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Sommario del 20/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai nuovi cardinali: difendete l'unità della Chiesa e portate la luce di Cristo all'umanità intera
  • Il neo cardinale di Toronto, Collins: servire la propria Chiesa è servire la causa della Chiesa universale
  • Il Patriarca siro-cattolico, Ignatius III Younan: i cristiani in Siria rischiano molto, il mondo ci aiuti
  • Rinunce e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • In serata la decisione dell'Eurogruppo sugli aiuti alla Grecia
  • Somalia, fiducia nella Conferenza di Londra. Mons. Bertin: c'è bisogno che rinasca lo Stato
  • Yemen. Attentati e scontri alla vigilia delle elezioni presidenziali
  • Honduras. Incendio nel carcere: salgono a 359 le vittime. Intervista con il vescovo di Comayagua
  • Progetto Policoro: una risposta concreta della Chiesa italiana alla disoccupazione giovanile
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Terra Santa: per la Quaresima il patriarca Twal invita a "digiunare per la pace"
  • Unione Africana: insicurezza e divergenze al vertice di Cotonou
  • L’Onu chiede 145 milioni di dollari per 185 mila rifugiati sudanesi in Etiopia e Sud Sudan
  • Germania: è Gauck, teologo pastore protestante, il nuovo presidente
  • Congo: rilasciati preti e suore arrestati a Kinshasa durante la marcia dei laici cattolici
  • Messico: rivolta carceraria a Monterrey, decine di vittime
  • Emergenza maltempo in Perù e Bolivia al confine con il Brasile
  • Panama: ancora tensione fra governo ed indigeni
  • Madagascar: il vescovo di Moramanga in visita nelle zone colpite dal ciclone
  • India. Caso “Enrica Lexie”: erano cattolici i due pescatori uccisi dai marò
  • India: a Mumbai incontro annuale dei sacerdoti sulla Nuova evangelizzazione
  • Canada: la gioia dei vescovi per la prossima Canonizzazione di Caterina Tekakwhita
  • L’Onu dichiara il 2012 “Anno dell'energia sostenibile per tutti”
  • Consiglio delle Chiese: l’acqua sarà al centro della Campagna di Quaresima
  • Pastorale familiare: la Chiesa di Pompei incontra separati e divorziati
  • Ateneo salesiano: incontro sulla riforma del sistema finanziario internazionale
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai nuovi cardinali: difendete l'unità della Chiesa e portate la luce di Cristo all'umanità intera

    ◊   Difendere e far crescere l’unità nella Chiesa: è l’esortazione rivolta dal Papa ai 22 nuovi cardinali, ricevuti stamani in Aula Paolo VI assieme a familiari ed amici. Un’udienza, nella quale il Pontefice ha ribadito che pur tra vicende convulse e contrastanti, la Chiesa è sempre viva e presente. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “L’unità nella Chiesa è dono divino da difendere e far crescere”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nel suo discorso ai nuovi porporati. Un intervento articolato in ben 9 lingue a evidenziare l’universalità della Chiesa, espressa nelle diverse nazionalità dei 22 nuovi cardinali. Il Papa ha messo l’accento sul valore dell’unità dei fedeli attorno ai propri pastori e al Successore di Pietro:

    “Siate uniti a loro e tra di voi nella fede e nella carità per essere sempre più fervorosi e coraggiosi testimoni di Cristo”.

    Ha quindi rilevato che la creazione dei nuovi cardinali è “occasione per riflettere sulla universale missione della Chiesa nella storia degli uomini”:

    “Nelle vicende umane, spesso così convulse e contrastanti, la Chiesa è sempre presente, portando Cristo, luce e speranza per l’intera umanità. Rimanere uniti alla Chiesa e al messaggio di salvezza che essa diffonde, significa ancorarsi alla Verità, rafforzare il senso dei veri valori, essere sereni di fronte ad ogni avvenimento”.

    L’udienza si è contraddistinta per un clima particolarmente festoso, con i fedeli che hanno più volte sventolato le bandiere dei Paesi d’origine dei cardinali. Il Papa ha ribadito quanto sia importante il legame tra pastori e fedeli:

    “Venerati fratelli, l’affetto e la preghiera di tante persone a voi care vi sostengano nel vostro servizio alla Chiesa, affinché ciascuno di voi possa rendere generosa testimonianza al Vangelo della verità e della carità”.

    Parlando in francese, il Papa ha sottolineato che la nostra società, alle prese con momenti di incertezza, ha bisogno della luce di Cristo:

    Que chaque chrétien en témoigne…
    “Che ciascun cristiano – è stata la sua esortazione – testimoni” il Vangelo “con fede e coraggio e il tempo di Quaresima che si avvicina possa farci ritornare a Dio”.

    Tra le persone che da diverse parti del mondo si sono ritrovate oggi nell’Aula Paolo VI accanto ai neo cardinali, Fausta Speranza ha realizzato alcune brevi interviste:

    For archbishop Dolan, who is for New York ...
    “Per l’arcivescovo di New York, Dolan siamo qui: è una persona molto speciale, forte. Siamo orgogliosi perchè rappresenta New York e gli Stati Uniti. E’ molto vicino ai giovani ed è impegnato con diversi programmi per noi giovani …”.

    “Il nostro vescovo l'arcivescovo maggiore della Chiesa Greco-Cattolica della Romania, Sua Beatitudine Lucian Mureşan, è stato fatto cardinale e allora abbiamo compiuto un pellegrinaggio e siamo venuti in tanti per essere qui con lui. Anche sotto il comunismo lui non ha rinunciato alla sua fede: è stato cacciato via dalla sua missione a causa della sua fede, perché sotto il comunismo non si poteva esprimere liberamente”.

    “Siamo qui per l’elezione a cardinale di un prelato originario della nostra diocesi di Vercelli e che è attualmente vescovo di Alessandria, sua eminenza il cardinale Giuseppe Versaldi. Questo ci riempie di gioia perché attraverso la sua personalità porta in mezzo a noi la Parola di Cristo con umiltà, con saggezza, e soprattutto con la coscienza dei tempi in cui stiamo vivendo: cioè, con tutte le difficoltà che il mondo di oggi ci mette di fronte ogni giorno. E tuttavia, sempre con una grande serenità, che il nostro cardinale ci ha trasmesso da parroco e che credo continuerà a trasmetterci”.

    Del neocardinale George Alencherry, arcivescovo maggiore di Ernakulam-Angamaly dei siro-malabaresi, ci dicono:

    He actually represents what India is: he is very humble, …
    “Egli ben rappresenta l’India: è molto umile, molto, molto amabile… E’ stato vescovo nella nostra diocesi, per la nostra famiglia e per la nostra gente, e veramente tutti lo adorano. Da lui ci aspettiamo un grande ministero e speriamo nella benedizione dell’Onnipotente, affinché questo accada”.

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    Il neo cardinale di Toronto, Collins: servire la propria Chiesa è servire la causa della Chiesa universale

    ◊   Tra i nuovi cardinali creati sabato scorso da Benedetto XVI, figura uno dei presuli più amati del Canada, l'arcivescovo di Toronto, Thomas Christopher Collins. La collega della redazione inglese della nostra emittente, Emer McCarthy lo ha intervistato:

    R. – The way a local bishop best serves the Universal Church is by serving his …
    Il modo migliore in cui un vescovo locale può servire la Chiesa universale è servire la Chiesa locale affidata alle sue cure. Questa è la nostra responsabilità principale e mi pare che il Santo Padre sia stato molto chiaro al riguardo. Le sfide dipendono ampiamente anche dalla zona geografica. Credo che in alcune zone, la sfida per la Chiesa siano le persecuzioni e penso che non abbiano sempre tempo di cavillare sui termini, mentre sono impegnati a morire per Cristo: questa è, infatti, la testimonianza fondamentale per il Signore. E questo, d’altra parte, lo ritengo molto “salutare” per le persone che vivono in Paesi più tranquilli: per l’arcidiocesi di Toronto è un grande arricchimento avere nelle parrocchie persone i cui parenti sono stati uccisi per Cristo. Sicuramente, questo pericolo ti “sveglia”, piuttosto che essere corrotti da un mondo cinico. Nella mia zona di responsabilità non abbiamo il problema delle persecuzioni: abbiamo altre sfide. Penso all’idea della gente secondo cui i fedeli devono comportarsi bene, essere tranquilli, non rispondere, tenere la testa bassa, non disturbare, e se vogliono pregare di andare a farlo nella loro chiesa… Mentre, per quanto riguarda i temi fondamentali della vita e della morte, i temi importanti, si pensa che noi non abbiamo grandi contributi da dare. Questo, semplicemente, non è vero. Credo che noi forniamo grandi contributi nelle nostre zone: non dobbiamo certo istituire una sorta di “teocrazia”, in cui la Chiesa detti legge in ogni ambito, ma semplicemente portiamo i nostri contributi. In definitiva, siamo parte del contesto e credo sia necessario esprimerci su argomenti come, per esempio, l’eutanasia, che nel mio Paese, ma anche in altri Paesi, sta diventando sempre più oggetto di dibattito. Così come occorre ribadire il concetto della santità della vita dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale… Questo è importante, è pratico, reale, umano. E questo è un ambito nel quale noi ci esprimiamo a chiare lettere. Questo è il magistero sociale della Chiesa e in questo ambito possiamo dare il nostro contributo.

    D. – Quando, sabato mattina, era inginocchiato davanti a Benedetto XVI, quali pensieri le hanno attraversato la mente? Quali preghiere e quali speranze ha portato con sé?

    R. – It’s just a moving experience to think of being called by the Holy Father …
    E’ un’esperienza toccante, essere chiamati dal Santo Padre a essere cardinale: prendere coscienza della realtà, prendere coscienza di quel vivido colore delle vesti… Il rosso parla di tutti, anche di coloro che hanno dato il sangue per Cristo, e parla della Chiesa perseguitata, che in questo tempo è un tema particolarmente vero e attuale. Ecco, credo sia necessario rimanere saldi in quello che veramente conta: la testimonianza a Cristo. Io pregherò sempre di essere buono e fedele, di compiere sempre il meglio. Chiedo la grazia del Signore attraverso l’intercessione di grandi Santi, come San Giovanni Fisher e San Carlo Borromeo, che è un mio grande eroe: chiedo la loro intercessione perché siano insieme a me nella preghiera, così che io possa essere efficiente e capace di servire il popolo di Dio, da cardinale. (gf)

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    Il Patriarca siro-cattolico, Ignatius III Younan: i cristiani in Siria rischiano molto, il mondo ci aiuti

    ◊   Tra le personalità illustri giunte a Roma per il Concistoro vi è stato nei giorni scorso anche il patriarca della Chiesa siro-cattolica, Sua Beatitudine Ignatius III Younan. Il responsabile della redazione araba della Radio Vaticana, padre Jean-Pierre Yammine, gli ha chiesto di descrivere la situazione attuale delle comunità cristiane e cattoliche:

    R. - Non solamente i cristiani, ma a mio parere tutta la popolazione siriana è molto in ansia per il futuro, perché in Siria c’è una situazione molto complessa: non c’è una sola religione, né una sola etnia ma c’è diversità di religioni, di confessioni, di etnie. Questo si somma al fatto che il potere è retto da un solo partito politico, il “Baas”, cui appartiene la minoranza “alawita”, per cui la maggioranza musulmana “sunnita” ritiene di essere stata messa da parte e trattata ingiustamente e vuole riprendere il potere. Dunque, c’è grande paura che possa deflagrare un conflitto dai connotati religiosi, con conseguenze anche nefaste. Quindi, è una situazione molto difficile per tutti gli uomini e le donne siriani e specialmente per noi cristiani, che viviamo lì da migliaia di anni e ci consideriamo siriani. Parlo come cristiano siriano, perché anche se risiedo in Libano sono nato in Siria, e Libano e Siria mantengono dei legami molto stretti. I cristiani, quindi, si sentono in pericolo e temono davvero che una guerra civile a sfondo religioso possa vederli come prime vittime: questo perché loro non hanno partiti cristiani di riferimento, né posseggono armi, e inoltre sono, possiamo dire, diffusi dappertutto in Siria. Vi sono delle regioni dove la maggioranza è cristiana, ma i cristiani sono sparsi in tutta la Siria e quindi qualora dovesse esserci il caos non vi sarà un governo centrale in grado di controllare. In quel caso, è prevedibile che vengano meno i freni e che dunque le prime vittime saranno i cristiani. Noi speriamo che si arrivi a questo punto: si stanno compiendo degli sforzi sulla scena internazionale, affinché più parti possano sedersi assieme per dialogare e cercare soluzioni più civili. Perciò, noi preghiamo e continuiamo a pregare sperando che la Siria possa oltrepassare questa crisi, aperta già quasi da un anno, e i siriani e le siriane possano trovare veramente un positivo punto d’incontro fra le loro differenze, per costruire una società nazionale più democratica, con molti più partiti.

    D. - Cosa attende la Chiesa siro-cattolica dall’Esortazione apostolica post-sinodale per il Medio Oriente, alla luce dei cambiamenti nella regione?

    R. - La Chiesa siro-cattolica, come lei sa, fa parte delle Chiese cattoliche del Medio Oriente. Tutti i cristiani, grazie a Dio, adesso si sentono più uniti e lavorano per una unità più vissuta e più visibile. Ciò vuol dire che possono testimoniare la loro fede assieme senza le difficoltà del passato. Come pure la nostra Chiesa, al pari delle altre, spera che il Santo Padre, grazie alla sollecitudine paterna che nutre verso tutti nel Medio Oriente – cristiani, musulmani e altre confessioni – possa darci la speranza che queste antiche civiltà del Medio Oriente riescano a trovare una loro via verso un migliore sviluppo e soprattutto per il rispetto dei diritti umani. Questo vuol dire libertà non solamente civili, ma in particolare per noi libertà religiosa: un problema che il Santo Padre conosce bene e sa che il nostro futuro di cristiani in Medio Oriente è strettamente collegato a questa difesa delle libertà religiose. C’è il grande pericolo che la gioventù ci lasci per cercare una vita più degna per sé, per i propri figli, le proprie famiglie. Se noi, con l’aiuto della comunità internazionale, non difendiamo questi diritti basilari, rischiamo di venire a visitare queste terre solamente per le loro rovine, come accade in diverse parti della Terra Santa, poiché le comunità cristiane saranno assenti.

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    Rinunce e nomine

    ◊   In Australia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Perth, presentata da mons. Barry James Hickey, in conformità al canone 401 §1 del Codice di Diritto Canonico. Il Papa ha nominato arcivescovo di Perth Mons. Timothy Costelloe, S.D.B., finora vescovo titolare di Cluain Iraird ed ausiliare di Melbourne.
    In Germania, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Dresden-Meissen, presentata da mons. Joachim Friedrich Reinelt, in conformità al canone 401 §1 del Codice di Diritto Canonico.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Amore e autorità poggiano sulla fede: Benedetto XVI celebra la messa con i nuovi cardinali.

    Il colore del sangue e della carità: nell'informazione vaticana, l'Angelus in cui il Papa ha parlato del significato della porpora cardinalizia.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la tensione tra Egitto e Siria.

    In cultura, anticipazione degli interventi dell'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, di Ernesto Ferrero, direttore editoriale del Salone internazionale del Libro, e di Clementina Mazzucco, titolare della cattedra di letteratura cristiana, all'incontro (presso l'università del capoluogo piemontese) sul libro di Jospeh Ratzinger - Benedetto VI "Gesù di Nazaret. Dall'ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione".

    Un articolo di Alessia Amenta dal titolo "Quegli strappi che salvarono la memoria": anche la Santa Sede partecipò agli scavi per la chiesa nubiana di Sonqi Tino.

    Tutti i figli della piccola patria: Gianpaolo Romanato sul completamento del monumentale "Dizionario biografico dei friulani".

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    Oggi in Primo Piano



    In serata la decisione dell'Eurogruppo sugli aiuti alla Grecia

    ◊   Grande attesa in Grecia, e non solo, per il responso che giungerà in serata dall’Eurogruppo riunito Bruxelles per dare via libera al secondo pacchetto di aiuti a evitare il fallimento di Atene. Borse europee in rialzo. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “I greci vogliono ridare al Paese il suo posto in Europa, è una questione di dignità nazionale”. Così da Bruxelles il ministro delle Finanze greco, Venizelos. “Il lungo periodo di incertezze – ha aggiunto – non ha giovato né alla Grecia né all’Europa”. Sono passati infatti 30 mesi dall’ottobre 2009, quando si scoprì in Grecia un buco di bilancio doppio del previsto. Da allora, una corsa affannata al "salvataggio" di Atene. Un primo pacchetto di aiuti di 110 miliardi di euro arriva nell’aprile 2010 con l’ok di Unione Europea e del Fondo monetario internazionale (Fmi). Poi, in ottobre, l’accordo per una seconda tranche di aiuti di 130 miliardi di euro.

    Ma il quadro politico greco non rassicura le istituzioni internazionali e i tempi si allungano. Ci sono forti tensioni sociali e monta la protesta della popolazione, sotto i diktat della Ue, della Bce e del Fmi, che chiedono al governo tagli severi e rigore nelle spese. Il premier Papandreu si dimette in novembre e al suo posto arriva Papademos, che ieri a sorpresa è giunto a Bruxelles. Con ogni probabilità, l’Eurogruppo darà oggi il suo ok, ma nulla è scontato del tutto. “L’Europa sa – ha osservato il ministro greco Venizelos – che ora è importante mandare messaggi chiari, con decisioni finali e applicabili, con regole certe che non cambino di volta in volta”. Intanto, dagli Usa arriva l’invito al Fondo monetario del segretario al Tesoro, Geithner, per sostenere il piano. Segnali positivi arrivano anche da gran parte Borse europee, con rialzi intorno all’1% a Londra, Milano, Francoforte, Parigi, Madrid ed Atene che segna +2,5%.

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    Somalia, fiducia nella Conferenza di Londra. Mons. Bertin: c'è bisogno che rinasca lo Stato

    ◊   La Somalia diventerà uno Stato federale con capitale Mogadiscio. E’ uno dei punti dell’accordo siglato dai leader dello Stato africano per riformare il parlamento e mettere fine a una crisi politica che dura da vent'anni. Il piano giunge a quattro giorni dalla Conferenza internazionale di Londra. A mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico a Mogadiscio, Stefano Leszczynski ha chiesto se la Somalia riuscirà a dotarsi di un nuovo apparato istituzionale:

    R. – E’ senz’altro l’aspirazione di un po’ tutti, qui nel Corno d’Africa. Io stesso ho fatto un giro tre settimane fa a New York per incontrare diversi rappresentanti alle Nazioni Unite e la settimana scorsa ero a Roma per un altro incontro… Abbiamo scritto una lettera nella quale il primo punto era quello di un maggior coinvolgimento della comunità internazionale per aiutare il processo di rinascita delle istituzioni statali in Somalia. Questo rappresenta il desiderio di tutti e della comunità internazionale, perché non ci si è resi conto che se il dramma della siccità è particolarmente intenso in Somalia è a causa non tanto della mancanza d’acqua, che certamente ha contribuito, ma della mancanza di istituzioni, della mancanza dello Stato da più di 21 anni.

    D. – Tuttavia, dai negoziati che sono stati posti in essere in questi giorni non tutte quante le parti della Somalia sono state coinvolte. E' un problema questo, secondo lei?

    R. – Non è un problema di per sé perché, in effetti, ci sono diverse situazioni che noi conoscevamo: la situazione del Somaliland è diversa da quella del Puntland e quella del Puntland è diversa, per esempio, da quella del Galmudug … Il movimento riguarda soprattutto il centro-sud della Somalia, che è rimasto quello più insicuro e più instabile da 21 anni.

    D. – Quanto è positivo il fatto che la comunità internazionale cerchi finalmente di interessarsi della Somalia con un impegno politico forte?

    R. – Certamente, è importante da parte della comunità internazionale rendersi conto di quello che succede in Somalia, anche perché la comunità internazionale è stata toccata direttamente dal problema della pirateria nell’Oceano indiano e quindi è anche nel suo interesse che la Somalia si ristabilisca. Io ho sempre detto che la soluzione del problema pirateria non è sul mare, ma sulla terra. Spero che la comunità internazionale sia capace di essere unita, di fare fronte comune davanti alle divisioni presenti tra le varie parti della Somalia. (bf)

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    Yemen. Attentati e scontri alla vigilia delle elezioni presidenziali

    ◊   Tensione in Yemen alla vigilia delle presidenziali. Diverse esplosioni hanno colpito stamani alcuni seggi allestiti nella città di Aden, nel sud del Paese. Secondo fonti locali, un agente di polizia è morto e cinque sono rimasti feriti negli scontri a fuoco tra forze di sicurezza e milizie separatiste che chiedono di boicottare la tornata elettorale. Dietro gli attentati ci sarebbe la mano del “Movimento meridionale”, che però nega la paternità dei gesti criminali. Unico candidato alle presidenziali è Mansour Hadi, successore del dimissionario presidente Saleh, allontanatosi dopo 33 anni in seguito alle poteste di piazza. A parlare di situazione esplosiva è William Strangio, responsabile in Yemen della ong Intersos. Massimiliano Menichetti lo ha raggiunto telefonicamente nella città di Aden:

    R. – Ad Aden, la situazione è molto tesa: si registrano attentati negli ultimi giorni contro le sedi del comitato elettorale e ci sono diversi partiti politici che hanno deciso di boicottare le elezioni. Molti sono i manifesti in città.

    D. - Anche voi siete stati testimoni nella notte di un attentato?

    R. – Verso l’una, c’è stata un’esplosione. Hanno attaccato un centro del comitato elettorale, poi abbiamo sentito spari e ci sono stati scontri tra le forze di sicurezza e persone armate.

    D. – Mansur Hadi è l’unico candidato alla presidenza e, di fatto, era il numero due dell’ex presidente Saleh. Chi sono dunque i dissidenti?

    R. – Soprattutto i giovani nelle piazze, che hanno cominciato il movimento di protesta: non vedono un vero rinnovamento con queste elezioni. E si sono alcuni partiti, come Al Herak, che hanno già dichiarato di non voler partecipare a queste elezioni.

    D. - Queste consultazioni si svolgono in un momento delicato del Paese, che peraltro è piegato da una situazione economica difficile…

    R. – Sì, era già un Paese povero e con la crisi politica dell’ultimo anno del 2011 la situazione è peggiorata. Il numero di persone che vivono sotto la soglia di povertà è aumentato: c’è la crisi, c’è la mancanza del petrolio e l’aumento del costo del carburante ha provocato anche l’aumento dei prezzi dei generi alimentari. Ovviamente, questo ha colpito tutte le persone più povere.

    D. – In più, centomila persone sono sfollate proprio nei sobborghi di Aden…

    R. – Questo è il risultato del conflitto in atto nella regione di Abyan tra le forze islamiste e le forze governative. Questo conflitto è iniziato alla fine di maggio dell’anno scorso e continua ancora. La mancanza di sicurezza non permette a queste persone di tornare a casa. Per questi sfollati abbiamo allestito un centro comunitario e provvediamo con un’assistenza finanziaria economica per le persone più vulnerabili e anche con un’assistenza psicologica.

    D. – Di cosa c’è bisogno in questo momento nello Yemen?

    R. – Sicuramente, in alcune parti del Paese c’è bisgono di aiuti alimentari e soprattutto di un sostegno al governo per poter estendere il controllo a tutto il resto dello Yemen, perché in questo momento il governo centrale è molto debole e quindi diverse regioni sono fuori controllo.

    D. - Ma la popolazione come vede l’intervento esterno internazionale?

    R. – Molto positivamente. Capiscono che diverse agenzie stanno per aiutarli: c’è bisogno di aiuto, tutti lo comprendono. (bf)

    Il nuovo presidente resterà in carica per due anni, ma a fronte delle tensioni che pesano sullo Yemen come si posso definire queste presidenziali? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto all’esperta di Medio Oriente, Farian Sabahi, giornalista, docente universitaria e autrice del libro edito da Bruno Mondadori “Storia dello Yemen”:

    R. – Non si tratta di vere elezioni, ma di una sorta di referendum per confermare ai vertici della Repubblica yemenita Mansur Hadi, il vice del presidente uscente, Alì Abdallah Saleh, che ha accettato l’accordo proposto dai Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo e ora si trova negli Stati Uniti. Mansur Hadi è un politico di lungo corso: è al fianco a Saleh dal 1994, non è una figura rivoluzionaria ma su di lui si è coagulato il consenso di diverse fazioni. La priorità ora, infatti, è scongiurare la guerra civile e cercare la stabilità. In questo senso, Mansur Hadi può essere l’uomo giusto: in parte perché viene dal sud dello Yemen e quindi da quella zona del Paese unita al nord soltanto dal 1990, dopo il crollo del comunismo. Il sud dello Yemen – lo ricordiamo – in questi anni si è sentito colonizzato dal nord e minaccia la secessione. Inoltre, Mansur Hadi è considerato un buon compromesso anche per i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo e quindi dalla vicina Arabia Saudita. Con questo voto, Mansur Hadi dovrebbe ottenere la legittimazione formale per avviare le modifiche costituzionali necessarie per una transizione democratica.

    D. – La situazione in Yemen è complessa: ancora in atto il conflitto nella regione di Abyan tra truppe governative e milizie islamiste, con oltre 100 mila profughi. Quale il quadro in cui si muove il Paese, e cosa serve allo Yemen?

    R. – L’obiettivo, ora, è la stabilità dello Yemen, che è un Paese a rischio di disgregazione. Lo Yemen ha un reddito medio pro-capite annuo di circa mille dollari: è il più povero tra i Paesi arabi, ma è anche il Paese più popoloso nella penisola araba ed è l’unica Repubblica della penisola. Un terzo della sua popolazione soffre la malnutrizione, il 42 per cento vive sotto la soglia di povertà e quindi con meno di due dollari al giorno. Ci sono poi tanti problemi legati alla sicurezza: ci sono i ribelli Houthi al nord, i secessionisti al sud, c’è al Qaeda… In questi anni, gli scontri hanno portato a un incremento nel numero degli sfollati, che sono centinaia di migliaia. L’obiettivo è evitare un’altra guerra civile, anche perché la situazione è sempre più difficile: la luce elettrica nelle case c’è soltanto due-tre ore al giorno, il prezzo del petrolio è raddoppiato da luglio e lo stesso è accaduto per i prezzi dei generi alimentari, con l’acqua che ormai arriva dalla capitale Sana’a soltanto con le cisterne. Ecco: soltanto la stabilità politica può aiutare lo Yemen in questa situazione molto difficile. (gf)

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    Honduras. Incendio nel carcere: salgono a 359 le vittime. Intervista con il vescovo di Comayagua

    ◊   E’ salito a 359 vittime il bilancio dell’incendio che mercoledì scorso ha devastato il carcere di Comayagua in Honduras: ieri è morto un detenuto di 30 anni in seguito alle ustioni. Le autorità locali hanno reso noto che nel rogo è morta anche una donna che era nel carcere per visitare il marito. Su questa tragedia, Patricia Ynestroza ha intervistato mons. Roberto Camilleri vescovo di Comayagua:

    D. - Il carcere di Comayagua era destinato a circa 250 detenuti: aveva invece oltre 850 carcerati, quasi 4 volte di più. Il sovraffollamento è un problema che riguarda tutte le carceri del Paese ed è dovuto al sistema giuridico dell’Honduras che presenta gravi ritardi. La metà delle persone si trova in carcere senza avere una sentenza definitiva. Ci sono grandi ritardi nei processi. E’ qualcosa di vergognoso! Ci sono tante persone in carcere semplicemente perché indagate, ma non ancora riconosciute definitivamente colpevoli. Il sovraffollamento, poi, causa epidemie, come la tubercolosi, e causa anche la violenza tra i detenuti costretti a vivere gomito a gomito in celle strapiene di persone. In tale situazione abbiamo avuto questo incendio: è stata una vera catastrofe! Ora c’è un’indagine, si cerca di capire se le cause sono state dolose o se c’è stato un corto circuito o qualcos’altro.

    R. – Com’è stato accolto il messaggio del Papa?

    D. - Il messaggio di cordoglio del Papa è stato molto ben accolto sia dai feriti che dai familiari delle vittime. Il Papa nelle prossime settimane verrà in America, in particolare in Messico che è un Paese che ha molti problemi in comune con l’Honduras: violenza, povertà, narcotraffico. La povertà nel nostro Paese è sempre alta e continua ad aumentare. Inoltre, siamo il Paese non in guerra più violento del mondo con più morti ammazzati al giorno. Ma sappiamo che non ci può essere progresso vero se c’è violenza, odio, vendetta. Tutto questo causa l’emigrazione. Su oltre 7 milioni di abitanti, un milione di honduregni sono emigrati negli Stati Uniti, in gran parte illegalmente. Emigrano a rischio della vita e sono tanti quelli che muoiono nel viaggio, nascosti in treno o attraverso il deserto. Quelli che arrivano e trovano lavoro aiutano molto il Paese inviando i loro guadagni alle famiglie. Ecco, questa è la nostra situazione e aspettiamo dal Papa un messaggio di speranza.

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    Progetto Policoro: una risposta concreta della Chiesa italiana alla disoccupazione giovanile

    ◊   Sono sempre più allarmanti i dati relativi alla disoccupazione giovanile in Italia. In questo contesto si inserisce il Progetto "Policoro". Dal 1995, anno della sua nascita, "Policoro" ha visto nascere 500 tra consorzi, imprese e cooperative dando lavoro a circa 4000 giovani. Mons. Angelo Casile, direttore dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro Conferenza episcopale italiana, spiega al microfono di Cristina Bianconi quali sono le principali linee di intervento del progetto:

    R. – Le principali linee di intervento sono tre. La prima è l’evangelizzazione, ossia evangelizzare il lavoro e la vita. Poi l’educazione ad una nuova mentalità nei confronti del lavoro, un lavoro che sia comunque attento alla dignità della persona. Infine l’esprimere impresa, far cioè scaturire innanzitutto l’imprenditoria personale - in modo che ogni giovane investa su se stesso - e far scaturire anche l’impresa come azienda, come cooperativa, dove più giovani che riscoprono se stessi, la loro dignità e libertà, mettendosi insieme, fanno germogliare questi segni di speranza sui loro territori.

    D. – Avviato nel 1995 in Basilicata, Calabria e Puglia, il progetto coinvolge oggi sempre più regioni…

    R. – Nasce come attenzione verso il Sud, perché la disoccupazione affligge maggiormente i territori del sud Italia. Il progetto, però, ha visto fin dall’inizio la partecipazione delle chiese del centro-nord in un rapporto di reciprocità: le chiese del nord danno cioè a quelle del sud l’esperienza nel costituire cooperative e nell’organizzare il lavoro, mentre quelle del sud ridonano alle chiese del nord quei tratti di ospitalità e di disponibilità che caratterizzano i territori del centro e sud Italia. L’attuale crisi ha ovviamente messo in discussione anche il sistema organizzativo del centro-nord, per cui sempre più diocesi settentrionali stanno chiedendo di poter aderire al progetto.

    D. – Quali sono le principali aree di intervento?

    R. – Innanzitutto restituire dignità alla persona. Poi, gli interventi sono tra i più variegati: vanno dal turismo sostenibile alla gestione dei servizi museali, dalle biblioteche diocesane alle cooperative agricole. Inoltre, il lavoro all’interno delle carceri, per permettere ai carcerati di recuperare la propria dignità attraverso il lavoro, l’assistenza agli immigrati ed alle persone malate. Gli interventi sono quindi i più diversi, proprio perché costituiscono la risposta ai bisogni locali.

    D. – Quale consiglio si sente di dare ai giovani che, oggi, si trovano senza lavoro?

    R. – Il primo consiglio è quello di non scoraggiarsi: il primo messaggio che diamo, come cristiani, è quello della fiducia e della speranza, perché il Signore non ci abbandona mai. Un altro consiglio è guardarsi attorno e mettersi quindi insieme agli altri, contattando magari gli Uffici della Pastorale sociale. Si potrà così scoprire di avere intorno altri giovani che, credendo in loro stessi ed essendo supportati dalle nostre diocesi, sono riusciti a dare un senso alla loro vita e anche a far scaturire un piccolo segno di speranza quale può essere l’apertura di una piccola cooperativa. La cooperativa può appunto rispondere ai bisogni del territorio, e poi dobbiamo anche pensare al recupero dei mestieri artigiani. L’importante è non pensare che il lavoro "venga dal cielo": il lavoro ce lo dobbiamo costruire guardando dentro al nostro cuore e mettendo a frutto l’intelligenza ed i talenti che il Signore ci ha donato. (vv)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Terra Santa: per la Quaresima il patriarca Twal invita a "digiunare per la pace"

    ◊   Digiunare per la pace in Terra Santa: è la proposta lanciata dal patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, nella sua Lettera per la Quaresima 2012, diffusa oggi e ripresa dall'agenzia Sir, e intitolata “Penitenza per il Regno e la pace”. “In Terra Santa e in altre parti del Medio Oriente, soffriamo ancora per la violenza e per i conflitti. La pace è una delle grazie più grandi che il Signore concede all‘umanità - scrive il patriarca - il Signore ci chiede di lavorare per la pace. Ed è questa pace che vogliamo realizzare con la preghiera, la penitenza e il digiuno”. Nella Lettera - riferisce l'agenzia Sir - mons. Twal ricorda quanto la Chiesa prevede per il digiuno e l’astinenza: “dall‘età di 14 anni, i fedeli sono invitati ad astenersi dalla carne i venerdì di Quaresima e del tempo della Passione, così come il Mercoledì delle Ceneri. Dai 21 ai 60 anni, i fedeli sono esortati a consumare un pasto al giorno. I malati e gli anziani sono esentati da queste pratiche”. Il patriarca esorta anche al digiuno “spirituale” in cui i sensi rinunciano al peccato, “in parole, opere e omissioni”. Non mancano nel testo inviti ad evitare “pasti succulenti, alcool, fumo, spettacoli mondani soprattutto in tv e in Internet”. “Per accompagnare il digiuno alla carità - conclude Twal - suggeriamo che il frutto delle rinunce sia offerto ai poveri e ad un progetto della nostra diocesi, come la costruzione della Chiesa del Battesimo e del convento adiacente sul Giordano”. (R.P.)

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    Unione Africana: insicurezza e divergenze al vertice di Cotonou

    ◊   Una ‘road map’ che stabilisce una stretta collaborazione tra la presidenza di turno dell’Unione Africana (Ua) e un gruppo di ex capi di Stato per monitorare gli scenari di instabilità più preoccupanti. E’ quanto deciso al vertice informale tenutosi nel fine settimana a Cotonou, capitale del Benin, a cui fino a gennaio prossimo spetta la presidenza dell’organismo continentale. Alla riunione - riferisce l'agenzia Misna - hanno partecipato 14 presidenti che, tuttavia, non hanno rilasciato un comunicato finale. In base alle poche informazioni filtrate dall’incontro, la loro attenzione è stata rivolta alla ribellione tuareg attiva nel Nord del Mali, a causa di una grave crisi umanitaria su scala regionale, alle tensioni tra Sudan e Sud Sudan e al gruppo estremista Boko Haram che destabilizza la Nigeria. Nel suo intervento il presidente di turno, l’economista beninese Thomas Boni Yayi, ha posto l’accento da una parte sul “persistere di crisi” e dall’altra “sull’insorgere di nuove minacce alla sicurezza dei nostri Stati e delle nostre popolazioni”, in particolare nell’area del Sahel, soprattutto “dopo la fine del conflitto in Libia che fa affluire armi, anche pesanti” in più Paesi “già impegnati con ll’ala maghrebina di Al Qaida (Aqmi) e altri gruppi criminali”. A Cotonou i presidenti africani hanno inoltre evidenziato che “la recrudescenza del terrorismo e del narcotraffico” ma anche “la pirateria marittima nel Golfo di Guinea e a largo delle coste somale” costituiscono altrettanti motivi di preoccupazione per l’Ua. Oltre ai recenti eventi di cronaca, alla riunione di Cotonou Boni Yayi ha evidenziato “il grande paradosso dell’Africa, continente del futuro che non è unito nella sua marcia verso la pace, la stabilità e lo sviluppo”. Elemento emblematico delle divisioni è stato il mancato voto al vertice di gennaio a Addis Abeba sulla scelta del presidente della Commissione, la massima istituzione dell’organismo continentale. Alla fine è stato prorogato il mandato del presidente uscente, il gabonese Jean Ping, fino al prossimo vertice che si terrà a giugno in Malawi. In apertura della riunione il Capo di Stato beninese ha precisato che la “difficile questione della presidenza della commissione non è all’ordine del giorno”, annunciando che un comitato di otto membri provenienti dalle cinque regioni del continente è stato istituito per esaminarla. La scorsa settimana il governo sudafricano ha ribadito la sua intenzione di ottenere l’incarico per il suo ex ministro degli Esteri, Nkosazana Dlamini-Zuma. In conclusione il presidente di turno dell’Ua ha annunciato che durante il suo mandato si adopererà per “rafforzare l’unità dell’organismo, la sua capacità di rispondere alle sfide e alle nuove minacce alla sicurezza del continente”. (R.P.)

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    L’Onu chiede 145 milioni di dollari per 185 mila rifugiati sudanesi in Etiopia e Sud Sudan

    ◊   145 milioni di dollari è la somma richiesta dall'Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (UNHCR) per fronteggiare l’esodo verso l'Etiopia e il Sud Sudan di decine di migliaia di sudanesi, in fuga dai combattimenti negli Stati di Blue Nile e South Kordofan tra le Forze armate governative e il Movimento di liberazione popolare sudanese (Splm-North). La cifra servirà ad assistere fino a 185 mila rifugiati, che si aggiungono ai 130 mila già scappati dal giugno 2011 nei due Paesi confinanti. Dall’inizio di quest'anno nei due Paesi sono stati già registrati oltre 30 mila rifugiati. L'Unhcr denuncia pure il peggioramento delle condizioni umanitarie nelle aree interessate dal conflitto; per questo dallo scorso 6 gennaio l'Unhcr ha trasferito circa 20 mila rifugiati dalle insicure località alla frontiera in quattro nuovi insediamenti. La risposta d'emergenza dell'Unhcr include anche la fornitura di beni e servizi di prima necessità, la registrazione dei minori e la loro protezione. I 145 milioni di dollari richiesti dall'Unhcr andranno ad aggiungersi alla quota già stabilita nel bilancio dell'Agenzia per le attività in Etiopia e Sud Sudan nel 2012, pari a 269,1 milioni di dollari. (R.G.)

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    Germania: è Gauck, teologo pastore protestante, il nuovo presidente

    ◊   Ore di articolata Camera di consiglio, ma alla fine ieri sera la cancelliera Angela Merkel ha deciso di sostenere la proposta di nominare Joachim Gauck quale prossimo Presidente della Repubblica Federale Tedesca. Gauck, settantadue anni, indipendente, teologo e pastore luterano, uomo di chiesa e figura di rilievo dello scenario politico distintosi nella lotta per la democrazia e la libertá durante gli anni del regime comunista, ha un curriculum di uomo integerrimo ed il carisma necessario per sostituire Christian Wullf, presidente dimessosi la scorsa settimana, travolto dallo scandalo dei mutui facili e delle vacanze di lusso. Chiamato anche “Der Präsident der Herzen”, il Presidente dei cuori, Gauck gode di un fortissimo appoggio popolare ed è il capo di un´associazione a tutela dei diritti democratici. “Non sono un superuomo, non sono infallibile”, ha detto il futuro neo-presidente della Germania durante la conferenza stampa di rito. La sua candidatura era stata respinta proprio da Angela Merkel circa un anno fa a favore dello stesso Wullf, membro del suo medesimo partito, la Cdu. Ma ora la cancelliera, sotto pressione a causa della scelta della Fdp, il partito liberale tedesco, pronto al sostegno del teologo, ha compiuto una rapida inversione di direzione ed ha deciso di dichiarare il proprio consenso. “Gauck accomuna il valore della libertá a quello della responsabilità!”, ha dichiarato, evitando cosí penose spaccature all’interno della coalizione e dimostrando attenzione verso un alleato piuttosto prezioso per la tenuta della maggioranza. Ed affrontando, con una certa tempestività, la spinosa questione dei presidenti dimissionari sotto il suo cancellierato: Wullf, infatti, è stato il secondo dopo Horst Köhler. (Da Berlino Claudia Stamerra)

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    Congo: rilasciati preti e suore arrestati a Kinshasa durante la marcia dei laici cattolici

    ◊   Sono stati rilasciati i 3 sacerdoti e le 2 suore che erano stati arrestati il 16 febbraio a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo (Rdc). Lo confermano all’agenzia Fides fonti della Chiesa locale da Kinshasa. I sacerdoti e le religiose si preparavano a partecipare alla marcia per ricordare il 20esimo anniversario del massacro dei fedeli avvenuto il 16 febbraio 1992, quando una marcia promossa dalle chiese cristiane per chiedere la democrazia fu repressa nel sangue dalle forze del Presidente Mobutu. “L’iniziativa è stata presa dal Conseil de l’Apostolat des Laïcs Catholiques Congolais (Calcc) ma non dalla gerarchia, anche se vi hanno partecipato preti, religiosi e religiose” precisano le fonti dell'agenzia Fides, che danno conto della brutalità usata per fermare il corteo. “La marcia è stata bloccata sul nascere” affermano. “I fedeli che si stavano raggruppando in alcune parrocchie per poi convergere sul luogo della manifestazione sono stati attaccati brutalmente dalla polizia. Sono stati arrestati alcuni sacerdoti e suore e poi la polizia ha lanciato i gas lacrimogeni. In almeno una parrocchia sono intervenuti dei giovani ‘Kulunas’ (appartenenti ad un gang delinquenziale), che hanno picchiato duramente i fedeli, provocando dei feriti”. “Dato che le forze politiche di opposizione sono deboli, si teme che la Chiesa faccia opposizione, politica, ripetendo quello che successe nel 1992 con l’allora Presidente Mobutu” spiegano le fonti di Fides. Dal 15 al 17 febbraio era stato bloccato il segnale della radio e della televisione dell’arcidiocesi di Kinshasa su disposizione del Ministero delle Comunicazioni. La Rdc sta vivendo un momento particolarmente teso dopo le contestate elezioni presidenziali (vinte dal Presidente uscente Joseph Kabila) e legislative. In questo clima si avvertono segnali inquietanti anche nei confronti della Chiesa cattolica, come dimostrato dall’uccisione di suor Liliane Mapalayi, della congregazione delle Suore della Carità di Gesù, pugnalata a morte il 2 febbraio nel Kasai orientale. (R.P.)

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    Messico: rivolta carceraria a Monterrey, decine di vittime

    ◊   Sono almeno 44 i morti e un numero ancora imprecisato i feriti provocati da una sommossa scoppiata alle 02:00, ora locale, di ieri nel Centro di riabilitazione sociale (Cereso) di Apocada, alla periferia di Monterrey, nello Stato settentrionale di Nuevo León: secondo le prime ricostruzioni, ancora frammentarie, diffuse dal portavoce del ministero della Sicurezza locale, Jorge Domene, la rivolta è iniziata nell’ambulatorio C dell’istituto di pena, dove un gruppo di reclusi ha preso in ostaggio uno dei custodi prima di scontrarsi con altri detenuti in un padiglione vicino. Non è chiara l’origine delle violenze: Domene ha riferito che nel penitenziario erano rinchiusi criminali appartenenti a due delle più temute bande del narcotraffico del paese, gli ‘Zetas’ e il Cartello del Golfo, ma i morti devono ancora essere identificati. Decine di familiari delle vittime - riporta l'agenzia Misna - si sono radunati all’esterno del presidio in attesa di notizie. Le rivolte nei penitenziari sono frequenti in Messico, spesso dovute a tentativi di evasione, anche in collusione con le autorità carcerarie, come accaduto l’estate scorsa a Ciudad Juárez, nello Stato settentrionale di Chihuahua. Appena a gennaio, 31 detenuti erano morti per un’altra sommossa, nella città costiera di Altamira, nello Stato nord-orientale di Tamaulipas, al confine col Texas. (R.P.)

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    Emergenza maltempo in Perù e Bolivia al confine con il Brasile

    ◊   La piccola città d'Iñapari è allagata da diversi giorni. Questo distretto di Madre de Dios (Perù), al confine con Brasile e Bolivia, ha sofferto per giorni a causa delle forti piogge che si sono abbattute su questa zona. Dopo che il fiume Acre (Brasile) e il fiume Yaverija (Bolivia) sono usciti dai loro argini, l'acqua ha finito per inondare la piccola città, centro del distretto del Perù. Secondo le notizie raccolte dall’agenzia Fides, il sindaco, Celso Curi, ha dichiarato che più di 200 case sono state colpite e la popolazione, compresi i 250 migranti haitiani, si è spostata verso le zone più alte del luogo. L'emergenza è scattata già dal 17 febbraio, quando i fiumi citati hanno cominciato ad aumentare il loro volume. Le case sono state inondate dal fango e da tutto quello che portavano le acque dei fiumi, come spazzatura e tronchi di alberi. Il sindaco ha dichiarato che l'acqua ha raggiunto i 30 cm in tutte le case e i luoghi pubblici, come ad esempio il Comune e la chiesa. Tuttavia ciò che preoccupa è che le piogge non si fermano, e i fiumi Acre e Yaverija continuano a crescere. Il sindaco ha chiesto l'aiuto della Protezione Civile. Allarme frane e fiumi in piena anche in Bolivia, dove 6.585 famiglie sono state sfollate negli ultimi due mesi e dove sono stati registrati finora 7 morti. Le regioni più danneggiate sono quelle di Oruro, La Paz, Potosí e Chuquisaca. Inoltre, secondo fonti ufficiali, da ottobre un’ondata di dengue ha causato 16 morti nel Paese. Le piogge hanno fatto registrare 4 morti a La Paz e 3 nella regione orientale di Santa Cruz, mentre secondo il Ministero della Sanità, a Cochabamba la dengue ha causato 6 vittime, come pure a Santa Cruz e altre 4 a Beni. Le famiglie che hanno subito maggiori danni a causa delle piogge sono 1.578 ad Oruro, 1.539 a La Paz, 1.461 a Potosí e 1.000 a Chuquisaca. La cattiva stagione, come tutti gli anni, ha favorito una epidemia di dengue, soprattutto nella parte orientale della Bolivia, con massima allerta a Santa Cruz e Beni. Su 1.600 contagi, oltre la metà sono nella regione di Santa Cruz, al confine con Brasile e Paraguay. Gli anni in cui si sono registrati più morti a causa di questa pandemia in Bolivia sono stati il 2011, con 47, e il 2009, con 22. (R.P.)

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    Panama: ancora tensione fra governo ed indigeni

    ◊   I leader indigeni della etnia Ngäbe Buglé e i rappresentanti del governo panamense hanno sospeso i negoziati sulla nuova legge che limita le estrazioni minerarie e difende le risorse idriche nei territori indigeni, fino al prossimo 27 febbraio. Uno dei quattro gruppi indigeni, i Vigui, ha comunque bloccato la Strada Internazionale Panamericana e non lascia passare nessuno. Il presidente della Conferenza episcopale di Panama, mons. José Luis Lacunza, vescovo della diocesi di David, ha letto alla stampa una dichiarazione firmata dai negoziatori nella quale si conferma che esiste già un accordo per eliminare lo sfruttamento minerario nella regione Ngäbe Buglé, ma ci sono altri aspetti ancora da definire. Mons. Lacunza è il mediatore tra le due parti dopo che, tra il 31 gennaio ed il 5 febbraio, gli indigeni avevano bloccato la Strada Panamericana, la più grande arteria del Paese, che era stata in seguito riaperta dopo violenti scontri con la polizia, che avevano causato due morti e decine di feriti. Dal 7 febbraio avevano avuto inizio i negoziati, che sono stati ora sospesi fino a lunedi 27 febbraio per consentire i festeggiamenti del carnevale. Proprio per questo motivo, la leader del gruppo Ngäbe Buglé, Silvia Carrera, ha espresso il suo dispiacere per l'interruzione del dialogo e ha definito il governo "irresponsabile" e "incapace", ma poi ha chiesto ai suoi connazionali di concedere una tregua fino alla data annunciata per la ripresa dei colloqui. Infatti appena si è saputo dell'interruzione del dialogo, decine di indigeni hanno bloccato l'autostrada Panamericana in quattro punti della zona occidentale, proprio nel momento in cui migliaia di panamensi si stanno spostando dalla capitale verso il centro e la parte occidente di Panama per il carnevale. I vari leader Ngäbe Buglé, fatta eccezione dei Vigui, hanno detto alla stampa che hanno accettato la tregua, ma rimarranno in stato di attenzione ai bordi della Strada Internazionale Panamericana, fino al giorno 27. Nella regione dei Vigui, nella provincia centrale di Veraguas, gli indigeni hanno invece bloccato la strada di chiarire la situazione con la "Capo Silvia Carrera". Vigui è a circa 300 chilometri ad ovest dalla capitale del Panama, ed è una delle aree strategiche di accesso alla regione. (R.P.)

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    Madagascar: il vescovo di Moramanga in visita nelle zone colpite dal ciclone

    ◊   Secondo i dati diffusi dall’Ufficio nazionale per i disastri, sono almeno 200 mila le persone colpite dal passaggio del ciclone tropicale Giovanna, il 13 febbraio scorso, circa 40 mila quelle costrette ad abbandonare le proprie abitazioni a causa delle violente inondazioni, mentre i venti e le piogge hanno distrutto circa 8.475 case e demolito completamente altre 4.230 abitazioni. Il ciclone, di categoria 4, ha provocato, inoltre almeno 17 vittime e 77 feriti, oltre a quattro dispersi. Oltre 100 tra scuole, ospedali, chiese e uffici sono stati danneggiati. “Finalmente sono riuscito a arrivare ad Andasibe - ha scritto all’agenzia Fides il vescovo di Moramanga, mons. Gaetano Di Pierro -, perchè a causa dell’alluvione, creata dal ciclone, era impossibile raggiungere il villaggio situato a 140 Km da Antananarivo, nel Madagascar dell’est. Ho avuto modo di incontrarmi con il sindaco del villaggio, che si è messo già all’opera per i primi soccorsi. Sono arrivati anche alcuni responsabili di Catholique Relief Service (Crs), con i quali abbiamo iniziato a valutare i danni e a pensare alla strategia da mettere in moto per l’eventuale distribuzione di aiuti che possono arrivare alla gente. Con questi responsabili abbiamo fatto anche un sopralluogo nella città di Moramanga. Ringrazio tutte le persone di buona volontà che ci sono vicine soprattutto con la preghiera. Grazie da parte mia e di tutta la cittadinanza di Moramanga e di tutti i fedeli della mia diocesi”, conclude mons. Di Pierro. (R.P.)

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    India. Caso “Enrica Lexie”: erano cattolici i due pescatori uccisi dai marò

    ◊   “I due pescatori uccisi nell’incidente che vede coinvolti i militari italiani erano entrambi cattolici di Moothakara. Con il vescovo, mons. Stanley Roman, siamo andati a portare consolazione alla famiglia, sconvolta dal dolore. E’ una tragedia per la nostra piccola comunità, dove la pesca è il primo mezzo di sussistenza”: lo dice all'agenzia Fides padre John Jerry Issac, cancelliere della diocesi di Quilon, antico nome di Kollam. Al largo del porto di Kollam si è verificato il 15 febbraio scorso, l’incidente che ha visto coinvolta la petroliera italiana “Enrica Lexie” e i due militari italiani a bordo, accusati di aver ucciso due pescatori su un peschereccio locale, scambiandoli per pirati. I due uccisi sono Ajesh Binki di 25 anni e Jalastein di 45, entrambi originari del Tamil Nadu ma residenti in Kerala. Il Kerala è lo stato indiano con maggior percentuale di cattolici (oltre il 20%) ed è sede del nuovo cardinale indiano, George Alencherry, nonchè cuore della comunità cattolica di rito siro-malabarese. Padre Issac racconta a Fides che “la comunità è molto agitata, dato che non è il primo episodio del genere, in cui a soccombere sono pescatori locali: vittime, in casi diversi negli ultimi mesi, di grandi navi commerciali. Per questo nell’opinione pubblica c'è una forte richiesta di giustizia in quanto - nota il sacerdote - “davanti alle nostre coste la pirateria è ben poco diffusa: lo è molto di più altrove”. Padre Issac rimarca un pericolo: “C'è il rischio che alcuni leader politici vogliano sfruttare l'episodio ai fini di propaganda, dato che nei prossimi mesi si terranno le elezioni nello Stato. Come Chiesa locale, speriamo vengano seguite tutte le vie e le procedure nel rispetto della legalità e della giustizia, per rendere un buon servizio alla verità”. (R.P.)

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    India: a Mumbai incontro annuale dei sacerdoti sulla Nuova evangelizzazione

    ◊   Con un impegno all’unità e a promuovere un maggiore coinvolgimento dei laici nella nuova evangelizzazione si è concluso giovedì a Mumbai il 10° incontro annuale della Conferenza dei preti diocesani dell’India (Cdpi). Il tema della sessione, a cui hanno partecipato 64 sacerdoti da tutto il Paese, era appunto “La nuova evangelizzazione: il suo significato, la sua rilevanza e il modo per attuarla in India”. Nella dichiarazione conclusiva, ripresa dall’agenzia Ucan, viene sottolineata l’importanza di una maggiore solidarietà e di uno spirito di fraterna collaborazione tra i sacerdoti perché possano svolgere la loro comune missione pastorale in India. L’assemblea ha deciso di fare della nuova evangelizzazione una parte integrante del processo di rinnovamento interno della Chiesa necessario per fare fronte ai profondi cambiamenti culturali in atto nella società. Quale target immediato di questa opera evangelizzatrice i partecipanti hanno indicato quei battezzati che si sono allontanati dalla fede, senza peraltro tralasciare l’annuncio del Vangelo a chi non lo conosce ancora. Sei le aree prioritarie individuate per attuare la nuova evangelizzazione: la testimonianza personale, la formazione alla fede, la formazione dei laici, il rafforzamento delle comunità ecclesiali, la collaborazione, e appunto la promozione della solidarietà e dell’unità tra i sacerdoti. Per raggiungere questi obiettivi sono state proposte quattro strategie tra le quali la promozione del ruolo dei laici e l’attenzione privilegiata ai poveri. “Dobbiamo sempre tenere a mente – afferma in conclusione il documento finale - che il Regno di Dio non è perseguire il soddisfacimento dei propri bisogni, bensì il perseguimento della giustizia, della pace e della gioia che ci viene data dallo Spirito Santo”. (L.Z.)

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    Canada: la gioia dei vescovi per la prossima Canonizzazione di Caterina Tekakwhita

    ◊   “Un grande onore per tutto il Nord America, ma in modo particolare per i popoli aborigeni”: così la Conferenza episcopale canadese esprime la propria gioia per la prossima canonizzazione di Caterina Tekakwhita, la prima nativa americana a salire agli onori dell’altare. Come annunciato da Benedetto XVI sabato scorso, durante il Concistoro ordinario pubblico, la cerimonia di canonizzazione avrà luogo il prossimo 21 ottobre. La gioia per la futura Santa Tekakwhita viene condivisa dai vescovi canadesi con i loro omologhi statunitensi: “Ci uniamo ai nostri fratelli e sorelle americani nell’accogliere questa bella notizia”, scrive in una nota mons. Richard Smith, presidente dei presuli canadesi. “Come ci ha ricordato Benedetto XVI – prosegue la nota – i santi e le sante ‘attraverso i loro differenti percorsi di vita, ci indicano diverse strade di santità, accomunate da un unico denominatore: seguire Cristo e conformarsi a Lui, fine ultimo della nostra vicenda umana’ (Angelus, 1.mo novembre 2011)”. Detta “il giglio dei Mohawk”, la Beata Tekakwhita nasce a metà del 1600 nell’odierna Albany. Un’epidemia di vaiolo la sfigura e le rovina la vista, costringendola ad una vita da reietta tra la sua gente. Non tollerata anche per la sua conversione al cristianesimo, si rifugia in Canada e si immerge in una vita di profonda preghiera. Debilitata nel fisico, Caterina si spegne a 24 anni, mentre i segni del vaiolo scompaiono dal suo viso. (A cura di Isabella Piro)

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    L’Onu dichiara il 2012 “Anno dell'energia sostenibile per tutti”

    ◊   Ancora oggi oltre 1 miliardo e 300 mila persone - il 20% della popolazione mondiale -non hanno accesso alla corrente elettrica. Altri 2 miliardi e 700 mila - circa il 40% degli abitanti del Pianeta - cucinano o si riscaldano semplicemente con legna, carbone e rifiuti di animali. Per questo l'Onu ha dichiarato il 2012 l'Anno internazionale dell'energia sostenibile per tutti, lanciando una campagna ad hoc per mobilitare governi, società civile, privati. ''Per debellare la povertà e salvare il Pianeta - scrive il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon - possiamo e dobbiamo raggiungere l'energia sostenibile per tutti entro il 2030. L'obiettivo è quello di portare a casa tre risultati: accesso universale a 'moderni' servizi energetici; raddoppio dell'efficienza energetica e raddoppio delle energie rinnovabili nel panorama energetico globale. ''Questi tre obiettivi - spiega Ban Ki-moon - sono importanti singolarmente, ma anche l'uno rispetto all'altro: tecnologie convenienti per le rinnovabili stanno portando servizi energetici moderni alle comunità rurali, dove l'estensione della rete elettrica convenzionale sarebbe poco pratica e avrebbe un costo proibitivo. Apparecchiature più efficienti per l'illuminazione ed altre applicazioni richiedono invece meno energia e quindi riducono l'energia necessaria a farli funzionare''. Secondo il segretario dell'Onu ''una maggiore efficienza nella produzione e nell'uso delle reti elettriche consente che queste possano raggiungere un numero maggiore di famiglie''. Un appuntamento chiave per la comunità internazionale sarà quello della Conferenza Onu per lo sviluppo sostenibile, che si terrà a Rio de Janeiro a giugno prossimo, vent'anni dopo il primo Summit della Terra, del 1992. ''Rio+20 rappresenta un'importante opportunità - aggiunge Ban Ki-moon - per nuovi e decisivi passi per mobilitare un sostegno agli investimenti nell'energia pulita e metta i pilastri sociali, economici e ambientali dello sviluppo sostenibile al centro delle politiche''. Su tutti i capitoli da affrontare ''l'energia è quello che apre la strada''. A dispetto del periodo di crisi economica, per il segretario Onu ''c'è chi afferma che la sostenibilità è un lusso che non possiamo permetterci. Ma è vero il contrario: sfruttare le nostre risorse naturali consumerà le nostre chance di una vera prosperità''. (R.G.)

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    Consiglio delle Chiese: l’acqua sarà al centro della Campagna di Quaresima

    ◊   “L’economia dell’acqua”: sarà questo il tema della campagna di Quaresima del Consiglio Ecumenico delle Chiese (Cec). Nello specifico, attraverso l’organismo denominato “Rete ecumenica dell’acqua”, il Cec inviterà, per sette settimane consecutive, tutte le Chiese cristiane a pregare, riflettere ed agire insieme a favore della giustizia idrica, sia a livello locale che mondiale. L’iniziativa prenderà il via oggi e si concluderà il 5 aprile, Giovedì Santo. “In questo tempo di crisi economica ed ecologica – spiega il Cec in una nota – il tema scelto per questa campagna ricorda immediatamente quanto sia urgente che i cristiani intraprendano una riflessione sull’economia dell’acqua e mettano in campo delle misure adeguate”. Secondo Maike Gorsboth, coordinatrice della Rete, “l’acqua è ciò che permette al pianeta e all’economia di vivere. Essa è un elemento essenziale dello sviluppo duraturo in materia di salute, sicurezza alimentare, energia e povertà, questioni che riguardano le Chiese del mondo intero”. Ad accompagnare l’iniziativa, sono disponibili on line, sul sito del Cec, alcune meditazioni settimanali per aiutare e guidare la riflessione dei fedeli. Ogni settimana, inoltre, tali riflessioni offrono delle risposte bibliche a problemi significativi, come l’economia dell’acqua, la produzione e lo smaltimento dei rifiuti, la produzione agro-ecologica e l’adattamento ai cambiamenti climatici. (I.P.)

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    Pastorale familiare: la Chiesa di Pompei incontra separati e divorziati

    ◊   “Né esclusi né riammessi” è il titolo dell’iniziativa assunta dall’Ufficio della Pastorale Familiare e della Vita e dal Consultorio Familiare diocesano “San Giuseppe Moscati” del santuario, entrambi diretti da don Giuseppe Lungarini. Il primo appuntamento è per sabato 25 febbraio, dalle 16.30 alle 18.30, presso la Sala Marianna De Fusco, nel Piazzale “Beato Giovanni XXIII”. Relatore dell’incontro sarà don Carlino Panzeri, membro della Consulta Cei per la Pastorale Familiare e direttore della Pastorale della Famiglia della diocesi di Albano Laziale. “La realtà drammatica e complessa di chi ha vissuto e vive la dolorosa esperienza della rottura del rapporto coniugale – si legge in un comunicato dei promotori – è quanto mai attuale: spesso separati e divorziati si sentono esclusi dalla comunità cristiana”. Mons. Carlo Liberati, arcivescovo di Pompei, sensibile a queste problematiche che oggi vive la società, ha stimolato la realizzazione di questo ciclo di incontri con i fratelli separati e divorziati. “Io credo – afferma don Lungarini – che è compito della Chiesa promuovere l’ascolto e la riflessione sulle sofferenze delle persone. Nel riaffermare il principio dell’indissolubilità del matrimonio, sacramento cristiano, non si può impedire alla tenerezza di Dio di raggiungere chi è ferito nel cuore e nell’animo. Il dialogo e il confronto diventano così strumenti per non far sentire nessuno abbandonato a se stesso e impediscono ogni possibile incomprensione o cattiva conoscenza dei principi”. A questo incontro ne seguiranno altri, con cadenza mensile. (A.G.)

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    Ateneo salesiano: incontro sulla riforma del sistema finanziario internazionale

    ◊   Come riformare il sistema finanziario e monetario internazionale? Nell’intento di contribuire ad un dialogo fruttuoso all’interno del dibattito economico, che si presenta particolarmente acceso in queste ultime settimane, la Facoltà di Filosofia dell’Università Pontificia Salesiana (Ups) ospita oggi pomeriggio un Incontro dal titolo “Riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale. Riflessioni a margine della Nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace”. Prenderanno parte all’incontro mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, Tommaso Di Ruzza, Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede, Giulio Gallazzi, presidente e amministratore delegato di Sri Group. L’incontro inaugura la seconda edizione del Corso accademico di “Economia, etica e finanza” attivato dalla Facoltà dell’Ateneo salesiano. (R.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 51

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.