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Sommario del 28/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Esercizi spirituali in Vaticano. Il cardinale Pasinya: riflettiamo sul valore della comunione nella Chiesa
  • Presentata la visita del Papa a Milano per l'Incontro mondiale delle famiglie. Intervista con il cardinale Scola
  • Mons. Eterović: la famiglia fondamentale per la nuova evangelizzazione
  • Incontro Santa Sede-Vietnam ad Hanoi: sviluppi positivi per un dialogo costruttivo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • La passione del popolo siriano. Intervista al nunzio a Damasco
  • Scontri al confine tra Sudan e Sud Sudan. Per le Nazioni Unite è emergenza profughi
  • Usa: primarie in Michigan e Arizona, ancora sfida Romney-Santorum
  • Rapporto Unicef 2012: oltre un miliardo di bambini vive in città, spesso privo di beni primari
  • L'Italia a Ginevra per rispondere delle discriminazioni razziali
  • Ilo e valori religiosi: intervista con un teologo musulmano
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Gmg Rio 2013. Il cardinale Rylko: "Il Papa segue i preparativi"
  • Usa. Il cardinale Dolan: libertà religiosa al bivio
  • Colombia: la Chiesa chiede alle Farc di seguire la via democratica
  • Messico. I vescovi al Senato: approvate la riforma sulla libertà religiosa
  • Bolivia: dialogo della Chiesa nello scontro tra disabili e polizia
  • Honduras: il cardinale Maradiaga condanna lo stato delle carceri
  • Aperta la plenaria dei vescovi tedeschi a Ratisbona
  • Pakistan: padre McCulloch insignito di un prestigioso premio
  • Filippine. I vescovi ai giovani: "Digiuno quaresimale da Internet e telefonini”
  • Mali: per i vescovi il conflitto al nord aggravato dalla siccità
  • Sud Sudan: rischio guerra etnica
  • Il Consiglio delle Chiese plaude la sentenza europea sui respingimenti
  • Chiesa in Europa: a Strasburgo incontro dei vescovi del sud-est
  • Malta: l'accensione della Fiaccola di San Benedetto, simbolo di pace
  • Iniziativa della Fondazione Don Gnocchi per i bimbi disabili
  • È morto Réginald Grégoire il monaco dei santi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Esercizi spirituali in Vaticano. Il cardinale Pasinya: riflettiamo sul valore della comunione nella Chiesa

    ◊   La comunione con Dio, da cui la Chiesa ottiene “misericordia” e una “guida amorevole”: su queste due piste si è articolata questa mattina la doppia meditazione degli esercizi spirituali quaresimali, che Benedetto XVI e la Curia Romana stanno vivendo da domenica scorsa. A predicare gli esercizi quest’anno è il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, che ha scelto come testo-guida la prima Lettera di San Giovanni. Il porporato spiega il perché al microfono di Alessandro De Carolis:

    R. – Ho visto che San Giovanni riserva molta attenzione alla comunione nella Chiesa, sia alla comunione dei fedeli con gli Apostoli, che dei fedeli con Dio e degli Apostoli con Dio. Mi sono detto: è un tema interessante che vale sempre, perché all’interno di questo tema si parla di tutti i problemi che la Chiesa primitiva ha incontrato e che noi oggi possiamo incontrare. Mi riferisco alla rottura della comunione nella Chiesa: la rottura della comunione per mancanza di fede, la rottura della comunione per mancanza di carità, la rottura della fede perché non si segue l’insegnamento degli Apostoli. E vedendo come Giovanni tratta il tema già in partenza, in maniera così solenne – “ciò che abbiamo visto, ciò che abbiamo udito noi ve l’annunciamo perché siate in comunione con noi” – questo modo di presentare le cose mostra quale importanza Giovanni riconosca a questo aspetto. E infatti, all’inizio della Chiesa c’erano persone che non credevano in Gesù, come anche oggi ci sono persone che non credono in Gesù: non credono che Gesù sia il Messia, non credono che Gesù si sia incarnato. Vediamo che Giovanni incomincia a contattare coloro che non credono che Gesù sia venuto e dice: “Erano tra di noi, ma sono usciti”. Anche adesso abbiamo di quelle comunità che erano con noi e che sono uscite: tutte quelle piccole comunità che da noi si chiamano “chiese del risveglio”, oppure i fondamentalisti, ecc... tutta questa realtà è toccata dal testo di San Giovanni. Il quale, alla fine, incomincia a parlare della fede in Gesù Cristo, della comunione con Dio e, nel frattempo, indica i criteri per essere in comunione con Dio. Quindi, oggi stesso abbiamo interesse a rivedere queste cose.

    D. – In che modo le parole della Lettera di San Giovanni si intrecciano con i temi della Quaresima?

    R. – La Quaresima è, praticamente, un andare nel deserto con Gesù per essere più vicino a Dio. Dove il Signore ha vinto il demonio, anche noi dobbiamo vincere. Dove Israele, nel deserto, è stato vinto dal demonio, noi pure dobbiamo evitare di essere vinti dal demonio. Quindi, questa è la ragion d’essere della Quaresima: il fatto che ci aiuta a vivere più intensamente la comunione con Dio. La comunione con Dio, allora, è nel cuore della Quaresima, quando nel testo della Lettera si dice: “Voi avete vinto grazie all’unzione dello Spirito, grazie alla Parola di Dio che voi avete ricevuto nel battesimo”.

    D. – Nel Messaggio per la Quaresima di quest’anno, Benedetto XVI punta molto sull’aspetto della carità concreta. Come sono risuonate in lei le sue parole?

    R. – L’appello del Papa, da noi, è profondamente reale: quando si è in Africa e si vede quella povertà, quella miseria, si vedono quelle guerre, tutto il caos che c’è, non si può non pensare a questo. Per questo abbiamo senz’altro accolto il Messaggio del Papa: perché aderiva alla nostra realtà. (gf)

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    Presentata la visita del Papa a Milano per l'Incontro mondiale delle famiglie. Intervista con il cardinale Scola

    ◊   Il Papa torna a Milano 28 anni dopo l’ultima visita per abbracciare tutte le famiglie del mondo. Saranno tre giornate intense quelle di Benedetto XVI al VII incontro mondiale delle famiglie, da venerdì 1 a domenica 3 giugno. Da Milano, il servizio di Fabio Brenna:

    Sono già 2600 i volontari e 1280 le famiglie che si sono messe a disposizione per accogliere i partecipanti che arriveranno da ogni parte del mondo. In tutti i continenti ci si sta preparando all’evento. Il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia, ha spiegato come le catechesi preparatorie sono già state tradotte in 11 lingue, mentre in Sudamerica sono in programma congressi di avvicinamento all’incontro, con due momenti centrali che saranno vissuti col Papa: la Festa delle testimonianze, la sera di sabato 2 giugno, e la Messa della domenica cui è atteso un milione di partecipanti.

    “La linea di questa festa sarà sul tema famiglia lavoro e festa con attenzione sia al versante civile, sociale - la famiglia come risorsa per la società - sia al versante ecclesiale, la famiglia come soggetto di evangelizzazione”.

    Benedetto XVI, nelle sue giornate milanesi, assisterà a un concerto in suo onore alla Scala, avrà modo di incontrare il clero, i religiosi e le religiose per una meditazione in Duomo e parteciperà al raduno dei cresimandi, allo stadio Meazza. Il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, ha definito il VII Incontro mondiale delle famiglie “un’occasione per far crescere la vita buona del Vangelo e, parallelamente, la vita buona della società”. Mons. Jean Laffitte, segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha illustrato i contenuti del Congresso internazionale teologico pastorale che si svolgerà a Fieramilanocity e in altre sette località lombarde dal 30 maggio al 1 giugno e che sarà aperto dall’intervento dei cardinali Ravasi, Tettamanzi e O’Malley. L’incontro servirà a sostenere e rilanciare il progetto per il Centro internazionale per la famiglia di Nazareth, le cui caratteristiche sono state illustrate dal cardinale Antonelli:

    “Già da tempo è in progetto la costruzione di un centro internazionale a servizio delle famiglie e della Terra Santa e del Medio Oriente prima di tutto e poi a servizio di tutte le famiglie che vanno in pellegrinaggio in Terra Santa per offrire un momento forte di formazione e di spiritualità, in particolare a servizio delle coppie che lavorano per la pastorale delle famiglie. Questo centro internazionale durante l’incontro mondiale sarà presentato, avrà la massima visibilità possibile”.

    Gli strumenti interattivi per le catechesi del settimo incontro mondiale delle famiglie sono disponibili sul sito "family2012.com".

    Al termine della conferenza stampa a Milano, Luca Collodi ha raggiunto telefonicamente il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola. Al porporato, ha chiesto anzittuto quanto il mondo della politica guardi oggi alla famiglia:

    R. – Mi pare purtroppo non molto. Si sta quindi producendo – soprattutto nelle nostre avanzate società occidentali – una riduzione della forza sociale e civile della famiglia, come se si trattasse, in fondo, di una specie di contratto di joint venture tra due privati che si devono poi arrangiare da soli. Si è quindi perso il senso del valore civico della famiglia come cellula fondamentale della vita sociale e, evidentemente, per quanto riguarda i cristiani, come soggetto privilegiato della testimonianza della bellezza, della verità e della bontà della sequela di Cristo. Speriamo che il settimo Incontro mondiale ci dia l’occasione per mostrare il valore della famiglia come soggetto sociale e politico, come “fatto pubblico” cui un buon governo deve dare molta attenzione e molto ascolto.

    D. – Il precariato nel lavoro, e quindi anche la mancanza di garanzie sociali, quanto può mettere a rischio ed in pericolo il nucleo famigliare?

    R. – Lo può fare in maniera molto rilevante. Innanzitutto, per quanto riguarda la formazione della famiglia stessa: sappiamo che, oggi, molti giovani non si sposano perché non esistono delle condizioni minime di garanzie e di sicurezza per il loro presente e per il loro futuro. Questo, quindi, è un problema delicato e difficile. Certo, non bisogna confondere e far coincidere automaticamente il problema del precariato con il problema della mobilità. E’ evidente che, in una società come la nostra, che sta andando sempre più verso una mobilità accentuata, anche le forme del lavoro mutano e cambiano. Però mobilità, ovviamente, non può voler dire precariato. Per quanto riguarda la famiglia, se non si fa chiarezza e non c’è un’azione culturale per aiutare i giovani a capire le forme di lavoro dignitose e sicure cui hanno diritto, sarà sempre più grande la tentazione di limitarsi a convivenze frammentate e parziali. Il problema è perciò acuto. Mi sembra geniale un aspetto del settimo Incontro: l’aver cioè voluto guardare in unità la questione della famiglia e del lavoro e quella del riposo e della festa, perché anche quest’ultimo è un aspetto importante.

    D. – Un’ultima riflessione: che cosa vi aspettate da questo Congresso internazionale sulla famiglia?

    R. – Attraverso questo momento straordinario, ci aspettiamo che si consolidi la modalità ordinaria con cui le comunità cristiane propongono, a tutti gli uomini, la convenienza suprema di questa realtà fondamentale per la vita della Chiesa e della società, che è la famiglia. Vuole essere quindi un grande gesto di testimonianza, ma di testimonianza in senso pieno, che implichi perciò riflessione e studio – come il Convegno mette in evidenza – scambio di stili di vita da parte delle varie famiglie del mondo ma, soprattutto, che ponga delle basi solide per un rinnovamento della proposta ecclesiale e sociale della realtà famigliare nelle varie culture del mondo odierno. (vv)

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    Mons. Eterović: la famiglia fondamentale per la nuova evangelizzazione

    ◊   Si è tenuta nei giorni scorsi la riunione del 12.mo Consiglio ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi. Al centro dell’incontro la bozza dell’Instrumentum laboris del Sinodo su “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, in programma in Vaticano dal 7 al 28 ottobre di quest’anno. Al microfono di Alessandro Gisotti, il segretario generale del Sinodo dei Vescovi, mons. Nikola Eterović, si sofferma sui punti salienti dell’incontro:

    R. – La riunione ha dovuto esaminare una prima sintesi delle risposte pervenute dalle Conferenze episcopali del mondo intero, dai Sinodi delle Chiese orientali cattoliche sui iuris, come pure dai dicasteri della Curia Romana e dall’Unione dei superiori generali. La riunione ha avuto lo scopo di studiare le risposte, di fare una sintesi ordinata e di presentarla poi nuovamente per l’elaborazione dell’Instrumentum laboris.

    D. – Una delle preoccupazioni che sta emergendo da questi lavori è l’infecondità dell’evangelizzazione attuale. Come affrontare questa sfida?

    R. – Nel campo della nuova evangelizzazione, bisogna animare con un nuovo ardore, nuovi metodi e nuova espressione. L’evangelizzazione parte dunque da una realtà già esistente e si estende anche alle persone che sono lontane dalla Chiesa, che magari sono battezzate – ma non evangelizzate – e che non praticano la fede cattolica. Queste persone sono davvero molte, presenti in tanti Paesi. La nuova evangelizzazione deve inoltre dare anche una nuova spinta alla missio ad gentes, cioè alla vera e propria attività missionaria.

    D. – Questa infecondità dell’evangelizzazione dipende anche dai sempre più forti processi di secolarizzazione?

    R. – Dipende da tanti fattori, tra cui certamente la cultura secolarizzata, che ci circonda. Dipende, però, anche dalla controtestimonianza dei cristiani stessi come anche dei membri della Chiesa, che è Santa. Siamo tutti chiamati alla santità ma purtroppo, dobbiamo riconoscerlo, siamo tutti peccatori. La necessità della conversione, sia a livello personale sia a livello comunitario, è stata perciò messa molto in risalto, quasi fosse una pre-condizione per la nuova evangelizzazione.

    D. – Ci avviciniamo al Congresso mondiale delle famiglie di Milano. Che ruolo può avere, la famiglia cristiana, nello sforzo della nuova evangelizzazione?

    R. – E’ un ruolo essenziale. E’ indicativo il fatto che quasi tutte le risposte hanno sottolineato l’importanza della famiglia nella trasmissione della fede. Laddove la famiglia non svolge questo ruolo primario, vengono a manifestarsi tante difficoltà. Oggi, purtroppo, vediamo come ci siano genitori che non conoscono sufficientemente la fede, non la vivono e, con tutta la buona volontà che possono avere, non riescono a trasmetterla. E’ perciò tutta la comunità che dovrebbe aiutarli, catechizzando i genitori ma soprattutto i giovani. Anche in quel caso, la parrocchia dovrebbe aiutare molto. In alcune risposte che sono state esaminate, si nota proprio come la parrocchia dovrebbe essere “comunità delle comunità”, e le altre comunità dovrebbero far riferimento alla parrocchia. Quest’ultima, mantenendo il suo regolare servizio, dovrebbe aprirsi un po’ alla realtà che la circonda.

    D. – Quanto può essere importante l’Anno della fede, voluto da Benedetto XVI per la nuova evangelizzazione?

    R. – E’ una decisione davvero provvidenziale, anche per i lavori sinodali, perché ci ricorda la dimensione fondamentale della fede. La fede è la bussola che ci orienta, anche nell’affrontare questa nuova situazione che stiamo vivendo: obbedienti al mandato del Signore, siamo invitati ad annunciare la Buona Notizia ai vicini ai lontani, per la salvezza di ogni persona e del mondo intero. (vv)

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    Incontro Santa Sede-Vietnam ad Hanoi: sviluppi positivi per un dialogo costruttivo

    ◊   “I rapporti tra il Vietnam e la Santa Sede hanno ottenuto sviluppi positivi sulla base della buona volontà e del dialogo costruttivo”: è quanto si legge nel comunicato congiunto al termine del terzo incontro del gruppo di lavoro Vietnam-Santa Sede, svoltosi ieri e oggi ad Hanoi. La delegazione vaticana era guidata da mons. Ettore Balestrero, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati. L’incontro era co-presieduto da Bui Thanh Son, viceministro vietnamita degli Affari esteri. Presente anche l’arcivescovo Leopoldo Girelli, rappresentante della Santa Sede non residente in Vietnam. Mons. Balestrero e mons. Girelli erano accompagnati da due officiali, rispettivamente della segreteria di Stato, mons. Francesco Cao Minh Dung, e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, mons. Barnabé Nguyên Van Phuong. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Le due parti, si legge nel comunicato congiunto, hanno analizzato “i progressi compiuti nei rapporti Vietnam-Santa Sede” dall’ultimo incontro svoltosi nel giugno del 2010. La delegazione vietnamita ha incoraggiato la Chiesa cattolica nel Paese “a partecipare attivamente ed effettivamente nel corso attuale dello sviluppo nazionale, economico e sociale”. Da parte sua, la Santa Sede ha espresso l’auspicio che “il suo ruolo e la sua missione siano rafforzati ed estesi, affinché vengano consolidati i legami tra la Santa Sede e la Chiesa cattolica in Vietnam, come anche l’intenzione del Vietnam e della Santa Sede di sviluppare i loro rapporti”. Al contempo, la Santa Sede ha “espresso apprezzamento” per l’attenzione riservata dalle autorità civili alle attività della Chiesa cattolica, “in particolare nell’anno 2010, durante la celebrazione dell’anno giubilare”.

    Le delegazioni hanno richiamato gli insegnamenti del Papa sull’essere un buon cattolico e un buon cittadino, “sottolineando la necessità di una continua collaborazione tra la Chiesa cattolica e le autorità civili per attuare, concretamente e praticamente, tali insegnamenti in tutte le attività”. L’incontro, si legge ancora nel comunicato, “si è svolto in un clima di cordialità, franchezza e mutuo rispetto”. Le due parti hanno concordato di ritrovarsi in Vaticano per il quarto incontro. Entrambi le delegazioni hanno convenuto di facilitare il lavoro di mons. Girelli nella sua missione. Rispondendo alle domande dei giornalisti, padre Federico Lombardi ha affermato che un segno del progresso nei rapporti Vietnam-Santa Sede è proprio la maggiore libertà di tempo e la possibilità di movimento che l’arcivescovo Girelli avrà di muoversi nel Paese asiatico.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Tutto da niente: in prima pagina, Francesco Ventorino sulla minoranza cristiana in Terra Santa.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la minaccia di una recrudescenza del conflitto sudanese.

    Una parola antica e nuova per l’umanità di Facebook: in cultura, riguardo alle prospettive neo-testamentarie sulla nuova evangelizzazione, anticipazione della prolusione di Thomas Soding per il Dies academicus, domani a Padova, presso la Facoltà Teologica del Triveneto.

    Un articolo di Alessandro Scafi dal titolo “Tour europeo per il genio da Vinci”: folle di spettatori in fila per vedere Leonardo a Madrid, a Londra e a Parigi.

    L’ultimo dei formidabili: Giovanna Nicolaj ricorda, a un mese dalla scomparsa, il paleografo e diplomatista Alessandro Pratesi.

    Le paure degli italiani ai tempi della crisi: fede, famiglia e lavoro nell’ultima indagine statistica “European Values Studies”.

    In memoria di Marilena Amerise, promettente studiosa del cristianesimo antico, scomparsa tre anni fa, e ricordata stasera in un incontro a Sant’Ivo alla Sapienza.

    Per il futuro dei cattolici in Bosnia ed Erzegovina: nell’informazione vaticana, la sollecitudine del Papa in una lettera del segretario di Stato.

    Varietà nell’unità: il cardinale Leonardo Sandri in visita alle Chiese dello Stato indiano del Kerala.

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    Oggi in Primo Piano



    La passione del popolo siriano. Intervista al nunzio a Damasco

    ◊   Ancora massacri in Siria. Altre 130 persone ieri hanno perso la vita, vittime della repressione. Affinché si fermino le violenze, l’Unione Europea ha varato nuove sanzioni nei confronti del regime di Damasco, mentre ampio consenso, quasi il 90%, ha fatto registrare il referendum sulla nuova Costituzione proposta dal presidente Al Assad. Sull’emergenza umanitaria che sta vivendo il popolo siriano, Stefano Leszczynski ha intervistato mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco.

    R. – Tutte le varie denominazioni cristiane in questi giorni, chi un po’ prima, chi qualche giorno dopo, sono entrate nel tempo liturgico della Quaresima. Io riflettevo in questi giorni che qui in Siria è iniziata una quaresima più di 11 mesi fa, presto saranno 12 mesi, e addirittura a ben considerare tutto il popolo siriano è entrato in queste ultime settimane nel tempo di passione. Basta leggere le notizie, vedere le immagini… In questa Quaresima ci stanno dentro tutti, dai bambini di alcuni mesi a persone di tutte le età, i giovani, gli anziani… Direi che questa Quaresima, questi giorni di passione, è qualcosa che fa impressione… Ho avuto - se posso dire - una brevissima pausa di questa Quaresima due giorni fa quando sono stato a Tartus, una città sul Mediterraneo, per l’insediamento di un vescovo, che è durato poco, e ho percepito tutto il clima di insicurezza… Le autorità mi hanno dato il permesso di poter andare in questa città che finora è stata risparmiata dalla violenza, però mi hanno detto che potevo solo con l’aereo perché viaggiando per strada poteva essere pericoloso. Proprio ieri, lunedì, mi ha contattato un sacerdote di Homs, col quale spesso siamo in contatto, per dirmi che non poteva scendere per strada, ci sono cadaveri di militari, di civili, ci sono feriti, è rischiosissimo scendere per strada e sottrarre queste persone ferite, questi cadaveri… Quando ieri pomeriggio sono rientrato a Damasco, all’esterno dell’aeroporto, c’erano gruppi di donne, vestite di nero, e il sacerdote siriano che mi accompagnava subito mi ha detto che si trattava di una circostanza di lutto, abbiamo salutato queste persone, scambiato qualche parola. Si trattava di familiari di soldati le cui salme stavano per arrivare: 12 militari uccisi in conflitto. Tutti, di qualsiasi estrazione sociale, di qualsiasi età, viviamo questo tempo di Quaresima, questo tempo di passione. Fa impressione che anche bambini di pochi mesi siano coinvolti in questo clima di passione.

    D. - L'Unicef ha denunciato anche l'uccisione di molti bambini...

    R. - Mi ha impressionato vedere i bambini vittime di questo conflitto. L’Unicef parla ormai di 500 bambini morti. Qualche giorno fa leggevo una notizia di un piccolo bebè, di solo 10 mesi, che era stato anche lui preso con tutta la sua famiglia, se non erro di 17 persone, in una città vicino a Homs: tutta la famiglia è stata messa al muro e mitragliata, compreso questo bebè di 10 mesi. Qualche giorno prima avevo letto un’altra storia, ancora molto triste: una bambina che partecipava al funerale di un’altra bambina falciata da colpi di arma da fuoco. Quante di queste tristi circostanze si vengono a conoscere e si vedono le immagini… La situazione umanitaria, soprattutto in certi luoghi, questo tempo di passione è soprattutto visibile in alcuni luoghi, in alcune città, in questo momento particolare a Homs dove c’è una grave crisi umanitaria: scarseggiano i viveri di prima necessità, scarseggiano le medicine, è difficile soccorrere e curare i feriti, seppellire i morti… Inoltre ci sono le sofferenze di tutta la popolazione in questo Paese. Si parla ormai di migliaia e migliaia di sfollati, di gente che vive naturalmente con grave difficoltà per scarsità di generi di prima necessità. Manca spesso anche la luce e altre cose necessarie, però direi che in questo clima così triste, così doloroso, se vogliamo vedere anche un po’ l’altra parte della medaglia, fa bene anche vedere la solidarietà internazionale un po’ a tutti i livelli, alle volte con grosse difficoltà, con iniziative non riuscite… Però la comunità internazionale cerca di darsi da fare, in particolare vorrei menzionare le istituzioni umanitarie, le più importanti la Croce Rossa, la Mezzaluna, ma poi un’infinità di altre istituzioni assistenziali, caritative che si danno da fare per alleviare le sofferenze di tutta questa gente.

    D. - Questo dà un po’ di speranza alla popolazione?

    R. - Direi di sì. Dà speranza un po’ a tutti noi sapere che in questa Quaresima abbiamo la solidarietà di tutti i cristiani e soprattutto del Santo Padre, che prega, pensa alle sofferenze e attraverso i suoi collaboratori, cerca di vedere come alleviare queste ultime, come far arrivare la pace e la riconciliazione in Siria. C’è la solidarietà di tutti i cristiani del mondo, che in questo tempo di Quaresima pensano a queste zone di conflitto, di sofferenza di dolore e ancora -aggiungerei- a largo raggio, sento e credo nella solidarietà di tante persone, uomini e donne, che chiamano e si danno da fare per la pace.

    D. - Una situazione in cui è molto difficile poter immaginare una possibilità di dialogo..

    R. - Purtroppo queste possibilità di dialogo, con quello che sta succedendo, sembrano allontanarsi sempre di più. Però anche qui la comunità internazionale non deve lasciar cadere le braccia. Bisogna continuamente cercare, tentare di trovare delle occasioni, delle vie, e mantenere vivo a tutti i costi, questo interesse per arrivare alla cessazione delle ostilità, dello spargimento di sangue e tentare una via di uscita. La cosa più urgente sarebbe di riuscire ad arrivare ad una cessazione del conflitto in alcune zone - come ad esempio ad Homs - per poter concedere e permettere alle istituzioni umanitarie di portare soccorso.

    D. Come è stato vissuto in Siria il referendum costituzionale appena svoltosi?

    R. - Domenica si è tenuto il referendum sulla nuova costituzione: non è mio compito entrare nei dettagli. Potrei fare un’osservazione a riguardo: come si sa, il testo della nuova Costituzione è stato consegnato al presidente della Repubblica durante i primi giorni di febbraio dal comitato incaricato di redigerlo. Dopo tre settimane la gente è stata chiamata ad esprimere il proprio parere con il voto; quindi il tempo non era – direi - sufficiente per poter discutere e prendere in esame questa nuova costituzione. Naturalmente, come è stato anche da tutti rilevato, anche le circostanze, non hanno aiutato in questo senso. Per quanto riguarda la situazione dei cristiani si è conservato quello che già c’era nella precedente costituzione: le varie e differenti comunità religiose, si regolano in base al codice di statuto personale. In particolare, come accadeva in passato, si regolano circa le questioni familiari, separazioni, eredità. Tutto ciò, è regolato secondo le leggi canoniche ecclesiastiche. Poi ci sono altri punti, ad esempio, bisognerebbe chiarire meglio dove si dice che la legge islamica costituisce una referenza principale per la legislazione. Bisogna vedere poi se anche in pratica questo porta a una qualche restrizione in più rispetto alla costituzione precedente, oppure se più o meno è conservata la stessa legislazione. Poi insieme agli esperti bisognerà analizzare le conseguenze di altri aspetti. Non c’è stato tempo sufficiente per poter discutere il testo e per poter fare delle considerazioni. In genere, per quanto riguarda i cristiani, quello che ho visto, i loro pastori gli hanno consigliato per il bene della nazione, per la pace, per la cessazione del conflitto di andare a esprimere il loro parere. Naturalmente poi ciascuno cristiano si è regolato secondo la sua coscienza. (bi)

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    Scontri al confine tra Sudan e Sud Sudan. Per le Nazioni Unite è emergenza profughi

    ◊   I ribelli sudanesi hanno annunciato di aver ucciso nelle ultime 24 ore, circa 150 soldati lungo la frontiera con il Sud Sudan. Fonti dell’esercito regolare hanno smentito la notizia, ribadendo di aver inferto gravi perdite a “un numero importante di rivoltosi”. Lo scontro secondo i ribelli del Splm (Movimento di Liberazione Popolare Sudanese) si è verificato nei pressi di una base militare a Jau. Intanto, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) denuncia che a causa delle violenze, da giugno 2011, oltre 130 mila persone hanno cercato rifugio in Etiopia e Sud Sudan, indipendente dal Nord da luglio 2011. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Giovanni Sartor della Campagna Italiana per il Sudan:

    R. – Il Movimento di liberazione sudanese è il movimento che ha preso il potere e governa attualmente il Sud Sudan. Una "costola" di questo movimento è rappresentata dai gruppi situati nel Sud Kordofan, sulle montagne Nuba e nel Nilo Azzurro. Questi due gruppi, entrando a far parte del Sudan con la divisione del Paese, sono diventati dei partiti politici che nel Nord Sudan sono stati dichiarati illegali. Si è quindi creato un nuovo movimento ribelle, collegato allo storico Movimento di liberazione del Sudan che però, formalmente, non ha alcun legame con il Movimento che ha il potere al Sud. E questo viene ribadito fortemente da chi oggi è al potere al Sud, per evitare di creare un conflitto tra due Stati. Cosa che, al momento, ancora non c’è.

    D. – Le tensioni tra il Sud Sudan ed il Sudan, nonostante l’indipendenza del Sud Sudan del luglio 2011, sono comunque esistenti. Tensioni che si accentuano per quanto riguarda i proventi del petrolio...

    R. – Quasi tutti i pozzi si trovano nel territorio del Sud Sudan. Gli oleodotti si trovano nel territorio del Nord, come anche la raffineria e i porti da cui poi esportare il greggio. Questa, quindi, è una situazione di stallo che al momento non prevede una via di uscita se non, nel lungo periodo, la possibilità per il Sud Sudan di costituire un oleodotto che passi attraverso il Kenya e quindi di esportare il greggio attraverso un canale diverso da quello attualmente esistente.

    D. – Il patto di non aggressione tra Sud Sudan e Sudan - l’accordo di Addis Abeba - di fatto è stato violato quatto giorni fa: l’aviazione di Khartoum ha bombardato nuovamente la linea di confine...

    R. – Khartoum si giustifica dicendo che i ribelli scappano nel Sud Sudan e quindi sono legittimati ad inseguirli e a bombardare i territori. D’altra parte, il Sud Sudan non accetta questa violazione della sovranità del proprio territorio e quindi si ha una situazione di violazione dell’accordo. E’ evidente che i ribelli che operano nelle due regioni contese del Nord Sudan, come il Sud Kordofan, e il Nilo Azzurro sono in qualche modo sostenuti e appoggiati dal governo del Sud Sudan. Anche se questo non vuole chiaramente diventare ufficiale, perché porterebbe ad una guerra tra due Paesi che, in questo momento, non è nell’interesse di nessuno dei due.

    D. – Questa situazione, secondo le Nazioni Unite, ha però generato 130 mila persone che hanno cercato rifugio in Etiopia ed in Sud Sudan...

    R. – Il problema, lì, è anche quello di capire l’intervento che deve essere fatto. Si tratta di un intervento prevalentemente umanitario e d’emergenza, che però va attuato in un contesto di grossa emergenza anche per i sud sudanesi. C’è anche il fenomeno di chi rientra in Sud Sudan perché, dopo aver vissuto tanti anni al Nord come rifugiato in attesa di poter rientrare, ora ad aprile dovrà decidere se essere cittadino del Nord o del Sud: c’è la paura di restare apolidi se non si riesce ad abbandonare, entro la fine di marzo, Khartoum.

    D. – Come si sta muovendo la comunità internazionale e che cosa bisognerebbe fare?

    R. – Dal punto di vista dell’intervento umanitario, la comunità internazionale sta intervenendo, soprattutto in Sud Sudan ed in Etiopia. Di pochi giorni fa è l’autorizzazione a intervenire anche in Sud Kordofan, dove il governo di Khartoum, per mesi, non ha permesso alcun intervento umanitario. Da un punto di vista politico, invece, è mancato il “follow up” dell’accordo di pace del 2005. Oggi è chiaro che lo sforzo deve essere fatto, probabilmente anche a livello di Unione Africana: chiedere, quindi, comportamenti vincolanti dal punto di vista del rispetto dei diritti umani, evitare di bombardare e – soprattutto per quanto riguarda il Nord Sudan – cercare una pressione sul governo centrale per favorire lo sviluppo di autonomie più forti a livello locale. (vv)

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    Usa: primarie in Michigan e Arizona, ancora sfida Romney-Santorum

    ◊   Negli Stati Uniti, nuova tappa delle primarie repubblicane: oggi si vota in Michigan e Arizona. Ancora una volta si profila una sfida tra l’ex senatore della Pennsylvania, Rick Santorum, e l’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney. Quest’ultimo, pochi giorni fa, ha ottenuto l’appoggio della governatrice dell’Arizona, Jan Brewer. Intanto, gli ultimi sondaggi registrano una risalita di Obama nell’indice di popolarità. Sull’importanza di queste primarie in Michigan e Arizona, Alessandro Gisotti ha intervistato Paolo Mastrolilli, inviato negli Usa del quotidiano “La Stampa”:

    R. – Gli ultimi sondaggi danno Romney in ripresa. Per lui è fondamentale vincere queste due primarie, quella dell’Arizona ma soprattutto quella del Michigan: il Michigan è lo Stato in cui è nato e cresciuto e dove suo padre è stato governatore e un governatore molto popolare. Perdere in questi due Stati significherebbe dare nuovamente dei segnali di debolezza, che riaccenderebbero le discussioni sul fatto che non è un candidato in grado di vincere successivamente alla Casa Bianca, a novembre, e quindi riportare l’attenzione sulla necessità di trovare magari un terzo candidato. Questa è un’ipotesi che, naturalmente, Romney deve scongiurare.

    D. – I sondaggi dicono che l’economia è il tema dominante di queste presidenziali. Eppure, nelle ultime due settimane, il confronto – soprattutto tra Romney e Santorum – si è incentrato sui valori: aborto e famiglia. Perché?

    R. – Queste questioni sono fondamentali per gli americani. Naturalmente, l’economia, per la crisi avvenuta negli ultimi anni, ha preso il sopravvento nell’attenzione di tutti con le cifre relative alla disoccupazione così drammaticamente elevate. La questione morale e dei valori è però al centro della vita degli americani, ed è anche al centro della divisione esistente dal punto di vista politico tra democratici e repubblicani. Il fatto che tale questione abbia assunto una così grande importanza durante le primarie repubblicane non deve sorprendere perché, in realtà, alle primarie va a votare la base del partito: una base che è molto interessata alle questioni religiose e morali. Su questo, dunque, si sta giocando la gara fra Romney, Santorum e Gingrich per la conquista del voto conservatore, che è alla base del partito repubblicano. Probabilmente, il modo in cui si discute di questi temi cambierà quando si passerà dalla stagione delle primarie alla stagione delle elezioni nazionali, dove bisognerà attirare l’attenzione di un pubblico più moderato. Queste, comunque, rimangono questioni fondamentali, soprattutto per gli elettori ed i candidati repubblicani.

    D. – Il “Washington Post” ha scritto che per Obama sarebbe un sogno vedere Santorum ottenere la nomination repubblicana...

    R. – Questo viene detto perché le posizioni di Santorum, soprattutto sui temi sociali e religiosi – ha anche detto di non essere favorevole all’assoluta separazione fra Stato e Chiesa – sono posizioni che lo portano naturalmente ad attirare i voti di un elettorato conservatore che è alla base del partito repubblicano. Tuttavia, potrebbero metterlo in difficoltà, a livello nazionale, quando i candidati dovranno cercare di conquistare gli elettori di centro per poter vincere le elezioni. Non è chiaramente detto che questo sia matematicamente vero nel momento in cui si andrà a votare il prossimo novembre, però gli analisti fanno questa riflessione: ritengono che Santorum, su certe questioni, si sia spostato un po’ troppo verso l’ala conservatrice del partito per poter poi riuscire a convincere gli elettori di centro a votarlo a novembre. (vv)

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    Rapporto Unicef 2012: oltre un miliardo di bambini vive in città, spesso privo di beni primari

    ◊   “Figli delle città”: sono oltre un miliardo i bambini e i ragazzi che vivono in contesti urbani. A loro è dedicato il Rapporto sulla condizione dell’infanzia nel mondo 2012, presentato stamani a Roma nella sede del Senato. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Cresce la popolazione urbana, tre miliardi e mezzo, ovvero un abitante su due. Ben 21 le megalopoli con più di 10 milioni di abitanti, 18 delle quali in Asia, in America Latina e in Africa, dove gli abitanti delle città hanno perfino superato quelli del Nord America e dell’Europa occidentale. Ma certo le condizioni di vita di questi cittadini del mondo nascondono disparità inaccettabili, dalla ricchezza opulenta alla povertà estrema: uno su tre vive in aree degradate (slum), e i bambini sono le vittime più esposte e le statistiche non sempre sono veritiere. Giacomo Guerrera neopresidente dell’Unicef Italia:

    "Sono le medie, che poi determinano gli investimenti, a punire ulteriormente questi bambini che vivono ai margini. Perché le medie prendono in considerazione tutti e, di fatto, nascondono i poveri mettendo in evidenza la situazione dei ricchi, che stanno già bene. Noi proponiamo un intervento equo, che sappia guardare all’interno di questi dati per intervenire in maniera autentica e determinante sugli aspetti direi più dimenticati. La situazione è drammatica, ci sono tanti di numeri da citare: a partire dagli otto milioni di bambini che muoiono ogni anno per polmonite, diarrea o per motivi legati al parto proprio in queste aree dove c'è meno assistenza, meno interventi. E, naturalmente, a patirne le conseguenze sono senz’altro i bambini".

    Non solo i bambini lontani nei Paesi in via di sviluppo, ma anche quelli vicini nelle periferie degradate dell’Italia nei piani dell’Unicef, che rivolge un appello al governo, in un momento di ulteriori tagli alle spese sociali:

    "Noi non condividiamo e cercheremo di lottare su questo. La situazione dei nostri bambini è stritolata da parecchi mesi fra l’articolo 18 e lo spread... Di bambini non se ne parla più, diciamolo e urliamolo, se vogliamo. Non se ne parla più a sufficienza e dobbiamo rimetterli al centro dell’attenzione. I problemi economici ci sono - nessuno lo nega - e dobbiamo tirare la cinghia un po’ tutti. Ma non dobbiamo sicuramente tirare la cinghia proprio ai bambini, ai più deboli, a coloro che hanno maggiormente bisogno del nostro aiuto. E’ questo che noi vogliamo chiedere al governo e certamente non per criticarlo, ma per stimolarlo in questo impegno: è quello che pensiamo di fare nei prossimi mesi". (mg)

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    L'Italia a Ginevra per rispondere delle discriminazioni razziali

    ◊   La discriminazione dei migranti, delle comunità sinti, rom e dei minori delle categorie più svantaggiate. Sono alcune delle violazioni perpetrate in Italia e documentate da oltre 80 Ong e Associazioni della società civile, chiamate a Ginevra come consulenti dal Cerd, il Comitato Onu sulle discriminazioni razziali. L’organismo delle Nazioni Unite, che torna ad esaminare la situazione in Italia dopo quattro anni, quest’anno si è fatto aiutare da diverse associazioni che hanno elaborato e presentato ieri la propria analisi sulle violazioni nella penisola. Il 5 marzo, sempre a Ginevra, il governo italiano presenterà il proprio rapporto; successivamente l’Onu darà le sue raccomandazioni. Francesca Sabatinelli ha intervistato Barbara Terenzi, coordinatrice del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani:

    R. - Sono venuti fuori problemi che già conosciamo. Ovviamente, la grande questione è quella dei migranti e della loro tutela anche a livello giuridico. Ci sono grandi problemi rispetto anche ai tempi di detenzione, a volte discriminanti, dovuti a fattori che sono connessi molto spesso con difficoltà legate alla lingua, e quindi di comprensione, ma anche di non conoscenza delle leggi. C'è poi, ancora, la discriminazione nei riguardi di rom, sinti e camminanti, soprattutto spesso subita dai minori. Siamo sempre intorno a queste categorie che, nonostante il nostro ordinamento abbia in teoria la possibilità di esercitare appieno i diritti umani, in pratica subiscono trattamenti discriminatori. Inoltre, anche i tagli e la situazione economica vanno a incidere in maniera abbastanza significativa. Uno degli argomenti di cui si è discusso è stato, per esempio, il problema dei minori diversamente abili, che nell'ordinamento italiano hanno un riconoscimento effettivo solo dai sei anni in poi. Ci sono tutti i problemi legati ai tagli ai fondi della scuola, che hanno complicato la questione della formazione, o il numero dei bambini non italiani presenti nelle classi.

    D. - Il Cerd è tornato a esaminare l’Italia dopo quattro anni, lo aveva fatto nel 2008. Le raccomandazioni del Comitato Onu, allora, andarono nella stessa direzione da voi tracciata quest’anno. Ciò significa che l'Italia non ha ancora trovato le giuste soluzioni...

    R. - È proprio questo il problema. Nel 2008, uno dei grandi problemi che venne fuori fu quello legato alla mancata creazione dell’Istituzione nazionale indipendente per i diritti umani, un meccanismo di democrazia partecipativa che la maggior parte dei Paesi possiede, e che l’Italia invece continua a non avere. Si tratta di un meccanismo previsto dal sistema delle Nazioni Unite e riconosciuto dalla Comunità europea. Quindi, è un meccanismo che va messo in piedi, è lo strumento attraverso il quale poter avere una politica unitaria in materia di diritti umani, per fare in modo che non si arrivi a violazioni o che per lo meno si contenga il rischio che avvengano sul territorio italiano.

    D. - Visto che, ad oggi, la situazione non sembra cambiata molto, c’è da dedurre che le indicazioni delle Nazioni unite saranno le stesse...

    R. - I risultati sono lì: alcune cose non sono state fatte. Quindi, penso che dovranno prendere atto. Il nostro lavoro è stato proprio questo: cercare di mettere in evidenza i punti critici e quelle cose che non sono state fatte, nonostante le esortazioni e le raccomandazioni. Tra l’altro, l’Istituzione nazionale indipendente non solo è stata raccomandata dal sistema Cerd, ma anche da tutte le varie convenzioni internazionali delle Nazioni Unite che si occupano dei vari diritti umani specifici. Quindi, quelli che si occupano dei diritti economici e sociali, culturali, civili e politici hanno tutti fatto una raccomandazione in questa direzione. Stiamo quindi parlando di una Istituzione che più voci continuano ad evidenziare come uno strumento importante per un Paese che si definisce altamente democratico. (bi)

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    Ilo e valori religiosi: intervista con un teologo musulmano

    ◊   Di fronte alla crisi attuale, ripartire dalle tradizioni religiose: è questo il senso del volume pubblicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, di cui ci ha parlato ieri alla nostra emittente il consigliere per gli affari religiosi, Pierre Martinot-Lagarde. Crisi economica e disoccupazione sono i mali del momento – si legge nel volume – e c’è sempre più bisogno di valori. Nei prossimi giorni ci occuperemo del contributo di valori in relazione al lavoro che viene dal mondo giudaico e da quello cattolico. Oggi cerchiamo di cogliere la particolarità dei valori della tradizione dell’islam. Fausta Speranza ha intervistato il prof. Adnane Mokrani, teologo musulmano docente al Pisai, Pontificio Istituto di studi arabi e d’Islamistica:

    R. - Generalmente, i principi etici sono due. Il primo è quello del lavoro che, accompagnato dalla pura intenzione e dalla sincerità, diventa per i musulmani un tipo di adorazione, un culto. L’intenzione orientata verso Dio, verso il servizio e verso l’amore trasforma il lavoro da un atto banale, mondano e normale ad un atto di adorazione. E’ per questo che i lavoratori sono visti come persone “sante”: sono migliori di quelli che vivono una vita pigra, anche di quelle persone che preferiscono pregare tutto il giorno, senza ad esempio lavorare. C’è un detto di Maometto che racconta di due fratelli: uno di loro passava tutto il giorno a pregare nella moschea, mentre l’altro lavorava tutto il giorno per nutrire la propria famiglia e per aiutare anche la famiglia del fratello che passava il proprio tempo pregando. Il migliore tra questi due fratelli, secondo Dio, è quello che lavora. In quest’ottica, dunque, il lavoro è un’espressione pratica più sincera e più elevata agli occhi di Dio. Il secondo principio, che troviamo nel Corano e nella tradizione profetica, è quello della giustizia, della giustizia sociale. Ci sono tanti detti di Maometto che raccomandano che dobbiamo pagare il lavoratore subito, non lasciarlo aspettare. Dobbiamo pagarlo nel modo giusto, secondo lo sforzo che ha fatto e non dobbiamo far fare un lavoro che va oltre la capacità fisica delle persone. Bisogna fare in modo che non ci siano abusi ed inoltre si deve valutare fino a che punto una persona può lavorare in modo sano ed equilibrato.

    D. – Nella crisi attuale, in cui la mancanza di lavoro è tra le emergenze più gravi, secondo lei quale può essere il contributo di valori in particolare dell’islam?

    R. – Secondo me l’islam ha criticato molto la lussuria ed anche gli esagerati interessi bancari, come anche l’investimento nei soldi. I soldi sono dunque uno strumento per investire e guadagnare, ma non si possono vendere o comprare i soldi. Qui c’è una critica alla finanza moderna, che ha fatto dei soldi un vero e proprio mercato, creando un mercato originario e non reale. L’islam chiama invece ad un mercato concreto e reale: investire nella realtà, nelle cose concrete, nel lavoro vero e non nel mercato immaginario. L’islam prevede un guadagno senza speculazione. (vv)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Gmg Rio 2013. Il cardinale Rylko: "Il Papa segue i preparativi"

    ◊   Benedetto XVI sta monitorando da vicino i preparativi per la Gmg e spera nell‘impegno di tutti i giovani in questa grande avventura della fede che è la Gmg. E’ quanto ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici (Pcl), cardinale Stanislaw Rylko, al suo arrivo, ieri, a Rio de Janeiro, città che ospiterà la Giornata Mondiale della Gioventù 2013 (23-28 luglio). Accompagnato, tra gli altri, da padre Eric Jacquinet, responsabile della sezione Giovani del Pcl, il cardinale si fermerà in Brasile fino al 2 marzo per fare il punto sui preparativi della Giornata. A tale riguardo, riferisce l’arcidiocesi di Rio, la delegazione vaticana incontrerà il Comitato organizzatore dell’evento ed i vescovi brasiliani delegati. Oggi - riferisce l'agenzia Sir - il cardinale Rylko vedrà il governatore di Rio, Sergio Cabral e il sindaco della città, Eduardo Paes insieme ai responsabili dei movimenti e delle nuove comunità. Per domani il programma prevede la visita ad alcuni luoghi deputati ad accogliere le celebrazioni papali. Il 1° marzo, giorno in cui Rio celebra i 447 anni della sua fondazione, il cardinale Rylko presiederà una messa nella santuario dell’arcidiocesi del Cristo Redentore del Corcovado, cui farà seguito una veglia notturna dei giovani nella chiesa di Sant’Anna. Ultimo atto della visita sarà una conferenza stampa, il 2 marzo, presso l’arcidiocesi. (R.P.)

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    Usa. Il cardinale Dolan: libertà religiosa al bivio

    ◊   La decisione del Department of Health and Human Services (HHS) sul tema della contraccezione e dell’assistenza alle pratiche abortive “viola i limiti costituzionali del nostro Governo e i diritti fondamentali su cui il nostro Paese è stato fondato”: lo ha ribadito il neo cardinale Timothy Michael Dolan, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb), in un messaggio indirizzato ai confratelli in merito al discusso adeguamento dei piani di assistenza sanitaria coperti dalle assicurazioni private. La lettera, scritta insieme a mons. William Edward Lori, presidente del Comitato per la libertà religiosa della Usccb, aggiorna i vescovi sugli ultimi sviluppi della controversia e sulle obiezioni contro la decisione presa dal Dipartimento federale che vuole rendere obbligatorie l’assistenza alle pratiche abortive e la prescrizione di anticoncezionali anche in strutture ospedaliere amministrate da organizzazioni religiose. Nel messaggio, ripreso dalla Cns e dall’Osservatore Romano, l’arcivescovo di New York puntualizza che l’attuale disaccordo con l’Amministrazione americana “non riguarda solo la contraccezione, i farmaci abortivi o gli interventi di sterilizzazione” e “non è una questione di essere Repubblicani o Democratici, conservatori o liberali”. Esso riguarda piuttosto il rispetto dovuto ai credenti: “È innanzitutto una questione di libertà religiosa che concerne tutti noi”. La lettera conferma che, nonostante parziale revisione delle linee guida annunciate il 10 febbraio dall’Amministrazione Obama, il regolamento del Hhs rimane nella sostanza immutato e che le esenzioni in esso previste sono estremamente limitate. Resta quindi l’auspicio dell’episcopato americano che il Congresso possa approvare in tempi brevi il “Respect for Rights of Conscience Act”, il progetto di legge sul rispetto dei diritti di coscienza attualmente in discussione alla Camera dei Rappresentanti. Se passerà, infatti, renderà necessaria la modifica della riforma del sistema sanitario in base alla quale è stato poi elaborato il regolamento che vorrebbe obbligare le strutture assistenziali gestite da organizzazioni religiose a praticare interventi abortivi e a fornire prodotti contraccettivi. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Colombia: la Chiesa chiede alle Farc di seguire la via democratica

    ◊   Diverse realtà della Chiesa cattolica colombiana si sono pronunciate sull'annuncio fatto dalle Farc (Forze armate rivoluzionarie colombiane) di voler liberare 10 ostaggi sequestrati e mettere fine alla pratica del rapimento. I cattolici però chiedono ai guerriglieri di dare una prova definitiva dell'abbandono delle azioni violente per un riavvicinamento vero e proprio con il governo. Dalle notizie inviate dalla Chiesa locale all'agenzia Fides si apprende che mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja, ex presidente della Conferenza episcopale e uno dei personaggi chiave della Chiesa cattolica nel riavvicinamento con la guerriglia negli anni '90, ha invitato le Farc a reintegrarsi nella democrazia e a fermare la lotta armata. “E' solo una parte di ciò che devono fare per tornare a riconquistare la credibilità perduta; il Paese aspetta molti altri segni da parte loro per vedere le reali intenzioni” ha detto l’arcivescovo che ha aggiunto: "non stiamo chiedendo di cambiare i loro obiettivi, ma il modo come raggiungerli, cioè attraverso il percorso democratico". Infine ha detto che "è necessario che manifestino espressamente la loro aspirazione a deporre le armi", altrimenti si perde tempo. (R.P.)

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    Messico. I vescovi al Senato: approvate la riforma sulla libertà religiosa

    ◊   I vescovi del Messico hanno rinnovato il loro invito ai membri del Senato della Repubblica ad approvare la riforma costituzionale dell’articolo 24, che estende i termini della libertà religiosa, affermando che “è tempo di superare i pregiudizi del passato”. In un editoriale pubblicato nei giorni scorsi dal settimanale «Desde la Fe» e citato dall’Osservatore Romano, i vescovi messicani hanno sottolineato che “è arrivato il tempo di costruire un Paese moderno con istituzioni forti e con leggi che rispettino i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini”. I vescovi sostengono che “in Messico è stata superata la visione totalmente restrittiva e praticamente persecutoria della libertà religiosa contenuta nella formulazione della Costituzione del 1917”. E affermano che è ormai “acquisita una visione di rispetto e di accettazione della libertà di culto secondo la riforma costituzionale varata nel 1992”. Spiegano che “nessun argomento può essere così falso come quello di volere indurre a pensare che un diritto di tutti i cittadini possa venire soppresso perché potrebbe andare a beneficio di un’istituzione”, come qualcuno sostiene. Viene sottolineato che “la Costituzione ha plasmato il riconoscimento dei diritti e delle libertà dei messicani come, tra gli altri, il diritto alla vita, alla mobilità, alla libertà d’opinione e di religione, il diritto alla formazione e al rispetto della famiglia, il diritto all’educazione”. Per poi spiegare che uno dei diritti fondamentali è quello che riguarda la libertà d’opinione “molto connessa con la libertà religiosa, perché essa implica la possibilità di vivere in accordo con le proprie convinzioni e di manifestare nella condotta personale i valori che orientano le azioni di ciascuna persona”.(F.S.)

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    Bolivia: dialogo della Chiesa nello scontro tra disabili e polizia

    ◊   La Conferenza episcopale boliviana (Ceb) ha chiesto di deporre qualsiasi atteggiamento di violenza e di aprire un canale per il dialogo, dopo gli scontri violenti verificatisi tra un gruppo di persone disabili, venute fino alla sede del governo per presentare le loro richieste, e le autorità della polizia nazionale. Mons. Eugenio Scarpellini, segretario generale della Ceb e direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Bolivia, ha espressamente parlato della situazione delle persone con abilità speciali e ribadito che la Chiesa sostiene il dialogo quando le parti interessate lo richiedano. Sebbene ancora non ci sia un tavolo di dialogo, la Chiesa ha chiesto di deporre gli atteggiamenti intransigenti per raggiungere soluzioni reali e durature. "Non si devono cercare soluzioni del momento per pacificare gli scontri in atto, ma soluzioni durature, che permettano un’assistenza più dignitosa e fraterna" ha affermato mons. Scarpellini. Nella nota inviata all’agenzia Fides, mons. Scarpellini dichiara che “la violenza non è accettabile in nessuna forma, perché minaccia l'integrità fisica e morale della persona, inoltre sappiamo che la strada della violenza non porta da nessuna parte. Noi credenti, come Gesù che aveva atteggiamenti di preferenza verso i fratelli più piccoli, siamo chiamati a dare loro accoglienza e ad essere più fraterni e solidali con loro”. Anche padre José Fuentes, segretario della Commissione di pastorale speciale della Ceb, ha ricordato la collaborazione esistente tra la Chiesa e questo movimento di disabili attraverso le parrocchie e la Caritas di ogni zona. In questo momento di manifestazione, anche con il supporto materiale di generi alimentari e farmaci. La Chiesa, attraverso le sue opere di promozione sociale, assiste anche questo gruppo della popolazione con diverse abilità nei nove dipartimenti, attraverso i suoi Centri e le case di assistenza. In Bolivia da 105 giorni è in corso la "Caravana de l’integración”, che sta radunando i disabili di tutto il Paese nella città di La Paz per chiedere di partecipare nella revisione della "Legge Generale per le persone con disabilità". Il gruppo, composto da più di 5.000 persone, chiede un sussidio personale al governo, mentre il ministro dell’economia ha risposto che il governo non se lo può permettere, perché deve coprire le spese delle zone in emergenza e colpite da calamità naturale. Secondo la stampa locale, il ministro avrebbe detto che molte di queste persone disabili possono cercarsi un lavoro e non chiedere il sussidio. (R.P.)

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    Honduras: il cardinale Maradiaga condanna lo stato delle carceri

    ◊   Il cardinale arcivescovo di Tegucigalpa, Oscar Rodriguez Maradiaga, ha voluto esprimersi sulla recente tragedia avvenuta nel carcere di Comayagua, dicendo che si deve far capire che le carceri in America sono "dei veri inferni" e che c'è "un intero sistema che ha bisogno di cambiare". Il cardinale - riporta l'agenzia Fides - ha affermato che, dalle informazioni ricevute finora, è probabile che l'incendio che ha ucciso 360 detenuti sia stato causato da un corto circuito elettrico piuttosto che da un "atto criminale", anche se ci sono sospetti che si stesse preparato una "fuga di massa". L’arcivescovo, che è anche presidente di Caritas Internationalis, ha inoltre osservato che questi eventi dovrebbero servire ad aumentare la consapevolezza della società latino-americana circa lo stato delle sue prigioni e abbandonare la "cultura della vendetta", che di solito è la chiave con cui si affrontano i problemi relativi alle prigioni. "Le prigioni del continente latino-americano sono veri inferni, e la cosa più triste è che non c'è tale consapevolezza nei cittadini. Anzi, sembra che stia per nascere una cultura della vendetta: ‘hanno commesso dei crimini, devono pagare per i loro crimini’” ha detto il cardinale, lamentando poi che le carceri in Honduras sono vecchie, le condizioni di vita "molto precarie" e purtroppo c'è un "terribile sovraffollamento" che "si ripete in gran parte del continente". Il cardinale Rodriguez Maradiaga ha parlato con la stampa di questi temi prima di partecipare ad un ciclo di conferenze sulla situazione economica del continente che si svolge nelle Isole Canarie, invitato dall’Università de Las Palmas de Gran Canaria. (R.P.)

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    Aperta la plenaria dei vescovi tedeschi a Ratisbona

    ◊   Il presidente della Conferenza episcopale tedesca, l’arcivescovo Robert Zollitsch, ha aperto ieri sera i lavori dell’assemblea ordinaria di primavera, che quest’anno si svolge a Ratisbona, alla presenza di 67 tra vescovi e vescovi ausiliari del Paese. Uno dei temi principali di confronto è il “processo di dialogo”, un’iniziativa dei vescovi tedeschi per rilanciare la fede cristiana tra i fedeli. Nel corso dell’assemblea dell’autunno 2010, a Fulda, i vescovi tedeschi avevano deciso di intraprendere questa via del dialogo e l’iniziativa è stata presentata l’anno scorso in occasione del Katholikentag a Mannheim. Alla presenza di 300 delegati, c’è stato uno scambio di riflessioni sulla fede e un esame delle domande che è necessario affrontare se si vuole credere oggi e si vuole annunciare e vivere in maniera nuova la fede, coinvolgendo tutti affinché essa porti nuovi frutti. Nel corso dell’assemblea di primavera, i vescovi tedeschi si consulteranno ampiamente su come strutturare questo processo in termini molto concreti. (A.D.C. - gf)


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    Pakistan: padre McCulloch insignito di un prestigioso premio

    ◊   Il Sitara-e-Quaid-e-Azam, la più alta onorificenza civile del Pakistan destinata a cittadini stranieri, è stata assegnata nei giorni scorsi a padre Robert McCulloch, membro della Società missionaria di San Colombano. In un Paese dove i cristiani sono perseguitati da un dilagante fondamentalismo islamico e da leggi che mettono a morte chi viene accusato di «blasfemia» – è nota la via crucis di Asia Bibi, la donna in carcere dal 2009 perché accusata di tale reato e su cui pende una condanna a morte -, un missionario è stato premiato dal governo pakistano «per i servizi alla salute, all'educazione e alla cura dei rapporti interreligiosi». Australiano di nascita e residente a Roma da dicembre, padre McCulloch ha lavorato in Pakistan per oltre 30 anni. Come riporta l'agenzia Icn ripresa dalla Zenit, è stato presidente del consiglio d'amministrazione dell'ospedale di Saint Elizabeth di Hyderabad, punto di riferimento per l'assistenza medica in città e nelle zone rurali della provincia del Sindh. Proprio in quest'area si è reso fautore di un programma di sensibilizzazione medica e, negli anni, è riuscito a costruire il primo centro per le cure palliative del Pakistan, che assiste i malati terminali. Nel 2007 ha dato avvio a progetti per la formazione educativa, spirituale, morale e personale di oltre 150 giovani di Hyderabad, con la realizzazione del Catholic Centre of Academic Excellence e del Catholic Youth Development Centre. Durante le terribili inondazioni del 2011 che sconvolsero il Pakistan, il missionario ha prestato soccorso a oltre un migliaio di famiglie del Pakistan meridionale, aiutando nella costruzione di abitazioni per dare riparo alle vittime della catastrofe. La vita di padre McCulloch, dedita all'impegno sociale e assistenziale verso gli ultimi, ha portato al riconoscimento civile da parte del governo pakistano. L'assegnazione del premio ad un prete colpisce perchè il Pakistan, in cui la minoranza cristiana – corrispondente all'1,5% della popolazione a fronte di un 97% musulmano - vive sotto la più violenta minaccia fondamentalista. Solo un anno fa a Islamabad l'odio religioso aveva ucciso Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico per le minoranze religiose e simbolo della lotta per i diritti dei cristiani in Pakistan. (R.P.)

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    Filippine. I vescovi ai giovani: "Digiuno quaresimale da Internet e telefonini”

    ◊   Per la Quaresima i giovani cristiani filippini dovrebbero “fare digiuno da Internet, telefonini, sms”e non semplicemente astenersi dalla carne il venerdì: è la proposta di mons. Joel Baylon, presidente della Commissione per i giovani, nella Conferenza episcopale delle Filippine. La provocatoria riflessione, nota una fonte dell'agenzia Fides nella Chiesa filippina, giunge in un Paese in cui i giovani sono “appassionati e attaccati alle nuove tecnologie, al limite della dipendenza”. L’uso massiccio di telefonini, messaggi sms, Internet, social media, blog, “è parte integrante della cultura giovanile nelle Filippine e i nuovi mezzi di comunicazione hanno assunto una notevole rilevanza sociale politica, culturale e anche nel campo della religione”. In un messaggio mons. Baylon si esprime così sul digiuno quaresimale: “Perché non ridurre il numero di messaggi dei cellulari? Nel nostro tempo, una forma appropriata di digiuno può riguardare i messaggi, il tempo di navigazione in Internet, alcool o tabacco”. Mons. Baylon insistite anche sull’astenersi da “particolari desideri” e a sacrificare “attività di lusso e di piacere”, per intraprendere una “disciplina che abbellisce l’interno dell’uomo”. Secondo statistiche 2009, ci sono nel Paese oltre 72 milioni di abbonamenti a cellulari (che coprono l'80% della popolazione filippina) con circa 1,39 miliardi di sms inviati ogni giorno nelle Filippine. La nazione è definita “capitale mondiale degli sms” e l’uso massivo di tali messaggi è stato determinate nella rivoluzione popolare non violenta del 2001. Le nuove tecnologie e gli sms sono utilizzate anche per l’evangelizzazione: esistono numerosi servizi di sms che inviano meditazioni religiose, parole del Vangelo, preghiere, un servizio promosso e sostenuto dalla Commissione episcopale per le Comunicazioni sociali. (R.P.)

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    Mali: per i vescovi il conflitto al nord aggravato dalla siccità

    ◊   “La situazione umanitaria in Mali era già grave ancor prima della ripresa dei combattimenti nel nord del Paese, a causa della siccità che ha provocato un’emergenza alimentare” dice all’agenzia Fides mons. Jean Zerbo, arcivescovo di Bamako, capitale del Mali, la cui parte nord da alcuni mesi è sconvolta dalla ribellione dei tuareg, che ha costretto alla fuga migliaia di civili. Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sono circa 130.000 gli sfollati interni e i rifugiati negli Stati limitrofi. “In una situazione già critica è riesploso il conflitto nel nord, che ha cause lontane nel tempo, ma che oggi ha aspetti molto complessi perché accanto alla rivendicazioni di autonomia o di indipendenza dell’area, si sono aggiunti il traffico di droga e di persone che sono difficili da controllare. La guerra ha provocato non solo vittime ma anche un gran numero di sfollati, sia nel nord che nel sud” afferma mons. Zerbo. “Abbiamo fatto appello alla Caritas Internationalis per aiutarci, come Chiesa del Mali, nel sostenere i più poveri, per mettere in pratica il Vangelo dando da mangiare e da bere agli affamati e agli assetati, e curando chi ha bisogno di assistenza medica” continua l’arcivescovo di Bamako. Mons. Zerbo indica inoltre gli altri campi in cui si esplica l’azione della Chiesa locale: “In primo luogo, la Chiesa partecipa nell’offrire un’informazione corretta e veritiera su quello che accade nel nostro Paese. La gente deve essere informata non disinformata, senza minimizzare o esagerare la situazione. In secondo luogo, la Chiesa prega per la pace in questa zona. Per questo abbiamo chiesto che tutte le domeniche, in ogni chiesa del Paese, si reciti la preghiera di San Francesco. In terzo luogo la Chiesa è impegnata in tutte le discussioni intraprese per risolvere attraverso il dialogo il conflitto e per preservare l’unità nazionale”. “Ogni cambiamento deve essere fatto per via democratica e non attraverso le armi” conclude l’arcivescovo di Bamako. (R.P.)

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    Sud Sudan: rischio guerra etnica

    ◊   Cresce il timore che il conflitto in Sud Sudan, nello Stato Jonglei, aumenti di intensità e assuma contorni chiaramente etnici e religiosi. È la preoccupazione espressa dalla Caritas internationalis e Catholic relief services (la Caritas made in Usa) che nei giorni passati ha svolto una missione nel neonato Paese, per valutare le conseguenze successive all’indipendenza ottenuta lo scorso mese di luglio. Dal viaggio è emerso che oltre 120.000 persone sono state finora colpite dalla violenza tra la comunità Murle e Lou Nuer nella zona di Jonglei, interi villaggi sono stati rasi al suolo, colpite perfino le donne e i bambini. La Chiesa e i cristiani in Sud Sudan sottolineano il crescente rischio di una guerra interetnica e interreligiosa. Il Consiglio delle Chiese del Sudan, in una recente dichiarazione, ha paventato che “l’odio etnico chiaramente espresso, con scritte sui muri e su internet”, potrebbe trasformarsi in “atrocità su larga scala”. Oltre 2.300 persone sono fuggite dalla piccola città di Boma (su 7.000 abitanti). La maggior parte ha trovato riparo in capanni di paglia allestiti dagli abitanti e il governo locale ha distribuito kit di aiuti forniti dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Ad un giorno di cammino, molto più isolata, vi è la città di Labraap, dove si dice che 10.000 persone siano senza assistenza umanitaria. (M.P.)

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    Il Consiglio delle Chiese plaude la sentenza europea sui respingimenti

    ◊   “Una pietra miliare che segna una svolta per quanto riguarda le responsabilità degli Stati verso i migranti”. Così il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc), saluta la sentenza con cui il 23 febbraio la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l'Italia per i respingimenti verso la Libia, accogliendo il riscorso di 11 somali e 13 eritrei respinti nel 2009 al largo delle coste di Lampedusa. “La decisione – afferma in una nota il pastore luterano – è in linea con il principio del non respingimento previsto dal diritto internazionale che vieta agli Stati di rimandare indietro i richiedenti asilo o i profughi verso un Paese o un territorio in cui rischiano la tortura, trattamenti disumani o degradanti, oppure dove la loro vita e libertà sarebbe a rischio”. Secondo il Consiglio mondiale delle Chiese, anche se si è registrato un aumento del numero di persone che, a causa dell’accresciuta instabilità politica nei loro Paesi e della crisi finanziaria internazionale, cercano di raggiungere i territori di Paesi sviluppati “questo non dovrebbe essere un pretesto per indebolire la protezione dei diritti dei rifugiati. Quale che sia il loro status di rifugiati o di immigrati illegali – sottolinea in conclusione la nota - sono innanzitutto esseri umani e devono quindi essere trattati secondo gli standard internazionali sui diritti umani". Alle parole del pastore Tveit hanno fatto eco quelle del direttore della Commissione per gli Affari internazionali del Wcc Mathews George Chunakara secondo il quale la sentenza della Corte di Strasburgo “è un segno di speranza per centinaia di migliaia di richiedenti asilo e migranti nel mondo che a loro rischio e pericolo cercano di raggiungere lidi più sicuri”. Con la condanna dell'Italia sui respingimenti in mare verso la Libia, è la prima volta che la Corte europea per i diritti umani prende posizione su una violazione che coinvolge stranieri fuori dal territorio di uno Stato. È invece la seconda volta che condanna uno Stato in un caso di espulsione collettiva di stranieri. Il precedente riguardava il Belgio dove gli stranieri erano però presenti nel Paese, mentre nel caso italiano gli stranieri si trovavano ancora nelle acque internazionali. (L.Z.)

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    Chiesa in Europa: a Strasburgo incontro dei vescovi del sud-est

    ◊   I presidenti delle Conferenze episcopali del sud-est Europa s’incontreranno a Strasburgo per incontrare alcuni rappresentanti del Consiglio d’Europa. All’incontro - promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) e la Missione Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa - parteciperanno i presidenti di nove Conferenze episcopali: Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Cipro, Grecia, Moldavia, Romania, la Conferenza Internazionale ‘Santi Cirillo e Metodio’ e la Turchia. Sono “tutte accomunate - sottolinea il Ccee in una nota diffusa ieri e ripresa dall'agenzia Sir - dall’essere Chiesa di minoranza nei loro rispettivi Paesi dell’Europa sud orientale. Attraverso l’aiuto di esperti, all’incontro si parlerà di democrazia e dimensione religiosa del dialogo interculturale, e si discuterà anche delle ultime sentenze presso la Corte europea dei diritti dell’uomo, specialmente legate alla religione e alla Chiesa. Mercoledì 7 marzo nella Cattedrale della città sarà celebrata una “Messa per l’Europa” organizzata dalla Missione vaticana in collaborazione con l’arcidiocesi di Strasburgo. Alla celebrazione, presieduta dall’arcivescovo locale Jean-Pierre Grallet, saranno invitate numerose persone impegnate nelle istituzioni europee: ambasciatori e funzionari del Consiglio d‘Europa, giudici della Corte europea dei diritti dell‘uomo ed anche membri di comunità e organismi ecclesiali che partecipano da vicino al cammino europeo. (R.P.)

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    Malta: l'accensione della Fiaccola di San Benedetto, simbolo di pace

    ◊   Sarà l’isola di Malta ad ospitare, domenica prossima, 4 marzo, la tradizione dell’accensione della Fiaccola di San Benedetto, simbolo di pace, speranza e fraternità. Ad accendere la torcia sarà l’arcivescovo di Malta, mons. Paul Cremona, durante la Messa che sarà celebrata alle 17.30 nella co-cattedrale di San Giovanni a La Valletta. Saranno presenti anche don Pietro Vittorelli, abate dell’Abbazia benedettina di Montecassino, e mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, luogo natale di San Benedetto. Mercoledì 14 marzo, inoltre, la Fiaccola sarà benedetta dal Papa durante l’udienza generale; infine il 20 marzo farà ritorno a Montecassino. Le origini di questo evento risalgono al 1964 con la proclamazione, da parte di Paolo VI, di San Benedetto a Patrono d’Europa. Inizialmente la Fiaccola era chiamata “Pro Europa Una”. Dopo l’avvento dell’Unione Europea, è diventata più semplicemente la “Fiaccola di San Benedetto”. Essa simboleggia la fratellanza e la pace sulla base del Vangelo e al di là delle barriere politiche, ideologiche, e religiose. Dopo l’accensione, ogni anno un gruppo di giovani atleti compie un pellegrinaggio portando la fiaccola in varie città d’Europa. Negli anni passati la Fiaccola è stata accesa a Berlino, Praga, Londra, Roma, Mosca, Gerusalemme. Nel 2001, la torcia è arrivata anche a New York per portare un messaggio di speranza dopo gli attacchi dell’11 settembre, mentre lo scorso anno, per la prima volta, la fiamma è stata accesa a Londra, nel corso di una cerimonia ecumenica nella Westminster Abbey. “La Fiaccola benedettina ci ricorda la nostra comune eredità europea e cristiana - aveva spiegato in quell’occasione don Vittorelli - Nel corso dei secoli, la cultura cristiana ha modellato la storia europea, ed è stata la sua luce nei periodi più bui”, aveva aggiunto. “Oggi, l'Unione Europea rappresenta una comune realtà politica, sociale e culturale tenuta insieme e rafforzata dalle sue varie identità nazionali – aveva ribadito l’abate - La festa di San Benedetto ci aiuterà a ricordare le origini cristiane dell'Europa e a comprendere meglio come questo background abbia formato la cultura e la società europea in passato e continui a farlo anche oggi”. (I.P.)

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    Iniziativa della Fondazione Don Gnocchi per i bimbi disabili

    ◊   Utilizzare la realtà virtuale per la riabilitazione neuromotoria dei bambini con disabilità. E’ questo lo scopo della Campagna di sensibilizzazione della Fondazione Don Gnocchi in cui solidarietà e tecnologia si pongono al servizio dei più svantaggiati. La realtà virtuale, intesa come un insieme di tecniche che consentono una completa immersione visiva e uditiva in un ambiente virtuale, sta trovando grande efficacia e applicazione nei percorsi riabilitativi rivolti a individui con disabilità di natura motoria, cognitiva e sensoriale. La Fondazione Don Gnocchi, sempre attenta nel campo dell’innovazione, si è di recente dotata del “Virtual Reality Rehabilitation System di Khymeia”, un’attrezzatura creata appositamente per favorire la riabilitazione di pazienti in età evolutiva. I bambini affetti da disabilità, oltre che alle tradizionali tecniche praticate dall’Unità di Neuropsichiatria Infantile del Centro Irccs “S. Maria Nascente” di Milano, possono quindi già oggi avvalersi anche del contributo della realtà virtuale, sostenuta e finanziata dai cittadini. Alla campagna è possibile aderire fino al 1° aprile, inviando un sms solidale al numero 45509 e donando 2 euro da qualsiasi operatore mobile o, alternativamente, chiamando lo stesso numero da rete fissa (gestori Teletu, Telecom Italia, Infostrada e Fastweb) e donando 2 o 5 euro. Grazie alla raccolta fondi, tali attrezzature potranno essere utilizzate anche da altri tre Centri “Don Gnocchi”, di cui uno nel Lazio e altri due in Lombardia. (M.P.)

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    È morto Réginald Grégoire il monaco dei santi

    ◊   Nella quiete ancora innevata del suo eremo di San Silvestro in Montefano (Ancona) si è spento domenica scorsa il benedettino Réginald Grégoire. Al suo Nunc dimittis ha consegnato al mondo degli studi oltre seicento pubblicazioni tra monografie, articoli su riviste specializzate, voci in enciclopedie e dizionari, interventi a convegni internazionali. Padre Grégoire, professore universitario presso gli atenei di Stato italiani e docente in varie università pontificie, era nato il 13 luglio 1935 a Bruxelles. Dal 1957 al 1983 - scrive L'Osservatore Romano - ha prestato servizio presso la Santa Sede, come addetto alla Segreteria di Stato. Profondo conoscitore della storia della vita consacrata nel Medioevo, padre Grégoire si interessò sia del monachesimo benedettino che dei canonici regolari della Riforma gregoriana. Autore di numerosi saggi su figure del grande monachesimo medievale, come Pascasio Radberto e Beda il Venerabile, il suo nome resta legato soprattutto agli studi di agiografia o, meglio, di agiologia, come amava filologicamente precisare. La comunità scientifica ricorderà il “monaco dei santi”, attraverso l’imminente pubblicazione di una miscellanea di studi in due volumi, Hagiologica. Studi in onore di Réginald Grégoire, a cura di Alessandra Bartolomei Romagnoli, Pierantonio Piatti e Ugo Paoli. (L.Z.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 59

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