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Sommario del 31/01/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa nomina mons. Francesco Moraglia Patriarca di Venezia: “In mezzo alla gente per servire”
  • Pubblicato il programma del viaggio del Papa in Messico e Cuba: intervista con l'ambasciatore messicano presso la Santa Sede
  • Diocesi di Roma: mons. Iannone nominato vicegerente. Mons. Zuppi e mons. Leuzzi i nuovi vescovi ausiliari
  • Altre rinunce e nomine
  • Padre Lombardi sulla vicenda del padre domenicano Ricci: non fa parte del dicastero delle Cause dei Santi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ue: accordo sul patto di bilancio, rischio default per la Grecia
  • Italia: disoccupazione record dal 2001, un giovane su tre senza lavoro
  • Nigeria a rischio guerra civile, non cessano gli attacchi di "Boko Haram"
  • Maltempo: gelo siberiano su tutta Europa. Decine i morti nell'Est
  • Usa: primarie repubblicane in Florida, Romney favorito contro Gingrich
  • L'iniziativa di microcredito dei missionari Comboniani in una baraccopoli del Kenya
  • Don Stamile, il parroco minacciato dalla mafia: vado avanti con l'aiuto di Dio
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: 100 vittime a Homs. Al via il Consiglio di sicurezza dell'Onu
  • Sahel: un milione di bambini rischiano di morire per fame
  • India: estremisti indù assaltano un istituto dei Gesuiti. Arrestato il preside, studenti feriti
  • Paura in Kashmir per le scuole cristiane nel mirino degli estremisti
  • Rilasciati due sacerdoti rapiti in Sudan due settimane fa
  • Malawi: missionario sotto accusa replica "La Chiesa ha il dovere della verità"
  • Nigeria: dopo le stragi di Boko Haram riapre il liceo della diocesi di Kano
  • Camerun: i vescovi esortano al dialogo interreligioso e all'approfondimento della Parola di Dio
  • Filippine: i vescovi chiedono al governo di non dimenticare chi soffre la fame
  • Brasile: per i vescovi “ogni forma di schiavitù è un affronto alla dignità umana”
  • Bosnia-Erzegovina: al via la 23.ma Conferenza internazionale dei cappellani militari
  • Polonia: i vescovi invitano il Papa per il 1050.mo del battesimo della nazione polacca
  • Gmg di Rio 2013: rinviato al 7 febbraio il lancio del logo
  • Presentato a Palermo il Festival nazionale delle comunicazioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa nomina mons. Francesco Moraglia Patriarca di Venezia: “In mezzo alla gente per servire”

    ◊   Il Papa ha nominato oggi il nuovo Patriarca di Venezia: è mons. Francesco Moraglia, finora vescovo della Spezia-Sarzana-Brugnato. Mons. Moraglia è nato a Genova il 25 maggio 1953: fra poco meno di quattro mesi compirà quindi 59 anni. Ordinato sacerdote il 29 Giugno 1977, ha proseguito gli studi presso la Pontificia Università Urbaniana conseguendo il Dottorato in Teologia Dogmatica nel 1981. Nel suo ministero è stato chiamato a svolgere il compito di educatore presso il Seminario arcivescovile maggiore e di vice-parroco in una parrocchia di Genova. È stato insegnante di Teologia Dogmatica presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, preside presso l'Istituto di Scienze Religiose Ligure e assistente diocesano del Meic, il movimento ecclesiale d’impegno culturale. Ha, inoltre, diretto l'Ufficio diocesano per la Cultura e il Centro Studi "Didascaleion". È stato membro del Consiglio presbiterale diocesano e canonico del Capitolo. Il 6 dicembre 2007 è stato eletto alla sede vescovile di La Spezia-Sarzana-Brugnato, ricevendo l’ordinazione episcopale il 3 febbraio 2008. È presidente del Consiglio di amministrazione della fondazione “Comunicazione e Cultura” e consultore della Congregazione per il Clero. Sergio Centofanti ha intervistato mons. Francesco Moraglia, chiedendogli innanzitutto come abbia accolto la nomina del Papa:

    R. – Lo stato d’animo al momento è stato quello di trepidare. Trepidare perché uno si sente proiettato in una situazione che finora non gli apparteneva e per molti versi non immaginava neanche. Quindi, la prima sensazione è stata proprio questo interrogarsi su questa nuova realtà. Poi, sono andato in cappella e parlando con il Signore nel tabernacolo gli ho detto: “In fin dei conti ci sei tu, e quindi mi fido di te”.

    D. – Lei va nella sede di Venezia in un momento molto critico per l’Italia, per l’Europa. Che cosa dire in proposito?

    R. – La realtà ecclesiale partecipa, ovviamente, di tutta la contestualizzazione sociale, politica, economica e finanziaria che grava questo preciso momento storico. Con l’idea di essere vescovo e di cercare di guardare la situazione a partire dall’uomo, e quindi immaginando che la crisi prima che sociale, prima che politica, prima che finanziaria sotto certi punti di vista sia una crisi antropologica culturale, e quindi avere un po’ questa attenzione a tutto ciò che è umano, a tutto ciò che caratterizza l’uomo, a tutto ciò che costituisce l’uomo, evidentemente con una prospettiva cristiana, poi, perché tutto ciò che è umano è cristiano, e tutto ciò che è cristiano appartiene all’umano. Ecco, direi in questa prospettiva.

    D. – Come ridare fiducia alla gente, oggi?

    R. – Io penso che un primo modo, per il vescovo, sia quello di amare la sua gente, di far capire alla gente che c’è questo sentimento di amore, di vicinanza: stare in mezzo a loro. Poi, conoscersi reciprocamente perché certamente un vescovo deve anche parlare, deve anche guidare … Però credo che il parlare, il guidare non possa mai prescindere dall’essere uno di loro, stare in mezzo a loro anche se con la caratteristica propria della missione del vescovo.

    D. – In particolare, la priorità di oggi sono i giovani: pensiamo ai tanti giovani senza lavoro …

    R. – Solo in Italia i dati fanno rabbrividire, perché parliamo di un 30 per cento di giovani tra i 14 e i 25 anni che non hanno lavoro, con tutto quello che questo determina a livello di insicurezza di questi ragazzi di fronte al futuro. Io molte volte dico ai nostri giovani: “Voi siete il futuro!”, ma dobbiamo dirglielo in modo coerente, dando loro un presente diverso. E certamente, questo 30 per cento di giovani senza lavoro ha poi una ricaduta anche sulle scelte che chiaramente debbono essere fatte in questa fascia di età, tra i 14 e i 25-30 anni, e che non possono essere fatte e che vengono posticipate evidentemente con una situazione di distorsione anche nelle generazioni future. Anche questa è una cosa su cui dobbiamo riflettere molto.

    D. – Lei lascia La Spezia: con quali sentimenti e con quale bilancio?

    R. – Il bilancio lo lascio fare al Signore e poi anche alle persone che hanno partecipato a questo cammino ecclesiale di quattro anni. Io lascio La Spezia con l’idea di essere stato ancora solo nella fase iniziale del mio ministero. La lascio con nostalgia, ma con vera nostalgia, perché alla Spezia con l’aiuto del Signore mi sono trovato bene, ho cercato di fare quello che ho potuto. Ringrazio il Signore per gli incontri con la gente, per le visite pastorali, purtroppo interrotte, per l’esperienza della pastorale giovanile vocazionale perché da sette seminaristi siamo passati ad averne 17: una comunità seminaristica, quindi, che fa sperare bene anche perché c’è bisogno nel presbiterio di avere questa luce sul futuro. E poi, la religiosità popolare che ha avuto dei momenti alti, dei momenti di preghiera nei pellegrinaggi del primo sabato del mese in cui, oltre alla preghiera mariana, alla celebrazione eucaristica ed alla meditazione, c’è stato anche un incontro con le persone nelle ore che seguivano lo spazio religioso. Credo che in quella mezza giornata mensile si siano costruite molte cose a livello ecclesiale, perché poi queste persone le ritrovavamo anche in altri momenti della vita ecclesiale. L’ultima cosa di cui ringrazio il Signore, è che si è aperta la scorsa domenica l’instaurazione dell’adorazione perpetua in diocesi: 365 giorni all’anno, per 24 ore al giorno, con 700 adoratori impegnati ed un altro movimento, che si è impegnato in questi mesi con la diocesi, che sta muovendo i primi passi in modo davvero promettente.

    D. – Il Papa ha proclamato, per quest’anno, l’Anno della fede. Come riportare la fede tra gli uomini?

    R. – L’Anno della fede, a 50 anni dal Concilio Vaticano II e a vent’anni dalla promulgazione del Catechismo nella Chiesa cattolica, è un’opportunità che dobbiamo cogliere attraverso un ascolto profondo dello Spirito Santo. Penso che il punto di partenza di ogni realtà ecclesiale, sia per fedeli e sia per i pastori, sia indubbiamente una fede forte. La fede è una realtà personale, non individuale, e questo Anno della fede credo che debba proprio segnare una novità in tal senso. Nella mia diocesi della Spezia si era discusso un po’ per trovare e creare qualche evento e qualche avvenimento. Tra poco mi recherò a Venezia e vedrò quello che era già stato programmato e deciso. Prima di tutto ascolterò la realtà che incontrerò, però vorrei anche che l’Anno della fede fosse colto ed individuato all’interno di quello che è già il cammino della Chiesa veneziana, all’interno anche del Triveneto, che sta facendo un cammino importante verso Aquileia 2. Proprio lì, durante questi mesi e queste settimane, mi sembra stiano ormai tirando le fila di un cammino biennale. Ho già posto la mia attenzione nel vedere quello che è stato fatto e quello che si sta facendo, proprio per poter entrare in sintonia con il cammino della Chiesa di Venezia.

    D. – Quali sono, a questo punto, le sue speranze più profonde?

    R. – Le speranze più profonde sono quelle di essere in mezzo alla gente come colui che è mandato per servire la fede. Non essere, quindi, padrone della fede della mia gente quanto piuttosto collaboratore della gioia di queste persone. Penso quindi che la prima cosa che un vescovo deve fare è pregare per la sua Chiesa. Inoltre, lo ripeto, stare in mezzo a loro e, quando si è maturato un discernimento – ascoltando anche gli altri -, vedere “il possibile”. La pastorale vuol dire proprio misurarsi col “possibile” all’interno di una situazione concreta. (gf /vv)

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    Pubblicato il programma del viaggio del Papa in Messico e Cuba: intervista con l'ambasciatore messicano presso la Santa Sede

    ◊   La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato stamani il programma del viaggio apostolico che il Papa compirà in Messico e a Cuba, dal 23 al 28 marzo prossimo. Si tratta del 23.mo viaggio internazionale di Benedetto XVI che torna in America Latina dopo la visita in Brasile del 2007. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Sei giorni ricchi di momenti ecclesiali ed eventi di alto significato sociale. Si presenta così il viaggio di Benedetto XVI in Messico e Cuba, fra meno di due mesi. Il Papa - informa la Sala Stampa vaticana - arriverà in Messico il pomeriggio di venerdì 23 marzo, all’aeroporto di León nello Stato di Guanajuato, dove si svolgerà la cerimonia di benvenuto. Quindi, sabato 24, dopo la visita di cortesia al presidente, il Papa saluterà e benedirà i bambini messicani raccolti nella “Plaza de la Paz” della città di Guanajuato. La mattina dopo, domenica 25 marzo, il Pontefice celebrerà una grande Messa nel Parco Bicentenario di León. Infine, nel pomeriggio, nella Cattedrale della Madre Santissima della Luce, celebrerà i Vespri assieme ai vescovi messicani e dell’America Latina.

    La mattina dopo, il Papa si trasferirà a Cuba dove nel primo pomeriggio si terrà la cerimonia di benvenuto nell’aeroporto internazionale di Santiago de Cuba. Quindi, celebrerà una Messa nella Piazza “Antonio Maceo”, in occasione del 400.mo anniversario del ritrovamento della Virgen de la Caridad del Cobre. La mattina del 27 marzo, dopo la visita al Santuario della Virgen de la Caridad del Cobre, il Papa si trasferirà in aereo all’Avana, dove nel pomeriggio si recherà al Palazzo della Rivoluzione per la visita di cortesia al presidente. Il 28 marzo, infine, il Papa presiederà la Messa nella Piazza della Rivoluzione “José Marti” dell’Avana, quindi nel pomeriggio si trasferirà all’aeroporto dell’Avana per fare ritorno a Roma. L’arrivo è previsto all’aeroporto di Ciampino intorno alle ore 10 di giovedì 29 marzo.

    Nonostante manchino due mesi all’arrivo di Benedetto XVI, la comunità ecclesiale del Messico, ma non solo, non nasconde la propria gioia per il prossimo appuntamento. A farsi interprete di questo crescente entusiasmo è l’ambasciatore messicano presso la Santa Sede, Héctor Ling Altamirano, intervistato da Luis Badilla:

    R. – La información que tengo hasta este momento ...
    Per le informazioni che ho ricevuto fino a questo momento posso dire che l’annuncio ufficiale della visita fatto dal Santo Padre lo scorso 12 dicembre, dopo le prime indiscrezioni, ha suscitato sentimenti di entusiasmo. Dopo la conferma del viaggio e del luogo, lo Stato di Guanajuato, questo entusiasmo è cresciuto per così dire a cerchi concentrici e dunque l’attesa è diventata nazionale e coinvolge ormai tutto il Paese. Ho notizie di persone e gruppi disposti a viaggiare oltre 2mila chilometri, da Tijuana o Merida per esempio, per arrivare a vedere e ascoltare il Papa a Guanajuato. Gli stessi abitanti di Guanajuato sono entusiasti ed euforici. La gente aspetta di sapere dagli organizzatori del pellegrinaggio come, quando e dove sarà possibile ascoltare e vedere il Santo Padre.

    D. – Come spiega Lei questo clima di entusiasmo e attesa?

    R. – Yo creo que es la verificación oportuna del tipo de ....
    A mio avviso è una conferma della natura del cattolicesimo messicano. Il nostro ovviamente è un cattolicesimo molto latino e fortemente ispanico, con non pochi elementi tipicamente messicani. Basterebbe ricordare la Madonna di Guadalupe, le nostre battaglie per la libertà nel nostro Paese – cui hanno partecipato sacerdoti e uomini di Chiesa -, o per la libertà religiosa. E ancora: penso all’eredità, al ricordo marcato a fuoco nel cuore dei messicani, lasciato dal Beato Giovanni Paolo II che visitò il Paese cinque volte dimostrando un grande amore e predilezione per la nostra Nazione. Ricordo quando davanti a 150mila persone nello Stadio Azteca disse: “Io sono messicano”. Questo tipo di cristianesimo, fortementemente mariano, e profondamente rispettoso del Papa, del Successore di Pietro, è una grande forza per il Messico, che come tante altre nazioni, affronta problemi seri come la crisi economica e la violenza.

    D. – Ecco, fermiamoci un attimo su questo grave problema della violenza che colpisce regioni importanti del Messico, per capire meglio cosa sta accadendo e dunque come reagire adeguatamente: a suo giudizio che aiuto potrebbe dare il Papa? Cosa vi aspettate da Benedetto XVI?

    R. – Yo creo que Su Santidad lo verbaliza en algunos de sus mensajes ...
    Secondo me che il Santo Padre traduca o meno in parole questa speranza nei suoi messaggi, quello che conta per noi è la sua vicinanza spirituale e fisica, la sua indiscussa autorità morale, riconosciuta da tutti noi, in particolare da 87 milioni di cattolici, l’83% della popolazione secondo gli ultimi dati disponibili. Il Papa è una speranza, è un “sursum corda”, un’esortazione ad alzare “in alto i cuori", a non versare più lacrime, ma ad impegnarci piuttosto insieme per superare le sfide come è già accaduto in altri momenti difficili nella vita del nostro Paese.

    D. – Il Senato messicano sta discutendo la modifica dell’articolo 24 della Costituzione, (già approvata dalla Camera il 15 dicembre scorso), sulla libertà religiosa che riguarda specificamente la professione della propria fede religiosa in pubblico e in privato. Alcuni organi di stampa sostengono che la visita del Papa potrebbe interferire in questo dibattito. Come stanno veramente le cose a suo avviso?

    R. – Es natural que en algunas personas que tienen come método ...
    Mi sembra naturale che alcune persone che sospettano sistematicamente di tutto vedano seconde intenzioni e nessi di causa-effetto nei dibattiti costituzionali o nelle elezioni politiche traendone una serie di conclusioni il cui unico fondamento è, appunto, il sospetto. Se vogliamo però essere veramente oggettivi e onesti, ci rendiamo conto che nessuno è in grado di fissare l’agenda del Papa per farla coincidere con altri eventi che nulla hanno a che fare con la sua missione pastorale. Da tempo in Messico si discutono questioni attinenti alla libertà religiosa e sicuramente sarà così anche in futuro, perché a mio avviso è giunto forse il momento di approfondire la materia, vale a dire, tutti gli aspetti che toccano la libertà religiosa e come essa s’inserisce nella cornice di uno Stato, ufficialmente e autenticamente laico.

    D. – La storia messicana dimostra che il Messico sa affrontare le sfide, i problemi e cambiamenti. Sarà così anche oggi di fronte alle attuali pressanti questioni?

    R. – Sí, sí ...sí, claro! Es un reto formidable. Y creo yo que ...
    Sì, certo! Si tratta di sfide straordinarie. Penso che il Messico, come altre nazioni importanti dell’America Latina, ha saputo destreggiarsi bene nelle situazioni di crisi anche se con il sudore e le lacrime del popolo. Il mio Paese, grazie anche allo stimabile contributo di economisti autorevoli, è riuscito a contenere o limitare i danni di questa crisi per certi versi devastante. Il Messico, il Cile, e anche diversi altri Paesi, hanno continuato a crescere nonostante la crisi: quest’anno dovremmo crescere del 3,5%. E’ un successo. In questo contesto, c’è l’altra sfida prioritaria che è la lotta contro la disoccupazione che da noi è importante, ma non raggiunge le percentuali europee. C’è poi un terzo problema: la violenza del crimine organizzato attorno al quale stiamo discutendo sul modo migliore per ottenere risultati effettivi e duraturi. L’orizzonte è sempre uno: la legge, la sua applicazione e il suo rispetto.

    D. – A proposito della violenza in Messico, vale la pena ricordare che la sua collocazione geografica lo ha trasformato in un “corridoio” attraversato da nord a sud da ondate di violenza...Condivide queste affermazioni?

    R. – No tan exactamente, pero sì sono ingredientes. No es ...
    Non è esattamente così, anche se questa è una delle componenti del problema. Non possono esserci rapporti facili con il nord quando di mezzo c’è un muro di acciaio di 3mila chilometri di lunghezza per impedire i flussi migratori dal Messico agli Stati Uniti. Da un lato, hanno bisogno della mano d’opera messicana e, dall’altro, incoraggiano l’immigrazione clandestina. Va aggiunto che per altro verso questo muro è molto poroso e dunque passano armi per il crimine organizzato. C’è poi il consumo di droga oltre i nostri confini ....

    D. – Droga che viene in buona parte dal sud del Continente...

    R. – Exactamente. Y esto que le daba a México la ...
    Proprio così. E il Messico, che era un Paese di “passaggio” del traffico di droga, deve ora fare i conti con le misure di controllo adottate dagli Stati Uniti, negli aeroporti, nelle dogane, alle frontiere. Il narcotraffico dunque trova difficoltà a passare oltre-confine e si ferma nel Paese con la conseguenza che, purtroppo, in alcune aree importanti del Paese è nato e cresciuto il consumo di droga. In questo contesto si è inserita presto la microcriminalità per soddisfare le esigenze di approvvigionamento personale, il reclutamento della manovalanza per lo spaccio in tutti gli ambiti sociali, non solo povera gente, magari ignorante , ma anche persone istruite, con alti titoli di studio. Occorre inoltre tenere presente che oltre al consumo in Messico è cresciuta anche la produzione di droga e questo aggrava il problema. A volte la disoccupazione facilita l’azione della criminalità organizzata. Infine, bisogna ricordare la vera e propria ondata migratoria dal Centro-America: migliaia di honduregni, salvadoregni, ecc. che cercano di raggiungere il confine statunitense per trovarsi poi di fronte allo stesso problema dei messicani: quello di non poter varcare la frontiera. Sono tutti elementi complessi e delicati di una situazione non facile da gestire.

    D. – Tornando alla visita del Papa, ci sembra significativo che il Messico, insieme al Brasile, alla Colombia, a Cuba e agli Stati Uniti, rientri nell’elenco dei pochi Paesi americani visitati da due Papi diversi ...

    R. – Me parece un dato muy digno de notarse, sobre todo ...
    Mi sembra un dato degno di rilievo, soprattutto perché il rapporto formale, ufficiale, tra il Messico e la Santa Sede è giovane, recente. Le nostre relazioni sono state stabilite 20 anni fa, nel 1992, e perciò alla fine dell’anno celebremo questa importante ricorrenza. Abbiamo ricevuto la visita di Giovanni Paolo II ben cinque volte e nelle prime due tra noi non c’era alcun rapporto diplomatico formale. Si aggiunga la canonizzazione di Juan Diego e ora la visita di Benedetto XVI. A mio avviso la visita del Santo Padre può offrire molta materia per una seria e profonda riflessione religiosa, sociologica e culturale su ciò che rappresenta oggi il cattolicesimo in Messico. Le nostre relazioni sono state molto buone e ciò si misura con l’intensa collaborazione reciproca sui temi di interesse bilaterale e internazionale. L’elenco dei campi di collaborazione, delle convergenze e dei punti di consenso è lungo. Fra ottobre e novembre avremo molte cose da celebrare.

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    Diocesi di Roma: mons. Iannone nominato vicegerente. Mons. Zuppi e mons. Leuzzi i nuovi vescovi ausiliari

    ◊   In Italia, Benedetto XVI ha nominato vicegerente della diocesi di Roma, conferendogli la dignità di arcivescovo, mons. Filippo Iannone, O.Carm., finora Vescovo della diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo. Mons. Filippo Iannone, O.Carm., è nato a Napoli il 13 dicembre 1957. È entrato nell’Ordine dei carmelitani il 1° agosto 1976, dopo la licenza liceale. Ha fatto il noviziato presso la comunità dei Ss. Silvestro e Martino in Roma e lo studentato presso la comunità del Carmine Maggiore in Napoli. Ha compiuto gli studi teologici alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, conseguendo il Baccalaureato in Teologia e, in seguito, alla Pontificia Università Lateranense, ottenendo il Dottorato in utroque iure. Presso il Tribunale della Sacra Romana Rota ha ottenuto il diploma di Avvocato Rotale. Ha frequentato inoltre i corsi di specializzazione presso alcuni Dicasteri della Santa Sede. Ha emesso la Prima Professione, come carmelitano, il 1° ottobre 1977 e la Professione Solenne il 15 ottobre 1980. È stato ordinato sacerdote il 26 giugno 1982. Nell’Ordine Carmelitano ha ricoperto gli incarichi di Economo commissariale dal 1985 al 1988; Economo nazionale dal 1988 al 1991; Consigliere commissariale dal 1988 al 1994 e Presidente della Commissione per la revisione delle Costituzioni dal 1989 al 1995. Nell’arcidiocesi di Napoli ha svolto i seguenti uffici: Difensore del Vincolo del Tribunale regionale Campano dal 1987 al 1990; Vicario giudiziale aggiunto del Tribunale diocesano di Napoli dal 1990 al 1994; Vicario episcopale per la IV zona pastorale dal 1994 al 1996 e Pro Vicario generale dal 1996 al 2001. È stato docente di Diritto Canonico, in qualità di Professore associato, nella Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Ha tenuto corsi, come Professore inviato, presso alcuni Istituti Superiori di Scienze Religiose e presso la Scuola di Specializzazione in Diritto Ecclesiastico e Canonico della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Federico II di Napoli. Eletto alla Chiesa titolare di Nebbi e nominato Vescovo Ausiliare di Napoli il 12 aprile 2001, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 26 maggio dello stesso anno. Il 19 giugno 2009 è stato nominato Vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo. Attualmente è membro del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica; consultore della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica; membro del Consiglio per gli Affari giuridici e Presidente del Comitato per l’edilizia di culto della Conferenza Episcopale Italiana.

    Sempre in Italia, il Papa ha nominato Vescovi Ausiliari della diocesi di Roma: il Rev.do Mons. Matteo Maria Zuppi, del clero della medesima diocesi, finora Parroco della parrocchia Santi Simone e Giuda in Torre Angela, e Prefetto della XVII Prefettura, assegnandogli la sede titolare vescovile di Villanova; e il Rev.do Mons. Lorenzo Leuzzi, del clero della medesima diocesi, finora Direttore dell’Ufficio Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma, Rettore della Chiesa di San Gregorio Nazianzeno a Montecitorio e Cappellano della Camera dei Deputati, assegnandogli la sede titolare vescovile di Cittanova.

    Il Rev.do Mons. Matteo Maria Zuppi è nato a Roma, l’11 ottobre 1955. È entrato nel Seminario di Palestrina e ha seguito i corsi di preparazione al sacerdozio all’Università Lateranense, dove ha conseguito il baccellierato in Teologia. Inoltre si è laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Roma, con una tesi in Storia del Cristianesimo. È stato ordinato sacerdote per la diocesi di Palestrina il 9 maggio 1981, ed incardinato a Roma il 15 novembre 1988. Nel 2006 è stato insignito del titolo di Cappellano di Sua Santità. Incarichi pastorali più significativi da lui svolti: dal 1983: Rettore della Chiesa di S. Croce alla Lungara; dal 1995: Membro del Consiglio Presbiterale; dal 1981 al 2000: Vice Parroco di S. Maria in Trastevere; dal 2005 al 2010: Prefetto della III Prefettura di Roma; dal 2000 Assistente Ecclesiastico Generale della Comunità di Sant’Egidio. Dal 2010 è Parroco della Parrocchia dei Ss. Simone e Giuda Taddeo a Torre Angela e dal 2011 anche Prefetto della XVII Prefettura di Roma.

    Il Rev.do Mons. Lorenzo Leuzzi è nato a Trani, provincia di Bari e arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, il 25 settembre 1955. Dopo gli studi liceali classici, come alunno dello Studio Teologico di Bari, ha conseguito il Baccellierato in Teologia (1979), completando, poi, la formazione al sacerdozio al Pontificio Seminario Romano Maggiore. Si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bari (1980), con specializzazione in Medicina Legale e delle Assicurazioni presso la medesima Università (1983). Ha conseguito la Licenza (1982) e il Dottorato in Teologia morale presso la Pontificia Università Gregoriana (1985), e la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense (1983). È stato ordinato sacerdote per la diocesi di Roma il 2 giugno 1984 dal Cardinale Ugo Poletti, nella Cattedrale di Trani.

    Incarichi pastorali più significativi da lui svolti: 1973-1980: Dirigente dell’Azione Cattolica per la diocesi di Trani e per la Regione Puglia; 1984-1991: Assistente Ecclesiastico all’Università Cattolica del sacro Cuore di Roma - Facoltà di Medicina; 1991-1998: Incaricato della Pastorale Universitaria della diocesi di Roma; dal 1991: Rettore della Chiesa di san Filippo Neri all’Esquilino e Canonico onorario della Cattedrale di Trani; dal 1993: Cappellano di Sua Santità; dal 1998: Direttore dell’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma; dal 2003: Segretario della Sezione Università della Commissione Catechesi Scuola Università del Consiglio delle Conferenze dei Vescovi d’Europa (CCEE); dal 2005: Incaricato della Commissione per l’Università della Conferenza Episcopale Laziale; dal 2010: Rettore della Chiesa di San Gregorio Nazianzeno a Montecitorio e Cappellano della Camera dei Deputati al Parlamento Italiano; dal 2011: Membro del Consiglio di Sovrintendenza della Libreria Editrice Vaticana. Ha pubblicato diversi libri, molti dei quali sono riflessioni e commenti al Magistero del Santo Padre Benedetto XVI.

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    Altre rinunce e nomine

    ◊   In Rwanda, Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Ruhengeri il Rev.do Vincent Harolimana, finora Rettore del Seminario Minore S. Pio X della diocesi di Nyundo. Il Rev.do Vincent Harolimana, è nato il 2 settembre 1962 a Mpembe, parrocchia di Mubuga, nella diocesi di Nyundo. Dopo la scuola primaria e secondaria nel Petit Séminaire St. Pie X di Nyundo, è entrato nel Seminario propedeutico di Rutongo (1983-1984) e successivamente nel Grand Séminaire St. Charles di Nyakibanda, nella diocesi di Butare, per gli studi filosofici e teologici (1984-1990), dove ha conseguendo il Diploma di Baccalaureato in Teologia. L’8 settembre 1990 è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Nyundo dal Beato Giovanni Paolo II, durante il Viaggio Apostolico a Mbare, nella diocesi di Kabgayi. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: 1990-1993: Vicario nella parrocchia di Gisenyi; 1993-1999: Studi presso la Pontificia Università Gregoriana, a Roma, dove ha conseguito il Dottorato in Teologia Dogmatica, risiedendo presso la Comunità dei Figli di Santa Maria Immacolata; dal 2000: Rettore del Petit Séminaire St. Pie X della diocesi di Nyundo; dal 2004: Professeur visiteur di Teologia Dogmatica presso il Grand Séminaire St. Charles di Nyakibanda, ed anche presso l’Institut d’Enseignement Supérieur (INES) di Ruhengeri. È anche membro del Collegio dei Consultori, della Commissione diocesana per gli Affari Economici, per la Pastorale delle Vocazioni, per la Liturgia e la Musica Sacra. Svolge l’incarico di Cappellano della Fraternité Notre-Dame de la Résurrection (vedove consacrate) e delle Soeurs de Saint Vincent de Paul a Nyundo.

    In Slovacchia, il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare di Bratislava il Rev.do Mons. Jozef Hal’ko, del clero della medesima arcidiocesi, finora Portavoce dell’Arcivescovo ed incaricato della pastorale della minoranza ungherese, assegnandogli la sede titolare di Serra. Il Rev.do Mons. Jozef Hal’ko è nato il 10 maggio 1964 a Bratislava. Dopo l’esame di maturità nell’anno 1982, ha studiato presso la Facoltà Politico-Sociale dell’Università Economica. Sotto il regime comunista, ha lavorato dal 1986 al 1990 nell’Istituto della Cura sociale a Bratislava e, poi, nella Centrale Idraulica ed in quella di Canalizzazione a Bratislava. Nel 1990 è entrato nel Seminario Maggiore e come alunno ha studiato presso la Facoltà Teologica Romano-Cattolica dei Ss. Cirillo e Metodio a Bratislava, poi presso l’Università della Santa Croce a Roma. Il 4 luglio 1994 è stato ordinato sacerdote. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha continuato gli studi all’Università della Santa Croce in Roma, dove nell’anno 2000 ha conseguito la laurea. Dal 1997 è incaricato per la cura pastorale dei fedeli di minoranza ungherese. Negli anni 1997-2011 è stato professore di storia ecclesiastica alla Facoltà Teologica Romano-Cattolica dei Ss. Cirillo e Metodio a Bratislava. Attualmente è membro del Collegio dei Consultori, membro del Consiglio Presbiterale e capo della Sezione dei mezzi di comunicazione e portavoce dell’arcidiocesi.

    In Polonia, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Katowice, presentata da S.E. Mons. Gerard Bernacki, in conformità ai canoni 411 e 401 - paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico.

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    Padre Lombardi sulla vicenda del padre domenicano Ricci: non fa parte del dicastero delle Cause dei Santi

    ◊   Dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, è arrivata questa mattina una precisazione in seguito all’articolo pubblicato sul numero di oggi del Corriere della Sera, dal titolo: “Dalla Congregazione dei Santi 1.6 milioni al ‘Madoff dei Parioli’”. Rispondendo in proposito a domande rivoltegli dai giornalisti, padre Lombardi ha spiegato che il reverendo Francesco Maria Ricci, citato nell’articolo, “è un religioso domenicano, che opera per conto del suo Ordine” e che “non appartiene in alcun modo alla Congregazione delle Cause dei Santi”.

    Occorre infatti notare, ha proseguito padre Lombardi, “che Postulazioni e Postulatori sono ‘clienti’ della Congregazione, a cui si rivolgono per promuovere le cause di cui si occupano, ma non fanno assolutamente parte della Congregazione”. “Bisogna quindi ribadire – ha concluso – la totale estraneità della Congregazione delle Cause dei Santi, del suo Prefetto, cardinale Amato, e di tutti i suoi officiali, alla vicenda di cui ci parla nell’articolo in questione”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Storie dall'altro mondo: in prima pagina, José Gabriel Funes sull'universo dentro e fuori di noi.

    Nell'informazione internazionale, in rilievo l'economia, con il vertice di Bruxelles ed il varo del nuovo Trattato fiscale.

    Nuvole che danno alla testa: in cultura, il vescovo Enrico dal Covolo su educatori a confronto con opportunità e rischi dei nuovi mezzi di comunicazione.

    Gli specchi (rotti) delle sue brame: Sandro Barbagallo sul nuovo allestimento della Galleria nazionale d'arte moderna a Roma.

    Per descrivere la realtà non devi essere realista: intervista di Silvia Guidi allo scrittore Salvatore Scibona.

    Un secolo di raggi cosmici: Maria Maggi su errori, tentativi e scoperte lunghe cento anni.

    Nuova evangelizzazione in settantadue grandi città: intervista di Gianluca Biccini all'arcivescovo Rino Fisichella sull'Anno della fede.

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    Oggi in Primo Piano



    Ue: accordo sul patto di bilancio, rischio default per la Grecia

    ◊   Disciplina rafforzata sul Patto di bilancio con nuove regole di rigore sui conti e sulla crescita: l'Unione europea ha raggiunto, ieri, l'intesa sul nuovo “Fiscal compact”, ma oltre alla Gran Bretagna si è sfilata dall'accordo anche la Repubblica Ceca. Tutti e 27 gli Stati hanno invece firmato l'intesa sul nuovo fondo salva-stati Esm. Resta il nodo Grecia: ancora a rischio default. Fausta Speranza ha parlato dell’accordo e dell’emergenza Grecia con Paolo Guerrieri, docente di economia internazionale all’Università "La Sapienza" di Roma:

    R. – Dovrebbe essere la novità vera, ma in realtà, proprio su questa novità vera si addensano i maggiori dubbi, perché è altamente incerto, da un punto di vista giuridico, che si possa - in qualche maniera - veramente giocare questa opzione. Diciamo che è un accordo che, a questo punto, andava ratificato, sviluppato, perché si passasse a fare altro: cioè assicurare più risorse per il fondo salva Stati; chiudere il discorso con la Grecia per il nuovo accordo sul nuovo prestito e misure per la crescita.

    D. – Resta aperta la questione Grecia?

    R. – Assolutamente sì, ma non è solo la questione greca, perché la questione della Grecia è la questione dell’Euro, la questione di un problema che riguarda ormai il sistema nel suo complesso. Quindi, è strettamente legata al fatto di fare un passo avanti anche sugli altri fronti. Adesso l’accordo probabilmente si farà, non conviene a nessuno in questa situazione farlo saltare. Quindi, le decine di miliardi di Euro, che non sono poca cosa ma comunque lo sono rispetto a tutto il resto, si troveranno in qualche modo. Purtroppo sarà ancora una volta un accordo che non risolverà e non rimetterà l’economia greca sui binari per un aggiustamento positivo. Quindi, della Grecia torneremo ad occuparci, così come torneremo ad occuparci di come trovare delle soluzioni ad una crisi del debito che ormai va avanti da due anni e purtroppo rischia di andare avanti ancora a lungo. (ap)

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    Italia: disoccupazione record dal 2001, un giovane su tre senza lavoro

    ◊   La disoccupazione in Italia è all’8,9%. Sono i dati dell’Istat che rilevano un trend negativo che riposta l’Italia al livello del 2001. Ancora una volta sono i giovani i più colpiti. Il servizio di Massimo Pittarello.

    Sempre più persone in Italia sono senza lavoro. A fine 2011 il tasso di disoccupazione è salito all'8,9%, con un aumento dello 0,1 nel mese di dicembre e dello 0,8 in quello di novembre. In un anno invece l’aumento è dell’11%. L’allarme arriva dall’Istat che avverte: “C'è stato un peggioramento consistente del mercato del lavoro”. Questi dati rappresentano un triste record, essendo i più negativi da quando esistono le rilevazioni mensili, e cioè dal 2004. Se si prendono in considerazione i dati trimestrali si deve addirittura tornare indietro al 2001. Sono in tutto 2 milioni e 243mila i disoccupati in Italia, con una considerevole crescita dell’occupazione femminile e una vertiginosa discesa di quella maschile. Come al solito a pagare il prezzo più alto sono i giovani: uno su tre è senza impiego. Non consola che nei 17 Paesi dell'euro, secondo quanto emerge dai dati Eurostat, i disoccupati siano in media il 10,4%, anche qui in aumento rispetto al mese precedente. Ma mentre in Italia e nell’Eurozona la disoccupazione continua a crescere, in Germania si attesta al minimo storico, intorno al 6,7% a dimostrazione della possibilità di contrastare efficacemente questo fenomeno. Ma la riforma del mercato del lavoro e soprattutto quale riforma del mercato del lavoro può invertire questa tendenza lo abbiamo chiesto al presidente delle Associazioni Cristiani Lavoratori Italiani, Andrea Olivero:

    R. – Certamente la riforma può fare qualcosa; sicuramente può andare a ridurre la precarietà dei giovani e, quindi, in qualche misura, andare ad incidere rispetto ad una situazione che è diventata grave negli ultimi anni, ma da sola, perlomeno non la riforma che è stata fino ad oggi illustrata, non può servire a sbloccare una situazione che appare sempre di più drammatica e che in questi ultimi anni ha visto un peggioramento della situazione anche piuttosto netto. Noi crediamo che sia necessario da parte del governo lanciare un piano straordinario per l’occupazione giovanile, cioè un pacchetto di proposte che vada dagli sgravi fiscali, rispetto alle aziende che assumono giovani, agli incentivi per le imprese di giovani, a prestiti agevolati per quanti iniziano un’attività lavorativa e, appunto, lo fanno da giovani, mettendo a frutto le risorse apprese nel mondo della scuola e della formazione. Queste ci paiono le cose immediatamente da mettere in campo, sapendo che questa è l’urgenza delle urgenze sia nell’immediato, per evitare di sprecare un’intera generazione, mettendo peraltro in fibrillazione tutto il Paese, sia anche per, in qualche modo, una garanzia della tenuta del sistema sociale nel futuro, perché chi non lavora oggi e non versa contributi, non riuscirà ad avere una sicurezza sociale domani.(ap)

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    Nigeria a rischio guerra civile, non cessano gli attacchi di "Boko Haram"

    ◊   Non cessa la violenza in Nigeria. Nel Nord del Paese, nelle ultime 24 ore, cinque persone sono morte per un nuovo attacco armato contro un commissariato di polizia a Kano. Un custode di una chiesa è stato ucciso, invece, a Est del Paese nella città di Potiskum. Dietro gli assalti, secondo gli inquirenti, c’è ancora la mano omicida di "Boko Haram". Nell’ultimo mese, la setta integralista islamica ha ucciso quasi duecento cristiani dopo avergli intimato di lasciare il Nord della Nigeria. Per un’analisi della situazione, Massimiliano Menichetti ha intervistato Enzo Pace, docente di sociologia delle religioni all’Università di Padova:

    R. – In Nigeria vivono 250 diversi gruppi culturali, linguistici ed etnici. I più importanti sono quattro: quelli del Nord – gli Hausa e i Fulani - sono prevalentemente di religione musulmana e quelli del Sud – i Yoruba e gli Igbo - sono di religione cristiana. Quando queste popolazioni sono emigrate dal Sud verso il Nord più ricco, sono state trattate e sono ancora oggi trattate come “non indigeni”, come persone straniere: tant’è che devono vivere in quartieri che vengono chiamati “le città degli stranieri”.

    D. – Una discriminazione che ha anche altre ricadute?

    R. – Certo, non possono accedere alla proprietà terriera, non possono accedere alle cariche pubbliche più importanti… C’è una discriminazione di fondo e questo fa scattare conflitti. In più, in questi ultimi 20 anni, c’è stato un vigore nuovo per quanto riguarda la diffusione di chiese pentecostali, con una missionarietà fortissima in ambiente musulmano. E dove ci sono estremisti musulmani che, invece, pensano che quella sia la loro terra e che - in più - sia la terra dell’islam, considerando quindi i cristiani impuri, queste nuove forme di cristianesimo sono viste come una minaccia.

    D. – Come nasce il gruppo integralista "Boko Haram"?

    R. – Nasce da un maestro di scuola coranica della capitale dello Stato del Borno, Maiduguri, il quale si rifa ad un pensiero che attraversa un po’ la storia contemporanea dell’islam, quelli che noi chiamiamo in gergo i salafiti, quelli cioè che pensano che bisogna purificare l’islam da tutte le "incrostazioni" storiche, da tutte le influenze occidentali, da tutte quelle forme che – secondo questo punto di vista radicale – distruggono l’identità musulmana.

    D. – Cosa significa esattamente "Boko Haram"?

    R. – Haram è ambivalente e vuol dire “ciò che è sacro, ma in quanto sacro è interdetto”, in questo caso è vietato, quindi è proibito. Boko vuol dire “educazione”: in realtà questo gruppo si chiama “quelli che si battono per la diffusione e la predicazione del puro islam” e si rifa a una corrente che non è nigeriana, la troviamo un po’ in Somalia, e ha dei padri nobili in Arabia Saudita.

    D. – Prof. Pace, quando nasce questo gruppo fondamentalista?

    R. – Da poco: è nato nel 2002. Si radicalizza due anni dopo, quando non c’è più nella politica governativa – secondo questo gruppo – la volontà di arginare l’espansione di queste chiese. Fino al 2009 gli attentati sono stati sempre mirati: viene fatta una retata di 800 persone e viene arrestato il leader e il governo federale pensa di essere così riuscito a controllare questo gruppo. Un anno dopo, però, il leader viene rilasciato e gli attentati riprendono. Questa svolta di colpire i bersagli religiosi è recente, del 2010, e si intensifica soprattutto dopo la vittoria elettorale del presidente Goodluck Jonathan che è di matrice cristiana. Il gruppo pensa così di destabilizzare il potere politico legato al capo di Stato.

    D. – Nel Paese poi si sta anche diffondendo la sharia?

    R. – Sì, dal 1999 in alcuni Stati del Nord c’è stata una virata di correnti fondamentaliste musulmane che hanno influenzato - a livello federale - la decisione di adottare nelle Costituzioni regionali la legge coranica come fonte di diritto: si applica la Sharia come fosse la legge di tutti, ma non può essere la legge di tutti perché ci sono dei cristiani, ci sono quelli che seguono la religione tradizionale… E’ stata una forzatura, che ha alimentato poi forme ulteriori di radicalizzazione e tra queste Boko Haram è l’esempio più drammatico. Si potrebbe arrivare ad un bagno di sangue ancora più drammatico…

    D. – In questo scenario, però, ci sono dei musulmani che hanno manifestato insieme ai cristiani?

    R. – Quelli che si sono opposti, tra i musulmani, sono poi finiti nel bersaglio e sono stati anche uccisi.

    D. – Cosa dovrebbe fare la classe politica?

    R. – Qui il rischio è che veramente si arrivi ad una guerra civile. C’è una classe politica che sembra non essere all’altezza di gestire il confronto, che non può essere solo militare e repressivo… Abbiamo visto che più le forze politiche reprimono, più gli estremisti alzano il tiro! Uno scatto di intelligenza sarebbe quello di mobilitare i grandi leader religiosi delle chiese cattoliche, protestanti, di queste nuove chiese e musulmani, perché da "Boko Haram" la religione viene usata strumentalmente, ma in realtà – materialmente parlando - c’è un problema di controllo della terra. E’ necessario quindi riuscire ad isolarli per difendere le ragioni non solo dei cristiani, ma anche le ragioni dei cittadini nigeriani e quindi attuare un cambiamento politico dello statuto dei cosiddetti “non indigeni” che sono discriminati. (mg)

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    Maltempo: gelo siberiano su tutta Europa. Decine i morti nell'Est

    ◊   E’ emergenza freddo siberiano in tutta Europa con temperature scese a meno 20 gradi centigradi. E già si contano decine di vittime nel vecchio continente: la situazione più critica in Ucraina, ma il gelo arriverà anche su Spagna e Grecia, con nevi abbondanti su Atene mercoledì. In Italia l’allerta parte da stasera e si estende a tutto il fine settimana, ma gli esperti sostengono che le temperature resteranno basse fino a metà febbraio. E i Comuni scendono in campo con programmi speciali. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Trenta i morti in Ucraina, dieci in Polonia, cinque in Serbia e altrettanti in Bulgaria; sei le vittime in Romania e quindici in Russia dal week-end. Sono numeri impressionanti quelli dell’ondata di gelo che sta portando in Europa neve e improvviso calo di temperature, da -27 sui Carpazi a -30 nei Paesi Baltici. Il gelo arriva da Est e già tocca i valichi francesi con disagi alla circolazione per neve e la Germania, dove un freddo così non si ricordava da 26 anni. Il climatologo Giampiero Maracchi:

    “Il riscaldamento globale del pianeta significa una modifica della circolazione generale e un aumento degli eventi estremi: quindi è nel quadro generale del cambiamento del clima. Questo fenomeno dipende dall’anticiclone della Siberia, quindi la prima parte dell’Europa che viene colpita è ovviamente l’Europa dell’Est. Anche l’Italia, perlomeno per una settimana e mezza, risentirà di questa situazione”.

    Dalla Bora che soffia a 100 chilometri orari a Trieste alla Sila che segna -6: l’Italia è già nel gelo. La neve dal centro-nord si sposterà al sud giovedì e raggiungerà le isole nel week-end. Le autostrade sono pronte e i comuni anche con piani spalaneve: scuole chiuse a Genova a partire dalle 14.00, mentre a Roma occhio particolare ai senzatetto. Il vice sindaco, Sveva Belviso:

    “Abbiamo disposto affinché le stazioni metropolitane possano rimanere aperte. Abbiamo poi la nostra rete di volontariato, per lo più cattolico, che si occuperà proprio di andare a dare le coperte, latte caldo e viveri. Lasciamo aperto il sottopasso dell’Eur e quindi ci saranno 100 posti in più disponibili. Due pullman girano già da oggi e stiamo anche studiando la possibilità di avere accesso a delle macchine sanitarie, con medici specialisti a bordo, per andare a ricercare quei clochard che non accettano aiuto. Sono 500 su Roma: cercheremo di capire se in questo momento di emergenza possiamo “obbligarli” ad accettare l’assistenza. (mg)

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    Usa: primarie repubblicane in Florida, Romney favorito contro Gingrich

    ◊   Negli Stati Uniti, occhi puntati sulla Florida dove si tengono oggi le primarie repubblicane da cui emergerà lo sfidante di Barack Obama. Gli ultimi sondaggi vedono nettamente in testa Mitt Romney, che si conferma dunque come il candidato favorito alla nomination. Cala invece il consenso per Newt Gingrich, nonostante la convincente vittoria in South Carolina di dieci giorni fa. Sull’importanza di questa tappa delle primarie, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Tiziano Bonazzi, americanista dell’Università di Bologna:

    R. – Indubbiamente, una vittoria in Florida aumenterebbe di molto le possibilità di Mitt Romney, anche se non distruggerebbe del tutto quelle di Gingrich. In realtà, la questione è che non si capisce bene cosa vogliano gli elettori repubblicani. E’ lo stesso Partito repubblicano ad essere spaccato, a non avere una guida politica, e la sta cercando disperatamente. Forse lo sta facendo anche un po’ tardivamente.

    D. – In Florida ha un peso importante la minoranza ispano-americana. Quanto conterà, a livello nazionale, il voto dei cosiddetti “latinos”?

    R. – Conterà molto, perché tra l’altro stanno crescendo a livello numerico ed anche a livello d’importanza politica. Mitt Romney perse le ultime elezioni nel 2008: anche in quell’occasione era candidato alle primarie in Florida e proprio lì perse perché i “latinos” non erano con lui. Questa volta, invece, si è dato da fare in un modo impressionante per conquistarne il voto, "suonando" soprattutto campane quasi da guerra fredda nei confronti dei regimi latino-americani anti-statunitensi. Ha promesso la liberazione di Cuba, la liberazione del Venezuela. Di conseguenza segue gli istinti più revanscisti e conservatori dei "latinos" che, particolarmente in Florida, hanno un’identità culturale e politica estremamente forte.

    D. – Gli ultimi sondaggi vedono Obama e Romney sostanzialmente appaiati. Si consolida, dunque, la percezione che le presidenziali del prossimo novembre saranno molto combattute…

    R. – Sì. Per quello che si può capire adesso, saranno estremamente combattute, anche se è evidente che il presidente Obama, in questo momento, si sta sfregando le mani: questa lotta all’interno del Partito repubblicano va chiaramente tutta a suo favore. Va a suo favore non solo per quanto riguarda l’immediato, ma anche nel medio periodo, perché mostra che i repubblicani non sono in grado di mettere in piedi dei candidati credibili.

    D. – Proseguono intanto le proteste del movimento “Occupy Wall Street”. Che peso potrà avere sul voto di novembre, specialmente in casa democratica?

    R. – E’ estremamente difficile da calcolare, perché non siamo ancora in grado di sapere quanta parte dei democratici si identifica con “Occupy Wall Street”. Per il Partito democratico potrebbe succedere qualcosa di simile a quello che è accaduto con i repubblicani ed i “Tea Party”. Cioè, come i “Tea Party” hanno spaccato in due il Partito repubblicano, dividendo buona parte della base da quella che è la leadership nazionale, così “Occupy Wall Street” potrebbe fare lo stesso e creare una base forte di democratici piuttosto arrabbiati rispetto all’estremamente più moderato establishment democratico, di cui fa parte Obama. Questo potrebbe diventare un problema interno al Partito democratico. (vv)

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    L'iniziativa di microcredito dei missionari Comboniani in una baraccopoli del Kenya

    ◊   Da circa otto anni a Nairobi, capitale del Kenya, gli abitanti della baraccopoli di Kariobangi possono finanziare i loro progetti con gli strumenti del microcredito, grazie all’iniziativa di alcuni missionari comboniani. Ad illustrare i principi su cui si basa questa esperienza è, nell’intervista di Davide Maggiore, il parroco padre Paulino Mondo:

    R. – Secondo gli insegnamenti della Chiesa cattolica, un essere umano deve vivere bene perché è l’immagine di Dio vero. Quindi, abbiamo messo insieme un gruppetto di 50 persone che potevano così aiutarsi a vicenda. Oggi siamo 4.020 persone. Chiunque voglia essere membro, deve contribuire per un minimo di 5 euro in scellini kenyoti e un euro ogni settimana. Così, questa persona può ottenere un prestito di 20-30 euro, ma deve essere garantita da tre persone: così, se la persona che ha ricevuto il prestito scappa, quelli che hanno garantito per lei devono pagare, perché sono come i suoi compagni di lavoro. Questo è stato per insegnare loro ad avere a cuore il bene comune, perché la povertà dell’Africa è l’individualismo.

    D. – In questi otto anni, quali sono stati i risultati?

    R. – I membri del microcredito stanno riuscendo a mettere insieme alcuni piccoli negozi. Adesso stiamo comprando anche i terreni, usando questi soldi, e stiamo costruendo le case popolari fuori dalle baraccopoli. Tanta gente sta mandando i figli a scuola e questo è un altro guadagno, perché la miseria cresce dove c’è l’ignoranza.

    D. – Come si inserisce questa iniziativa nella vostra attività missionaria e nell’annuncio della Parola di Dio?

    R. – Non sono separati, perché ovunque Gesù passasse, quando c’era una folla affamata Egli non lasciava andare via la gente senza averla saziata. E anche il Beato Giovanni Paolo II e ancora il nostro Papa, Benedetto XVI, hanno scritto sul benessere di un essere umano, su come possiamo sconfiggere la povertà. Quindi, usando l’insegnamento sociale e la Bibbia, la Chiesa cattolica deve fare la differenza: deve presentare un Vangelo che faccia effetto.

    D. – Il mondo occidentale attraversa oggi una grave crisi economica. L’esperienza di Kariobangi, la mentalità e i valori che la ispirano possono essere d’aiuto anche ai cittadini del Nord del mondo?

    R. – Io penso di sì, perché qui abbiamo scoperto che il benessere di un essere umano non è solo nel denaro, ma è nella persona stessa. Un essere umano è un tesoro. L’essere umano non può vivere dei denari che vengono da fuori: deve vivere di qualcosa che viene da dentro il suo cuore.(gf)

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    Don Stamile, il parroco minacciato dalla mafia: vado avanti con l'aiuto di Dio

    ◊   "Non sono né un prete-antimafia, né un eroe. Sono solo un sacerdote che fa il proprio dovere, noi di fronte al male non possiamo tacere". Sono le parole con cui don Ennio Stamìle, parroco di Cetraro, provincia di Cosenza, commenta alla Radio Vaticana le gravi intimidazioni mafiose da lui subite nei giorni scorsi da parte della 'ndrangheta. Prima il danneggiamento della macchina e poi una testa di maiale mozzata, con un bavaglio in bocca, trovata sulla soglia della sua abitazione. Il sacerdote ne parla al microfono di Fabio Colagrande:

    R. – Sì, ho subito queste due intimidazioni – o minacce, che dir si voglia – nello spazio di pochi giorni. Semplicemente una reazione, magari, alla nostra azione pastorale che a volte deve assumere anche i toni della denuncia, come tra l’altro ci insegna il magistero sociale della Chiesa, in particolar la Solicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II, che appunto suggerisce come la denuncia faccia parte della nostra azione profetica. Chiaramente, la denuncia – dice il Papa – viene dopo l’annuncio, però anche essa fa parte della nostra azione profetica. E’ chiaro che quando vediamo il male – quel male che raggiunge livelli preoccupanti perché coinvolge il povero, chi è solo, come gli anziani e addirittura i disabili – è ovvio che non possiamo tacere, come dice Isaia: “Per amore del mio popolo, non tacerò”. E' evidente che poi quando si denuncia, questa denuncia non viene colta come un invito alla conversione ma a volte in alcuni contesti, in alcuni ambienti purtroppo di sottocultura e di sottosviluppo, come una sorta di atteggiamento di sfida. Così, come non va quando i media utilizzano etichette mediatiche: “Il prete contro la mafia, la ‘ndrangheta …”. Il prete, come cristiano, non è contro nessuno. Noi siamo dalla parte dell’uomo, di ogni uomo, anche dell’uomo che evidentemente sbaglia. Questa è la nostra missione: noi non abbiamo – diciamo così – interessi da difendere, ma una funzione profetica da esercitare. E questo purtroppo non si comprende. E allora, questo a me dispiace molto: mi dispiace molto perché rischia di offuscare l’immagine di una Calabria straordinaria e di persone straordinarie che fanno del bene e lo fanno bene, silenziosamente, donandosi quotidianamente – giovani e meno giovani – a un’azione di servizio, di volontariato, di impegno pastorale nei confronti soprattutto dei più deboli …

    D. – Don Ennio, mi sembra che da queste parole emerga chiaro il suo intento di non voler essere presentato come un “prete eroe”, un “prete antimafia”…

    R. – Sì, giusto. Perché noi non abbiamo bisogno di eroi, abbiamo bisogno di persone che semplicemente facciano – si sforzino di fare, con i propri limiti, con le proprie debolezze – il loro dovere: solo di questo abbiamo bisogno. Di eroi non ne abbiamo bisogno, anche perché anche noi qui, a Cetraro, li abbiamo: Giannino Losardo, che è stato ucciso dalla ‘ndrangheta, e tante altre persone nella terra di Calabria. Non solo politici, ma anche magistrati, anche sacerdoti… Dunque, gli eroi ce li abbiamo già. Invece abbiamo bisogno di persone che si sforzino quotidianamente di impegnarsi per il bene, per la giustizia, per la legalità, per la solidarietà. Di questo abbiamo bisogno.

    D. – Il suo impegno di pastore anche per la legalità a chi da fastidio?

    R. – Beh, dà fastidio, evidentemente, a coloro che pensano di utilizzare strumenti atti a delinquere, per esempio l’usura, il "pizzo", ogni forma di violenza e anche di paura specie nei confronti delle persone più deboli. Con la scusa che in Calabria non c’è lavoro – e questo lo dico soprattutto per alcuni giovani – allora la ‘ndrangheta, si dice, ci dà lavoro e quindi ci affidiamo, ci affiliamo a essa…

    D. – Dopo questi episodi, però, lei ha detto: “Proseguo il mio cammino”…

    R. – Ma certo. Noi non possiamo sicuramente fermarci. Purtroppo, questa espressione è stata letta dai giornali in maniera – ovviamente – molto parziale, e questo non va bene. Noi certamente non ci fermeremo: ci mancherebbe altro. Perché ci dobbiamo fermare o intimorire? Assolutamente. Soprattutto perché non siamo soli: e non lo siamo non solo e non tanto perché tanta gente sta accanto a noi, ma perché il Signore è con noi. Ce lo dice San Paolo: "Chi ci potrà mai separare dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, la nudità, il pericolo, la spada?". Quindi, davvero con grande serenità andiamo avanti, cerchiamo di andare avanti, di fare semplicemente quello che dobbiamo fare. Noi non siamo degli eroi, assolutamente no. (gf)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: 100 vittime a Homs. Al via il Consiglio di sicurezza dell'Onu

    ◊   Giornata del lutto e della collera, decretata oggi in Siria dall’opposizione, dopo le 100 vittime di ieri a Homs. All’indomani delle numerose vittime, l’opposizione ha nuovamente denunciato i “massacri selvaggi” compiuti dalle truppe del presidente Assad. In un comunicato, apparso su un social network, il Consiglio Nazionale Siriano ha parlato di una campagna sanguinosa con carri armati e armi pesanti utilizzate per bombardare interi quartieri. Ieri la guerriglia urbana è arrivata alle porte di Damasco, qui l’esercito siriano ha ripreso il controllo di alcuni quartieri periferici che erano passati nelle mani dei ribelli. L’opposizione denuncia pure l’immobilità della comunità internazionale: dichiarazioni che arrivano in prossimità del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, previsto per stasera e a cui parteciperà anche il segretario di stato americano Clinton. Al centro della sessione la nuova bozza di risoluzione che ricalca le condizioni imposte dalla Lega Araba ad Assad, tra cui le dimissioni a favore del suo vice. Contraria la Russia che ipotizza la guerra civile in caso di passaggio della bozza ma che ha assicurato il suo no a qualsiasi uso della forza. Intanto Damasco ha denunciato le “dichiarazioni aggressive” di Stati Uniti e di altri Paesi occidentali contro la Siria ed è tornato a ribadire che le violenze sono dirette a colpire i gruppi terroristici attivi nel Paese. (A cura di Benedetta Capelli)

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    Sahel: un milione di bambini rischiano di morire per fame

    ◊   L’organizzazione internazionale Action contre la Faim (Acf) ha lanciato l’allarme sul pericolo che corrono oltre 10 milioni di persone, e in particolare un milione di bambini, che stanno esaurendo le riserve alimentari necessarie per sopravvivere nella zona del Sahel. Secondo quanto si legge in un comunicato diffuso dall’Acf e pervenuto all’agenzia Fides, Niger, Mali, Mauritania, Burkina Faso e Ciad dal prossimo mese di marzo soffriranno un periodo di carestia della durata di almeno sei mesi. Si tratta ancora di una crisi annunciata: i sistemi di allerta che seguono le precipitazioni, lo stato dei raccolti, i prezzi dei generi alimentari nei mercati locali, non sbagliano. Quest’anno l’hunger gap, il periodo di tempo da quando finiscono le riserve fino al prossimo raccolto è ritardato, e tra 5 e 7 milioni di famiglie già ad ottobre avranno terminato le riserve alimentari prima dei prossimi raccolti. Di conseguenza, le organizzazioni internazionali umanitarie calcolano che ci saranno almeno 2,6 milioni di casi di denutrizione acuta e, di questi, un milione di bambini africani soffriranno di denutrizione severa, lo stadio più vicino alla morte. Quelli maggiormente colpiti saranno i bambini con meno di 5 anni di età, le madri incinte e quelle che allattano. Per limitare gli effetti di questa crisi, Acf ha avviato un programma di pronto intervento e mobilitato le forze internazionali senza aspettare l’emergenza. (R.P.)

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    India: estremisti indù assaltano un istituto dei Gesuiti. Arrestato il preside, studenti feriti

    ◊   Giornata di paura e violenza ieri all’interno dell’istituto universitario San Giuseppe di Anekal, gestito dai Gesuiti nei pressi di Bangalore, nello stato indiano del Karnataka. Una folla di estremisti indù – riferisce l’agenzia Fides – ha fatto irruzione all’interno del campus universitario interrompendo le lezioni, accusando il preside di non aver esposto la bandiera indiana nel giorno della Festa della Repubblica, celebrata ieri. Nel corso del raid, padre Mendonca è stato costretto a farsi arrestare, senza alcun capo di accusa, perché la folla lo richiedeva a gran voce. Subito dopo ha dovuto recarsi a piedi verso il locale commissariato di polizia mentre in molti gridavano slogan contro le minoranze cristiane. Diversi studenti hanno cercato di proteggere il preside ma sono stati picchiati. Solo in tarda serata, padre Mendonca è stato rilasciato ma non ha potuto sporgere alcuna denuncia per la reticenza della polizia. Già al momento dell’aggressione nel campus – hanno riferito alcune fonti – gli agenti si sarebbero mostrati poco propensi ad intervenire e non avrebbero fermato subito le violenze. Secondo il preside l’esposizione della bandiera era soltanto un pretesto, nell’ultimo anno i radicali indù hanno fatto irruzione per ben 8 volte nell’università chiedendone la chiusura e pretendendo l’adesione degli studenti ai loro movimenti. Il clima è dunque di tensione, per questo nei giorni scorsi la Convention della “Federazione delle associazioni cristiane del Karnataka” (Fkca) che riunisce vescovi, leader cristiani, capi di movimenti e associazioni, uomini politici dello stato dell’India meridionale hanno lanciato un appello perché siano rispettati i cristiani e sia assicurata loro la piena libertà religiosa. Solo nel 2011 si sono verificati oltre mille attacchi contro persone o luoghi cristiani in Karnataka. La Fkca, al termine della riunione del 29 gennaio, ha comunque ringraziato il primo ministro del Karnataka per aver istituito il “Christian Development Council” (Cdc) e per il ritiro delle denunce contro i cristiani, registrate dopo gli attacchi alle chiese a Mangalore nel 2008. Allo stesso tempo però ha chiesto che siano predisposti adeguati finanziamenti per lo sviluppo e la tutela delle comunità cristiane. (B.C.)

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    Paura in Kashmir per le scuole cristiane nel mirino degli estremisti

    ◊   A denunciare un’autentica campagna contro le scuole cristiane in Kashmir, Stato indiano a maggioranza musulmana, è stata l’Ong “Catholic Secular Forum” ma anche altre Organizzazioni non governative hanno condiviso l’allarme. Secondo gli estremisti, all’interno degli istituti si farebbe proselitismo e i dirigenti scolastici avrebbero convertito al cristianesimo oltre 20mila studenti musulmani negli ultimi 20 anni. L’agenzia Fides riferisce che le scuole cristiane sono frequentate da oltre 7mila alunni, il 99% dei quali sono musulmani. Intanto negli ultimi tempi si stanno intensificando gli episodi di intolleranza: due missionari protestanti e un cattolico sono stati espulsi da un tribunale islamico del Kashmir; tre giorni fa due malviventi si sono introdotti nel campus dell’Istituto cattolico annesso alla chiesa della Sacra Famiglia, a Srinagar, e hanno dato fuoco alla motocicletta del parroco. Secondo fonti locali, dalla zona sono andate via alcune famiglie cristiane per paura di violenze. Intanto da più parti è stato chiesto un pronunciamento al primo ministro del Kashmir, Omar Abdullah, perché sia garantita sicurezza e incolumità alla comunità cristiana che vive nel terrore per la campagna di odio che si è scatenata. (B.C.)

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    Rilasciati due sacerdoti rapiti in Sudan due settimane fa

    ◊   Stanno bene i due sacerdoti rapiti due settimane fa nella loro parrocchia a Rabak, capoluogo della regione sudanese del Nilo Bianco, e rilasciati oggi. Uno dei due religiosi - riferisce l'agenzia Misna - è stato ferito ad una mano e alla testa ma le sue condizioni non destano preoccupazione. Ad operare il rapimento, gli uomini del capo ribelle Olony che, dopo il sequestro, avevano portato i due sacerdoti a Kweit, in una zona contesa tra Sudan e Sud Sudan. Fonti locali riferiscono che non è stato pagato alcun riscatto. Intanto in un’intervista sempre alla Misna, monsignor Paride Taban, vescovo emerito di Torit, ha lanciato un appello al disarmo in particolare nella regione di Jonglei, nel Sud Sudan, dove lo stesso presule, per conto del Consiglio delle Chiese sudanesi, ha avviato un tentativo di mediazione tra le comunità della regione. “Il disarmo – ha detto – deve essere giusto e prevedere quindi delle compensazioni altrimenti si rischia di generare altri conflitti”. Negli ultimi tempi si sono intensificati gli scontri tra le comunità di allevatori Murle e Lou-Nuer; a scatenare le violenze che, secondo una recente stima avrebbero provocato centinaia di vittime e costretto alla fuga 120mila persone, i furti di bestiame e le diatribe territoriali. Il governo del Sud Sudan ha quindi avviato un programma di disarmo per arginare gli scontri. “A chi consegna i fucili – ha sottolineato mons. Taban – deve essere dato da vivere”. Fondamentale, secondo il presule, investire nelle scuole di ciascun villaggio per creare futuri cittadini in grado di sentirsi parte di un unico Paese. In questa direzione vanno gli interventi del Consiglio delle Chiese del Sudan, finalizzati a creare una rete di giovani che in ogni comunità sensibilizzino al dialogo e alla pace.(B.C.)

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    Malawi: missionario sotto accusa replica "La Chiesa ha il dovere della verità"

    ◊   “Abbiamo il dovere della testimonianza e bisogna dare risposte”. Padre Piergiorgio Gamba riafferma l’impegno della Chiesa cattolica in Malawi di fronte alle accuse lanciate dalla stampa filogovernativa allo stesso missionario monfortano. Un quotidiano di Lilongwe, di proprietà di un membro dell’esecutivo, in un articolo uscito venerdì aveva accusato padre Gamba di voler cercare il “sostegno” del Vaticano per rovesciare il governo del presidente Bingu wa Mutharika. Nel testo una ‘newsletter’ veniva spacciata per una “lettera riservata” alla Segreteria di Stato vaticana. Inoltre l’articolo riportava “anonime testimonianze” secondo cui padre Gamba starebbe organizzando rivolte di piazza ed elezioni anticipate. Nel Paese africano da luglio si sono susseguite una serie di proteste e di dure repressioni con decine di morti: la moneta vale sempre meno, il carburante non si trova e il potere d’acquisto è ai minimi storici. “Anche per questo – spiega padre Gamba all’agenzia di stampa Misna – la testimonianza dell’emittente televisiva ‘Luntha Tv’ d’ora in avanti sarà ancora più forte e motivata”. L’attacco ai missionari monfortani precede un documento che dovrebbe uscire nelle prossime ore con cui la Conferenza episcopale del Paese tornerebbe ad esprimere preoccupazione per le difficoltà economiche e le restrizioni delle libertà in tutto il Malawi. (M.P)

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    Nigeria: dopo le stragi di Boko Haram riapre il liceo della diocesi di Kano

    ◊   La Saint Thomas Secondary School, il liceo della diocesi di Kano, è stata ieri una delle poche scuole a riaprire dopo le stragi di Boko Haram di 10 giorni fa. Nelle aule cristiani e musulmani siedono gli uni accanto agli altri, uniti dal desiderio di pace. “Alla Saint Thomas Secondary School – dice all’agenzia Misna padre Alex Shukau, segretario della diocesi – studiano tra gli 800 e i 1000 ragazzi: anche se non tutti sono tornati a lezione perché la paura di attentati è ancora forte, la ripresa delle lezioni dà coraggio”. Il 20 gennaio, durante gli assalti a mano armata e negli attentati dinamitardi contro le caserme della polizia e gli uffici governativi sono state uccise almeno 186 persone. Nonostante da allora sia in vigore un coprifuoco dalle 19.00 alle 7.00 del mattino, a Kano ieri notte si è verificato un nuovo attentato contro una caserma. Di recente Boko Haram ha minacciato di cacciare via gli “immigrati del sud” e i “cristiani” dal nord della Nigeria. Nelle poche scuole che ieri hanno riaperto, molti banchi erano vuoti. “Le violenze – sottolinea padre Shukau – colpiscono tutti, cristiani e musulmani, indipendentemente dal loro credo”. (L.Z.)

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    Camerun: i vescovi esortano al dialogo interreligioso e all'approfondimento della Parola di Dio

    ◊   Promuovere il dialogo interreligioso e il rispetto verso ogni persona ed il suo credo, impegnarsi per la giustizia e la trasformazione del mondo, comprendere e accettare che la Parola di Dio è fonte di riconciliazione, di giustizia e di pace e che la religione non può mai giustificare intolleranze o guerre e che non si può ricorrere alla violenza in nome di Dio: sono alcune delle conclusioni del 35.mo Seminario dei vescovi del Camerun che nei giorni scorsi si sono incontrati nella diocesi di Mbalmayo, al Centro d’accoglienza Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. I lavori, presieduti da mons. Joseph Atanga, arcivescovo di Bertoua e presidente della Conferenza episcopale nazionale del Camerun (Cenc), sono stati sviluppati sui contenuti sull’esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini. A prendere la parola durante l’incontro anche il nunzio apostolico mons. Piero Pioppo, che ha esortato fraternamente i presuli a proseguire la missione dell’annuncio del Vangelo e la vita ecclesiale nello spirito del Concilio Vaticano II. Nel comunicato diffuso al termine del seminario, la Conferenza episcopale, ha sottolineato che, a proposito di diffusione della Bibbia, attenzione particolare deve essere data a quanti non hanno facile accesso ai testi sacri, come i non vedenti o gli audiolesi; che occorre fare di internet un nuovo forum dove poter parlare anche del Vangelo, con la coscienza che comunque il mondo virtuale non può sostituire il mondo reale; che non è possibile accettare quella miseria che scaturisce dalle ingiustizie provocate dall’egoismo e che ha come sintomo l’indigenza e la fame, causa di conflitti. Tra le decisioni dei vescovi la celebrazione del Congresso panafricano dei laici a Yaoundé dal 4 al 9 settembre e quella per il cinquantesimo anniversario dei documenti conciliari del Vaticano II. Il prossimo seminario annuale dei vescovi del Camerun si svolgerà dal 5 al 12 gennaio del prossimo anno a Sangmélina. (T.C.)

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    Filippine: i vescovi chiedono al governo di non dimenticare chi soffre la fame

    ◊   “E’ nostro compito annunciare che c’è una speranza, in mezzo alla povertà e alla sofferenza”: cosi mons. Jose Palma, arcivescovo di Cebu, neopresidente della Conferenza episcopale delle Filippine, durante l’Assemblea plenaria, conclusasi oggi a Manila. La Chiesa porta la speranza, che è il Vangelo di Cristo, in un Paese afflitto da problemi sociali, politici, economici, ha sottolineato mons. Palma rivolto al centinaio di presuli, riuniti nel Centro Papa Pio XII. Nel suo intervento, diffuso dall’agenzia Fides, l’arcivescovo ha ricordato le migliaia di persone morte di recente nella provincia di Cagayan de Oro a causa del tifone Sendong, citando poi altri fattori che causano “sofferenze indicibili”: corruzione, disoccupazione, devastazione delle foreste e dei mari, che provocano “ingente povertà”. La Chiesa delle Filippine, ha affermato mons. Palma, “sta collaborando con le istituzioni, per l’adozione di leggi e programmi che portino crescita e sviluppo del Paese”, anche se “vi sono nubi oscure nel cielo”, ha aggiunto, nel confronto tra “le principali istituzioni del Paese”. Il riferimento sarebbe diretto - riporta l’agenzia Fides - allo scontro in atto tra il governo del presidente Benigno Aquino e la Corte Suprema, riguardo il processo di impeachment verso il presidente della Corte, Renato Corona. Appellandosi alle istituzioni, i vescovi chiedono una rapida soluzione del problema perché il governo torni a “porre attenzione verso il popolo”, pensando e operando “per il bene comune” e ricordando “i propri doveri verso i filippini”. Un recente sondaggio ha rivelato che nell’ultimo trimestre del 2011, 4 milioni e mezzo di famiglie filippine hanno sofferto la fame. La Conferenza episcopale ha inoltre esortato il governo a rivedere la sua politica nel settore minerario, tenendo conto dell’impatto sull'ambiente, “per prevenire tragedie” ecologiche, come quella verificatasi nelle settimane scorse. Infine i vescovi hanno nominato “ambasciatore della Bibbia nel mondo” il pugile filippino Manny Pacquiao, eroe sportivo nazionale, che di recente ha raccontato la sua conversione al cristianesimo. (R.G.)

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    Brasile: per i vescovi “ogni forma di schiavitù è un affronto alla dignità umana”

    ◊   “Ogni forma di schiavitù è un affronto alla dignità dei figli e delle figlie di Dio e un peccato sociale che grida al Cielo”. È quanto affermano i vescovi brasiliani nel messaggio per la Giornata nazionale della Lotta contro il lavoro forzato celebrata sabato. Quella del lavoro forzato – denuncia la nota - è una “realtà deplorevole” purtroppo ancora molto diffusa in diversi settori dell’economia brasiliana e che coinvolge “uomini, donne, giovani, bambini e immigrati da diversi Paesi latino-americani accomunati dalla povertà”. Questo nonostante gli sforzi compiuti dalla Chiesa, dalle istituzioni e dalla società civile per contrastare il fenomeno. La Chiesa brasiliana in particolare - ricorda il messaggio - denuncia da decenni questo crimine attraverso la Commissione per la pastorale della Terra (Cpt) e più di recente attraverso la Rete pastorale contro la schiavitù. Secondo i dati del Ministero del Lavoro brasiliano nel 2011 sono state liberate 2.203 persone, e molti altri aspettano la liberazione che sarà possibile, sottolineano i presuli, “solo se saranno messe in campo le misure necessarie per porre fine all’impunità di questa abominevole pratica”. Per questo essi rivolgono un appello al Congresso di Brasilia affinché approvi al più presto la proposta di legge 438 del 2001 che prevede di destinare alla riforma agraria le terre in cui siano stati accertati casi di schiavitù. Il messaggio conclude con un pensiero a tutti coloro che hanno perso la vita per combattere il lavoro forzato e alle vittime a cui i vescovi brasiliani ribadiscono tutta la loro solidarietà. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Bosnia-Erzegovina: al via la 23.ma Conferenza internazionale dei cappellani militari

    ◊   “I leader religiosi come costruttori di pace”: è questo il tema della 23.ma Conferenza internazionale dei cappellani militari in corso, fino al 3 febbraio, a Sarajevo, in Bosnia-Erzegovina. L’evento, organizzato dalla Cappellania del comando degli Stati europei e dal Servizio religioso del Ministero della difesa della Bosnia-Erzegovina, vede la partecipazione di mons. Tomo Vuksic, ordinario militare bosniaco, di padre Sldjan Valjic, responsabile della cappellania ortodossa locale e di Ismail Smajlovic, mufti militare di Bosnia-Erzegovina. Numerosi i temi in esame: i rapporti tra fede, sicurezza e pace; l’impegno dei leader religiosi per la riconciliazione soprattutto nelle fasi post-conflitto e il ruolo che i cappellani militari possono avere nella prevenzione delle guerre. Durante la conferenza, verrà proiettato anche il documentario “As we forgive”, diretto da Laura Waters Hinson, dedicato alla riconciliazione in Rwanda, dopo il genocidio del 1994. La prima Conferenza internazionale dei cappellani militari si tenne nel 1990 a Stoccarda, in Germania. Nel corso degli anni, l’incontro è stato ospitato da diversi Paesi del mondo: in particolare, le ultime edizioni si sono svolte in Sudafrica (2009), sul tema della ricostruzione dopo i conflitti; in Spagna (2010), sul tema del rapporto “Religione e forze armate, libertà e diversità”, e nella Repubblica Ceca (2011), sul ruolo dei cappellani militari come consulenti etici. (I.P.)

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    Polonia: i vescovi invitano il Papa per il 1050.mo del battesimo della nazione polacca

    ◊   La Conferenza episcopale polacca ha invitato Benedetto XVI a visitare la Polonia. L’invito è stato formulato da mons. Stanislaw Gadecki, arcivescovo di Poznan, capitale storica del Paese ai tempi della diffusione del cristianesimo nel Medioevo. E l’occasione della visita del Santo Padre potrebbe essere proprio il 1050° anniversario del battesimo della Polonia, per la quale sono già previste diverse iniziative commemorative, tra cui l”Expo Christianitatis”, un’esposizione storica sul patrimonio della Chiesa polacca. Un’altra occasione potrebbe essere la Gmg del 2015. L’arcivescovo di Cracovia, cardinale Stanislaw Dziwisz, ha infatti proposto la città per ospitare l’evento dopo la Gmg di Rio de Janeiro. Se il Santo Padre accetterà l’invito – ha dichiarato mons. Gadecki - le celebrazioni giubilari a Poznan potrebbero essere anticipate per fare coincidere le due occasioni. (A cura del Programma Polacco)

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    Gmg di Rio 2013: rinviato al 7 febbraio il lancio del logo

    ◊   E’ stato rinviato di una settimana il lancio del logo ufficiale della Gmg di Rio de Janeiro previsto inizialmente per domani, 1° febbraio. Il rinvio è stato deciso dal Comitato organizzatore Locale (Col/Rio) come gesto di solidarietà con le vittime del crollo di tre palazzine avvenuto il 25 febbraio nel centro della città. La cerimonia si terrà quindi martedì 7 febbraio, alle 20 locali, presso l’auditorium dell’edificio Giovanni Paolo II, a Gloria, dove si trova la sede del Comitato. Nell’occasione, alla presenza del presidente del Col e dell’arcivescovo di Rio de Janeiro Orani João Tempesta, sarà presentato anche l’autore del logo, che è stato scelto con un concorso lanciato il 27 settembre scorso. Il logo è stato scelto tra più di 200 lavori provenienti da tutto il mondo che sono stati valutati da un gruppo di designer, da una speciale commissione della Pastorale giovanile e dalla presidenza del Col. Il 13 dicembre scorso i due loghi finalisti sono stati presentati al Pontificio Consiglio per i Laici, che ha scelto il vincitore d’accordo con i rappresentanti del Comitato Organizzatore. Intanto prosegue in Brasile la peregrinazione della Croce e dell’icona mariana della Giornata Mondiale della Gioventù iniziata lo scorso 18 settembre. In 23 mesi i due simboli religiosi attraverseranno oltre duecento diocesi, molte più città, coinvolgendo centinaia di migliaia di giovani. (L.Z.)

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    Presentato a Palermo il Festival nazionale delle comunicazioni

    ◊   A Palermo è stato presentato oggi il Festival nazionale delle Comunicazioni che, giunto alla settima edizione, quest’anno avrà luogo a Caltanissetta dal 15 al 27 maggio. Organizzato dalla Famiglia dei Paolini e delle Paoline, in collaborazione con la diocesi di Caltanissetta, il Festival si muove intorno al messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”. Un momento con ospiti importanti, in tutti i settori, con la volontà di creare una vera e propria fusione di energie provenienti da varie realtà d’Italia con il coinvolgimento attivo soprattutto di tante realtà locali. Tra gli appuntamenti, il forum interreligioso cui parteciperanno il Patriarca emerito di Gerusalemme, Michel Sabbah, il Rabbino Capo di Milano, Roberto Della Rocca, e Ida Zilio Grandi, islamista dell’Università Cà Foscari di Venezia. “E’ tempo di riscoprire il senso del silenzio non come omertà, occultamento della verità, del tacere ma come luogo di riflessione, tempo per pensare, adorare. Il silenzio è come l’oceano che può ospitare l’iceberg”, ha detto ai giornalisti mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta. Suor Cristina Beffa, responsabile del Festival, ha illustrato 'Le cinque vie del Comunicare' per “prendersi cura della Comunicazione” nell’era digitale: conoscenza, linguaggi, bellezza, aggregazione e solidarietà. Giornate di silenzio, riflessione, festa e condivisione che coinvolgono 15 mila studenti del territorio e si concluderanno con la veglia diocesana di Pentecoste e la Santa Messa, presiedute dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. (A cura di Alessandra Zaffiro)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 31

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.