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Sommario del 25/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa sull’infertilità di coppia: no alla logica del profitto, prevalga scienza orientata alla dignità dell’uomo
  • L'attesa del Papa a Cuba: la riflessione dall'Avana del prof. Baggio
  • Mons. Miglio nuovo arcivescovo di Cagliari: promuovere la solidarietà in questo tempo di crisi
  • Udienza e nomine
  • Il cardinale Bertone: impegno sociale della Chiesa all'origine del moderno welfare. Suor Ballarin: realtà ignorata
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Violenze in Siria: oltre 20 morti. La Conferenza di Tunisi chiede una tregua umanitaria
  • Afghanistan: ancora vittime nelle proteste dopo il rogo del Corano
  • Speranze e tensioni per le presidenziali in Senegal
  • “Morte di un blasfemo”: libro su Shahbaz Bhatti, ministro cattolico ucciso in Pakistan
  • Le Chiese del Nord Est si preparano al convegno "Aquileia 2"
  • Nei cinema italiani, il film "Un giorno questo dolore ti sarà utile"
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: irruzione di uomini armati nel monastero di Deir Mar Musa
  • Yemen. Attentato dopo il giuramento di Hadi: oltre 20 morti
  • Schulz a Marzabotto: “Un dovere morale essere qui”
  • Bambini soldato: una piaga che affligge 15 Paesi nel mondo
  • Acs: Campagna di solidarietà on-line per i cristiani perseguitati nel mondo
  • Laos: confiscata una chiesa. Cristiani definiti "nemici"
  • Messico: 12 milioni di persone a rischio per malnutrizione
  • Venezuela. Campagna per la Quaresima: un Paese libero dalla violenza
  • Perù: un progetto minerario minaccia i diritti umani e l’ambiente
  • Messaggio quaresimale del vescovo di Fatima: risvegliarsi da anestesia spirituale
  • Gaza: la onlus Angels al fianco degli orfani palestinesi
  • Pakistan: per l’Anno della fede pubblicate le prime due parti del Catechismo in urdu
  • Slovacchia. Mons. Fisichella: "Obbedire al comando dell'evangelizzazione"
  • Russia: raccolta fondi del Patriarcato di Mosca per gli ortodossi di Grecia
  • Polonia: messaggio di Quaresima del presidente dei vescovi
  • Rwanda: la difesa della famiglia al centro dell’incontro degli intellettuali cattolici
  • Genova: grande successo del padiglione sugli immigrati al Museo del Mare
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa sull’infertilità di coppia: no alla logica del profitto, prevalga scienza orientata alla dignità dell’uomo

    ◊   Il matrimonio tra uomo e donna, “unico ‘luogo’ degno per la chiamata all’esistenza di un nuovo essere umano, che è sempre un dono”. Così il Papa ai circa 200 partecipanti alla XVIII Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, ricevuti oggi in Vaticano a conclusione dei lavori congressuali dedicati al tema “Diagnosi e terapia dell’infertilità”, partiti giovedì scorso nell’Aula nuova del Sinodo. Il servizio di Giada Aquilino:

    Proseguire “il cammino intrapreso di una scienza intellettualmente onesta e affascinata dalla ricerca continua del bene dell’uomo”, non disdegnando “il dialogo con la fede”. Questa l’esortazione di Benedetto XVI ai partecipanti alla XVIII Assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, ricevuti in udienza e accompagnati dal presidente, mons. Ignacio Carrasco de Paula. Ricordando “la fiducia che la Chiesa ha sempre riposto nelle possibilità della ragione umana e in un lavoro scientifico rigorosamente condotto, che tengano sempre presente l’aspetto morale”, il Papa ha riflettuto sul tema dell’Assemblea, “Diagnosi e terapia dell’infertilità”, citandone la “rilevanza umana e sociale”, il “peculiare valore scientifico” e l’espressione della “possibilità concreta di un fecondo dialogo tra dimensione etica e ricerca biomedica”.

    Un incoraggiamento, quello del Pontefice, all’“onestà intellettuale” del lavoro svolto, “espressione di una scienza che mantiene desto il suo spirito di ricerca della verità, a servizio dell’autentico bene dell’uomo, e che evita il rischio di essere una pratica meramente funzionale”. Davanti al problema dell’infertilità della coppia, ha detto il Santo Padre ai partecipanti, “avete scelto di richiamare e considerare attentamente la dimensione morale, ricercando le vie per una corretta valutazione diagnostica ed una terapia che corregga le cause dell’infertilità”:

    “Questo approccio muove dal desiderio non solo di donare un figlio alla coppia, ma di restituire agli sposi la loro fertilità e tutta la dignità di essere responsabili delle proprie scelte procreative, per essere collaboratori di Dio nella generazione di un nuovo essere umano. La ricerca di una diagnosi e di una terapia rappresenta l’approccio scientificamente più corretto alla questione dell’infertilità, ma anche quello maggiormente rispettoso dell’umanità integrale dei soggetti coinvolti. Infatti, l’unione dell’uomo e della donna in quella comunità di amore e di vita che è il matrimonio, costituisce l’unico ‘luogo’ degno per la chiamata all’esistenza di un nuovo essere umano, che è sempre un dono”.

    Rammentando l’Istruzione Donum vitae, Benedetto XVI ha sottolineato come le “legittime aspirazioni genitoriali della coppia che si trova in una condizione di infertilità” debbano “pertanto trovare, con l’aiuto della scienza, una risposta che rispetti pienamente la loro dignità di persone e di sposi”:

    “La dignità umana e cristiana della procreazione, infatti, non consiste in un ‘prodotto’, ma nel suo legame con l’atto coniugale, espressione dell’amore dei coniugi, della loro unione non solo biologica, ma anche spirituale”.

    Lo sguardo del Papa si è quindi allargato alla società contemporanea: “dinanzi al fascino della tecnologia della fecondazione artificiale” che spinge alcuni colleghi a considerare “desuete” l’umiltà e la precisione con cui i membri della Pontificia Accademia per la Vita approfondiscono queste problematiche, Benedetto XVI ha espresso “incoraggiamento e sostegno” al “generoso servizio in difesa e a favore della vita”, anche se talora avviene “in un contesto medico-scientifico dove la dimensione della verità risulta offuscata”. Già in occasione del X anniversario dell’Enciclica Fides et ratio, il Pontefice nel 2008 aveva ricordato come “il facile guadagno o, peggio ancora, l’arroganza di sostituirsi al Creatore” svolgano a volte “un ruolo determinante”, assumendo “caratteristiche pericolose per la stessa umanità”:

    “Effettivamente lo scientismo e la logica del profitto sembrano oggi dominare il campo dell’infertilità e della procreazione umana, giungendo a limitare anche molte altre aree di ricerca”.

    D’altra parte la Chiesa “presta molta attenzione alla sofferenza delle coppie con infertilità, ha cura di esse e, proprio per questo, incoraggia la ricerca medica”. La scienza, tuttavia, “non sempre è in grado di rispondere ai desideri di tante coppie”:

    “Vorrei allora ricordare agli sposi che vivono la condizione dell’infertilità, che non per questo la loro vocazione matrimoniale viene frustrata. I coniugi, per la loro stessa vocazione battesimale e matrimoniale, sono sempre chiamati a collaborare con Dio nella creazione di un’umanità nuova. La vocazione all’amore, infatti, è vocazione al dono di sé e questa è una possibilità che nessuna condizione organica può impedire. Dove, dunque, la scienza non trova una risposta, la risposta che dona luce viene da Cristo”.

    Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus caritas est, aveva già spiegato come la fede permetta “alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio”. E oggi ha ricordato che “la matrice culturale creata dal cristianesimo - radicata nell’affermazione dell’esistenza della Verità e dell’intelligibilità del reale alla luce della Somma Verità - ha reso possibile nell’Europa del Medioevo lo sviluppo del sapere scientifico moderno”.

    L’appello agli “illustri scienziati” e a tutti i membri dell’Accademia “impegnati a promuovere la vita e la dignità della persona umana” è stato dunque quello a tenere “sempre presente anche il fondamentale ruolo culturale” che svolgono nella società e l’influenza che esercitano “nel formare l’opinione pubblica”. Rammentando il Concilio Vaticano II e le esortazioni agli scienziati di Giovanni Paolo II, un’ultima raccomandazione del Papa:

    “La gente ha fiducia in voi che servite la vita, ha fiducia nel vostro impegno a sostegno di chi ha bisogno di conforto e di speranza. Non cedete mai alla tentazione di trattare il bene delle persone riducendolo ad un mero problema tecnico! L’indifferenza della coscienza nei confronti del vero e del bene rappresenta una pericolosa minaccia per un autentico progresso scientifico”.

    Mons. Ignacio Carrasco de Paula, ringraziando Benedetto XVI per l’udienza, da parte sua ha ribadito che “sebbene impegnativo, non è poi così utopistico promuovere l’accordo tra una ragione rigorosamente fedele alle proprie leggi e un cuore che aspira sempre ad andare oltre, specie quando l’una e l’altro si lasciano illuminare da quella luce splendida della quale disse Sant’Agostino: ‘chi conosce la verità, la conosce; e chi la conosce, conosce l’eternità, ovvero il Cristo, il Signore della vita’”.

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    L'attesa del Papa a Cuba: la riflessione dall'Avana del prof. Baggio

    ◊   A Cuba, Stato e Chiesa collaborano per organizzare la visita del Papa nell'isola caraibica dal 26 al 28 marzo prossimi. Dall'Avana, dove si trova per un progetto di formazione per laici sulla Dottrina sociale della Chiesa, il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia Politica all'Istituto universitario Sophia di Loppiano, fondato da Chiara Lubich, testimonia "il momento di forte iniziative di fede" che caratterizzala comunità cristiana locale riunita intorno alla Madonna della Caridad del Cobre. Il Papa visiterà Cuba 14 anni dopo il viaggio di Giovanni Paolo II nell'isola e all'indomani della conclusione del Congresso del Partito comunista cubano che pur ribadendo la visione marxista della società, "sollecita innovazioni all'interno della società cubana". Ascoltiamo il prof. Antonio Maria Baggio da Cuba, al microfono di Luca Collodi:

    R. – Tutti qui citano le parole di padre Lombardi che ha sottolineato come il Papa venga per stare con il popolo di Cuba in questo momento così particolare. E l’annuncio della visita è caduto, nel dicembre scorso, alla fine di un anno giubilare che qui a Cuba è stato molto importante perché ha avuto una partecipazione straordinaria da parte della popolazione.

    D. – Quale realtà sta vivendo attualmente la società civile cubana, considerando anche le conclusioni del Congresso del Partito comunista di Cuba?

    R. – Da una parte, in questo Congresso è stato sancito un accordo tra l’esercito e il partito stesso; però c’è stato – come dire – il ribadire formale e forte della scelta marxista-leninista. Sono segnali contrastanti: da un lato c’è l’esigenza di sviluppare dal basso una vitalità sociale, dall’altra si riafferma ideologicamente una struttura culturale che è basata sul controllo. La cosa positiva è che si nota un certo riconoscimento del ruolo della Chiesa: forse molti nel partito hanno questa idea, di riconoscere un ruolo ecclesiale, di favorire una collaborazione con un atteggiamento che può essere strumentale – cioè, si cerca un consenso. Però, bisogna anche dire che la Chiesa qui non è certo disposta a farsi strumentalizzare: fa quello che è bene fare, indipendentemente dai calcoli degli altri, come si è visto anche recentemente nella mediazione che il cardinale Ortega y Alamino ha avuto con Raul Castro e che ha permesso la liberazione dei prigionieri politici.

    D. – Ci sono novità nella società cubana?

    R. – Ci sono dei tentativi di sviluppare iniziative autonome e questo si vede soprattutto nelle campagne. Cominciano attività soprattutto nel campo dei servizi, però si tratta di attività abbastanza piccole e poco capitalizzate. Senza un aiuto dall’esterno, che dialoghi direttamente sulla singola attività, è difficile che si possano sviluppare le cose come si vorrebbe. Quello che un po’ tutti auspicano è che l’apertura sia reale, cioè che la spinta ad intraprendere dal basso sia anche accompagnata dalla possibilità concreta di farlo. Diciamo che è un momento nel quale è possibile dare un contributo positivo a questo slancio, anche formando le persone. E questo è ciò che la Chiesa sta facendo in tutta l’Isola.

    D. – C’è continuità tra la prossima visita di Papa Benedetto a Cuba e quella di Giovanni Paolo II, secondo lei?

    R. – Sì. La visita di Giovanni Paolo II è stata un pilastro importantissimo nella storia dell’Isola, non soltanto nella storia della Chiesa. E questa visita è altrettanto attesa. Dal settembre 2010, quando fu proclamato l’Anno giubilare perché ricorrevano i 450 anni dal ritrovamento dell’Immagine della Vergine della Carità del Cobre, è cominciato un movimento nazionale di pellegrinaggio: l’Immagine ha fatto il giro dell’Isola. L’Immagine non era quella originale, ma comunque era un’immagine storica molto legata al movimento dell’indipendenza cubana. Il nome della Vergine è “la Virgen Mambisa”, cioè la Vergine dei "mambì": “mambì” era la parola spregiativa con la quale i conquistatori spagnoli indicavano i cubani, che invece è diventata motivo di orgoglio. C’è una frase di una canzone che spiega bene la situazione, e dice: “La Vergine è la Madre della terra cubana e prega che "l’amore alla mia terra nasca dall’amore al mio Dio”. Quindi, il pellegrinaggio che ha fatto per tutta l’Isola suscitando folle impreviste e incredibili – si parla di milioni di persone – dà l’idea che per un anno Cuba abbia riflettuto sull’idea di Cuba rappresentata dalla Vergine. E l’elemento nuovo è che spesso la statua entrava nei Paesi scortata dalla polizia, quindi con un atteggiamento – per così dire – collaborativo da parte del governo. Atteggiamento collaborativo che c’è anche adesso nella commissione mista che sta preparando questa visita del Papa. Per una volta, mi si lasci parlare da credente: la statua della Vergine, percorrendo l’Isola, ha preparato la strada al Papa. (gf)

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    Mons. Miglio nuovo arcivescovo di Cagliari: promuovere la solidarietà in questo tempo di crisi

    ◊   Benedetto XVI ha nominato oggi mons. Arrigo Miglio, finora vescovo di Ivrea, nuovo arcivescovo di Cagliari. Succede a mons. Giuseppe Mani che ha rinunciato al governo pastorale della diocesi per sopraggiunti limiti d’età. Piemontese, 70 anni, il nuovo arcivescovo di Cagliari è attualmente presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani. Al microfono di Alessandro Gisotti, mons. Miglio confida le sue emozioni per questa importante nomina:

    R. – Le emozioni sono tante, anche perché ho iniziato il mio episcopato proprio in Sardegna, nella diocesi di Iglesias. Quindi, naturalmente si affacciano tanti ricordi, tante persone … Il sentimento è di riconoscenza per quanto ricevuto nei primi anni del mio episcopato ad Iglesias dalla fede della Chiesa in Sardegna e dalla cultura della regione della Sardegna. Il terzo sentimento è la trepidazione, perché il campo della missione che il Santo Padre mi affida è davvero vasto e impegnativo. Ma sono confortato dall’incoraggiamento che mi è venuto dal Papa e dai suoi collaboratori, e dall’incoraggiamento anche che mi viene da tante persone che stanno pregando e che mi hanno fatto sapere la loro vicinanza fraterna e orante.

    D. – Cosa porterà a Cagliari da Ivrea?

    R. – Anzitutto la solidarietà. Anche a Ivrea e nel Canavese non stanno vivendo un momento facile. La Sardegna vive un momento difficile: nei giorni scorsi i giornali hanno descritto una situazione molto pesante, che peraltro un po’ conoscevo dalla visita del presidente Napolitano. Ecco: vorrei proprio portare anzitutto questa solidarietà Nord-Sud, e questa solidarietà deve aiutarci a capire le radici vere della crisi e quindi la "terapia" vera per la crisi, che è culturale e spirituale. Abbiamo bisogno di una terapia dello spirito, del cuore. Vorrei portare questa convinzione che mi sono fatto proprio in questi anni qui, ad Ivrea. Quando sono arrivato, 13 anni fa, c’era già la crisi, era già finita la grande esperienza Olivetti. Ma in questi anni, ho potuto approfondire meglio, proprio vivendo le difficoltà della mia regione, anche quanto ci dice – ad esempio – la “Caritas in Veritate” sulle vere cause della crisi.

    D. – In questo impegno le sarà sicuramente utile la sua esperienza appassionata come presidente del Comitato per le Settimane sociali...

    R. – Questo è davvero un motivo di conforto! Devo dire che questi anni di lavoro con il Comitato delle Settimane sociali, che non finirò mai di ringraziare, sono stati per me una scuola importante, un orizzonte che mi ha aiutato a vivere i problemi della diocesi in un orizzonte ecclesiale e sociale più ampio. Questo lo porto volentieri anche in Sardegna e sono certo che aver vissuto il ponte tra Piemonte e Sardegna possa aiutare anche l’esperienza delle Settimane sociali ad essere fermento, lievito di unità e di solidarietà in un Paese che ha bisogno di essere unitario e unito. (gf)

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    Udienza e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza il cardianle Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi con mons. Lorenzo Baldisseri, segretario della medesima Congregazione.

    In Colombia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Medellín, presentata da mons. Gilberto Jiménez Narváez, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

    Nelle Filippine, il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita di Palo mons. John F. Du, finora Vescovo di Dumaguete.

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    Il cardinale Bertone: impegno sociale della Chiesa all'origine del moderno welfare. Suor Ballarin: realtà ignorata

    ◊   La gratuità cristiana come modello, in passato e in futuro, nel processo di costruzione del moderno welfare. E’ uno dei concetti espressi dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, intervenuto a Roma, alla presentazione del volume: “Per carità e giustizia. Il contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano”, curato dalla Fondazione “E.Zancan”. Presente all'evento anche il ministro del lavoro Elsa Fornero che ha sottolineato come oggi gli ammortizzatori sociali non funzionino bene e hanno perciò bisogno di modifiche. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Ventiduemila religiosi e 80mila religiose lavorano “per la promozione ed il riconoscimento della dignità di ogni uomo”. Sono i numeri forniti dal cardinale Bertone, tratti dal volume presentato oggi in Campidoglio. Un’opera - ha sottolineato – che racconta le origini del welfare italiano, del suo “sorgere dal basso come risposta generosa alle necessità degli ultimi”. Una storia che quindi si intreccia con quella di tanti “Santi sociali” che hanno contribuito alla costruzione dell’Italia nel XIX e XX secolo, “persone totalmente dedite a Dio” e per questo vicine e solidali con quanti vivevano ristrettezze e disagi.

    Da qui la nascita di asili infantili, i doposcuola, le scuole di lavoro, i patronati, gli oratori, le case-famiglia fino al volontariato negli ospedali. “Una presenza capillare di opere benefiche e caritative” che hanno contribuito in modo significativo “alla maturazione nella società di una nuova sensibilità rispetto all’adozione di politiche assistenziali, affinando l’esigenza – ha evidenziato il porporato - e facendo crescere il bisogno di una maggiore giustizia sociale”. Dunque gli Istituti religiosi sono stati in qualche modo anticipatori del moderno welfare, confluito in quel “patrimonio dell’umanità che oggi lo Stato garantisce attraverso il suo stato sociale”.

    Poi la riflessione è andata sulla carità e la giustizia – termini che richiamano il volume presentato – per evidenziare che “spetta alla politica perseguire il giusto ordine della società e dello Stato, la giustizia è lo scopo e quindi la misura intrinseca di ogni politica”. Ma pur impegnandosi nel perseguire una società giusta – ha aggiunto il segretario di Stato - “la carità sarà sempre necessaria”. Riconoscendo dunque quanto fatto in passato e “i semi di speranza per un nuovo domani”, il cardinale Bertone ha esortato a “delineare un progetto per il futuro”, “nuovo laboratori di cittadinanza”, “nuove alleanze educative”.

    Ed è proprio la sfida educativa, che il porporato ha ricordato, al centro degli Orientamenti Pastorali della Conferenza episcopale italiana per il prossimo decennio. Un richiamo dunque ad “intraprendere insieme laici, religiosi, Stato e Chiesa, credenti e non credenti, nuovi cammini, nuove forme di socialità e di sviluppo sociale”.
    E anche il presidente del Senato, Schifani, in un messaggio ha posto l’accento sulla necessità di costruire “moderni modelli di solidarietà economica e di inclusione sociale”, ricordando la “dignità” che la Chiesa ha dato ai più deboli attraverso “i sentieri della carità”. Nel saluto inviato dal presidente della Camera Fini è stato evidenziato il contributo degli istituti religiosi per creare “un modello di società rispettoso della dignità di ogni cittadino”.

    Alla presentazione del volume ha partecipato anche suor Viviana Ballarin, presidente dell’Usmi, Unione delle Superiore Maggiori d’Italia. Al microfono di Benedetta Capelli si sofferma sul contributo dei religiosi e delle religiose nella costruzione del welfare in Italia:

    R. - In Italia, il contributo è massiccio e la presenza oggi è capillare. Direi anche con una nota profetica perché comunque quando il welfare dello Stato italiano ancora non era presente sono stati i religiosi che hanno inventato, hanno costruito, si sono prodigati con le loro opere sanitarie ed assistenziali a costruire, diremo così in Italia, il suo tessuto sociale, religioso, etico. Quindi è una realtà che ha una storia, una realtà che è presente, che è stata presente, e che non si può negare o addirittura ignorare. Proprio questo per amore della verità e anche della giustizia.

    D. - Ritiene che oggi questa “verità”, come l’ha chiamata Lei, si stia negando?

    R. - Più che negarla direi ignorarla. Direi che è ancora peggio, perché quando non se ne parla, quando a volte si creano delle difficoltà a vari livelli per l’operatività. Questa presenza è una presenza che contribuisce soltanto al bene comune della società e molto spesso non ha dei ritorni. È un’operatività data nel segno dell’ispirazione dei carismi suscitati dal Signore tra i fondatori, che si continuano a prodigare per ogni persona, ogni uomo, ogni donna che si trova nella necessità; ecco direi che questo tante volte non è evidenziato, è taciuto. Questo vuol dire non riconoscerlo.

    D - Partendo da questa testimonianza così importante nella storia italiana e costellata anche da tanti "santi sociali" come ha detto il cardinale segretario di Stato Bertone, quale può essere invece un’indicazione per il futuro perché appunto questa grande opera di welfare non si dissipi?

    R. - Io credo che un’indicazione è quella rivolta, prima di tutto, agli stessi religiosi e religiose: continuare in un cammino di fedeltà alla loro presenza, alla loro ispirazione, alla loro missione, ma anche in un cammino di creatività, cioè noi oggi dobbiamo essere capaci come i nostri fondatori di saper inventare le modalità con cui rispondere alle nuove urgenze che sorgono dalla storia, dalla società, e dai nuovi bisogni che emergono oggi. Dobbiamo continuare questo percorso uniti. Quindi credo che l’indicazione più forte sia quella dell’unità, della collaborazione ed anche della rete. Questo libro poi è anche frutto di questa intuizione: voler conoscere, attraverso studi storici, la realtà del passato per conoscere meglio il presente. Credo che il futuro, non solo della vita religiosa sia maschile che femminile, ma anche delle opere dei religiosi, le opere cosiddette “di vangelo”, sociali, io le vedo solo così. E questa testimonianza, questa attività concreta credo che sia anche la più eloquente denuncia, laddove potremmo incontrare il non riconoscimento, la non accoglienza, e forse a volte anche il rifiuto. (bi)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Dignità umana e cristiana della procreazione: Benedetto XVI all'assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita.

    In prima pagina, un editoriale di Giulia Galeotti dal titolo "Quando la gravidanza non risponde ai desideri": in Gran Bretagna denunciati aborti in base al sesso.

    In cultura, il discorso del segretario di Stato alla presentazione del volume "Per carità e per giustizia. Il contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano" e il saggio introduttivo del curatore, Tiziano Vecchiato.

    L'architettura del dono di sé: il cardinale Angelo Scola su etica cristiana e vita sociale, nella prima Conferenza di quaresima a Parigi.

    Il fallimento di papà Clooney: Emilio Ranzato sul film di Alexander Payne "Paradiso amaro".


    Nell'informazione religiosa, un articolo di Giovanni Zavatta dal titolo "Il santo della gioia cristiana": al via a Isola del Gran Sasso le celebrazioni per il 150.mo anniversario di Gabriele dell'Addolorata.

    Nella linea della professionalità e della trasparenza: nell'informazione vaticana, una sintesi dell'intervista, su Rai1, al segretario di Stato.

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    Oggi in Primo Piano



    Violenze in Siria: oltre 20 morti. La Conferenza di Tunisi chiede una tregua umanitaria

    ◊   E' di oltre 20 morti il bilancio della repressione oggi in diverse zone della Siria. Lo riferiscono attivisti citati dalla tv panaraba Al Arabiya. Condanna unanime delle violenze è stata espressa dagli oltre 50 delegati internazionali riuniti ieri a Tunisi per la Conferenza dei Paesi amici della Siria. Presente come Osservatore della Santa Sede anche mons. Michael Fitzgerald, nunzio apostolico in Egitto. E poi un appello per una tregua umanitaria. Per capire quale peso potrà avere il pronunciamento di Tunisi, Fausta Speranza ha intervistato Arduino Paniccia, docente di studi strategici all’Università di Trieste:

    R. - Naturalmente può aver peso soltanto se accompagnato da una forte decisione di almeno due interlocutori internazionali - l’Unione Europea e le Nazioni Unite - per cominciare una vera svolta sulla vicenda siriana. Tuttavia, in questo momento - è inutile negarselo - dietro le quinte vi è la posizione della Federazione Russa e anche quella della Cina. Quindi non si è ancora pronti ad affrontare lo scontro diplomatico generale che, peraltro, potrebbe poi preludere anche a qualcosa di più, considerando che in questi giorni la Nato sta seriamente analizzando l’ipotesi di un intervento quanto meno a difesa dei corridoi umanitari.

    D. - Va detto che in questo momento tutta l’area è particolarmente sensibile: c’è la questione iraniana e c’è un po’ tutta la questione della cosiddetta “primavera araba” nella zona...

    R. - Credo che questo sia il problema principale: è vero, l’Iran ha scelto una strategia nella quale si propone, comunque, come nuovo leader dell’area e al quale possono praticamente far riferimento non solo la Siria, ma anche molti altri Paesi. Entrare nella vicenda su una posizione molto dura di intervento potrebbe comportare che la situazione degeneri. In questo caso verrebbero coinvolte anche regioni vicine alla Siria: il Libano prima di tutto e ci sarebbe poi anche il problema di Israele. Quindi la cautela dell’Europa e anche la cautela delle Nazioni Unite è soprattutto dovuta a questo fatto: dietro la vicenda, prima di tutto, c’è il problema iraniano.

    D. - Professor Paniccia, c’è in ballo il referendum sulla Costituzione promosso dal presidente Assad con la promessa di multipartitismo, la fine del partito unico Baath: può essere una misura concreta? Può essere sufficiente in questo momento?

    R. - Potrebbe essere l’inizio di una svolta da parte del regime. Non è mai facile pensare al regime che riforma se stesso. Tuttavia le pressioni su Assad sono molto forti e sono forti oggi anche da alcune parti delle forze armate, che sono sostanzialmente quelle che lo sostengono, ma non si sa fin quando potrà durare, perché il movimento dei ribelli sta crescendo e vi sono Paesi che, ormai hanno - bene o male - non voglio dire delle truppe, ma dei commandi di intelligence all’interno della Siria. Quindi Assad sa che questa è una nuova delle poche ultime carte che può giocare.

    D. - La domanda è: al movimento potrebbero bastare le riforme costituzionali? Il movimento è nato come una delle tante rivendicazioni da “primavera araba” ma sembra che stia assumendo connotazioni un po’ diverse...

    R. - Non credo che questo basti al movimento. L’opposizione a Assad è molto frantumata, appunto, e spalleggiata da molte diverse parti: quindi il referendum per il movimento, per coloro che hanno scelto la linea di combattere, non basterà. Questo può servire ad una opinione pubblica ancora a sostegno di Assad - che c’è ancora, anche se molto più indebolita - e può servire all’opinione internazionale per cogliere il modo di cercare di entrare, invece che con la forza delle armi e dei corridoi, in un altro modo nella vicenda siriana. Ma il movimento di base contro Assad credo che non si fermerebbe, non avrebbe dei forti effetti. Questo lo hanno dimostrato tutte le rivolte arabe. (mg)

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    Afghanistan: ancora vittime nelle proteste dopo il rogo del Corano

    ◊   Alta tensione in Afghanistan nel quinto giorno di proteste antioccidentali esplose dopo la distruzione delle copie del Corano nella base Usa di Bagram. Sono 8 le vittime negli scontri odierni in 4 province, oltre 50 i feriti. Grave la situazione a Kunduz dove sono stati incendiati negozi, edifici, auto e presa d’assalto la sede dell’Onu. A Kabul due consiglieri militari americani sono rimasti uccisi nella sparatoria avvenuta presso il Ministero dell’interno. Un fatto gravissimo che accresce il potere dei talebani nel Paese. Ecco il commento di Marco Lombardi, responsabile dei Progetti educativi in Afghanistan della "Cattolica" di Milano. Cecilia Seppia lo ha intervistato:

    R. – Io considero quello che è accaduto un'incredibile leggerezza e non credo che ci sia stata alcun strategia dietro: bruciando il Corano si è commesso uno sgarbo pesantissimo. E non solo: è chiaro che questo sgarbo viene utilizzato come una opportunità per far crescere tutto il già devastante sentimento antiamericano e antioccidentale.

    D. – I talebani ovviamente fomentano quest’odio e cercano anche di sfruttare l’episodio, chiedendo alle forze si sicurezza afghane di "redimersi" e di attaccare i militari della Nato...

    R. – Certo e sarebbe drammatico. Siamo veramente a un punto di svolta: l’abbandono del 2014 dell’Afghanistan crea degli enormi problemi, perché purtroppo la situazione non è tale - anche prima di questo evento - da far pensare a un ritorno della normalità attesa dall’Occidente nel 2014. Questo evento spinge i talebani a forzare la mano per una cacciata degli occidentali: se con l’uscita del 2014, ci saremmo aspettati forse nel giro di un anno o due un ritorno all’Afghanistan di prima, oggi – se questo dovesse capitare con una espulsione – significherebbe che abbiamo buttato via tutto quello che è stato fatto – nel bene e nel male – negli ultimi dieci anni... Saremmo daccapo!

    D. – Tra l’altro le scuse del presidente Usa Obama, arrivate forse anche un po’ in ritardo, di Allen, il comandante delle Forze Isaf a Kabul, non sono servite a niente?

    R. - Ma non servono assolutamente. Obama parla a Karzai e Karzai parla ad Obama: al resto dell’Afghanistan, che è quello delle valli e delle montagne, parla la gente che le cammina e non la gente che parla in televisione. Quindi sono del tutto inutili! Queste attività formali, che hanno un senso sul piano della relazione politica, non hanno un senso sul piano della relazione strategica e del terreno.

    D. - La protesta ha oltrepassato i confini ed è arrivata anche in Pakistan e Bangladesh: oggi cortei e slogan antiamericani. Il rischio è che un fatto come questo possa diventare un pretesto per - da un lato - sfogare altre frustrazioni di vario segno e - dall’altra - per chiedere proprio il ritiro totale delle truppe in qualche modo…

    R. - E’ già più che un pretesto quello che è accaduto. Quello che sta accadendo in Pakistan è assolutamente drammatico, perché in realtà si sta formalizzando una saldatura fortissima tra l’Oriente dell’Afghanistan e l’Occidente del Pakistan, che è il nuovo "santuario" del radicalismo islamico.

    D. - Il governo, tra l’altro, sta cercando di reagire come può: ha imposto il coprifuoco in alcune aree; ci sono soldati schierati un po’ ovunque. Un clima di forte tensione, che si aggiunge alla guerra che c’è lì perennemente…

    R. - E’ chiaro che la risposta è automatica, perché fa parte delle procedure: chiudersi a fortino per controllare le zone, gli accessi… La procedura è inevitabilmente quella. Il problema è che la ricucitura non avviene solo parlando tra presidenti, quindi tra governanti; la ricucitura deve arrivare a livello di dialogo con la popolazione. (mg)

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    Speranze e tensioni per le presidenziali in Senegal

    ◊   Senegal al voto domani per le elezioni presidenziali: il principale candidato è il presidente uscente, l’ultraottantenne Abdoulaye Wade. Questa candidatura è stata giudicata illegittima da numerosi movimenti di opposizione, che sono scesi in piazza nei giorni scorsi. Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente a Dakar Tommaso Caprioglio, vice-capo della missione di osservazione elettorale dell’Unione Europea nel Paese, che ha parlato di quanto sta avvenendo nella capitale:

    R. - La situazione a Dakar è molto fluida; ci sono delle manifestazioni dell’opposizione che sono state vietate dal ministro degli Interni negli ultimi giorni, ci sono anche delle manifestazioni spontanee. Fortunatamente gli eventi degli ultimi giorni, non ci hanno impedito di svolgere il nostro lavoro. La missione non ha avuto fino ad oggi nessun tipo di problema. È chiaro che è molto difficile poter capire la situazione, e quindi anche noi restiamo assolutamente vigili e, secondo gli sviluppi, prendiamo le decisioni all’ultimo minuto per decidere che cosa fare.

    D. - A suo parere, ci sono condizioni che fanno ipotizzare, che il voto possa non tenersi?

    R. - A questo stadio, sinceramente è molto difficile rispondere, perché la situazione è in evoluzione. Non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione ufficiale in questo senso, quindi anche tutte le nostre attività mirano ad uno svolgimento normale dello scrutinio. Poi è chiaro che gli eventi dell’ultima settimana, ci fanno riflettere. Ovviamente, la missione condanna ogni tipo di episodio di violenza. È chiaro che vedere morti per noi è un elemento di drammatica riflessione.

    D. – Anche alla luce di questo clima difficile, che bilancio si può dare invece dello svolgimento della campagna elettorale?

    R. - Tutti i 14 candidati stanno facendo regolarmente campagna; in particolare vi sono i candidati che appartengono al "movimento del 23 giugno", che in un certo senso si sono anche un po’ smarcati dall’idea del movimento, e che quindi stanno concentrando i loro sforzi su una vera e propria campagna elettorale. Purtroppo, i candidati si trovano spesso in questa situazione ibrida, quando partecipano come candidati veri e propri, e quando svolgono delle attività di manifestazione sotto l’egida del "movimento del 23 giugno". Quindi questa volta crea anche delle tensioni o delle incomprensioni al punto che uno di questi, tra il 18 e il 19 febbraio, è stato anche ferito. Quindi in questo momento, la situazione rimane comunque tesa.

    D. - Il mandato della missione di osservazione elettorale riguarda anche gli aspetti tecnici del voto. In particolare negli scorsi giorni, vi siete concentrati sui documenti necessari per esercitare il diritto di voto. Perché questo elemento è così importante in Senegal?

    R. - La distribuzione delle carte elettorali è sempre stato il punto centrale di tutte le polemiche qui in Senegal. Senza questo documento essenziale, sarà impossibile votare per l’elettore. Per questo motivo, abbiamo chiesto al "Ministère chargé des élections" di voler essere più trasparente nella diffusione delle cifre sulla distribuzione di queste carte elettorali, che attualmente va a rilento. In particolare, abbiamo concentrato la nostra attenzione sulle carte del 2011, perché riguardano più di 600 mila elettori potenziali, che rappresentano più del dieci percento dell’elettorato.

    D. - La missione si è occupata anche della recente e contestata decisione del Consiglio costituzionale di ammettere la candidatura del presidente Wade, respingendo invece quelle di alcune dei suoi oppositori?

    R. - Assolutamente. Questa è stata la prima grande difficoltà della missione dal punto di vista dell’analisi giuridica per quanto riguarda questo tipo di decisioni, che chiaramente stanno determinando anche il clima politico negli ultimi giorni. La missione sta ancora studiando la questione, anche per quello che riguarda le candidature indipendenti escluse, ed è nostro intento poter arrivare ad una conclusione definitiva di questa analisi dal punto di vista tecnico prima della nostra dichiarazione preliminare, due giorni dopo lo scrutinio. (bi)

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    “Morte di un blasfemo”: libro su Shahbaz Bhatti, ministro cattolico ucciso in Pakistan

    ◊   Il 2 marzo del 2011 Shahbaz Bhatti, cattolico, ministro pakistano per le Minoranze Religiose viene ucciso con 30 colpi di arma da fuoco. Da sempre impegnato nella difesa dei cristiani e di tutte le altre minoranze, Bhatti era “colpevole” di volere la revisione della legge sulla blasfemia e di avere difeso Asia Bibi, la donna cristiana madre di 5 figli condannata a morte in nome di questa norma. Lo ricorda il libro “Morte di un blasfemo. Shahbaz Bhatti un politico martire in Pakistan” edito dalla casa editrice San Paolo. Il testo verrà presentato il 2 marzo, nel primo anniversario della sua morte, alla Pontificia Università Lateranense. Debora Donnini ha intervistato l’autrice del libro, Francesca Milano:

    R. - E’ un uomo dalla storia assolutamente straordinaria. Due sono gli elementi fondamentali nella sua vita: da una parte l’amore per il Pakistan, per tutti i pachistani e quindi la voglia di creare un ponte tra le varie religioni, e dall’altra parte la fede in Dio. Questo lo ha portato a rischiare la vita senza paura.

    D. – Fin da giovane Shahbaz Bhatti difende le minoranze a rischio della sua stessa vita e di quella dei suoi famigliari. Fonda l’associazione “All Pakistan Minorities Alliance” e poi diventerà ministro per le Minoranze Religiose…

    R. – Fin da bambino si è sempre interessato ai più poveri, alle ingiustizie della società. Poi negli anni dell’università ha formato questa associazione e si è speso in difesa degli studenti che venivano in qualche modo colpiti da minacce, da aggressioni fisiche, perché i pochi studenti cristiani che arrivavano a studiare all’università, venivano minacciati. Poi il suo intervento è stato fondamentale insieme agli altri volontari della sua associazione quando in Pakistan c’è stato il terremoto, nel 2005. E’ stato un evento catastrofico e lui è sceso in campo in prima persona per la ricostruzione, per l’aiuto in particolare nei confronti dei bambini che erano rimasti orfani.

    D. – Bhatti ha anche ottenuto che in una prigione della provincia del Punjab ci fosse una cappella: un evento straordinario per il Pakistan…

    R. – Sì, assolutamente. Ci teneva moltissimo perché i detenuti potessero quantomeno aver un luogo in cui poter pregare. Questo perché prima esistevano soltanto aree dedicate alla preghiera dei musulmani. Lui ha fatto veramente molto per questo Paese non soltanto per i cristiani ma anche per le altre minoranze che sono in difficoltà quanto i cristiani in questo momento.

    D. – Si pensa che il suo omicidio sia avvenuto per mano di fondamentalisti islamici, perché Bhatti aveva ricevuto molte minacce…

    R. – Shahbaz Bhatti aveva ricevuto minacce fin da giovane. Lui ha iniziato la sua attività a difesa delle minoranze religiose da giovanissimo, prima dei tempi dell’università, quindi è da sempre stato nel mirino dei fondamentalisti. Ovviamente questo si è aggravato quando ha cominciato a interessarsi della questione relativa alla legge sulla blasfemia perché è una “legge nera”, come si dice in Pakistan, una legge intoccabile. Questo lo ha messo ancora più a rischio. Non è l’unico, perché anche il fratello Paul Bhatti, che ha vissuto in Italia tanti anni e adesso è tornato in Pakistan per continuare il lavoro di Shahbaz, era andato via dal Pakistan proprio perché non si sentiva sicuro.

    D. – L’uccisione di Shahbaz viene appunto legata alla sua lotta contro la legge sulla blasfemia e anche alla difesa di Asia Bibi, la donna cristiana madre di cinque figli condannata a morte per blasfemia. Quante persone in Pakistan sono colpite da questa legge?

    R. – La legge sulla blasfemia colpisce tutti quelli che in qualche modo offendono il Corano o Maometto. Questa legge colpisce centinaia di persone in Pakistan, che non sono tutte appartenenti a minoranze religiose, ci sono anche moltissimi musulmani che vengono accusati di blasfemia. Questo perché questa legge viene utilizzata spesso per dirimere questioni personali, magari legate a beni o a terreni… Sono veramente tante le persone colpite da accuse di questo tipo, come Asia Bibi, e tutte quante fanno parte della fascia più bassa della popolazione, quindi hanno anche difficoltà nel difendersi. Shahbaz Bhatti andava loro incontro, nel senso che ha sempre cercato di difenderli e ha cercato di abrogare, se non di modificare, questa legge.

    D. – Questa legge sulla blasfemia viene usata anche per altri scopi?

    R. - Nei confronti dei cristiani o di altri appartenenti alle minoranze viene chiaramente usata come cavillo per cercare di convertirli perché poi a queste persone che vengono accusate, come nel caso di Asia Bibi, viene chiesto di convertirsi all’Islam.

    D. – Nel suo testamento spirituale Shahbaz Bhatti scrive: “Voglio solo un posto ai piedi di Gesù… Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire”. Nonostante le minacce e le difficoltà, quello che lo ha spinto ad andare avanti è stato dunque il suo amore per Gesù Cristo e la sua fede nella vita eterna…

    R. – Assolutamente sì. E’ stato un uomo di grande fede che sapeva benissimo quali erano i rischi a cui andava incontro ma nonostante questo non si è mai limitato nelle sue attività. Non gli interessava rischiare la vita. Sapeva di fare una cosa giusta e l’unica cosa che desiderava era veramente un posto ai piedi di Gesù. (bf)

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    Le Chiese del Nord Est si preparano al convegno "Aquileia 2"

    ◊   “In ascolto di ciò che lo Spirito dice alle Chiese del Nordest”: questo il tema del secondo Convegno ecclesiale delle Chiese del Nordest che si terrà ad Aquileia dal 13 al 15 aprile. A vent’anni dal primo grande Congresso che si svolse nella stessa città nel 1990, le Chiese della regione vogliano guardare, con gli occhi della fede, le trasformazioni in atto e le nuove sfide emerse nel territorio. Cosa aspettarsi, dunque, da “Aquileia 2”? Isabella Piro ne ha parlato con don Renato Marangoni, segretario del Comitato preparatorio dell’evento:

    R. – "Aquileia 2" lo intenderei come una dinamica aperta di Chiesa, per cui vorremmo che diventi un momento strategico per portare avanti uno stile di Chiesa: è uno stile che sente il bisogno, oggi, di un grande ascolto che parte dallo Spirito, ma in questo cammino, l’ascolto dello Spirito è diventato ascolto a 360 gradi della situazione, della realtà, dei segni dei tempi. L’altra parola molto forte, molto significativa che ci piacerebbe realizzare di più è quella della testimonianza: una Chiesa testimoniale. Quindi, ascolto non come semplice passaggio, perché l’ascolto ci permette di incontrare il dono di Dio, lo Spirito, la Parola, Cristo, ma anche tutta la realtà oggi così variegata e complessa, e testimonianza, ovvero una Chiesa che più che sul fare, più che sul realizzare grandi cose, è chiamata a diventare molto più testimoniale.

    D. – In vista di "Aquileia 2" sono stati preparati due studi: “Vent’anni di trasformazione nel Nordest” e “Presente e futuro della religiosità nel Nordest”. Cosa emerge da queste due ricerche?

    R. – Sono stati presi in considerazione alcuni indicatori, ad esempio l’immigrazione. Da noi è diventata proprio una condizione strutturale; qualche parrocchia della mia diocesi arriva al 18% di popolazione immigrata. Poi il fattore famiglia che in questi anni sta cambiando, non sul piano valoriale, ma sul piano proprio della constatazione, sociale e culturale, di una pluralità di forme che vanno studiate in profondità. Il contesto che viviamo ha cambiato anche la pastorale, la vita concreta della Chiesa: il volto della religiosità è cambiato tantissimo, sempre più il credere, nel nostro contesto del Nordest, è un credere con tante domande, con zone di incertezza. Emerge che c’è un disagio di fronte ad una Chiesa che, a volte, è percepita come lontano dal vissuto della gente. Ma questo non come giudizio complessivo, perché contemporaneamente la realtà della parrocchia è molto apprezzata ed emerge, contemporaneamente, una domanda molto più profonda di spiritualità, di esperienza del mistero e del trascendente.

    D. – In che modo la visita del Papa ad Aquileia e Venezia, nel maggio 2011, ha guidato e guida il vostro cammino di preparazione?

    R. – Benedetto XVI, incontrando i Consigli pastorali delle quindici diocesi ad Aquileia, ha confermato il nostro cammino, lo ha rilanciato dicendo che questo cammino di sinodalità, di condivisione oggi è proprio necessario, costitutivo dell’essere Chiesa in un territorio. Ed ha chiesto alle comunità cristiane una presenza efficace, orientata ad un bene grande che è il bene dell’umanità, invitandoci ad una conversione dalla disperazione alla speranza, dalla tristezza alla gioia, e - terza dimensione molto bella che abbiamo accolto come un grande appello – la conversione alla vita comunitaria, alla comunione nella Chiesa.

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    Nei cinema italiani, il film "Un giorno questo dolore ti sarà utile"

    ◊   E’ uscito sugli schermi italiani “Un giorno questo dolore ti sarà utile” di Roberto Faenza, tratto dall’omonimo e fortunato romanzo di David Cameron il cui titolo è tratto da un versetto del poeta latino Ovidio. Nel film è messa a nudo la società americana attraverso la vita difficile di un ragazzo che sembra disadattato e non trova nei genitori alcun aiuto. Dopo un doloroso percorso, troverà il suo futuro e la sua serenità. Un film positivo e pieno di speranza. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Roberto Faenza è un pedagogo. Tiene moltissimo ai giovani e alla speranza che possono incarnare in un mondo che, a suo dire, non sta più in piedi. Colpito profondamente dal romanzo omonimo di Cameron, ha deciso di portarlo sullo schermo. Protagonista è James, un adolescente intelligente e sensibile che vagabonda a New York mentre annaspa, cercando un senso che la famiglia, in cui sono i genitori i veri disadattati, non riesce a donargli. Troverà la sua strada e il suo futuro al termine di un doloroso percorso di formazione. Abbiamo chiesto al regista che cosa l’ha particolarmente colpito del romanzo da cui ha tratto la sceneggiatura:

    R. - Mi ha colpito il fatto che questo adolescente così irrequieto, così a disagio nei confronti della società che lo circonda, è l’espressione a mio avviso di un tentativo di speranza, direi quasi che è un atto d’amore verso il futuro. Un ragazzino a cui non piace il mondo che ha di fronte, un mondo che sta andando a pezzi, una famiglia disgregata, un universo che sta rotolando verso l’abisso e si oppone, pur senza avere una grande conoscenza di quello che potrebbe essere il proprio avvenire, si oppone a questo mondo e quindi cerca di costruirsi un suo universo, qualche cosa di più pulito, di più sano, dove non ci sia solo il consumismo, il denaro e il successo a prevalere. E’ una figura secondo me molto simile a tantissimi giovani, che vedo in giro per tutto il mondo.

    D. - Genitori e figli: un dialogo che il film affossa o aiuta?

    R. - Io penso che lo aiuti, eccome. Io penso che in realtà in questo film gli adolescenti, che per gli adulti sono dei disadattati – così i genitori del nostro protagonista definiscono il figlio – questi adolescenti sono molto più maturi dei genitori, perché i disadattati e gli immaturi sono loro, che non accettano se stessi, non vogliono invecchiare, non vogliono capire cosa è il senso dell’amore. Quindi penso che anche il nostro ragazzo che nei loro confronti ha un totale dissidio, anzi direi veramente in aperto conflitto, in realtà li guarda con amore perché capisce che hanno bisogno di qualche cosa, che sono dei poveretti, che sono dei deboli, che non hanno coscienza di se, ed è molto bello trovo da parte dei ragazzi avere questo atteggiamento di amore e di comprensione nei confronti di adulti di cui assolutamente non condividono il percorso.

    D. - E i genitori, come reagiranno secondo lei alla visione del film?

    R. – Io penso che all’inizio non si riconosceranno e rimarranno forse un po’ irritati da questa pellicola perché è crudele nei loro confronti. Però io penso sempre che all’interno e in fondo all’animo umano, anche nelle persone più disgregate e più ciniche, ci sia sempre qualcosa di buono, sono convinto che se guardano il film con attenzione alla fine ne usciranno con un qualcosa in più. (bf)

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella prima Domenica di Quaresima, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù, sospinto dallo Spirito nel deserto, vi rimane 40 giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Quindi si reca nella Galilea, dicendo:

    «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

    Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    È cominciata la Quaresima mercoledì scorso, con le ceneri sul capo e l’implorazione della misericordia. Cammino di conversione, ma anche di lotta è questo. E Gesù ci precede con questo soggiorno prolungato nel deserto, a tu per tu con Satana, ma anche con misteriose presenze angeliche che lo assistono. Marco è molto sintetico: non descrive in dettaglio le tentazioni, come invece fanno Matteo e Luca, e neppure ci riporta molte informazioni sulla predicazione. Ma quanto dice sul periodo della solitudine e sulla prima attività di pubblica di Gesù è l’essenziale. Il Vangelo di Marco mostra proprio questo continuo corpo a corpo con varie forme di tentazioni subdole: fino all’ultima sulla croce, di scendere per mostrare che è figlio di Dio. E noi vogliamo entrare in questo periodo in clima di maggiore essenzialità e sobrietà; ma anche offrire un cuore obbediente alla Parola che ci accompagna e ci pungola. Si tratta di capire se gli atteggiamenti e i desideri sono impostati sul Vangelo oppure su altre cose, che fanno a pugni col Vangelo e col Signore che ce lo proclama. Non ci si può prendere gioco di Dio.


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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: irruzione di uomini armati nel monastero di Deir Mar Musa

    ◊   Una trentina di uomini armati hanno fatto irruzione mercoledì scorso nel monastero di Deir Mar Musa, “trattando brutalmente” alcuni religiosi: a raccontare l’episodio è la comunità stessa, sottolineando che gli aggressori apparivano persone “abituate all’uso delle armi in vista di interessi materiali”. Gli aggressori – si riferisce in una nota ripresa dall'agenzia Misna – hanno messo a soqquadro gli ambienti dicendo di cercare armi e denaro e chiedendo del padre responsabile, che si trovava però a Damasco. Situato a nord della capitale, il monastero è stato fondato ed è tuttora guidato dal padre gesuita Paolo Dall’Oglio. “Gli uomini armati avevano dichiarato da subito la loro intenzione di non recar danno alle persone presenti nel monastero – si riferisce nella nota – e durante l’aggressione si sono effettivamente comportati come promesso”. Impossibile, per ora, fare ipotesi sull’identità del gruppo. Centrale per la comunità di Deir Mar Musa resta la preoccupazione per le violenze che stanno attraversando la Siria, ostaggio ormai da quasi un anno dello scontro tra forze governative e gruppi che chiedono un cambiamento. “Nonostante questo evento doloroso – sottolineano i membri della comunità – non abbiamo perso la pace e neppure il desiderio di servire la riconciliazione”. (R.P.)

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    Yemen. Attentato dopo il giuramento di Hadi: oltre 20 morti

    ◊   È di oltre 20 morti e di diverse decine di feriti, il bilancio di un attentato avvenuto oggi a Mukalla, nel sud-est dello Yemen. L’attacco, rivendicato da al Qaeda, si è verificato quando si era da poco conclusa nella capitale Sanaa la cerimonia di giuramento del nuovo presidente dello Yemen, Hadi, eletto la settimana scorsa, e ha sconvolto Mukalla, capoluogo della provincia di Hadrawat, nel sud-est del Paese, dove sono attive forze separatiste ed estremisti di matrice islamica. L’autobomba, un pick up secondo alcuni testimoni oculari, è esplosa davanti alla residenza presidenziale di al-Makla, in quel momento vuota: le vittime, infatti, sono tutti soldati della Guardia repubblicana comandata dal figlio dell’ex presidente Saleh. L’ex presidente, 69 anni, al potere da 34, proprio oggi è rientrato dagli Stati Uniti dove si trovava dal gennaio scorso per curare le ferite subite in un attentato, e, secondo il programma, lunedì dovrebbe presenziare all’insediamento di Hadi. L’elezione di Hadi fa parte di un accordo sostenuto dagli Usa e negoziato dai Paesi del Golfo per la successione di Saleh, che ne prevedeva le dimissioni in cambio dell’immunità. (A cura di Roberta Barbi)

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    Schulz a Marzabotto: “Un dovere morale essere qui”

    ◊   Un discorso sentito e commosso è stato quello del presidente del Parlamento europeo, Martin Schultz, intervenuto oggi a Marzabotto, in provincia di Bologna, alla commemorazione delle stragi naziste qui avvenute nel 1944. Schultz ha affermato di trovarsi qui “come presidente del Parlamento europeo, ma anche come tedesco” per quello che ha definito “un dovere morale”, cioè ricordare i circa 800 morti, compresi bambini e intere famiglie, che persero la vita nella serie di stragi operate dai nazisti tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 nel corso delle operazioni di rastrellamento dei nazisti contro la formazione partigiana Stella Rossa, attiva sull’Appennino bolognese. “Dopo tutto ciò che è successo è un miracolo essere accolto come un amico. Per questo regalo vi sarò grato per tutta la vita”, ha detto Schulz parlando in italiano e in tedesco e rivolgendosi in particolare, oltre al sindaco di Marzabotto, Romano Franchi, anche a un superstite della strage, Francesco Pirini, che nell’eccidio perse 14 parenti. Il presidente del Parlamento Europeo ha definito la strage “uno dei crimini peggiori della Seconda Guerra Mondiale”, di una crudeltà inaudita, che sconvolge e confonde per la “brutalità mostrata dai tedeschi”: un atto che colpisce ancora di più chi, come lui, è figlio di un soldato della Wehrmacht. Il presidente, oggi, ha pronunciato parole di riconciliazione: “I tedeschi di oggi non hanno una colpa personale in questi crimini, ma una grande responsabilità, quella di tenere viva la memoria e che questi crimini commessi dalla mia nazione non vengano mai dimenticati”. Dopo la cerimonia, Schulz ha fatto visita al sacrario di Marzabotto dove ha deposto una corona d’alloro in omaggio alle vittime, poi è salito al Monte Sole, teatro della strage. (R.B.)

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    Bambini soldato: una piaga che affligge 15 Paesi nel mondo

    ◊   Sono almeno 15 i Paesi nel mondo che continuano ad arruolare i bambini soldato, nonostante 142 siano gli Stati che hanno ratificato il protocollo delle Nazioni Unite sulla partecipazione di minori ai conflitti armati. Secondo l’ultimo rapporto dell’Onu aggiornato all’aprile scorso, non esistono dati ufficiali sui bambini soldato, ma si conoscono i Paesi dove ogni giorno vengono costretti a imbracciare un fucile e a sparare ad altri esseri umani: dal Myanmar alla Colombia, dove se ne contano 14mila; Afghanistan, Ciad, Somalia, Repubblica Centrafricana. In occasione della recente Giornata internazionale contro l’uso dei bambini soldato, è stato reso noto che dal 2010 circa 11mila sono stati reinseriti in Sudan, Repubblica Democratica del Congo (dove però ne risulterebbero arruolati ancora 35mila) e Myanmar. Atroci, conclude l'agenzia Fides, sono anche i mezzi con i quali questi minori vengono vessati: rapiti dalle loro case natale, subiscono cruenti battesimi con il fuoco e vengono costretti con minacce e con l’uso massiccio di droga, a commettere uccisioni. (R.B.)

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    Acs: Campagna di solidarietà on-line per i cristiani perseguitati nel mondo

    ◊   “Quaranta giorni di compassione attraverso il mondo”: si intitola così la nuova campagna di solidarietà con i cristiani perseguitati nel mondo lanciata per il periodo di Quaresima dalla sezione francese dell’Aiuto alla Chiesa che Soffre (Aed-France). L’idea è di sostenere con la preghiera tutti quei cristiani che subiscono persecuzioni a causa della loro fede, in particolare di quelli dei quali non si parla mai, “affinché – spiega il sito citato dall’agenzia Apic - la loro sofferenza lasci spazio alla speranza e ricevano la grazia di vivere giorni migliori”. La campagna permetterà agli aderenti anche di informarsi meglio sulle persecuzioni anti-cristiane in atto in diverse parti del mondo. L’obiettivo è di creare una comunità di preghiera di 20mila fedeli che portino nelle loro preghiere i cristiani perseguitati in 40 Paesi. Per aderire alla comunità di preghiera basta iscrivere il proprio nome e indirizzo e-mail nella sezione “Giorno, Paese e Preghiera” della pagina che permetterà di ricevere ogni giorno un’intenzione di preghiera per i cristiani perseguitati in un determinato Paese. Inoltre è possibile deporre una o due preghiere in un Muro virtuale di condivisione (Mur de Partage) composto da fotografie di cristiani in difficoltà. Ogni volta che viene deposta una preghiera la fotografia si illuminerà e maggiore è il numero delle persone che si assoceranno a quella preghiera più la fotografia acquisterà visibilità sul muro. La preghiera che avrà ottenuto più adesioni sarà letta nella Notte dei Testimoni, una serata organizzata il prossimo 25 maggio nella Cattedrale di Notre Dame di Parigi e che sarà preceduta da una celebrazione eucaristica. (L.Z..)

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    Laos: confiscata una chiesa. Cristiani definiti "nemici"

    ◊   I funzionari locali del distretto di Saybulim, nella provincia di Savannakhet, hanno confiscato un chiesa nel villaggio di Kengweng. La confisca è avvenuto il 22 febbraio scorso, al termine di un “seminario di formazione” condotto dagli stessi funzionari del partito comunista, denominato “I trucchi del nemico”, dedicato a svelare “le manovre dei cristiani”. E’ quanto l’agenzia Fides apprende dalla Ong “Human Rights Watch for Lao Religious Freedom” (Hrwlrf), che nota come la confisca della chiesa a Kengweng abbia avuto luogo due mesi dopo la confisca di un’altra chiesa a Nadaeng, nello stesso distretto. Se i cristiani vorranno ricominciare a utilizzare l’edificio, dovranno presentare formale richiesta scritta alle autorità del villaggio, del distretto e della provincia, ottenendo l’approvazione da ciascuno dei tre livelli. La chiesa nel villaggio di Kengweng è stata costruita nel 1972 da due famiglie cristiane del Laos ed è stata usata per il culto fino ad oggi. Nel villaggio vivono 25 famiglie cristiane, in tutto 178 fedeli. Attualmente esistono una trentina fra chiese e edifici di culto nella provincia di Savannakhet, ma solo sette di questi sono riconosciuti dalle autorità, e i rimanenti sono considerati illegali. Dopo il sequestro delle chiese di Kengweng e Nadaeng “altri ventidue edifici cristiani sono a rischio di confisca e chiusura”, nota Hrwlrf. “Anche se la libertà di praticare il proprio culto religioso è scritta nella Costituzione, anche se il Paese ha firmato e ratificato la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, le autorità si rifiutano di riconoscere l'esistenza dei cristiani e le chiese nella provincia di Savannakhet”, nota l’Ong, invocando la restituzione dell’edificio e il godimento della libertà religiosa per i cristiani laotiani. (R.P.)

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    Messico: 12 milioni di persone a rischio per malnutrizione

    ◊   L’allarme viene lanciato dal Centro studi e indagine sullo sviluppo e l’assistenza sociale (Ceidas) del Messico: circa 12 milioni di messicani non hanno i mezzi sufficienti per sopravvivere e, quindi, le loro vite sono a rischio a causa della malnutrizione, ma anche per le malattie ad essa collegate. Il rapporto presentato dal Ceidas, di cui riferisce l’agenzia Misna, parla di oltre 85mila vittime tra il 2001 e il 2010, contro i 49mila morti legati alla violenza dei narcotrafficanti, stando ai dati ufficiali forniti dall’Istituto nazionale di statistica e geografia (Inegia), la Procura generale e la Camera dei deputati. I decessi per fame, quindi, hanno superato anche quelli della faida tra i cartelli della droga, fenomeno che si è molto acuito dal 2006, con l’arrivo alla presidenza di Felipe Calderón. “La povertà non è solo un problema passeggero, purtroppo – sono state le parole del presidente del Ceidas, Mario Luis Fuentes, alla presentazione del rapporto – ma una realtà consolidata in almeno 339 Comuni del Paese”. Il direttore ha, poi, evidenziato come il problema si allarghi dalla mancanza di cibo alla mancanza d’acqua in appezzamenti di terra non irrigati, dalla quale deriva l’incapacità di molti capi famiglia di provvedere ai loro figli. L’auspicio è quello di una profonda revisione della politica sociale al fine di elaborare una proposta che crei equità e un nuovo patto sociale a garanzia del rispetto dei diritto della popolazione. (R.B.)

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    Venezuela. Campagna per la Quaresima: un Paese libero dalla violenza

    ◊   Considerare la Quaresima come un tempo adatto per la preghiera, la fraternità, la condivisione: per questo la Caritas del Venezuela ha presentato la Campagna “Compartir 2012” (Condividere) indirizzata alla costruzione della pace. Come riferito all’agenzia Fides dalla Chiesa locale, è la 32ma edizione dell'iniziativa che, in questa occasione, porta come titolo “Un Venezuela al 100% libero dalla violenza”. La Campagna è uno strumento della Chiesa per portare all’attenzione dei fedeli alcuni temi d’interesse generale che toccano la società venezuelana. Nella nota inviata all'agenzia Fides, si spiega come ogni anno, i vescovi trattino la realtà del Paese e i suoi problemi più critici. L'insicurezza è un problema che colpisce fortemente la popolazione, e che costituisce una minaccia per tutte le famiglie. Per questo motivo, la Chiesa cattolica ha deciso che durante tutto il 2012 i delegati della Caritas nazionale lavoreranno per la costruzione della pace, della tolleranza e la soluzione pacifica dei conflitti, operando in tutte le comunità, specialmente attraverso le parrocchie. Questo messaggio, ribadisce la nota, sarà trasmesso da tutti i mass media e sarà diffuso a tutti i livelli, con incontri di quartiere, incontri nelle scuole, tramite attività sportive e culturali in tutto il paese. La Campagna “Compartir 2012” – si afferma in conclusione – sarà promossa da tutti gli enti cattolici (parrocchie, scuole, vicariati, associazioni, istituti religiosi) e cercherà di contrastare la “cultura della morte” mettendo in risalto la bontà della “cultura della vita” che, tramite i valori evangelici, “rafforza i riferimenti positivi che uniscono il popolo venezuelano”. (R.P.)

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    Perù: un progetto minerario minaccia i diritti umani e l’ambiente

    ◊   E’ una iniziativa che va rifiutata in quanto “non ha alcun accenno alla difesa della vita, alla salute della popolazione, alla tutela dell’ambiente”: è il giudizio espresso da mons. Pedro Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo, che ha stigmatizzato la proposta di “benedire”, con un benestare del governo, un discusso progetto estrattivo che sta creando gravi problemi all’ambiente e alla salute pubblica. In Perù esiste il “Pama” (“Programa De Adecuacion Y Manejo Ambiental”), una sorta di “attestato” che il governo concede ai progetti estrattivi e industriali, garantendone la compatibilità ambientale e la sanità. Il parlamentare Huaire Casio ha proposto che il benestare venga concesso a un progetto di estrazione mineraria, e al relativo complesso metallurgico, affidato alla compagnia Doe Run e attivo nel distretto di Junin. Il progetto minerario, secondo la Commissione ambientale istituita dalla diocesi, “crea condizioni di vita indegne per la popolazione locale, andando solo a vantaggio della azienda Doe Run”, ha detto l’arcivescovo. Come riferito all’agenzia Fides dal “Coordinamento nazionale delle Radio in Perù”, sulla questione si è espresso anche Mar Perez, della Commissione nazionale dei Diritti Umani. Perez ha dichiarato che l'attuale governo ha una “visione erronea dei diritti umani perché offre un quadro fuorviante di sviluppo. Propone un falso modello di sviluppo, concentrato solo sui ricavi che vengono dalle miniere”. “Nel caso della Doe Run – ha continuato – lo Stato sta fallendo nel suo obbligo fondamentale di proteggere i diritti umani. La necessità di sviluppo non può essere un pretesto per trascurare la tutela dei diritti umani. Proteggere il diritto alla salute e l'ambiente è un modo per garantire un reale sviluppo per il Paese”. Secondo gli osservatori, il progetto minerario della Doe Run genera povertà e sofferenza nella società, a causa dell’alto tasso di inquinamento: le famiglie saranno costrette ad affrontare malattie contratte per la contaminazione con gas tossici. L'esposizione dei cittadini ad elevati livelli di inquinamento – mettono in guardia i comitati locali – comporta alti costi sociali, con delle vite distrutte o malate, e un grave deterioramento della salute pubblica. (R.P.)

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    Messaggio quaresimale del vescovo di Fatima: risvegliarsi da anestesia spirituale

    ◊   “Risvegliarsi dallo stato di anestesia spirituale”: questo il messaggio quaresimale che il vescovo di Leiria-Fátima, mons. António dos Santos Marto, lancia ai suoi fedeli invitandoli, nel tempo liturgico che la Chiesa si appresta a vivere, a “ravvivare nell’intimità del cuore il desiderio di Dio, molte volte assopito, per esprimere in modo più concreto e intenso la carità fraterna”. Il presule, riferisce l'agenzia Sir, ha toccato anche il tema della crisi economica, chiedendo di “riservare un maggiore interesse alle persone e alle famiglie che ne sono più colpite, di preoccuparsi per i loro bisogni, esercitando una solidarietà effettiva”. Tra le iniziative della diocesi, in occasione della Quaresima, c’è la decisione di devolvere alla Caritas locale le offerte ricavate dalle “rinunce” e la realizzazione del Ritiro per il popolo di Dio: letture meditate della Bibbia arricchite da testimonianze tratte dalle vite dei Santi. “I cristiani – conclude, infatti, il vescovo - sono chiamati a camminare insieme nella santità e nelle buone opere di giustizia e accrescimento della persona al servizio dell’umanizzazione del mondo”. (R.B.)

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    Gaza: la onlus Angels al fianco degli orfani palestinesi

    ◊   Si chiama “Rinnoviamo l’orfanotrofio Al Amal” il nuovo progetto intrapreso dalla onlus Angels (Associazione nazionale giovani energie latrici di solidarietà) in collaborazione con il Dipartimento della Gioventù per la Striscia di Gaza, che si pone come obiettivo donare agli orfani palestinesi strumenti e beni utili all’apprendimento e allo sviluppo psicomotorio. Nel progetto, d’accordo con le autorità israeliane, sono compresi il rinnovo dei locali della struttura, che comprenderà anche una libreria e un laboratorio artistico per la ceramica, alcune donazioni di carattere tecnico e ludico, ad esempio biciclette, ma anche playstation e computer. L’orfanotrofio Al Amal, che vuole dire “speranza”, fu fondato nel 1949 per offrire agli orfani palestinesi vittime di difficoltà sociali ed economiche vitto, alloggio e un’istruzione adeguata. Attualmente ospita 99 bambini, 18 dei quali orfani del conflitto in corso: quest’estate alcuni di loro potrebbero partecipare a una vacanza premio a Roma. (R.B.)

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    Pakistan: per l’Anno della fede pubblicate le prime due parti del Catechismo in urdu

    ◊   Con la pubblicazione delle prime due parti del Catechismo della Chiesa cattolica in lingua urdu, la Chiesa del Pakistan fa suo l’invito del Santo Padre a impegnarsi per la diffusione, appunto, della catechesi. Per realizzare la traduzione, in cui sono stati coinvolti padre Robert McCulloch, missionario australiano della Società di San Colombano che vive nel Paese da 34 anni, e il laico Emmanuel Nino, ci sono voluti otto anni e nei prossimi, invece, si procederà con la traduzione delle ultime due parti. I due autori spiegano alla Fides come non potrebbe esserci momento più propizio per la pubblicazione, dell’inizio dell’Anno della fede pakistano che sarà inaugurato nell’ottobre prossimo. L’opera, oltre a contribuire non poco all’attività di evangelizzazione e a presentare in modo chiaro la dottrina della Chiesa cattolica, costituirà anche una fonte importante per l’elaborazione di testi in urdu e darà un vero contributo alla lingua nazionale: “Sarà utile anche ai giovani – ha detto padre McCulloch – dato che si potranno veicolare contenuti di fede in urdu nei social media e nel loro linguaggio di sms”. (R.B.)

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    Slovacchia. Mons. Fisichella: "Obbedire al comando dell'evangelizzazione"

    ◊   La crisi che il mondo sta affrontando oggi non è principalmente di tipo economico e finanziario ma di carattere culturale e, soprattutto, antropologico. Lo ha detto oggi mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, durante la conferenza internazionale sulle sfide della nuova cultura, in corso a Bratislava, promossa dalla Conferenza episcopale della Slovacchia. Mons. Fisichella ha spiegato che le istanze sociali sono sempre fatte in nome della “giustizia e dell’uguaglianza” ma, in linea di principio, è il desiderio di vivere “in modo più indipendente a livello individuale che risulta essere un fatto determinante”. “Dio diventa un’ipotesi inutile, non solo da evitare, ma da eliminare”, ha affermato mons. Fisichella, indicando la tendenza della gente di oggi a vivere soltanto per se stessi, senza orizzonti più ampi. A questo proposito, la nuova evangelizzazione “deriva dalla convinzione che la grazia trasformi fino alla conversione del cuore, e dalla credibilità della nostra testimonianza”. Secondo il presidente del Pontificio Consiglio, la Chiesa evangelizza perché “deve obbedire al comando del Signore di portare il Suo Vangelo ad ogni creatura”. È questo il nucleo del progetto dei prossimi decenni, ha concluso mons. Fisichella, che “devono trovarci capaci di comprendere appieno la responsabilità affidata alla Chiesa di Cristo”. (R.P.)

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    Russia: raccolta fondi del Patriarcato di Mosca per gli ortodossi di Grecia

    ◊   Con la benedizione del Patriarca di Mosca, Kirill, è cominciata ieri una raccolta fondi destinata ad aiutare gli ortodossi di Grecia. Nel Paese, infatti, attanagliato da una forte crisi economica e finanziaria, cresce la percentuale di persone a rischio o già in povertà. In soli due giorni, informa l’agenzia Apic, sono stati raccolti 884mila rubli, pari a circa 22mila euro. Dal suo canto, la Chiesa ortodossa di Grecia sta conducendo una campagna nazionale per raccogliere fondi e derrate alimentari destinati ai più bisognosi. Secondo quando riferisce il Dipartimento per l’aiuto sociale dell’arcivescovato di Atene, la Chiesa greca distribuisce quotidianamente 100mila razioni alimentari in tutto il Paese. Tuttavia, poiché con la richiesta di aiuto cresce quotidianamente fino a sfiorare le 300mila unità, gli ortodossi di Grecia stanno cercando di incrementare gli aiuti. E il Patriarcato di Russia ha risposto all’appello. Del resto, già il 26 gennaio scorso, nel monastero San Daniele di Mosca, il Patriarca Kirill aveva incontrato Antonio Samaras, leader del partito greco “Nuova democrazia”, e gli aveva ribadito la necessità di aiutare la popolazione ortodossa ellenica. (I.P.)

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    Polonia: messaggio di Quaresima del presidente dei vescovi

    ◊   Mons. Jozef Michalik, presidente della Conferenza episcopale polacca (Kep), nella lettera per la Quaresima concorda con la direttrice dell'Istituto per il dialogo multiculturale di Bruxelles, Marguerite Peeters, che su scala globale prevede dei cambiamenti rivoluzionari sia nell'ambito politico sia culturale. La nuova cultura che trae le sue radici dal postmodernismo, spiega il presule ripreso dall’agenzia Sir, "promuove il relativismo morale, l'aborto, le unioni omosessuali", e proprio in quella direzione "essa conduce la rivoluzione culturale che esclude Dio e i suoi comandamenti". Ma poiché "la fede cristiana non può essere separata dalla vita, la Chiesa ha il dovere di valutare la cosiddetta nuova etica e mettere in guardia contro le distorsioni". Ricordando il motto dell'anno pastorale corrente - "La Chiesa è nostra casa" -, il presidente della Kep sottolinea che è compito di ciascun fedele impegnarsi a favore di un clima sereno al suo interno. "Oggi tutti possiamo vedere che la Chiesa costituisce un bersaglio da parte degli ambienti libertini, ateisti e massoni" afferma mons. Michalik, che ricorda come "non risparmiano la Chiesa nemmeno le televisioni e gli altri media liberali", e accusa le autorità governative di "discriminare un'emittente televisiva cattolica". Il presidente della Kep, inoltre, mette in guardia contro le spaccature interne alla Chiesa che rendono evidenti i casi di insubordinazione ai superiori tra i religiosi. La Quaresima, conclude l'arcivescovo di Przemysl, "è una grande occasione per l'esame di coscienza, per il pentimento e la conversione, è tempo di profonda preghiera e contemplazione della Croce che per tutti noi costituisce la porta alla redenzione". (R.P.)

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    Rwanda: la difesa della famiglia al centro dell’incontro degli intellettuali cattolici

    ◊   « La riconciliazione, la giustizia e la pace saranno il frutto di una nuova evangelizzazione del Rwanda »: su questo tema si è svolto, nei giorni scorsi, il secondo incontro degli intellettuali cattolici dell’arcidiocesi di Kigali. A chiudere il convegno è stata la Messa presieduta dall’arcivescovo della città, Thaddée Ntihinyurwa, il quale, nella sua omelia, ha ricordato agli intellettuali l’importanza del linguaggio e del suo uso corretto in tutti gli ambiti, dalla famiglia al lavoro. Dopo la benedizione finale, si è quindi proceduto alla presentazione delle conclusioni del convegno: articolate in 19 punti, le proposizioni finali ribadiscono innanzitutto l’impegno degli intellettuali cattolici a leggere e ad approfondire la Parola di Dio ed altri documenti importanti della Chiesa, come l’Esortazione apostolica post-sinodale “Africae Munus”, siglata da Benedetto XVI nel novembre 2011. Inoltre, si è sottolineato che “la riconciliazione è una necessità” e che è quindi importante combattere “l’etnocentrismo” e procedere alla “purificazione della memoria”, affinché “ciascuno possa chiedere perdono per il male commesso”. Ma molte delle conclusioni del convegno sono dedicate alla difesa della famiglia: gli intellettuali cattolici rwandesi “si oppongono a tutte le dottrine che mirano alla distruzione del nucleo familiare”, si legge nel documento finale, poiché “sono convinti che la famiglia costituisca il cuore della vita cristiana e la base dei veri valori”. Come tale, quindi, essa va difesa attraverso “un’educazione di base nelle scuole” e grazie alla corretta e attenta “preparazione al matrimonio”, soprattutto per i giovani. Importante anche, scrivono gli intellettuali del Rwanda, sensibilizzare la popolazione sui metodi di regolazione naturale della fertilità. Inoltre, le conclusioni del convegno chiedono alla Commissione episcopale per la Famiglia di preparare una novena ed una Festa nazionale per i nuclei familiari. Tra gli altri punti affrontati dagli intellettuali di Kigali, c’è il rifiuto del “capitalismo selvaggio che minaccia molti Paesi”, così come la necessità di un’adeguata formazione “sulla dottrina della Chiesa cattolica” e di un maggiore coordinamento tra i gruppi locali. Infine, apprezzamento viene espresso per alcune parrocchie di Kigali che hanno avviato un corso di formazione sulla Bibbia destinato ai fedeli; l’auspicio è che l’iniziativa possa espandersi sempre più. (I.P.)

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    Genova: grande successo del padiglione sugli immigrati al Museo del Mare

    ◊   Il Museo del mare si espande all’esterno e ricostruisce il porto dell’Ottocento, quello dei “camalli”, con due gru che, grazie a un motore elettrico, mostrano come avvenivano gli imbarchi all’epoca. Ma ad attirare il maggiore interesse, resta il padiglione dedicato all’immigrazione, inaugurato a novembre: con 1200 metri e 40 postazioni multimediali, illustra soprattutto quella italiana verso gli Stati Uniti, di quasi 30 milioni di persone, con la ricostruzione della nave “Città di Torino” che trasportò centinaia di migliaia di quelli che gli americani definivano ironicamente “passeggeri di stiva”, di seconda classe, molto poveri, con cabine a quattro letti, infermeria, cabina del commissario di emigrazione che li sorvegliava, la cella per chi si comportava male e la sezione femminile con letti più grandi per mamme con bambini. E durante la visita si ascoltano brani di lettere scritte da equipaggi emigrati che raccontano il viaggio. C’è poi la ricostruzione dell’antica Genova, del quartiere “Boca” di Buenos Aires e di una sezione di immigrati che non fecero fortuna. Un’altra è dedicata, invece, all’emigrazione verso l’Italia, fenomeno che nasce negli anni Settanta e che nell’ultimo decennio ha portato alla presenza regolare di stranieri nel Paese, dal 3 al 7%. (Da Genova, Dino Frambati)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 56

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.