking (Uniap), ha dichiarato che non si sa esattamente quanti siano i bambini coinvolti ma che il problema è rilevante. Secondo la responsabile dell’Uniap per il sudest asiatico, i bambini vengono dati in affitto o venduti dagli stessi familiari o tutori e poi controllati affinché portino denaro. Inoltre spesso, con o senza il loro permesso, diventano vittime della tratta che altro non è che il reclutamento con l’unico scopo dello sfruttamento. La tariffa più comune per un piccolo è di $25 al mese. Secondo il Dipartimento di Stato americano, la Thailandia rimane fonte, destinazione, e Paese di transito per la tratta di esseri umani, uomini, donne e bambini. La maggior parte delle vittime identificate provengono da Paesi vicini come Myanmar, Cambogia e Laos. (M.G.)
Euro 2012: allarme Ecpat per il turismo sessuale in Ucraina e Polonia
◊ “Scoraggiare ogni malintenzionato e far sì che gli Europei rimangano una manifestazione a impatto zero sui bambini”. È l’intento dichiarato dell’appello lanciato dalle organizzazioni locali della Rete Ecpat in Ucraina e Polonia per il “rischio di aumento di turismo sessuale con minori” in vista degli Europei di calcio. In una nota ripresa dall'agenzia Sir, il presidente Ecpat Italia, Marco Scarpati, invita tutti i turisti e tifosi italiani in partenza per Euro 2012 a mantenere alto il livello di attenzione. La paura – si legge nel comunicato - è che “la concomitanza tra il periodo estivo (che vede di suo un aumento del turismo sessuale in alcune zone del Paese, accompagnato dall’indebolimento in questi periodi di alcuni freni sociali, come ad esempio la scuola) e l’evento sportivo possa portate ad un escalation del fenomeno, soprattutto in Paesi fragili come l’Ucraina e la Polonia, dove è facile trovare sesso a costi contenuti con ragazze che dichiarano un’età diversa da quella reale”. Per l‘occasione Ecpat-Italia mette a disposizione una recente analisi del fenomeno del turismo sessuale in Ucraina e Polonia, con dati provenienti dalla Rete internazionale Ecpat, che da anni difende i minori dal rischio di sfruttamento sessuale in tutto il mondo, con dichiarazioni degli operatori locali che lavorano quotidianamente con questa realtà. (M.G.)
Germania: la Chiesa critica il progetto di modifica del Codice penale sul suicidio assistito
◊ Una deriva verso la legittimazione dell’eutanasia: così la Conferenza episcopale tedesca critica il progetto di legge che mira a modificare il Codice penale sul suicidio assistito. La proposta di riforma dell’articolo 127 del Codice penale, infatti, prevede la pena di tre anni di reclusione per chi, a scopo commerciale, assiste una persona nel suicidio. Ma, come afferma Matthias Kopp, portavoce dei vescovi tedeschi, il problema si pone quando si deve definire lo “scopo commerciale”: secondo il progetto di modifica, esso va inteso come un’attività ripetuta che procura, per un certo periodo di tempo, un guadagno specifico. Il che significa punire le organizzazioni di assistenza al suicidio, sia quelle che operano direttamente in Germania, sia altre che si propongono come intermediarie per chi vuole il suicidio assistito in altri Paesi in cui è autorizzato, come la Svizzera, il Belgio e i Paesi Bassi. Allo stesso tempo, però, la riforma dell’articolo 127 non includerebbe tutti i casi di assistenza al suicidio a carattere gratuito, o la decisione di un singolo medico, o ancora la diffusione di informazione sul suicidio assistito tramite Internet. Il progetto di modifica del Codice penale dovrà ora essere sottoposto all’approvazione del governo federale. (I.P.)
Francia: il 9 giugno, primo incontro nazionale per la Gmg 2013
◊ Saranno 160 i delegati diocesani che, insieme alle comunità e ai movimenti ecclesiali della Francia, parteciperanno il 9 giugno al primo incontro nazionale in preparazione alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà dal 23 al 28 luglio 2013 a Rio de Janeiro. L’incontro preparatorio avrà luogo a Parigi, nella sede della Conferenza episcopale francese (Cef) e sarà incentrato sulla dimensione missionaria, solidale ed interculturale dell’evento, soprattutto a partire dal tema scelto da Benedetto XVI per la Gmg, ovvero “Andate e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). Nell’ambito dell’appuntamento del 9 giugno, verrà offerta: una presentazione generale sulla Gmg 2013, un contributo sul Brasile e sulla Chiesa in America Latina, numerose informazioni su progetti interculturali e di solidarietà legati all’evento e, inoltre, verrà lanciato uno speciale sito web (www.jmj2013.fr). Infine, durante l’incontro verrà proclamato il vincitore del concorso per la realizzazione di un poster sulla Gmg: l’autore dell’idea migliore otterrà un biglietto aereo per Rio e la sua creazione sarà inserita nel circuito della comunicazione istituzione della Chiesa francese. Come riporta una nota della Cef, saranno 104 le diocesi francesi e i movimenti ecclesiali che si recheranno in Brasile il prossimo anno. (I.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 157