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Sommario del 20/01/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Siete un dono dello Spirito Santo al nostro tempo: così il Papa al Cammino Neocatecumenale
  • Il Papa agli alunni dell’Almo Collegio Capranica: annunciate la Parola di Dio superando ogni barriera
  • Mons. Farrell: il ritorno all'unità dei cristiani, un viaggio lento ma fruttuoso
  • A marzo, il "Cortile dei Gentili" a Palermo. Giusto Sciacchitano: un segno di cultura contro il degrado del crimine
  • Due giorni di incontri di mons. Zimowski a Verona in preparazione alla 20.ma Giornata del malato
  • Padre Lombardi: lo spettacolo teatrale "Sul concetto di volto nel Figlio di Dio" offende i cristiani
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Costa Concordia, nuovamente sospese le ricerche. Resta alta l’allerta meteo
  • Al G20 le ripercussioni della crisi finanziaria sui Paesi poveri ed emergenti
  • Afghanistan. Uccisi 4 soldati francesi. Sarkozy pensa al ritiro delle truppe
  • Nigeria. L’arcivescovo di Abuja denuncia le minacce contro i cristiani e chiede la protezione dello Stato
  • Le liberalizzazioni all'esame del governo
  • Problemi e opportunità dei migranti asiatici in Europa: concluso a Manila il viaggio di Caritas-Migrantes
  • Giubileo della canonizzazione di San Vincenzo Pallotti: intervista con padre Nampudakam
  • Le grandi omelie pasquali di Benedetto XVI in un convegno a San Giovanni in Laterano
  • Nei cinema "E ora dove andiamo?": l'ironia delle donne libanesi che disarma la violenza degli uomini
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Sudan: per i sacerdoti rapiti si negozia il rilascio con una milizia del sud
  • Cooperanti rapiti in Pakistan, si attende la richiesta di un riscatto
  • La Lega Araba valuterà domenica il rapporto degli osservatori in Siria
  • Iraq: i vescovi invocano pace e sicurezza per ricostruire il Paese
  • Egitto: scomparso materiale nucleare, forse trafugato
  • India: nel Kashmir, tribunale islamico chiede l’espulsione di cinque religiosi cristiani
  • Ue: al Consiglio dei ministri degli Esteri discusso l'attacco alla libertà religiosa
  • L'Ue alla ricerca di un accordo sulle sanzioni petrolifere contro l'Iran
  • Kazakhstan: confermata la fiducia al governo di Astana
  • Bangkok: incontro sul dialogo tra le culture asiatiche
  • Hong Kong: la crisi finanziaria nel Messaggio dei leader religiosi per il Capodanno cinese
  • Repubblica Dominicana: per i vescovi la crisi nel mondo ha origini umane e morali
  • La Chiesa cilena punta sui giovani per formare nuovi leader in grado di orientare la società
  • Don Lorenzelli da presidente Cism a superiore dell’Ispettoria salesiana del Cile
  • Il Papa e la Santa Sede



    Siete un dono dello Spirito Santo al nostro tempo: così il Papa al Cammino Neocatecumenale

    ◊   “La Chiesa ha riconosciuto nel Cammino un particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi”. Così Benedetto XVI nel discorso rivolto questa mattina a 7mila aderenti al Cammino Neocatecumenale. Nel corso dell’udienza è stato anche consegnato e letto il Decreto con cui si concede “l’approvazione di quelle celebrazioni contenute nel direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale che non risultano già normate dai Libri liturgici della Chiesa”. Il Santo Padre ha anche inviato 17 nuove missio ad gentes in tutto il mondo. Il servizio di Debora Donnini.

    Il Cammino Neocatecumenale è “un particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi”. Sono le parole che il Papa ha rivolto alle 7mila persone che hanno affollato l’Aula Paolo VI e accolto il Pontefice con canti ed applausi. Benedetto XVI ha messo in evidenza l’importanza dell’annuncio del Vangelo che il Cammino porta avanti in zone scristianizzate del mondo, dove “il secolarismo ha eclissato il senso di Dio”, o dove il Vangelo non è stato mai annunciato. “Qui il vostro impegno e la vostra testimonianza siano come il lievito che, con pazienza, rispettando i tempi, con sensus Ecclesiae, fa crescere tutta la massa”. Il Papa ha anche ringraziato le tante famiglie presenti con i loro figli che partono abbandonano sicurezze materiali per annunciare Cristo risorto:“La Chiesa – ha detto – ha bisogno di voi per la nuova evangelizzazione”. E le ha inviate a non avere timore: “Chi porta il Vangelo non è mai solo”. Oggi, infatti, il Papa ha inviato 17 nuove missio ad gentes, ciascuna composta da tre o quattro famiglie numerose accompagnate da un sacerdote:

    “In questi decenni di vita del Cammino un vostro fermo impegno è stato di proclamare il Cristo Risorto, rispondere alle sue parole con generosità, abbandonando spesso sicurezze personali e materiali, lasciando anche i propri Paesi, affrontando situazioni nuove e non sempre facili. Portare Cristo agli uomini e portare gli uomini a Cristo: questo è ciò che anima ogni opera evangelizzatrice. Voi lo realizzate in un cammino che aiuta a far riscoprire a chi ha già ricevuto il Battesimo la bellezza della vita di fede, la gioia di essere cristiani”.

    Durante l’udienza risuonano le parole del Vangelo proclamato: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Seguire Cristo comporta anche “spezzare l’individualismo che spesso caratterizza la società del nostro tempo - ricorda ancora il Papa - per sostituire l’egoismo con la comunità dell’uomo nuovo in Gesù Cristo”. Questo avviene in un rapporto personale con Lui ma anche inseparabilmente nel credere con la sua Chiesa:

    “La Chiesa ha riconosciuto nel Cammino un particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi e l’approvazione degli Statuti e del “Direttorio Catechetico” ne sono un segno. Vi incoraggio ad offrire il vostro originale contributo alla causa del Vangelo. Nella vostra preziosa opera ricercate sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i Pastori delle Chiese particolari, nelle quali siete inseriti: l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono un’importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo”.

    Il discorso di Benedetto XVI si sofferma sulla Liturgia. “Nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo Risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso Mistero pasquale”, sottolinea, ricordando che “questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della Liturgia, l’entrare nella presenza del Mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo”. Oggi è stato anche consegnato il Decreto con cui il Pontificio Consiglio per i Laici approva “le celebrazioni contenute nel Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale, che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede”. “E’ un altro elemento – ha detto - che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae”.
    Quindi il Papa ha citato gli Statuti: “l’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccole comunità”.

    “Proprio al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata, i neocatecumenali possono celebrare l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi Vespri della domenica, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano”.

    Benedetto XVI ricorda che l’Eucaristia è aperta a tutti coloro che appartengono alla sua Chiesa e che la celebrazione in piccole comunità “regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità".

    “Al tempo stesso, la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato (cfr Statuti, art. 6), la sua forma ordinaria. Ma anche durante il cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo”.

    Accolto con grande gioia, il testo stesso di approvazione è stato letto da mons. Josef Clemens, segretario del Pontifico Consiglio per i Laici:

    “Il Pontificio Consiglio per i Laici, avuto il parere favorevole della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, concede l'approvazione a quelle celebrazioni contenute nel Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale che non risultano per loro natura già normate dai Libri liturgici della Chiesa”.

    “Con decreto dell'11 maggio 2008 - recita ancora il Decreto - il Pontificio Consiglio per i Laici ebbe ad approvare in modo definitivo lo Statuto del Cammino Neocatecumenale e, successivamente, dopo aver debitamente consultato la Congregazione per la Dottrina della Fede, con decreto del 26 dicembre 2010, diede la sua approvazione alla pubblicazione del Direttorio catechetico come sussidio valido e vincolante per le catechesi del Cammino Neocatecumenale” .

    Durante l’udienza è stata anche eseguito dall’orchestra il brano del Resurrexit della Sinfonia sulla Sofferenza degli Innocenti. E Kiko Arguello, uno degli iniziatori del Cammino, ha raccontato la missione che tante famiglie inviate nel mondo compiono:

    “Abbiamo sentito queste famiglie, che sono ad Amsterdam, a Brooklyn e in tanti posti, e ci siamo commossi. Dopo sei anni i pagani hanno cominciato ad avvicinarsi e hanno creato una comunità: piccole comunità di persone che non conoscevano Cristo – divorziati, gente ferita, alcolizzata – e che hanno trovato in noi un’accoglienza, un amore enorme. Molti hanno detto: 'Vi ringrazio, perché mai sarei entrato in una chiesa'”.

    E’ forte, infatti, l’impegno del Cammino sul fronte della nuova evangelizzazione. Le 17 nuove missio ad gentes andranno in tutto il mondo: 12 in Europa – ad Albi, Nizza, Bayonne, Tolone, Strasburgo, Lione, Anversa, Lubiana; Sarajevo, Tallin in Estonia; Vienna e Manchester; 4 in America - tre a Boston e una in Venezuela - ed una in Africa a Libreville, in Gabon. Sono state mandate anche altre famiglie per alcune missio ad gentes già formate tra gli aborigeni australiani, nella Papua New Guinea e in Ucraina. Queste missio si vanno ad aggiungere alle altre 40 già inviate da Benedetto XVI negli anni precedenti. E, dunque, la missione continua.

    Al termine dell’udienza con il Papa al Cammino neocatecumenale, Roberto Piermarini ha raccolto la testimonianza di una famiglia spagnola in missione ad gentes a Stoccolma, in Svezia, Estanislao e Maricarmen, e di don Manuel, il sacerdote cileno che li accompagna:

    D. - Estanislao, qual è stata la vostra esperienza?

    R. – In 15 anni di missione, abbiamo visto il Signore in tutto. Siamo arrivati in Svezia in condizioni precarie ma il Signore ci ha sempre preceduto.

    D. – Quanti figli avete?

    R. – Nove.

    D. – Come madre, Maricarmen, come stai vivendo questa esperienza, con questi nove figli a Stoccolma?

    R. – Io vedo che Dio ci protegge da tutto. Ecco, con questa fiducia andiamo avanti, perché ogni tanto avvertiamo la paura, l’angoscia, ma sento che Dio provvede a tutto e i nostri figli sono con noi in comunità. Hanno questo spirito, questa gioia, quindi siamo molto contenti.

    D. - Ci sono dei frutti dopo 15 anni di missione?

    R. - Si, i frutti ci sono, specialmente per tanti fratelli che avevano una vita distrutta… il Signore ha dato loro una nuova vita.

    D. – Don Manuel, come presbitero, come stai vivendo l'esperienza della missione a Stoccolma?

    R. – Prima di tutto, è una nuova realtà dell’evangelizzazione. Vedo che si dedicano al cento per cento al servizio della nuova evangelizzazione, un nuovo modo di portare Cristo attraverso la Chiesa vivente, non partendo dalle strutture, ma partendo dalle persone che testimoniano Cristo che ha vinto la morte. Anche per me, come sacerdote, è un grande aiuto perché non sono da solo in quest’opera. Non sono io – Don Manuel – che faccio la missione, ma tutta una comunità, un insieme di fratelli con diversi carismi, che portano Cristo alle persone che sono sole.

    D. – Le maggiori difficoltà in Scandinavia, dal punto di vista pastorale?

    R. – La solitudine: persone che vivono da sole, incapaci di relazionarsi. Noi veniamo da una cultura meridionale. Io vengo dal Cile, un Paese dove la gente comunica, si relaziona, chiede aiuto, si associa… In Svezia, le persone vivono da sole. Hanno difficoltà a trovare amicizie, a trovare veramente quel calore umano che possa accogliere l’altra persona. Ed è una benedizione del Signore vedere, in questa missione, le persone che si amano, che vivono in umiltà, in un Paese dove l’unità e l’allegria si vedono molto poco.

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    Il Papa agli alunni dell’Almo Collegio Capranica: annunciate la Parola di Dio superando ogni barriera

    ◊   Al fondo della vita di un presbitero deve esserci una relazione intensa con Dio: è l’esortazione di Benedetto XVI alla comunità dell’Almo Collegio Capranica, ricevuta stamani in Vaticano. Il Papa ha esortato i futuri sacerdoti ad impegnarsi con coraggio nell’opera di nuova evangelizzazione. Quindi, ha ricordato la figura di Sant'Agnese, patrona del Collegio che da cinque secoli costituisce uno dei seminari della diocesi di Roma. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “La Chiesa si aspetta molto dai giovani sacerdoti nell’opera di evangelizzazione e di nuova evangelizzazione”: è quanto affermato da Benedetto XVI, incontrando la comunità dell’Almo Collegio Capranica. Il Papa ha incoraggiato i giovani seminaristi affinché “radicati nella bellezza della tradizione autentica, uniti profondamente a Cristo" siano capaci di portarlo nelle loro comunità "con verità e gioia":

    “Abbiate sempre un profondo senso della storia e della tradizione della Chiesa! Il fatto di essere a Roma è un dono che vi deve rendere particolarmente sensibili alla profondità della tradizione cattolica”.

    La vicinanza con il Successore di Pietro, durante la vostra formazione, ha soggiunto il Papa, “vi permette di percepire con particolare chiarezza le dimensioni universali della Chiesa e il desiderio che il Vangelo giunga a tutte le genti”. Al Collegio Capranica, ha ribadito, “avete la possibilità di aprire gli orizzonti con esperienze dell’internazionalità”:

    “Preparatevi ad essere vicini ad ogni uomo che incontrerete, non lasciando che nessuna cultura possa essere una barriera alla Parola di vita di cui siete annunciatori anche con la vostra vita”.

    Alla vigilia della memoria di Sant’Agnese, Patrona del Collegio, il Papa ha quindi invitato i futuri sacerdoti a seguire il suo esempio di martirio e verginità per essere testimoni credibili della fede:

    “Anche la formazione del presbitero esige integralità, compiutezza, esercizio ascetico, costanza e fedeltà eroica, in tutti gli aspetti che la costituisce; al fondo vi deve essere una solida vita spirituale animata da una relazione intensa con Dio a livello personale e comunitario, con particolare cura nelle celebrazioni liturgiche e nella frequenza dei Sacramenti”.

    Ancora, ha soggiunto, la vita sacerdotale richiede “un anelito crescente alla santità”. Per questo, ha avvertito, bisogna anche sviluppare “una vera e solida cultura personale, frutto di uno studio appassionato e costante”. La fede, ha osservato, “ha una dimensione razionale e intellettuale che le è essenziale”. Il Papa non ha poi mancato di ricordare il legame tra Sant’Agnese, martire sotto Domiziano, e la città di Roma:

    “Ancora oggi, per chiunque passi in Piazza Navona, l’effige della Santa dall’altro del frontone della chiesa di Sant’Agnese in Agone, ricorda che questa nostra Città è fondata anche sull’amicizia per Cristo e la testimonianza di molti dei suoi figli e figlie”.

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    Mons. Farrell: il ritorno all'unità dei cristiani, un viaggio lento ma fruttuoso

    ◊   La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si ispira per il 2012 alla frase tratta dalla prima Lettera di San Paolo ai Corinzi: “Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore”. Su questo tema, Philippa Hitchen ha intervistato mons. Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani:

    R. – Ogni anno, il tema viene scelto da un gruppo ecumenico in un particolare Paese. Quest’anno, abbiamo lavorato con un gruppo della Polonia. La storia della Polonia è piena di invasioni, battaglie, difficoltà e superamento di queste difficoltà. L’idea della vittoria, quindi, viene quasi naturale: la vittoria ultima è di Cristo ed è sulla morte e sul peccato. Parlando dell’unità dei cristiani, però, siamo chiaramente coscienti che le divisioni sono frutto del peccato e solo la grazia di Cristo, insieme con l’ispirazione dello Spirito Santo, può aiutare i cristiani a superare queste profonde divisioni che la storia ci ha lasciato in eredità. Pertanto, l’idea di fondo dei testi per questa settimana di preghiera ci porta a una grandissima fiducia nella forza trasformatrice della grazia di Cristo. I testi hanno il compito di farci riflettere ma anche di farci partecipare, sempre più pienamente, alla preghiera stessa di Gesù, affinché tutti siano una cosa sola.

    D. – In quest’ottica, per quanto riguarda i progressi fatti nei vari dialoghi, che cosa possiamo celebrare dell’anno appena trascorso e cosa possiamo prevedere, quali potranno essere le speranze per i mesi a venire?

    R. – Quando guardiamo ai dialoghi, sembra che non vengano fatti grandi passi avanti, ma il lavoro del dialogo è proprio quello di approfondire tutte le difficoltà. Dobbiamo cercare la risposta a queste problematiche, ma dobbiamo farlo insieme. I dialoghi sono, per natura, dei processi alquanto lenti. Se guardiamo globalmente ai rapporti con i nostri fratelli delle altre Chiese e comunità, posso affermare che la Giornata di preghiera e di riflessione per la pace e la giustizia nel mondo, svoltasi nell’ottobre scorso ad Assisi, è stata davvero una splendida prova del fatto che il mondo ecumenico si muove e va avanti. Abbiamo avuto una risposta veramente molto numerosa per quanto riguarda le delegazioni inviate dalle altre Chiese: hanno partecipato più di 30 delegazioni cristiane. Questo è un segno di come il lavoro ecumenico, che molte volte appare difficile o non fruttuoso, dà invece dei frutti. Frutti che stanno nella mente, nel cuore, negli atteggiamenti e nelle convinzioni delle persone. Credo di poter dire che i rapporti ecumenici stanno producendo il grande frutto della fratellanza riscoperta.

    D. – Quest’anno, avremo anche il Sinodo per la nuova evangelizzazione. Secondo lei, questo sarà un altro appuntamento importante sul piano ecumenico?

    R. – Sì. Stiamo lavorando anche sul piano ecumenico affinché partecipino, al Sinodo, i rappresentanti delle altre Chiese – ortodosse, protestanti ed anglicane – e penso che tutti dobbiamo essere coscienti del fatto che la nuova evangelizzazione non può essere fatta da una sola Chiesa. Non possiamo farla solo noi cattolici, dobbiamo lavorare insieme a tutti gli altri. Pensiamo solo all’Europa dell’Est: la presenza dei nostri fratelli ortodossi è predominante. La nuova evangelizzazione, in Europa, non si può fare senza di loro. Pensiamo anche ai Paesi dell’Europa e dell’America dell’ovest: la maggioranza è rappresentata dai nostri fratelli protestanti. Non possiamo evangelizzare la società senza collaborare con loro.(vv)

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    A marzo, il "Cortile dei Gentili" a Palermo. Giusto Sciacchitano: un segno di cultura contro il degrado del crimine

    ◊   Il Cortile dei Gentili sarà a Palermo dal 29 al 30 marzo. Dopo Bologna, Parigi, Bucarest, Firenze, Tirana e Roma, l’iniziativa promossa dal Pontificio Consiglio per la Cultura, per rilanciare il dialogo tra credenti e non credenti sui grandi temi che interrogano il mondo contemporaneo, farà dunque tappa nel capoluogo siciliano, crocevia di culture e tradizioni ma anche luogo e simbolo della lotta al crimine organizzato. Roberta Gisotti ne ha parlato con il dott. Giusto Sciacchitano, sostituto procuratore nazionale antimafia:

    D. – Dr. Sciacchitano, dal suo osservatorio privilegiato quale siciliano, e nel suo ruolo istituzionale, quali attese da questo incontro che si terrà a Palermo?

    R. – Io credo che l’incontro a Palermo possa essere di grande importanza per diversi punti di vista. Uno, perché la Sicilia è luogo di tradizionali incontri tra culture diverse, tra sistemi diversi, tra tradizioni diverse. E naturalmente, faccio riferimento alla Storia nostra che ci ha visti dominati da tanti popoli diversi con i quali, quindi, abbiamo dovuto comunque colloquiare. Quindi, siamo stati dominati dalla loro cultura, siamo stati dominati dai loro sistemi giuridici e abbiamo anche avuto le loro religioni. Per esempio, faccio riferimento agli arabi che secoli fa hanno portato in Sicilia la religione musulmana: così noi siamo abituati a parlare con loro, a dialogare. Inoltre, c’è un altro aspetto: Palermo e la Sicilia sono certamente caratterizzate da due aspetti, uno negativo e uno positivo. Siamo al centro della mafia, nel senso che Palermo può essere considerata la capitale della mafia; ma è anche la capitale, riconosciuta dalle Nazioni Unite, dell’antimafia. Cioè, a Palermo è stata firmata la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata. Allora, questo significa che questi temi certamente fanno cultura. Fanno cultura nel dialogo interreligioso: fanno cultura perché la mafia – ma non soltanto quella locale, anzi non mi riferisco affatto a quella locale, ma al concetto ben più ampio di crimine organizzato internazionale – deve essere contrastata certamente con i mezzi giuridici, ma con la cultura. Perché la mafia si basa su una "in-cultura". E allora, un incontro come questo, che guarda alla cultura, guarda al modo di cambiare l’uomo nel suo interno, non può non dare attenzione a questa realtà.

    D. – La cultura della legalità che si raffronta ogni giorno, si scontra con la “cultura” dell’illegalità, non è certo un problema della Sicilia e dell’Italia, ma del mondo intero. Quindi sarà questa un’occasione per guardare a questo problema, anche in Italia, con una visione universale …

    R. – Ma sicuramente! Bisogna completamente, in questo momento, prendere lo spunto perché Palermo ha quella caratteristica che abbiamo detto, ma guardare veramente al mondo intero. Oggi il problema della lotta alla criminalità organizzata nel suo insieme è un problema culturale, politico, sociologico, economico che riguarda il mondo. Non riguarda certamente né l’Italia né, ovviamente, solo la Sicilia. Guardiamo alla realtà dell’Estremo Oriente, guardiamo alla realtà dei Paesi del Sud America, guardiamo alle realtà dell’Est Europeo, all’are dei Paesi balcanici, Paesi tutti attraversati da rotte attraverso le quali passano tutti i traffici illeciti dei vari gruppi organizzati. Quindi, il problema è assolutamente mondiale e a questo noi guardiamo con l’attenzione che si deve.

    D. – Dalla sua esperienza personale, si è mai sentito o si sente stanco?

    R. – No. Per mia fortuna. Anche se l’età avanza, rimango ancora forte nel convincimento che la nostra opera, anche se non sembra, i suoi frutti tuttavia li lascia. Il ragionamento che ho fatto oggi mi nasce anche dal ricordare quanto mi disse uno dei primissimi pentiti di mafia, secondo il quale la lotta alla mafia si fa sì con il sistema repressivo, ma si fa anche attraverso un’azione profonda nella scuola, e quindi tramite la cultura. Ed è questo che mi da il convincimento che nel breve o medio periodo, il problema noi possiamo affrontarlo. (gf)

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    Due giorni di incontri di mons. Zimowski a Verona in preparazione alla 20.ma Giornata del malato

    ◊   Una Lectio magistralis e cinque incontri con i degenti e gli operatori sanitari di tre ospedali e due centri di assistenza della Diocesi di Verona. Sono questi i momenti salienti della missione che da ieri sta impegnando l'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. Nella diocesi scaligera, il capo dicastero vaticano - che è accompagnato dal sottosegretario, padre Augusto Chendi - ha preso parte ad appuntamenti in preparazione della 20.ma Giornata mondiale del malato, che sarà celebrata l’11 febbraio prossimo sul tema: “Alzati e và; la tua fede ti ha salvato”. Ad aprire l'agenda degli impegni è stato ieri l'incontro con il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, quindi mons. Zimowski si è recato in visita al Centro Diagnosi, Cura e Ricerca per l’Autismo attivo presso l’Ospedale del vicino comune di Marzana. Nel pomeriggio, invece, è stata la volta della visita al Policlinico Universitario Giovanni Battista de’ Rossi per l'incontro con i malati, i cappellani e gli operatori sanitari. Nella circostanza, il presule ha parlato sulla "pastorale della salute nel Magistero di Benedetto XVI”, mentre padre Chendi sul tema “Dialogo tra scienza e fede: una dimensione specifica nella pastorale della salute”. Al termine dell'intensa giornata, mons. Zimowski si è infine soffermato con gli anziani della Casa di Riposo del Centro Camilliano di Formazione Pastorale del capoluogo veneto.

    Questa mattina, i due rappresentanti vaticani si sono recati all’Unità Operativa di Neurologia – “Stroke Unità dell’Ospedale Civile di Borgo Trento e, successivamente, presso la struttura della GlaxoSmithKline dove, durante l’incontro con i dirigenti e il personale della società farmaceutica, mons. Zimowski ha parlato del rapporto tra scienza e fede. Nel pomeriggio, è previsto l'intervento del presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari al Palazzo vescovile di Monteforte d’Alpone, che ospita un Convegno dedicato a “Le sfide dell’autismo”. La Lectio Magistralis sarà dedicata al tema de “Il Beato Giovanni Paolo II, Papa mariano ed intrepido difensore della vita”.

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    Padre Lombardi: lo spettacolo teatrale "Sul concetto di volto nel Figlio di Dio" offende i cristiani

    ◊   In risposta ad alcune domande dei giornalisti, il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, si è soffermato sul senso della lettera inviata dalla Segreteria di Stato al teologo padre Giovanni Cavalcoli, che aveva segnalato come blasfemo lo spettacolo teatrale del regista Romeo Castellucci “Sul concetto di volto nel figlio di Dio”. Prendendo atto del fatto che si rappresenta un’opera che risulta offensiva delle convinzioni religiose dei cristiani, la lettera - ha osservato padre Lombardi - allarga il discorso ed “auspica che ogni mancanza di rispetto” di questa natura “incontri la reazione ferma e composta della comunità cristiana”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'Eucaristia aperta a tutti vero luogo dell'unità: Benedetto XVI alle comunità del cammino neocatecumenale.

    Una parola da non dire: in prima pagina, Adriano Pessina sulla vecchiaia nell'era della tecnologia e del consumo.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la Somalia: il terrorismo non risparmia i profughi a Mogadiscio.

    In cultura, un articolo di Vincenzo Fiocchi Nicolai dal titolo "Quando essere accoglienti era segno di grandezza": gli stranieri a Roma nella tarda antichità.

    Eastwood denuncia il volto ambiguo dell'America: Gaetano Vallini sottolinea la maiuscola interpretazione di Leonardo Di Caprio in "J. Edgar".

    Emilio Ranzato recensisce positivamente "Idi di marzo", film diretto e interpretato da George Clooney.

    Non conviene tagliare: Giuseppe Pennisi su sviluppo economico e cultura.

    La lezione del deserto: Timothy Verdon sulla lettera pastorale dell'arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori alla diocesi, intitolata "Nel silenzio la Parola".

    Parole da guardare: Giulia Galeotti sul contributo iconografico del nuovo Lezionario.

    Passo dopo passo nella giusta direzione: nell'informazione religiosa, Gabriel Quicke sui progressi delle relazioni ecumeniche con le Chiese ortodosse orientali.

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    Oggi in Primo Piano



    Costa Concordia, nuovamente sospese le ricerche. Resta alta l’allerta meteo

    ◊   La ‘Costa Concordia’, naufragata lo scorso 13 gennaio davanti all’Isola del Giglio, si sta lentamente spostando. Per non mettere a rischio la sicurezza dei soccorritori, sono state nuovamente interrotte le operazioni di ricerca. Al momento, sono 11 i morti accertati e 21 i dispersi. Rimane anche alta l’allerta per l’arrivo di mareggiate, previste a partire da oggi pomeriggio. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    La nave, con eventuali dispersi ancora a bordo ed un carico di carburante di oltre 2400 tonnellate, si trova a pochi metri da un abisso profondo 70 metri. Per analizzare il fondale e capire se sia possibile ancorare il relitto si prende in esame anche l’utilizzo di un robot subacqueo, come conferma Luca Cari, portavoce dei vigili del fuoco:

    “Le attività di ricerca sono sospese: dobbiamo essere sicuri di avere un minimo di sicurezza che sia quantomeno accettabile. Per quanto riguarda invece la possibilità di stabilizzare la nave, ci sono ovviamente dei progetti e delle ipotesi che si stanno vagliando. Resta chiaramente prioritaria l’azione di ricerca dei dispersi”.

    Col passare delle ore, intanto, si rafforza fra gli investigatori la pista di una bravata del comandante Francesco Schettino. Non sarebbe stata la cosiddetta ‘manovra dell’inchino’ a portare la nave verso le coste dell’Isola del Giglio. Il procuratore, Francesco Verusio, ha affermato che “l'eccessivo avvicinamento potrebbe attribuirsi ad una dimostrazione di bravura del comandante”. Conferme determinanti arriveranno, dopo opportune verifiche, dalla scatola nera.

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    Al G20 le ripercussioni della crisi finanziaria sui Paesi poveri ed emergenti

    ◊   C’è bisogno del rifinanziamento del Fondo Monetario Internazionale, ma bisogna anche agire sul mercato del lavoro, in un momento in cui la forbice di reddito tra ricchi e poveri aumenta in 14 su 18 Paesi del G20, registrando le peggiori performance in Russia, Cina, Giappone e Sudafrica. E’ quanto emerso durante l’incontro dei vice-ministri finanziari del G20, riuniti da ieri in Messico. Dati allarmanti, che evidenzano quanto la crisi vada ad influire soprattutto sulle fasce più deboli della popolazione e sui Paesi più poveri. Ma questa crisi, che tutti analizzano dal punto di vista europeo, che ripercussioni ha, nella quotidianità, sui Paesi del terzo mondo e quelli in via di sviluppo? Salvatore Sabatino ne ha parlato con Sergio Marelli, segretario generale di Focsiv, la Federazione delle organizzazioni cristiane di volontariato:

    R. – Le ripercussioni - se è possibile - sono ancora più gravi rispetto a quelle che anche noi qui in Italia abbiamo dovuto subire in questi anni, e questo per due fattori concomitanti: il primo è che la crisi ha drasticamente ridotto gli aiuti alla cooperazione internazionale e quindi ai Paesi poveri; e il secondo perché il rallentamento dei mercati internazionali ha anche un impatto su questi Paesi, in particolare per quanto attiene al settore e al comparto agricolo.

    D. – Quando si allarga la forbice tra ricchi e poveri in qualsiasi Paese si va ad agire su un terreno di iniquità e questo vale anche di più nei Paesi poveri: cosa fare concretamente per ridurre questa forchetta?

    R. – L’iniquità dei Paesi poveri è una cosa che viene da lontano: lo sfruttamento dell’epoca coloniale, che poi non si è mai di fatto interrotto, ha allargato la forchetta tra ricchezza e povertà nel mondo. Penso che per ridare una chance, un’opportunità a questi Paesi di rientrare nei circuiti virtuosi dell’economia, bisogna tornare soprattutto ad investire sull’agricoltura su larga scala, in particolare con politiche che sostengano le piccole aziende produttrici su scala familiare.

    D. – Durante il Vertice messicano è emersa, inoltre, la necessità di agire anche sul fronte dell’occupazione come chiave di volta per sbloccare il trend della crisi. Quanto è importante il lavoro in questi Paesi?

    R. – In generale le percentuali di disoccupazione dei Paesi del Sud del mondo e in particolare nell’Africa sub-sahariana sono delle percentuali a due cifre: quindi sicuramente c’è un problema di occupazione, in modo particolare per delle società che hanno più del 50 per cento della popolazione in fasce giovanili; questo fa facilmente comprendere come la questione occupazionale sia, forse, una delle più urgenti per fare riprendere l’economia di questi Paesi. Non è un caso che l’Organizzazione internazionale del lavoro da tempo suggerisce, anzi richiede, che le politiche di questi Paesi siano orientate ai cosiddetti progetti ad alta occupazione, ad alta manodopera.

    D. – Ma i Paesi emergenti, con la loro forza di riscatto, possono diventare in una situazione di crisi globale, come quella che stiamo vivendo noi, i protagonisti della ripresa?

    R. – Intanto, in parte, lo stanno già diventando e non solo per quello che succede, per esempio, con la Cina e cioè con la capacità di penetrazione di questa grande nazione sui mercati internazionali, ma – forse è meno conosciuto – perché la ricapitalizzazione del Fondo Monetario Internazionale oggi si fa anche con l’apporto di questi Paesi. Non sono più solamente i Paesi ricchi a capitalizzare il fondo, ma sono anche Paesi come il Brasile, il Sudafrica, l’India, la Cina, la Russia, etc. E’ chiaro che a fronte di questo e anche per aumentare il loro potere – diciamo così - sullo scenario internazionale richiedono giustamente che le regole della governance di questi organismi internazionali sia rivista verso una amplificazione, un allargamento del loro potere, in particolare nei percorsi decisionali e nelle prese di voto, rispetto a quanto stabilito fino a ieri.

    D. – I Paesi più poveri possono trovare delle alternative anche al loro interno per uscire dalla crisi: noi, in quello che viene definito l’Occidente, siamo un po' più ingessati da questo punto di vista…

    R. – Sicuramente c’è un grande fermento, c’è una grande vitalità spesso non conosciuta e poco manifesta in questi Paesi, che se fosse gestita con una migliore governance, con dei governi più attenti anche maggiormente al servizio del bene delle loro nazioni e delle loro popolazioni, potrebbero sicuramente rappresentare un motore per la ripresa, per la crescita di questi Paesi, un motore per le loro economie. Pensiamo sempre, ad esempio, alla questione della emersione del lavoro informale: la maggior parte di queste società e quindi delle loro economie si basa grandemente su dei lavori che sono oggi informali e che potrebbero essere recuperati, valorizzati e fatti emergere con delle politiche di incentivi proposte dai loro governi. (mg)

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    Afghanistan. Uccisi 4 soldati francesi. Sarkozy pensa al ritiro delle truppe

    ◊   Afghanistan. La Francia ha sospeso tutte le operazioni di addestramento dell’esercito di Kabul e valuta il ritiro anticipato del proprio contingente. Lo ha detto il presidente Sarkozy dopo l’uccisione, ieri, di quattro militari francesi da parte di un soldato afghano nella provincia di Kapisa. Di “incidente tragico, ma isolato” parla la Nato. Cordoglio dal presidente afghano Karzai. Solo il 29 dicembre scorso in un episodio analogo erano morti due legionari francesi. Il ministro francese Juppé ha chiesto "garanzie credibili" sulle procedure di reclutamento nell'esercito afghano. Su quanto accaduto Paolo Ondarza ha intervistato Luca La Bella, responsabile Asia del CeSI, il Centro Studi Internazionali:

    R. - Dobbiamo valutare tutto ciò che avviene in Afghanistan, visto il breve lasso di tempo che intercorre tra l’evento e la reazione in Europa, come una reazione a caldo, alla luce anche del fatto che Sarkozy è in piena campagna elettorale. Vedremo cosa faranno le truppe francesi che, anche se sono un operatore minore all’interno della missione della Nato in Afghanistan, hanno un’importante funzione di controllo delle vie di accesso alla capitale Kabul dal confine pakistano.

    D. - Colpisce il fatto che i quattro militari francesi non sono stati uccisi in un attentato, ma appunto, da un soldato dell’esercito afghano…

    R. - In un Paese come l’Afghanistan, dove non ci sono registri, dove non ci sono anagrafi, è molto facile per l’insurrezione far reclutare nell’esercito persone che diventano delle “cellule dormienti”, che possono essere attivate in qualsiasi momento.

    D. - Questo fatto mette in luce anche la persistente instabilità nel Paese…

    R. - Certamente. Ci troviamo ad un crocevia: la Nato e l’Occidente hanno capito che bisogna iniziare a pensare ad un ritiro e bisogna tentare di farlo nella maniera più responsabile possibile, cercando di arrivare ad un compromesso politico con l’insurrezione. Sappiamo quanto questo sia difficile, proprio perché l’insurrezione non è una realtà monolitica, ma ha al suo interno molte anime. Se questo possa avvenire in tempi relativamente brevi, in modo da salvaguardare i progressi fatti negli ultimi dieci anni dal punto di vista della sanità e dell’accesso all’istruzione, è veramente molto difficile dirlo.(bi)

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    Nigeria. L’arcivescovo di Abuja denuncia le minacce contro i cristiani e chiede la protezione dello Stato

    ◊   In Nigeria, l’arcivescovo di Abuja mons. Olorunfemi Onayekan denuncia minacce contro i cristiani. In un messaggio pastorale, il presule invita i fedeli ad avere fiducia nella salvezza di Dio e li esorta a non rimanere con le mani in mano, ma a essere vigili e attenti alla sicurezza in ogni luogo. L’arcivescovo chiede inoltre la protezione dello Stato, soprattutto nei luoghi di culto. Nel Paese, intanto, continuano gli scontri nonostante la sospensione dello sciopero generale, che aveva paralizzato per cinque giorni la nazione. A Lagos, nel sud, la polizia ha lanciato lacrimogeni per disperdere una manifestazione di 250 persone circa che protestava contro la decisione del governo di non far rientrare subito i militari nelle caserme, dopo il dispiegamento dei soldati nei giorni scorsi, sempre a causa dello sciopero. Francesca Sabatinelli ha intervistato il nunzio apostolico in Nigeria, mons. Augustine Kasujja:

    R. – C’è il malcontento di molta gente. Nonostante il fatto che i sindacalisti si siano messi d’accordo con il presidente della Repubblica sulla riduzione del costo della benzina, alcuni benzinai non hanno ancora aperto o sono ancora rimasti al prezzo vecchio. Quindi, il governo ha chiesto alla sicurezza di verificare chi ancora non si sia messo in regola rispetto alla decisione, presa recentemente, di vendere la benzina al prezzo raccomandato dal governo, cioè di 97 naira. Si sa che il presidente aveva preso la decisione di abolire i sussidi sui prodotti petroliferi per lottare contro la corruzione.

    D. – Quindi, a questo punto si tratta di esercitare, da parte del governo, un controllo ancor più serrato, rigoroso...

    R. – Attualmente, la grande somma del sussidio confluisce nelle mani dei commercianti, di coloro che importano il petrolio, e non soltanto nelle loro. Gran parte di questo sussidio non andava al bene della popolazione, ma finiva nelle tasche di un piccolo gruppo di persone. Non si deve poi dimenticare che c’è il problema del terrorismo di Boko Haram, che facilmente può sfruttare questa confusione per avanzare. Tutti i vescovi, anche il presidente della Conferenza episcopale, ora richiamano al dialogo.

    D. – L’arcivescovo di Abuja, mons. Onaiyekan, ha denunciato l’invio di sms che stanno creando panico tra la comunità cristiana, perché annunciano futuri massacri da parte dei musulmani. Questo è molto destabilizzante per il Paese …

    R. – Questa faccenda del passaggio di messaggi, di sms, crea veramente grande nervosismo nel popolo, e paura. Per quanto riguarda l’allarme, sono veri in alcune zone ma in altre no: sono solo per creare nervosismo e paura e per fare allontanare la gente.

    D. – Vuole dire che all’origine di questi messaggi c’è la volontà di far spostare le persone da un luogo all’altro?

    R. – Esattamente. Affinché i cristiani del Sud tornino nel Sud e quelli del Nord tornino nel Nord. Molti governatori comunicano alla gente: “Non preoccupatevi, c’è sicurezza sufficiente e non c’è bisogno di andarsene da una parte all’altra”. E’ pazzesco, perché c’è molta gente che è originaria del Nord ma ha sempre vissuto nel Sud: come si può dire di tornare al “proprio” Paese?

    D. – Secondo lei, chi c’è all’origine di questi sms?

    R. – Tutto questo riporta a Boko Haram, gruppo che sta cercando una grande popolarità. Credo che ogni volta che attaccano le comunità cristiane pensano di avere ottenuto quello che volevano: la popolarità. Però, sia il responsabile del governo centrale, sia i governatori, sia anche al Chiesa, tutti stanno confermando alla gente che dobbiamo vivere in un solo Paese, cercare la riconciliazione, cercare di evitare i messaggi che incitano al conflitto tra musulmani e cristiani.

    D. – Ciò che è importante ribadire è che non è in atto una guerra tra cristiani e musulmani…

    R. – No, perché questo non è vero. Non è una guerra tra cristiani e musulmani. Questo gruppo sta sfruttando questo concetto, perché gli torna utile per farsi pubblicità. Per il popolo nigeriano, musulmani e cristiani non stanno in guerra. Anzi! Recentemente al Nord, a Sokoto stesso, che è uno Stato musulmano, le domeniche gruppi di giovani musulmani e cristiani si sono messi a proteggere una chiesa, affinché nessuno portasse la violenza in quel luogo. Poi, anche nei pressi di Abuja, gruppi di musulmani e cristiani si sono posti a tutela di una moschea. Se c’è la pace, se c’è la concordia, può esserci anche lo sviluppo del Paese. L’arcivescovo Onaiyekan ha sempre chiesto al popolo di continuare a pregare un’antica preghiera, la “Prayer for Nigeria in Distress”, affinché possiamo vivere in concordia. (gf)

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    Le liberalizzazioni all'esame del governo

    ◊   E' in corso da questa mattina il Consiglio dei ministri, che dovrebbe dare il via libera al pacchetto liberalizzazioni. Per alcune associazioni di consumatori, si tratta di un decreto che vale 465 euro di risparmi a famiglia nel 2012, contro i 900 euro stimati sulla base delle prime indiscrezioni. Un provvedimento "a 360 gradi" che riguarderà numerose categorie e settori: dalle Rc auto ai taxi, dalle banche ai mutui, dalle liberalizzazioni degli orari delle farmacie all'ampliamento della platea dei notai, all'abrogazione delle tariffe professionali. Quanto ai taxi, il governo valuta le proposte di modifica presentate dai sindacati delle "auto bianche", che tutt’ora sono accampati al Circo Massimo e che minacciano di bloccare le città se non saranno accolte le loro richieste. Vista la complessità dell’intervento non è escluso che l'approvazione possa richiedere più tempo della giornata odierna e che possa essere convocato un altro consiglio dei ministri, presumibilmente domenica, visto che il premier, Mario Monti, domani sarà in Libia. Sul tavolo di Palazzo Chigi, anche il decreto sulla semplificazione normativa e la questione delle rotte a rischio dopo la tragedia del Giglio. (A cura di Alessandro Guarasci)

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    Problemi e opportunità dei migranti asiatici in Europa: concluso a Manila il viaggio di Caritas-Migrantes

    ◊   Si conclude oggi il quarto viaggio intercontinentale di studio del Dossier Statistico Immigrazione Caritas-Migrantes, dedicato quest’anno al tema “Asia-Italia: scenari migratori”. Fausta Speranza ha raggiunto telefonicamente a Manila mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma, per parlare in particolare della realtà della comunità dei filippini:

    R. – Siamo andati in un Paese, che si chiama Lemery ed abbiamo visto ed incontrato gli emigranti che sono ritornati dall’Italia. Abbiamo visto come, con le rimesse, sono riusciti a creare un Paese nuovo, dove i bambini vanno a scuola in classi nuove. C’è una situazione di novità per quanto riguarda questi ambienti.

    D. – Lei è direttore della Caritas diocesana di Roma: che cosa l’ha colpita di queste comunità che lei segue da vicino qui a Roma?

    R. – La prima cosa che mi ha colpito è un’espressione che ho sentito dagli emigranti di ritorno: parlano di famiglia transazionale. Significa che magari hanno un fratello in Canada, un altro in Europa, e magari anche i genitori si trovano nei Paesi europei. Abbiamo incontrato ad esempio dei ragazzi che avevano i loro genitori in Italia. Un ragazzo di 17 anni ci raccontava che erano ben quattro anni che non vedeva i suoi genitori e che loro avrebbero voluto che lui andasse in Italia, ma lui non se la sentiva di lasciare il suo ambiente ed i suoi amici. C’è quindi questa realtà di famiglie spezzate e dilaniate. Questa mattina siamo andati a parlare con l’arcivescovo di Manila, ed abbiamo incontrato anche il vescovo ausiliare, che è poi il direttore della Caritas nazionale delle Filippine. Entrambi hanno convenuto con noi che l’unità della famiglia, divisa per via delle migrazioni, è uno dei problemi più grandi. Ci dicevamo soprattutto che la pastorale della Chiesa, l’intento della Chiesa delle Filippine – che dev’essere poi anche il nostro intento ed impegno come città di Roma – è quello di aiutare le persone a non far acquisire una mentalità consumistica, che può andare a turbare il patrimonio culturale e religioso di questo popolo. Patrimonio che, lo abbiamo visto, è molto ricco. Così la celebrazione dell’Eucaristia, che vede anche una presenza molto forte e massiccia di giovani e che esprime una dimensione religiosa davvero molto forte, dev’essere un patrimonio che va strenuamente difeso. Questo, ovviamente, dipende anche dalla situazione della nostra città. Noi, come diocesi di Roma, dovremmo aiutare queste persone a migliorare la propria condizione economica ma anche a non fargli perdere quei beni e quelle ricchezze spirituali che possiedono. (vv)

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    Giubileo della canonizzazione di San Vincenzo Pallotti: intervista con padre Nampudakam

    ◊   La Società dell’Apostolato Cattolico è in festa: oggi ricorre il 50.mo anniversario della canonizzazione del suo fondatore, San Vincenzo Pallotti, avvenuta il 20 gennaio 1963, durante il Concilio Vaticano II. Per l’occasione, si è aperto ieri pomeriggio a Roma un Triduo di celebrazioni che poi dureranno fino al 2013. Il tema dell’Anno Giubilare è: “Fate risplendere la santità di Dio”. Isabella Piro ne ha parlato con padre Jacob Nampudakam, rettore generale dei Padri pallottini:

    R. – Questo è un tema molto importante. Sappiamo che Dio è Santo e tutti noi siamo chiamati a essere Santi. Ciò di cui oggi abbiamo bisogno è proprio la santità di vita, la testimonianza della vita di santità. Per questo, è stato scelto questo tema: per ricordiamo che siamo tutti chiamati ad essere Santi.

    D. – Le celebrazioni dureranno un anno intero, fino al 20 gennaio 2013. Quali saranno i momenti più importanti di questo anniversario?

    R. – Dobbiamo cercare di vivere questo Giubileo ogni giorno. Ad esempio, vogliamo celebrare il 22 di ogni mese, il giorno della festa di Pallotti. Abbiamo anche una novena per San Vincenzo Pallotti, molte conferenze ed anche un pellegrinaggio. Cerchiamo di vivere ogni giorno in questo modo, con questo spirito del Giubileo.

    D. – Quale fu il carisma di San Vincenzo Pallotti e cosa ci insegna, oggi?

    R. – Il suo messaggio fondamentale è che tutti siamo apostoli di Gesù Cristo. Seguendo Gesù, apostolo del Padre, tutti siamo chiamati a partecipare alla missione della Chiesa, tutti abbiamo la stessa responsabilità. Così cerchiamo di creare una Chiesa di comunione, come ha voluto anche il Concilio Vaticano II, dando anche una spinta ai laici, partecipando alla missione della Chiesa con una certa responsabilità.

    D. – Ricordiamo che, nel 2012, ricorre non solo il 50.mo anniversario della canonizzazione di San Vincenzo Pallotti, ma anche il 50.mo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. E San Vincenzo Pallotti fu canonizzato proprio durante il Concilio Vaticano II. Si tratta di una coincidenza importante…

    R. – Sicuramente, è un segnale particolare e molto importante, e noi Pallottini siamo davvero molto contenti di questa coincidenza. Sappiamo che, anche prima del Concilio, San Vincenzo aveva creduto nella Chiesa di comunione e ne aveva ampiamente parlato. Oggi, dopo il Concilio Vaticano II, questa è una realtà nella Chiesa, ma a suo tempo fu una visione profetica. Quindi noi abbiamo un messaggio molto importante da dare oggi, specialmente quando si parla della nuova evangelizzazione: ciò che voleva Pallotti era ravvivare la fede in favore della carità. E questo è anche lo scopo della nuova evangelizzazione. Per questo noi, come Pallottini, stiamo seguendo questa linea.

    D. – La Società dell’Apostolato cattolico in che modo oggi porta avanti gli insegnamenti del suo fondatore?

    R. – Lavoriamo in 43 Paesi del mondo. Tutti noi possiamo essere apostoli e possiamo fare qualsiasi lavoro pastorale se abbiamo la giusta motivazione, ossia la gloria di Dio e la salvezza delle nostre anime, come anche di quelle future. Lavoriamo nelle parrocchie, nelle scuole, negli ospedali, nelle varie missioni... Ma quello che è davvero importante è lo spirito con cui facciamo questo lavoro, lo spirito di collaborazione, per aiutare ogni persona a essere un vero apostolo di Gesù Cristo.

    D. – Qual è, quindi, il suo augurio per questo Anno giubilare?

    R. – Data la mia esperienza, avendo visitato tanti Paesi nel mondo, sono sempre convinto di questo: abbiamo bisogno di Dio e di ritornare al Vangelo, a Gesù Cristo. Facciamo tanti progetti e tanti lavori, ma la domanda essenziale è: fino a che punto Dio è al centro di tutto questo? Spero quindi che questo Giubileo porti veramente un rinnovamento spirituale nella nostra vita personale, come pure nella nostra comunità. Così possiamo contribuire, in qualche modo, alla nuova evangelizzazione ed alle missioni in tutto il mondo. (vv)

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    Le grandi omelie pasquali di Benedetto XVI in un convegno a San Giovanni in Laterano

    ◊   “L’uomo nuovo: mito o realtà?” è stato il tema del primo incontro dedicato alle grande omelie pasquali di Benedetto XVI, organizzato dall’Ufficio della pastorale universitaria del Vicariato di Roma. Il convegno, che si è svolto ieri sera a Roma, ha visto la partecipazioni di autorità del mondo civile ed ecclesiastico. Il servizio è di Michele Raviart:

    “Sono risorto e sono sempre con te”. Dalle parole iniziali della liturgia pasquale, le parole rivolte dal Cristo al Padre dopo la Risurrezione, scaturisce la riflessione del Santo Padre nell’omelia della veglia pasquale del 2007, una delle “più intense” di Benedetto XVI, secondo mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense:

    “I nuclei dell’omelia sono due. Il primo è quest’evocazione del viaggio del Cristo, nel quale deve incorporarsi il credente. Un discendere con lui fino agli inferi per ascendere poi alla vita nuova, alla liberazione dal male e dalla morte. L’altro nucleo sono le mani”.

    Le mani di Dio, che ci accompagneranno sempre in questo viaggio e che non ci lasciano mai cadere. Alberto Siracusano, professore di Psichiatria all’Univesità di Tor Vergata:

    “Le mani sono un aspetto metaforico fondamentale. Tutta la nostra vita può essere rappresentata in una mano. La mano del Signore è quella che, come dice l’omelia, crea e ricrea l’essere umano”.

    Una vita nuova che si ricrea tramite il Battesimo, nel quale ci doniamo a Cristo, entriamo a far parte di Lui e con Lui “abbiamo già fatto il viaggio cosmico fin nelle profondità della morte”. La morte non è più un confine e l’uomo, rinato, diviene reale. Ancora mons. Dal Covolo.

    “L’uomo nuovo è l’uomo battezzato, che é incorporato a Cristo per la forza del Battesimo. L’uomo nuovo è quindi una realtà, nel senso che il Sacramento non è un segno apparente: è un segno che incide nella realtà, trasforma veramente l’uomo. E quindi quello battezzato è un uomo nuovo”.

    Una realtà che solo l’amore di Dio può illuminare, come Cristo aveva illuminato le tenebre delle porte della morte. “Discendi anche nelle notti e negli inferi di questo nostro tempo moderno e prendi per mano coloro che aspettano”, invoca Benedetto XVI, e “dimostra anche oggi che l’amore è più forte dell’odio”.

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    Nei cinema "E ora dove andiamo?": l'ironia delle donne libanesi che disarma la violenza degli uomini

    ◊   Tra commedia e tragedia, la libanese Nadine Labaki ha girato un film in cui protagoniste sono un gruppo di donne cristiane e musulmane, che in un villaggio tentano con ogni mezzo di salvare la pace nella loro comunità. “E ora dove andiamo?” – questo il film da oggi nelle sale italiane dopo il grande successo in Libano - con ironia e leggerezza denuncia la follia della guerra e dell’intolleranza religiosa. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Rachele, come aveva predetto Geremia, piange in Rama per i suoi figli, che non sono più. Le madri del Libano, nella storia, ancora oggi piangono per i loro, trucidati da una guerra folle. Sono coraggiose e determinate. "E ora dove andiamo?" della libanese Nadine Labaki nasce da questo dolore. Tutto si svolge in un villaggio sperduto nelle montagne, in un'epoca e un luogo imprecisati, ove un gruppo di donne cristiane e musulmane uniscono le loro forze e la loro furbizia per fermare il germe dell'odio e della guerra che serpeggia tra i loro uomini. Senza alla fine sapere esattamente dove porteranno le loro azioni. Abbiamo chiesto a Nadine Labaki se pensa che le donne possano meglio degli uomini essere operatrici di pace:

    R. - Yes I do belive that women can go beyond conflict…
    Certo, io credo che le donne possano andare oltre un conflitto. Penso che le donne abbiano molto da perdere. Vede, noi siamo quelle che danno la vita, noi siamo quelle che abbiamo paura di vedere gli esseri umani cui abbiamo dato la vita esserci portati via o morire per colpa della guerra. E io ho visto donne in Libano, proprio perché vivo in un posto dove ci sono state molte guerre, che hanno vestito di nero fino a oggi, vent’anni dopo la guerra sono ancora in lutto. Io le ammiro e mi domando come possano essere sopravvissute, come possano svegliarsi alla mattina e mettersi i loro vestiti e andare avanti.

    D. - Lei ha iniziato a scrivere il film in un momento particolare della sua vita…

    R. - Because at that time I was pregnant….
    Perché in quel momento ero incinta, quando ho scritto questo film. C’erano anche molti eventi politici in Libano che portavano la gente a imbracciare di nuovo le armi, gli uni contro gli altri, e pensavo a questo bambino che sarebbe nato e mi preoccupavo di quale sarebbe stato questo mondo in cui sarebbe cresciuto, avrebbe anche lui un giorno preso un’arma, sarebbe andato in strada per uccidere qualcuno, come gli altri stavano facendo? Così tutta la storia inizia con quella di una madre che avrebbe fatto tutto quello che poteva per impedire al figlio di prendere un’arma e poi si è sviluppata nella storia di un intero villaggio, dove le donne avrebbero fatto qualsiasi cosa in loro potere per impedire la guerra.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Sudan: per i sacerdoti rapiti si negozia il rilascio con una milizia del sud

    ◊   Sono ostaggio di un gruppo armato in lotta contro il governo di Juba, in una cittadina al confine tra i due Sudan, i due sacerdoti sequestrati domenica: lo dice all'agenzia Misna mons. Daniel Adwok Kur, vescovo ausiliare di Khartoum, coinvolto in un difficile negoziato per il loro rilascio. Secondo monsignor Adwok, padre Joseph Makwey e padre Sylvester Mogga si trovano a Kweik, una cittadina in una zona contesa tra Sudan e Sud Sudan oggi sotto il controllo dell’esercito di Khartoum. “I rapitori – racconta il vescovo – hanno permesso a padre Joseph di chiamarmi mercoledì sera, chiedendo un riscatto che la Chiesa sudanese non è in grado di pagare. I rapitori hanno chiesto infatti 500.000 sterline sudanesi". Mons. Adwok dice che a rapire i sacerdoti nella loro parrocchia della cittadina di Rabak è stato un gruppo armato di etnia shilluk, probabilmente diviso al suo interno sia sull’opportunità di effettuare il sequestro che sulle modalità di gestione di una trattativa. All’origine del rapimento ci sarebbe invece il sospetto che padre Joseph, originario del Sud Sudan come l’altro sacerdote, avesse legami con gli ex ribelli ora al governo nello Stato meridionale divenuto indipendente da Khartoum nel luglio scorso. Il sequestro dei religiosi si colloca nel contesto delle forti tensioni tra i due Sudan, eredità di un conflitto civile ultraventennale. Nelle ultime settimane a Khartoum avevano denunciato diversi sequestri di giovani sud-sudanesi da parte di milizie irregolari in lotta contro gli ex ribelli di Juba. Secondo monsignor Adwok, finora erano stati presi di mira per lo più studenti universitari e non uomini di Chiesa. “Nel territorio sotto il loro controllo – aggiunge il vescovo – le autorità di Khartoum dovrebbero garantire la sicurezza di tutti”. (R.P.)

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    Cooperanti rapiti in Pakistan, si attende la richiesta di un riscatto

    ◊   Resta alta la preoccupazione per la sorte dei due cooperanti rapiti nel Punjab pakistano. L'italiano Giovanni Lo Porto e l'olandese Bernd Johannes che operavano nella regione per l'Ong Welt Hunger Hilfe lavoravano ad un progetto di ricostruzione dopo le inondazioni disastrose dell'anno scorso. I due occidentali sarebbero stati prelevati dagli uffici dell'Organizzazione non governativa tedesca da un commando di quattro uomini armati. Il ministero degli esteri italiano ha reso noto di aver attivato tutti i canali utili per seguire da vicino la vicenda e di voler procedere nel riserbo più completo. La polizia pakistana intanto ha posto sotto controllo la zona del distretto di Multan, nella provincia del Khyber Pakhtunkhwa, dove operano diversi gruppi armati anti-governativi. Tra le ipotesi principali si fa sempre più strada quella del sequestro a scopo di estorsione. Come confermato infatti da un alto ufficiale delle guardie di frontiera pakistane gli episodi di rapimento sono cresciuti ad un livello allarmante e sono divenuti fonte di finanziamento abituale per i gruppi militanti talebani o balouchi. Parlando all'agenzia Fides il vescovo di Multan mons. Andrew Francis ha affermato di stare “in stretto contatto con il governo e con la polizia. Abbiamo attivato tutti i contatti della nostra Commissione locale Giustizia e Pace, speriamo di avere notizie positive sui due cooperanti rapiti entro un giorno o due. Ci appelliamo ai rapitori per la loro liberazione: sono persone - ha detto il presule - che stanno lavorando per il bene dei più poveri. Preghiamo per la loro salvezza e li affidiamo alla Provvidenza di Dio”. (S.L)

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    La Lega Araba valuterà domenica il rapporto degli osservatori in Siria

    ◊   In Siria molti manifestanti sono scesi in piazza per un nuovo venerdì di proteste. Secondo gli attivisti delle Commissioni Locali di Coordinamento, sette persone sono state uccise dalle forze di sicurezza: sei a Idlib, nel nordovest, e una a Deraa, nel sud. Conclusa la missione in Siria degli osservatori della Lega Araba, i ministri degli esteri dell'organizzazione valuteranno domenica eventuali iniziative per porre fine alla crisi siriana. Si è conclusa nel sangue anche la giornata di ieri per i dissidenti siriani. Secondo bilanci non ufficiali diffusi dai fuoriusciti sarebbero almeno 26 le vittime civili nelle città di Idlib , Hama , Homs e Deir Ezzor. Una situazione che continua a suscitare allarme nella cancellerie internazionali. La Germania, per voce della Cancelliera Angela Merkel, si è unita al coro di appelli che chiedono al presidente Al Assad di mettere fine alle violenze. Ma la comunità internazionale, così come la Lega Araba, non sembra avere i mezzi necessari a fare pesare le proprie opinioni, con la Russia che continua ad opporsi ad una severa risoluzione contro il regime di Damasco nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. E' di oggi invece la dichiarazione del presidente francese Sarkozy secondo il quale la Francia non rimarrà in silenzio di fronte allo "scandalo" della repressione in Siria, che ha trascinato "l'intero Paese nel caos, agevolando estremisti di ogni tipo". La Francia, tuttavia, secondo il ministro degli esteri Juppé resta contraria all'ipotesi avanzata dal Qatar di un intervento armato panarabo in Siria. (A cura di Stefano Leszczynski)

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    Iraq: i vescovi invocano pace e sicurezza per ricostruire il Paese

    ◊   L’Assemblea dei vescovi cattolici irakeni si è riunita per una due giorni di incontri e discussioni ad Ankawa, un sobborgo del governatorato settentrionale di Erbil, nell’attuale Kurdistan irakeno. Il 17 e il 18 gennaio scorsi i prelati di tutta la nazione hanno affrontato diversi argomenti inerenti la pastorale, con una particolare attenzione all’attuale situazione del Paese, martoriato da una lotta di potere fra sciiti, sunniti e curdi che finisce per colpire anche la minoranza cristiana. A conclusione dell’evento, i vescovi hanno redatto un documento - ripreso dall'agenzia AsiaNews - a firma di mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk e segretario generale dell’Assemblea. Considerando le attuali situazioni di disagio che l’Iraq sta vivendo - si legge nel documento - i vescovi invitano tutti i gruppi alla riconciliazione, all’armonia e a prendere in seria considerazione le domande di ogni fazione e partito, al fine di ristabilire la sicurezza, la stabilità, la democrazia e il pluralismo civico. Il futuro degli irakeni è l’Iraq e per questo l’Assemblea invita al rispetto reciproco per consolidare la coesistenza, respingendo al contempo tutte le forme di violenza e di estremismo. Questa è la nostra terra, la nostra nazione sin dai tempi più remoti; tutti i gruppi etnici e religiosi hanno convissuto in armonia e comprensione reciproca. L’Assemblea auspica inoltre che continuerà, rafforzato, questo cammino di pace, in un clima reso ancora più sicuro dai valori di giustizia e dignità, che possano mettere fine all’emigrazione e incoraggiare quanti hanno abbandonato le loro terre a fare rientro nelle loro case. Il fenomeno migratorio - affermano i vescovi irakeni - ha molte ragioni di base e le molte crisi che si sono susseguite nel Paese, lo hanno incoraggiato. Per questo l’Assemblea invita tutti gli irakeni a resistere nella loro patria e promuovere ogni sforzo atto alla ricostruzione. Infine, l’Assemblea si rivolge al governo federale a Baghdad e al governo della Regione autonoma del Kurdistan, perché si assumano la piena responsabilità nel fornire sicurezza e stabilità a tutti i componenti di quel meraviglioso mosaico chiamato Iraq. (R.P.)

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    Egitto: scomparso materiale nucleare, forse trafugato

    ◊   E' stata aperta un'inchiesta in Egitto sulla scomparsa di materiale radioattivo che sarebbe stato rubato sul sito dove il Paese progetta di costruire la sua prima centrale nucleare. Lo riferisce la stampa governativa egiziana. Secondo l'Agenzia internazionale dell'energia atomica (Aiea), ''gli elementi mancanti sono fonti radioattive di debole potenza. Non sono state rubate in una centrale in attività ma in un laboratorio di una centrale non operativa''.(S.L.)

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    India: nel Kashmir, tribunale islamico chiede l’espulsione di cinque religiosi cristiani

    ◊   Un tribunale islamico in Jammu e Kashmir ha chiesto ieri l’espulsione di cinque religiosi cristiani e il controllo a tappeto delle scuole missionarie cristiane nella regione. Tra le personalità interessate dalla sentenza, vi sono il pastore anglicano CM Khanna e padre Jim Borst, accusati di recente di conversioni forzate e proselitismo. Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), ribadisce: “Questo verdetto è illegale, perché il tribunale islamico non ha alcuna autorità nel nostro Paese. La Corte suprema - riferisce l'agenzia AsiaNews - deve prendere provvedimenti contro i membri di questo organismo shariatico”. Mons. Peter Celestine, vescovo della diocesi di Jammu-Srinagar, afferma: “La Costituzione indiana garantisce libertà religiosa, che include il diritto di diffondere il proprio credo e di convertirsi. Nelle sue scuole, padre Jim Borst ha sempre e solo servito la maggioranza musulmana, educando i giovani. Il missionario non è mai stato coinvolto in conversioni forzate o proselitismo. I nostri istituti cristiani servono lo Stato, non i nostri interessi”. Secondo il presidente del Gcic, “se il sistema giudiziario indiano si sottometterà a questi tribunali islamici, scatenerà la violenza degli estremisti contro la minoranza cristiana”. Per questa ragione, aggiunge, “manderemo una petizione alla Commissione Onu per i Diritti umani, per assicurarci che i cinque religiosi abbiano giustizia”. Per Predhuman Joseph Dhar, un bramino indù convertito al cristianesimo, “il governo indiano ha paura di confrontarsi con la minaccia crescente del terrorismo islamico” e “per il bene del Kashmir non sta facendo nulla”. L’intellettuale, che insieme a padre Borst ha tradotto la Bibbia in kashmiri, sottolinea: “Non tutti i musulmani sono terroristi, molti di loro desiderano vivere in pace. Ma oggi la situazione mondiale ha esacerbato i toni, e chiunque parli di estremismo o terrorismo islamico viene considerato razzista e islamofobo. Per questo, nessuno in Kashmir è disposto a schierarsi contro i soprusi e le aggressioni subite dalla minoranza cristiana e indù”. (R.P.)

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    Ue: al Consiglio dei ministri degli Esteri discusso l'attacco alla libertà religiosa

    ◊   Il problema delle minacce alla libertà religiosa entra nell'agenda del Consiglio dei ministri degli esteri dell'Unione Europea di lunedì prossimo. Il tema è stato aggiunto all’ordine del giorno grazie alla richiesta di Italia e Austria. “Il tema è stato ufficialmente inserito nella riunione di lunedì sotto la voce 'altre questioni’. Italia e Austria vogliono intervenire brevemente e arrivano con posizioni chiare. Ma il punto sarà discusso in modo più approfondito al consiglio informale che si svolgerà a Gymnich, in Germania, il prossimo marzo”, ha riferito una fonte del Consiglio all’agenzia di stampa Adnkronos. Saranno affrontati temi quali i simboli religiosi negli edifici pubblici, l’utilizzo del velo e la dimensione pubblica della fede. (M.P.)

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    L'Ue alla ricerca di un accordo sulle sanzioni petrolifere contro l'Iran

    ◊   I ministri degli Esteri dell'Unione Europea raggiungeranno lunedì un accordo politico sulle sanzioni per i prodotti petroliferi iraniani, ma perchè queste vengano effettivamente applicate servirà più tempo. Da Bruxelles fanno sapere che il tema Iran sarà affrontato "in termini di sanzioni ma anche di volontà di un dialogo politico". Ad allungare i tempi del negoziato tuttavia riguarda la proproga dei contratti petroliferi già in essere e le perplessità della Grecia, in difficoltà perché una quota importante delle sue forniture petrolifere proviene proprio dall'Iran che le concede condizioni vantaggiose accettando pagamenti senza garanzie. Intanto, il presidente francese Sarkozy ha nuovamente messo in guardia dall'ipotesi di un intervento militare contro l'Iran per mettere fine al suo controverso programma nucleare. L'Eliseo infatti teme che uno scenario di questo tipo possa gettare nel caos il Medio Oriente ed avere gravi ripercussioni a livello mondiale.(S.L.)

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    Kazakhstan: confermata la fiducia al governo di Astana

    ◊   Il nuovo parlamento del Kkazakhistan, in cui il partito del presidente Nazarbaiev detiene la maggioranza assoluta dopo le ultime legislative criticate dall'Osce, ha votato la fiducia al governo guidato dal premier Karim Massimov, alla guida dell'esecutivo nell'ex repubblica sovietica dal 2007. Il partito di maggioranza che fa capo al presidente della repubblica ha vinto le legislative con quasi l'81% delle preferenze, ottenendo 83 dei 107 seggi parlamentari. Di fronte alle critiche per la gestione poco trasparente del processo elettorale il presidente ha dichiarato che non saranno più invitati gli osservatori internazionali. E dal 1991 che l'Osce non riconosce alcuna patente di democrazia alle elezioni in Kazakhstan.

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    Bangkok: incontro sul dialogo tra le culture asiatiche

    ◊   Una cinquantina di esperti studiosi di cultura e religioni dell’Asia provenienti da dieci diversi Paesi asiatici e occidentali si sono dati appuntamento in Thailandia per affrontare alcune problematiche urgenti e rispondere ai bisogni della società moderna. Fra le questioni più importanti affrontate dai partecipanti: la violenza, la crisi economica, la corruzione, i conflitti fra culture, i danni all’ambiente, la distruzione di culture e di valori, così come la tematica del buongoverno. L’incontro, promosso per iniziativa di mons. Thomas Menamparampil, responsabile dell’ufficio per l’evangelizzazione in seno alla Federazione delle conferenze dei vescovi asiatici (Fabc), si è tenuto la settimana scorsa presso l’università cattolica dell’Assunta di Bangkok, sul tema: “Dialogo fra culture asiatiche”. L’obiettivo – riferisce L’Osservatore Romano - è stato quello di mettere in evidenza la ricchezza religiosa e culturale delle nazioni, di promuovere atteggiamenti positivi verso le altre tradizioni religiose ed esaltare i loro contenuti di bontà, verità e bellezza, come anche di incoraggiare la collaborazione con altre fedi religiose. Il dialogo fra le comunità religiose a servizio delle comunità civili è anche uno strumento utile per stemperare i conflitti e promuovere la riconciliazione a tutti i livelli. Fra gli altri punti di carattere culturale e religioso trattati: il dialogo fra il pensiero confuciano e la cristianità, tra islam e cristianesimo, tra buddisti e musulmani. Alcuni esperti hanno approfondito i valori intrinseci dell’Asia, i riflessi del taoismo sull’ecologia, la sfida per un’impresa di carattere etico nel contesto cinese e l’etica confuciana nella società moderna. Mons. Menamparampil si è detto soddisfatto dell’incontro. “Con la globalizzazione - ha sottolineato - vi sono possibilità infinite di dialogo fra culture, civiltà e fede, occasioni per ascoltare le idee di ciascuno e imparare dai punti di vista altrui”. Alla domanda se scambi culturali di questo livello possano allentare le tensioni in zone dell’Asia in cui i cristiani, le minoranze etniche e religiose sono vittime di attacchi, il presule indiano ha spiegato che “potrebbero fornire un prezioso contributo, ma va studiata la causa profonda delle tensioni e dei motivi di insoddisfazione”. L’incontro di Bangkok – ha inoltre evidenziato mons. Menamparampil – sarà utile anche per la X Assemblea plenaria della Fabc che si terrà a Ho Chi Minh City, in Vietnam, dal 19 al 25 novembre prossimi per celebrare il 40° anniversario della nascita dell’associazione. Il tema della plenaria sarà “I 40 anni della Fabc: per rispondere alle sfide dell’Asia”. (L.Z.)

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    Hong Kong: la crisi finanziaria nel Messaggio dei leader religiosi per il Capodanno cinese

    ◊   Non abbassare mai la guardia per poter prevenire eventuali difficoltà economiche.I leader delle sei principali religioni di Hong Kong si sono rivolti ai propri concittadini nel Messaggio per il Capodanno cinese, che si celebra il 23 gennaio, invitandoli a contribuire alla costruzione di una società più armoniosa. Nel Messaggio, pubblicato da Kong Ko Bao (il bollettino diocesano in versione cinese ripreso dall'agenzia Fides) i leader della Chiesa cattolica, dei confuciani, dei musulmani, dei protestanti, del daoismo e buddismo, hanno ammonito i propri fedeli che "la sola tecnologia senza una base morale, provoca un effetto negatico. Ma lo spirito religioso aiuta a cementare la saggezza, a distinguere il bene dal male e ad operare per il beneficio dell'intera comunità". (S.L.)

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    Repubblica Dominicana: per i vescovi la crisi nel mondo ha origini umane e morali

    ◊   “La vera origine e la causa delle numerose crisi” che tanto preoccupano l’umanità oggi, è “la moderna crisi umana e morale” che “si è radicata nell'anima nazionale”. È uno dei passaggi chiave della lunga lettera pastorale preparata dai vescovi della Repubblica Dominicana per il 50.mo anniversario della Conferenza episcopale (Ced), fondata nel 1962. Il documento, che sarà presentato ai fedeli questo sabato, in occasione della festa di Nostra Signora di Altagracia, si snoda in 45 paragrafi in cui i presuli offrono un’ampia riflessione storica su cos’è la Ced, richiamando i “fondamenti teologici” della Conferenza episcopale e del suo legame con la Chiesa universale, ripercorrendo le tappe del suo sviluppo e soffermandosi sul suo grande contributo dato alla Chiesa locale e alla Nazione. "Chiunque abbia letto tutti i messaggi annuali che riguardano il giorno dell’Indipendenza Dominicana – si legge al 34° paragrafo – si convincerà che la Conferenza episcopale dominicana ha sempre sentito il dovere di contribuire con la sua missione ad una nazione moralmente sana, più fraterna, giusta ed equa”. E qui parte l’analisi della situazione attuale nel Paese. I presuli si dicono preoccupati perché la crisi morale, a cui attribuiscono la “vera origine” della grande crisi economica e finanziaria, ma anche politica mondiale, “si è radicata nell'anima nazionale”. “Qui – affermano - si trova la causa della violenza generalizzata che ci circonda, della violenza crescente contro le donne e contro la famiglia, della precarietà dei salari e dei servizi di base per tutti, delle dimissioni dal suo compito educativo da parte della famiglia, della scuola e dei mezzi di comunicazione sociale, della mediocrità di molti politici, della corruzione dilagante”. Di fronte a queste piaghe i vescovi dominicani promettono che non faranno mancare “né la [loro] voce sincera, né la [loro] critica e il [loro] incoraggiamento ad un comportamento corretto". La lettera si sofferma quindi sui tanti contributi dati dalla Ced alla Chiesa e alla società dominicana: dai numerosi pronunciamenti e documenti pastorali pubblicati nel corso di questi 50 anni, alle iniziative per mettere in pratica il Documento di Aparecida sulla Missione Continentale, alla partecipazione alla XIV Fiera internazionale del libro a Santo Dominigo nel 2011, alla crescente presenza della Chiesa nei media locali. Il documento conclude con un omaggio ai fondatori della Cep con un rendimento di grazie per i 50 anni di fondazione e un affidamento alla protezione di Nostra Signora di Altagracia. (A cura di Lisa Zengarini)

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    La Chiesa cilena punta sui giovani per formare nuovi leader in grado di orientare la società

    ◊   "Educare alla giustizia, alla pace, all'impegno sociale e politico". Con questo obiettivo la Commissione della Pastorale Sociale dell'Arcidiocesi di Concepcion insieme all'Università cattolica della Santissima Concepcion, ha appena concluso un corso per giovani animatori, incentrato sui valori cristiani. L'iniziativa è stata ideata nell’intento di cercare di ovviare alla mancanza di leader e di giovani formati in grado di orientare la società. Un lavoro che è iniziato con l'organizzazione di diverse tavole rotonde con l'obiettivo di rendere la Chiesa presente nel mondo politico, sociale e dei lavoratori". Padre José Cartes, Coordinatore della Commissione della Pastorale Sociale dell'arcidiocesi di Concepcion, ha accolto la trentina di giovani partecipanti al corso e ha sottolineato che i giovani sono una priorità costante della Chiesa. Perciò quest'anno si svolgerà in tutte le Chiese del Cile la Missione Giovani, in modo che i giovani non solo riescano a rafforzare la loro fede, ma diventino testimoni autentici nelle loro parrocchie, nelle loro scuole e nelle loro università". (S.L.)

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    Don Lorenzelli da presidente Cism a superiore dell’Ispettoria salesiana del Cile

    ◊   Il salesiano don Alberto Lorenzelli, da sei anni Presidente della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (Cism), nonché Superiore Provinciale dell’Ispettoria dell’Italia Centrale, è stato nominato dal Rettore Maggiore dell’Istituto, don Pascual Chávez, Superiore Provinciale dell’Ispettoria salesiana del Cile. Nella riunione del Consiglio Nazionale della Cism, che si è tenuto ieri mattina a Roma, egli ha ringraziato i collaboratori per l’aiuto che gli è stato offerto nel sessennio trascorso, augurando che la Vita Consacrata in Italia continui a testimoniare i valori che contiene. “Visitando le varie regioni - ha egli detto - e a contatto con tanti religiosi, ho potuto constatare che il bene che essi hanno fatto nel passato, sono ancora vivi e vitali. Le opere di carità e di servizio ai poveri da loro promosse sono “Parola di Dio” attuale ed efficace. A questo Vangelo narrato con la vita, tutti i religiosi, indistintamente, prestano cristianamente la mente e il cuore. Di tutto questo non posso che rendere gloria a Dio, soprattutto per il dono che mi ha offerto di poter toccare con mano la grandezza della vocazione che fa, di piccoli e poveri esseri umani, persone capaci di profezia e di testimonianza, di trasparente autenticità e di santità di vita poco conosciuta, ma che nella chiesa sono luce e sale e lievito”. Don Lorenzelli prenderà possesso del nuovo incarico ai primi di marzo. (A cura di padre Edigio Picucci)

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