Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 14/01/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza del Papa al premier italiano Monti: la situazione sociale in Italia e in Europa al centro dell’incontro
  • Inaugurato l'anno giudiziario in Vaticano: la relazione del prof. Picardi
  • Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, l'arcivescovo Vegliò: rafforzare la solidarietà internazionale
  • Chiusa la mostra su Gaudì in Vaticano, il cardinale Bertone: la spiritualità ispirò tutta la sua vita
  • Beati i perseguitati: l’editoriale di padre Lombardi sul discorso del Papa al Corpo diplomatico
  • Altre udienze e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Isola del Giglio: affonda nave da crociera, 3 morti, mancano all'appello 70 persone
  • Standard & Poor's declassa il rating di Francia, Italia, Austria, Spagna e Portogallo
  • I vescovi del Congo: elezioni irregolari, pace a rischio
  • Tunisi festeggia il primo anniversario della caduta di Ben Ali. Mons. Lahham: ora la sfida è rilanciare l'economia
  • Elezioni in Kazakistan: scontata la vittoria del partito del presidente Nazarbayev
  • Le diplomazie di Iran e Turchia sempre più attive nel mondo arabo
  • Il perdono nelle carceri: iniziativa dell'associazione Papa Giovanni XXIII
  • Karol Wojtyla e il Creato: convegno dell'associazione Greenaccord
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Iraq: oltre 50 morti in un attentato kamikaze contro i pellegrini sciiti
  • Popolazione asiatica alterata dal drammatico fenomeno degli aborti selettivi femminili
  • Sdegno a Roma: divelte le pietre d’inciampo in ricordo delle vittime dell’Olocausto
  • Il Guardian: mistificazioni giornalistiche sul discorso di Benedetto XVI al Corpo diplomatico
  • Ordine equestre del Santo Sepolcro: Messa in suffragio del cardinale Foley
  • Corea del Sud: settimana per l'Unità dei cristiani
  • Francia: la Chiesa locale dedica il 2012 alla vita consacrata
  • In Messico aperta una nuova mensa universale: la Casa de la Cristiandad
  • L’impegno del Parlamento europeo contro gli sprechi alimentari
  • Bangladesh: prosegue con successo la campagna di vaccinazione anti-polio
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza del Papa al premier italiano Monti: la situazione sociale in Italia e in Europa al centro dell’incontro

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, stamani, in Vaticano il presidente del Consiglio italiano, Mario Monti con la consorte e il seguito. Al centro dell’incontro, informa una nota della Sala Stampa vaticana, la situazione sociale italiana e europea. Il Papa e il premier italiano si sono inoltre soffermati sulla tutela delle minoranze religiose. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Grazie di questo privilegio e onore”: sono le prime parole di Mario Monti nell’incontrare Benedetto XVI che, a sua volta, ha ringraziato il premier italiano per la visita. Prima che le porte della Sala della Biblioteca si chiudessero, si sono potute ascoltare alcune parole. Parlando della crisi economica, Monti ha detto che “è importante dare un segno di determinazione”. “Questo è importante”, ha convenuto il Papa che ha anche detto "coraggio" al premier. Nel corso dei colloqui, informa una nota della Sala Stampa vaticana, “sono stati affrontati temi che riguardano la situazione sociale italiana e il relativo impegno del governo, nonché il contributo della Chiesa cattolica alla vita del Paese”. Il Papa e il premier hanno inoltre parlato di alcuni “aspetti dell’attuale quadro internazionale, dall’Europa alla situazione nell’area mediterranea meridionale”. Infine, ci si è “soffermati sulla tutela delle minoranze religiose, soprattutto cristiane, in alcune aree del mondo”. Le due parti, conclude la nota, “hanno confermato la volontà di continuare la costruttiva collaborazione a livello bilaterale e nel contesto della comunità internazionale”.

    Mario Monti era giunto in Vaticano poco prima delle 11, accompagnato dalla moglie e da un seguito di 11 persone, tra cui il ministro degli Esteri, Giuliomaria Terzi di Sant’Agata. Al termine del colloquio con il Papa, durato circa 25 minuti, è avvenuto il tradizionale scambio di doni. Il premier ha fatto omaggio al Pontefice della riproduzione di un libro di mappe e carte nautiche e di un suo libro del 1992, “Il governo dell’economia e della moneta”. Da parte sua, il Papa ha contraccambiato donando al premier una preziosa penna e una stampa del ‘500 che raffigura la Basilica di San Pietro in costruzione. Quindi, il premier italiano si è incontrato con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, accompagnato da mons. Ettore Balestrero, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati. Si tratta del primo incontro ufficiale tra il Papa e il premier, che si erano però già incontrati lo scorso 18 novembre, all’aeroporto di Fiumicino, quando Monti aveva salutato il Pontefice in partenza per il Benin. Del resto, non è la prima visita in Vaticano di Monti, da quando ha assunto l’incarico di presidente del Consiglio, lo scorso 16 novembre. Il primo gennaio, infatti, l’ex presidente della Bocconi si era recato in visita con la famiglia alla Basilica Vaticana e in particolare alla Tomba di Giovanni Paolo II. Mario Monti è il terzo premier italiano che Benedetto XVI incontra ufficialmente in Vaticano: nel 2006 aveva ricevuto Romano Prodi e nel 2008 Silvio Berlusconi.

    inizio pagina

    Inaugurato l'anno giudiziario in Vaticano: la relazione del prof. Picardi

    ◊   E’ stato inaugurato questa mattina l’anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, che ha presieduto la Santa Messa di apertura presso la Cappella del Palazzo del Governatorato, ha ribadito come il compito della Chiesa di proclamare e difendere in ogni luogo e tempo i diritti e i doveri, la impegni ad essere esemplare anche e soprattutto nel campo della giustizia. Presente, tra le altre autorità, anche il Guardasigilli italiano Paola Severino. A seguire, la relazione del promotore di giustizia vaticano, l’avvocato Nicola Picardi. Il servizio di Cecilia Seppia:

    “Un apparato sufficientemente equilibrato ed efficiente”, piuttosto “agile ed armonico” che come confermano i dati, presenta ancora una buona produttività ma le sfide per il futuro non mancano. Così in sintesi l’avvocato Picardi descrive il sistema giudiziario vaticano passando in rassegna gli ultimi 12 mesi di attività di tribunali ed uffici. Nel 2011 in particolare la giustizia vaticana è stata in grado di smaltire un numero di procedimenti superiore a quelli sopravvenuti, con una durata media che scende da 36 a 18,8 giorni, per i processi penali, mettendo a segno tempi nettamente inferiori a quelli registrati di solito in Italia. L’arretrato nel civile resta piuttosto contenuto e i 29 procedimenti attualmente in pendenza sono relativi- ha spiegato il prof. Picardi- a giudizi collegiali più impegnativi. Record nel penale che dai 281 processi in pendenza dello scorso anno, passa a soli 4 ancora da chiudere. Un nodo della relazione ha riguardato poi la consueta sproporzione tra il totale dei processi 640 civili, 226 penali e l’esiguo numero di abitanti residenti in Vaticano, 492 in tutto, tolti i diplomatici e membri delle Rappresentanze Pontificie.

    Ad influire su queste cifre, ovviamente i 18 milioni di pellegrini e turisti che transitano ogni anno nella Basilica di San Pietro o nei Musei Vaticani e ai quali va imputato il 99 per cento del contenzioso. Preoccupazioni ed ombre restano invece per l’applicazione della nuova normativa sul pubblico impiego e la revisione del diritto penale vaticano in materia economica e finanziaria. Al primo si può ovviare rendendo obbligatorio il ricorso all’Ulsa, l’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica.

    Ma problemi più grandi suscita ancora l’applicazione della normativa sull’antiriciclaggio in vigore dal primo aprile 2011 per cui Benedetto XVI con il Motu Proprio ha istituito l’Autorità di Informazione Finanzaria (AIF) al fine di contrastare e reprimere tutte quelle attività illecite che minano le fondamenta della società civile, costituendone una minaccia per il mercato, l’economia, la pace e la sicurezza internazionale. La nuova Autority è investita di poteri molto ampi, tra cui quello di effettuare controlli sul denaro in entrata o in uscita dallo Stato o di irrogare sanzioni. Una legislazione, ricorda il promotore di giustizia vaticano, per certi versi più severa di quella italiana vista anche l’introduzione del reato di “auto-riciclaggio”, cioè quello “commesso dallo stesso autore del reato presupposto”. Tale legge e sue eventuali modifiche da ora si applicano anche ai dicasteri della Curia Romana e a tutti gli organismi della Santa Sede che svolgono attività finanziarie o monetarie, compreso lo Ior (L’Istituto delle Opere di Religione).

    Il prof. Picardi saluta con favore la sempre più evidente evoluzione dello Stato Vaticano da “Stato apparato” a “Stato di diritto”. La sua giurisdizione, ribadisce, si estende oltre lo Stato come dimostrano anche i rapporti con la Banca centrale europea, pur non essendo il Vaticano membro dell’Ue. Anche L’AIF pertanto dovrà configurarsi come organo giurisdizionale ultrastatale. Apprezzamento anche per la maggiore interdipendenza fra i diversi sistemi giudiziari degli Stati e la collaborazione tra le rispettive forze di polizia, così come la richiesta di più forte integrazione sul piano informativo ed investigativo, resa necessaria anche dalla globalizzazione in atto. In questo senso va l’adesione del Vaticano all’Interpol ma anche la possibilità che lo Stato possa diventare presto, come suggerito dalla Commissione Europea, membro dell’Europol per combattere il terrorismo internazionale. In mattinata nella Messa celebrata per l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario anche le parole del cardinale Bertone che ricorda come la peculiare vocazione della Chiesa sia di essere segno e strumento della giustizia di Dio, sempre espressione del suo amore misericordioso.

    inizio pagina

    Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, l'arcivescovo Vegliò: rafforzare la solidarietà internazionale

    ◊   Ricorre questa domenica la 98.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato sul tema “Migrazioni e nuova evangelizzazione”. Per un commento sull’impegno della comunità internazionale nel dare tutela e protezione alle persone che fuggono da guerra e miseria, Fabio Colagrande ha intervistato il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò:

    R. - La Giornata Mondiale ci ricorda che, secondo i dati disponibili, ci sono oggi più di 200 milioni di migranti, 15 milioni di rifugiati, 27 milioni di sfollati, e oltre 3 milioni di studenti internazionali universitari nel mondo. La loro vita esige un’attenzione più impegnativa sia da parte della Chiesa che da parte della società perché essi possano trovare la giusta soluzione per vivere con dignità umana e cristiana. In particolare, rifugiati e richiedenti asilo sono persone in fuga da guerra e violenza, tra cui vi sono numerose donne e bambini, estremamente vulnerabili. La loro vita dipende spesso dalla protezione e dall'aiuto della comunità internazionale. Poche settimane fa sono stati commemorati i 60 anni della creazione dell’Acnur e dell’adozione della Convenzione di Ginevra sullo statuto dei Rifugiati del 1951. È una data importante in quanto segna il momento in cui la comunità internazionale ha voluto creare la cornice del diritto internazionale sui rifugiati che da allora guida il lavoro dell’Acnur. Durante la Conferenza ministeriale dello scorso otto dicembre, tenutasi a Ginevra, le delegazioni presenti hanno espresso all'Acnur l’apprezzamento per il generoso lavoro svolto in tutti questi anni. La delegazione della Santa Sede ha spronato a un rinnovato sforzo per eliminare anche le nuove gravi cause che minacciano la sopravvivenza di una popolazione provocandone il dislocamento forzato, come per esempio i disastri naturali, gli eventi che disturbano gravemente l’ordine pubblico o politiche errate. Pertanto, è necessario che i Paesi prendano in considerazione ogni singola richiesta di asilo. La solidarietà internazionale, infatti, dovrà agire non solo con contributi economici, che sono fondamentali, e con i classici parametri, ma anche con una nuova comprensione della dislocazione. Ciò implicherà maggiori diritti per i rifugiati, quali la libertà di movimento, di lavoro e di religione, tenendo conto di una più ampia interpretazione dei diritti umani che, insieme ad una cooperazione concreta, permetta di rendere più effettivi gli obiettivi di tutela della Convenzione in linea con gli eventi e i trattati internazionali.

    D. - Ci sono situazioni che il vostro Dicastero considera particolarmente preoccupanti in questo momento?

    R. - Questo Dicastero segue con preoccupazione le situazioni dei rifugiati in ogni parte del mondo e in questo periodo, tra le vicende drammatiche, vi è il conflitto scoppiato in Sudan che ha riversato circa 80.000 rifugiati nel Sud Sudan. Sottolineo anche le violenze che da anni si susseguono in Somalia alle quali si sono aggiunte quest’anno infauste condizioni climatiche che hanno portato alla carestia e a gravi epidemie. Di conseguenza, 500.000 somali sono ora rifugiati nei campi di Dadaab in Kenya ed altri 100.000 sono stati accolti lo scorso anno in Etiopia. In Colombia da anni si verifica uno spostamento interno, che complessivamente coinvolge circa 5 milioni di persone, con tante sofferenze, e non sembra trovare una soluzione. Come dimenticare le violenze che da anni insanguinano la popolazione nella Repubblica Democratica del Congo, e che hanno generato sfollati all’interno del paese stesso e portato un flusso di rifugiati in altri paesi. Milioni di persone hanno perso la vita, e le condizioni economiche del Paese si sono deteriorate.

    D. - Come realizzare in concreto l’auspicio del Papa per questa giornata trasformando il fenomeno migratorio in un’opportunità di evangelizzazione?

    R. - Il fenomeno migratorio, che causa mescolanza fra i popoli e intreccio di razze e culture, è già un’opportunità di evangelizzazione. Ciò che dobbiamo chiederci è se noi cristiani siamo capaci di cogliere questa opportunità e realmente evangelizzare. Il Papa stesso dice nel Suo Messaggio per la Giornata che “dobbiamo risvegliare in ognuno di noi l’entusiasmo e il coraggio che mossero le prime comunità cristiane ad essere intrepide annunciatrici della novità evangelica”. Il Messaggio Pontificio offre concreti suggerimenti per evangelizzare nell’ambito migratorio. Chiama, per esempio, la Chiesa ad “aiutare i migranti [cristiani] a mantenere salda la fede, anche quando manca l’appoggio culturale che esisteva nel Paese d’origine”. Formati adeguatamente e sostenuti dalla comunità cristiana, i migranti stessi “possono a loro volta diventare annunciatori della Parola di Dio e testimoni di Gesù Risorto” lì dove emigrano: sia nei Paesi dove i cristiani sono una minoranza, sia nei Paesi di antica tradizione cristiana, dove la fede è diventata forse solo un fatto culturale. A questo riguardo il Papa sottolinea l’importanza del ruolo degli Operatori pastorali – sacerdoti, religiosi e laici – che operano tra i migranti. Papa Benedetto, inoltre, sollecita le comunità cristiane nei Paesi di origine, di transito e di arrivo a cooperare nell’accoglienza dei migranti, affinché essi incontrino Cristo, e invita tutti i cristiani a nutrirsi della Parola di Dio e a viverla prima di annunciarla, per essere efficaci evangelizzatori.

    D. - Con quale stato d’animo ha accolto la scelta del Papa di nominarla Cardinale nel prossimo Concistoro?

    R. - Ho accolto questo lieto annuncio con profonda gratitudine, innanzitutto al Signore che mi ha chiamato a essere pastore della Sua Chiesa, che mi sostiene e che ogni giorno mi chiede un maggiore impegno e una più grande disponibilità a servire il suo popolo e in modo particolare quelli che per Lui sono i più importanti, ma che agli occhi del mondo sono gli ultimi, e che nel mio caso, in quanto Presidente di questo Pontificio Consiglio, hanno il volto del migrante, del rifugiato, del nomade, del senza fissa dimora, del bambino di strada, e di tutti quanti vivono nel fenomeno della mobilità umana. Provo, quindi, un sentimento di viva riconoscenza verso il Santo Padre Benedetto XVI, per la Sua fiducia e la sua chiamata ad essere un collaboratore più stretto. Leggo, poi, in questo gesto del Papa un segno di riconoscimento per la missione di questo Dicastero, e vedo la Sua sollecitudine verso uomini e donne coinvolti nella mobilità umana, che influisce notevolmente sulla vita del mondo moderno e sulla vita della Chiesa.

    D. - Con quale spirito proseguirà il suo servizio pastorale e il suo incarico di Presidente del Dicastero per i migranti una volta entrato nel Sacro Collegio?

    R. - Entrare a far parte del Collegio dei Cardinali è un impegno ecclesiale. Gesù Cristo è la base fondamentale e insostituibile del nostro nuovo modo di essere a servizio nella Chiesa. D’altro lato, mi sentirò più sostenuto e appoggiato da un Collegio di Fratelli che certamente mi aiuterà a svolgere meglio la missione di questo Dicastero nella promozione della sollecitudine del Santo Padre e della Chiesa verso la mobilità umana.

    inizio pagina

    Chiusa la mostra su Gaudì in Vaticano, il cardinale Bertone: la spiritualità ispirò tutta la sua vita

    ◊   Si è chiuso, ieri sera, con una cerimonia nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, il programma che Roma ha dedicato al grande artista catalano Antonio Gaudì, all’interno del quale spicca la mostra “Gaudì: la Sagrada Familia de Barcelona. Arte, ciencia y espiritualidad”, inaugurata nel Braccio di Carlo Magno, in Piazza San Pietro il 24 novembre e che resterà aperta al pubblico fino a domani. Alla cerimonia, durante la quale si è tenuto il concerto delle voci bianche dell’Escolanía di Montserrat diretta dal maestro Bernat Vivancos, ha preso parte il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che ha rivolto un saluto sia in spagnolo che in catalano, ricordando dell’artista il suo progetto magistrale, la Basilica della Sagrada Familia di Barcellona, consacrata dal Santo Padre poco più di un anno fa, che di Gaudì evidenziò la realizzazione di “ciò che oggi è uno dei compiti più importanti: superare la scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana, tra esistenza in questo mondo temporale e apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come Bellezza. Antoni Gaudí non realizzò tutto questo con parole, ma con pietre, linee, superfici e vertici”.

    Del maestro, il cardinale Bertone ha sottolineato il “cuore di credente in Cristo che non conosceva limiti” e il suo essere “artista di valore”, perché, come affermato da Benedetto XVI alla consacrazione della Basilica, “l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa dall’egoismo”. Il porporato ha poi ricordato che le opere di Gaudì hanno lasciato il suo sigillo su tutta l’amata terra catalana, “sebbene non disdegnò neppure di portare l’impronta della sua anima altrove, come a León e in Cantabria e l’avrebbe portata ancora più lontano se ne avesse avuto la possibilità”. Alla cerimonia è intervenuto anche l’arcivescovo di Barcellona, il cardinale Lluís Martínez Sistach, che ha valutato positivamente il grande successo di pubblico ottenuto dalla mostra, che finora ha potuto vantare 30mila visite: “È un’espressione del contributo della fede cristiana al mondo della cultura, dell’arte e della bellezza, che la Chiesa ha portato avanti lungo i secoli – ha detto – senza la fede e la spiritualità cristiana l’opera di Gaudì rimarrebbe incomprensibile”. (R.B.)

    inizio pagina

    Beati i perseguitati: l’editoriale di padre Lombardi sul discorso del Papa al Corpo diplomatico

    ◊   Ha avuto ampia eco, a livello internazionale, il discorso del Papa al Corpo diplomatico, pronunciato lunedì scorso. Benedetto XVI ha esortato la comunità internazionale al rispetto della libertà religiosa, soffermandosi sulle persecuzioni anticristiane nel mondo. Un tema su cui si sofferma padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per "Octava Dies," il settimanale d'informazione del Centro Televisivo Vaticano:

    Nel discorso di inizio d’anno al Corpo Diplomatico, pur svolgendo una panoramica molto ampia sulla situazione internazionale, il Papa è tornato sul tema cruciale della libertà religiosa, centro del discorso dell’anno passato e che ha continuato ad essere di drammatica attualità in molte parti del mondo, culminando nel modo più clamoroso con l’assassinio del ministro pakistano delle minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti.

    Al proposito segnaliamo il recente rapporto annuale della Ong internazionale evangelica “Porte Aperte” su “La persecuzione dei cristiani nel mondo”, che riguarda l’insieme delle denominazioni cristiane. Esso elabora e studia un "indice mondiale di persecuzione", che vede ai primi dieci posti nel mondo i seguenti Paesi in ordine decrescente: Corea del Nord, Afghanistan, Arabia Saudita, Somalia, Iran, Maldive, Uzbekistan, Yemen, Irak e Pakistan. Fra le preoccupazioni più gravi è da segnalare la crescita dell’islamismo estremista, con i fatti di orribile violenza di cui è esempio la setta "Boko Haram" in Nigeria, e il clima di insicurezza o di violenza che accompagna purtroppo in vari Paesi gli sviluppi successivi alla “primavera araba” e che spinge tanti cristiani a fuggire o emigrare.

    L’Agenzia Fides ha pubblicato invece la sua abituale lista degli operatori cattolici uccisi nel mondo nell’anno trascorso. Essa conta 26 persone - 18 sacerdoti, 4 religiose, 4 laici. I 13 sacerdoti uccisi in America Latina rispecchiano il clima di grande violenza che caratterizza la situazione in alcuni Paesi di quel continente, Colombia e Messico in prima fila.

    Subire persecuzione per il nome di Gesù Cristo, pagare a prezzo della propria vita il servizio della fede e della giustizia accompagnano e accompagneranno sempre il cammino dei discepoli. Non ce ne possiamo stupire: ce lo ha detto Gesù nel discorso della Montagna, proclamando l’ultima delle Beatitudini e promettendo la “ricompensa nei cieli”.

    inizio pagina

    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani in successive udienze il cardinale Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi e Mons. Rainer Maria Woelki, Arcivescovo di Berlin (Repubblica Federale di Germania).

    In Mozambico, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Beira presentata da S.E. Mons. Jaime Pedro Gonçalves, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico ed ha nominato S.E. Mons. João Carlos Hatoa Nunes, Vescovo titolare di Amudarsa e Ausiliare dell’Arcidiocesi di Maputo, Amministratore Apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis dell’Arcidiocesi di Beira.

    In India, il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Bombay presentata da S.E. Mons. Bosco Penha in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    In Tanzania, il Papa ha eretto la nuova Diocesi di Ifakara in Tanzania per dismembramento della Diocesi di Mahenge, rendendola suffraganea dell’Arcidiocesi di Dar-es-Salaam, e ha nominato S.E. Mons. Salutaris Melchior Libena Vescovo della nuova Diocesi di Ifakara, finora Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Dar-es-Salaam. La chiesa parrocchiale dedicata a St. Patrick, diventa la Chiesa Cattedrale della nuova diocesi.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Udienza di Benedetto XVI al presidente del Consiglio dei ministri italiano, Mario Monti.

    Tempismo sospetto: in rilievo, nell'informazione internazionale, il declassamento - da parte di Standard&Poor's, del rating di nove Paesi nonostante i lievi segnali di ripresa.

    In cerca della bellezza: in cultura, Paolo Portoghesi sul contributo dell'arte alla nuova evangelizzazione.

    Un articolo di Oddone Camerana dal titolo "Redenzione ebraica nella Gerusalemme russa": come il romanzo "The Fixer" di Bernard Malamud è diventato "L'uomo di Kiev".

    L'umano accidente: Fiorenzo Facchini su casualità ed evoluzione.

    Attenti al rischio del concordismo: Inos Biffi sulle urgenze da non sottovalutare per essere cristiani oggi.

    Nell'informazione vaticana, Mario Ponzi sulla relazione del promotore di giustizia del Tribunale vaticano, Nicola Picardi, per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2012 (dopo la Messa celebrata dal cardinale segretario di Stato).

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Isola del Giglio: affonda nave da crociera, 3 morti, mancano all'appello 70 persone

    ◊   E' ormai completamente affondata la nave da crociera Costa Concordia finita sugli scogli a ridosso dell’Isola del Giglio. Tre i morti finora accertati, anche se all’appello mancano ancora 70 persone. La capitaneria di porto di Livorno ha già avviato un’inchiesta per fare luce sui motivi del disastro. Il servizio di Stefano Leszczynski.

    E' di tre morti e 14 feriti il bilancio dell'incidente della nave da crociera Costa Concordia avvenuto questa notte al largo dell'Isola del Giglio. All’appello della Prefettura di Grosseto però mancano ancora 70 persone, alcune forse ancora ospitate nelle strutture del Giglio. Verifiche sono tuttavia in corso per individuare eventuali dispersi, soprattutto nella parte della nave che risulta sommersa e dove sono all'opera squadre di sommozzatori per verificare se qualcuno sia rimasto intrappolato. La nave, rovesciata su un fianco, presenta sulla fiancata sinistra un lungo squarcio provocato dall’impatto con gli scogli. Molti gli interrogativi sull'incidente occorso all’imbarcazione, che secondo una prima ricostruzione sarebbe stata fuori rotta di alcune miglia. L’imbarcazione da crociera con a bordo 4.229 persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio era partita da Civitavecchia circa due ore e mezzo prima dell'incidente. Quasi tutti i passeggeri, tra i quali moltissimi stranieri, sono già stati trasferiti dal Giglio sulla terraferma per il rientro nei paesi e nelle città d’origine. Intanto, è partita un’inchiesta della capitaneria di porto di Livorno che ha già sentito il comandante della Costa Concordia per ricostruire le fasi dell’incidente. Immediati i soccorsi scattati nella notte per cercare di alleviare le sofferenze dei superstiti. Mobilitate anche le parrocchie dell’isola che hanno offerto ospitalità a diverse centinaia di persone. Sentiamo la testimonianza di don Vittorio Dossi, parroco della Chiesa di San Pietro Apostolo, raggiunto telefonicamente da Antonella Palermo:

    “Questa notte stavano malissimo: c’era chi cercava il proprio figlio e chi cercava sua moglie. C’era confusione e un’agitazione tale da non crederci. Le persone presenti erano di ogni nazionalità: tedesca, inglese, giapponese, coreana. Abbiamo dato loro tutto quello che avevamo, coperte e materassi. Nel mio asilo c’era davvero molta confusione. Adesso, dopo un primo momento di concitazione, sono andate a riposarsi un po’ ed io mi sono adoperato per far sì che venisse rintracciato uno di loro. C’era una madre che aveva perso suo figlio, si trovava giù al porto. Voglio nuovamente dire grazie alla mia gente, ai gigliesi, che si sono adoperati molto per far fronte a quest’emergenza. Ho visto, ancora una volta, che quest’isola è composta da persone che vogliono ancora bene all’umanità.”. (vv)

    inizio pagina

    Standard & Poor's declassa il rating di Francia, Italia, Austria, Spagna e Portogallo

    ◊   Fa discutere il declassamento, da parte dell’agenzia Standard & Poor’s, del rating di Francia, Italia, Spagna, Austria e Portogallo. Parigi, come Vienna, perde la tripla A, mentre a Roma viene assegnato un rating di BBB+. La Francia ridimensiona e conferma di voler proseguire con le riforme annunciate. All’Italia, comunque, si riconosce la validità della manovra del premier Monti, pur con le difficoltà nel mandare avanti le misure. Secondo il presidente della Repubblica italiana, Napolitano, mai come ora è urgente che l’Europa “si muova per una vera unità politica ed economica”. Bruxelles si schiera contro la decisione di Standard & Poor’s, affermando che, a cento giorni dalle presidenziali francesi, si tratta di un attacco politico all’Europa. Su questo aspetto Giancarlo La Vella ha intervistato l’economista Riccardo Moro:

    R. – Se si parla di attacco politica all’Europa, vuol dire che ci stiamo mettendo in una dimensione nella quale è evidente che le agenzie di rating sono più che altro attori politici, che non si esprimono in ragione di dati oggettivi, ma in ragione di un qualche interesse o disegno che non ha nulla a che vedere con un riscontro oggettivo dei dati. C’è chi teme che in effetti sia cosi, anche se non si capisce allora quale sia questa logica: noi siamo di fronte ad agenzie che sono formalmente private, che teoricamente danno dei pareri ritenuti completamente indipendenti, fondati su riscontri oggettivi… Ma perché allora qualche anno fa, quando soggetti come Lehman Brothers erano sull’orlo del baratro, queste stesse agenzie di rating davano la tripla A a chi il giorno dopo letteralmente non esisteva più? Un dato di fatto è che in tempi successivi hanno cominciato a dare analoghe valutazioni sui governo con criteri – viceversa – molto più stringenti, per cui dando messaggi di minor credibilità di questi governi, anche quando non era così facile essere d’accordo.

    D. – Il declassamento della Francia, comunque, secondo lei, indebolisce l’intera Europa?

    R. – Un po’ sì, perché sicuramente Francia e Germania sono le colonne dell’Europa, perché sono i due Paesi più grandi e sono quelli che fino ad oggi erano finanziariamente completamente credibili. Però, appunto, io ripeto: anche qui le ragioni per un effettivo declassamento della Francia francamente non sono poi così consistenti: la Francia si sta avviando ad un rinnovo elettorale, in cui sia il presidente uscente, sia il candidato dell’opposizione su temi come quelli della stabilità finanziaria e dell’appoggio all’Europa sono piuttosto in sintonia e fortemente coesi.

    D. – A proposito dell’Italia, viene riconosciuta la positività degli sforzi del premier Monti, ma nonostante questo Roma non evita il declassamento. Per quale motivo?

    R. – Anche qui a me sembra che per l’Italia non siano cambiati significativamente i dati finanziari. Siamo allora di fronte a degli attacchi speculativi che possono incidere sullo spread, a cui c’è una risposta politicamente molto più ferma. A questo dovrebbe corrispondere un mantenimento, se non addirittura un miglioramento del rating. Non vi è dubbio che abbiamo delle condizioni d vulnerabilità, ma queste condizioni di vulnerabilità non sono cambiate rispetto al recente passato, anzi semmai si sono ridotte grazie alla presenza di un nuovo governo e di una maggioranza che ha la convinzione di appoggiare l’esecutivo. Il dato politico mi sembra chiaramente migliorato: dunque, se cambiamento doveva esserci, sarebbe dovuto essere a favore.

    D. – Il presidente della Repubblica italiana, Napolitano, a questo punto, parla della necessità che l’Europa si muova con urgenza per una vera unità politica ed economica. Come intraprendere questo cammino, considerando che ora bisogna affrontare anche il nodo della ripresa?

    R. – Questo è indiscutibile. Noi abbiamo lo strumento del Fondo di stabilità europeo che ha bisogno di essere rafforzato, per far vedere che, anche in modo non straordinario, l’Europa è in grado di intervenire in momenti di eventuale difficoltà. Credo che in ogni caso non abbiamo alternative: il presidente Napolitano ha ragione quando dice che bisogna sempre più dare messaggi di coesione politica a livello europeo. Per certi aspetti ci si augura che questa vicenda possa essere reinterpretata positivamente, con un messaggio che permetta di superare le rigidità tedesche. Forse potremmo avere un futuro un po’ migliore, se questa vicenda di Standard & Poor’s ci permette di aiutarci a dire ai tedeschi: "Abbiamo bisogno di meno rigidità, per dare spazio alla ripresa dell’economia". Se si opera solo con i tagli, non si capisce da dove poi le famiglie possano trovare le risorse per tornare ad investire e ad aumentare i propri consumi (mg)

    inizio pagina

    I vescovi del Congo: elezioni irregolari, pace a rischio

    ◊   Le elezioni in Congo, che hanno decretato la rielezione del presidente Kabila, sono state segnate da gravi irregolarità, che mettono in discussione la credibilità dei risultati: è quanto affermano i vescovi congolesi in un messaggio al termine della loro plenaria. Bernard Decottignies ne ha parlato con il segretario generale della Conferenza episcopale del Congo, padre Léonard Santedi:

    R. - Il faut d’abord dire que les évêques se sont réunis…
    Anzitutto bisogna dire che i vescovi si sono riuniti in Assemblea plenaria straordinaria per analizzare insieme la relazione finale della missione di osservazione elettorale della Conferenza episcopale, dalla quale hanno evidenziato che molte sono le cose positive, ma che vi sono stati anche molti fallimenti. Questo ha fatto sì, che i vescovi sostengano che il processo elettorale sia stato segnato da gravi irregolarità, che rimettono in discussione la credibilità dei risultati pubblicati. Invitano quindi gli organizzatori ad avere il coraggio e l'onestà di trarre le conseguenze che la situazione impone. I vescovi ritengono che ammettere i propri errori è un segno di saggezza. Al contrario, dovranno assumere il rischio di continuare a governare il Paese come una sfida e le tensioni interne, più o meno controllabili a breve termine, prima o poi potrebbero sfociare in una crisi grave e difficile da risolvere”. I vescovi del Congo denunciano poi questa cultura del terrore e della militarizzazione, e rivolgono un appello per una reale libertà di espressione. Ai responsabili della Commissione elettorale nazionale indipendente, i vescovi chiedono di avere il coraggio di rimettersi in discussione e di far in modo di correggere i gravi errori che sono stati commessi e che hanno tradito la fiducia della popolazione: se questo non avverrà, i vescovi chiedono allora di dimettersi. I vescovi chiedono quindi al parlamento di rivedere con urgenza la composizione di questa Commissione elettorale che non gode più della fiducia della popolazione congolese, integrandola con rappresentanti della popolazione civile. I vescovi chiedono poi al governo di tirare le somme di questo sfacelo elettorale, invitando la polizia nazionale e le forze armate a proteggere la popolazione, ma soprattutto a non continuare a obbedire a degli ordini ingiusti.

    D. – Questo vuol dire, quindi, che la Chiesa del Congo rifiuta i risultati delle elezioni?

    R. – L’Eglise de Congo estime que…
    La Chiesa del Congo sostiene che, viste le gravi irregolarità, bisogna rimettere in discussione la credibilità dei risultati resi noti. La Chiesa chiede agli organizzatori di avere il coraggio e l’onestà di tirare le dovute conclusioni. (mg)

    inizio pagina

    Tunisi festeggia il primo anniversario della caduta di Ben Ali. Mons. Lahham: ora la sfida è rilanciare l'economia

    ◊   Migliaia di persone sono scese in piazza oggi a Tunisi per festeggiare il primo anniversario della caduta del regime del presidente Ben Ali. Il 14 gennaio 2011, infatti, l’ex raìs fuggiva da Tunisi trovando rifugio in Arabia Saudita, insieme alla moglie. Nell'occasione 9mila detenuti sono stati liberati. Ma cosa è cambiato dopo un anno? Charlie Vandekerkhove lo ha chiesto all’arcivescovo di Tunisi, Maroun Elias Lahham:

    R. – Un année est passé et beaucoup de choses sont changé
    Un anno è passato e molte sono le cose che sono cambiate. Coloro che conoscono la Tunisia e vengono qui dopo un anno, già uscendo dall’aeroporto, respirano veramente un’aria nuova: un’aria di libertà, un’aria di sicurezza. Dunque, l’aspetto generale del Paese è cambiato. C’è aria di libertà: la gente è libera, la gente parla, la gente scrive, la gente critica, la gente manifesta, la gente può scioperare…. Tutto ciò era impossibile ai tempi di Ben Ali. C’è un clima di libertà che si respira ovunque, in tutti i campi. Un’altra cosa è la grande soddisfazione per quanto è successo.

    D. – Ci sono delle cose che si vorrebbero ancora cambiare: cosa ancora non la soddisfa completamente?

    R. – Le grand défi de la Tunisie c’est de remettre l’économie en marche…
    La grande sfida che attende ora la nuova Tunisia è quella di riuscire a rimettere in moto l’economia: e questo ancora non si è verificato. E’ certo che è un qualcosa che non succederà neanche domani, ma rappresenta la grande attesa della popolazione tunisina. La grande sfida che dovrà affrontare il nuovo governo tunisino sarà quella di creare nuovi posti di lavoro, l’apertura ad imprese straniere, oltre ovviamente che alle imprese locali, l’apertura del Paese al turismo… Ci sono tante promesse, ma riguardo a tutto questo siamo soltanto all’inizio. (mg)

    A Cristiano Tinazzi, giornalista testimone della rivoluzione tunisina, Stefano Leszczynski ha chiesto come si presenta il Paese a un anno dalla caduta di Ben Ali:

    R. – E’ cambiato molto. Adesso c’è una democrazia che non è ancora del tutto compiuta, ma che si sta avvicinando ad esserlo; ci sono state delle elezioni giudicate regolari anche dagli osservatori internazionali e c’è stato un partito che è uscito vincitore da queste elezioni, che è appunto il Movimento islamista Ennahda. Probabilmente questa è stata l’unica rivoluzione compiuta tra quelle del Maghreb: rispetto ad Egitto e Libia non ci sono stati stravolgimenti particolari, atti di violenza o guerre come è successo in Libia. La cosa certa è che c’è ancora molta strada da fare. Comunque, non tutte le persone sono contente di com’è oggi la Tunisia, almeno rispetto a quello che era un anno fa.

    D. – I problemi di tipo sociale ed economico sono ancora molti. Il primo dato, forse, è quello dell’altissimo tasso di disoccupazione, che ancora resta in quasi tutte le zone del Paese con una media nazionale del 19 per cento...

    R. – Sì. C’è una disoccupazione altissima, che si concentra soprattutto in alcune zone depresse del Paese, dove raggiunge anche quote del 50 per cento. Questo è un problema non facilmente risolvibile: la Tunisia ha subìto dallo scorso gennaio ad oggi dei forti contraccolpi a livello economico, anche da parte degli investitori stranieri, ed anche il turismo non si è ancora ripreso.

    D. – Il presidente Ben Ali vive, ormai da un anno, in Arabia Saudita insieme alla moglie...

    R. – I tunisini ormai considerano Ben Ali come qualcosa di vecchio, che riguarda solo il passato. Se ne parla soltanto quando ci sono dei processi a suo carico, quando ci sono delle condanne o si fanno queste richieste di estradizione che poi, però, non vengono portate a termine dall’Arabia Saudita. Il problema è che è rimasta, da parte della burocrazia dell’apparato statale tunisino, una mentalità, legata al precedente regime, che è difficile da cancellare. La televisione ed i media hanno ancora dei riflessi, per cui c’è molta autocensura. Le nuove generazioni sono comunque molto attive, soprattutto nel nord del Paese.

    D. – La Giornata delle celebrazioni per la fuga di Ben Ali è stata fatta in pompa magna, anche con la presenza di molti ospiti istituzionali dei Paesi vicini. Come si pone e come viene percepita la Tunisia dai Paesi limitrofi?

    R. – Desta preoccupazione la presenza dello sceicco bin Khalifa Al Thani, della casa regnante del Qatar. Il Qatar, qui in Tunisia, sta giocando un ruolo non indifferente. Era stato criticato perché pare avesse dato finanziamenti al movimento islamista Ennahda e sembra abbia molti interessi economici. Si tratta, quindi, di un momento molto particolare, perché segna un anno che è stato travagliato per tutti i tunisini, un anno davvero difficile. Si spera che, in questo nuovo anno, le cose andranno meglio.

    D. – Possiamo dire che si tratta comunque di una ricorrenza che è stata vissuta, a livello nazionale, con uno spirito positivo?

    R. – Sì, sicuramente, anche se chiunque può avere qualche rimostranza e qualche cosa da dire. La cosa bella della Tunisia, adesso, è che tutti possono dire la propria opinione, mentre un anno fa questo non era possibile. Questa, però, è una cosa che deve proseguire, non è finita qui. Quest’anno sarà molto importante, per la Tunisia, perché dovrà dimostrare di essere veramente una democrazia. (vv)

    inizio pagina

    Elezioni in Kazakistan: scontata la vittoria del partito del presidente Nazarbayev

    ◊   Atteso voto domani in Kazakistan, Paese transcontinentale tra Asia e Europa che conta 16 milioni di abitanti. Un mese fa ci sono stati scontri nella importante regione occidentale di Mangistau. Si tratta di elezioni anticipate. Il servizio della nostra inviata Fausta Speranza, che si trova nella capitale Astana:

    Si rinnova la Camera Bassa del parlamento, dopo che ad aprile è stato confermato Nazarbayev, presidente dall'indipendenza dall'Unione Sovietica nel 1991. 20 anni di stretto controllo sul Paese, ma un mese fa ci sono state manifestazioni, represse nel sangue: 16 morti e un centinaio di feriti. E' ancora stato di emergenza. E fino a poche ore fa c'era la sospensione del diritto di voto per tutti gli abitanti della regione teatro di rivolte. Poi l'apertura che ci conferma uno degli osservatori internazionali presenti qui, l'on. Riccardo Migliori dell'Osce:

    “Respingendo questa decisione della Corte Costituzionale si permetterà il voto anche in quest’area del Mar Caspio che è strategica per i giacimenti petroliferi e che sarà al voto domenica come tutte le altre aree del Kazakistan. E questa è una buona notizia!”.

    Scontata la vittoria del partito "Nur Otan" del presidente, ma questa volta forse senza il solito pieno di seggi. L'opposizione in parlamento potrebbe essere la risposta al Paese che Nazarbayev ha voluto con il voto anticipato. In tempi ormai segnati ovunque dalla "primavera araba".

    La comunità internazionale si augura per il Kazakistan un progressivo cammino di democratizzazione, ma auspica anche stabilità. Il ruolo nella regione è strategico, come sottolinea ancora l'On. Migliori:

    “Siamo a pochi chilometri dal Kirghizistan - parlo della vecchia capitale Almaty - dove l’anno scorso si sono registrati veri e propri tentativi di genocidio nei confronti della minoranza uzbeka. C’è poi anche la situazione in Turkmenistan con le elezioni in febbraio e la cui stabilità lascia a desiderare; c’è una guerra civile in Tagikistan, che rappresenta anche il confine nei confronti dell’Afghanistan e da cui passa probabilmente il grande traffico della droga verso l’Europa. Insomma, l’Asia centrale è un’area in ebollizione, è un’area che continua ad essere sottoposta continuamente – come altre – al fondamentalismo. Il Kazakistan è oggi un presidio di sicurezza e di stabilità e perdere il quale significherebbe per tutta la regione perdere quegli elementi di stabilità che sono essenziali per la crescita economica, per la comunità e anche per l’approvvigionamento energetico dell’Occidente”. (mg)

    inizio pagina

    Le diplomazie di Iran e Turchia sempre più attive nel mondo arabo

    ◊   Il mondo arabo, ad un anno dall’inizio dei sommovimenti che hanno portato alla caduta di numerosi regimi, sta vivendo una fase di stallo, legata alla necessaria stabilizzazione e normalizzazione. Di contro, in questi ultimi giorni abbiamo assistito ad un’enorme attività diplomatica di Turchia e Iran, che stanno espandendo la propria influenza sulle regioni arabe. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Paolo Branca, docente di lingue e letteratura araba all'Università cattolica di Milano:

    R. – Non è una novità. Direi che già dai tempi della fine della Prima Guerra Mondiale, l’Iran da una parte e la Turchia dall’altra, si sono dimostrati eredi di grandi entità imperiali, con una politica molto più determinata e precisa che non la frastagliata situazione dei Paesi arabi.

    D. - Si parla di un "neo ottomanesimo" della Turchia, rilanciato in grande stile dal premier Erdogan; dopo il tour nei Paesi arabi che hanno vissuto le "Primavere arabe", Ankara è riuscita in qualche modo ad imporre questa visione?

    R. - Sicuramente la Turchia è un modello interessante, a cui potrebbero ispirarsi i Paesi arabi, dopo le loro vicissitudini interne, e nettamente contrario, opposto, concorrente a quello di Teheran, tra l’altro capitale di un Paese sciita, e quindi con questo problema in più rispetto a i cugini arabi.

    D. - Il fatto che in questi Paesi, parliamo ad esempio dell’Egitto, si stia imponendo la forza dei Fratelli musulmani, non va a cozzare con il modello turco?

    R. - Sicuramente l’Arabia Saudita, che non è esplicita nelle sue prese di posizione, ma comunque attiva, sta dietro queste forze tradizionaliste sunnite, che si oppongono ovviamente, al modello turco troppo laicizzante, troppo modernizzante.. E l’Egitto e i Paesi arabi, diventano anche il terreno di questo braccio di ferro.

    D. - L’Iran invece sta creando tensioni nell’aria per il suo discusso programma nucleare. E come sempre accade nel momento di maggiore isolamento internazionale, intensifica i suoi rapporti diplomatici, con Paesi che si definiscono “non allineati”. Qual è l’influsso che porta con la sua politica?

    R. - Probabilmente l’Iran teme di perdere la Siria, il principale alleato in Medio Oriente, molto influente anche sulla situazione del Libano, sulla questione arabo-israeliana… E quindi paradossalmente, in un momento, di grande crisi e confusione, invece che tenere un profilo basso, sceglie di esporsi ancora di più.

    D. - Può di fatto, l’Iran essere un Paese-modello per i suoi vicini, o è solo un elemento di disturbo in questo momento?

    R. - L'Iran è Paese molto contraddittorio, perché ha una società civile molto avanzata, ha un livello culturale medio molto migliore dei Paesi arabi; però essendo dominato da questo governo post-rivoluzionario, appunto islamico nel senso radicale del termine, e in più avendo questa caratterizzazione confessionale diversa, risulta anche problematico. Come al solito in Medio Oriente, le cose sono un po’ più complesse di quello che appaiono in superficie. (bi)

    inizio pagina

    Il perdono nelle carceri: iniziativa dell'associazione Papa Giovanni XXIII

    ◊   Un percorso sul perdono e la riconciliazione aperto a tutti e scandito da vari incontri il primo dei quali si tiene, oggi, nella Casa Madre del Perdono a Montecolombo, Rimini. L’iniziativa è dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII è ha per titolo: “Verso l’Università del Perdono” a significare l’intenzione di approfondire, attraverso esperti e testimoni, la possibilità di amare il nemico. Il perdono rappresenta anche un elemento importante del percorso proposto a circa 300 detenuti e ex detenuti ospiti di diverse case della Papa Giovanni XXII in Italia, con importanti risultati. Ma che cosa significa il perdono per queste persone? Adriana Masotti lo ha chiesto a Giorgio Pieri, responsabile della Casa di Montecolombo:

    R. – Per le persone che fanno il percorso educativo, la parola “perdono” è una parola di inizio di un cammino. Noi abbiamo sperimentato che le persone che hanno commesso una colpa devono chiedere perdono alla società, perché l’hanno ferita. A loro volta, però, sono anch’esse persone ferite e per poter attivare un percorso serio di recupero e di richiesta di perdono nei confronti della società, loro stessi devono perdonare chi li ha feriti. Ecco, allora, che il perdono prima di tutto è un perdono che devono fare nei riguardi della propria storia e da lì poi può iniziare davvero un cammino di recupero. Una volta che la persona non è più dominata dalla rabbia, dal rancore, può iniziare a guardare il futuro in maniera diversa.

    D. – Ci sono persone che hanno già cominciato a guardare al futuro in maniera diversa?

    R. – Sì, possiamo dire che le persone che sono passate presso la Casa Madre del Perdono hanno avuto dei grossi benefici, in quanto la recidiva si abbassa dal 70 per cento, che è oggi la percentuale nelle carceri, al 10 per cento. Le persone che escono da un percorso comunitario fatto in questo modo, dunque, non ritornano a delinquere, se non il 10 per cento. Questo è un grosso risultato che abbiamo portato anche alla Commissione Europea: passiamo da una giustizia cosiddetta repressiva e punitiva ad una giustizia riparativa.

    D. – Sul perdono si è sviluppata una ricca riflessione all’interno della Comunità, che va oltre il discorso delle carceri. Ad esempio, con l’Operazione Colomba voi siete impegnati nel superamento dei conflitti anche tra etnie e popoli, come nei Balcani…

    R. – Sì, esatto. L’azione che abbiamo fatto in varie parti del mondo, anche in Palestina, dove ci sono quotidianamente conflitti, è quella di mettere ponti fra le persone delle varie parti, e quindi in questo caso tra israeliani e palestinesi, che si possono incontrare. Ma prima di fare questo incontro è necessaria la scelta: bisogna scegliere il perdono, bisogna scegliere di mettere pace nel proprio cuore e di non covare più odio nei confronti dell’altro. A quel punto, allora, sono realizzabili veramente ponti di pace. E questo è possibile farlo grazie anche alla presenza di volontari, che rischiano la vita stando in quei posti, che sono posti di conflitto, proprio per parlare di amore attraverso la parola “perdono”.

    D. – L’incontro che ha per titolo “Verso l’Università del Perdono” vuole essere un messaggio rivolto a tutti…

    R. – Sì, rivolto a tutti perché la Casa Madre del Perdono, come anche la realtà dell’Operazione Colomba richiama tutta la società ad interrogarsi su quello che è l’atteggiamento da tenere nei confronti dell’uomo che sbaglia. Noi intuiamo che il perdono è una grande realtà, che però è ancora tutta da esplorare. Gesù ce l’ha detto duemila anni fa e quindi lo facciamo, lo stiamo facendo, ma forse c’è da fare tanto di più. Anche il Papa ci parla di perdono e di giustizia, che in Dio sono un’unica cosa. Noi continuiamo ancora a lasciare il perdono ai buoni e ai buonisti, mentre la giustizia ai magistrati e ai cosiddetti “cattivi”. In realtà dobbiamo anche noi tendere ad unire queste due azioni. Dobbiamo, quindi, costruire opere, realtà, e atteggiamenti dove il perdono e la giustizia possano essere un atto unico: questo poi apre alla vita. (ap)

    inizio pagina

    Karol Wojtyla e il Creato: convegno dell'associazione Greenaccord

    ◊   Un percorso di ricordi e testimonianze per capire il profondo rapporto tra il Beato Giovanni Paolo II e il Creato, viva testimonianza dell’ amore di Dio per gli uomini. E’ stato il filo rosso degli interventi nel convegno “L’amore per il Creato a lezione da Wojtyla” promosso dall’associazione onlus Greenaccord, che si è svolto ieri a Genzano in provincia di Roma. Il servizio di Marina Tomarro:

    Un Papa che amava le montagne, fare lunghe passeggiate, fermarsi ore a pregare e ad ammirare lo spettacolo imponente della natura a quelle altezze, che lui spesso amava paragonare a grandi cattedrali a cielo aperto. Così, l’immagine di Giovanni Paolo II nel convegno “L’amore per il creato a lezione da Wojtyla”. Ecco, la testimonianza del "fotografo pontificio", Arturo Mari, che ha seguito per diversi anni il Papa nelle sue vacanze:

    R. - Sono ricordi molto belli. Quando si parlava di vacanze, io dicevo sempre che era in realtà il doppio lavoro, perché il Santo Padre apriva veramente la sua mente; perché lì nascevano le Encicliche e i vari messaggi per l’uomo, per la famiglia, per la donna, per i giovani, nascevano tutti lì. Penso che questo fosse il punto più sostanziale del Papa: non era riposo, ma era il contatto con Dio, a questa altezza, con quest'aria, con questa atmosfera… Bisogna andare lì per comprendere questo.

    D. – Che rapporto aveva con voi collaboratori quando eravate in vacanza?

    R. – Era una famiglia! Non c’era rapporto Papa-fotografo: si viveva in famiglia… Io avevo sempre chiaro in mente chi avevo davanti, avevo il Papa, ma era sempre una famiglia.

    E le giornate del compianto Pontefice durante le sue vacanze in montagna, ma soprattutto nella residenza di Castel Gandolfo seguivano ritmi tranquilli e cadenzati come spiega mons. Emery Kabongo, suo secondo segretario per sei anni:

    “La giornata cominciava con la Messa, poi dopo la piccola colazione e cominciava a lavorare. Poi riceveva le persone in programma e poi si usciva e lo accompagnavamo: prima pregava, poi recitava il Rosario, leggeva il Breviario e poi parlava con noi. Come ho scritto tante volte, ho vissuto in quell’ambiente, ho vissuto con il Santo Padre sentendomi a casa: era anzitutto un padre!”.

    E all’incontro era presente anche il prefetto Enrico Marinelli, responsabile della sicurezza di Giovanni Paolo II. La sua testimonianza:

    “Il Papa è andato in montagna tante volte. La montagna lo riossigenava. La giornata del Papa cominciava alle 5.30 del mattino e prima di mezzanotte non si ritirava nella sua camera da letto. Era l’uomo della preghiera, l’uomo dell’azione: il Papa era completo! E soprattutto in attuazione col Vangelo il Papa guardava ai più poveri, agli ammalati: ha portato con sé una malattia ed è stato l’espressione vivente della sofferenza di Cristo”. (mg)

    inizio pagina

    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella seconda Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui
    Giovanni Battista indica a due suoi discepoli che Gesù è “l'agnello di Dio!”. Tra di essi è Andrea, fratello di Simon Pietro. Chiedono a Gesù dove abiti. Il Signore risponde:

    «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui.

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    C’è un’arte narrativa particolare in questo brano evangelico che ricorda i primi incontri di Gesù. Almeno tre scene distinte sono fuse insieme: l’incontro con il Battista e la sua esclamazione sorprendente; la curiosità dei due discepoli che vogliono conoscere dove abita Gesù, e soprattutto la sua identità misteriosa. E poi la reazione entusiasta di Andrea che annuncia al fratello Pietro la gioia di aver trovato il Messia. Esperienze diverse si sovrappongono quasi ad incastro: ciascuno dei protagonisti ha un proprio modo di capire e reagire. Il Battista segnala la presenza, con un titolo così originale da attirare l’attenzione e la curiosità dei suoi discepoli. I due discepoli dedicano una giornata intera per fare conoscenza del rabbì e restano legati a lui in modo profondo. Pietro non reagisce (per ora) al nome nuovo che Gesù gli attribuisce, ma il fatto è simbolico. Linguaggio usato e atteggiamenti concreti mostrano non solo le differenze, ma anche le somiglianze, perché in tutti v’è un processo, un cammino: guardare e capire, seguire e incontrare, cercare e trovare, riconoscere e annunciare. Sguardi che si incontrano, cammini che si affiancano, sensazioni che maturano in convinzioni, annunci che rivelano un cuore entusiasta. Questo è incontrarsi con Gesù. Una sequela che diventa professione di fede, affidamento generoso, vero discepolato. E noi cosa cerchiamo in Gesù?

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Iraq: oltre 50 morti in un attentato kamikaze contro i pellegrini sciiti

    ◊   È di oltre 50 morti e 130 feriti il bilancio dell’attacco kamikaze contro una comitiva di pellegrini sciiti, compiuto nei pressi di Bassora, nel sud dell’Iraq. L'attentatore, che indossava una divisa da poliziotto, ha azionato il giubbotto esplosivo nei pressi di un posto di blocco delle forze di sicurezza dove transitava il gruppo di fedeli di ritorno da Kerbala, dove si è chiusa una delle ricorrenze più sacre per l’islam sciita, quella dell'Arbain. Tra le vittime si segnalano anche diverse donne e bambini. La festività per il martirio dell'imam Hussein, che richiama milioni di pellegrini non solo dall’Iraq, anche quest’anno è stata accompagnata da una lunga serie di violenze: poche settimane fa un altro attacco di questo tipo aveva provocato la morte di 44 persone. Una scia di sangue che alimenta lo spettro di una nuova guerra settaria e che arriva nel pieno di una grave crisi politica tra lo schieramento confessionale sciita del primo ministro Nuri al Maliki, e quello sunnita e laico guidato dal suo rivale, l'ex premier Iyyad Allawi. L’alleanza sunnita “Iraqiya” ha infatti deciso il boicottaggio delle sedute del governo, nel quale è presente, dopo che un mandato di cattura con l'accusa di terrorismo è stato spiccato contro il vice presidente sunnita, Tareq al Hashemi, che si è rifugiato nella regione autonoma del Kurdistan. (A cura di Marco Guerra)

    inizio pagina

    Popolazione asiatica alterata dal drammatico fenomeno degli aborti selettivi femminili

    ◊   Gli aborti selettivi femminili stanno alterando la composizione della popolazione umana in particolare in Asia dove la pratica è molto diffusa. L’allarme è stato lanciato dalla United Nations Population Division (Unpd) e dal U.S. Census Bureau’s International Programs Center (Ipc), le due maggiori organizzazioni che si occupano di controllare e registrare le tendenze di crescita della popolazione mondiale. I dati raccolti da questi organismi, di cui da notizia AsiaNews, indicano che India e Cina sono i “campioni” nella pratica di feticidi e infanticidi femminili, con un indice medio di sex ratio (rapporto tra numero di nascite maschili e femminili) di 120 (ovvero 120 maschi ogni 100 femmine). Il limite oltre il quale si parla di sex ratio innaturale è di 105. Tuttavia, il problema oggi coinvolge anche Hong Kong, Singapore, Corea del Sud, Taiwan e Vietnam. Il fenomeno della crescita innaturale della sex ratio (alla nascita) è stato notato per la prima volta negli anni ’80 in Cina. L’applicazione nel 1979 della politica sul figlio unico – che proibisce alle coppie di avere più di un figlio e punisce con gravi sanzioni pecuniarie e discriminazioni chi viola il divieto –, in pochissimi anni ha dato i suoi effetti. Nel 1982, la sex ratio alla nascita si attestava a 108.5; 111.14 nel 1990; 117 nel 1999; 118.9 nel 2005. Oggi, questo dato è cresciuto ancora: in alcune zone oscilla tra il 130 e il 140. In altre, supera il 150. Feticidi e infanticidi femminili sono molto diffusi anche in India, terza economia dell’Asia e democrazia più grande del mondo. Lo squilibrio maggiore lo si registra nell’area nordoccidentale, dove la sex ratio per bambini al di sotto dei 6 anni è di 120, se non maggiore. A New Delhi, capitale del Paese, la sex ratio si attesta a 115. Per quanto riguarda i Paesi emergenti – ovvero Hong Kong, Singapore, Corea del Sud, Taiwan e Vietnam –, la sex ratio alla nascita varia da 107 (Singapore) a 109-110 (Hong Kong e Taiwan). Secondo lo studio di Daniel Goodkind, “Child underreporting, fertility, and sex ratio imbalance in China”, la Sudcorea rappresenta un curioso caso di ritorno a una sex ratio equilibrata: dopo aver toccato il valore di 115 maschi su 100 femmine tra il 1994 e il 1996, oggi il rapporto è sceso a 107. “Non grazie a una politica di governo – sostiene lo studioso –, ma alla società civile, che in modo spontaneo e non coordinato ha ricominciato a onorare, proteggere e valorizzare le sue figlie”. Pur in modo non grave, preoccupano i dati di Filippine (109), Bangladesh (108), Kirghizistan, Turchia e Medio oriente (tutti con una media intorno al 107). (M.G.)

    inizio pagina

    Sdegno a Roma: divelte le pietre d’inciampo in ricordo delle vittime dell’Olocausto

    ◊   Erano state apposte appena due giorni prima le “pietre d’inciampo”, i tre sampietrini dorati collocati in via di Santa Maria in Monticelli, nel cuore del ghetto di Roma, in ricordo delle vittime della Shoah, divelte giovedì da vandali e sostituite da sampietrini qualsiasi. Le pietre, opera d’arte del maestro tedesco Gunter Demnig, erano state poste in memoria delle sorelle Spizzichino, vittime del rastrellamento di Roma operato dai nazisti, e di don Pappagallo, il sacerdote reso celebre dal film “Roma Città aperta”. Su ognuna erano impressi i nomi, le date di nascita e di morte, e i luoghi di deportazione delle tre vittime. Unanime la condanna delle autorità, a partire dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha definito il gesto “vergognoso”, soprattutto perché avvenuto a pochi giorni dalla celebrazione della Giornata della Memoria. “Simili comportamenti vanno condannati con assoluta fermezza – ha scritto in una nota il primo cittadino – Roma, città simbolo della lotta di liberazione e dei valori di civiltà, libertà e democrazia, non merita di essere sfregiata in questo modo”. Gli fa eco il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini: “Questi ignobili fatti non fanno che rafforzare il nostro impegno perché la memoria dell’Olocausto sia più viva e condivisa che mai”. Infine, il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, nell’esprimere il proprio sdegno per l’episodio, si augura che “Roma recuperi quel senso di solidarietà, tolleranza e di convivenza civile e sociale che sembra aver smarrito”. (R.B.)

    inizio pagina

    Il Guardian: mistificazioni giornalistiche sul discorso di Benedetto XVI al Corpo diplomatico

    ◊   Il sito del quotidiano britannico “The Guardian” denuncia alcune mistificazioni giornalistiche che sono state diffuse sulle parole che Benedetto XVI ha rivolto lunedì 9 gennaio scorso ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. L’autore dell’articolo, il giornalista Andrew Brown, riferisce in particolare di alcuni lanci dell’agenzia Reuters, poi ripresa da altri, secondo i quali il Papa avrebbe denunciato il matrimonio fra omosessuali come una minaccia per la civiltà occidentale. Brown ha riportato anche le parole del corrispondente della Reuters dal Vaticano, Philip Pulella: “Lunedì Papa Benedetto ha detto che il matrimonio tra omosessuali è una delle varie minacce alla famiglia tradizionale che mina il futuro dell’umanità stessa”. Brown riferisce, invece, di aver sentito il Santo Padre parlare in favore della famiglia basata sul matrimonio tra un uomo e una donna e affermare che le politiche lesive della famiglia minacciano la dignità umana e il futuro stesso dell’umanità. Nel suo pezzo, il giornalista del Guardian afferma, poi, che il Papa ha lodato una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha vietato i brevetti relativi alle cellule staminali embrionali umane e ha parlato della crisi economica e finanziaria come dell’evento più importante dello scorso anno, che deve fungere da “sprone a riflettere sull’esistenza umana e sull’importanza della sua dimensione etica”. Infine, sulla primavera araba, scrive Brown, il Pontefice ha ricordato che “il rispetto della persona umana deve essere al centro delle istituzioni e delle leggi, condurre alla fine di ogni violenza”. Infine, l’istanza ambientalista, che secondo Brown ha rappresentato la principale novità nel discorso di Benedetto XVI: “La salvaguardia dell’ambiente, la sinergia tra la lotta contro la povertà e quella contro i cambiamenti climatici – riporta – costituiscono ambiti rilevanti per la promozione dello sviluppo umano integrale”. (R.B.)

    inizio pagina

    Ordine equestre del Santo Sepolcro: Messa in suffragio del cardinale Foley

    ◊   “Insegnare Gesù, diffondere la novella di Cristo Risorto: questa la motivazione essenziale che ha animato tutta l’esistenza di questo sacerdote e vescovo fosse egli un parroco, un direttore di giornale, presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, o Gran Maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme”. Così, l’arcivescovo Edwin Federick O’Brien, Pro-Gran Maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ha ricordato, ieri, il cardinale John Patrick Foley, nel trigesimo della morte, commemorata nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Come Pro-Gran Maestro dell’Ordine, e prossimo cardinale, ha presieduto una solenne celebrazione eucaristica in suffragio del suo predecessore, alla quale hanno partecipato parecchie centinaia di cavalieri e dame, in gran parte romani, molti convenuti da altre regioni d’Italia e da varie nazioni europee. A Philadelphia, il mese scorso, egli aveva celebrato i funerali in suo onore e, ricordandone l’altrettanto importante e commossa partecipazione, ha potuto dire che “il cardinale Foley lascia una famiglia profondamente unita a lui in virtù delle grazie del Battesimo che ci uniscono in un legame continuo in Cristo”. Ha aggiunto: “Nel servire voi, Cavalieri e Dame del Santo Sepolcro, ricavò grande gioia e ispirazione. Quando, infine, la malattia lo costrinse a presentare le sue dimissioni, egli riferì al nostro Santo Padre di considerare la sua esperienza di Gran Maestro come un prolungato ritiro spirituale prima di entrare nella fase finale della mia vita, di preparazione alla vita eterna in compagnia di Nostro Signore Risorto”. E ha concluso: “Ti sei di certo guadagnato il riposo. Che tu possa godere della pace di Cristo”. Hanno concelebrato l’Eucaristia gli arcivescovi Giuseppe De Andrea, assessore dell’Ordine; James Harvey, prefetto della Casa Pontificia; Timothy Broglio, ordinario militare degli Stati Uniti d’America e i vescovi Franco Croci, Gran Priore della Luogotenenza dell’Italia Centrale dell’Ordine, e William Francis Murphy, ordinario di Rockville Centre, tutti amici del defunto, nonchè numerosi sacerdoti. Hanno assistito i cardinali Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, assessore d’onore dell’Ordine; Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, e Bernard Francis Law, arciprete emerito della Papale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore. E la Cappella Musicale Liberiana, diretta dal maestro mons. Valentin Miserachs Grau, ha accompagnato tutti i momenti della celebrazione che ha visto spiegati, dietro le massime autorità dell’Ordine - fra i quali il Luogotenente generale prof. Giuseppe Della Torre del Tempio di Sanguinetto e il governatore generale prof. Agostino Borromeo (ha concluso la commemorazione guidando la preghiera propria dei Cavalieri e delle Dame) – labari e vessilli abbruniti dell’Ordine. (A cura di Graziano Motta)

    inizio pagina

    Corea del Sud: settimana per l'Unità dei cristiani

    ◊   Mettere da parte le divergenze per essere “araldi della pace e della salvezza” di Cristo. Così, mons. Igino Kim Hee-joong, arcivescovo di Gwangju e presidente della Commissione episcopale coreana per la promozione dell’unità cristiana e del dialogo interreligioso, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Nel messaggio, citato da Asianews e intitolato “Saremo tutti cambiati dalla vittoria di Nostro Signore Gesù Cristo”, il presule chiede ai cristiani di ogni denominazione di superare il muro dell’incomprensione e del pregiudizio. Nel Paese, infatti, i cattolici sono il 20 per cento della popolazione: oltre a loro si conta però una forte presenza protestante che non sempre opera in unità con la Chiesa sui temi di importanza sociale. Per mons. Kim “il modo migliore per riconoscere che siamo uniti in un’unica fede e in un solo Vangelo è aprirsi tutti insieme alla chiamata che lo stesso Dio ci ha fatto”. “Quando tutti i cristiani operano insieme – prosegue -, servendo Cristo con gli strumenti che Lui ha dato all’umanità, allora la strada per l’unità si apre”. In conclusione, il presule sprona tutti i fedeli a “proclamare con una voce sola la salvezza del Vangelo e la Sua definitiva vittoria: vittoria sulla paura della morte che si spande per tutta la terra. Un potere questo che ci rende uniti nell’amore, perché la vittoria è ottenuta da Cristo”. La fede – ha detto infine mons. Kim – “rende i nostri cuori aperti allo Spirito Santo e ci guida all’amicizia e alla cooperazione, nella condivisione del nostro comune Salvatore”. (M.G.)

    inizio pagina

    Francia: la Chiesa locale dedica il 2012 alla vita consacrata

    ◊   Sarà un 2012 dedicato alla promozione della vita consacrata, soprattutto fra i giovani, quello che la Chiesa francese si prepara a vivere. Come informa una nota della Conferenza dei religiosi e delle religiose di Francia (Corref), nell’arco dei prossimi dodici mesi si terranno eventi e incontri e verranno pubblicati manuali e strumenti informativi per conoscere la realtà e la diversità della vita consacrata nel Paese. Una realtà che, prosegue la nota, “è arricchita da 40mila religiosi e religiose, monaci e monache, membri degli istituti secolari e consacrati delle nuove comunità, senza dimenticare gli eremiti”, a dimostrazione che “la vita consacrata è una componente importante della Chiesa in Francia”. Essa, infatti, “racchiude tutti coloro che, sotto forme diverse, per amore di Dio e del mondo, si lanciano nell’avventura umana e spirituale del dono totale della propria vita a Cristo e agli altri”. Tale scelta, ribadisce la Corref, “conduce al celibato e nasce da un’esperienza intensa e intima dell’Amore di Dio”. Insieme alla Corref, anche il Servizio monastico, il Consiglio nazionale degli istituti secolari di Francia (Cnisf) e il Servizio nazionale per l’evangelizzazione dei giovani hanno deciso di collaborare all’organizzazione gli eventi: in particolare, si segnala dal 27 al 29 gennaio, a Rueil Malmaison, l’incontro nazionale dei giovani religiosi e religiose di Francia, sul tema “Missionari della speranza”; dal 19 al 25 marzo, a Lourdes, l’Assemblea generale dell’Unione delle conferenze europee dei superiori e delle superiori maggiori; dal 31 marzo al 1° aprile, a Parigi, l’Assemblea generale del Cnisf; il 29 aprile, Giornata mondiale delle vocazioni, diretta televisiva della Santa Messa con i giovani religiosi e religiose del Paese a Parigi. E non solo: dal 17 al 20 maggio, si terrà un incontro per i giovani e gli adulti intitolato “La vita religiosa perché?”, mentre dal 12 al 15 novembre a Lourdes avrà luogo l’Assemblea generale della Corref. (I.P.)

    inizio pagina

    In Messico aperta una nuova mensa universale: la Casa de la Cristiandad

    ◊   Si chiama “Casa de la Cristiandad”, la nuova mensa aperta grazie all’impegno di un sacerdote della Cattedrale di Nuestra Seňora del Rosario e della Misión de Jesús de la Divina Misericordia, a Culiacàn, in Messico. La struttura, riferisce l’agenzia Fides, aperta dal lunedì al sabato, è definita “universale” perché assiste persone di diversa provenienza come bambini di strada, tossicodipendenti, anziani, alcolisti, e serve circa 50 pasti al giorno. Il Patronato della Misión de Jesús de la Divina Misericordia, nello Stato di Sinaloa gestisce altre due mense: una nell’ospedale civile e una in quello Generale, dove vengono assistiti i familiari dei pazienti, per un totale di 600mila persone l’anno. (R.B.)

    inizio pagina

    L’impegno del Parlamento europeo contro gli sprechi alimentari

    ◊   “Almeno il 50% degli sprechi alimentari in Europa è evitabile, ma sono necessarie misure urgenti per affrontare il problema”. È quanto afferma una risoluzione non legislativa che sarà votata il 19 gennaio dal Parlamento Europeo, nel corso della prossima sessione plenaria a Strasburgo. Secondo uno studio della Commissione Ue se non saranno assunti provvedimenti immediati “lo spreco di cibo crescerà del 40% entro il 2020”. Il testo, citato dal Sir, suggerisce campagne di sensibilizzazione, corsi di educazione alimentare, imballaggi migliori e una nuova data di scadenza sull’etichettatura. Inoltre si chiede che “le norme sugli appalti pubblici siano aggiornate, in modo da privilegiare quelle imprese che garantiscono la ridistribuzione gratuita dei prodotti invenduti ai cittadini bisognosi”. Una nota del Parlamento specifica che “in un dibattito separato con il commissario Ciolos, sarà inoltre discussa la questione dell’aumento dei costi dei prodotti alimentari”. La necessità di intervenire su questi sprechi appare ancora più urgente se si considera che 79 milioni di cittadini Ue vivono al di sotto della soglia di povertà e 16 milioni di persone dipendono dagli aiuti alimentari delle organizzazioni di beneficenza. (M.G.)

    inizio pagina

    Bangladesh: prosegue con successo la campagna di vaccinazione anti-polio

    ◊   La campagna nazionale di vaccinazione anti-polio in Bangladesh è a un passo dal suo obiettivo: vaccinare tutti i 22 milioni di bambini con meno di 5 anni di età. Secondo quanto riferisce l'agenzia Fides, team sanitari mobili stanno facendo una ricerca “bambino-bambino” in tutto il Paese mirata a raggiungere il rimanente mezzo milione di minori che non sono stati vaccinati nel corso della campagna lanciata lo scorso 7 gennaio. Per raggiungerli tutti occorrono maggiore supporto e supervisione, in particolare per quelli nelle aree a maggior rischio come i sotto-distretti collinari, le fasce costiere, le isole fluviali provvisorie e le zone umide paludose. La principale sfida adesso è raggiungere i figli dei migranti nelle aree ai confini con l’India, uno dei 4 luoghi del mondo dove la polio è ancora endemica. Gli altri tre sono Afghanistan, Pakistan e Nigeria. Nonostante le difficoltà, il programma sta procedendo correttamente. In Bangladesh, ogni anno dal 1995, gli operatori sanitari hanno intrapreso campagne di vaccinazioni nazionali contro la polio, tranne nel 2005. Da un’ultima epidemia nel 2006 di un ceppo virale importato, il governo non ha riportato contagi. Il prossimo turno di vaccinazioni nel Paese è previsto per l’11 febbraio prossimo. (M.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 14

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.