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Sommario del 24/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • La carità è il cuore della vita cristiana: il Papa al Circolo San Pietro
  • In udienza dal Papa il Re di Tonga
  • Altre udienze e nomine
  • L’ora della Somalia? Editoriale di padre Lombardi
  • Ad Hanoi terzo incontro Vietnam-Santa Sede
  • Santa Sede presente all'incontro di Tunisi sulla Siria
  • Il cardinale Bertone visita il nuovo Ospedale Bambino Gesù di Potenza: cure di qualità per il Sud Italia
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Al Qaeda rivendica gli attacchi in Iraq, la testimonianza di mons. Warduni
  • Conferenza di Tunisi: tregua umanitaria in Siria, ma la violenza non si ferma
  • Presidenziali in Senegal: il cardinale Sarr auspica elezioni pacifiche e regolari
  • Il presidente dell'Europarlamento Schulz: più solidarietà in Europa
  • Sentenza europea sui respingimenti. Mons. Perego: difendere i diritti prima dei confini
  • Don Zerai: 3 mila eritrei scomparsi dal 2009 nel Sinai, ostaggi dei predoni
  • Don Gentili della Cei sul "divorzio breve": rende più fragile l'istituto matrimoniale
  • "Lo spazio e Dio": a confronto lo scienziato Zichichi e l'astronauta Vittori
  • L'impegno della Caritas dalle povertà in Italia alla crisi nel Sahel: intervista con don Soddu
  • Seminario su giovani e lavoro alla Lateranense: investire sulla formazione per ricostruire l'Italia
  • A Roma due mostre di pittura ispirate alla Quaresima
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: i cristiani minacciati dalle violenze fuggono dal Paese
  • Cuba: cresce l'attesa per la visita del Papa
  • India: l’impegno della Chiesa per le famiglie dei pescatori uccisi in Kerala
  • Cardinale Bagnasco: il gioco d'azzardo "emergenza sociale"
  • Al via Metropolis, esperimento di nuova evangelizzazione
  • Preghiera, digiuno e solidarietà le iniziative per la Quaresima in molte città europee
  • Afghanistan: vittime nelle proteste contro i roghi del Corano
  • Amman: l'ingresso del nuovo vicario della Giordania, mons. Lahham
  • Iran: nuove restrizioni al culto cristiano in lingua persiana
  • Pakistan: libero un cristiano schiavizzato da un ricco musulmano
  • La Tanzania teme il contagio del fondamentalismo islamico
  • Burkina Faso: migliaia di tuareg sfollati dalle zone di conflitto del Mali
  • Cile: la popolazione dell'Aysén chiede giustizia e aiuti allo Stato
  • Spagna: pagina web dei vescovi su San Giovanni d’Avila, prossimo Dottore della Chiesa
  • A Taiwan il materiale per vivere al meglio il cammino quaresimale
  • Il Papa e la Santa Sede



    La carità è il cuore della vita cristiana: il Papa al Circolo San Pietro

    ◊   “L’incontro con l’altro e l’aprire il cuore al suo bisogno sono occasione di salvezza e di beatitudine”. Lo ha detto il Papa incontrando in Vaticano i soci del Circolo di San Pietro, in prossimità della Festa della Cattedra di San Pietro, celebrata domenica scorsa, una circostanza che all’organismo offre “l’occasione di manifestare la peculiare fedeltà alla Sede Apostolica”. Il Pontefice ha quindi salutato tutti i membri, accompagnati dall’assistente ecclesiastico, mons. Franco Camaldo, e guidati dal presidente generale, il duca Leopoldo Torlonia, che nel suo indirizzo di saluto ha ricordato come il Circolo cerchi di “rispondere al meglio con l’impegno di tutti i soci” alle richieste di aiuto negli ultimi tempi “cresciute”. Il servizio di Giada Aquilino:

    La carità come “cuore della vita cristiana”. È il senso del discorso del Papa ai soci del Circolo di San Pietro, fondato a Roma nel 1869 e impegnato in molteplici attività caritative e assistenziali. La Quaresima appena iniziata, ha ricordato Benedetto XVI, “è un tempo propizio affinché, con l’aiuto della Parola di Dio e dei Sacramenti, ci rinnoviamo nella fede e nell’amore”, a livello sia personale sia comunitario. “E’ un percorso segnato dalla preghiera e dalla condivisione, dal silenzio e dal digiuno, in attesa di vivere la gioia pasquale”.

    L’autenticità della nostra fedeltà al Vangelo, ha sottolineato il Santo Padre, “si verifica anche in base all’attenzione e alla sollecitudine concreta che ci sforziamo di manifestare verso il prossimo, specialmente verso i più deboli ed emarginati”, desiderando per l’altro “il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale”:

    "Anche se la cultura contemporanea sembra aver smarrito il senso del bene e del male, occorre ribadire con forza che il bene esiste e vince. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell’altro, desiderando che egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello significa aprire gli occhi sulle sue necessità, superando la durezza di cuore che rende ciechi alle sofferenze altrui. Così il servizio caritativo diventa una forma privilegiata di evangelizzazione, alla luce dell’insegnamento di Gesù, il quale riterrà come fatto a se stesso quanto avremo fatto ai nostri fratelli, specialmente a chi tra loro è piccolo e trascurato".

    Quindi una riflessione sul senso di apertura al prossimo: prendendo spunto dalla Lettera agli Ebrei, il Pontefice ha esortato a prestare “attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone”:

    "Occorre armonizzare il nostro cuore con il cuore di Cristo, affinché il sostegno amorevole offerto agli altri si traduca in partecipazione e consapevole condivisione delle loro sofferenze e delle loro speranze, rendendo così visibile, da una parte la misericordia infinita di Dio verso ogni uomo, che brilla sul volto di Cristo, e dall’altra la nostra fede in Lui. L’incontro con l’altro e l’aprire il cuore al suo bisogno sono occasione di salvezza e di beatitudine".

    D’altra parte, ha detto Benedetto XVI, “oggi come ieri, la testimonianza della carità tocca in modo particolare il cuore degli uomini”. La nuova evangelizzazione, specialmente in una città cosmopolita come Roma, “richiede - ha notato il Papa - grande apertura di spirito e sapiente disponibilità verso tutti”. In tale contesto, si inquadra l’opera del Circolo San Pietro e “bene si pone - ha detto ai soci - la rete di interventi assistenziali che voi, ogni giorno, realizzate a favore di quanti si trovano nel bisogno”: la “generosa opera” nelle cucine, nell’asilo notturno, nella casa famiglia, nel centro polifunzionale, come pure “la testimonianza silenziosa, ma quanto mai eloquente” offerta a sostegno dei malati e dei loro familiari nell’Hospice Fondazione Roma, “senza dimenticare l’impegno missionario in Laos e le adozioni a distanza”.

    I componenti del Circolo di San Pietro, come ogni anno, hanno consegnato a Benedetto XVI “l’obolo per la carità del Papa”, raccolto nelle parrocchie romane:

    "Esso rappresenta un concreto aiuto offerto al Successore di Pietro, perché possa rispondere alle innumerevoli richieste che gli provengono da ogni parte del mondo, specialmente dai Paesi più poveri".

    Il ringraziamento del Pontefice è dunque stato esteso a tutta l’attività svolta “generosamente” e “con spirito di sacrificio” dal Circolo, che nasce “dalla vostra fede, dal rapporto con il Signore coltivato ogni giorno”, ha ricordato il Santo Padre. Quindi l’auspicio è stato che “fede, carità e testimonianza continuino ad essere le linee-guida” dell’apostolato di ogni membro dell’organizzazione, impegnato anche ad essere presente “durante le Celebrazioni liturgiche nella Basilica di San Pietro”, occasione con cui dimostra “la costante dedizione e la devota fedeltà” alla Sede dell’Apostolo Pietro. La benedizione finale del Papa è andata sia agli assistiti, sia ai soci affinché il Signore li aiuti “a realizzare la propria vocazione cristiana” in famiglia, nel lavoro e all’interno del Circolo.

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    In udienza dal Papa il Re di Tonga

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza il Re di Tonga, Siaosi Tupou V, che successivamente ha incontrato mons. Dominique Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. Nel corso dei cordiali colloqui, informa una nota della Sala stampa vaticana, “ci si è soffermati su alcuni aspetti della vita sociale ed economica" di questo Paese del Pacifico, "nonché sul positivo contributo della Chiesa cattolica in vari settori della società e delle attività di promozione umana”. Infine, ha fatto “seguito uno scambio di opinioni sulla situazione internazionale, con particolare riferimento agli Stati insulari del Pacifico”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Il Papa ha ricevuto in successive udienze il cardinale Camillo Ruini, vicario generale emerito di Sua Santità per la diocesi di Roma; mons. Adriano Bernardini, arcivescovo tit. di Faleri, nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino. Il Papa riceve questo pomeriggio in udienza il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    In Eritrea, il Papa ha eretto l’eparchia di Segheneity con territorio dismembrato dall’eparchia di Asmara e ha nominato il rev.do Abba Fikremariam Hagos Tsalim, finora protosincello dell’eparchia di Asmara, primo vescovo di Segheneity.
    In Germania, il Papa ha nominato vescovo ausiliare di Köln mons. Dominik Schwaderlapp, del clero della medesima arcidiocesi, vicario generale e canonico del Ccpitolo metropolitano, assegnandogli la sede titolare di Frigento.

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    L’ora della Somalia? Editoriale di padre Lombardi

    ◊   Un forte impegno internazionale in favore della ricostruzione della Somalia. E’ quanto emerso dalla Conferenza svoltasi ieri a Londra con la partecipazione di oltre 50 Stati. Il Paese del Corno d'Africa dovrà darsi entro l'estate un'assemblea costituente in grado di contrastare povertà, terrorismo e pirateria. Non ci sarà alcuna estensione del mandato del governo transitorio somalo, che scade ad agosto. E’ prevista inoltre l’istituzione del Consiglio congiunto di gestione finanziaria, un nuovo meccanismo di monitoraggio volto ad assicurare maggiore trasparenza nella gestione delle entrate, inclusi gli aiuti internazionali. Intanto, questa mattina, alcuni “droni” hanno attaccato una colonna di integralisti Shabab, uccidendo almeno 6 miliziani. Sull’importante Conferenza internazionale sulla Somalia ascoltiamo il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il Settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    Tutti si augurano che sia punto di partenza per la ricostruzione delle istituzioni statali nel paese, praticamente assenti da oltre vent’anni, distrutte dall’instabilità e dalla guerra interna. Un paese povero, praticamente abbandonato dalla comunità internazionale nel caos e nella violenza, dove con il tempo si è sviluppata anche la pirateria nei mari circostanti. Guerra, carestia, miseria: i flagelli antichi dell’umanità hanno imperversato e continuano ad imperversare su popolazioni che perdono il ricordo della speranza. Le cifre delle vittime sono difficili da trovare. Sono troppe e sconosciute. Certo moltissime sono bambini, e le testimonianza dei rifugiati sulle violenze delle milizie Shabab fanno accapponare la pelle.

    I cattolici sono un’infima minoranza, in molte zone non ci sono proprio. Ma hanno avuto anche loro una bella serie di martiri, in solidarietà con il popolo sofferente. Ricordiamone alcuni: Mons. Colombo, ultimo vescovo residente a Mogadiscio, ucciso nel 1989 presso la cattedrale; Graziella Fumagalli, volontaria laica e medico, uccisa nel suo ospedale nel 1995; Annalena Tonelli, anch’essa volontaria laica e medico, uccisa nel suo ospedale nel 2003; Suor Leonella Sgorbati, religiosa infermiera uccisa all’uscita dall’ospedale nel 2006. “Possa la Chiesa intera – scriveva Annalena pochi giorni prima di essere uccisa – capire e accettare sempre anche di essere apparentemente perdenti purché vinca l’amore: quell’amore che è verità, bontà, non violenza, perdono, fiumi di compassione”. Con questa eredità spirituale vogliamo partecipare all’impegno per la riconciliazione, la pace, la ricostruzione della Somalia.

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    Ad Hanoi terzo incontro Vietnam-Santa Sede

    ◊   Il 27 e 28 febbraio prossimi si svolgerà ad Hanoi il terzo incontro del gruppo di Lavoro congiunto Vietnam-Santa Sede. Lo riferisce in una dichiarazione il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. La riunione ha luogo secondo quanto deciso al termine del secondo incontro del Gruppo di Lavoro, svoltosi nella Città del Vaticano dal 23 al 24 giugno 2010. “Dopo alcune visite compiute dal rappresentante pontificio non residente in Vietnam – afferma padre Lombardi - la riunione servirà ad approfondire e a sviluppare le relazioni bilaterali”.

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    Santa Sede presente all'incontro di Tunisi sulla Siria

    ◊   La Santa Sede, invitata dal ministro degli Esteri della Tunisia, partecipa all’incontro del gruppo Friends of Syria che si svolge a Tunisi. Lo riferisce il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. La Santa Sede è presente come Osservatore ed è rappresentata da mons. Michael Louis Fitzgerald, delegato della Santa Sede presso l’Organizzazione della Lega degli Stati Arabi e nunzio apostolico in Egitto. “Tale partecipazione – spiega il portavoce vaticano - è intesa a manifestare la vicinanza e la solidarietà della Santa Sede a tutto il popolo siriano e il suo interessamento al bene dell’intera società e della regione bisognosa di pace e di stabilità”. A questo proposito si ricordano i principi espressi dal Papa all’Angelus del 12 febbraio scorso quando il Pontefice ha lanciato pressante appello a porre fine alla violenza e allo spargimento di sangue, invitando tutti, e soprattutto le Autorità politiche in Siria, a privilegiare la via del dialogo, della riconciliazione e dell’impegno per la pace.

    Benedetto XVI aveva sottolineato anche l’urgenza di rispondere alle legittime aspirazioni delle diverse componenti della Nazione, come pure agli auspici della comunità internazionale. “In tale contesto – prosegue padre Lombardi sulla scia dell’appello del Papa - si rivela importante assicurare che tutte le componenti della società, incluse le minoranze e in particolare i Cristiani, possano offrire il loro contributo alla costruzione del Paese, caratterizzato da una lunga storia di pacifica coesistenza tra i diversi componenti della società”. Infine – conclude il direttore della Sala Stampa vaticana – “si rivela urgente il soccorso alle vittime delle violenze e l’assistenza umanitaria”.

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    Il cardinale Bertone visita il nuovo Ospedale Bambino Gesù di Potenza: cure di qualità per il Sud Italia

    ◊   “Un centro d’avanguardia che risponde in modo efficace e tempestivo alle richieste di salute dei bambini lucani e del Mezzogiorno”. Con entusiasmo e gratitudine il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha così parlato oggi a Potenza del nuovo centro regionale Bambino Gesù della Basilicata, attivo da un mese nell’azienda ospedaliera San Carlo. Durante la visita, l’auspicio espresso dal porporato ai medici, che nelle cure l’umanità affianchi la professionalità. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Un’accoglienza calorosa è stata riservata al cardinale Bertone che oggi a Potenza ha portato la speciale benedizione del Papa e la sua attenzione per le attività del nuovo centro regionale Bambino Gesù a favore dei piccoli, "speranza e futuro", ha detto. All’applauso dei medici e delle autorità che lo attendevano nell’atrio dell’ospedale San Carlo, il porporato ha risposto citando il salmo 40 Beato l’uomo che ha cura del debole con la raccomandazione di creare coesione e serenità tra colleghi per favorire le cure, e di preservare l’umanità oltre alla professionalità specie se i pazienti sono bambini. Perché in questa struttura, attiva dal 9 gennaio, come in tutte le sedi regionali del Bambino Gesù, "è il benessere dei piccoli e delle loro famiglie, l’obiettivo, nonchè la priorità dell’etica cristiana da sempre", ha detto il cardinale. Ricoveri di ogni tipo e ambulatori di alta specializzazione danno qui la possibilità a tante famiglie del meridione, ha sottolineato il porporato, di evitare lunghi viaggi in cerca di risposte sanitarie adeguate o di svolgere vicino casa un "follow up" in continuità e sicurezza con il polo pediatrico romano. Questo alla base dell’accordo con la regione Basilicata, che già raccoglie il gradimento di mamme e papà. Occorre ora “trasformare in prassi quella che appare ancora come una felice novità”, ha chiesto ai dirigenti il porporato, affidando il futuro della struttura all’intercessione di San Carlo Borromeo, fondatore storico di istituzioni a favore dei bambini in difficoltà.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il discorso di Benedetto XVI nell’udienza al Circolo San Pietro in occasione della consegna dell’obolo.

    In prima pagina, un editoriale di Ettore Gotti Tedeschi dal titolo “Strategia della solidarietà: per arginare la crisi a livello globale”.

    La tragedia della Somalia, maggiore emergenza mondiale: la comunità internazionale cerca interventi finalmente efficaci.

    Quale futuro per l’Iraq: Gabriele Nicolò sul ritiro delle truppe statunitensi dal Paese arabo.

    Chiamati a costruire il «noi» della Chiesa: in cultura, la «lectio divina» tenuta giovedì da Benedetto XVI durante l’incontro con il clero di Roma.

    Perché i preti devono studiare il latino: stralci dalla relazione di Celso Morga Iruzubieta, arcivescovo segretario della Congregazione per il Clero, al convegno per il cinquantesimo anniversario della «Veterum sapientia».

    A disposizione della Chiesa: la diocesi suburbicaria di Porto-Santa Rufina ricorda il cardinale Eugenio Tisserant nel quarantesimo della morte.

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    Oggi in Primo Piano



    Al Qaeda rivendica gli attacchi in Iraq, la testimonianza di mons. Warduni

    ◊   Al Qaeda ha rivendicato su Internet la raffica di attentati avvenuti ieri in Iraq. Almeno 70 le vittime e oltre 400 i feriti negli attacchi che hanno preso di mira Baghdad e altre città del Paese. Secondo fonti governative, la "rete del terrore" intende scoraggiare le prossime iniziative di riconciliazione nazionale: il vertice della Lega Araba a fine marzo e la conferenza nazionale che si sta preparando. Sugli ultimi attentati, Benedetta Capelli ha intervistato mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei:

    R. – Per quelli che vivono qui, purtroppo, è una cosa quasi “ordinaria”. Se c’è un po’ di quiete per qualche giorno, poi non si sa perché arriva la tempesta. Quindi, noi cerchiamo – in questo inizio di Quaresima – di fare un po’ più di digiuno, di penitenza per chiedere al Signore la speranza, perché le vie del Signore non sono come le nostre, il suo pensiero non è come il nostro. La marea dell’emigrazione continua: cosa possiamo dire alla gente, affinché non vada via? Quali elementi di sicurezza possiamo dare loro? Non abbiamo altra speranza, solo il Signore ci aiuterà.

    D. – Ci sono anche difficoltà politiche molto forti, in Iraq. La violenza, però, può essere sconfitta anche con una pace politica. Perché questo non avviene?

    R. – Certamente, il responsabile principale è il governo, perché non abbiamo un governo forte, quasi non c’è, quasi non c’è una legge … Questa è la situazione peggiore in assoluto. Se i politici si mettessero d’accordo, le cose potrebbero andare molto meglio. Noi abbiamo bisogno di questo: che ci sia un governo duraturo, forte, che guidi la nazione sulle rive della pace.

    D. - E’ in preparazione una conferenza di riconciliazione e un vertice della Lega araba a fine marzo a Baghdad. Crede che questi due appuntamenti possano segnare un momento di svolta per il destino dell’Iraq?

    R. – Noi speriamo prima di tutto che avvengano queste due cose. Ogni incontro ha una sua pur piccola utilità: dobbiamo essere ottimisti, certamente, ma questo ottimismo dovrà anche fondarsi su qualcosa. Per questo noi preghiamo perché il Signore illumini le menti, allontani le persone dagli interessi personali, etniche e di partito. Al Signore chiediamo soltanto di dare loro la forza di guardare al bene dell’Iraq e degli iracheni.

    D. – Perché mai l’Iraq non riesce a prendere in mano il proprio futuro?

    R. – Né dall’esterno, né dall’interno riusciamo a spiegarci questo. Si potrebbe dire che la causa risiede negli interessi particolari: quelli del proprio partito, quelli della propria etnia, quelli non della religione, ma della confessione, perché se ci fosse un po’ di timor di Dio, un po’ di amore di Dio e del prossimo, sarebbe molto più facile superare queste difficoltà.

    D. – Come la sua piccola comunità sta vivendo questo tempo di Quaresima?

    R. – Da noi, la Quaresima inizia il lunedì, due-tre giorni prima di voi; si inizia con il digiuno e l’astinenza dalle carni e dalle altre cose, e poi digiuno naturale fino a mezzogiorno. Oggi abbiamo la Via Crucis e offriamo tutto per la conversione del mondo, come diceva il Santo Padre l’altro ieri, mercoledì, all’udienza generale, a proposito del digiuno: la Quaresima è tempo di conversione, e poi il Signore ci darà la pace e la tranquillità. (gf)

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    Conferenza di Tunisi: tregua umanitaria in Siria, ma la violenza non si ferma

    ◊   Un immediato cessate-il-fuoco in Siria per consentire la distribuzione di aiuti umanitari alla popolazione. Questo l’obiettivo principale della Conferenza di Tunisi, apertasi oggi alla presenza di 50 delegazioni internazionali, soprattutto Paesi occidentali ed arabi. Ribattezzato “Amici della Siria”, il vertice chiede il "riconoscimento del Consiglio Nazionale Siriano (Cns)", il principale cartello delle forze di opposizione al regime di Damasco "quale legittimo rappresentante dei cittadini siriani che perseguono un pacifico cambiamento in senso democratico". La Francia ha fatto già sapere di considerare il Cns un interlocutore legittimo. Intanto, nel Paese l'esercito continua ad attaccare Homs e altre città: secondo fonti dell'opposizione sono morti oltre 40 civili, tra cui anche alcuni bambini. Ma sull’importanza dell'incontro di Tunisi, Salvatore Sabatino ha intervistato Roger Bouchahine, direttore dell’Osservatorio Geopolitico mediorientale, appena rientrato da Damasco:

    R. – E’ chiaro che il cessate-il-fuoco lascerebbe pensare ad un’azione militare da ambo le parti. Invece, la situazione è molto delicata e molto diversa da come viene raccontata. Io sono stato in Siria l’altro ieri, ho girato tutta Damasco: è chiaro che c’è una situazione di forte intervento dei militari e dei servizi segreti nel Paese. Si parla di una situazione completamente militarizzata da parte del regime. Per quanto riguarda l’obiettivo della riunione di Tunisi è quello di fare arrivare gli aiuti, perché in diverse aree la situazione è di un isolamento totale riguardo alle prime necessità della popolazione.

    D. – Pesa su questo vertice l’assenza delle delegazioni cinese e russa, che continuano – dunque – a fare muro contro la comunità internazionale; un braccio di ferro, insomma, che rallenta di molto le azioni proposte in sede Onu …

    R. – Sicuramente, la Russia basa la sua azione sul mantenimento del controllo sulla Siria per mantenere le sue basi e quindi la sua strategia militare sul territorio siriano: questo ormai è evidente, con la complicità della Cina. La Cina ha interessi economici, ha interesse a mantenere l’alleanza contro l’Occidente, cioè contro alcuni Paesi europei e l’America perché, come abbiamo visto, questo asse è orientato verso il Brasile e il Sud Africa, e ci sono diversi Paesi che condividono questa posizione con la Russia e la Cina.

    D. – Il vertice di Tunisi è considerato da Bashar al Assad una sfida: non c’è il rischio che possa, di fatto, provocare una reazione ancora più violenta da parte di Damasco?

    R. – Non esiste la possibilità che il regime possa essere ancora più duro di quanto lo sia attualmente: nel senso che ha avviato tutta la sua macchina da guerra contro chiunque, in qualsiasi città possa mettere in discussione l’attuale situazione. Sono testimone: due giorni fa ero a Damasco. Ho girato nel quartiere Maz, del quale tutta la stampa internazionale ha scritto che c’erano sconvolgimenti e che il regime rischiava di cadere a causa delle manifestazioni … Io ho attraversato tutta Damasco, l’ho girata completamente: traffico a dismisura, gente ovunque … Quando un regime riesce a mascherare completamente e in tale misura la situazione, all’interno di una città come Damasco e in particolare nei quartieri dove la notte c’erano stati veramente scontri violentissimi, e il giorno dopo di tutto questo non appare nulla... questo mette paura. Io non ho avuto paura che potessero esserci incidenti in corso; ho avuto paura per quanto il regime sappia essere duro e riesca a mascherare la situazione.

    D. – Bisogna dire che questo vertice di Tunisi giunge a poche ore della denuncia dell’Onu per crimini contro l’umanità nel Paese, e della nomina dell’ex segretario dell’Onu Kofi Annan come inviato speciale. Quale potrà essere il ruolo di Kofi Annan?

    R. – Tutto questo ritardo da parte dell’Occidente, palese se si fa il confronto con la situazione in Libia – io in questo momento sono in Libia, sono a Bengasi – se si considera come sia stata trattata la situazione di Bengasi e come stiano trattando ora quella in Siria, è chiaro che c’è un dislivello nel trattare certe situazioni. Quando hanno voluto fare arrivare la Nato a Tripoli, hanno detto che Gheddafi aveva ucciso diecimila persone, e fino a ieri hanno continuato a contare con il contagocce i morti in Siria: ancora non hanno sfiorato i diecimila, perché probabilmente la propaganda partirà soltanto quando si arriverà a diecimila. Io le posso garantire che il numero delle persone morte in Siria ha superato le 40 – 50 mila, e per un semplice motivo: penso solo alla gente che è stata “rapita” – non arrestata: rapita. Il rapimento è diverso dall’arresto – raggiunge una cifra smisurata: si parla di centomila persone che sono state prelevate dalle loro case, nelle strade, durante le manifestazioni, di cui ad oggi nessuno conosce la sorte. Per questo io non vedo come il regime - senza nulla togliere a tutto quello che Kofi Annan ha fatto nella sua storia - come possa aver bisogno di trattare con lui per migliorare la situazione di morte che sta mettendo in atto contro il suo stesso popolo. Vedo semplicemente che non si possono lasciare al loro destino persone – uomini, donne, bambini e anziani – che hanno sacrificato la loro vita in nome della libertà. (gf)

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    Presidenziali in Senegal: il cardinale Sarr auspica elezioni pacifiche e regolari

    ◊   Vigilia elettorale di grave tensione in Senegal. L’opposizione al presidente Abdoulaye Wade denuncia il rischio che quelle del 26 febbraio siano elezioni non libere e regolari. Contestata anche la modifica costituzionale che consente al capo di Stato uscente di ripresentarsi per un terzo mandato, mentre al popolare musicista pop, Youssou N’Dour, rimasto ferito in una recente manifestazione di piazza, la Corte Suprema ha impedito di concorrere per l’alta carica, a causa di irregolarità nella presentazione della sua candidatura. In molti, chiedono addirittura un rinvio delle consultazioni. Probabile una mediazione tra le parti della Nigeria. Saranno comunque almeno tremila gli osservatori, nazionali ed esteri, chiamati a controllare il corretto andamento di votazioni e scrutini. Sulla situazione, che si sta vivendo nell’ex colonia francese, Giancarlo La Vella ha intervistato l’arcivescovo di Dakar, il cardinale Theodore Adrien Sarr:

    D. – Riguardo alle elezioni, qual è la situazione in Senegal?

    R. – La situation est très difficile, actuellement: c’est très tendue …La situazione, attualmente, è molto difficile, c’è molta tensione. Cerchiamo di fare il possibile per abbassare la tensione e perché la pace torni negli animi e nei cuori, ma sarà molto, molto difficile. Cerchiamo ancora di incontrare le persone e di parlare, ma non è facile e l’ottimismo, oggi, non è all’ordine del giorno.

    D. – La popolazione come sta vivendo questo momento?

    R. – La population est divisé … On ne peut pas nier que le président a des …
    La popolazione è divisa … Non si può negare che il presidente abbia una parte della cittadinanza che sostiene la sua candidatura e che voterà per lui, ma c’è anche un’altra parte, altrettanto importante, che è contraria alla sua candidatura. Questi sono attualmente i due schieramenti. Non è facile dire, in questo momento, quale dei due sia più numeroso o più forte, ma è evidente che la parte della popolazione che si oppone alla sua candidatura è importante. Non sono in grado di valutare, se questa sia prevalente. Soltanto elezioni oneste e regolari potranno dimostrare chi detiene la maggioranza.

    D. – C’è una possibilità che le parti si accordino?

    R. – Oui, nous essayons de voir s’il y avait encore moyen que les responsables …
    Sì, noi continuiamo nel nostro tentativo di fare incontrare i responsabili politici, anche in questi giorni, per dare inizio ad un dialogo che consenta almeno di tentare di uscire dalla crisi. Noi lo chiederemo con forza, anche se non è detto che la nostra richiesta sarà accolta. La speranza è che si apra un confronto tra i diversi partiti politici, o meglio, tra i diversi responsabili politici, affinché loro stessi, insieme e magari con l’aiuto di osservatori esterni aiutino a trovare una via d’uscita. E’ necessario che il dialogo si apra subito, oggi stesso.

    D. – In questo momento così difficile, qual è il ruolo della Chiesa?

    R. – Le rôle de l’Eglise … l’Eglise avait déjà fait une déclaration le 11 janvier, …
    Il ruolo della Chiesa era stato reso noto già l’11 gennaio scorso in un messaggio dei vescovi del Paese, nel quale si chiedeva di fare il possibile, affinché le elezioni si potessero svolgere in modo trasparente, chiaro e libero, perché i risultati non potessero essere contestati. Avevamo poi anche lanciato un appello a tutti, ai leader religiosi, agli uomini politici, alla società civile, ai giornalisti, perché tutti contribuissero alla pace attraverso elezioni pacifiche e regolari. Tutto questo sembra non essere stato ascoltato. Nello stesso messaggio avevamo anche affermato la necessità di rispettare la Costituzione nel suo spirito e nella sua lettera. In ogni caso, la Chiesa è presente. Ieri abbiamo avuto un incontro con il presidente. Farò un’ulteriore dichiarazione a nome dei vescovi, per ricordare quanto sia assolutamente necessario un dialogo che ci aiuti a trovare il modo di uscire dalla crisi. La Chiesa può parlare, può tentare di prendere delle iniziative, ma se poi non è ascoltata, non sarà colpa sua. (gf)

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    Il presidente dell'Europarlamento Schulz: più solidarietà in Europa

    ◊   L'Italia sta percorrendo la giusta direzione per l'uscita dalla crisi: è quanto ha affermato a Roma il presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, in quella che è la sua prima visita ufficiale in un Paese dell’Unione dopo l’elezione a gennaio. Ieri ci sono stati gli incontri istituzionali: dal presidente della Repubblica, Napolitano, al presidente del Consiglio, Monti. Domani la visita a Marzabotto, comune noto per la strage con circa 700 morti (tra cui intere famiglie e molti bambini) durante la Seconda Guerra Mondiale. Uno dei più gravi contro la popolazione civile perpetrati dalle forze armate tedesche in Europa occidentale. Schulz esprime ottimismo per le misure anticrisi prese in Europa ma raccomanda che i benefici della disciplina di bilancio non vadano a finire nelle tasche degli speculatori. Fausta Speranza ha incontrato il presidente Martin Schulz e gli ha chiesto innanzitutto un commento sulla raccomandazione che il premier Monti ha fatto nella sua visita a Strasburgo di qualche giorno fa: più integrazione e democrazia:

    R. – To link democracy and integration …
    Unire la democrazia e l’integrazione vuol dire che è necessario rafforzare il ruolo del Parlamento europeo, perché per migliorare l’integrazione e avere una democrazia più forte è necessario aumentare il trasferimento di quote di sovranità dal livello nazionale verso un livello internazionale.

    D. – Monti ha detto di più che “si può”: Monti ha detto che “si deve” …

    R. – I share entirely his view. …
    Sì, sono d’accordo con l’opinione di Monti, e vorrei citare due dati. Nel 2040, la popolazione mondiale sarà di otto miliardi; in Germania vivranno 76 milioni di persone, cioè meno dell’1 per cento della popolazione mondiale. Per cui, se vogliamo sopravvivere dobbiamo riunire le nostre capacità e le nostre infrastrutture, sia a livello politico sia a livello economico.

    D. – In questa fase, la Chiesa raccomanda solidarietà: è d’accordo?

    R. – I think we need solidarity between people, …
    Abbiamo bisogno di maggiore solidarietà, sono d’accordo. Sia tra i popoli, sia tra i Paesi. E questo è anche lo spirito europeo dopo l’unificazione dell’Europa, dopo la Seconda Guerra mondiale. Si è discusso per molto tempo in Europa dei “shareholder values”, e non si è discusso tanto di solidarietà e di rispetto reciproco. I valori devono essere alla base dell’organizzazione di una società e tra questi valori c’è anche l’accesso dei giovani al mercato del lavoro. Un giovane che voglia fondare una famiglia si deve chiedere come fare, come potrà crescere i propri figli se non sa nemmeno come finanziare la propria vita? La famiglia è alla base dei valori della nostra società, e penso che i diritti sociali non siano un lusso: sono un diritto prioritario, sono alla base di una società equa e alla base anche del rispetto reciproco.

    D. – In definitiva, qual è l’obiettivo del suo mandato?

    R. – Europa needs a place where the controversial debate between different …
    In Europa abbiamo bisogno di un luogo dove si possano discutere opinioni diverse, a volte anche controverse, e questo posto è il Parlamento europeo. Abbiamo troppe porte chiuse: il Consiglio dei ministri decide a porte chiuse, la Commissione decide a porte chiuse … come ho detto, ci sono troppe porte chiuse dietro alle quali vengono prese decisioni che influenzano la vita dei cittadini europei. Abbiamo bisogno di porte aperte, dove le decisioni che vengono prese siano visibili: questo è importante per il nostro futuro europeo. (gf)

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    Sentenza europea sui respingimenti. Mons. Perego: difendere i diritti prima dei confini

    ◊   L’Italia ha violato l’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, perché attuando la politica dei respingimenti verso la Libia ha esposto i rifugiati respinti al rischio di maltrattamenti in Libia e di rimpatrio in Somalia ed Eritrea, ed è equivalso ad una espulsione collettiva. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che, accogliendo il riscorso di 11 somali e 13 eritrei respinti nel 2009, ha condannato l’Italia a versare un risarcimento di 15 mila euro ciascuno ai ricorrenti, più le spese legali. ''Alla luce dell'analisi di questa sentenza prenderemo decisioni per quanto riguarda il futuro'' è stato il commento del premier italiano Mario Monti. Strasburgo "ci farà ripensare la nostra politica nei confronti dell'immigrazione", ha detto il ministro della Cooperazione e Sviluppo, Andrea Riccardi. Critico l’ex ministro dell’Interno, il leghista Maroni, per il quale si tratta di una sentenza politica. Francesca Sabatinelli ha intervistato mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei:

    R. – Già nel momento in cui – nel 2009 – erano capitati questi ed altri respingimenti, insieme ad altre organizzazioni avevamo sollecitato questo tipo di intervento, condannando anche in quell’occasione ciò che stava avvenendo e che poi ha interessato più di mille persone. Quindi, questa sentenza la salutiamo come effettivamente un’occasione e uno strumento in più per riaffermare ciò che già affermava la Convenzione europea dei diritti umani in tema di protezione internazionale.

    D. – Mons. Perego, la sentenza della Corte di Strasburgo è un importante richiamo per la politica italiana e per l’Unione Europea in generale…

    R. – Certamente: va nelle due direzioni. Va anche nella direzione di costruire effettivamente un Mare Mediterraneo come un mare comune al cui centro ci sia la tutela dei diritti prima che dei confini, e quindi con quell’attenzione anche a costruire, in momenti di emergenza che sono ancora di grande attualità, forme e canali umanitari per tutelare i profughi che provengono non solo dal Nord Africa ma anche dal Corno d’Africa e dal Centro Africa.

    D. – Quindi a suo giudizio, adesso la politica d’immigrazione italiana dovrà mostrarsi più sensibile?

    R. – Certamente quel criterio di sicurezza dei confini che aveva portato a questi respingimenti, e che in questa sentenza vengono paragonati a vere e proprie espulsioni, porta con sé la necessità di riorganizzare ogni servizio, ogni forma di presidio dei confini con una maggiore attenzione alla tutela dei profughi e con una assoluta attenzione a non essere complici di mancanza di protezione internazionale tutte le volte che si rimane in un Paese che non protegge profughi e rifugiati, persone che sono in cammino o in fuga.

    D. – Quindi, Migrantes non può che esprimere la sua soddisfazione?

    R. – Siamo contenti di questa sentenza, soprattutto perché questa sentenza aiuta a costruire effettivamente un’Europa sociale, un’Europa al cui centro ci sia la tutela dei diritti umani, soprattutto dei più deboli. E oggi, in questo contesto, la tutela internazionale in atto, la tutela dei richiedenti asilo e dei rifugiati è certamente un segno molto importante di rispetto dei diritti umani. Diciamo che è l’occasione anche per ricordare che questi respingimenti hanno generato centinaia di morti in questi due anni e quindi è un’occasione in più per ricordare il dramma della morte legata anche ai respingimenti e alle espulsioni. (gf)

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    Don Zerai: 3 mila eritrei scomparsi dal 2009 nel Sinai, ostaggi dei predoni

    ◊   Da tempo si conosce la drammatica realtà dei profughi, soprattutto eritrei, sequestrati dai predoni del Sinai, a fini di ricatto e traffico di organi. L’Alto Commissariato dell’Onu dichiara di esserne a conoscenza dal 2010. Ed ora si aggiunge la testimonianza di un ragazzo eritreo sfuggito ai suoi rapitori, che hanno messo una taglia sulla sua testa. Roberta Gisotti ha intervistato don Mussie Zerai, il sacerdote eritreo, presidente dell’agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo, che ha parlato con questo ragazzo:

    D. - Cosa fare per salvare la vita di questo giovane e quella degli altri sequestrati?

    R. - Cosa fare? Con l’aiuto di altre organizzazioni presenti sul territorio egiziano ci stiamo muovendo per aiutare in particolare questo ragazzo. Stiamo cercando di trovare un modo per tirarlo fuori dal territorio che è sotto controllo di queste bande trafficanti. Per gli altri, se non ci sarà un intervento delle autorità egiziane o comunque su pressione anche della comunità internazionale, o un intervento militare, sarà difficile uscire fuori da questa situazione. Finché il governo egiziano non collaborerà sarà difficile trovare una soluzione per tutti coloro che sono ancora nelle mani dei trafficanti.

    D. - Si può chiedere un intervento delle Nazioni unite più incisivo?

    R. – Sì. Si deve chiedere perché è passato più di un anno dalle prime denunce. Personalmente, sto denunciando questi fatti, e fino ad ora nessuno si è mosso. Sappiamo che a due passi da dove sono, c’è una presenza di caschi blu che potrebbero intervenire, qualora ci fosse l’autorizzazione da parte dei due Paesi Israele ed Egitto, per risolvere una volta per sempre tutti questi problemi di sequestro di persona, del traffico di organi e di tutti gli altri traffici che vanno avanti nella zona ormai da anni.

    D. - Lei si è fatto un’idea sul perché non si sia fatto ancora nulla per risolvere questa drammatica realtà?

    R. - L’Egitto è diventato un territorio fuori controllo perché queste bande, circa 600 mila persone che sono i beduini, sono quasi tutte armate e sono spesso in contrasto con il governo centrale. Quindi la situazione è diventata difficile da gestire: tra autonomisti e gli altri trafficanti, l’Egitto non riesce ad intervenire. Israele, non riesco a comprendere perché non faccia pressioni sufficienti, affinché ai suoi confini non ci siano questi tipi di traffici. Se ci fosse la pressione di Israele, si potrebbe anche arrivare una soluzione con un intervento anche militare della comunità internazionale. Però questo non avviene, non riesco a capire quali siano veramente le ragioni. Se Israele lo vede come deterrente alle immigrazione irregolare, e se fosse così, sarebbe terrificante perché in gioco c’è la vita di centinaia di persone che sono morte; parliamo di più di tremila persone che sono sparite nel nulla dal 2009 al 2011. Un numero consistente, con un giro di traffici di organi che testimoniato da questo ragazzo, che è un testimone oculare anche di questi tipi di traffici. Lui stesso, ha detto di aver visto con i suoi occhi sacchetti pieni di organi di persone, quindi non è possibile tollerare un traffico del genere nel 2012!

    D. - La stampa ha denunciato abbastanza?

    R. - Dire abbastanza è un po’ troppo, perché bisognerebbe fare una denuncia martellante. È vero che Cnn, Bcc, L’Avvenire ed altri giornali, la Radio vaticana si sono occupati spesso di questo, però non abbastanza. Tranne la Repubblica on line, gli altri quotidiani italiani hanno dato poco spazio alla vicenda. E così negli altri Paesi. Non è abbastanza, bisognerebbe fare di più. (bi)

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    Don Gentili della Cei sul "divorzio breve": rende più fragile l'istituto matrimoniale

    ◊   C’è preoccupazione tra i cattolici per la riduzione a un anno della separazione prima di ottenere il divorzio, attualmente è di tre, approvata ieri dalla commissione Giustizia della Camera. Il vicepresidente dell'Associazione Medici Cattolici Italiani, Aldo Bova, ha affermato che bisogna battersi “per difendere l’istituto familiare, cellula primaria della società civile”. Alessandro Guarasci ha sentito don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Cei per la Pastorale della famiglia:

    R. – Questo provvedimento va nella direzione di rendere ancora più fragile l’istituto matrimoniale. Invece di investire energie e risorse su tutta una serie di apporti da consegnare alle coppie in crisi – che vanno in crisi anche per motivi molto concreti, come le difficoltà nel lavoro, nel pagamento delle bollette, per una vita spirituale che si è un po’ affievolita –, si dà il via libera a velocizzare e a trasformare quella crisi quasi immediatamente – perché un anno è veramente poco – in una separazione.

    D. – Ecco: non si dà il tempo per ripensare a quanto si è fatto...

    R. – In molti casi, se si riuscissero a trovare i giusti supporti, la crisi sarebbe superabile. In questo caso, si recupererebbe anche il senso ed il valore di quell’unione sponsale, di quella promessa che si è fatta e, in qualche modo, si ritrova anche la dimensione di una personalità più matura e più serena. Questo, però, ha bisogno dei giusti tempi e quindi, l’idea dei tre anni, andava proprio nella direzione di vedere se c’era ancora la possibilità di salvare quel matrimonio.

    D. – In realtà, è un po’ tutto l’istituto degli aiuti alle famiglie ad essere in crisi...

    R. – Non abbiamo – nonostante se ne sia parlato da tempo – delle vere politiche familiari, tranne qualche breve accenno. Diciamo che c’è una strenua difesa dell’individuo e dei diritti individuali, ma molto meno della famiglia come soggetto sociale ed anche come soggetto di coesione sociale. Questo è il vero segno di civiltà: una famiglia che apre ad una stabilità della società, fondata quindi sul matrimonio.

    D. – Ora che cosa si aspetta, un ripensamento da parte del Parlamento, soprattutto dell’Aula di Montecitorio?

    R. – Spero vivamente - ma credo che tanti che stanno lavorando davvero con grande impegno per salvare molte famiglie – non soltanto che si neghi questa legge, ma soprattutto che si investano nuove risorse a favore della famiglia, che si crei quella “culla per la vita” che ogni famiglia può essere. Non può esistere una società serena senza una difesa della famiglia fondata sul matrimonio. (vv)

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    "Lo spazio e Dio": a confronto lo scienziato Zichichi e l'astronauta Vittori

    ◊   Scoprire l’universo, i pianeti , le stelle, come creazione unica di Dio di cui noi ne siamo parte integrante ed operante. Questo l’obiettivo della serata “Lo Spazio e Dio”, che si è svolta ieri sera a Roma presso il Teatro Argentina, e promossa dall’ Ufficio diocesano per la Pastorale Universitaria in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca. Ecco la testimonianza dell’astronauta Roberto Vittori, tra gli ospiti dell’incontro, raccolta da Marina Tomarro:

    R. - Lo spazio è sicuramente scienza e sicuramente tecnologia; lo spazio è anche immaginazione e arte. C’è un qualcosa che lo spazio ti dice? La risposta per me è sì, per l’esperienza fatta tre volte nello Spazio, due con i russi e una con l’ultimo volo dello Shuttle. Sono avventure molto particolari. L’uomo fa cose che umanamente non potrebbe fare: sale a bordo di un razzo, aspetta il conto alla rovescia, l’accensione dei motori e arriva nello spazio. Questo è un incredibile privilegio, quello di guardare la terra dal di fuori. E’ stata, in quel momento, una sensazione fortissima perché effettivamente la bellezza della vista della terra dalla Stazione Spaziale, questo incredibile “pianeta blu”, manda un messaggio forte e di speranza.

    D. - Dei tre voli, c’è un momento che lei ricorderà per sempre?

    R. - L’avventura spaziale è una serie di attività estremamente complesse, dall’addestramento fino all’arrivo al giorno del lancio: indossare lo scafandro, aspettare il conto alla rovescia e andare nello spazio. E’ un percorso bellissimo ed estremamente emozionante che ti porta al di fuori del mondo. E’ difficile sceglierne una, ma se dovessi proprio sceglierne una, posso dire che la cosa più bella è l’atterraggio, il tornare a terra, tornare tra i propri cari e scoprire che uomini siamo e uomini rimaniamo.

    E il colonnello Vittori lo scorso maggio, è stato tra gli astronauti protagonisti dello storico collegamento tra Benedetto XVI e la Stazione Spaziale Internazionale. Ascoltiamo il suo ricordo di quei momenti:

    “Il Santo Padre è stato assolutamente capace di superare la barriera dello scienziato e della tecnologia per entrare all’interno dei nostri cuori. E’ stata certamente una cosa storica, indubbiamente: è stata la prima volta che si è avuta una opportunità di questo tipo. Per tutti noi rimarrà per sempre nei nostri ricordi, come uno dei momenti fondamentali della missione spaziale”.

    E alla serata era presente anche lo scienziato Antonino Zichichi, che ha spiegato ai presenti la nuova teoria del rapporto spazio-tempo a 43 dimensioni:

    “Lo studio dello spazio ci ha portato a capire qual è la logica che regge il mondo: lo spazio-tempo a 4 dimensioni siamo sicuri che non basta per descrivere la logica di Colui che ha fatto il mondo. Secondo quello che noi oggi riusciamo a capire, alla base della nostra esistenza materiale c’è uno spazio-tempo con 43 dimensioni. Quindi se è vero quello che noi pensiamo, siamo figli del “super mondo”, che vuol dire una logica rigorosa che nasce, non osservando lo spazio, non osservando le stelle, ma studiando le pietre che sono state fatte dalla stessa Persona che ha fatto le stelle”. (mg)

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    L'impegno della Caritas dalle povertà in Italia alla crisi nel Sahel: intervista con don Soddu

    ◊   Con l’insediamento ufficiale del nuovo direttore della Caritas Italiana, mons. Francesco Soddu, si sono conclusi i lavori del Consiglio Nazionale dell’organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana. Nel corso della due giorni, i delegati regionali si sono confrontati sulle prospettive di impegno pastorale per l'anno in corso relative alle principali emergenze nazionali ed internazionali. Cristina Bianconi ha intervistato mons. Soddu:

    R. – Le priorità emerse dal Consiglio sono la situazione sociale italiana, l’appello di Caritas Europa a proposito della Grecia, l’emergenza-sbarchi dal Nord Africa, la carestia nel Corno d’Africa, l’emergenza nel Sahel e l’impegno di Caritas ad Haiti. Inoltre, le drammatiche condizioni delle strutture carcerarie, le prospettive del servizio civile e l’incentivare forme diverse dal servizio civile per quanto riguarda l’impegno dei giovani.

    D. – Come accennava, il Consiglio ha manifestato il suo sostegno a Caritas Grecia. Quali interventi sono stati previsti?

    R. – Per il momento, una boccata d’ossigeno per quanto riguarda un volano iniziale per la Caritas Grecia, che si sta impegnando nel far uscire le persone dalla disperazione. Poi, contestualmente, consentire anche una sorta di accompagnamento per progettualità che siano a medio lungo termine, in vista di una liberazione dalla situazione.

    D. – Faceva riferimento, inoltre, a due grandi emergenze internazionali: la carestia nel Corno d’Africa e l’impegno ad Haiti...

    R. – Per quanto riguarda l’impegno ad Haiti, c’è il monitoraggio dei progetti già in atto ed in via di finanziamento. Per quanto riguarda, invece, l’emergenza del Corno d’Africa si è molto cauti perché la situazione è difficile dal punto di vista politico e quindi l’intervento della Caritas si pone sempre in stretto contatto con quelli che sono i vescovi o le nunziature in loco.

    D. – Si è parlato della difficile condizione in cui versano le strutture carcerarie. Cosa pensa di questa situazione e del recente decreto “salva-carceri”?

    R. – Caritas italiana, per quanto riguarda il decreto “salva-carceri”, si impegna nella promozione di tutto quello che possa concorrere alla promozione della persona e al sostegno sempre attivo di quelli che sono gli operatori in campo, dai cappellani a tutti gli assistenti volontari.

    D. – E’ emersa con forza la necessità di prendere in esame la situazione sociale in Italia. Com’è cambiato l’operato della Caritas, in rapporto proprio alla crisi economica?

    R. – Innanzitutto, è quello di sostenere gli operatori esposti in prima linea sul fronte delle crescenti povertà, in un periodo di crisi ormai generalizzata. E poi anche quello di avviare una riflessione più globale su quale modello di stato sociale sia necessario e quale tutela per le persone, in particolare per gli ultimi. (vv)

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    Seminario su giovani e lavoro alla Lateranense: investire sulla formazione per ricostruire l'Italia

    ◊   I giovani e la crescita. Formazione, impresa e lavoro. Questo il tema del seminario che si è svolto ieri alla Pontificia Università Lateranense di Roma, nell’ambito del corso di alta formazione “Etica, finanza, sviluppo”, promosso dall’Area internazionale di ricerca Caritas in veritate e dell’Accademia internazionale per lo sviluppo economico e sociale (Aises). Il servizio di Michele Raviart.

    In Italia, si investe poco sulla formazione, in media il due per cento in meno dei Paesi dell’Ocse, e circa un milione e mezzo di ragazzi tra i 15 e i 29 anni non studia né lavora. Dati allarmanti, sintomatici dell’inefficienza di un sistema da ripensare e che ha bisogno di investimenti sui giovani per far ripartire l’economia del Paese. Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Ferrari e di "Italia Futura":

    "Tra le priorità che dovrebero essere chiarite e portate all'attenzione di tutti, c'é la cultura e gli investimenti, la formazione, l'impresa ed il lavoro in tutte le proprie componenti. Queste sono le forze di un Paese su cui bisogna chiaramente investire e dirlo con trasparenza".

    Decisiva in questo senso la valorizzazione dell’impresa, intesa come “comunità di lavoro” e della formazione, che deve avere nella scuola il principale “ascensore sociale”, che possa permettere un’equa competizione tra tutti i cittadini. Insegnamenti che devono andare oltre la semplice preparazione tecnica, ed abbracciare un orizzonte culturale più ampio, che superi il nozionismo del “cosa fare” per raggiungere la complessità del “perché devo fare”, osserva mons. Leuzzi, direttore dell’ufficio della Pastorale universitaria. Una formazione generale che sia utile ad affrontare l’inevitabile flessibilità lavorativa dei nostri tempi. Fiorella Kostoris, docente di economia all’università "La Sapienza" di Roma:

    "Le competenze generali servono, forse, ancora di più di quelle specifiche. Quelle specifiche potranno dare aiuto nel primo lavoro ma poi, negli anni, bisognerà cambiare lavoro o perché si cresce nella carriera o perché ci si sposta o magari perchè, purtroppo, si perde quel lavoro e bisogna trovarne un altro. E' lì che bisogna ricorrere alla formazione permanente, che diventa possibile solo se uno ha imparato, da giovane, tante cose di tipo generico e generale, tra cui 'imparare ad imparare' cose nuove".

    Se da un lato, tuttavia, bisogna “incentivare i giovani a iscriversi all’università e a terminarla il prima possibile”, ribadisce Michel Martone, vice ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, dall’altro è necessario de-mitizzare la laurea come garanzia d’accesso al mondo lavorativo. Ecco, quindi, che la rivalutazione dei lavori manuali deve essere al centro di un nuovo messaggio culturale, affiancato al rilancio di forme contrattuali come l’apprendistato, in una prospettiva che dia pari dignità ad ogni attività lavorativa. Mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense:

    "In una prospettiva cristiana, ogni posto di lavoro ha la sua dignità e la sua nobiltà. Non c'è il posto di lavoro di serie A ed il posto di lavoro di serie B. Il lavoro è nobilitato proprio nel disegno della creazione di Dio stesso. Nella prospettiva cristiana, è importante considerare il diritto di ogni uomo al lavoro, e dunque del giovane in modo speciale. E' importante fornire strumenti per la formazione di ogni persona".

    “I giovani hanno bisogno della crescita per guardare al futuro”, ha affermato Valerio De Luca, presidente dell’Aises, ma la crescita “ha bisogno del coraggio e della spinta ideale dei giovani per ricostruire il presente dell’Italia.

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    A Roma due mostre di pittura ispirate alla Quaresima

    ◊   Due mostre di pittura a Roma ispirate alla Quaresima: presso la Fondazione Adenauer “Arte e politica nel Mercoledì delle Ceneri” e alla Basilica di Sant’Anselmo “Felix Culpa – Dalla colpa alla luce”, nelle quali giovani pittori tedeschi espongono le loro opere fino al 26 aprile. Un omaggio dell’arte alla dimensione spirituale, un contributo al personale cammino interiore nel tempo di preparazione alla Pasqua. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Nel Mercoledì delle Ceneri in Germania anche la politica fa penitenza: non è tempo per mettere in discussione gli avversari, ma è quello per interrogarsi sulla propria coscienza e onestà. Cogliendo questo spirito religioso la Fondazione Konrad Adenauer ha allestito, grazie all’entusiasmo della direttrice, Katja Christina Plate, una mostra di pittura dell’artista Peter Fleischer-Harkort, che tenta di visualizzare, con un tratteggio forte e incisivo, questa attitudine. Anche se il fondo della vita politica, infatti, è il compromesso – ecco perché il titolo “Mezze verità” – le figure sulle tele contrappongono la verità alla falsità, la bellezza ai contorni sfigurati, in una tensione inequivocabile verso la purificazione. Inoltre, la medesima curatrice, Lydia Thorn Wickert, inaugura oggi a Sant’Anselmo una seconda esposizione di pittura, “Felix Culpa” con tele della giovane pittrice tedesca, Vanessa von Wendt. Abbiamo chiesto alla signora Wickert, il significato di questa mostra:

    R. - Di riportare il pubblico nel mondo della religione, nel mondo della Chiesa. Tanti giovani artisti non sentono più un senso religioso nella loro vita e neanche nella loro arte: ma - dall’altra parte - sia l’arte, sia la religione sono importanti per l’uomo, sono importanti perché permettono di vedere oltre la realtà, di andare oltre la realtà di ogni giorno. E’ per questo che mi interessa il nuovo dialogo fra Chiesa, religione e arte.

    D. - Il dialogo tra l’arte e la Chiesa si rinnova ancora una volta. Ha concepito questa esposizione anche come una preparazione spirituale alla Pasqua?

    R. - Sì. Le opere esposte rappresentano una Via Crucis. Questo può essere una chance per rivedere la propria vita, i propri peccati. Questa mostra esprime la discussione molto, molto personale ed intima di una giovane persona molto religiosa, che cerca di riflettere sulla sua religione e lo fa dipingendo 14 quadri: questo le permette di riflettere sia su stessa, sia sul suo rapporto con la religione, sia anche sul suo rapporto con la Chiesa cattolica. E’ quindi una mostra molto, molto importante sia per l’artista, sia per il luogo dove è stata allestita, sia per tutti coloro che verranno a vedere questi 14 quadri. (mg)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: i cristiani minacciati dalle violenze fuggono dal Paese

    ◊   "I cristiani sono la minoranza più minacciata dalla guerra civile siriana e tentano di fuggire dal Paese. Essi si sentono indifesi di fronte all'escalation di violenza che da mesi imperversa nel Paese. Pregate per la pace e per la riconciliazione del popolo siriano". È quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Antoine Audo, arcivescovo caldeo di Aleppo. "Noi cristiani - sottolinea il prelato - siamo i più deboli da un punto di vista psicologico e di autodifesa. Per molti l'unica salvezza è la fuga, come sta accadendo in altri Paesi del Medio oriente, soprattutto in Iraq. Tutto ciò è un danno gravissimo per la Chiesa e per la presenza dei cristiani in Siria". Riprendendo l'invito al dialogo lanciato dal papa all'Angelus del 12 febbraio scorso, mons. Audo spiega che nonostante la paura i cristiani possono essere un ponte fra le varie fazioni in lotta. "La nostra presenza unita intorno alla Chiesa - afferma - aiuta la popolazione cristiana e musulmana a lavorare per il bene del Paese, spingendo alla riconciliazione e non alla vendetta". Il prelato cita il lavoro della Caritas Siria che in questi giorni ha lanciato ad Homs, una della città più colpite dalle violenze, un programma di aiuto per 500 famiglie, 400 cristiane e 100 musulmane. In un arco di sei mesi a ciascun nucleo familiare verranno donati cibo e beni di prima necessità per un valore di 600 dollari. La Caritas è attiva anche nell'aiuto agli anziani e ai malati, grazie ai volontari che ad Aleppo coinvolgono tutta la comunità cristiana. (R.P.)

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    Cuba: cresce l'attesa per la visita del Papa

    ◊   “È il ‘filo’ della carità e della sollecitudine dimostrate dai Romani Pontefici per la nazione cubana” che unisce la visita a Cuba di Giovanni Paolo II e, ora, quella di Benedetto XVI. A sottolinearlo, in un’intervista all'agenzia Sir, è il nunzio apostolico mons. Bruno Musarò. Il Papa arriverà a Santiago de Cuba lunedì 26 marzo e si fermerà nell’Isola fino a mercoledì 28. “Le attese - spiega il nunzio - sono numerose e ognuno vorrebbe indirizzare al Papa una domanda, una supplica, o semplicemente poter stare con lui anche solo per un attimo. Il programma della visita è molto denso: in due giorni si deve conciliare non solo il pellegrinaggio del Papa al Santuario del Cobre (a circa mille chilometri dalla capitale) in occasione del 400° anniversario del ritrovamento dell’immagine della Madonna, ma anche compiere il gesto significativo di visitare La Habana, dove sarà celebrata una Messa solenne nella piazza della Rivoluzione. Il Papa, come in tutti i viaggi apostolici, viene a visitare la Chiesa pellegrina a Cuba, viene a confermare i suoi fratelli cubani nella fede. La Chiesa da tempo si è mobilitata per preparare questo grande evento, che tutti i cattolici speravano e per il quale pregavano intensamente. Il viaggio apostolico di Giovanni Paolo II nel gennaio 1998 - ricorda mons. Musarò - ha lasciato un’impronta duratura. È bello ascoltare persone che ricordano con gioia di aver assistito a una delle Sante Messe celebrate in diverse città di Cuba o di aver avuto il privilegio di poter stare vicine al Papa o, addirittura, di salutarlo. Tutti ricordiamo ancora le parole profetiche di Giovanni Paolo II: ‘Che Cuba si apra al mondo e il mondo a Cuba!’. Proprio da quell’esortazione, pronunciata davanti a migliaia di cubani e a milioni di telespettatori, scaturisce gran parte dei cambiamenti che stanno caratterizzando la vita della nazione, incominciando dal dialogo tra la Chiesa e il governo”. Il nunzio cita anche le riforme in “campo economico” tra gli aspetti “più visivi e mediatizzati”, “mentre i cambiamenti più importanti - aggiunge - sono quelli di cui nessuno parla e che si realizzano nel cuore e nella mente di coloro che hanno accolto il messaggio di Giovanni Paolo II. In sostanza, si tratta della speranza nel futuro dell’Isola, della gioia di sapersi amati e rispettati, intraprendendo così un cammino di riconciliazione e d’impegno per il bene comune”. (R.P.)

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    India: l’impegno della Chiesa per le famiglie dei pescatori uccisi in Kerala

    ◊   Assistenza legale, ricerca di lavoro e mezzi di sussistenza, istruzione per i bambini, vicinanza psicologica a materiale: con tali mezzi la Chiesa indiana esprime solidarietà alle famiglie dei due pescatori uccisi in Kerala il 15 febbraio scorso, nell’incidente che vede coinvolta la petroliera italiana “Enrica Lexie”. E’ quanto dice all’agenzia Fides padre Stephen G. Kulakkayathil, segretario generale del Consiglio della Chiesa latina in Kerala e responsabile dei programmi sociali nella diocesi di Quilon. Padre Stephen spiega: “Dei due pescatori, Jelastine, 48 anni, apparteneva alla diocesi latina di Quilon; l’altro, Ajesh Binki, 25 anni, a quella di Trivandrum. Siamo al fianco delle famiglie in lutto, a tutti i livelli: prima di tutto accompagnandole nella ricerca della giustizia, garantendo una adeguata assistenza legale. In secondo luogo ci siamo mossi per chiedere un adeguato risarcimento per le famiglie, instaurando un dialogo costruttivo con il governo. Le autorità ci hanno appena promesso che aiuteranno la moglie di Jelastine a trovare un lavoro: è un barlume di speranza. Ci prenderemo cura, inoltre, di fornire un’istruzione gratuita ai loro figli, dato che le famiglie sono rimaste senza alcuna fonte di sostentamento”. Il segretario generale del Consiglio della Chiesa latina in Kerala prosegue: “La comunità cattolica sta facendo e farà di tutto per aiutarle. Tutta la comunità è scossa per la perdita della vita di due innocenti e ha mostrato, fin dal primo giorno, solidarietà, vicinanza e consolazione. Jelastine lascia una moglie e due figli, la famiglia è distrutta. Quelle dei pescatori sono famiglie molto povere, nella nostra diocesi ne abbiamo 250mila che vivono solo grazie alla pesca”. La Chiesa locale, conclude il sacerdote, promuove da anni diversi programmi sociali e pastorali per i pescatori, “soprattutto nel campo dell’istruzione, della formazione professionale, con programmi di sviluppo per le donne, di istruzione per i bambini, di assistenza medica per i malati, con l’intento di aiutarli a migliorare le loro condizioni di vita”. (R.P.)

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    Cardinale Bagnasco: il gioco d'azzardo "emergenza sociale"

    ◊   “Una piovra che allunga i suoi mortali tentacoli, promettendo molto e sradicando moltissimo”: è questo il gioco d’azzardo, la ricerca della “facile fortuna”, secondo il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei ed arcivescovo di Genova. Lo ha affermato questa mattina, intervenendo al convegno: “Gioco d’azzardo e usura. Conseguenze su famiglia e società”, organizzato dalla Fondazione Antiusura Santa Maria del Soccorso. In Italia – ha ricordato – ci sono un milione ed ottocento mila giocatori a rischio, 800 mila da considerarsi malati, in quanto compulsivi. Sono 80 i miliardi perduti lo scorso anno, il doppio della manovra Monti. “E’ un’emergenza sociale che coinvolge anche i minori”, è stato il grido d’allarme del porporato. “Il miraggio della vincita porta a strade rovinose per sé ed i propri cari,” ha insistito. Ha esortato a reagire, richiamando alla coscienza che nasce da un umanesimo relazionale aperto alla trascendenza. L’uomo non è auto-centrato ma aperto sulla realtà intera, fa sì che l’impegno quotidiano non appartenga ad altri tempi. Occorre soprattutto educazione, che diventa prevenzione, dove la famiglia non deve essere lasciata sola: il compito della scuola è fondamentale. Ma il cardinale ha anche auspicato leggi opportune e puntuali, come è stato fatto in altri campi nefasti. (Da Genova, Dino Frambati)

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    Al via Metropolis, esperimento di nuova evangelizzazione

    ◊   La prima città a partire è stata Bruxelles, teatro delle tante iniziative che compongono “Metropolis 2012”. In calendario incontri di catechesi attorno alla Parola di Dio, momenti di testimonianza e segni concreti di solidarietà verso i più poveri. Si tratta in sostanza di un esperimento pilota lanciato dal Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione in vista del Sinodo che si terrà in ottobre. Una missione internazionale – sottolinea l’agenzia Sir – che coinvolge altre città europee come Dublino, Parigi, Zagabria, Budapest, Varsavia, Francoforte, Lisbona, Torino, Vienna, Barcellona e Liverpool. A Bruxelles il calendario degli appuntamenti si concluderà il 15 aprile. A Parigi la manifestazione “Hosanna dans la ville” si svolgerà nel weekend dal 31 marzo al primo aprile. Lanciando la missione a Lisbona, il patriarca della città, cardinale José da Cruz Policarpo, ha evidenziato come la nuova evangelizzazione sia un tema caro al Papa soprattutto dinanzi ad un’Europa caduta “in una sorta d’indifferenza e agnosticismo” e dove le comunità cristiane sono diventate “minoranza e spesso non tutti i membri di queste comunità hanno una profonda comprensione di ciò che è la fede cristiana”. “Metropolis 2012” intende rivolgersi innanzitutto ai “cristiani tiepidi, ai cristiani battezzati ma che non conoscono più il cammino di fede della Chiesa”. E’ il pensiero di mons. Jean Kockerols, vescovo ausiliare di Malines-Bruxelles, che ha ribadito la necessità di intraprendere un cammino di lunga durata “perché la Chiesa in Europa recuperi la sua credibilità e diventi segno nelle città”. (B.C.)

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    Preghiera, digiuno e solidarietà le iniziative per la Quaresima in molte città europee

    ◊   Preghiera, digiuno, solidarietà: sono il comun denominatore che accompagna molte città europee in questo tempo di Quaresima. A presentarle, in un lungo articolo, è il quotidiano francese “La Croix”. Si parte da Roma, città in cui sono in programma conferenze, letture pubbliche della Bibbia, apertura prolungata di alcune Chiese e concerti. A Dublino e nella Chiesa irlandese in generale, la Quaresima sarà segnata da alcune “Giornate del pentimento e della riconciliazione”, come quella che si svolgerà oggi ad Elphin: l’iniziativa vedrà sacerdoti, religiosi e laici raccolti in preghiera e in adorazione del Santissimo Sacramento nella Cattedrale della città per 24 ore consecutive. La Giornata, scrive “La Croix”, si inserisce in un percorso di riflessione che la Chiesa irlandese sta compiendo dopo i casi di abusi su minori commessi da alcuni sacerdoti. Molto sentita la Quaresima in Polonia, in cui il 90% della popolazione è cattolica: “Nelle 10.500 parrocchie del Paese – si legge nel quotidiano francese – la celebrazione dei 40 giorni che precedono la Pasqua è segnata dalla Via Crucis, organizzata ogni venerdì, e dai ritiri spirituali della durata di tre o cinque giorni e in cui si alternano conferenze e momenti di preghiera. Nelle scuole, inoltre, sia private che pubbliche, è previsto un tempo di formazione religiosa”. “Un’altra tradizione polacca – prosegue l’articolo – è quella del Sabato Santo, quando migliaia di fedeli sono invitati dai parroci a far benedire gli ingredienti del pranzo di Pasqua”. E ancora, sono numerose le drammatizzazioni della Passione di Cristo che richiamano sempre molti spettatori. “L’anno scorso a Poznan – scrive “La Croix” - 100mila persone hanno assistito ad una ricostruzione della Passione interpretata da 200 attori”. All’insegna della solidarietà, invece, è la Quaresima in Germania: nei prossimi 40 giorni, infatti, la Chiesa cattolica è solita cogliere l’occasione per sollecitare il contributo dei fedeli per i Paesi del sud del mondo. Attraverso “Misereor”, ovvero il Comitato cattolico per lo sviluppo, da più di trent’anni viene organizzata una vendita di beneficenza di alcuni calendari ed una colletta nazionale che ha luogo nella domenica precedente la Solennità delle Palme. Ci sono poi iniziative di digiuno - non solo alimentare, ma anche dalle comodità di tutti i giorni, come l’automobile o il cellulare – e momenti dedicati agli Esercizi Spirituali, come avviene nella diocesi di Friburgo. Privazione e digiuno marcano anche la Quaresima degli ungheresi, anche se – sottolinea “La Croix” – in alcune zone del Paese il periodo pre-pasquale “passa quasi inosservato”. Resistono, tuttavia, alcune osservanze, come l’astinenza dal consumo della carne il venerdì, o l’uso di abiti sempre più scuri a mano a mano che ci si avvicina al Triduo pasquale. Molto attivo anche il Patriarcato di Lisbona: da ieri e fino al 15 aprile, seconda domenica di Pasqua, ha organizzato un ciclo di catechesi e di letture bibliche. Nella solennità delle Palme, inoltre, in coincidenza della Giornata diocesana della gioventù, tutti i ragazzi sono stati invitati a radunarsi nella capitale portoghese. Da segnalare, infine, che con il mercoledì delle Ceneri è partita la “Missione metropoli”, l’iniziativa pastorale per la nuova evangelizzazione coinvolgerà contemporaneamente 12 città europee: Barcellona, Esztergom-Budapest, Mechelen-Bruxelles, Dublino, Colonia, Lisbona, Liverpool, Parigi, Torino (la sola in Italia), Varsavia, Vienna, Zagabria. Voluta dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e in vista del Sinodo generale dei vescovi dedicato allo stesso questo tema, in programma dal 7 al 28 ottobre, la “Missione Metropoli” sarà un segnale concreto che alcune diocesi d’Europa proporranno all’Assemblea ordinaria dei vescovi. (A cura di Isabella Piro)

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    Afghanistan: vittime nelle proteste contro i roghi del Corano

    ◊   Altissima la tensione in Afghanistan dove non si arrestano le manifestazioni contro i roghi del Corano avvenuti nella base americana di Bagram. Sono degenerate in violenze le proteste convocate oggi, per il quarto giorno di fila, in diverse città del Paese asiatico. L’episodio più grave è avvenuto ad Herat davanti al consolato americano, per alcune fonti le vittime sarebbero 4 tra di loro anche un poliziotto, per altre soltanto 2. A Kabul il bilancio è di un ferito, la polizia è intervenuta aprendo il fuoco per disperdere centinaia di dimostranti in marcia, dopo la preghiera del venerdì, verso il palazzo presidenziale. Poco prima la folla aveva iniziato a lanciare pietre, gridando slogan contro gli Stati Uniti. Almeno 700 afghani hanno manifestato anche a Jalalabad, nell'est dell'Afghanistan; proteste sono avvenute pure nella provincia sudorientale di Ghazni. Oggi il generale John Allen, comandante della Nato, ha invitato alla moderazione fino a quando l’inchiesta sui roghi del Corano non sarà conclusa. La tensione rischia di degenerare ancora, fino a ieri le vittime erano 16 in tre giorni di proteste. (a cura di Benedetta Capelli)

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    Amman: l'ingresso del nuovo vicario della Giordania, mons. Lahham

    ◊   “Destinato a tutti, cristiani e musulmani, ricchi e poveri, sani e malati, giovani e vecchi. Sia che si tratti della Giordania e dei suoi abitanti, o della Palestina e della sua gente, le preoccupazioni e le aspirazioni di tutti sono una responsabilità per noi davanti a Dio e davanti alla storia”. Con queste parole il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, ha salutato mons. Maroun Lahham che questa mattina, ad Amman, ha fatto il suo ingresso come vescovo titolare di Madaba e vicario patriarcale per la Giordania, succedendo a mons. Selim Sayegh. Nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù di Tilaa-el-Ali, alla presenza di numerose autorità religiose e civili e dei rappresentanti del Governo, il patriarca Twal ha ricordato l’impegno del suo nuovo vicario a Tunisi, diocesi dove per sette anni ha svolto il ministero episcopale. “Seguiamo con preoccupazione ciò che sta succedendo in alcuni dei nostri Paesi arabi - ha detto Twal - Il movimento popolare è partito dalla sua vecchia diocesi, Tunisi. Dai suoi commenti su questi moti abbiamo percepito l’amore per la sua diocesi e apprezzato la valutazione equilibrata della situazione con conclusioni appropriate lontane da pregiudizi ed esagerazioni. Qui in Giordania - ha concluso - proviamo dolore e tristezza per le vittime e i feriti nei Paesi vicini. Speriamo, preghiamo e lavoriamo per la stabilità e il dialogo”. Mons. Lahham arriva in Giordania dove vivono 200 mila cristiani, di cui 50 mila cattolici. Nel Paese hascemita ci sono anche 30 mila rifugiati iracheni. La nomina di mons. Lahham a vescovo ausiliare e vicario patriarcale per la Giordania, da parte di Benedetto XVI, risale al 19 gennaio scorso. (R.P.)

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    Iran: nuove restrizioni al culto cristiano in lingua persiana

    ◊   Il culto cristiano in “farsi” – la lingua persiana che è lingua nazionale in Iran – non è gradito alle autorità: alle ultime due chiese cristiane che offrivano riti e celebrazioni in persiano a Teheran è stato ordinato di cessare immediatamente tale attività. Come notano fonti dell'agenzia Fides, le autorità iraniane stanno cercando di limitare la presenza e l'influenza dei cristiani nel Paese, anche tramite una campagna di arresti fra i cristiani che frequentano le “chiese domestiche” o le chiese storiche. Come riferisce una nota dell'Ong “Open Doors” , che difende la libertà religiosa nel mondo, il 10 febbraio scorso il Ministero dell'Intelligence e della Sicurezza ha proibito a due chiese presbiteriane di Teheran, la chiesa di “San Pietro” e la chiesa dell'Emmanuele, di utilizzare la lingua persiana per l'adorazione del venerdì. E’ consentita, invece, una celebrazione domenicale in persiano, ma quel giorno la maggioranza degli iraniani lavora e ben pochi fedeli possono parteciparvi. Con la nuova restrizione, entrambe le chiese hanno perso oltre la metà dei loro frequentatori. La misura vuole impedire che i fedeli di Teheran possano recarsi in chiesa e che la fede cristiana possa espandersi: è rivolta, infatti, soprattutto agli iraniani che non conoscono la lingua armena o assira, parlata dalle storiche minoranze cristiane in Iran. Mahmood Amiry-Moghaddam, iraniano emigrato all’estero, fondatore dell’Ong “Iran Human Rights”, commenta: “Da nostre informazioni risulta che la pressione sui cristiani e sulle altre minoranze religiose è in aumento e la loro condizione peggiora. Abbiamo rapporti di arresti di molti cristiani, specialmente di convertiti dall’islam, i cosiddetti ‘apostati’, che sono l’obiettivo principale. E’ una questione iniziata negli anni scorsi, che si sta intensificando. Le autorità islamiche hanno espresso la loro preoccupazione per quanti lasciano la religione islamica, e agiscono di conseguenza. Vi è un palese abuso della libertà di espressione e di religione su esponenti di minoranze politiche, etniche e religiose”. Fides ha di recente ricevuto notizie allarmanti sul possibile ordine di esecuzione della condanna a morte comminata al Pastore cristiano Yousef Nadarkhani, condannato per apostasia. (R.P.)

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    Pakistan: libero un cristiano schiavizzato da un ricco musulmano

    ◊   Un ricco proprietario terriero musulmano ha sequestrato un padre di famiglia cristiano a Faisalabad, per un debito in denaro contratto quando egli lavorava alle dipendenze del possidente e - secondo l'accusa - non restituito. In realtà, spiegano fonti della famiglia, l'uomo ha abbandonato il lavoro perché sottoposto a sfruttamento e malversazioni, a fronte di una paga minima. L'intervento di attivisti di Ncjp - la Commissione nazionale di Giustizia e pace della Chiesa cattolica pakistana - ha permesso di dirimere in modo pacifico la controversia e restituire la libertà al cristiano. Restano però, come sottolinea un sacerdote, i retaggi di un "sistema feudale" che costringe "poveri lavoratori in condizioni di schiavitù". Interpellato dall'agenzia AsiaNews, padre Khalid Rasheed Asi parla di un "sistema feudale che prevale nelle aree più remote del Pakistan" in cui è "pratica comune che i ricchi proprietari concedano in prestito una somma di denaro" per poi "mantenere i lavoratori in condizioni di schiavitù per intere generazioni". Senza poter, aggiungere, "fare alcun altro lavoro". "Sono felice - conclude il sacerdote - che questa vicenda si sia risolta in modo positivo". (R.P.)

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    La Tanzania teme il contagio del fondamentalismo islamico

    ◊   La Chiesa della Tanzania teme il contagio del fondamentalismo islamico di matrice nigeriana. Mons. Rogatus Kimaryo, vescovo di Same – diocesi nel Nord del Paese – confida ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) la sua preoccupazione per la possibile radicalizzazione della comunità musulmana locale. «Abbiamo paura che quanto sta accadendo in Nigeria possa riverberarsi in altre nazioni africane». I 45 milioni di tanzanesi - riferisce l'agenzia Zenit - sono cristiani per il 53% - tra questi 12 milioni di cattolici – musulmani per il 32% e animisti per il 13%. Il Paese ha finora vissuto una storia pacifica e per questo, afferma il presule, il crescente interesse dimostrato da gruppi sparuti per l’islamismo radicale causa molta apprensione tra i fedeli. Mons. Kimaryo testimonia che la coesistenza tra musulmani e cristiani è stata «fin qui all’insegna di una completa armonia». E ringrazia Acs per il forte sostegno al dialogo interreligioso a Same ed in altre diocesi della Tanzania. «Ma se gli sviluppi negativi a cui assistiamo in Africa Orientale dovessero propagarsi al resto del continente, - avverte - le conseguenze sarebbero deleterie per entrambe le comunità religiose». Per mons. Kimaryo, la Conferenza episcopale deve immediatamente rendere partecipe delle proprie preoccupazioni il governo e i leader islamici. I problemi, precisa il presule, non sono causati dalle autorità musulmane - «assolutamente affidabili e collaborative» - ma da isolate fazioni incontrollabili che si sentono «perennemente discriminate» e ne attribuiscono la colpa all’Occidente e alla Chiesa. Il vescovo di Same auspica dunque una piena collaborazione tra personalità religiose, perché «se non interveniamo ora per contrastare il propagarsi del fondamentalismo, non oso immaginare cosa potrebbe accadere in futuro». (R.P.)

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    Burkina Faso: migliaia di tuareg sfollati dalle zone di conflitto del Mali

    ◊   Almeno 8 mila tuareg in fuga dai combattimenti nel vicino Mali hanno trovato rifugio in Burkina Faso, giungendo in condizioni disastrose. Il governo si è organizzato per istituire un comitato di coordinamento per riunire i rifugiati, attualmente sparsi tra le zone occidentali e quella saheliana del Paese, in un luogo più centrale e fornire loro istruzione e servizi igienico-sanitari. La situazione umanitaria è allarmante: molti degli sfollati vivono all’aperto e il cattivo tempo, aggravato dai venti secchi e polverosi harmattan, favorisce la diffusione di malattie; cibo, acqua potabile e servizi sanitari sono precari, ha dichiarato un responsabile della Croce Rossa in Burkina Faso. La gente ha urgente bisogno di aiuto per sopravvivere, servono anche coperte, utensili da cucina, tappeti e tende. Quaranta volontari della Croce Rossa sono già operativi. Dai primi di febbraio sono arrivati nella regione circa 4 mila sfollati, e il flusso continua a Inabao e Deou, provincia di Oudalan, e a Mentao, Provincia di Soum. Questa situazione purtroppo andrà ad aggravare l’attuale precarietà di cibo. Il governo ha dichiarato che in 146 dei 350 comuni quest’anno ha piovuto molto meno e che si potrebbero trovare ad affrontare una carestia. Nel frattempo, secondo il Comitato Internazionale della Croce Rossa (Icrc), almeno 30 mila sfollati in Mali erano in condizioni disperate a causa dei combattimenti nel nord del paese in corso da metà gennaio. Ad Aguelhoc, 150km a nordest di Kidal, nel Mali nordorientale, i cruenti scontri hanno costretto circa 4 mila persone ad abbandonare le proprie case. La maggior parte aveva poco cibo e viveva in rifugi improvvisati nella regione semidesertica. Alcuni hanno trovato riparo presso famiglie ospiti. L’Icrc insieme alla Croce Rossa del Mali si sono organizzati per la distribuzione di miglio, riso, olio e sale, teli, coperte, materassini, secchi, utensili da cucina e articoli per l'igiene personale. La Croce Rossa del Mali ha già provveduto all’invio urgente di cibo per 600 sfollati in condizioni particolarmente gravi. Secondo le due organizzazioni internazionali, a Ménaka, nella regione di Gao, gli scontri hanno costretto circa 26 mila persone ad abbandonare le proprie case in cerca di un riparo sicuro, sia dentro che fuori della città. L’Icrc sta anche monitorando la situazione a Tessalit (regione di Kidal), Léré e Niafunké (regione di Timbuktu), coinvolte negli scontri del Mali. Secondo fonti locali, in queste aree ci potrebbero essere ancora 20 mila sfollati. Gli scontri a Menaka e Andéramboukane hanno costretto oltre 15 mila persone a cercare rifugio anche in Niger, nella regione nord Tillabery appena oltre il confine del Mali. (R.P.)

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    Cile: la popolazione dell'Aysén chiede giustizia e aiuti allo Stato

    ◊   Migliori condizioni di lavoro, sussidi per le piccole e medie imprese, le infrastrutture: sono solo alcune delle richieste più volte avanzate da parte della popolazione della regione di Aysén. “La nostra popolazione chiede giustizia a gran voce – ha detto mons. Luigi Infanti della Mora, vicario apostolico di Aysén - tutte le questioni sollevate nelle richieste riflettono una mancanza di attenzione da parte dello stato, e dico stato non governo, perché qui non si tratta di essere contro questo esecutivo o contro il precedente o contro il prossimo”. Il presule – riferisce l’agenzia Fides – ha sottolineato che sono molti anni che le richieste sono state avanzate, sono stati anche firmati documenti ma nulla è stato risolto. La situazione attuale crea malessere tra la popolazione e infatti nei giorni scorsi si sono verificati scontri tra la polizia ed i manifestanti che hanno bloccato alcune strade. A scatenare la tensione la mancata risposta alle loro richieste articolate in 10 punti e mai considerate. Il governo del presidente Piñera ha comunque deciso di inviare due ministri per aprire un dialogo. In una nota della conferenza episcopale cilena, si legge che “questa mancanza di giustizia e di assistenza - scrivono i vescovi - riteniamo sia la più grande violenza contro la regione di Aysén”. (B.C.)

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    Spagna: pagina web dei vescovi su San Giovanni d’Avila, prossimo Dottore della Chiesa

    ◊   Era il 20 agosto 2011 quando, a Madrid, Benedetto XVI annunciava la prossima proclamazione dello spagnolo San Giovanni d’Avila a Dottore della Chiesa. La data della proclamazione non è ancora nota, ma nel frattempo la Conferenza episcopale iberica si è già attivata in vista dell’evento. Tra le prime iniziative, c’è la creazione di una pagina web dedicata a questo Santo, patrono del clero spagnolo: l’indirizzo è e si accompagna anche alla creazione di un account su Twitter (@sjuandeavila_d) grazie al quale tutti coloro che lo desiderano potranno essere costantemente aggiornati. Tutte le iniziative saranno coordinate da un apposito Comitato episcopale, presieduto da mons. Demetrio Fernández González, vescovo di Cordoba. La causa di Dottorato per San Giovanni d’Avila fu avviata dai vescovi spagnoli nel luglio del 1970, durante la 12.ma Assemblea Plenaria, mentre le fasi conclusive della causa risalgono al dicembre 2010. Vissuto nel 1500, San Giovanni d’Avila è un esempio di santità sacerdotale e figura insigne per gli scritti biblici, teologici, spirituali, umanistici. Con la sua predicazione, accompagnata da opere educative e di promozione sociale, suscitò numerose conversioni e l’ammirazione di alcuni grandi contemporanei, tra i quali Santa Teresa di Gesù, Sant’Ignazio di Loyola e San Tommaso di Villanova. Tra i suoi numerosi scritti, si ricordano “Audi, filia”, il “Trattato dell’amore di Dio”, e il “Trattato sul sacerdozio”. Beatificato da Leone XIII nel 1894, San Giovanni d’Avila fu proclamato Patrono del clero spagnolo nel 1946 da Pio XII e canonizzato da Paolo VI nel 1970. (I.P.)

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    A Taiwan il materiale per vivere al meglio il cammino quaresimale

    ◊   La Commissione dello sviluppo sociale della conferenza Episcopale regionale di Taiwan e la Caritas di Taiwan hanno fatto giungere ai parroci dell’isola il materiale necessario per vivere al meglio la Quaresima. In una lettera di accompagnamento, come riferisce l'agenzia Fides, si invita a prendere come punto di riferimento il Messaggio del Papa per la Quaresima, di cui si offre un riassunto dei punti cruciali. La missiva è accompagnata da un dvd contenente 8 filmati che presentano il lavoro della Caritas di Taiwan e l’appello del Papa per la pace e la protezione della terra. C’è anche una bandiera che rappresenta gli 8 obiettivi da realizzare entro il 2015 aiutando il cammino spirituale quaresimale dei fedeli e un fiore di carta rosa che simboleggia la bellezza e il profumo delle opere buone e della preghiera. Infine c’è anche una grande busta realizzata dai disabili mentali. (B.C.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 55

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.