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Sommario del 27/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il cardinale Monsengwo Pasinya predica gli esercizi spirituali della Quaresima al Papa e alla Curia Romana
  • Il Papa: pregare per i cristiani perseguitati in Asia. Mons. Machado: chiediamo solidarietà
  • Sinodo: l'evangelizzazione attuale è spesso "infeconda", ben venga l'Anno della fede
  • Messaggio della Pontificia Commissione per l'America Latina per la Giornata Ispanoamericana
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nuove sanzioni Ue contro Damasco. Mons. Fitzgerald: dialogo e aiuti umanitari
  • Presidenziali in Russia. Sventato attentato contro Putin, oggetto di ampie contestazioni
  • Crisi economica: dal G20 cauto ottimismo sulla situazione in Europa
  • In un Rapporto Ilo, il contributo delle religioni sul lavoro
  • Imu, Centro Studi: lo Stato non finanzia le scuole cattoliche ma chiede di pagare le tasse
  • Val di Susa: in gravi condizioni leader "No Tav"
  • Giornata Malattie Rare: al Teatro romano Quirino in scena "Controvento"
  • Santuario di San Gabriele dell’Addolorata: celebrazioni per il 150.mo della morte
  • Agli Oscar trionfa il fim muto "The Artist"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nord Nigeria: dopo l’attentato alla chiesa l’arcivescovo di Jos chiede di fermare le rappresaglie
  • Siria: i Francescani pregano per la pace
  • Terra Santa: padre Pizzaballa scrive al presidente israeliano per gli attacchi alle chiese
  • Senegal: soddisfazione della Chiesa per la calma post-elettorale
  • India. Appello dei cristiani alle autorità: "Fermate la violenza religiosa"
  • Honduras: i vescovi contro una cultura "che giustifica la violenza"
  • Appello dei vescovi dei Paesi Baschi per la riconciliazione e la pace
  • Parigi: il cardinale Scola apre le Conferenze di Quaresima su etica cristiana e vita sociale
  • Timor Est: cattolici pregano per le strade di Dili alla vigilia delle elezioni
  • Mali: emergenza rifugiati verso Niger, Mauritania e Burkina Faso
  • Caritas Grecia in aiuto dei più deboli
  • Australia: Campagna quaresimale “40 giorni per la vita” contro l’aborto
  • Assisi: concluso l'incontro con le famiglie dei caduti nelle missioni di pace
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il cardinale Monsengwo Pasinya predica gli esercizi spirituali della Quaresima al Papa e alla Curia Romana

    ◊   È il “filo” spirituale della comunione con Dio, sviluppato nella prima Lettera di San Giovanni, a costituire la trama degli esercizi spirituali della Quaresima in corso in Vaticano. Da ieri pomeriggio, e per due volte al giorno, Benedetto XVI e i membri della Curia Romana si riuniscono nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico per seguire le tre meditazioni quotidiane offerte dal predicatore degli esercizi, il cardinale arcivescovo di Kinshasa Laurent Monsengwo Pasinya.

    Le meditazioni odierne, dal titolo” Comunione e vita”, affrontano il tema di Dio “vita”, “luce” e “verità”. Gli esercizi spirituali termineranno sabato mattina, 3 marzo: fino ad allora, come di consueto, sono sospesi tutti gli impegni del Papa, compresa l’udienza generale di mercoledì prossimo.

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    Il Papa: pregare per i cristiani perseguitati in Asia. Mons. Machado: chiediamo solidarietà

    ◊   “Perché lo Spirito Santo conceda perseveranza a quanti, particolarmente in Asia, sono discriminati, perseguitati e messi a morte a causa del nome di Cristo”. E’ l’intenzione missionaria di preghiera di Benedetto XVI per il mese di marzo. Sulla testimonianza dei cristiani dell’Asia per tutta la Chiesa, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo indiano di Vasai, mons. Felix Anthony Machado:

    R. - Abbiamo bisogno di questa solidarietà, della preghiera della Chiesa universale e che il Santo Padre preghi per noi quando ci troviamo in queste situazioni. E’ veramente apprezzabile la perseveranza di coloro che seguono il cammino cristiano della fede. C’è una cosa che ci fa molto dispiacere: il governo esercita una certa discriminazione verso i cristiani che non hanno quindi i diritti che dovrebbero avere, come le persone appartenenti ad altre religioni. La Chiesa, qui e là, è perseguitata e viene disturbata la vita stessa della Chiesa. Questo è veramente triste.

    D. - Già Tertulliano diceva: “Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. Quanto è importante la testimonianza dei martiri cristiani in India, in Asia?

    R. - Questa - senza dubbio - è la storia della Chiesa. Quando siamo perseguitati, per il bene che noi facciamo, la Chiesa diventa ancora più credibile. Anche come reagiamo è molto importante: quando la Chiesa reagisce aderendo a Gesù Cristo e alle sue parole, la vita della Chiesa fiorisce ancora di più.

    D. - Come i fedeli dell’India vivono il tempo forte della Quaresima?

    R. - In India, questo tempo è vissuto sempre in modo notevole. Abbiamo cominciato la Quaresima con il Mercoledì delle Ceneri e posso dire che nella parrocchia, dove come vescovo sono andato per l’imposizione delle Ceneri, sono stati migliaia a venire per ricevere le ceneri. C’è poi l’entusiasmo della gente, che volontariamente vive questo periodo facendo tanti sacrifici, perché veramente vogliono la conversione. Questo, come pastore della Chiesa, mi fa tanto felice. (mg)

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    Sinodo: l'evangelizzazione attuale è spesso "infeconda", ben venga l'Anno della fede

    ◊   “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” è il titolo del prossimo Sinodo dei vescovi, in programma in Vaticano dal 7 al 28 ottobre di quest’anno. La bozza dell’Instrumentum laboris del Sinodo è stata oggetto di esame nei giorni scorsi, durante la riunione del 12.mo Consiglio ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Come si trasmette il Vangelo, quando in tanti oggi gli restano indifferenti? La “crisi della fede” attuale è dunque anche una “crisi di trasmissione” della fede stessa. Attorno a questo nodo, si è sviluppata la discussione dei cardinali e dei presuli che hanno preso parte alla riunione in Vaticano della Segreteria generale del Sinodo, presieduta dal suo responsabile, l’arcivescovo Nikola Eterović. Complice la celebrazione del recente Concistoro, la riunione sinodale è stata concentrata nella giornata del 16 febbraio e ad attirare maggiormente l’attenzione, informa una nota ufficiale, sono state quelle parti della bozza dell’Instrumentum laboris relative all’“identità dei destinatari della nuova evangelizzazione” e all’“identità del cristiano nella sua relazione con il Vangelo” e con Cristo, ovvero “il Vangelo stesso”.

    Analizzando i problemi legati alla trasmissione della fede, i partecipanti alla riunione hanno riconosciuto “l’infencondità dell’evangelizzazione attuale”, anche “in presenza di certi influssi” della cultura contemporanea “che rendono particolarmente difficile la trasmissione della fede e rappresentano al contempo una sfida per i cristiani e per la Chiesa”. Sfida che guarda anzitutto alla famiglia, definita “il luogo originario della trasmissione della fede” – sia per i contenuti che per la prassi – e alla catechesi “svolta nelle istituzioni ecclesiali, soprattutto attraverso la liturgia con i Sacramenti e l’omelia, oppure dando spazio alle missioni parrocchiali, alla pietà popolare, ai movimenti, alle comunità ecclesiali”. La conclusione della nota guarda con fiducia all’Anno della fede. “Sarà – scrivono i membri della Segreteria del Sinodo – un’occasione propizia per approfondire il dono della fede ricevuto dal Signore per viverlo e trasmetterlo agli altri”.

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    Messaggio della Pontificia Commissione per l'America Latina per la Giornata Ispanoamericana

    ◊   “Impegnati con l’America nella Nuova evangelizzazione”: questo il tema della “Giornata Ispanoamericana” delle diocesi spagnole, che si celebrerà domenica prossima, 4 marzo. Per l’occasione, il cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, ha redatto un ampio messaggio in cui si legge: “Oggi, la Chiesa in Spagna e la Chiesa in America affrontano sfide simili. La loro ricca tradizione cattolica corre il rischio di una graduale erosione”. E qui il porporato cita “la secolarizzazione che avanza ovunque”, “le ostilità contro la presenza della Chiesa ed il suo messaggio”, “la corrente edonistica e relativistica della società del consumo”. In questo contesto, scrive il cardinale Ouellet, “la trasmissione della fede è diventata un compito arduo. Non basta più fare appello alle radici cristiane”, bensì “bisogna attualizzare, riformulare e rivitalizzare la tradizione cattolica, radicandola più profondamente nei cuori delle persone, nella vita delle famiglie e nella cultura dei popoli, affinché risplenda come bellezza di verità, promessa di felicità e novità di una vita più umana per tutti”. D’altronde, continua il porporato, oggi “circa l’80% dei latinoamericani è battezzato e la Chiesa cattolica continua ad essere una delle istituzioni che suscita maggior fiducia e credibilità nelle popolazioni”. E questo “è frutto della fecondità della prima evangelizzazione, della profonda inculturazione della fede nella vita di quei popoli e del radicamento secolare del cristianesimo”. Tutto ciò, ribadisce il cardinale Ouellet, si riscontra nonostante “le carenze dell’evangelizzazione, una cura pastorale e catechetica molte volte insufficiente e la scarsità di sacerdoti”. Poi, il presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina ricorda che l’indipendenza dei Paesi latinoamericani dalla Spagna, avvenuta in molti casi duecento anni fa, “non è stata in alcun modo una rottura con la ricchezza che la penisola iberica ha prodotto nel campo della lingua, della cultura e della religione”. In questo senso, i destini delle due aree geografiche “sono indissolubilmente uniti”; quindi, continua il porporato, “bisogna rafforzare la cooperazione spirituale, personale ed economica tra di esse”. Si tratta di “precisi vincoli sociali di solidarietà, di scambi culturali, di una comunione e collaborazione più intensa tra le Chiese, di tutto ciò che serve per propagare e sostenere la trasmissione della fede, come sfida principale della Nuova evangelizzazione”. Di qui, l’invito del cardinale Ouellet affinché la Chiesa in Spagna intensifichi la sua opera missionaria in quattro modi diversi: “aprendo il cuore alle famiglie e alle comunità di immigrati latinoamericani che vivono in Spagna”, le quali, “fedeli alla tradizione cristiana”, necessitano di “vicinanza colma di carità, di evangelizzazione e di catechesi”; “riconoscendo il prezioso servizio prestato dalle Università e dagli Istituti superiori di teologia che, in Spagna, accolgono i sacerdoti latinoamericani”; “accogliendo i sacerdoti provenienti dall’America Latina”; “rinnovando la memoria del meraviglioso spettacolo di santità e comunione ecclesiale vissuto durante la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid”, anche in vista della prossima GMG di Rio de Janeiro, che si terrà nel 2013, e alla quale “è giunta l’ora di passare il testimone”. Infine, il cardinale Ouellet si affida all’intercessione della Vergine Maria, “Stella della Nuova evangelizzazione”, ricordando che, come afferma il Documento finale di Aparecida, il mondo aspetta di ricevere la Buona Novella “non da evangelizzatori tristi e senza speranza, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi il fervore di coloro che per primi hanno ricevuto la gioia di Cristo e sono disposti a consacrare la propria vita all’annuncio del Regno di Dio e alla costruzione della Chiesa nel mondo”. (A cura di Isabella Piro)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quando Dio è nel deserto: all'Angelus l'invito a vivere la Quaresima in spirito di conversione.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la guerra civile strisciante in Nigeria.

    Quando l'Europa s'illuminò per festeggiare Vienna liberata: in cultura, Andrea Sommer-Mathis sull'elaborazione mediatica del 12 settembre 1683.

    Quanta cultura nei cosiddetti "secoli bui" del barocco praghese: Petronilla Cemus sugli atti del convegno "Bohemia Jesuitica. 1556-2006".

    Una poltrona per due: Marcello Filotei racconta la difficile convivenza tra Domenico Mustafà e Lorenzo Perosi, maestri della Cappella Musicale Pontificia.

    Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo "La scelta vintage di Hollywood": agli Oscar trionfo dello splendido "The Artist".

    Il Quirinale e le vestigia di Quirino: Louis Godart, consigliere per la Conservazione del patrimonio artistico del presidente della Repubblica italiana, su restauri architettonici e scavi archeologici presso la dimora dei Papi e dei Presidenti.

    E' morto Réginald Grégoire, il monaco dei santi.

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    Oggi in Primo Piano



    Nuove sanzioni Ue contro Damasco. Mons. Fitzgerald: dialogo e aiuti umanitari

    ◊   All’indomani del referendum sulle riforme costituzionali in Siria, boicottato dai movimenti antigovernativi, i ministri degli esteri dell’Ue hanno approvato un nuovo pacchetto di sanzioni contro il governo siriano. Intanto la repressione continua: numerosi i morti anche oggi, in particolare ad Homs. Solo pochi giorni fa la comunità internazionale aveva nuovamente condannato le violenze del regime nel contesto della conferenza dei Paesi amici della Siria svoltasi a Tunisi. A seguire i lavori c'era anche mons. Michael Fitzgerald, nunzio al Cairo e osservatore per la Santa Sede presso la Lega Araba. Stefano Leszczynski gli ha chiesto quale sia stata l'importanza di questa conferenza:

    R. - La Conferenza di Tunisi ha dimostrato la preoccupazione del mondo, sulla situazione in Siria. La cosa evidente è che il governo siriano non era presente: erano presenti i rappresentanti del Consiglio nazionale siriano - dunque dell’opposizione - ma non il governo. È stato un incontro di amici del popolo siriano e non dell'attuale governo della Siria. Le conclusioni sono quelle di assicurare un aiuto umanitario che è molto importante, perché ci sono tante vittime, di avere una garanzia dallo Stato e dal governo siriano, e di permettere l’entrata di medici, medicinali e cibo per le persone.

    D. - Questa crisi appare molto diversa da quelle che abbiamo visto nel Mediterraneo. La comunità internazionale sembra però un po’ spiazzata nel cercare di comprendere come affrontare questo momento e come aiutare il popolo siriano...

    R. - Dunque non erano presenti a Tunisi né la Russia, né la Cina, le quali hanno posto il veto al Consiglio di Sicurezza, ma nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, c’era una grande maggioranza, che ha condannato il governo siriano nel suo atteggiamento di violenze verso l’opposizione. Dunque, c’era grande solidarietà da parte di molti Paesi direi, per una soluzione democratica, una soluzione pacifica. Si cerca di evitare un conflitto, una guerra civile. La decisione di inviare Kofi Annan, come delegato speciale per vedere se si può negoziare è molto importante. Dunque c’è la volontà di negoziare; il Consiglio siriano dice che sono pronti a negoziare con elementi del governo attuali. Dunque, si deve individuare quali siano questi elementi. (bi)

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    Presidenziali in Russia. Sventato attentato contro Putin, oggetto di ampie contestazioni

    ◊   In Russia, è stato sventato un attentato contro il premier Vladimir Putin, candidato alle presidenziali del 4 marzo prossimo. Secondo fonti locali, confermate dal Cremlino, le forze speciali russe e ucraine hanno arrestato un gruppo di tre militanti ceceni, già nella lista dei ricercati internazionali, che miravano ad assassinare il premier dopo le elezioni. Gli uomini sono attualmente detenuti a Odessa, in Ucraina. Intanto, continuano le contestazioni dell’opposizione. Al microfono di Massimiliano Menichetti, l’esperto di Russia, il prof. Vittorio Strada, docente di Lingua e letteratura russa all'Università Ca' Foscari di Venezia:

    R. - Sì, si sta creando un’atmosfera molto tesa. Forse c'è stata una congiura, un complotto per questo attentato. Altri pensano, invece, che sia stato congegnato come mossa, come azione della campagna elettorale pro-Putin. Tutti avvertono - sia gli oppositori del regime, sia i rappresentanti del regime stesso, Putin in testa - che si tratta di un’elezione di estrema importanza: sia sul piano interno, sia per la politica internazionale.

    D. - Professore, a Mosca - una delle città più rappresentative - secondo il Ministero dell’interno, 11 mila persone sono scese in piazza pacificamente contro Putin, per chiedere anche elezioni libere e secondo gli organizzatori invece 40 mila…

    R. - C’è una mobilitazione da parte dell’opposizione extraparlamentare - o "extrasistema", come viene detto in Russia - che è stata una novità anche per il regime stesso. Tale mobilitazione è cresciuta in questi ultimi due mesi e si sta intensificando in questi ultimi giorni.
    D. - A queste manifestazioni si contrappongono quelle di Putin: una settimana fa, 100 mila persone, 130 mila secondo gli organizzatori, sono convenute nello stadio di Mosca. Tutti i sondaggi danno per vincente l’attuale premier…

    R. - Gli oppositori contano soltanto sulle proprie forze e sulla spontaneità dell’adesione, minoritaria indubbiamente. Le manifestazioni più massicce sono quelle sostenute dal potere e quelle sono veramente - diciamo - più di massa, perché agisce un sistema che è alle spalle di Putin. Putin non è una specie di superuomo, ma ha alle spalle un sistema di potere: economico, finanziario, politico, industriale, militare. Si tratterà di vedere gli incerti come voteranno e quello che avverrà in questi giorni, in questa settimana precedente le elezioni: se ci saranno colpi di scena, atti e capaci di agire e influenzare quel margine di persone oscillanti tra la promessa di stabilità e di potenza statale e militare, promessa garantita da Putin, e invece le forze dell’opposizione che considerano quella di Putin una politica disastrosa, che porterà prima o poi la Russia a una situazione insostenibile.

    D. - Sul fronte interno, Putin sta incassando anche l’appoggio sul riarmo del Paese: uno scenario possibile?

    R. - C’è una politica di riarmo grandiosa: 23 trilioni di rubli sono stati dichiarati. Putin ha fatto tutta la propaganda su questo: è uno dei suoi punti di forza perché considera la Russia sola, isolata, di fronte all'America e alla Nato che vorrebbero ridurne la potenza. La prospettiva del riarmo e della ripresa in forza del complesso industriale-militare certamente conterà sul futuro del Paese.

    D. - Per quanto riguarda lo sguardo sulla politica estera, la Russia sta giocando un ruolo di "equilibrismo" sia nella situazione in Iran, sia nella situazione in Siria…

    R. - Putin ha dichiarato che la Russia non è interessata all’ampliamento del "club" delle potenze nucleari, qualunque esse siano, anche nel caso dell’Iran, perché questo comporterebbe dei rischi generali che investirebbero la Russia stessa. Ma naturalmente non vuole cedere e, di fatto, sostiene a spada tratta l’Iran, insieme alla Cina, e sostiene il governo di Assad, in Siria. Putin ha parlato di diritti umani come di una campagna demagogica dell’Occidente… C’è quindi questa atmosfera molto tesa e nei prossimi giorni la situazione si farà ancora più complessa per questa battaglia cruciale per la democrazia nella Federazione Russa. (mg)

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    Crisi economica: dal G20 cauto ottimismo sulla situazione in Europa

    ◊   Il Parlamento tedesco vota nel pomeriggio il pacchetto di aiuti per la Grecia e il cancelliere Angela Merkel potrebbe essere costretta a contare sui voti dell'opposizione per controbilanciare i voti in uscita della propria maggioranza. Intanto cauto ottimismo è stato espresso dal summit messicano del G20, secondo cui l'Europa ha fatto importanti progressi negli ultimi mesi, anche se molti Paesi continuano a rimanere in recessione. Salvatore Sabatino ha chiesto una valutazione sull’incontro a Ugo Bertone, direttore di Finanza e Mercati:

    R. – Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, è caduta la pressione sull’Italia. Al precedente G20 era di grande attualità mandare degli “sceriffi” per controllare che non mentissimo; oggi gli ispettori del Fondo possono venire in Italia, saranno i benvenuti, ma non avranno il compito degli 007. Invece, se vediamo il bicchiere mezzo vuoto diciamo che la Germania ha continuato a fare muro e a rifiutarsi di aumentare la dotazione dei fondi europei. A questo punto, gli altri Paesi hanno detto: “Se voi europei non vi muovete, noi non ci muoveremo per primi o indipendentemente. Prima aprite il portafogli voi, poi paghiamo noi”.

    D. – Il presidente della Bce, Draghi, da parte sua ha invocato una riforma del mercato del lavoro sull’esempio di quella realizzata in Germania. E’ possibile applicare questo modello a tutti i Paesi europei?

    R. – E’ necessario, più che altro. Se questo non avverrà assieme ad un atteggiamento fiscale comune, credo che i tentativi – tra cui lo sforzo che la Bce sta facendo sul fronte del finanziamento delle banche – serviranno semplicemente a guadagnare tempo; ma tra un anno, un anno e mezzo saremo al punto di prima. Una moneta unica può reggere dieci anni, come ha retto l’euro; ma se non si fanno passi successivi sulla strada dell’organizzazione dell’economia e del fisco, non si va da nessuna parte.

    D. – Complessivamente, possiamo dire che l’impegno del G20 è fortemente orientato alla crescita e all’occupazione: non sono stati un po’ sottovalutati questi due aspetti nei piani di risanamento presentati dai Paesi in difficoltà?

    R. – Ci sono due filosofie a confronto. La filosofia americana, che orienta anche la Federal Reserve, ed è per la massimizzazione dei posti di lavoro, indipendentemente dalla sanità delle finanze pubbliche, anche perché gli americani possono permetterselo. La regia europea – tedesca – ritiene invece che questo serva soltanto a creare ricchezza fittizia ed a creare problemi, più che altro ad evitare che i Paesi più cicale non prendano i dovuti impegni. Ecco, i tedeschi non si fidano ad allargare i cordoni della borsa, perché pensano che tutto sommato gli spagnoli sono i soliti spagnoli e gli italiani – soprattutto – i soliti italiani.

    D. – La crisi Greca continua ad essere una questione irrisolta: c’è ancora il pericolo che il Paese ellenico possa andare in default?

    R. – Penso di sì. Soprattutto penso che il cosiddetto “salvataggio” sia servito a mettere in sicurezza il mondo finanziario, anche perché nessuno ha un quadro chiaro di quanti contratti derivati, di quanti Cds siano in circolazione sulla Grecia. Quindi, un default la settimana scorsa poteva essere più devastante di quello dei Lehman Brothers. Infatti, noi sappiamo che la Grecia oggi viene finanziata intorno ai 250 miliardi - la cifra sarebbe stata solo di 100 miliardi se ci fossimo mossi due anni fa - ma dietro questi 250 miliardi, nel caso ci fosse stato un fallimento, probabilmente c’erano contratti forse per oltre mille miliardi. Ecco: quindi, si sono salvate le banche. Adesso si passa alla situazione greca, quella vera, quella realistica e credo che bene o male i veri nodi politici debbano ancora venire al pettine. C’è un aneddoto: l’altro ieri, la Germania ha offerto alla Grecia 160 ispettori fiscali volontari, che dovrebbero andare in Grecia ad aiutare a raccogliere le tasse. L’offerta è stata accolta, ma i giornali di ieri, ad Atene, già annunciavano una mobilitazione contro l’ultima versione della “Wehrmacht”, come l’hanno definita. (gf)

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    In un Rapporto Ilo, il contributo delle religioni sul lavoro

    ◊   “Convergenze: lavoro dignitoso e giustizia sociale nelle tradizioni religiose“: è il titolo di un rapporto pubblicato dall’Ilo, l’Organizzazione internazionale del Lavoro. Si tratta di uno studio che raccoglie le posizioni e i riferimenti al lavoro nelle tradizioni di diverse confessioni religiose. Nei prossimi giorni avremo ai nostri microfoni un esponente del Cattolicesimo, uno dell’Ebraismo e uno dell’Islam. Oggi per capire innanzitutto il significato dell’iniziativa, Fausta Speranza ha intervistato Pierre Martinot-Lagarde, che è consigliere per gli affari religiosi del presidente dell'Ilo, Juan Somavia, e responsabile delle relazioni esterne dell'Agenzia delle Nazioni Unite:

    R. – Because Ilo has good working relationship with a number of religious …
    L’idea è nata perché l’Ilo ha buoni rapporti di lavoro con un certo numero di gruppi religiosi, e così abbiamo deciso di costruire su questi rapporti. Abbiamo innanzitutto organizzato una serie di incontri: il mio predecessore, padre Dominique Pecoud ne aveva organizzato uno nel 2003 che ha avuto una buona partecipazione. L’anno scorso abbiamo tenuto una serie di seminari e l’intenzione era di renderli il più possibile “globali”. Quindi, ne abbiamo tenuto uno in America Latina, due in Africa e uno a Ginevra. Purtroppo, ci manca l’Asia …

    D. – Il titolo del volume comincia con la parola “Convergenze” …

    R. – It was important to put “convergences” in the title, because that’s what …
    Ci sembrava importante inserire “Convergenze” nel titolo, perché questo è quello che è risultato dai seminari. Penso alle convergenze sui valori, perché penso che l’Ilo sia un’organizzazione fortemente fondata sui valori. La sua Costituzione afferma che non può esserci pace duratura senza giustizia sociale; inoltre, le tradizioni religiose ben rientrano in questo contesto. Abbiamo parlato – ovviamente – della dignità umana nel mondo del lavoro: un lavoro decente e la dignità nel lavoro sono essenziali. Abbiamo parlato di solidarietà e sicurezza, di sicurezza per le persone; abbiamo parlato dell’impegno per la giustizia sociale …

    D. – Viviamo in un’epoca di estremismi e di crisi economica. Quale potrebbe essere il ruolo delle religioni per il lavoro?

    R. – I think, insisting on the value and dignity of work is essential today. …
    Penso che insistere sul valore e sulla dignità del lavoro sia essenziale, oggi. A volte, forse, mettiamo l’accento troppo sull’aspetto finanziario, sul denaro. Passiamo tra le otto e le dieci ore al giorno, alcuni dalle 12 alle 16 ore al giorno, lavorando. Se il tempo che passiamo lavorando non ha un significato, non ha un senso, non dà dignità alla persona, penso che stiamo perdendo qualcosa. Credo che il ruolo della religione sia essenziale per ricordarci proprio questo.

    D. – C’è da ricordare il divario che esiste tra persone che lavorano troppo e persone che non hanno un lavoro …

    R. –Yes, there are many gaps. There are gaps between those who work too much …
    Sì, ci sono diversi divari. C’è il divario tra coloro che lavorano troppo e coloro che lavorano troppo poco, tra chi ha troppo e chi ha troppo poco, tra Paesi che hanno di più e Paesi che hanno di meno … Penso che la globalizzazione abbia portato un certo dinamismo all’economia mondiale insieme però con un forte aumento nell’ineguaglianza. Tornando al lavoro, un aspetto essenziale è che il lavoro è essenziale per la responsabilità dell’uomo. La dottrina sociale della Chiesa è fortemente radicata in una visione personalistica: noi pensiamo che avere fiducia nella persona sia essenziale. E io penso che questo debba essere applicato al moderno mondo del lavoro: dare fiducia alla persona in funzione delle sue capacità di rendere questo mondo migliore. Questo è un contributo essenziale. (gf)

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    Imu, Centro Studi: lo Stato non finanzia le scuole cattoliche ma chiede di pagare le tasse

    ◊   Resta forte l’allarme nel mondo ecclesiale per gli effetti deleteri che il pagamento della tassa Imu, la nuova Ici, potrebbe avere sulle scuole cattoliche, in particolare su quelle dell'infanzia, che ne rappresentano i tre quarti. Mons. Michele Pennisi, segretario della Commissione Cei per l'Educazione, ha già ricordato che ''la legge del 2000 voluta da Berlinguer prevede che le scuole non statali abbiano gli stessi diritti degli alunni delle scuole statali” e che esse non regalano diplomi in cambio di quattrini, ma sono invece dei servizi educativi alle persone, soprattutto alle fasce più deboli. Sulla delicata questione, il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, ha annunciato che il governo valuterà oggettivamente la materia in settimana, per trovare la soluzione migliore. Al momento, tra i criteri di esenzione previsti dalle norme sull’Imu per i beni della Chiesa, il più importante riguarda le scuole la cui attività non chiude con un risultato superiore al pareggio economico. Su questo aspetto, Antonella Palermo ha sentito il prof. Sergio Cicatelli, direttore del Centro Studi Scuola Cattolica:

    R. - Le scuole cattoliche - soprattutto quelle che dipendono direttamente dalle autorità ecclesiastiche, in quanto gestite da Istituti religiosi, da diocesi o parrocchie - sono tutti enti no-profit che non solo non traggono nessun guadagno dalla gestione di queste scuole, ma ci vanno a rimettere. La prova è il fatto che ogni anno, purtroppo, si chiudono decine e forse centinaia di scuole cattoliche. Diciamo che, in linea di massima, non ci si arricchisce istituendo e gestendo una scuola, anzi di solito è stata l’iniziativa autonoma di questi enti religiosi che ha supplito con proprie risorse alle perdite di gestione che inevitabilmente si vanno a creare. Teniamo presente che le rette richieste dalle scuole cattoliche sono sempre ai limiti della sopravvivenza e ricordiamo anche che più del 10 per cento degli alunni di scuola cattolica fruiscono di una riduzione diretta.

    D. - Quanto rendono allo Stato le scuole cattoliche?

    R. - Una ricerca, fatta un paio di anni fa e riconosciuta come valida anche dal Ministero dell’istruzione, aveva rilevato che il risparmio per lo Stato è di cinque miliardi e mezzo di euro l’anno, sulla totalità delle scuole paritarie e non solo sulle scuole cattoliche. Tenendo presente che le scuole cattoliche sono, appunto, i due terzi di quelle paritarie, è facile un confronto.

    D. - Perché nel resto d’Europa le scuole cattoliche sono sovvenzionate dallo Stato e, invece, in Italia la situazione è diversa?

    R. - Credo sia fondamentalmente una ragione di carattere culturale e ideologico. Da noi c’è l’equivoco sul significato pubblico della scuola, dove per “pubblico” di solito si intende la natura del gestore e non il servizio che viene reso. Ci domandiamo davvero più chi ci sia dietro che non chi ci sia davanti? Altrove, nel resto d’Europa, è perfettamente normale considerare pubbliche tutte le scuole, perché svolgono tutte un servizio pubblico e di conseguenza altrove lo Stato interviene in vario modo: o retribuendo gli insegnanti direttamente o accollandosi spese di vario genere o contribuendo in vario modo. Dobbiamo tener conto anche del fatto che l’anomalia è tutta italiana sia nel numero, sia nella modalità di gestione, perché altrove l’incidenza delle scuole non statali è maggiore che non Italia.

    D. - Lei è uno degli interlocutori della scuola cattolica presso il Ministero dell’istruzione-università e ricerca, come potrà incidere - se potrà farlo - la sua voce, il suo contributo in un eventuale cambiamento di rotta?

    R. - Personalmente, credo di poter fare molto poco, perché il nostro Centro studi si limita a fornire documentazione, risultati di ricerca, spunti di riflessione. Tocca poi ad altri - alle Federazione delle scuole cattoliche, alle associazioni del settore - cercare di fare le pressioni possibili e opportune per cercare di ottenere delle condizioni migliori. Mi auguro che si riesca a ottenere qualcosa, anche perché sarebbe assolutamente paradossale penalizzare delle scuole che offrono un servizio pubblico: non si vede per quale motivo debbano andare a pagare un’imposta che non viene chiesta ad altre scuole… Il problema non è solo un problema di costi, ma è un problema di cultura, di libertà di educazione, di libertà di scelta educativa da parte delle famiglie. Sono dei diritti costituzionali che poi debbono essere resi concreti dalle condizioni materiali, attraverso le quali è possibile esercitarli. (mg)

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    Val di Susa: in gravi condizioni leader "No Tav"

    ◊   In Val di Susa sono cominciati stamani i lavori per l’ampliamento del cantiere della Tav Torino - Lione. Uno dei leader storici del ‘Movimento No Tav’, Luca Abbà, è in gravissime condizioni dopo essere caduto da un traliccio dell’alta tensione, su cui era salito per protestare contro gli espropri dei terreni nell’area del cantiere. Fiom e comunità montana hanno chiesto la sospensione dei lavori. La tensione resta alta, come conferma al microfono di Amedeo Lomonaco il direttore del settimanale diocesano "La Valsusa", don Ettore De Faveri:

    R. - Da parte dei "No Tav" si continua a dire che sono lavori non necessari, che possono essere lavori simbolici, ma non sono legati esattamente a quello che sarà poi il problema della discenderia {n.d.r. galleria utilizzata per il trasporto di materiali}. Se lo Stato ritiene quel luogo strategicamente determinante, lo spieghi.

    D. - E’ iniziata la fase dell’esproprio dei terreni. Quale è il vostro appello?

    R. - Come giornale diocesano abbiamo chiesto, chiediamo e richiediamo alle istituzioni di cercare comunque in dialogo con le parti. L’impressione è che in questo momento si tratti, purtroppo, di un dialogo tra sordi da entrambe le parti…. Bisogna che le autorità dello Stato e la Regione si sforzino fino all’inverosimile nel cercare un dialogo, perché così non si va avanti.

    D. - E’ necessario riprendere il dialogo, ma c’è il timore - espresso anche dal capo della Polizia, Manganelli - che le proteste possano degenerare…

    R. - Credo che sia un giusto richiamo quello del capo della Polizia su questo pericolo. Il fiammifero è in mano, basta un niente che possa far esplodere la situazione e che questa possa degenerare anche in forme pericolose, addirittura col pericolo della morte. (mg)

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    Giornata Malattie Rare: al Teatro romano Quirino in scena "Controvento"

    ◊   Oggi si celebra la Giornata Mondiale delle Malattie Rare. Questa sera al Teatro romano "Quirino", alla presenza del vescovo ausiliare eletto della diocesi di Roma, mons. Lorenzo Leuzzi, andrà in scena lo spettacolo “Controvento”. Il servizio di Massimo Pittarello:

    Si celebra oggi la “Giornata Mondiale delle Malattie Rare”. Patologie che si definiscono tali quando sono contratte da meno di 5 persone ogni diecimila abitanti. Questa loro rarità comporta grandi difficoltà nella raccolta dei dati e nella capacità di programmare investimenti efficaci per lo studio e la ricerca di una cura. Malattie che quindi rimangono spesso incurabili, e che, oltre al paziente, coinvolgono per anni intere famiglie. Alla presenza di mons. Lorenzo Leuzzi, questa sera al Teatro Quirino andrà in scena “Controvento”, spettacolo promosso dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute, che per la prima volta porta in scena vere storie di individui affetti da malattie rare. Il regista, Paolo Triestino, ci racconta l’approccio a questa difficile rappresentazione:

    “Abbiamo buttato giù un sogno: proviamo a fare incontrare teatro e malattia, diamo un senso al nostro mestiere di attori e di scrittori, cerchiamo di raccontare qualcosa di utile, qualcosa che ci faccia sentire utili. E’ il teatro che scende sempre più nel cuore della gente, delle persone, e noi lo abbiamo affrontato con un sentimento fondamentale: il rispetto. E’ facile far commuovere così. Noi attori non ci dobbiamo commuovere ma dobbiamo essere essenziali, scarni, il più possibile asciutti. Non deve arrivare il dolore. Deve arrivare un’altra cosa, che è il senso di solitudine, il senso – a volte – di impotenza dei malati di malattie rare. Loro si scontrano davvero molto spesso con un muro di gomma”.

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    Santuario di San Gabriele dell’Addolorata: celebrazioni per il 150.mo della morte

    ◊   Il Santo dei giovani, il Santo della gioia cristiana. Così viene chiamato San Gabriele dell’Addolarata, al secolo Francesco Possenti. Ieri sono iniziate le celebrazioni per il 150.mo anniversario della sua morte, che si tengono ad Isola del Gran Sasso, dove sorge il Santuario. Oggi la memoria liturgica del Santo viene celebrata solennemente alla presenza del preposito generale della Congregazione della Passione di Gesù Cristo, padre Ottaviano D’Egidio, e del vescovo di Teramo-Alatri, mons. Michele Seccia. Un Santuario, quello di San Gabriele, visitato ogni anno da migliaia di giovani. Quale è il suo messaggio? Debora Donnini lo ha chiesto a padre Vincenzo Fabri, passionista, addetto stampa del Santuario:

    R. – In fondo lui è stato un giovane come oggi ce ne sono tanti. Un giovane che è vissuto fino a 18 anni nell’alta società di Spoleto di metà Ottocento, che aveva le stesse problematiche che hanno i giovani di oggi: desiderio di cose alte, paura di buttarsi. Ha cercato di realizzare tutto questo dandosi alla bella vita: amava la danza, amava anche lo studio, amava le belle compagnie, amava il teatro … Tutto questo però, pur essendo bello, non gli riempiva il cuore. A 18 anni capisce che solo Dio poteva riempirlo: lascia tutto ed entra in uno sperduto convento e in pochi anni – in cinque anni e mezzo – realizza il cammino della santità.

    D. – In che senso realizza il cammino della santità? Accettando, per esempio, la sua malattia? Lui morirà di tubercolosi …

    R. – Sì. Accettando la sua malattia ma soprattutto dandosi totalmente al Signore in una vita molto semplice, lineare ma profonda perché vissuta con grande intensità, con grande impegno nelle cose ordinarie della vita. In fondo è chiamato anche il Santo della quotidianità e dell’ordinarietà. Uno che ha lavorato con il cuore, diceva il suo direttore spirituale. Ha messo tutto se stesso in ogni cosa che faceva.

    D. – Voi che cosa proponete ai giovani che vengono al Santuario?

    R. – Ai giovani proponiamo vari cammini di impegno nella vita cristiana, soprattutto nella vita parrocchiale e poi anche, per chi vuole, nella vita religiosa. Il messaggio di San Gabriele è il messaggio di un giovane che ci ha provato, ce l’ha fatta perché ha capito quali erano le cose fondamentali della vita.

    D. - San Gabriele è chiamato – appunto – il Santo della gioia cristiana. Ma che cos’è la gioia cristiana?

    R. – La gioia che per lui non era riposta nelle cose ma in Qualcuno, nel Signore, e poi in Maria Addolorata. Lui, appena entrato in convento, scriveva al padre: la mia vita è una gioia continua. Non cambierei un quarto d’ora di questa vita con tutto quello che avevo nel mondo. Eppure di cose ne aveva ma ha scoperto Chi è che, solo, può riempire davvero il cuore.

    D. – Al Santuario avvengono conversioni...

    R. – Il Santuario è un luogo privilegiato per le conversioni, perché è uno dei Santuari in cui, forse, si confessa di più in Italia. La domenica siamo in 25-30 a disposizione solo per le confessioni; sono tanti coloro che si accostano al Santo, desiderosi forse anche di qualche miracolo, di qualche grazia ma soprattutto di ritornare a Dio, di fare sul serio questo cammino di conversione che, in fondo, è lo stesso cammino che ha saputo fare San Gabriele.

    D. – Quali sono i momenti forti di queste celebrazioni per il 150.mo anniversario della sua morte?

    R. – I momenti forti, a parte l’apertura, sarà quello della "festa dei 100 giorni agli esami di maturità", quando almeno 10 mila giovani studenti arriveranno il 12 marzo, per fare una giornata di ritiro spirituale e prepararsi, così, agli esami di maturità. E poi altre celebrazioni nel corso dell’anno, sempre con varie presenze giovanili, come la tendopoli di fine agosto; e ancora, grandi celebrazioni per gruppi, confraternite, Unitalsi, che ogni anno realizziamo qui al Santuario e che quest’anno e nell’anno prossimo saranno ancora intensificate. Il tutto si concluderà nel 2013, il 22 settembre, con l’inaugurazione del nuovo Santuario. (gf)

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    Agli Oscar trionfa il fim muto "The Artist"

    ◊   Nella notte degli Oscar trionfa un film muto e in bianco e nero, "The Artist": non un ritorno al passato ma una celebrazione della magia del cinema e un film di buoni sentimenti. Migliore attrice la più famosa, amata e applaudita, Meryl Streep, per la sua superba interpretazione di Margaret Thatcher. Storia contemporanea, sogni sullo schermo e tensioni del presente, dunque, nel verdetto dei giurati dell'Academy, consegnati a Los Angeles nel corso di una cerimonia divertente e come sempre seguita da milioni di telespettatori. Il servizio di Luca Pellegrini:

    La rivincita del film muto, è ovvio, perché The Artist agguanta assai meritatamente, rispettando le previsioni, i cinque Oscar più importanti: miglior film, regia - di Michel Hazanavicius -, attore protagonista - Jean Dujardin -, colonna sonora - di Ludovic Bource - e costumi. Si guarda al passato, dunque, con questa originale e sorprendente invenzione a ritroso, si torna al 1928 e all'epoca d'oro del film senza parole e senza colori, in cui l'artista del titolo teme la modernità e il progresso, decade e risorge, scoprendo in questo "nuovo mondo" le ragioni e le speranze della sua vita e della sua carriera. Trionfano con questo film i sentimenti buoni, la sfida alle moderne tecnologie, la storia della settima arte reinterpretata coralmente da un team di splendidi professionisti, di attori che decidono di esprimersi soltanto con il corpo e i gesti, note viventi sul pentagramma offerto da una splendida colonna sonora e da ambientazioni e costumi perfettamente in sintonia. Non poteva mancare - la terza con 17 nomination - la vittoria della più amata e applaudita attrice vivente: Maryl Streep e la sua Iron Lady, biografia anche dolente di Margaret Thatcher, negli anni del suo trionfo politico e in quelli bui della vecchiaia e della malattia, facendo diventare questa biografia anche una meditazione triste sulla caducità delle cose terrene. Un film discontinuo in cui l'attrice americana ancora una volta riesce a trasformarsi con una immedesimazione stupefacente nel personaggio. Ringrazia commossa dal palco tutti i colleghi, quelli presenti e quelli che non sono più. E' la grande famiglia del cinema. A Hugo Cabret di Martin Scorsese vanno cinque statuette nelle categorie minori, compresa quella per la migliore scenografia agli italiani Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, anch'essi veterani degli Oscar. Sebbene con un verdetto piuttosto penalizzate, la immaginifica favola del regista americano rimane un gioiello di invenzione e di umanità: anche in questo caso una celebrazione che il cinema fa di se stesso come arte del sogno e scrigno per le gioie dei più piccoli. Non protagonisti: l'ottantaduenne Christopher Plummer e Octavia Spencer, attrice di colore dell'Alabama in vistose lacrime. Oscar straniero all'Iran e a Asghar Farhadi per Una separazione, già vincitore a Berlino lo scorso anno dell'Orso d'Oro e del Signis: una storia familiare privata diventa metafora per esprimere il dissenso. Il regista ringrazia auspicando il rispetto universale per le culture e mettendo in guardia dall'inciviltà della guerra, mentre maliziosamente la telecamera inquadra Steven Spielberg. La serata degli Oscar è anche questo: un messaggio trasversale al mondo. Mentre diretto è quello di una suora in abiti monastici in platea: è Dolores Hart, abbadessa dell’abbazia benedettina Regina Laudis a Bethlehem nel Connecticut e membra dell'Aacdemy, protagonista di un documentario che concorreva per la mitica statuetta nella sua categoria, God is the Bigger Elvis. Aveva recitato a fianco di Elvis Presley sul finire degli anni '50, poi Giovanni XXIII e Santa Chiara ebbero la meglio e Dolores entrò nella vita monastica. Anche questi silenziosi miracoli possono accadere a Hollywood.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nord Nigeria: dopo l’attentato alla chiesa l’arcivescovo di Jos chiede di fermare le rappresaglie

    ◊   S’infiamma lo scontro tra musulmani e cristiani nel Nord della Nigeria. Sconfortato mons. Ignatius Ayau Kaigama, dichiara: “siamo stati troppo ottimisti” e “dopo un periodo di pace e calma, le bombe sono tornate ad esplodere a Jos”. L’ultima ieri mattina in una Chiesa protestante: un’attacco suicida con un’auto bomba. Tre fedeli morti, più uno dei due attentatori, il secondo sbalzato dal veicolo è stato linciato da alcuni giovani cristiani, che poi per rappresaglia hanno ucciso altri 3 autisti di moto taxi ed incendiato diversi negozi, poco lontano dal luogo dell’attentato. Attentato rivendicato dalla setta Boko Haram, affiliata ad al Qaeda per il Maghreb islamico (Aqmi), che ha già firmato una serie di attacchi specie nel nord della Nigeria, ma che hanno toccato anche Abuja, capitale del più popoloso Paese africano, diviso tra Nord povero a maggioranza musulmana e Sud più ricco, con i cristiani maggioritari. In difficoltà il presidente cristiano Goodluck Jonathan: non sono servite le misure di sicurezza adottate dopo le stragi di matrice islamica. Ed ora la Chiesa nigeriana teme “per il clima di paura, di tensione e di rabbia”, che potrebbe indurre i cristiani a farsi giustizia da soli, o rinfocolare rivalità interne. 8 cristiani sono stati arrestati perché sospettati di voler attaccare una chiesa evangelica. Per questo il vescovo di Jos lancia un appello: “non provocate nessuno e non cedete alla provocazione, compiendo rappresaglie”. Questo è l’insegnamento della Chiesa, “occorre invece permettere alla Legge - sottolinea - di fare il suo corso per bloccare e punire chi commette questi crimini”. Intanto da Strasburgo si levano le voci di Pittella, vicepresidente del Parlamento europeo, e di Mauro, presidente dei deputati italiani, perché la comunità internazionale ponga fine al massacro dei cristiani in Nigeria. (A cura di Roberta Gisotti)

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    Siria: i Francescani pregano per la pace

    ◊   “In questo momento di paura e incertezza, la nostra missione di francescani è consolare la gente e annunciare la pace”, dice in un colloquio con l’agenzia Fides fra Romualdo Fernandez, direttore del Centro ecumenico di Tabbale, a Damasco, e rettore del santuario dedicato alla Conversione di San Paolo, sempre nella capitale siriana. Il frate racconta: “La situazione è fluida e incerta. Credo che nell’opera di informazione si debba prestare maggior attenzione alle fonti e alla circolazione delle notizie. Come abbiamo potuto constatare in alcuni casi, anche i grandi network hanno contribuito a diffondere notizie non vere sulla crisi. Occorre maggiore cautela, dato che sono forti i rischi di strumentalizzazioni”, nota il frate. “Come minoranza cristiana, proseguiamo le nostre attività sociali e pastorali. Preghiamo molto e facciamo un pressante appello alla pace e alla riconciliazione, perché si possa guardare al futuro con speranza”. I francescani, presenti in Siria, con comunità a Damasco, Aleppo, Lattakiah e nella valle dell’Oronte, sono impegnati a sostenere i bisogni della popolazione cristiana locale. I dispensari medici dei conventi francescani sono divenuti luogo di rifugio e accoglienza per tutti i bisognosi, senza differenza fra etnie o religioni. I cristiani in Siria sono circa 875mila e rappresentano il 10% della popolazione, divisi fra ortodossi, cattolici, protestanti e anglicani. La maggioranza dei cristiani siriani vive nelle città di Damasco, Aleppo, Homs e Latakia. (R.P.)

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    Terra Santa: padre Pizzaballa scrive al presidente israeliano per gli attacchi alle chiese

    ◊   Una lettera al presidente israeliano Shimon Peres affinché si adoperi perché siano assicurati alla giustizia i responsabili degli attacchi vandalici, verificatisi nelle scorse settimane, contro siti cristiani a Gerusalemme. A scriverla - riferisce l'agenzia Sir - è il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa che risponde così anche agli slogan e ad insulti volgari contro Cristo e la Madonna apparsi sui muri di chiese, cimiteri e monasteri cristiani. Una Campagna, dal nome “Il prezzo da pagare”, architettata, secondo quanto riportano oggi i giornali israeliani, da coloni e nazionalisti ebrei, e diretta anche contro attivisti di pace palestinesi ed israeliani. Tuttavia la polizia è propensa a credere che gli atti vandalici contro obiettivi cristiani siano opera di esecutori isolati che agiscono per spirito di emulazione. “Queste azioni - si legge nella lettera del Custode - da quanto so non hanno portato a nessun arresto. Non è mio costume scrivere lettere come questa. Le varie comunità cristiane vivono tranquillamente e pacificamente in Israele, con rispetto, apprezzamento e buoni rapporti sia con ebrei che con musulmani. Nel corso degli anni abbiamo imparato a ignorare le provocazioni e continuare la nostra vita quotidiana. Tuttavia, questa volta pare che sia stato varcato il limite così che non possiamo restare in silenzio. Gli slogan scioccanti scritti sui siti cristiani di preghiera, specialmente a Gerusalemme, feriscono i sentimenti di tutti i cristiani in Israele, indipendentemente dal loro credo, come pure le centinaia di migliaia di pellegrini che visitano Gerusalemme e la Terra Santa, e altri milioni da tutto il mondo. Le sarei grato - conclude il Custode rivolgendosi al presidente Peres - se utilizzasse tutta la sua influenza con le autorità in modo che questo modo di fare sia sradicato e queste azioni fermate”. (R.P.)

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    Senegal: soddisfazione della Chiesa per la calma post-elettorale

    ◊   Il primo turno delle presidenziali in Senegal non ha provocato le temute agitazioni e questo esito ha suscitato la soddisfazione della Chiesa locale. “Ci si aspettavano tensioni, se non violenze, ma invece le elezioni si sono svolte in un clima alquanto sereno e nella calma”, riferiscono all’agenzia Fides fonti della Chiesa sentite dalla capitale Dakar. Contestazioni e disordini si erano verificate nell'ultimo mese di campagna elettorale contro la ricandidatura del presidente uscente, Abdoulaye Wade, Alle urne si sono recati oltre cinque milioni di elettori, chiamati a scegliere fra 14 candidati. “Anche se il conteggio dei voti non si è concluso, dai risultati parziali finora pubblicati si profila un secondo turno tra Wade e Macky Sall”, affermano ancora le fonti raccolte dalla Fides. “La differenza di voti tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti sembra minima” e ciò, sempre secondo le fonti, “favorisce Macky Sall, perché gli altri candidati dell’opposizione faranno confluire i voti su di lui”. Mentre, dunque, nel partito del presidente uscente si comincia a temere la soluzione al secondo turno di voto, alla radio “alcuni esponenti del partito di Wade” hanno affermato “esplicitamente di non volere il ballottaggio. Qualcuno teme dei brogli, visto che il conteggio delle schede non è ancora concluso. Finora però – aggiungono – non vi sono state contestazioni e la possibilità di brogli appare difficile, vista la forte presenza di osservatori elettorali, un terzo dei quali organizzati sotto l’egida della Commissione episcopale Giustizia e Pace”. “D'altronde – si conclude – tra i giovani si avverte l’esigenza di imprimere una svolta al Paese, eleggendo un nuovo presidente”. (A.D.C.)

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    India. Appello dei cristiani alle autorità: "Fermate la violenza religiosa"

    ◊   Assicurare giustizia per tutte le vittime della violenza religiosa e intercomunitaria in India; tutelare pace e riconciliazione, che si raggiungono con la prevenzione e con la giustizia: è quanto chiede una Lettera aperta inviata dalla comunità cristiana in India ai leader della nazione e pervenuta all’agenzia Fides. La lettera, firmata, a nome della comunità cristiana, dall’arcivescovo di Delhi, mons. Vincent Concessao, spiega che lo spirito che spinge i cristiani a rivolgersi accoratamente alla politica è “la caritas, una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace”. I cristiani, che da Duemila anni si sforzano di “promuovere l’amore” in India, notano con preoccupazione che, dal 1990, secondo stime ufficiali, oltre 6.000 gravi episodi di violenza intercomunitaria hanno funestato la nazione. “Nei primi anni del 21° secolo si sono verificati due gravi atti di violenza collettiva: il primo è stato il pogrom contro musulmani in 14 distretti del Gujarat, nel febbraio-marzo 2002; l’altro è stato la violenza contro i cristiani nel distretto di Kandhamal, in Orissa, nel 2008”. Il testo ricorda che, in Gujarat, 790 musulmani sono stati uccisi, 523 luoghi di culto sono stati danneggiati e 61.000 musulmani sono fuggiti dalle loro case. In Orissa i morti sono stati oltre 100 e i profughi cristiani 56mila. “Le vittime di entrambi gli atti di violenza attendono ancora giustizia. Gli assassini restano liberi, non c'è stata alcuna riparazione” nota l’appello. “La polarizzazione religiosa non è una cosa buona per la nazione. L'impunità di cui godono i funzionari, gli ufficiali di polizia e soprattutto i politici di alto livello, tra cui il primo ministro del Gujarat, si fa beffa dello Stato di diritto e della Costituzione dell'India” sottolinea ancora la Lettera. I cristiani notano con favore “un tentativo di approvare nuove leggi che, si spera, pongano un freno alla violenza comunitaria e ai crimini di odio di massa”, come il “Communal Violence Bill”, proposto in Parlamento nel 2011. L’appello si conclude con precise richieste ai leader della nazione: assicurare giustizia per le vittime; porre fine all’impunità dei leader politici e di governo; adottare misure urgenti e immediate per assicurare che i sopravvissuti possono ricostruire le loro vite; individuare mezzi per ristabilire la fiducia tra le vittime, assicurando che la loro vita torni alla normalità. Inoltre i cristiani chiedono una adeguata presenza delle minoranze religiose negli apparati di polizia e nei gruppi di indagine, e una veloce adozione della Legge per prevenire e contrastare la violenza, perché questa “possa essere stroncata sul nascere”. (R.P.)

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    Honduras: i vescovi contro una cultura "che giustifica la violenza"

    ◊   La Conferenza episcopale dell’Honduras ha richiamato la necessità di "una verifica e una pulizia rapida ed efficace della Polizia nazionale", istituzione che "è stata duramente coinvolta in atti illegali". I vescovi hanno infatti pubblicato una seria riflessione sulla violenza che sta vivendo il Paese, prendendo spunto dall’incendio che ha ucciso 359 detenuti lo scorso 14 febbraio. In questo comunicato, intitolato “In difesa della Vita”, i presuli dichiarano che "la Polizia di Stato è stata duramente coinvolta in atti illegali, alcuni davvero terribili, commessi da membri di questa istituzione", come "conseguenza dell'impunità" e della mancanza di risposta da parte dello Stato alle giuste richieste fatte dai cittadini. I vescovi - riferisce l'agenzia Fides - affermano che non tutti i membri della Polizia sono coinvolti, comunque manifestano la loro profonda preoccupazione per la fragilità di questa istituzione, responsabile della tutela della vita e della sicurezza di tutti i concittadini. Inoltre indicano che la violenza, reazione umana dinanzi a certe aggressioni, è il risultato di "promesse non mantenute e delle politiche di partito, che portano beneficio a pochi e vanno contro la maggioranza". I vescovi denunciano la situazione del Paese con queste parole: "Si sta costruendo una cultura che giustifica la condotta violenta perché non si è capaci di condannare il maschilismo, perché la si considera una conseguenza della concorrenza sociale, perché la si considera parte del rifiuto dei gruppi sociali". Il problema della violenza in Honduras "richiede una seria riflessione" perché il cattivo esempio di modelli familiari negativi e aggressivi, a lungo andare, si traduce in un atteggiamento violento che sta portando ad una cultura che giustifica certi comportamenti violenti". Questo mette in allerta tutti, perché ci sono fondati motivi "per temere episodi di violenza non solo nella popolazione carceraria, ma nella popolazione in generale dell’Honduras", che si sente aggredita da "coloro che sono membri corrotti all'interno delle forze di sicurezza dello Stato". La Conferenza episcopale si propone di costruire una "cultura di pace" in Honduras, e per questo motivo, ha lanciato una campagna insieme alla Pastorale sociale della Caritas. (R.P.)

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    Appello dei vescovi dei Paesi Baschi per la riconciliazione e la pace

    ◊   Il sabato scorso si sono celebrate incontri di preghiera in favore della pace presiedute dai vescovi nelle loro rispettive diocesi di Bilbao, San Sebastian e Victoria dei Paesi Baschi. Durante questi incontri é stato letto un messaggio firmato dai vescovi mons. Mario Iceta, mons. Jose Ignacio Munilla e mons.Miguel Asurmendi. Il testo, di carattere molto dottrinale, rappresenta una chiara presa di posizione dei tre vescovi nella nuova situazione dei Paesi Baschi con la fine della violenza armata dal mese di ottobre scorso. L’ esortazione dei vescovi parte dalla riflessione sul nuovo comandamento del Signore in favore dell’amore al prossimo e si sofferma poi nella meditazione sulla passione, morte e risurrezione del Signore. “Nelle ferite di Gesù vediamo, in modo particolare, a quanti hanno sofferto in modo bruttale le ferite e le morti causate dal terrorismo e da ogni sorta di violenza ingiusta”. I vescovi affermano che la pace che Dio ci offre richiede il riconoscimento dei peccati e la conversione. “La pace procede fondamentalmente da Dio ma da parte nostra dobbiamo offrire una collaborazione affinché dia i suoi frutti”. Guardando verso un nuovo futuro, i vescovi affermano che “solo a partire dal Signore possiamo conoscere la verità delle cose, al di sopra di ogni visione parziale e frammentata, di una realtà così sofferta come quella che abbiamo vissuto”. Dopo le precedenti considerazioni a carattere dottrinale o spirituale, i vescovi arrivano nell’ultima parte del messaggio alla formulazione di alcuni principi particolari di comportamento e azione pastorale. “L’annuncio del perdono e della misericordia di Dio, così come manche l’invito alla conversione e al pentimento è essenziale e permanente nella predicazione di Gesù. E’ compito della Chiesa annunciare questa grazia che chiama alla conversione profonda e ad accogliere il perdono sulla via della riconciliazione”. E si aggiunge poi: “La Chiesa vuole rinnovare la sua missione e impegno di servire alla riconciliazione”. E dopo aver ricordato la rinuncia del movimento terrorista Eta all’uso della violenza armata, esprime la soddisfazione e la speranza della Chiesa per aggiungere subito che “continueremo ad auspicare e a chiedere la sua definitiva scomparsa”. Verità e giustizia sono i presupposti sulla via verso la ricostruzione morale e sociale, e la garanzia per una convivenza in pace, dignitosa e rispettosa. “Ma in modo particolare sono necessari il pentimento e il perdono”. E aggiungono: “Chiediamo a Dio che a quanti hanno sofferto l’ aggressione e ogni genere di violenza física e morale conceda la grazia di poter offrire quel perdono il quale senza annullare le esigenze della giustizia la supera”. I vescovi chiudono il messaggio dichiarando che il Signore chiama tutti “in favore di una cultura della riconciliazione e della pace promuovendo e riaffermando l’incontro, il dialogo, e la riflessione e comportandoci con saggezza”. Questo messaggio ha avuto una ampia risonanza in tutti mezzi di comunicazione dei Paesi Baschi (Dai Paesi Baschi, padre Ignazio Arregui)

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    Parigi: il cardinale Scola apre le Conferenze di Quaresima su etica cristiana e vita sociale

    ◊   “Etica cristiana e vita in società”, è il titolo della relazione inaugurale svolta ieri pomeriggio dal cardinale Angelo Scola, nell’ambito del ciclo di Conferenze di Quaresima, organizzate a Parigi nella Cattedrale di Notre-Dame. Un’antica tradizione che si ripete nella diocesi parigina dal 1835 dedicata quest’anno al tema: “La solidarietà, esigenza etica e speranza spirituale?” Dopo l’introduzione dell’arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois, ha preso la parola il cardinale Scola, sgombrando subito il campo dagli “equivoci della solidarietà”: “la solidarietà come appello retorico, puramente sentimentale, a ‘fare del bene’; e “la solidarietà come maquillage del capitalismo, cioè come ‘etichetta’ per sdoganare con l’inganno un modello economico non raramente predatorio, magari sotto forma di ‘aiuti umanitari’ in cambio di ricchezza”. “In entrambi i casi come è facile capire, - ha sottolineato l’arcivescovo di Milano - non è in gioco nessuna ‘esigenza etica’, né tantomeno una ‘speranza spirituale’. È chiaro dunque – ha aggiunto il porporato - che la ‘maniera di dare’ fa davvero la differenza: un conto è dare perché si riconosce una interdipendenza ineludibile e perciò una corresponsabilità in relazione a un bene comune da condividere; un conto è dare perché si ha a cuore solo se stessi”. Allora “perché abbia senso parlare di solidarietà, occorre – ha spiegato il cardinale Scola - riconoscere un bene comune sociale, che è innanzitutto il bene dell’essere insieme (in comune). Di tale bene comune, la solidarietà esprime appunto la compartecipazione nei beni e nei pesi sociali; d’altra parte, - ha continuato il porporato - se vogliamo godere di questo bene comune in un modo non lesivo della dignità umana, non possiamo mortificare (paternalisticamente) l’agire degli attori sociali: la sussidiarietà serve proprio a questo scopo, cioè esprime l’iniziativa (singola o collettiva), altrettanto fondamentale e non riducibile al tutto sociale stesso”. Il cardinale Scola ha poi sviluppato la sua riflessione sull’etica cristiana in rapporto alla secolarizzazione, alla nuova laicità, al mondo globalizzato (R.G.)

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    Timor Est: cattolici pregano per le strade di Dili alla vigilia delle elezioni

    ◊   Pregare e operare per un futuro di giustizia e di pace a Timor Est: con questo spirito i fedeli cattolici di Timor Est sono scesi in strada – riferisce l’agenzia Fides - per lanciare un messaggio a tutto il Paese, alla vigilia delle elezioni presidenziali previste il 17 marzo prossimo. L’atmosfera della vigilia è tesa, dopo che alcune bombe sono state ritrovate davanti agli uffici della Commissione per le elezioni. Nel giugno prossimo si terranno anche le elezioni del Parlamento e si temono violenti disordini come durante le elezioni del 2006. Per scongiurare questo rischio si è tenuta il 21 febbraio scorso la manifestazione “Cambiare il cuore, cambiare il mondo”, organizzata dalla “Conferenza dei Superiori religiosi di Timor Est” in collaborazione con la Commissione “Giustizia e Pace” della Diocesi di Dili, coinvolgendo sacerdoti, religiosi, suore, laici, studenti delle sette parrocchie di Dili. Un corteo pacifico e silenzioso, che ha ritmato il suo cammino con la preghiera, guidato dal vescovo di Dili, mons. Alberto Ricardo da Silva, attraversando la città per dare una testimonianza di fede, di pace, di speranza. Il vescovo, invocando la pace per Timor Est, ha chiesto a tutti i fedeli di “pregare e di collaborare per il buon esito delle elezioni. Per fare questo, cioè per cambiare la realtà esterna e la società - ha rimarcato il presule - è necessaria la conversione interna, quella del cuore”. I partecipanti, a conclusione della manifestazione, hanno recitato la “Preghiera per le elezioni generali 2012”, che sarà letta nelle tre diocesi di Timor Est fino al 12 giugno, giorno delle elezioni parlamentari. Secondo gli osservatori dell“International Crisis Group” (Icg), le prossime elezioni presidenziali e parlamentari a Timor Est saranno “un passo importante nel consolidamento della stabilità interna” e “un’opportunità per lasciarsi alle spalle un passato violento”. Il rischio maggiore per il Paese, nota l’Icg “è la quasi completa impunità per la violenza politica”. I candidati, si afferma “devono dire chiaramente che tali crimini non saranno più tollerati”. (R.G.)

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    Mali: emergenza rifugiati verso Niger, Mauritania e Burkina Faso

    ◊   Nuova emergenza umanitaria in Africa per assistere migliaia di rifugiati dal Nord del Mali, dove sono in corso scontri tra Esercito e Tuareg. I fuggitivi sono riparati in Mauritania, Burkina Faso e Niger. Per fronteggiare la situazione sono in arrivo 3 milioni di dollari dalla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas) per soccorrere gli sfollati e scongiurare un'eventuale crisi alimentare nel Mali. Il conflitto tra i ribelli e le forze regolari ha già causato 60 mila sfollati all'interno del Paese e spinto ad espatriare altre 44 mila persone. Stamane, la notizia di un ponte aereo che partirà il 2 marzo dall'Algeria per portare aiuti umanitari nei campi profughi che stanno accogliendo i rifugiati. L'annuncio è stato dato dal presidente della Croce rossa algerina, Hadj Hamou Benzeguire. Mauritania, Bourkina Faso e Niger riceveranno, ciascuno, due aerei con 60 e 70 tonnellate di aiuti, soprattutto prodotti alimentari di base. Altri due aerei si dirigeranno in Mali, per aiutare i Tuareg che non hanno potuto lasciare con altro mezzo il Paese. L'Algeria già accoglie, secondo fonti della Croce Rossa, 126 famiglie di rifugiati maliani, per un totale di persone che oscilla tra le 500 e le 600, un numero gestibile, ha rassicurato Benzeguire. (R.G.)

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    Caritas Grecia in aiuto dei più deboli

    ◊   Caritas Grecia continua a lavorare alacremente per aiutare quanti soffrono a causa della grave crisi economica che ha colpito il Paese. «Questa crisi se non si interviene al più presto — ha detto Jorge Nuño Mayer, segretario generale di Caritas Europa — renderà più vulnerabile la popolazione e metterà in pericolo il futuro del Paese». Caritas Grecia - riferisce L'Osservatore Romano - dispone di un centro per immigrati e rifugiati che vivono ad Atene e nei dintorni. Serve circa 300 pasti al giorno, offre lezioni di greco e di inglese, provvede alla vaccinazione dei bambini e distribuisce kit di primo soccorso con vestiti, coperte e latte per bambini. Ma l’ente caritativo ha solo 5 dipendenti, una guardia, un cuoco, una segretaria, e un operatore. L’attuale numero di volontari è di 70 unità, ma rischia di ridursi se la situazione non migliorerà. «Abbiamo molti problemi — ha spiegato Begoña Kalliga Castiella, volontario della Caritas — perché 9 immigrati su 10 in Europa passano attraverso la Grecia. I greci adesso danno lavoro solo ai greci così queste persone rimangono bloccate qui fino a quando non riescono ad andare via. L’obiettivo di Caritas è aiutare gli immigrati, ma anche i greci». I cattolici in Grecia rappresentano solo lo 0,5% della popolazione, per questo la Caritas nel Paese è una realtà molto piccola se la si confronta con quella degli altri Paesi, come la Germania. Secondo Castiella, l’ente caritativo cattolico riesce a malapena a sopravvivere, in quanto lo Stato non offre nessun sostegno. A fronte delle misure di austerità imposte dal Governo vi è un tasso di disoccupazione del 20%. La popolazione, che teme ulteriori tagli, sta lottando per far fronte al crescente costo della vita indotto dall’aumento delle tasse e dall’inflazione. Il segretario Nuño Mayer si è detto preoccupato per la rivolta civile. Abbiamo paura che i disordini possano avere gravi ripercussioni sull’economia greca. Tutti questi scenari possono portare a un aumento della povertà, della disoccupazione e a un deterioramento del sistema sociale. «L’Unione europea e i politici greci — ha concluso — non possono permettere che il Paese sprofondi nel buco nero della povertà, sarebbe una vergogna per l’Ue. Il presente e il futuro del popolo greco devono essere una priorità assoluta nelle decisioni politiche». (R.P.)

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    Australia: Campagna quaresimale “40 giorni per la vita” contro l’aborto

    ◊   Una grande Campagna di sensibilizzazione internazionale per invocare la fine delle pratiche abortive è stata lanciata in Australia dal movimento “40 giorni per la vita”. L’iniziativa – riferisce L’Osservatore Romano - è nata nel 2004 in Texas e ora è attiva in oltre trecento città del mondo. Da martedì 21, vigilia del mercoledì delle Ceneri, e per tutto il periodo quaresimale, molte centinaia di abitanti di Hobart, Sydney, Melbourne, Brisbane, Tweed Heads, Adelaide e Perth si sono dati appuntamento per pregare per la vita nascente e per suscitare la consapevolezza negli altri del numero sempre più elevato di aborti praticati ogni anno in Australia e in molti altri Paesi del mondo. Purtroppo, la tragica realtà dell’aborto - ha dichiarato mons. Julian Charles Porteous, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Sydney e promotore della Campagna - continua ogni giorno, provocando la prematura fine di decine di migliaia di vite innocenti a cui viene negato il diritto di nascere e causando indicibili sofferenze e dolore. In preparazione della Veglia per la vita nascente, il vescovo Porteous ha presieduto, martedì sera, una celebrazione eucaristica nella chiesa di San Pietro a Surry Hills, prima di guidare una processione lungo le strade di Sydney alla quale hanno preso parte oltre 400 persone tra sacerdoti, religiosi e laici. Il corteo silenzioso è terminato davanti alla Preterm Abortion Clinic in Devonshire Street. Come già avvenuto negli anni passati, i partecipanti alla Veglia si riuniranno durante tutto il periodo quaresimale, 24 ore su 24, davanti alla Preterm Clinic per pregare per le future madri e per i loro bambini non ancora nati e per dissuadere tutte quelle donne che hanno deciso di interrompere la gravidanza. Inoltre, i consulenti del Family Life International, l’associazione che promuove l’evento in Australia, saranno a disposizione per rispondere alle domande dei passanti e offrire sostegno e conforto a coloro che chiedono aiuto. I promotori della Campagna sottolineano “che durante la gravidanza, una donna può non sapere cosa fare e considera l’aborto come l’unica soluzione possibile; quando, invece, riceve l’assistenza necessaria per continuare la gravidanza, il panico e le paure scompaiono”. “Nessuna delle donne che ha cambiato idea - spiega il direttore del Family Life International - ha mai rimpianto la decisione di avere il bambino. Queste nuove madri sono sempre sopraffatte dalla gioia quando il piccolo arriva e scoprono anche che i loro peggiori timori non si realizzeranno mai rendendosi conto di poter tranquillamente gestire la nuova situazione”. Lo scorso anno, durante la Veglia quaresimale, cinque donne in procinto di abortire, dopo aver parlato con i promotori della Campagna, hanno cambiato idea e adesso vivono serenamente la loro maternità. Negli ultimi cinque anni più di 400mila persone si sono incontrate per pregare e digiunare sul tema della vita e più di 13mila congregazioni e movimenti ecclesiali sono stati coinvolti nella campagna pro life. (L.Z.)

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    Assisi: concluso l'incontro con le famiglie dei caduti nelle missioni di pace

    ◊   Si è chiuso, ieri ad Assisi, l’incontro con le famiglie dei militari italiani caduti in missioni internazionali promosso dalla Chiesa Ordinariato militare in Italia. Oltre 50 tra familiari e parenti per due giorni si sono ritrovati per condividere un tempo di preghiera, di condivisione e di fraternità, guidati dall’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi. Le giornate - riporta l'agenzia Sir - sono state scandite tra una visita a Spello ed incontri spirituali, tra cui quelli con il vescovo locale, mons. Domenico Sorrentino e con le Clarisse del monastero di san Quirico, dove ieri è stata celebrata la messa finale. “Le tentazioni non si evitano, si attraversano - ha detto mons. Pelvi nell’omelia - senza di esse non c’è salvezza, perché non esiste scelta, scompare la libertà e l’uomo stesso che finisce. Le tentazioni racchiudono ogni aspetto delle nostre relazioni: dei miei rapporti con me stesso, ed è la tentazione del pane; dei rapporti con Dio, ed è la tentazione del miracolo; dei miei rapporti con gli altri, ed è la tentazione del potere. La risposta di Gesù a queste seduzioni umane è l’annuncio della Buona novella. La vita può ricominciare perché è Dio a proporlo - ha concluso il vescovo rivolgendosi ai familiari - la Quaresima è un tempo di preparazione spirituale per affrontare le stanchezza e le prove della vita, consapevoli di distruggere il peccato con l’aiuto di Dio”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 58

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.