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Sommario del 03/06/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Un milione alla Messa di Bresso. Il Papa alle famiglie: trasformate il mondo. A Filadelfia l’Incontro del 2015
  • Festa delle testimonianze: Benedetto XVI incontra la gioia e le sofferenze delle famiglie
  • Il Santo Padre ai governanti: fatevi amare, lo Stato sia a servizio della famiglia
  • Le voci delle famiglie radunate a Milano
  • Una famiglia di terremotati abbraccia Benedetto XVI: intervista con Giuliano e Cristina Govoni
  • Padre Lombardi: la gioia del Papa per “tre giorni bellissimi di vita pastorale”
  • Mons. Petrini, vescovo in Brasile: la famiglia assediata dalle difficoltà della vita quotidiana
  • Beatificazione in Francia di padre Jean-Joseph Lataste, “l’apostolo delle carceri”
  • Oggi in Primo Piano

  • Assad nega ogni responsabilità per il massacro di Hula e accusa la comunità internazionale
  • A due anni dalla morte in Turchia di mons. Padovese, il ricordo vivo del suo impegno per il dialogo interreligioso
  • Disoccupazione record e delocalizzazione: intervista con il prof. Zamagni
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nigeria, attentato suicida in una chiesa, nel nord del Paese: almeno12 vittime
  • Egitto: continuano le proteste in piazza Tahrir contro l’ergastolo per Mubarak
  • L'impegno dell'arcidiocesi Sydney in difesa del valore universale della famiglia
  • Gran Bretagna: cattolici mobilitati contro la riforma del matrimonio nel diritto inglese
  • Cina: i fedeli si preparano a festeggiare il Sacro Cuore
  • Haiti: continua l’impegno dei Redentoristi per la ricostruzione del Paese
  • Il Papa e la Santa Sede



    Un milione alla Messa di Bresso. Il Papa alle famiglie: trasformate il mondo. A Filadelfia l’Incontro del 2015

    ◊   L’amore di una famiglia che crede nel Vangelo è una forza per la famiglia stessa e per il mondo in cui queste famiglie vivono. E’ la sostanza dell’omelia che Benedetto XVI ha rivolto questa mattina al milione e più di persone radunatesi nel Parco di Bresso, a nord di Milano, per partecipare alla Messa conclusiva del settimo Incontro mondiale delle famiglie. All’Angelus, il Papa ha annunciato che l’ottavo raduno sarà ospitato nel 2015 dalla città americana di Filadelfia. La cronaca della celebrazione nel servizio dell’inviato a Milano, Alessandro De Carolis:

    Cari sposi, essere famiglia oggi non è facile, ma se il mondo ha una speranza di essere migliore è grazie al tipo di amore che lega gente come voi. Lo sguardo di Benedetto XVI vaga sereno sulla spianata di Bresso dove stanno, l’una accanto all’altra – passeggino accanto a biberon – centinaia di migliaia di famiglie, esempio della bellezza della Chiesa e smentita vivente del pessimismo inguaribile di tante sociologie, di tante tribune mediatiche, che profetizzano la distruzione delle relazioni tra coniugi, tra genitori e figli, perché il loro sistema razionale non sa cosa sia e di cosa sia capace una “Chiesa domestica”.

    Queste famiglie invece sono lì, davanti al Papa, arrivate da oltre 150 nazioni, e soprattutto piccola percentuale di quei milioni di papà, mamme e bambini che seguono la diretta mondovisione della Messa. Benedetto XVI parla loro a cuore aperto. Il vostro amore, dice, “è fecondo” anzitutto per la coppia perché “desiderate e realizzate il bene l’uno per l’altro”. Lo è per i figli perché li accogliete con generosità e responsabilità. Lo è per la società perché siete portatori di “virtù sociali”, gratuità, rispetto, solidarietà:

    “Cari sposi, abbiate cura dei vostri figli e, in un mondo dominato dalla tecnica, trasmettete loro, con serenità e fiducia, le ragioni del vivere, la forza della fede, prospettando loro mete alte e sostenendoli nelle fragilità. Ma anche voi figli, sappiate mantenere sempre un rapporto di profondo affetto e di premurosa cura verso i vostri genitori, e anche le relazioni tra fratelli e sorelle siano opportunità per crescere nell’amore”.

    “La vostra vocazione non è facile da vivere, specialmente oggi - riconosce Benedetto XVI – ma quella dell’amore è una realtà meravigliosa, è l’unica forza che può veramente trasformare il mondo”. E per chi quella difficoltà di vivere un amore pieno è invece una stigmate che ogni giorno ferisce il cuore e l’anima, ripete:

    “Una parola vorrei dedicarla anche ai fedeli che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione. Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sostengono nella vostra fatica. Vi incoraggio a rimanere uniti alle vostre comunità, mentre auspico che le diocesi realizzino adeguate iniziative di accoglienza e vicinanza”.

    Nei giorni del Congresso teologico pastorale che hanno preceduto l’arrivo del Papa, si è discusso a Milano dello sforzo di conciliare in famiglia i tempi del lavoro e quelli, sempre più sfrangiati, della festa. Il Papa va contro il senso comune che vorrebbe la seconda sacrificata sull’altare del primo :

    “Il progetto di Dio e la stessa esperienza mostrano, però, che non è la logica unilaterale dell’utile proprio e del massimo profitto quella che può concorrere ad uno sviluppo armonico, al bene della famiglia e ad edificare una società più giusta, perché porta con sé concorrenza esasperata, forti disuguaglianze, degrado dell’ambiente, corsa ai consumi, disagio nelle famiglie. Anzi, la mentalità utilitaristica tende ad estendersi anche alle relazioni interpersonali e familiari, riducendole a convergenze precarie di interessi individuali e minando la solidità del tessuto sociale”.

    E per ciò che riguarda la festa della Domenica, il Papa ribadisce che essa “è il giorno della Chiesa” e dunque, per un cristiano, un giorno mai uguale agli altri:

    “E’ il giorno della famiglia, nel quale vivere assieme il senso della festa, dell’incontro, della condivisione, anche nella partecipazione alla Santa Messa. Care famiglie, pur nei ritmi serrati della nostra epoca, non perdete il senso del giorno del Signore! E’ come l’oasi in cui fermarsi per assaporare la gioia dell’incontro e dissetare la nostra sete di Dio”.

    L’Angelus che chiude la prossimità tra Benedetto XVI e le famiglie del settimo Incontro mondiale è anche l’occasione per dare pubblicamente notizia di dove si svolgerà l’ottavo. Queste le parole di un Papa visibilmente commosso e grato per il grande affetto dimostratogli dalla folla:

    “Sono lieto di annunciare che il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie avrà luogo nel 2015, a Filadelfia, negli Stati Uniti d’America”.

    Prima della benedizione conclusiva, il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, ha ringraziato il Papa e i presenti per aver reso “indimenticabili” i giorni del raduno delle famiglie. Inoltre, il vescovo ausiliare di Milano, mons. Erminio De Scalzi, ha riferito che Benedetto XVI ha disposto un ulteriore aiuto per i terremotati dell’Emilia Romagna, devolvendo i 500 mila euro delle offerte raccolti durante l’Incontro mondiale delle famiglie.

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    Festa delle testimonianze: Benedetto XVI incontra la gioia e le sofferenze delle famiglie

    ◊   Musica, coreografie suggestive ma soprattutto tanta gioia, tanto affetto e semplicità nella Festa delle testimonianze ieri sera nel parco di Bresso a Milano, presenti oltre 350mila persone. Il Papa ha risposto a braccio a 5 domande, salutando infine i terremotati dell’Emilia. Il servizio di Sergio Centofanti.

    E’ stata una vera festa delle famiglie di tutto il mondo. La prima a parlare con il Papa è stata una bimba vietnamita:

    D. - Ciao, Papa. Sono Cat Tien, vengo dal Vietnam. Ho sette anni … mi piacerebbe tanto sapere qualcosa della tua famiglia e di quando eri piccolo come me …

    R. – Grazie, carissima … sono stati momenti indimenticabili … eravamo un cuore e un’anima sola … anche in tempi molto difficili, perché era il tempo della guerra, prima della dittatura, poi della povertà … Ma questo amore reciproco che c’era tra di noi, questa gioia anche per le cose semplici era forte e così si potevano superare e sopportare anche queste cose. Mi sembra che questo sia molto importante: che anche cose piccole hanno dato gioia … perché vedevamo che la bontà di Dio si rifletteva nei genitori e nei fratelli. E per dire la verità, se cerco di immaginare un po’ come sarà il Paradiso, penso al tempo della mia giovinezza, della mia infanzia … In questo senso spero di andare ‘a casa’, quando andrò nell’aldilà …

    Poi è stata la volta di una coppia di fidanzati del Madagascar attratti dal matrimonio ma spaventati da una decisione definitiva. Il Papa ha parlato della differenza tra l’innamoramento e l’amore:

    R. - Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo, è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare … Un amore definitivo che diventi realmente ‘secondo vino’ e più bello, migliore del primo vino. Questo dobbiamo cercare. E qui è importante anche che l’io non sia isolato, l’io e il tu, ma che sia coinvolta anche la comunità della parrocchia, la Chiesa, gli amici …

    Una coppia di sposi provenienti dalla Grecia ha parlato della drammatica crisi che sta vivendo il loro Paese:

    D. - Anche noi, pur continuando a credere nella provvidenza, facciamo fatica a pensare ad un futuro per i nostri figli. Ci sono giorni e notti, Santo Padre, nei quali viene da chiedersi come fare a non perdere la speranza. Cosa può dire la Chiesa a tutta questa gente, a queste persone e famiglie senza più prospettive?

    R. – Cari amici, grazie per questa testimonianza che ha colpito il mio cuore e il cuore di noi tutti. Che cosa possiamo rispondere? Le parole sono insufficienti. Parliamo prima della politica: mi sembra che dovrebbe crescere il senso della responsabilità in tutti i partiti, che non promettano cose che non possono realizzare, che non cerchino solo voti per sé ma siano responsabili per il bene di tutti e che si capisca che la politica è sempre anche responsabilità umana e morale davanti a Dio e agli uomini … Tuttavia … che cosa possiamo fare noi? Io penso che forse gemellaggi tra città, tra famiglie, tra parrocchie potrebbero aiutare … che realmente una famiglia dell’Occidente, dell’Italia, della Germania, della Francia possa assumere la responsabilità di aiutare un’altra famiglia; così anche per le parrocchie, per le città: che realmente assumano la responsabilità, aiutino in senso concreto. E siate sicuri: io e tanti altri preghiamo per voi, e questo pregare non è solo dire parole, ma apre il cuore a Dio e così ispira anche creatività nel trovare soluzioni.

    Due sposi statunitensi con sei figli hanno sottolineato la difficoltà di conciliare le due priorità: il lavoro e la famiglia. Questa la risposta del Papa:

    R. - Vorrei invitare i datori di lavoro a pensare alla famiglia, a pensare anche a contribuire affinché le due priorità possano essere conciliate … E poi c’è la domenica, la festa: spero che sia osservata in America, la domenica! E quindi, mi sembra molto importante la domenica, giorno del Signore e proprio in quanto tale anche ‘giorno dell’uomo’, perché siamo liberi … In questa libertà dell’uno per l’altro, per se stessi, si è liberi per Dio. E così penso che difendiamo la libertà dell’uomo, difendendo la domenica!

    Una coppia brasiliana ha quindi parlato del dramma che vivono tanti divorziati risposati cattolici. Benedetto XVI ha risposto così:

    R. - In realtà, questo problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi. E non abbiamo semplici ricette. La sofferenza è grande e possiamo solo esortare le parrocchie e i singoli ad aiutare queste persone ... E poi, dobbiamo dire che la Chiesa le ama e che devono vedere e sentire questo amore. Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono “fuori” anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia; devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa.

    Infine, il Papa ha rivolto il suo saluto ai terremotati dell’Emilia e abbracciato sul palco una coppia di sposi di Cento, in provincia di Ferrara:

    “Cari amici, voi sapete che noi sentiamo profondamente il vostro dolore, la vostra sofferenza; e soprattutto, io prego ogni giorno che finalmente finisca questo terremoto. Noi tutti vogliamo collaborare per aiutarvi: siate sicuri che non vi dimentichiamo, che facciamo ognuno il possibile per aiutarvi – la Caritas, tutte le organizzazioni della Chiesa, lo Stato, le diverse comunità – ognuno di noi vuole aiutarvi, sia spiritualmente con la nostra preghiera, con la nostra vicinanza di cuore, sia materialmente e prego insistentemente per voi. Dio vi aiuti, ci aiuti tutti! Auguri a voi, il Signore vi benedica!”

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    Il Santo Padre ai governanti: fatevi amare, lo Stato sia a servizio della famiglia

    ◊   Altro appuntamento atteso nel fitto calendario della visita del Papa, l’incontro ieri pomeriggio nell’arcivescovado di Benedetto XVI con le autorità civili e militari, gli esponenti del mondo del lavoro, della cultura, dell’educazione della società milanese e lombarda. Il servizio di Roberta Gisotti.

    Alle “laboriose popolazioni milanesi e lombarde” il Papa ha rilanciato i principi che guidarono Sant’Ambrogio “governatore equilibrato e illuminato” che affrontò “con saggezza, buon senso e autorevolezza le questioni”, superando contrasti e divisioni. Anzitutto “una verità”, fondamento di convivenza sociale:

    “...nessun potere dell’uomo può considerarsi divino, quindi nessun uomo è padrone di un altro uomo”.

    Altro elemento “la giustizia”, “prima qualità di chi governa”, ma da sola “non basta” va accompagnata dall’“amore per la libertà”, non “un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti”, “che il potere civile deve garantire”:

    “Tuttavia, libertà non significa arbitrio del singolo, ma implica piuttosto la responsabilità di ciascuno”.

    Qui si pone la laicità dello Stato, ha osservato Benedetto XVI:

    “…assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti”.

    Lo Stato – ha aggiunto il Papa – deve tutelare la persona, “a cominciare dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione”. Deve essere “a servizio della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita” e riconoscere “il diritto primario dei genitori” a educare e formare i figli:

    “Non si rende giustizia alla famiglia, se lo Stato non sostiene la libertà di educazione per il bene comune dell’intera società”.

    “In questo esistere dello Stato per i cittadini” – ha sottolineato Benedetto XVI “preziosa” è la “collaborazione con la Chiesa”, forte della sua esperienza, dottrina, tradizione, istituzioni ed opere.

    Infine un richiamo particolare:

    “Il tempo di crisi che stiamo attraversando ha bisogno, oltre che di coraggiose scelte tecnico-politiche, di gratuità”.

    E un appello a quanti governano la cosa pubblica: che si facciano amare:

    Così, la politica è profondamente nobilitata, diventando una elevata forma di carità”.

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    Le voci delle famiglie radunate a Milano

    ◊   Alla Messa hanno partecipato tante coppie di sposi e soprattutto tantissimi bambini e ragazzi. E tutte le giornate del settimo Incontro mondiale delle famiglie di Milano ha visto una grande partecipazione di persone giunte da tutto il mondo. La nostra inviata Antonella Palermo ha raccolto le voci di alcuni ragazzi e di un catechista di Bergamo:

    D. - Cosa è la famiglia per i più piccoli?

    R. - Il mondo è tanto frammentato, i bambini fanno tante esperienze e magari poi non sanno dove trovare unità. La famiglia deve essere il posto in cui i bambini si orientano e trovano i punti cardinali.

    R. - E’ un posto in cui trovare valori e un posto dove essere educati e crescere. Io vedo che la famiglia esiste ancora mentre spesso la fanno apparire come se non esistesse più: invece esiste, c’è e funziona!

    D. - Tu la vuoi fare una famiglia?

    R. – Spero di sì!

    D. - Filippo Cecchini della diocesi di Bergamo:

    R. - Mi sembra che oggi come oggi sia fondamentale seguire e aiutare la giovane coppia a trovare il suo ruolo nella società e nella Chiesa.

    D. - Come voi state facendo in diocesi …

    R. - Esatto. Noi partecipiamo a percorsi per giovani coppie nella nostra parrocchia e siamo legati ad altre coppie che fanno lo stesso in altre parrocchie; c’è un continuo confronto per trovare una strada - che è difficile oggi perché la coppia è distratta, è presa da molti altri impegni -, vari percorsi che siano sostenibili per la coppia di oggi per diventare famiglia cristiana nella nostra società.

    D. - Come si esprime questa sostenibilità?

    R. - Nella solidarietà famigliare: scoprire che la mia vocazione di famiglia non si richiude nelle mie quattro mura ma va incontro ad altre coppie, ad altre famiglie che come me vivono la crisi, vivono le difficoltà quotidiane, vivono la difficoltà e il sogno di avere figli che si scontra con una società che non li valorizza. Invece, trovarsi insieme con altre famiglie a capire e a condividere questa cosa, aiuta tantissimo!

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    Una famiglia di terremotati abbraccia Benedetto XVI: intervista con Giuliano e Cristina Govoni

    ◊   Sono Maria Cristina e Giuliano Govoni, giunti dalla provincia di Ferrara in rappresentanza dei terremotati dell’Emilia, ad aver salutato il Papa ieri durante la veglia per le famiglie. Sergio Centofanti li ha intervistati:

    D. - Maria Cristina, quali le sue impressioni?

    R. – La mia riflessione è la felicità di aver potuto condividere una festa con le famiglie, così bella, con il Papa … Per me è stato un momento particolare … è una parola molto grande, ma direi “di Paradiso”: per dire che è stato un momento molto bello. Veramente, c’è stata una condivisione meravigliosa. Ieri sera, tutti i nostri vicini erano attorno ad un televisore piccolo, allestito nel nostro cortile e “tifavano” per noi. Anche persone che non vanno in chiesa, però hanno potuto ascoltare il Santo Padre. Uno dei vicini ha detto: “E’ stata una cosa bellissima, meravigliosa”, per cui anche il messaggio del Papa è passato anche a loro.

    D. – Voi, come vivete, oggi?

    R. – Abbiamo paura. Stiamo in casa il meno possibile – abbiamo la roulotte – perché le scosse continuano.

    D. – Gli emiliani sentono la solidarietà del Paese?

    R. – Direi di sì: la solidarietà esiste. Nel momento in cui c’è un grande, forte dolore, secondo me nel cuore e nell’animo delle persone esce questa solidarietà. Questa è la nostra esperienza: e la vediamo, la tocchiamo con mano, la Provvidenza quotidiana, l’aiuto … Per noi, è così.

    D. – Giuliano Govoni, una sua riflessione sull’incontro di ieri con il Papa …

    R. – Una gioia grandissima! Abbiamo anche ringraziato personalmente il Papa per questo invito che è stato fatto, gli abbiamo detto che eravamo felicissimi di essere lì, che preghiamo per lui, che gli vogliamo bene … Lui è stato molto accogliente, di una semplicità … proprio come in famiglia. Ci ha chiesto come stavamo, gli abbiamo detto anche delle chiese: qui da noi sono tutte non agibili, ormai; molte chiese forse sono anche proprio irrecuperabili. Lui ha detto che ci è vicino, che prega per noi …

    D. – Quali sono adesso le vostre speranze?

    R. – Le nostre speranze sono che prima di tutto smettano le scosse, perché noi eravamo convinti di essere in una zona non sismica. Con la prima scossa abbiamo detto: “Va bè, sarà stata una cosa eccezionale”, stavamo quasi per tornare alla normalità. La seconda scossa ci ha tolto tutte le nostre convinzioni, le nostre certezze.

    D. – Che cosa chiedono gli emiliani all’Italia?

    R. – Io credo che la cosa più importante sia riattivare subito il lavoro, mettere in condizione le aziende danneggiate di ripartire. Quindi credo che questa adesso sia la cosa principale: ripartire con il lavoro perché quello è il motore per tutto il resto.

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    Padre Lombardi: la gioia del Papa per “tre giorni bellissimi di vita pastorale”

    ◊   Un milione e mezzo di presenze, forse due. E’ la cifra di massima delle persone che complessivamente hanno preso parte, a Milano, agli avvenimenti presieduti da Benedetto XVI a partire da venerdì scorso e riguardanti il settimo Incontro mondiale delle famiglie. La stima è stata fornita oggi pomeriggio da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, durante un briefing a Milano con i giornalisti che seguono la visita papale. Padre Lombardi ha sottolineato in particolare la grande “gioia” provata dal Pontefice per questi “tre giorni bellissimi di vita pastorale”, specie per l’affetto mostratogli dalle famiglie sia durante la “Festa delle testimonianze” di ieri, sia al termine della Messa di oggi al Parco di Bresso. Da parte sua, il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi ha confermato che tutto, sia nell’organizzazione della sicurezza della visita, sia nello svolgimento degli appuntamenti, è andato bene, senza alcun tipo di “emergenze”, nemmeno di tipo sanitario.

    Padre Lombardi ha anche riferito qualche particolare sul breve incontro avuto ieri dal Papa con il cardinale Carlo Maria Martini. Si è trattato, ha detto, di un colloquio di una decina di minuti di solidarietà spirituale “tra due grandi personalità della Chiesa dei nostri tempi”. Il cardinale Martini, le cui condizioni di salute gli impediscono di conversare liberamente, è stato aiutato in questo breve incontro da un sacerdote suo collaboratore.

    Prima di congedarsi da Milano, nel pomeriggio di oggi il Papa si è intrattenuto a pranzo nel’arcivescovado con i rappresentanti delle famiglie del mondo. Sette quelle presenti: la famiglia Hassib da Baghdad; i coniugi Botolo da Kinshasa, la famiglia Gomez Serrano da Città del Messico, i coniugi Burgos dalla Spagna, la famiglia Green, dall’Australia, la famiglia Colzani da Milano e i sette membri della famiglia Tumco –papà, mamma e 5 figli – da Filadelfia, la città statunitense annunciata come sede del prossimo Incontro mondiale delle famiglie nel 2015.

    Ad una domanda di un giornalista sulla possibilità che Benedetto XVI si rechi in visita tra le famiglie terremotate dell’Emilia Romagna e della bassa Lombardia, il portavoce vaticano ha detto che questa possibilità “non è al momento in programma”, ma che è possibile valutare più avanti. Circa l’idea dei “gemellaggi” solidali tra le parrocchie del mondo, lanciata ieri dal Papa alla festa nel Parco di Bresso, l’arcidiocesi di Milano ha comunicato che verrà studiata la possibilità di recepirle all’interno del Fondo famiglie-lavoro, lanciato nel 2009 dal cardinale Dionigi Tettamanzi e riconfermato dall’attuale arcivescovo ambrosiano, il cardinale Angelo scola.

    Alcuni giornalisti hanno poi chiesto un nuovo commento sull’ennesima uscita su un quotidiano italiano di documenti vaticani. Padre Lombardi ha detto di non “essere sorpreso”, né di ritenerla una “novità”, come pure di aspettarsi altre uscite. Si tratta, ha soggiunto, di una “strategia comunicativa” che chi è in possesso di tali carte sta utilizzando per tenere desta l’attenzione sulla cosa e dimostrare di essere in possesso di altra documentazione. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Mons. Petrini, vescovo in Brasile: la famiglia assediata dalle difficoltà della vita quotidiana

    ◊   I giorni dell’Incontro mondiale di Milano sono l’occasione per i tanti vescovi presenti di discutere e confrontare le rispettive linee pastorali riguardanti il mondo della famiglia. A prendere la parola tra questi è stato anche mons. Giancarlo Petrini, vescovo della diocesi brasiliana di Camaçari e presidente della Commissione Vita e famiglia della Conferenza episcopale brasiliana. Il nostro inviato Alessandro De Carolis gli ha chiesto quale sia oggi la realtà della famiglia in Brasile:

    R. – Io porto una realtà piena di sfide perché il Brasile è grande come un continente. Viviamo una realtà sociale e culturale in piena effervescenza. Sono pochissimi i sintomi della crisi e al contrario c’è tutta un’attesa positiva nei confronti del lavoro, del futuro. La gente e i giovani sono pieni di speranza, molto differentemente da quello che sta succedendo qui in Italia, e la famiglia dentro questo contesto a volte entra in difficoltà, difficoltà esterne. La vita è dura, soprattutto nelle grandi città, si perde molto tempo nei trasporti da una parte all’altra, il lavoro è molto esigente… Questo rende più fragili le persone più ansiose e quindi l’orizzonte della famiglia, di un figlio, comincia ad allontanarsi.

    D. - Il modello familiare classico sta un po’ mutando sulla deriva occidentale?

    R. - Io direi così: come ideale rimane. Tanto è vero che in un sondaggio di opinione che è stato fatto pochi anni fa da un grande giornale di San Paolo, sommando quelli che hanno detto che la famiglia era il bene più importante della vita e quelli che hanno detto un bene importante, senza il più, si raggiunge il 98 per cento. Però le difficoltà esterne sono quelle che sono e rendono difficile sia pensare la famiglia, sia viverla bene quando uno ce l’ha. Un uomo esce di casa di notte perché deve fare due ore in autobus e poi ritorna a casa sempre di notte: quando va via di casa il bambino sta dormendo, quando ritorna a casa il bambino sta dormendo. Quando arriva a casa è esausto e non ha neanche voglia di stare a giocare col bambino, se ancora sta in piedi, e anche il rapporto con la moglie si impoverisce ed è pregiudicato da queste situazioni.

    D. - Che speranza ha lei per il presente e il futuro della famiglia?

    R. – E’ necessario aiutare soprattutto le nuove generazioni a capire bene quali possibilità di vita esistono e qual è la strada che corrisponde di più al desiderio di realizzazione di felicità che ognuno porta dentro il cuore? Io sono convinto che questo individualismo sempre più esasperato in realtà sia la strada della disperazione. La strada migliore è quello dell’incontro nell’affetto, nella reciprocità, aperti quindi a generare vita, dando un fondamento stabile al proprio affetto umano nel sacramento del matrimonio. Questa è ancora la strada.

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    Beatificazione in Francia di padre Jean-Joseph Lataste, “l’apostolo delle carceri”

    ◊   Per la terza volta in poco più di un mese, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, è in Francia per presiedere a un rito di Beatificazione in rappresentanza del Santo Padre. Oggi a Besançon, a salire agli onori degli altari, è padre Jean-Joseph Lataste, domenicano che nella sua pur breve vita ha dato una fondamentale testimonianza di misericordia e accoglienza del prossimo. Il servizio di Roberta Barbi:

    La chiamata del Signore si presentò presto nella vita di padre Jean-Joseph Lataste, battezzato Alcide, ma per un po’ di tempo condusse un’esistenza da laico, pur prestando servizio caritativo con le Conferenze di San Vincenzo. Fu quando, a breve distanza, morirono l’amata fidanzata Cecile, la sorella suora e l’anziana nutrice, che Alcide si abbandonò completamente a Dio e abbracciò la vita religiosa entrando nell’Ordine dei Frati Predicatori, come ricorda il cardinale Amato:

    “Ordinato sacerdote nel 1863, i pochi anni di ministero – morì infatti nel 1869 a 37 anni - furono dedicati alla predicazione e alla fondazione di una congregazione religiosa femminile, dedita al ricupero umano e spirituale delle donne incarcerate”.

    Era il 15 settembre 1864 quando padre Lataste entrò per la prima volta nel carcere femminile di Cadillac-sur-Garonne. Ci andò per obbedienza, senza credere molto in questo apostolato, ma spinto dal suo folle amore per Dio e per la donna, sia quella pura e innocente che aveva amato nella sua ex fidanzata, sia per quella peccatrice, ma che poteva essere redenta, come erano le detenute. Se ne trovò davanti 400 e propose loro di considerarsi come monache di clausura, separate, come queste, dal mondo, e dalle quali potevano apprendere la gioia della preghiera. Iniziò con una notte di Adorazione davanti al Santissimo Sacramento, al quale padre Lataste era particolarmente dedito:

    “Il Beato Padre Lataste fu un uomo eucaristico. Da giovane, a Bordeaux, fu assiduo all’adorazione notturna del Santissimo Sacramento. Da sacerdote fu promotore della comunione frequente, anche quotidiana”.

    Il giovane frate rimase sconvolto dal raccoglimento delle detenute e dalla forza della loro fede. Come devoto di Santa Maria Maddalena, era convinto che Dio non facesse differenza tra le donne innocenti e le peccatrici, ma che pesasse le anime “solo secondo il peso dell’amore”. Viveva però nella Francia di forte retaggio giansenista, secondo cui la grazia salvatrice è concessa da Dio solo ai predestinati dalla sua volontà. Non era possibile, quindi, per quelle ex prostitute, ergastolane, emarginate, entrare in un convento. Fu così che fondò la Congregazione delle Suore Domenicane di Betania, dove convivevano ragazze "perbene" ed ex ragazze di vita, ignorando le une il passato delle altre, contemplando la vita fraterna senza discriminazioni, dedicando la vita alla preghiera e allo studio, ma anche al servizio nelle carceri. Tutto ciò, padre Lataste ne era convinto, era possibile grazie alla forza purificatrice dell’Eucaristia. Il cardinale Amato cita alcune parole che scrisse in proposito il nuovo Beato:

    “Penso che questo sublime sacramento d'amore non sia stato istituito come ricompensa per le anime pie e ben disposte, ma anche come un rimedio per distruggere il veleno del male, come una piscina per lavare le piaghe dell'anima, come un balsamo per guarirle, come un cordiale per ritrovare la forza e il coraggio di cui abbiamo bisogno”.

    Padre Lataste è un precursore delle idee sull’amore di Dio, espresse da Giovanni Paolo II nell’enciclica “Dives in Misericordia”. Per lui la Misericordia era fondamentale, soprattutto se accompagnata da un attaccamento totale all’Eucaristia:

    “Nella Lettera Apostolica di beatificazione, il Santo Padre Benedetto XVI riscontra tre caratteristiche nella santità eroica del nostro Beato. Egli fu un infaticabile predicatore della Divina Misericordia, un apostolo generoso del recupero umano e spirituale delle detenute e un fondatore sapiente della Congregazione delle Suore Domenicane di Betania”.

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    Oggi in Primo Piano



    Assad nega ogni responsabilità per il massacro di Hula e accusa la comunità internazionale

    ◊   “Gli autori del massacro di Hula sono dei mostri” e le immagini delle vittime sono “insopportabili”. Queste le parole del presidente siriano Bashar Al-Assad al nuovo parlamento di Damasco, convocato oggi per la prima volta dopo le elezioni del 7 maggio scorso. Ieri, intanto, 89 persone, tra cui 29 civili, sono morte negli scontri tra oppositori e sostenitori di Assad. Quattro morti anche nel nord del Libano. Il servizio di Michele Raviart:

    Declina ogni responsabilità sull’eccidio di Hula, il presidente siriano Al-Assad nel suo discorso al nuovo parlamento, e accusa terroristi ed estremisti del bagno di sangue che la scorsa settimana è costato la vita a 108 persone, tra cui 49 bambini e 34 donne. La Siria sarebbe inoltre vittima di un “complotto internazionale che mira a distruggere il Paese”, ha aggiunto Al-Assad tra gli applausi, mentre la crisi siriana non sarebbe riconducibile alla politica interna, ma ad un’escalation di violenze pilotate dall’esterno. Una presa di posizione che non può convincere la comunità internazionale, che indica nelle truppe di Assad gli esecutori materiali del massacro, come dimostrerebbero immagini satellitari diffuse dagli Stati Uniti. “Assad sta solo prendendo tempo, ignorando tutte le iniziative per la soluzione della crisi che si è formalmente impegnato ad applicare”, commenta il ministro degli Esteri saudita Al-Faysal. E mentre la Russia ancora divide le responsabilità di Hula tra lealisti e ribelli, il neo-ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian fa sapere da Singapore che “i russi devono capire che non si può considerare un futuro in Siria con Assad ancora al potere” e che il presidente François Hollande “non esclude un intervento militare sotto l’egida delle Nazioni Unite”.

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    A due anni dalla morte in Turchia di mons. Padovese, il ricordo vivo del suo impegno per il dialogo interreligioso

    ◊   Due anni fa in Turchia veniva brutalmente assassinato presso la propria abitazione mons. Luigi Padovese, presidente della Conferenza episcopale turca e vicario apostolico dell’Anatolia. Si trattò di un omicidio frutto della follia di un suo stretto collaboratore. Un evento che colpì uno dei principali esponenti del dialogo interreligioso nel Paese e che colpì profondamente la comunità minoritaria dei cristiani della Turchia. A fratel Paolo Martinelli, preside dell’Istituto francescano di spiritualità, amico e confratello di mons. Padovese, Stefano Leszczynski ha chiesto un ricordo del prelato scomparso.

    R. – Credo che a due anni dalla morte il suo ricordo sia molto vivo, soprattutto per la sua testimonianza di vita e di impegno generoso, senza frontiere nell’incontro e nella comunicazione del Vangelo in modo semplice e quotidiano. Inoltre, credo sia molto vivo anche per la grande valorizzazione che lui ha fatto dei rapporti con gli ortodossi in primis ma anche con il mondo musulmano. Credo che la sua rimanga, oggi più che mai, una testimonianza di cosa voglia dire comunicare il Vangelo ed essere capaci di incontrare tutti, valorizzando ogni realtà positiva che si può incrociare.

    D. – Un impegno che, al momento della sua morte, ha spinto Benedetto XVI a dire che questo assassinio non può essere attribuito né ai turchi e né alla Turchia e che non può oscurare, in alcun modo, il dialogo con l’islam. Due punti sui quali mons. Padovese aveva investito moltissimo...

    R. – Certo. Direi che queste frasi del Santo Padre tendono a valorizzare proprio l’esperienza stessa di mons. Padovese, questa sua capacità di condividere la vita quotidiana della realtà turca. Credo che lui abbia veramente amato non solo la Turchia come terra dei padri della Chiesa, ma proprio la gente, il popolo turco: ha avuto la capacità d’incontrare le persone, di tessere tanti rapporti e ritrovarsi ad essere così un testimone della fede, capace di incontrare le persone che vivono il loro impegno nella vita quotidiana. In questo senso, quindi, la sua è una testimonianza che di certo ci spinge, ancora oggi, ad approfondire e a valorizzare tutti i rapporti positivi che ci sono.

    D. – Tuttavia la situazione dei cristiani nei Paesi in cui sono in minoranza – e quindi anche in Turchia, spesso è difficile: ci sono molti ostacoli da superare, talvolta anche delle vere e proprie ostilità e minacce...

    R. – Certo. Vorrei innanzitutto ricordare che mons. Padovese, nell’ultimo anno della sua vita, si era impegnato molto in questo senso: il suo impegno era in favore della libertà religiosa e non solo di quella di culto, proprio perché l’appartenenza ad una religione potesse essere un atto profondo della libertà e della coscienza della persona. Vorrei poi ricordare proprio il suo impegno, anche in vista del Sinodo del Medio Oriente, del quale era stato un grande protagonista nella preparazione: il suo contributo era andato senz’altro nella direzione di sottolineare l’importanza della valorizzazione delle minoranze religiose, mettendo in evidenza le difficoltà che i cristiani molto spesso incontrano in questi Paesi, dove sono una forte minoranza e dove, a volte, non sono neanche riconosciuti come una minoranza.

    D. – Grazie a questa visione possiamo anche dire che la Chiesa, in Turchia, è riuscita a fare anche alcuni piccoli ma significativi passi avanti nel rapporto, anche a livello istituzionale...

    R. – Certo. Queste sono le notizie più recenti: si sa che l’Episcopato turco ha potuto avere degli incontri significativi anche con le autorità turche, e questo tema della libertà religiosa, come anche quello del riconoscimento ufficiale della Chiesa turca, stanno andando verso una buona direzione. Speriamo possano arrivare ad un compimento positivo.

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    Disoccupazione record e delocalizzazione: intervista con il prof. Zamagni

    ◊   In primo piano, in questi giorni, il dramma della disoccupazione che nell’Eurozona è salita ad aprile all’11%. Negli Stati Uniti siamo all’8,2% mentre in Italia, nel primo trimestre 2012, il tasso dei senza lavoro è del 10,9%. La disoccupazione sembra, dunque, colpire anche se in modo diverso tutto l’Occidente. In questo scenario quanto pesa la scelta sempre più frequente di delocalizzare le imprese in paesi dove il costo del lavoro è molto basso? Debora Donnini lo ha chiesto a Stefano Zamagni, professore di economia all’Università di Bologna:

    R. – Pesa tanto anche se non è l’unica causa esplicativa di questo nuovo dramma che è la disoccupazione di massa. Un grande economista inglese di metà dell’800, John Stuart Mill, fu il primo ad avvertire che la liberalizzazione degli scambi avrebbe, sì, provocato guadagni ma c’è l’altro lato della medaglia, cioè i costi che derivano dalla internazionalizzazione. Oggi con la globalizzazione e quindi con la delocalizzazione, che ne è uno degli effetti più rilevanti, il monito di John Stuart Mill è ancora più valido. E invece cosa abbiamo fatto? Abbiamo dimenticato il secondo lato della medaglia, abbagliati dai guadagni del commercio internazionale. E’ evidente che nel lungo andare - vuol dire decenni - la delocalizzazione porterà ad un eguagliamento delle condizioni di vita tra Paesi in via di sviluppo e Paesi già sviluppati, ma nel frattempo – 20, 30 o 40 anni - coloro i quali si trovano nei Paesi sviluppati dove le imprese - soprattutto le multinazionali - delocalizzano, si vengono a trovare in mezzo alla strada, come stiamo appunto vedendo. Allora, non si tratta di dire come qualcuno vuole: facciamo politiche protezionistiche, che è esattamente l’errore opposto a quello che si sta facendo. Protezionismo e neoliberismo vanno a braccetto. Bisognerebbe che la classe dirigente capisse questa cosa. Se invece uno è convinto solo dei guadagni e l’altro è convinto solo delle perdite, è ovvio che la povera gente alla fine ci lascerà le penne.

    D. – Tra l’altro delocalizzare in Paesi dove il costo del lavoro è molto basso, anche perché forse ci sono meno diritti, comporta molti proventi per gli imprenditori…

    R. - E’ evidente. Le imprese, infatti, delocalizzano solo per quello, perché si dice: la natura propria dell’impresa è quella di generare valore. E’ inutile colpevolizzare le imprese; la colpa è dei governanti che anziché guidare loro la danza si sono lasciati prendere a rimorchio dai grossi interessi, i quali evidentemente seguono la logica che tutti sanno.

    D. – Non c’è il rischio per i lavoratori dei Paesi europei di perdere diritti?

    R. – In teoria sì, però non è lì il problema centrale. Il mondo occidentale, l’Italia, in particolare, ha un movimento sindacale di una forza notevole. Lo abbiamo visto anche recentemente a proposito dell’articolo 18. Il punto è che poiché non si può regredire sul fronte dei diritti la conseguenza è un aumento della disoccupazione. Le imprese ti dicono: non volete accettare orari più lunghi, forme di sfruttamento innovative? Benissimo, però noi delocalizziamo e voi rimanete senza posti di lavoro.

    D. - Per affrontare tutto questo, lei diceva che è importante che la politica torni a regolare l’economia; pensando all’Italia e all’Europa come si può fare?

    R. - Bisognerebbe ovviamente avere leader politici come abbiamo avuto nei primi 25 anni del dopoguerra: De Gasperi, Adenauer, Schuman… Possibile che dopo 11 anni di euro in Europa non si sia riusciti ancora ad arrivare ad una politica economica comune? Abbiamo la politica monetaria comune, la moneta comune, ma non la politica economica o fiscale. Oggi l’Europa è un insieme di egoismi nazionali.

    D. - Quello che lei sottolineava significa, per esempio, fare gli eurobond, far sì che la Banca centrale europea diventi prestatore di ultima istanza?

    R. – Esatto. Bisogna adottare il modello della Fed, cioè prestatore di ultima istanza, ma soprattutto capace di creare quella liquidità necessaria. Bisogna che il mercato unico europeo diventi veramente pluralistico e non invece, come adesso, riservato soltanto alle imprese di tipo capitalistico. Oggi in Europa abbiamo una marea di imprese sociali che aspettano soltanto il disco verde per partire e in Europa non si riesce a farle partire. Adesso, sembra che pochi giorni fa la Commissione ha adottato delibere che vanno nella direzione di consentire alle imprese sociali di svolgere la loro attività, di creare valore in un modo diverso da quello delle imprese capitalistiche. E siccome non delocalizzano, sono in grado - è stato stimato - di produrre posti di lavoro dell’ordine di due milioni in Europa. Poi ovviamente ci sono le riforme strutturali, a cominciare da scuola, università, ricerca. Il nostro modello di scuola non è adeguato alle sfide della globalizzazione e buona parte dei disoccupati è dovuta a questo. In Italia, basta leggere l’ultimo bollettino della Banca d’Italia, posti di lavoro ce ne sono solo che non sono ricopribili perché le imprese non sanno che farsene di tutti quei laureati in Lettere, in Giurisprudenza, e così via mentre avrebbero bisogno di avere tecnici nei diversi ambiti. Bisogna che il sistema scolastico non lavori più separatamente dal resto della società.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nigeria, attentato suicida in una chiesa, nel nord del Paese: almeno12 vittime

    ◊   Sono almeno 12 le vittime in Nigeria dell’attacco contro una chiesa nella località di Yalwa, alla periferia di Bauchi, nel nord del Paese africano. Stando alla ricostruzione della polizia locale l'attentato è stato causato da un kamikaze a bordo di un'auto imbottita di esplosivo che si è scagliato contro l’edificio di culto. Le forze di sicurezza hanno raccontato che la macchina ha forzato un posto di blocco, prima di esplodere davanti al sagrato della chiesa, al termine della funzione del mattino. L'attentato non è ancora stato rivendicato ma le chiese della zona sono state oggetto quest’anno di diversi attacchi da parte del gruppo islamico radicale Boko Haram (R.G.)

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    Egitto: continuano le proteste in piazza Tahrir contro l’ergastolo per Mubarak

    ◊   Non si placano in Egitto le proteste contro la sentenza di ergastolo per l’ex-presidente Mubarak, giudicata troppo clemente da buona parte dell’opinione pubblica egiziana e in particolare dai Fratelli Musulmani. Questa mattina in piazza Tahrir al Cairo, luogo simbolo della rivoluzione che l’11 febbraio 2011 aveva spodestato il regno trentennale dell’ex- presidente, centinaia di persone hanno manifestato contro la sentenza, dopo che ieri 61 persone erano rimaste ferite tra gli oltre 20mila contestatori scesi in piazza. “Contiamo di restare fino a domani e ci aspettiamo l’arrivo di molte altre persone”, ha affermato uno dei manifestanti, che hanno eretto un memoriale in ricordo degli oltre 800 manifestanti uccisi durante le proteste del 2011. Intanto 11 movimenti hanno chiesto al parlamento di adottare una legge per ripetere il processo all’ex-rais, in seguito al quale è stata evitata la condanna per prescrizione a due figli di Mubarak e sono stati assolti sei stretti collaboratori del regime. Attaccati anche due edifici del candidato alla presidenza Ahmad Shaqif, già premier di Mubarak e avversario di Mohammed Mursi dei Fratelli Musulamani nel ballottaggio del prossimo 16 e 17 giugno. Bruciata la sede della campagna politica di Shaqif, a Fayyoum e danneggiato un ufficio a Hurghada, sul Mar Rosso. (M.R.)

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    L'impegno dell'arcidiocesi Sydney in difesa del valore universale della famiglia

    ◊   "Nella società di oggi c'è un grande bisogno di riscoprire il significato e il fine del matrimonio e l'importanza della famiglia". È quanto ha dichiarato suor Giovanna Farquer, direttrice della Commissione per l'ecumenismo e le relazioni interconfessionali dell'arcidiocesi di Sydney, in merito al dibattito politico sul matrimonio in Australia. "La famiglia”, ha spiegato la religiosa a L’Osservatore Romano, “è il luogo dove la vita è accolta e nutrita come un dono, dove i bambini possono crescere nella piena conoscenza e nell'esperienza della loro umanità e nella loro vocazione ad amare Dio e gli altri". La religiosa cita le parole di Benedetto XVI quando afferma che "la famiglia fondata sul matrimonio costituisce un 'patrimonio dell'umanità', un'istituzione sociale fondamentale che è la cellula vitale e il pilastro della società e questo interessa credenti e non credenti". "La forza e la libertà della nostra società sono state costruite sulla famiglia, sull'amore fedele e fecondo delle coppie sposate, benedette, incoraggiate e confermate dalle nostre fedi", sottolinea la suora, riferendosi al dibattito pubblico sul matrimonio di persone dello stesso sesso nell’agenda politica australiana. La suora sottolinea come "una delle eredità comuni a tutte e tre le grandi fede abramitiche, ebraismo, islam e cristianesimo, è il significato permanente e la natura del matrimonio e della famiglia”. “Il matrimonio come unione tra un uomo e una donna”, ha proseguito, “è una verità naturale e profondamente umana, ma una verità che viene compresa in maniera più ampia alla luce della fede". (M.R.)

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    Gran Bretagna: cattolici mobilitati contro la riforma del matrimonio nel diritto inglese

    ◊   L’ipotesi di istituire nuove norme sul matrimonio in Gran Bretagna non piace alla comunità cattolica inglese. Riferisce L’Osservatore Romano che il governo britannico ha avviato in questi giorni delle consultazioni sulla modifica dell’istituto matrimoniale e non esclude la legalizzazione di unioni tra persone dello stesso sesso entro il 2015. Mons. Peter David Gregory Smith, arcivescovo di Southwark e presidente del dipartimento per la responsabilità cristiana della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, ha pertanto esortato i fedeli a "partecipare alla consultazione e a far conoscere le loro obiezioni". Il presule, inoltre, sostiene la "Coalition for Marriage" ("Coalizione per il matrimonio"), un movimento popolare che sostiene la definizione corrente del matrimonio nel diritto inglese. “Il Civil partnerships act prevede già i diritti civili delle coppie dello stesso sesso”, afferma l’arcivescovo, e “un cambiamento non è né necessario né auspicabile, perché muterebbe radicalmente lo scopo legale del matrimonio, eliminando qualsiasi riferimento alla procreazione ed educazione dei figli”. Secondo il presule, "il matrimonio è un'istituzione sociale fondamentale e né lo Stato né la Chiesa hanno il diritto di ridefinirne il significato (M.R.)

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    Cina: i fedeli si preparano a festeggiare il Sacro Cuore

    ◊   La comunità cattolica cinese ha aperto le celebrazioni dedicate al Sacro Cuore di Gesù, che dureranno per tutto il mese di giugno. Riferisce l’agenzia Fides che i fedeli della parrocchia del Sacro Cuore di Xi Tun Zhuang, nella diocesi di Han Dan, sono particolarmente devoti al Sacro Cuore da 72 anni. “Anche le donne sposate o i lavoratori immigrati tornano al loro villaggio per celebrare il mese del Sacro Cuore”, confermano i fedeli locali, “perché ormai questa devozione fa parte della loro vita di fede, e soprattutto li ha sostenuti negli anni e nei momenti più difficili”. Giovedì scorso, nella cattedrale della diocesi di Wen Zhou, oltre 500 fedeli hanno preso parte alla solenne Eucaristia, che sanciva la chiusura del mese mariano e l’apertura del mese del Sacro Cuore. “Abbiamo vissuto intensi momenti di vita spirituale nel mese mariano. Vi auguro di continuare con questo fervore, perché la Madonna ci conduce verso il Sacro Cuore di Gesù”, ha detto il sacerdote nell’omelia. Il parroco ha inoltre raccomandato ai fedeli di partecipare alla Messa anche nei giorni feriali. Per facilitare tutti, la chiesa sarà aperta tutti i giorni fino a sera, come nel mese mariano. (M.R.)

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    Haiti: continua l’impegno dei Redentoristi per la ricostruzione del Paese

    ◊   Ad oltre due anni dal terremoto che ha colpito Haiti, continua l’impegno della Congregazione del Santissimo Redentore per i fedeli e i bambini del Paese. Riferisce l’Agenzia Fides che il sisma ha avuto ripercussioni devastanti sulle strutture della Congregazione: lo studentato di San Clemente e la scuola sono stati completamente distrutti, mentre il monastero e la chiesa di San Gerardo sono stati gravemente danneggiati. Raccolte straordinarie di fondi sono state istituite tra i redentoristi per andare in aiuto dei confratelli di Haiti. “Questa ondata di solidarietà fraterna è stata fonte di conforto, di incoraggiamento e di speranza per i Confratelli della Regione di Haiti”, sottolinea un documento della Congregazione. “Ci auguriamo vivamente che il nuovo studentato di San Clemente sia reso abitabile per il nuovo anno accademico e che sia ultimata la ricostruzione dell’antica sezione belga del monastero di San Gerardo”, si legge ancora nel documento. “Per questi due progetti utilizzeremo un tipo di costruzione completamente nuovo, meno costoso, più leggero e molto resistente alle intemperie. Per quanto riguarda la chiesa della parrocchia di San Gerardo, invece, sarà, necessaria la demolizione completa prima della ricostruzione. La scuola elementare San Gerardo, intanto, ha ripreso le attività didattiche in locali provvisori, costruiti dall’Unicef sullo stesso posto dove c’era l’antico edificio. Il progetto per la costruzione della nuova scuola sarà sovvenzionato principalmente dalle tre Ong redentoriste: l’irlandese “Serve” e le spagnole “Acoger Y Compartir” e “Solidaridad ”. I Redentoristi esprimono infine profonda gratitudine e riconoscenza a tutti coloro che, con la loro generosità ed i loro aiuti, permettono che la missione tra il Popolo di Dio di Haiti possa continuare. (M.R.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 155

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.