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Sommario del 02/06/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • L'affetto di 80mila giovani per il Papa nello Stadio Meazza. Benedetto XVI: tendete a ideali alti, siate santi!
  • Il Papa ai milanesi: laici e credenti collaborino al bene comune, vicinanza ai terremotati dell’Emilia
  • La gioia e la testimonianza delle famiglie a Milano
  • A Milano la Chiesa attenta anche alle coppie separate
  • Il vescovo di Mantova: la Chiesa vicina alle famiglie terremotate
  • Padre Lombardi: un evento di gioia che fa guardare con speranza al futuro dei giovani
  • Ior: non fondate e fuorvianti le affermazioni di due quotidiani italiani su una "divisione" della Commissione cardinalizia
  • Il cardinale Rodriguez Maradiaga: a rischio fame 15 milioni di persone nel Sahel, intervenire subito
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: Mubarak condannato all'ergastolo per la repressione di piazza Tahrir
  • No ad armi in Siria e attenzione ai rifugiati: così mons. Tomasi all'Onu a Ginevra
  • Ancora scosse in Emilia, l’Ue valuta l’opzione aiuti alle imprese
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Vietnam: fioriscono le vocazioni nella Compagnia di Gesù
  • Taiwan: camilliani in festa per i 60 anni di presenza nell’isola
  • Estonia: fervono i preparativi per la prima “Notte delle Chiese”
  • Hong Kong: invecchiamento della popolazione, sfida per la Chiesa
  • India: artista locale dipinge la “Bibbia indiana”
  • A Roma, un convegno su fede e teologia con padre Spadaro
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'affetto di 80mila giovani per il Papa nello Stadio Meazza. Benedetto XVI: tendete a ideali alti, siate santi!

    ◊   “Ragazzi, tendete a ideali alti, siate santi”. E’ la consegna che Benedetto ha lasciato alle ragazze e ragazzi della Cresima dell’arcidiocesi ambrosiana, incontrati nella tarda mattinata di oggi allo Stadio “Meazza” di Milano. Una folla di 80 mila persone lo ha acclamato con grande entusiasmo, come altrettanto calorosa era stata, in precedenza, l’accoglienza riservata al Papa dai circa 5 mila tra sacerdoti, religiose e seminaristi incontrati verso le 10 nel Duomo per la celebrazione dell’Ora media. La cronaca dei due avvenimenti nel servizio dell’inviato, Alessandro De Carolis:

    La Milano del sabato è un deserto umano, tranne che nel luogo abitualmente deputato a contenere, attorno a un rettangolo verde, una delle più brucianti passioni italiane del fine settimana. Solo che è una diversa “partita” quella che oggi si disputa nello stadio di San Siro, la “Scala del calcio”. I giocatori sono l’impressionante parata di ragazzini prossimi alla Cresima o appena confermati – casacche gialle, blu, rosse a colorare tutto l’emiciclo. Spettatori sono le migliaia di catechisti, genitori, padrini che li affiancano. Anche il boato che esplode verso le 11.45 ha una carica di decibel da far impallidire i tifosi della domenica.

    Nel catino del “Meazza” va in scena “Lo spettacolo dello Spirito” e il “campione” oggi è il Papa. Benedetto XVI arriva in un tripudio di grida, fa il giro di campo sulla piccola papamobile elettrica, prende posto sul palco che somiglia a una barca, dominato dalla scritta cubitale “Prendi il largo con Pietro”. Lo spettacolo preparato dai ragazzi è pieno di musica e coloratissimo. A un certo punto, una coreografia costruisce davanti al Papa i contorni di una famiglia e l’invenzione pare quasi una risposta a chi la famiglia la vede sempre più smembrata. Poi, la barca stende una vela e una rete si srotola sul campo, sull’erba che per qualche minuto diventa il mare di una pesca giovane, giovanissima. “Siete ormai cresciuti”, dice ai ragazzi Benedetto XVI, con la Cresima avete detto il vostro “sì libero e consapevole” a Dio:

    “Cari ragazzi e ragazze, tutta la vita cristiana è un cammino, è come percorrere un sentiero che sale su un monte - quindi non è sempre facile, ma salire su un monte è una cosa bellissima - in compagnia di Gesù; con questi doni preziosi la vostra amicizia con Lui diventerà ancora più vera e più stretta”.

    Il Papa catechista spiega i sette doni dello Spirito Santo ai ragazzi, li definisce “fortunati” per la radicata tradizione ambrosiana a curare gli oratori, li invita a non credere a chi dice loro che la vocazione da piccoli non può essere perché, afferma, “un futuro grande pittore dipinge già da bambino”. Al contrario, li sprona:

    “Non siate pigri, ma ragazzi e giovani impegnati, in particolare nello studio, in vista della vita futura: è il vostro dovere quotidiano e una grande opportunità che avete per crescere e per preparare il futuro. Siate disponibili e generosi verso gli altri, vincendo la tentazione di mettere al centro voi stessi, perché l’egoismo è nemico della vera gioia…. Cari ragazzi, care ragazze, vi dico con forza: tendete ad alti ideali: tutti possono arrivare ad una alta misura, non solo alcuni! Siate santi! Ma è possibile essere santi alla vostra età? Vi rispondo: certamente! Lo dice anche sant’Ambrogio, grande Santo della vostra Città, in una sua opera, dove scrive: ‘Ogni età è matura per Cristo’.

    Prima di incontrare i giovani, Benedetto XVI era entrato in Duomo per parlare del “poema” del sacerdozio e della bellezza di un “cuore indiviso” che sceglie di darsi tutto a Dio in una consacrazione religiosa. Ai presbiteri, alle religiose e ai religiosi che gli hanno tributato applausi e affetto e con i quali ha celebrato l’Ora Media, secondo il rito ambrosiano, il Pontefice ha ribadito anzitutto l’unicità del “dono” del sacerdozio:

    “Senza dubbio, l’amore per Gesù vale per tutti i cristiani, ma acquista un significato singolare per il sacerdote celibe e per chi ha risposto alla vocazione alla vita consacrata: solo e sempre in Cristo si trova la sorgente e il modello per ripetere quotidianamente il ‘sì’ alla volontà di Dio”.

    “Vi incoraggio”, “guardate al futuro con fiducia” e contate “sulla fedeltà di Dio”, ha proseguito Benedetto XVI, che ha rammentato i nomi dei tanti sacerdoti Beati diventati esempi, anche recenti, di eccellenza cristiana, tra i quali Carlo Gnocchi, o Luigi Monza:

    “Chiediamo fiduciosi al Datore di ogni dono di rendere sempre fecondo il ministero dei sacerdoti, di rafforzare la testimonianza delle persone consacrate, per mostrare al mondo la bellezza della donazione a Cristo e alla Chiesa, e di rinnovare le famiglie cristiane secondo il disegno di Dio, perché siano luoghi di grazia e di santità, terreno fertile per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”.

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    Il Papa ai milanesi: laici e credenti collaborino al bene comune, vicinanza ai terremotati dell’Emilia

    ◊   La prima giornata di Benedetto XVI a Milano ha vissuto due momenti di grande gioia e intensità. Nel pomeriggio di ieri, il Papa ha incontrato la cittadinanza e i fedeli in piazza Duomo, ribadendo che laici e credenti possono fare tanto insieme per il bene comune. Quindi, in serata, ha preso parte al Concerto in suo onore al Teatro alla Scala. Qui, soffermandosi sulla “Nona Sinfonia” di Beethoven, ha affermato che abbiamo bisogno di un Dio vicino che ci aiuti ad andare avanti. In entrambe le occasioni, il Papa ha espresso parole di vicinanza e sostegno per le popolazioni colpite dal terremoto in Emilia Romagna. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La Milano laica e quella cristiana si sono ritrovate insieme, all’ombra del Duomo, per accogliere con gioia il Papa. Un bagno di folla che in realtà è iniziato già nel tragitto dall’aeroporto di Linate al centro della città, quando tantissimi fedeli hanno salutato il passaggio della papa-mobile. Nella piazza simbolo del capoluogo lombardo, Benedetto XVI è stato accolto da cori festosi e sventolii di bandiere dei diversi Paesi presenti all’Incontro mondiale delle famiglie. Il sindaco milanese, Giuliano Pisapia, ha espresso a nome di tutta la città la gratitudine al Papa per la sua visita ed ha auspicato una collaborazione tra cattolici e non per il bene della comunità:

    “Da questo Duomo, da questa bellissima piazza, vogliamo, voglio lanciare una parola di speranza e di apertura: ‘Lavoreremo insieme, perché nessuno si senta più solo’. Grazie Santo Padre, grazie per la Sua presenza, grazie per la Sua vicinanza”.

    Grande la gioia della diocesi ambrosiana per il doppio dono della visita del Papa e dell’Incontro Mondiale delle Famiglie. Un sentimento espresso con affetto dal cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola:

    “Grazie, Beatissimo Padre, per la Sua presenza generosa, per l’insegnamento che attendiamo a cuore aperto. Ci confermi nella Fede vera, nella Fede piena, la Fede che è tale, perché è appassionata a tutto l’uomo. Grazie Santità”.

    Il primo pensiero di Benedetto XVI è andato a quanti soffrono, a quanti sono in difficoltà: alle persone sole, ai disoccupati, agli ammalati. Poi, un pensiero speciale alle popolazioni terremotate dell’Emilia Romagna:

    “… che sono nel nostro cuore e nelle nostre preghiere e per le quali invito, ancora una volta, ad una generosa solidarietà”.

    A tutta Milano, si è dunque rivolto il Papa che ha messo l’accento sulla “singolare identità” della città che non deve chiudersi in se stessa ma aprirsi piuttosto con speranza al futuro, nella vita dell’Italia e dell’Europa:

    “Nella chiara distinzione dei ruoli e delle finalità, la Milano positivamente ‘laica’ e la Milano della fede sono chiamate a concorrere al bene comune”.

    Il Papa si è soffermato sulla storia ricca di cultura e fede di Milano. Una ricchezza, ha detto, che ha innervato l’arte, la cultura, l’industria e la politica:

    “La fede in Gesù Cristo, morto e risorto per noi, vivente in mezzo a noi, deve animare tutto il tessuto della vita, personale e comunitaria, pubblica e privata, così da consentire uno stabile e autentico ‘ben essere’, a partire dalla famiglia che va riscoperta quale patrimonio principale dell’umanità, coefficiente e segno di una vera e stabile cultura in favore dell’uomo”.

    Ha così ricordato i tanti luminosi testimoni della Chiesa ambrosiana da San Carlo Borromeo a Papa Ratti, a Papa Montini. E ancora, la figura santa di una mamma come Gianna Berretta Molla. Nella serata, i cori festosi delle famiglie in Piazza Duomo hanno fatto spazio alla musica solenne di Beethoven. Al Teatro alla Scala, il maestro Daniel Barenboim ha diretto la celeberrima “Nona Sinfonia” in onore di Benedetto XVI. E il Papa “musicista” al termine dell’esecuzione ha offerto la sua riflessione sull’Inno alla gioia di Schiller, immortalato dalle note del grande compositore tedesco:

    “Non è una gioia propriamente cristiana quella che Beethoven canta, è la gioia, però della fraterna convivenza dei popoli, della vittoria sull’egoismo, ed è il desiderio che il cammino dell’umanità sia segnato dall’amore, quasi un invito che rivolge a tutti al di là di ogni barriera e convinzione”.

    E il pensiero è ancora una volta andato ai terremotati. Di fronte alle immagini di distruzione, ha detto il Papa, le parole dell’Inno alla gioia “suonano come vuote per noi, anzi sembrano non vere”:

    “Non siamo ebbri di fuoco, ma piuttosto paralizzati dal dolore per così tanta e incomprensibile distruzione che è costata vite umane, che ha tolto casa e dimora a tanti”.

    Ecco allora, ha concluso, che cerchiamo un Dio “che non troneggia a distanza ma entra nella nostra vita e nella nostra sofferenza”:

    “Non abbiamo bisogno di un discorso irreale di un Dio lontano e di una fratellanza non impegnativa. Siamo in cerca del Dio vicino. Cerchiamo una fraternità che, in mezzo alle sofferenze, sostiene e così aiuta ad andare avanti”.

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    La gioia e la testimonianza delle famiglie a Milano

    ◊   Milano si è trasformata nella città delle famiglie: famiglie di tutto il mondo, unite dalla gioia di credere in Gesù. Antonella Palermo ha raccolto alcune testimonianze:

    R. - Siamo molto contenti, c’è tanta gente, ci sono tante famiglie...

    D. - Siete impegnati in parrocchia, nella diocesi…

    R. - Sì, in parrocchia nella nostra diocesi.

    D. - Lei è in dolce attesa, quanti mesi?

    R. - 8 mesi.

    D. - Quanti bimbi avete?

    R. - Abbiamo quattro bambini, tre maschietti ed una femminuccia che è a casa con i nonni, ed è in arrivo un’altra bambina!

    D. - Insomma, un segnale di coraggio in un tempo in cui forse la predisposizione anche al matrimonio cristiano non è così forte, soprattutto tra i giovani…

    R. - Bisogna avere fiducia nella bellezza del matrimonio.

    D. - Perché?

    R. - Perché il sacramento del matrimonio, è un dono talmente grande che appena anche noi stessi sposi lo riscopriamo, diventa attraente per tutte le coppie. Dobbiamo solamente, noi coppie già sposate, riscoprirlo bene affinché diventiamo veramente testimoni. Quando si va in giro per la città, vedere una famiglia anche con qualche figlio, che ci si vuole tutti bene, è veramente una grande immagine di Dio. La gente ha bisogno di vedere queste immagini perché è abituata a vedere cose che non vanno bene e che non sono belle. La famiglia è una cosa bella e vedere semplicemente una famiglia in giro fa bene al cuore.

    D. – Voi da dove venite?

    R. - Da Caserta. Quello che ci sostiene nel nostro cammino spirituale di coppia è proprio questo incontro con la Chiesa attraverso tutti i volti delle altre famiglie, anche di nazionalità e Paesi diversi che nonostante le diverse tradizioni e radici culturali, alla fine, parlano la stessa lingua animati dallo stesso Spirito; questo Spirito che accomuna e anima la Chiesa.

    R. - Qui sentiamo veramente la smentita di Babele, la rinascita della Pentecoste, perché come dice Gaetano, nonostante le culture e le tradizioni diverse, ci si capisce.

    R. - Noi abbiamo incontrato una coppia di Bagdad. Ci hanno chiesto un sostegno nella preghiera. Noi possiamo fare poco per loro, però possiamo stargli vicino nella preghiera, questo li aiuta tantissimo ed è questo quello che loro ci hanno chiesto.

    D. - Da dove venite?

    R. - Da Biella.

    D. - Educare alla Fede che sfide comporta? E che difficoltà comporta oggi per una famiglia?

    R. - È difficile perché si è un po’ criticati quando si esprime la fede. Però come genitori, bisogna viverla serenamente affinché la vivano i figli altrettanto serenamente.

    R. – Mi chiamo Massimo, lei è mia moglie, Sara …

    D. – Qui ci sono i vostri quattro figli, due sono adottati… Tu come ti chiami?

    R. - Melcam.

    D. - Da dove vieni?

    R. - Etiopia.

    D. – Voi genitori, dove si trova lo stimolo all’unione?

    R. - Noi preghiamo spesso per l’unità della nostra famiglia. Quindi la nostra radice la troviamo lì.

    D. - Cosa vi aspettate dal Papa?

    R. - Sicuramente parole di conforto per noi e per tutte le famiglie, nella prospettiva di rinfrancare tutte quelle famiglie che si trovano più in difficoltà.

    D. – E voi ragazzi…

    R. – Noi due siamo stati adottati nel 2005. Siamo qui da sette anni, però mi sembra di vivere qui da sempre. Il tempo è passato talmente in fretta, che non me ne sono accorto. Se siamo qui è per ringraziare i nostri fratelli e i nostri genitori.

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    A Milano la Chiesa attenta anche alle coppie separate

    ◊   Partecipa all’incontro mondiale di Milano anche l’Associazione Famiglie Separate Cristiane. Al vicepresidente Emanuele Scotti, Antonella Palermo ha chiesto quanta attenzione c’è oggi da parte della Chiesa nei confronti delle coppie separate:

    R. – La Chiesa ha affrontato l’argomento a livello dottrinale già da molto tempo: il direttorio di pastorale familiare, nel 1993, aveva affrontato questa problematica nel capitolo settimo e lo aveva fatto in maniera molto approfondita. Purtroppo, per molto tempo, le iniziative che concretamente era auspicabile nascessero a seguito di queste indicazioni non sono state sviluppate, ma da qualche anno c’è sicuramente una grande attenzione ed una tendenza come anche una messa in pratica di principi di accoglienza nella verità. Restando quindi nel principio dell’indissolubilità sacramentale – che è un elemento che non può essere messo in discussione -, c’è una grande attenzione ed una grande apertura verso l’accoglienza alle persone che hanno vissuto e vivono tutt’ora questo dramma, nella coscienza – com’è stato detto e ricordato anche nella lettera del cardinale Tettamanzi: il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito – di queste situazioni, nella verità dei principi.

    D. – A questo proposito di recente è nato un Osservatorio sulle famiglie ferite, che è espressione della Consulta nazionale di pastorale familiare della Cei, è così?

    R. – Sì. E’ nato dopo il Convegno di Salsomaggiore del giugno 2011, che è stato il primo Convegno della Pastorale familiare nazionale che ha messo esplicitamente a tema la problematica delle famiglie separate. E’ nato un gruppo di lavoro interno alla Consulta con la finalità di monitorare e di osservare lo sviluppo delle iniziative pastorali specifiche rivolte alle persone separate e divorziate. In modo particolare, le iniziative che rileviamo e intendiamo rilevare sono quelle che hanno un carattere di continuità e di permanenza, quindi non parliamo di singoli convegni, serate o incontri, che sono naturalmente molti di più rispetto a quelli che potremmo rilevare, ma ci limitiamo a queste – peraltro più significative – iniziative che hanno questi caratteri di continuità nel tempo. E sono molte: si stanno sviluppando un po’ in tutta Italia e, dato che il fenomeno, almeno fino a qualche anno fa, era localizzato prevalentemente nel centro-nord, la maggior parte delle iniziative erano originarie di questa zona, anche se il tutto si sta espandendo ed omogeneizzando sostanzialmente su tutto il territorio nazionale. Oggi, quindi, nascono iniziative pastorali un po’ ovunque.

    D. – Tra le famiglie separate c’è, secondo lei, abbastanza informazione su questo movimento che la Chiesa sta cercando di attuare ed anche maggiore disponibilità al confronto verso di loro?

    R. – Questo è sicuramente un terreno sul quale c’è ancora molto lavoro da fare. Molto si sta facendo e molto si è ottenuto, ma certamente, a livello di informazione e comunicazione, c’è ancora da fare: sussiste ancora molta disinformazione come anche molti equivoci, che bloccano un po’ l’avvicinamento delle persone a queste iniziative, che invece potrebbero rivelarsi molto utili per la persona stessa, per ‘ritornare a camminare’ e a rimanere ancorati alla Chiesa tramite il rapporto con il Signore.

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    Il vescovo di Mantova: la Chiesa vicina alle famiglie terremotate

    ◊   Erano migliaia i fedeli e i religiosi riuniti, ieri in sera, nel Duomo di Milano per partecipare all’Adorazione eucaristica guidata dal cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia. Un momento di intensa preghiera, nell’ambito dell’Incontro mondiale delle famiglie, a cui hanno partecipato anche i vescovi provenienti dalle terre più colpite dal sisma di questi giorni. C'era tra loro anche mons. Roberto Busti, vescovo di Mantova, che è stato intervistato dalla nostra inviata a Milano, Antonella Palermo:

    R. – Questo è il primo ringraziamento che faccio: l’aver voluto dedicare, in questo convegno, l’attenzione e la preghiera a quelle persone che hanno subìto un danno così grave. Un danno che è, anzitutto, quantificabile non in termini economici ma piuttosto in termini di paura, di depressione ed in termini di fatica nel comprendere il perché di essersi trovati in mezzo a questo tipo di realtà. Credo e sono certo che la preghiera è il modo più evidente, più sicuro e più forte di farci sentire vicini a loro. Proprio alcune di queste persone che ho incontrato, soprattutto quelle anziane, aveva in mano il rosario e mi raccontava che diceva il rosario ogni giorno, ma che da adesso doveva dirne due, perché deve aiutare anche quelli che sono vicini.

    D. – Il cardinale Ravasi, in apertura del Congresso internazionale teologico pastorale, ha usato proprio la simbologia biblica e letteraria della ‘casa’ per parlare di famiglia partendo dalle sue fondamenta, ovvero la coppia, parlando poi delle sue pareti, ovvero i figli, che crescono e vanno verso l’alto, e poi presentando le varie stanze: quella del dolore, del lavoro, della festa. Quando la casa materiale viene meno, da dove ripartire?

    R. – E’ questa la cosa davvero difficile: quando viene meno, sembra di essere totalmente soli, di essere allo sbaraglio, di non avere più una protezione. Guai quando viene a mancare questa casa, eppure questa casa è venuta a mancare. Ed allora è proprio questo il motivo per cui dobbiamo far sentire la nostra vicinanza. Devo dire anche un’altra cosa, proprio in rapporto ai simboli che il cardinale Ravasi ha così ben descritto: ci sono altri simboli, e sono quelli del tempio, della Chiesa, che con il suo campanile e le sue campane, col suo essere in mezzo al paese, visibile perché in qualche modo lo sovrasta con l’altezza ma allo stesso tempo lo abbraccia. Sono caduti anche questi simboli, e la gente è spaventata anche per questo: si chiedono a chi si rivolgeranno, come potranno trovare qualcuno cui far battezzare i loro bambini, da cui potersi preparare per celebrare un matrimonio o al quale portare i propri morti per pregare prima di consegnarli alla terra. Ecco: la preghiera ma anche la solidarietà delle persone dev’essere qualcosa che fa comprendere a questa gente che non è sola ma che, un giorno, ritorneremo tutti insieme e speriamo il più presto possibile, nella casa fatta di mura come anche in questa ‘casa grande’ che è la Chiesa, che ci abbraccia tutti. Credo che il primo ringraziamento che devo porgere – anche a nome degli altri vescovi delle diocesi interessate, ossia quelle di Ferrara, di Carpi, di Modena e di Mantova – va proprio al Pontefice, a Papa Benedetto. Egli ci ha voluto ricevere, ha chiesto di poterci ricevere ed ha ricevuto soltanto noi durante l’Assemblea della scorsa settimana, a Roma, della Conferenza episcopale italiana. Ha voluto sapere da noi come stavano le cose, e noi gli abbiamo detto quelle che erano allora, non sospettando che ci potesse essere un’altra scossa così grave da rimettere tutto in discussione. Ci ha fatto avere, quasi immediatamente, un piccolo obolo proprio come simbolo: un simbolo della sua presenza, per farci sapere che pensa a questi suoi figli che stanno soffrendo. E devo dire davvero un enorme grazie a Papa Benedetto, perché ripetendo le sue parole e portando al sua benedizione alle persone che ho visitato, perché avevo proprio lì la visita pastorale, ho visto che il loro cuore si è aperto, hanno fatto un grande applauso, come a voler dire: “Se il Papa non ci dimentica, abbiamo meno paura ed abbiamo più forza per andare incontro a queste difficoltà”.

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    Padre Lombardi: un evento di gioia che fa guardare con speranza al futuro dei giovani

    ◊   Benedetto XVI è contento per l’affetto e l'accoglienza ricevuta a Milano: è quanto ha affermato il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi durante un briefing con la stampa nel capoluogo lombardo. Il nostro inviato Alessandro de Carolis lo ha intervistato:

    R. – Certamente la cosa è assolutamente evidente dalla gente lungo le strade a questi grandi appuntamenti. Sono appuntamenti molto ben scelti, molto significativi: la Piazza del Duomo è il luogo in cui la città di Milano si incontra e la città di Milano non solo come comunità ecclesiale, ma come comunità civile, in tutte le sue dimensioni, in tutti i suoi problemi e in tutte le sue speranze. E poi la Scala, che è veramente il tempio della cultura per questa città, profondamente collegata alla storia di Milano, ai suoi momenti tristi e ai suoi momenti belli. Quindi non era per nulla un momento di carattere mondano, ma un momento culturale e spirituale, in cui anche il tema della solidarietà per il terremoto è stato messo in luce molto, molto bene, sia dal sovrintende all’inizio sia poi naturalmente dal Papa nel suo discorso finale. E poi l’incontro con i sacerdoti, con i religiosi e le religiose nel Duomo di Milano è qualcosa di impressionante: non si può entrare nel Duomo di Milano senza rimanere colpiti, presi dalla grandiosità e dalla storia di spiritualità e di comunità ecclesiale che regna in questo centro, in questo cuore della più grande arcidiocesi di Italia e d’Europa. E poi ancora, l’entusiasmo dello Stadio di San Siro, che tutti siamo abituati ad associare alle grandi partite di calcio e che, invece, viene trasformato – una volta l’anno e oggi in modo particolare per la presenza del Papa – in un luogo di festa e di entusiasmo spirituale e di speranza e di gioia per la gioventù. Questo è veramente molto bello ed è bello che la città abbia messo a disposizione questo luogo proprio per guardare in avanti, insieme al Papa, verso il futuro dei nostri giovani.

    D. – Questa sera Benedetto XVI vivrà il momento clou dell’Incontro mondiale delle famiglie, quindi dall’affetto della città di Milano passerà all’affetto di tutte le famiglie del mondo. Tante di queste famiglie sono famiglie che vengono dall’America Latina e da altri Paesi e che hanno fatto anche tanti sforzi per essere qui con il Papa: che impressione le suscita questo?

    R. – Il valore di questi grandi incontri mondiali che la Chiesa è in condizione di organizzare proprio per la sua universalità e che sono sempre molto arricchenti perché ci aiutano ad allargare gli orizzonti e anche a sentirci incoraggiati, perché la partecipazione alla fede e all’impegno cristiano e umano degli altri è sempre un incoraggiamento per tutti noi quando lo possiamo condividere. Le esperienze familiari sono tra le più belle, quando mettono veramente insieme spiritualità, umanità, sentimento, creatività, gioia di vivere insieme e di far partecipare gli altri all’amore. Quindi le tematiche familiari vissute comunitariamente creano un clima di gioia di speranza, di fiducia, nonostante tutte le difficoltà che si possono incontrare. Condividere questo a livello mondiale è una cosa molto bella ed è uno dei doni che la Chiesa può ricevere da Dio, ma allo stesso tempo partecipare all’umanità. Questo credo che sia proprio ciò che ci dobbiamo augurare e che il Papa cerca di fomentare e di aiutare con la sua venuta e con la sua parola, riuscire a saper presentare al mondo un messaggio di grande speranza e di amore attraverso l’esperienza della famiglia cristiana come offerta di gioia, di speranza e di amore per tutti.


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    Ior: non fondate e fuorvianti le affermazioni di due quotidiani italiani su una "divisione" della Commissione cardinalizia

    ◊   Le affermazioni dei due massimi quotidiani italiani su una presunta divisione interna tra i cardinali che compongono la Commissione di vigilanza sullo Ior sono “non fondate e fuorvianti”. Lo ha affermato nel primo pomeriggio di oggi padre Federico Lombardi, durante un briefing con i giornalisti che seguono la visita pastorale del Papa a Milano. Riferendosi alla sfiducia votata all’unanimità dai vertici dallo Ior nei confronti dell’ex direttore, Ettore Gotti Tedeschi, il responsabile della Sala Stampa vaticana ha precisato che la Commissione cardinalizia “ha preso atto”, con ciò ratificandola, della decisione del board “laico” dell’Istituto, successivamente comunicata “per iscritto” al prof. Tedeschi, le cui funzioni, “come da statuto”, sono passate ad interim al vicepresidente, Hermann Schmitz”.

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    Il cardinale Rodriguez Maradiaga: a rischio fame 15 milioni di persone nel Sahel, intervenire subito

    ◊   “Più di quindici milioni di persone dovranno far fronte ad una grave carenza di cibo nella regione del Sahel, in Africa occidentale, se non verranno intraprese immediatamente delle misure efficaci per prevenire un peggioramento della crisi”: a denunciarlo è il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente di Caritas internationalis, in occasione del Congresso in corso a Vienna sul tema “Un futuro senza fame”. “Le popolazioni del Niger, della Mauritania, del Mali, del Burkina Faso e del Ciad – ha detto il porporato ai nostri microfoni - già soffrono a causa della penuria di cibo e la stagione della siccità è alle porte. Nelle aree più colpite le popolazioni hanno già iniziato a razionare il cibo, a vendere il bestiame o ad abbandonare le fattorie per andare verso i centri urbani”. "Ogni dodici secondi – ha ricordato il cardinale Rodriguez Maradiaga - un bambino muore di fame nel mondo. La fame non è inevitabile, le cause sono sociali, economiche e politiche. Con un solo dollaro si può prevenire la malnutrizione di una persona; ce ne vogliono 80 per curarne una malnutrita”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Milano laica e religiosa: in prima pagina, un editoriale del direttore sulla visita del Papa alla diocesi del capoluogo lombardo.

    La piaga del lavoro forzato: in rilievo, nell'informazione internazionale, il rapporto dell'Ilo, secondo cui oltre venti milioni di persone nel mondo, soprattutto i giovani, sono vittime di sfruttamento.

    In cultura, un articolo di Fabrizio Bisconti dal titolo "Alle origini del cristianesimo fu la famiglia": sin dai primi secoli è all'interno del nucleo domestico che si testimonia la conversione; e un articolo di Carlo Carletti su Irene l'anticonvenzionale (moglie, madre e seguace di Gesù).

    Le radici spirituali della società: nell'informazione religiosa, un articolo sull'incontro fra i vescovi cattolici e il primo ministro slovacco.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto: Mubarak condannato all'ergastolo per la repressione di piazza Tahrir

    ◊   Storica sentenza oggi in Egitto. Hosni Mubarak, rais del Paese africano per quasi 30 anni, è stato condannato all’ergastolo al Cairo per aver ordinato di sparare sui dimostranti di Piazza Tahrir, durante le proteste popolari che hanno portato alla sua caduta nel 2011. Mubarak rischiava la pena di morte. Violente manifestazioni di piazza sono seguite alla pronuncia della sentenza. Non luogo a procedere, invece, per le accuse di corruzione e abuso di potere. I legali dell’ex presidente hanno annunciato ricorso contro la sentenza di condanna. Mubarak al momento di entrare in carcere ha avuto una crisi di panico con evidenti problemi cardiaci. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Trascorrerà tutta la vita in carcere Hosni Mubarak, quarto presidente egiziano, dal 1981 quando, in un clamoroso attentato, venne ucciso l’allora capo dello Stato, Sadat. In carica fino al 2011, venne deposto con la "primavera araba" che infuriò in tutto il Paese, in particolare al Cairo, dove piazza Taharir diventò il luogo simbolo della protesta anti-regime. Su di lui pesò da subito l’accusa di aver soffocato nel sangue ogni manifestazione. Alla lettura della sentenza si è presentato un Mubarak visibilmente malato e dimagrito. Violente le proteste in aula inscenate dai legali dell’accusa quando i giudici hanno pronunciato invece la prescrizione per l’ex rais e i suoi figli in merito ai reati di corruzione e abuso di potere. L’Egitto, comunque, sfugge alla logica perversa di fondare le nuove istituzioni sull’eliminazione fisica dei rappresentanti del passato regime. Ne abbiamo parlato con Antonio Marchesi, docente di diritto internazionale e membro del direttivo di "Amnesty International":

    R. – Innanzitutto va detto che un processo c’è stato, una sentenza c’è stata e questo, evidentemente, è un passo avanti. Non è stata inflitta la pena di morte, che dal nostro punto di vista è importante, e non è stato neppure un processo-farsa. La sentenza appare adeguata alla gravità dei crimini che sono stati accertati. Da questo punto di vista, quindi, si può evidentemente esprimere un apprezzamento, anche se poi ci sono delle ombre: gli ostacoli posti dai servizi di sicurezza e dall’esercito hanno impedito l’accertamento di tutta la verità. I giudici, però, hanno fatto la loro parte pur nella difficoltà del contesto.

    D. – Hosni Mubarak cade proprio di fronte alla sua miopia nel rispondere alle istanze che venivano dal popolo egiziano. Secondo lei il riconoscimento concreto dei diritti della persona può essere la chiave di volta per la stabilità futura dell’intera comunità internazionale, e quindi non soltanto per gli Stati di nuova formazione?

    R. – Sì, è giusto che sia così e credo che, nel contesto della "primavera araba", si dovranno affermare regimi rispettosi dei diritti della popolazione. Poi, chiaramente, non si passa da una dittatura o da un regime autocratico ad un democrazia piena: probabilmente ci saranno ancora degli ostacoli da superare. Io, però, sono ancora fiducioso che la grande volontà della popolazione di poter vivere una vita in cui i propri diritti fondamentali siano rispettati alla fine prevarrà.

    D. – L’Egitto, a suo avviso, tornerà ad essere un protagonista nell’area nord-africana e mediorientale ?

    R. – Sì, questo sicuramente. Molto probabilmente lo sarà in maniera diversa rispetto al passato. La questione si inserisce anche in un dilemma, nel senso che il ritorno della democrazia significa anche che, nell’ambito di libere elezioni, possano prevalere partiti che hanno un orientamento che non è pienamente in linea con il rispetto di tutti i diritti umani, civili e politici. Credo anche che il ‘nuovo’, in alcuni di questi Stati, a partire dall’Egitto, avrà bisogno di tempo per organizzarsi, e quindi è magari possibile che, in future elezioni, emergano forze più liberali e più rispettose dei diritti umani. Ma il principio della democrazia, evidentemente, non può essere messo in discussione.

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    No ad armi in Siria e attenzione ai rifugiati: così mons. Tomasi all'Onu a Ginevra

    ◊   La forte condanna dell’escalation di violenza in Siria e in particolare del recente eccidio a Hula, in cui sono morti numerosi bambini, ha aperto l’intervento di mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu a Ginevra, ieri alla sessione speciale voluta proprio per fare il punto sul deteriorarsi della situazione in Siria. E’ stata approvata una risoluzione di condanna della violenza e di appoggio al piano di pace proposto dall’inviato speciale dell’Onu a Damasco, Kofi Annan. Fausta Speranza ha intervistato mons. Silvano Maria Tomasi:

    R. – Il Consiglio dei diritti umani ha convocato una sessione speciale ed ha fatto passare una risoluzione purtroppo non all’unanimità: Federazione russa, Cina e Cuba si sono opposte, ma la stragrande maggioranza del Consiglio vede l’urgenza di terminare immediatamente gli attacchi contro i civili siriani, di tornare al dialogo e di cercare una strada pacifica per risolvere le difficoltà esistenti. Per questo si insiste sul fatto che l’inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, Kofi Annan, possa attuare il piano di riappacificazione e di riconciliazione che ha proposto. Inoltre, il Consiglio dei diritti umani chiede che ci sia la possibilità, per una Commissione d’inchiesta, di entrare nel Paese ed analizzare esattamente lo stato della situazione, soprattutto sul piano dei diritti umani. Non è facile puntare il dito ed indicare dove si trova la piena responsabilità dell’ultimo eccidio avvenuto ad Hula, perché, secondo le diverse letture date dal governo o dagli insorti, si hanno delle visioni un po’ differenti. La cosa importante è bloccare l’escalation di questa violenza: non bisogna far entrare nuove armi, c'è il rischio di far scoppiare una guerra civile, perché questa porterebbe ad un completo disastro e ad una grave destabilizzazione, per cui servirebbero anni prima di ritornare ad una convivenza normale e pacifica.

    D. – Lei, nel suo intervento, ha ricordato anche la questione dei rifugiati...

    R. – Mi sembra molto importante, in questo momento, non dimenticare i rifugiati. Si tratta di iracheni – molti dei quali anche cristiani – che hanno trovato un primo asilo in Siria e dei rifugiati che sono dovuti fuggire dalla Siria e che ora si trovano in Turchia, in Libano o in altri Paesi. In questi momenti di tragedia e di guerra - perché si tratta di un conflitto armato davvero molto pesante - le vittime sono spesso famiglie intere o persone che si ritrovano a perdere la propria casa ed il lavoro. Tra l’altro si tratta di quelle persone che hanno meno potere di influenzare la soluzione di questi conflitti. La comunità internazionale, le organizzazioni caritative ed il volontariato hanno quindi un dovere speciale nell’assistere queste persone e nel cercare di aiutarle.

    D. – Da parte del Papa tornano i ripetuti appelli in favore della Siria...

    R. – Sì. Anche il Santo Padre, come il resto della comunità internazionale, è molto preoccupato: prima di tutto perché c’è il rischio di destabilizzare un Paese che si trova al centro del Medio Oriente - e quindi con conseguenze in altri Paesi -, e poi perché il modello di convivenza delle minoranze in Siria dovrebbe poter funzionare e dare un esempio per cui, nonostante le diversità religiose ed etniche, si può convivere e costruire un progetto comune di Stato.

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    Ancora scosse in Emilia, l’Ue valuta l’opzione aiuti alle imprese

    ◊   La terra trema ancora nella Pianura Padana, nella notte nuova scossa di magnitudo 3.5 è stata registrata nelle province di Modena e Mantova. Intanto, la Procura di Modena fa sapere che saranno molti gli indagati per i crolli nei capannoni, mentre la Commissione europea valuta la possibilità di aiuti di Stato per le imprese colpite dal sisma. E all'inizio della prossima settimana è atteso un decreto del governo che consentirà di velocizzare la ripresa delle attività produttive, attraverso procedure semplificate per la verifica dell’agibilità. Nelle zone terremotate la festa della Repubblica è stata celebrata nel segno della speranza alla presenza del ministro Andrea Riccardi, e dei leader dei sindacati confederali, Angeletti, Bonanni e Camusso. Ma cosa chiedono i sindacati alle istituzioni per la ripresa produttiva di questo territorio? Marco Guerra lo ha chiesto Giorgio Graziani, segretario generale della Cisl - Emilia Romagna:

    R. - Cercare di riprendere, di reagire immediatamente, attraverso incentivazioni, fondi per le imprese e per le famiglie, che in questo momento sono in gravissima difficoltà per cercare di dare fiducia e prospettiva. In questa logica, abbiamo già fatto un accordo sugli ammortizzatori sociali. Chiediamo che venga messo nelle condizioni di poter essere applicato per coprire e tutelare tutti i lavoratori, senza che ne venga a mancare neanche uno da questa protezione degli ammortizzatori sociali in deroga. E chiaramente, dall’altra parte, che tutte le parti in causa, dalle istituzioni, alle banche, alle imprese, mettano in campo tutte le risorse necessarie, per cercare di agevolare questa reazione a partire naturalmente dall’accesso al credito, dalle risorse finanziarie disponibili anche sul piano istituzionale, e quindi anche di verificare che si riprenda a lavorare, laddove è possibile, secondo le misure di sicurezza della legge vigente.

    D. - Quali ripercussioni si avranno sul piano occupazionale, se non si interviene subito?

    R. - Le nostre stime parlano già di ventimila lavoratori che possono trovare difficoltà nella ripresa immediata del posto del lavoro, e quindi anche la paura che questa condizione, ci possa mettere nella situazione in cui le imprese scappino, delocalizzino lontano da qui. Oggi abbiamo parlato anche di questo, e abbiamo ragionato di eventuali delocalizzazioni temporanee concordate con l’idea e il patto di rientrare.

    D. - A proposito degli incontri di oggi. Quali i temi affrontati?

    R. - In particolare si è parlato del fatto che c’è bisogno di coesione, c’è bisogno di interventi coordinati, e di patti, di accordi, capaci di fare in modo che tutti i soggetti vadano nella stessa direzione, che è si quello che diciamo tutti di una ricostruzione e di una ripresa del lavoro, ma noi diciamo, di una ricostruzione per riprendere il lavoro legale e di qualità. Quindi in una logica qualificante.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella Domenica della Santissima Trinità, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù risorto appare ai discepoli in Galilea. Alcuni, però, continuano a dubitare. Il Signore dice:

    «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    Oggi un testo di addio, che è insieme un nuovo inizio: Gesù risorto si avvicina ancora una volta ai suoi discepoli; e, nonostante la loro fede sia fragile, e li invia per un grande compito: far conoscere ai popoli da dove viene la vita, la felicità, la speranza. Una conoscenza che diventa “immersione” (è il senso in greco del battesimo) nella vita, nella felicità, nella speranza. Annuncio e dono, presenza e pienezza: la Trinità intera abita in noi fin da quando siamo battezzati. Mistero grande, che percorre anima e corpo, strade e giorni: non si tratta di parole, ma di un’arte nuova del vivere, una sorgente che tutto plasma e trasforma. “Il Signore Dio è lassù nei cieli e quaggiù sulla terra”, dice oggi Mosè agli israeliti. Adoriamo questa presenza così vicina e impegnativa: con una condotta di bontà e di santità, profonda adorazione e gioiosa confidenza. È il Dio della vita e della comunione che abita in noi, Dio che è Padre e Figlio e Spirito d’amore. Diceva sant’Agostino: “Ecco sono tre: l’Amante, l’Amato, l’Amore”. Non sciupiamo con le nostre meschinità questa parola preziosa: amore. È divina, è l’essenza stessa di Dio, è la nostra stella di vita. Dio è amore, pieno, vivo, totale, eterno.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Vietnam: fioriscono le vocazioni nella Compagnia di Gesù

    ◊   È fiorente lo stato delle vocazioni dei gesuiti in Vietnam, dove negli ultimi anni, stando ai dati forniti all'agenzia Fides dalla Congregazione fondata da Sant’Ignazio di Loyola, gli ingressi in seminario si sono moltiplicati. La Compagnia di Gesù è presente in Vietnam dal 1615 e nei secoli ha contribuito moltissimo al radicamento della Chiesa cattolica nel Paese asiatico. Nel 1773 furono espulsi, per poi tornare con la loro opera di evangelizzazione nel 1957, quando fu istituito il Pontificio Collegio a Dalat. Un nuovo momento difficile la congregazione lo visse quando nel Paese si instaurò il regime comunista, nel 1975, e molti religiosi furono costretti ad abbandonare il Vietnam. L’attività “regolare” riprese solo nel 2007, quando è stata ufficialmente costituita dalla Compagnia la Provincia dei Gesuiti in Vietnam. Fulcro della formazione è lo Scolasticato di San Giuseppe a Ho Chi Minh City, che oggi accoglie 54 studenti, ma ne ha un centinaio in pre-iscrizione. Qui arrivano da tutta Europa illustri insegnanti per tenere corsi di filosofia e teologia. (R.B.)

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    Taiwan: camilliani in festa per i 60 anni di presenza nell’isola

    ◊   I Camilliani di Taiwan festeggiano quest’anno il 60.mo anniversario della loro presenza nell’isola. È grande festa, dunque, per la Chiesa locale che si prepara a grandi celebrazioni in vista del 14 luglio, giorno in cui la Chiesa ricorda San Camillo e in cui si svolgeranno una solenne Messa commemorativa e diversi incontri di preghiera. Nel frattempo il settimanale dell’arcidiocesi della capitale Tai Pei, “Catholic Weekly”, sta pubblicando un approfondimento in 7 puntate sull’opera dei Camilliani nel Paese per raccontarne la storia, l’impegno missionario e pastorale, l’evangelizzazione e le prospettive di crescita degli ospedali Peng Hu e Luo Dong, le due strutture gestite dai ministri degli infermi che vivono ispirandosi alla spiritualità di San Camillo de Lellis. Anche la Chiesa di Taiwan, grata ai missionari camilliani in particolar modo per aver portato la Parola di Gesù nel mondo della sofferenza, è coinvolta nei festeggiamenti. I camilliani arrivarono in Cina nel 1946 – ricorda l'agenzia Fides – pochi anni dopo, nel 1952, furono costretti a lasciare il continente per trasferirsi sull’isola e iniziarono a lavorare tra la popolazione più povera e le comunità indigene, aprendo le prime strutture sanitarie mai esistite a Taiwan. (R.B.)

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    Estonia: fervono i preparativi per la prima “Notte delle Chiese”

    ◊   Oltre 60 eventi fra cui visite guidate, concerti e mostre, con la possibilità di salire sui campanili delle chiese e di esplorare luoghi che non sono generalmente aperti al pubblico. È quanto prevede il programma della prima “Kirikute Öö - La Notte delle chiese” che si svolgerà in Estonia l’8 giugno e che vede coinvolti 13 luoghi di culto cattolici situati nelle due più grandi città del Paese - Tallin e Tartu. Secondo quanto riferisce l'agenzia Sir, i cori formati da migliaia di cantanti sono parte della tradizione del Paese e le loro esibizioni assicureranno alla Notte delle chiese un’atmosfera davvero speciale. In questi giorni il team incaricato di coordinare l’evento sta visitando la Repubblica Ceca, la Slovacchia e l’Austria in cerca di ispirazione e consigli pratici. L’idea del progetto ha inoltre ricevuto l’approvazione di mons. Philippe-Jean Charles Jourdan, amministratore apostolico dell’Estonia. Il suo predecessore, il vescovo Eduard Profittlich, morì martire nel 1942 in una prigione sovietica. Secondo recenti statistiche, solo 6 mila persone si dichiarano cattoliche nel Paese su 1,4 milioni di abitanti. (M.G.)

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    Hong Kong: invecchiamento della popolazione, sfida per la Chiesa

    ◊   Un impegno missionario e pastorale qualificato per far fronte all’invecchiamento della popolazione. È quanto si propone la comunità cattolica di Hong Kong alla luce dei dati dell’ultimo censimento del 2011 che registrano un aumento dell’età media della popolazione a 41,7 anni, invece dei 39,6 del 2006. Secondo quanto riferisce il bollettino diocesano, la percentuale dei ragazzi di età compresa tra 10 e 14 anni è invece diminuita al 4,7%, contro il 6% del 2006. Commentando alla Fides le statistiche, i leader cattolici hanno confermato che “bisogna dare la massima attenzione all’evangelizzazione giovanile e alla trasmissione della fede da parte della famiglia, con un’attiva partecipazione alla vita della Chiesa”. Inoltre “anche la scuola cattolica e la parrocchia hanno un ruolo importante”. Per quanto riguarda l’evoluzione della struttura sociale, “i nuovi immigranti continentali e stranieri chiedono un adeguato progetto pastorale. Abbiamo comunque buoni motivi per avere speranza, perché i numeri dei neobattezzati aumentano costantemente negli ultimi anni”. (M.G.)

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    India: artista locale dipinge la “Bibbia indiana”

    ◊   Si compone di 101 scene tratte in parte dall’Antico, in parte dal Nuovo Testamento, la “Bibbia indiana” dipinta dall’artista Edwin Parmar, pittore cattolico originario dello Stato indiano del Gujarat. L’opera sarà in mostra fino a domani presso il Centro di orientamento pastorale di Palarivattom, grazie all’organizzazione della Bible Commission del Consiglio dei vescovi cattolici del Kerala. L’artista ha raccontato all'agenzia AsiaNews che l’idea del quadro l'ha maturata vivendo da cattolico in un contesto in cui la maggioranza della popolazione è di fede musulmana e l’intuizione è consistita nel coniugare i testi sacri con la cultura indiana, che Parmar afferma di amare moltissimo: perciò le tavole della legge sono raffigurate in hindi, Maria è vestita con un sari ed Eva ha lunghi riccioli neri. L’opera, dipinta nel corso di 40 giorni nel 2005, è stata esposta in 39 chiese della diocesi di Thrissur grazie all’aiuto di padre Paul Kattukalan, coordinatore dell’Artists’ Forum dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale indiana. I non cristiani sono rimasti veramente colpiti dall’opera. (R.B.)

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    A Roma, un convegno su fede e teologia con padre Spadaro

    ◊   “La teologia all’epoca di Facebook. Pensare e vivere la fede al tempo di Internet”: è il titolo di un incontro che si terrà, lunedì 4 giugno, nel teatro della parrocchia romana Sacri Cuori di Gesù e Maria, in via Magliano Sabina 33. All’evento, interverranno padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica ed autore del saggio “Cyberteologia”, e i giornalisti di Radio Vaticana, Fabio Colagrande e Alessandro Gisotti. “Oggi, grazie agli smart-phone e ai tablet, la nostra vita è sempre ‘on-line’ – spiega padre Spadaro - e la Rete cambia il nostro modo di pensare e comprendere la realtà. Perciò, mi chiedo, come cambia la ricerca di Dio al tempo dei motori di ricerca?”. “Al di là di ogni considerazione – rileva il gesuita – va valutato che su Facebook ci sono più di cinquecento milioni di persone, e quindi, soprattutto la Chiesa, non può non esserci. E’ un dato che fa appello alla nostra moralità”. Secondo il direttore di Civiltà Cattolica, che è un sostenitore della spiritualità della tecnologia, “proprio nella Rete Cristo chiama l’umanità ad essere più unita e connessa”. (A.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 154

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli e Barbara Innocenti.