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Sommario del 12/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Appello del Papa all'Angelus: basta spargimento di sangue in Siria! L'amore di Dio è più forte del male più orribile
  • Causa sugli abusi negli Stati Uniti: ritirata denuncia contro Santa Sede
  • Verso la Quaresima. Mons. Bruno Forte sul messaggio del Papa: fede e carità sono inseparabili
  • Il Papa contribuisce ai restauri della Basilica di Sant’Agostino ad Annaba, simbolo della fratellanza fra cristiani e musulmani
  • Oggi in Primo Piano

  • Il cardinale Gracias: la Chiesa in India è viva nonostante le difficoltà
  • Grecia paralizzata dalle proteste contro le misure di austerità
  • Il Niger non estraderà Saadi Gheddafi. Il figlio dell'ex rais: "imminente sollevazione in Libia"
  • Messa a Roma per le vittime della Costa Concordia. Il cardinale Bagnasco: servono verità e giustizia
  • Giornata mondiale della radio. Il coraggio di Radio Shabelle in Somalia: "ma nessuno ci aiuta"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: bombe sulle città ribelli, si arrende Zabadani. Messaggio di al-Qaeda
  • Campagna elettorale in Myanmar: bagno di folla per Aung San Suu Kyi
  • Maltempo in Europa: una valanga uccide sette persone in Kosovo. Bufere di neve in Italia
  • Crolla, sotto il peso della neve, la campata del Santuario del Santissimo Crocifisso di Urbania
  • Ccee-Secam: incontro tra vescovi europei ed africani sul tema dell’evangelizzazione
  • Il Centro Astalli promuove un incontro sui rifugiati: non esistono i clandestini
  • San Giovanni Rotondo: Settimana internazionale della riconciliazione
  • Chiese anglicane dell’Africa: unità e fraternità per il futuro dell’Africa
  • Convegno sul dialogo interreligioso promosso dai vescovi brasiliani: una diversità da affrontare
  • Il Papa e la Santa Sede



    Appello del Papa all'Angelus: basta spargimento di sangue in Siria! L'amore di Dio è più forte del male più orribile

    ◊   Davanti a numerosi fedeli riuniti in Piazza San Pietro per l’Angelus nonostante il freddo, il Papa ha lanciato un accorato appello per la fine delle violenze in Siria. Si ponga termine allo spargimento di sangue, ha esclamato Benedetto XVI. Prima della preghiera mariana, il Papa ha commentato il Vangelo della guarigione del lebbroso: solo Gesù – ha detto – "ci può liberare dalla lebbra del peccato e dallo smarrimento nella vita". Il servizio di Sergio Centofanti:

    Il Papa segue “con molta apprensione i drammatici e crescenti episodi di violenza in Siria” che negli ultimi giorni stanno provocando numerosi morti. Ricorda “nella preghiera le vittime, fra cui ci sono alcuni bambini, i feriti e quanti soffrono le conseguenze di un conflitto sempre più preoccupante” e rinnova “un pressante appello a porre fine alla violenza e allo spargimento di sangue”:

    “Invito tutti - e anzitutto le Autorità politiche in Siria - a privilegiare la via del dialogo, della riconciliazione e dell’impegno per la pace. E’ urgente rispondere alle legittime aspirazioni delle diverse componenti della Nazione, come pure agli auspici della comunità internazionale, preoccupata del bene comune dell’intera società e della Regione”.

    Nella catechesi il Papa ha commentato il Vangelo di questa domenica in cui Gesù, “superando il divieto legale” tocca e guarisce un lebbroso. In questo gesto – ha detto – “c’è tutta la storia della salvezza, c’è incarnata la volontà di Dio di guarirci, di purificarci dal male che ci sfigura e che rovina le nostre relazioni”:

    “In quel contatto tra la mano di Gesù e il lebbroso viene abbattuta ogni barriera tra Dio e l’impurità umana, tra il Sacro e il suo opposto, non certo per negare il male e la sua forza negativa, ma per dimostrare che l’amore di Dio è più forte di ogni male, anche di quello più contagioso e orribile. Gesù ha preso su di sé le nostre infermità, si è fatto 'lebbroso' perché noi fossimo purificati”.

    Il Papa ricorda poi l’esperienza di San Francesco quando, peccatore, incontrò dei lebbrosi:

    “In quei lebbrosi, che Francesco incontrò quando era ancora ‘nei peccati’, era presente Gesù; e quando Francesco si avvicinò a uno di loro e, vincendo il proprio ribrezzo, lo abbracciò, Gesù lo guarì dalla sua lebbra, cioè dal suo orgoglio, e lo convertì all’amore di Dio. Ecco la vittoria di Cristo, che è la nostra guarigione profonda e la nostra risurrezione a vita nuova!”.

    Quindi, ha ricordato la memoria della Vergine di Lourdes, celebrata ieri. A santa Bernadette – ha affermato - la Madonna ha consegnato “un messaggio sempre attuale: l’invito alla preghiera e alla penitenza”:

    “Attraverso sua Madre è sempre Gesù che ci viene incontro, per liberarci da ogni malattia del corpo e dell’anima. Lasciamoci toccare e purificare da Lui, e usiamo misericordia verso i nostri fratelli!”.

    Infine, il Papa augurando ai presenti una buona domenica e una buona settimana ha dato appuntamento all'Angelus di domenica prossima, una "domenica - ha auspicato - senza neve".

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    Causa sugli abusi negli Stati Uniti: ritirata denuncia contro Santa Sede

    ◊   Si è conclusa nel silenzio dei mass media una dolorosa vicenda di abusi che avrebbe voluto coinvolgere il Papa e la Santa Sede. Venerdì scorso, l’avvocato Jeff Anderson ha depositato presso la Corte distrettuale del Wisconsin una notifica di archiviazione relativa all’azione legale denominata "John Doe 16 v. Holy See”. Si tratta del caso di un ragazzo disabile abusato da un sacerdote in una scuola per bambini sordomuti di Milwaukee: nell'istituto numerosi altri ragazzi erano stati abusati dallo stesso prete. Secondo le leggi statunitensi vigenti, la presentazione di tale notifica comporta l’archiviazione immediata della causa, senza che sia necessaria una sentenza in merito emanata dalla Corte.

    La causa, denunciando la copertura degli abusi, era intenzionata ad affermare la diretta responsabilità della Santa Sede sugli oltre 400mila sacerdoti sparsi nel mondo, quando questa, è noto – sottolinea in una dichiarazione l’avvocato della Santa Sede Jeffrey Lena – spetta ai rispettivi vescovi o superiori religiosi. Lena ricorda come Anderson abbia “orchestrato per la stampa un evento dai toni drammatici e ricco di ‘colpi di scena’ che mirava a provocare nei mass media un’attenzione smodata e frenetica per la questione”. Si ricorda l’enfatico annuncio di informazioni che avrebbero dimostrato l’esistenza di un’“azione congiunta a livello mondiale” collegata ad abusi sessuali e diretta dalla Santa Sede. “Su una teoria tanto datata quanto smentita – afferma Lena - è stata creata appositamente per i mass media una sequenza di eventi che ha trasformato un fatto gravissimo – la violenza sessuale perpetrata ai danni di un minore – in uno strumento di affermazioni mendaci circa presunte responsabilità della Santa Sede”.

    Lena sottolinea anche l’impegno della Chiesa nel contrasto degli abusi ricordando che “è stato il diritto canonico e non quello civile innanzitutto, a istituire per primo l’obbligo di denuncia” per queste vicende. Una causa come questa - prosegue l’avvocato Lena – “intentata contro la Santa Sede e tenuta insieme solo da una rete mendace di accuse infondate di complotti internazionali, in verità non è altro che una strumentalizzazione del sistema giudiziario ed uno spreco di risorse”.

    “Quello che non dobbiamo dimenticare – afferma ancora l’avvocato della Santa Sede - è il fatto che molti anni fa John Doe 16, un ragazzo solo e afflitto da disabilità, è stato oggetto di terribili abusi. Come Papa Benedetto XVI ha ripetutamente affermato, ogni abuso – sia esso perpetrato in istituzioni pubbliche o private, da qualunque persona, di qualunque credo o affiliazione religiosa – è un peccato e un crimine”.

    “È triste constatare – conclude Lena - come nelle mani di un avvocato troppo incline alle conferenze stampa e un altro che trascorre il proprio tempo a scrivere su Internet una rubrica faziosa con cui tenta di far passare per eroi se stesso e i suoi colleghi, la vera tragica situazione e la sofferenza di John Doe 16 siano diventate uno strumento di pubblico inganno”.

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    Verso la Quaresima. Mons. Bruno Forte sul messaggio del Papa: fede e carità sono inseparabili

    ◊   “Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone”. E’ questa frase del capitolo decimo della lettera agli ebrei a dare il titolo al messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2012. Federico Piana ha raccolto il commento di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto:

    R. – Vedrei l’importante connessione fra questo messaggio e la prospettiva dell’Anno della Fede, ormai imminente. Il Papa, che ha iniziato le sue Encicliche con una riflessione di grandissima profondità e – direi – anche concretezza sulla carità, ci fa capire con quest’attenzione che danno i Messaggi della Quaresima alla responsabilità verso gli altri, alla reciprocità e al dono di sé, che fede e carità sono inseparabili. Dunque è una sottolineatura dell’aspetto della vita cristiana, dell’uomo di fede e della donna di fede, che porta ad impegnarsi per gli altri, a farsi carico dell'altro. In modo particolare, in questa frase della Lettera agli Ebrei, il Papa coglie questi tre accenti, che mi sembra ci facciano capire come l’attenzione alla carità, connessa alla fede, sia tutt’altro che semplicemente una esortazione bonaria: in realtà è un invito ad un impegno estremamente articolato.

    D. – Il Papa sostiene anche che bisogna camminare insieme nella santità. Come si può in questo momento storico pensare alla chiamata universale alla santità?

    R. – Sembra che il messaggio sia di non ridurre mai il concetto che noi abbiamo dell’uomo alla semplice soddisfazione di bisogni materiali o ad una sorta di benessere, di welfare, di carattere economico e basta. Occorre puntare alla misura alta della vita cristiana, che è la santità. In altre parole, la santità non è un ornamento che si aggiunge a qualcosa: la santità è la piena realizzazione del dono di Dio, secondo il progetto di Dio. Allora se noi abbiamo una visione dell’uomo che è aperta al disegno di Dio, non possiamo semplicemente fermarci a soddisfare qualcuna delle esigenze dell’essere umano, ma dobbiamo soddisfare l’esigenza più vera e più profonda che è quella di amare Dio, di vedere Dio, che è quel “Desiderium naturale videndi Deum - quel desiderio naturale di vedere Dio - di cui parla, ad esempio, Tommaso d’Aquino: la realizzazione dell’uomo sta nell’incontro con Dio.

    D. – C’è un passaggio in questo messaggio molto interessante: il Papa chiede a tutti i cristiani di riscoprire una dimensione della carità cristiana che è quella di ammonire i peccatori. Cosa intende il Papa in questo modo?

    R. – Molte volte si pensa che per quieto vivere, per amor di pace non si debba mai intervenire o richiamare qualcuno su qualcosa, dove è invece evidente che ci sarebbe il bisogno di aiutare a scoprire il progetto di Dio e le esigenze di conversione e di cambiamento. Anche qui, questo Papa si dimostra come l’uomo e il pensatore di una visione autentica, plenaria dell’uomo e non di una visione parziale: l’uomo visto secondo la prospettiva di Dio è un uomo che sa che il peccato non solo è male, ma fa male; sa che la santità non solo è bene, ma fa bene. Allora se veramente siamo cristiani si deve anche – con umiltà, certo, nel continuo discernimento e in vocazione dello Spirito - aiutare gli altri a fuggire il male. Questo significa anche aiutarli a capire il male che potrebbero aver fatto. (mg)

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    Il Papa contribuisce ai restauri della Basilica di Sant’Agostino ad Annaba, simbolo della fratellanza fra cristiani e musulmani

    ◊   Anche Benedetto XVI è tra quanti stanno finanziando i restauri della Basilica di Sant’Agostino ad Annaba, in Algeria, iniziati un anno fa. Il luogo di culto, costruito sulla collina che sovrasta le rovine di Ippona, sede vescovile di Sant’Agostino, è stato consacrato nei primi del ‘900 e il suo stile arabo-moresco e romano-bizantino, creando un insieme armonioso, vuole essere segno della dimensione universale del noto Padre della Chiesa, grande umanista e uomo di dialogo. Per questo, del progetto di ristrutturazione hanno voluto farsi carico autorità pubbliche algerine e francesi, diverse istituzioni, ordini religiosi, diocesi e numerosi benefattori. Tiziana Campisi ha chiesto al vescovo di Costantina-Ippona, mons. Paul Desfarges, quale importanza riveste oggi la Basilica di Sant’Agostino e in che modo ha contribuito il Papa al suo restauro:

    R. – Le Saint Père a contribué personnellement, il y a eu la « Papal Foundation » …
    Il Santo Padre ha contribuito personalmente. La « Papal Foundation » ha dato qualcosa, ma il Papa – sollecitato – ha a sua volta inviato un dono personale per questo restauro. Lei sa – tutti sappiamo – quanto Sant’Agostino sia caro al cuore del nostro Papa. La Basilica di Sant’Agostino non è soltanto un luogo di culto, tutta la collina di Ippona – c’è la Basilica ed i Padri agostiniani che curano il servizio pastorale, poi ci sono le Piccole Sorelle dei Poveri, che hanno lì una casa dove accolgono gli anziani – è un luogo-simbolo, un simbolo forte di convivialità, di fratellanza umana e spirituale; è un luogo che supera le culture e le fedi religiose, attraverso la figura di Sant’Agostino che trascende con il suo umanesimo, la sua fede, la sua cultura e conduce ogni uomo all’essenziale. Il restauro della Basilica è il restauro di un luogo-simbolo della convivialità e della fratellanza tra le due sponde del Mediterraneo, tra cristiani e musulmani, tra l’Occidente e l’islam, tra gli uomini che sono alla ricerca del senso e della verità.

    D. – Quelle dell’Algeria sono piccole comunità che ricordano un po’ quelle della Chiesa primitiva; comunità che offrono la testimonianza di una presenza cristiana in aree geografiche dove per lo più si professano altre religioni. Lei crede che l’esempio di queste comunità possa servire ai Paesi di antica cristianità?

    R. – Oh, je ne sais pas! Nous ne prétendons pas être un exemple. …
    Oh, non lo so! Noi non pretendiamo d’essere d’esempio a nessuno. Siamo una piccola Chiesa, discreta, modesta, cerchiamo semplicemente di essere. Io credo che la vocazione della Chiesa, qui, e la vocazione di tutta la Chiesa, consista nella consapevolezza che il nostro Dio vuole essere tra i suoi, vuole venire dai suoi. E così vale che chi accoglie te, accoglie me, e chi accoglie me accoglie Colui che mi ha inviato … Noi, qui, ci sentiamo accolti. Certo, a volte si incontrano difficoltà e si superano; a volte le difficoltà riguardano la libertà di coscienza da parte di alcuni che hanno incontrato il Cristo. Non è facile; la Croce non manca dal nostro cammino. La Chiesa si fa segno di questo amore del Padre che viene nel Figlio suo, Gesù, che stabilisce la sua dimora tra i suoi. Ora, questa dimora non è unicamente quella che accoglie Gesù: noi sappiamo bene che lo Spirito opera nel cuore di ogni uomo, e noi siamo sempre sorpresi di questi incontri spirituali …

    D. – In Algeria ci sono state tensioni, create dalle Chiese evangeliche, in particolare, accusate di proselitismo. Qual è la realtà attuale? Quale clima si respira oggi?

    R. – Au niveau plus officiel, je sais que le ministre des affaires religieuses, encore …
    A livello ufficiale, so che ancora recentemente il ministro degli Affari religiosi ha detto che c’è ancora un certo numero di Chiese che esercita in luoghi di culto non riconosciuti; ma io credo che siano in corso dei colloqui … Personalmente, ho buoni rapporti con la Chiesa protestante metodista che si trova a Costantina. A volte, in effetti, si crea un po’ d’imbarazzo per una sorta di proselitismo, che non è unicamente un proselitismo evangelico riguardo ai musulmani; l’imbarazzo si crea perché alcuni gruppi evangelici a volte dicono cose che non sono corrette nei riguardi della nostra Chiesa cattolica. Questo mi dispiace, perché crea divisioni e difficoltà. Mentre a livello di istituzioni, le cose sembrano piuttosto in via di chiarificazione e di miglioramento – per quanto ne possa sapere io. (gf)

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    Oggi in Primo Piano



    Il cardinale Gracias: la Chiesa in India è viva nonostante le difficoltà

    ◊   La Chiesa dell’India rilancia il proprio impegno per il Paese: è quanto emerso durante la plenaria della Conferenza episcopale svoltasi in questi giorni a Bangalore. Sulla situazione della Chiesa in India, Sergio Centofanti ha sentito il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo metropolita di Bombay:

    R. – Siamo contenti del lavoro che svolgiamo per la gente dell’India; ora dobbiamo rafforzare i nostri sforzi, perché c’è la grande maggioranza della popolazione che ancora è povera, non ha istruzione, non ha assistenza sanitaria … Durante la plenaria abbiamo riflettuto anche sulla Chiesa stessa, perché noi dobbiamo essere d’esempio a tutta l’India.

    D. – In questi ultimi anni, i cristiani in India hanno subito alcuni attacchi, alcune aggressioni. Qual è la situazione oggi?

    R. – Abbiamo, ogni tanto, qualche problema in diverse parti dell’India, dove si verificano queste aggressioni, specialmente nello Stato del Karnataka, nell’Orissa e poi nel Kashmir: qui le autorità religiose musulmane hanno intimato ad alcuni sacerdoti di andare via dal Kashmir … Ma in generale, le cose vanno migliorando: è molto meglio di prima. Ma la gente ancora ha paura: questa è la verità.

    D. – Il Papa ha indetto l’anno della fede. Quali sono i progetti della Chiesa in India?

    R. – Abbiamo già preparato un direttorio per la catechesi in India: lo manderemo a Roma per l’approvazione e poi inizieremo con questo programma.

    D. – La Chiesa indiana è impegnata anche sul fronte sociale …

    R. – Sì, sì: molto. Per i diritti umani, per migliorare le condizioni di vita della gente, per i diritti delle donne, siamo impegnati contro il lavoro minorile, contro lo sfruttamento delle persone e contro la corruzione, per la politica sia pulita … la Chiesa è molto impegnata, in questi campi.

    D. – E anche per la dignità e i diritti dei Dalit…

    R. – Sì: questo è un problema che abbiamo da molti anni. Abbiamo promosso manifestazioni e preghiere nelle chiese, abbiamo parlato anche con il governo e adesso stiamo discutendo anche con i giudici della Corte Suprema.

    D. – L’India come vive la crisi che sta attraversando l’Europa?

    R. – Questa crisi non ha avuto grande influenza sull’India.

    D. – Quali sono le sue speranze di cristiano per il Paese?

    R. – Direi che la Chiesa indiana è viva, la gente viene a Messa, abbiamo le nostre comunità di base, molta gente fa parte di questi movimenti … La Chiesa è viva. Ma dobbiamo anche lavorare per rafforzare questa vitalità della Chiesa, con la formazione delle persone, con progetti sociali per i poveri: questo è il nostro programma. Io ho tanta fiducia nella Chiesa indiana. (gf)

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    Grecia paralizzata dalle proteste contro le misure di austerità

    ◊   La Grecia è paralizzata anche oggi dalle proteste contro le dure misure di austerità che il Parlamento è chiamato, in tarda serata, ad approvare per ricevere gli aiuti internazionali ed evitare la bancarotta. In un drammatico intervento ieri sera in tv, il premier greco Papademos ha cercato di spiegare ai cittadini la necessità delle misure anticrisi: se non passeranno – ha detto – sarà la catastrofe, non si potranno più importare generi di prima necessità né pagare il funzionamento di ospedali e scuole, pensioni e medicine. Sulla situazione del Paese ellenico Fausta Speranza ha sentito il prof. Paolo Guerrieri, docente di Economia internazionale all’università La Sapienza di Roma:

    R. – La Grecia è già in default: non sta pagando i suoi debiti, ma li sta ripagando con i soldi, con le risorse finanziarie che gli mette a disposizione l’Europa. Nel pacchetto di salvataggio è previsto un vero e proprio default, ma – come dire – “ordinato”, in qualche modo programmato, secondo il quale i creditori privati rinunceranno a più della metà dei loro crediti e quindi, a questo punto, la Grecia usufruirà di uno sconto sui propri debiti in scadenza di circa 100 miliardi di euro. Allora il problema non è se la Grecia potrà evitare il default, perché il default c’è già: a questo punto è un default gestito e quindi che non provoca effetti incontrollati. I possibili effetti incontrollati si chiamano “derivati”: cioè quei titoli finanziari che hanno provocato la crisi del 2008 e che non sono affatto diminuiti in questi anni. Nessuno sa quale potrebbe essere l’effetto sui derivati - su questi mercati che sono diventanti enormi, perché si sono gonfiati a dismisura - e nessuno sa quale effetto a catena potrebbe provocare un default della Grecia non controllato, – come dire – dettato da una disperazione di non poter pagare.

    D. – Professor Guerrieri, a un certo punto si è anche parlato di un’uscita della Grecia dall’euro e un suo ritorno alla dracma, quasi come se potesse essere indolore. Ma potrebbe davvero succedere questo?

    R. – Questo è assolutamente fuori da ogni buon senso dal punto di vista economico: non c’è nessuna possibilità di uscire dall’area dell’euro – come si dice – non pagando dei costi o pagando dei costi che potrebbero essere compensati. Sarebbe in realtà un problema gigantesco dal punto di vista economico per il Paese che esce ma anche per i Paesi e per il gruppo dell’area dell’euro.

    D. – Parliamo di Italia: l’Italia – diciamo così – ha fatto bene i compiti a casa e, a questo punto, rappresenta anche un elemento di forza all’interno dell’Unione Europea. Monti si è presentato a Washington, ma a questa visita – dal punto di vista strettamente economico – in poche parole che valore dare?

    R. – Ha naturalmente una serie di effetti importanti e, in qualche modo, è stato un incontro molto positivo. Questa dimostrazione che in uno spazio di tempo brevissimo, perché parliamo di qualche mese, l’Italia ha riacquistato una sua credibilità a livello internazionale ed è ridiventato un grande interlocutore dei grandi attori - e naturalmente gli Stati Uniti è il primo tra questi – che animano la scena internazionale. Lo è ridiventato perché non dimentichiamo che lo siamo stati per anni. Quindi il dato positivo è constatare che c’è un grande apprezzamento di quello che stiamo facendo e abbiamo fatto. Tuttavia, proprio l’incontro con il presidente Obama ha messo in luce le preoccupazioni degli Stati Uniti, ma anche le nostre, sulla strategia che si sta applicando di politica economica in Europa. Questa strategia potrebbe essere troppo dominata da politiche di austerità fini a loro stesse, quindi – come dire – una austerità a tutto tondo. Non che non sia necessaria in alcuni Paesi, ma sarebbe da mitigare con altri che, invece, seguano politiche in qualche modo più accomodanti. Questa preoccupazione del presidente Obama si è riflessa naturalmente anche nelle considerazioni che facciamo noi come Paese e, quindi, è emerso con forza il fatto che gli Stati Uniti ci stanno seguendo e ci seguono molto da vicino. Addirittura le possibilità di rielezione del presidente Obama, e quindi i risultati delle elezioni presidenziali di novembre, sono in qualche modo collegate a quello che farà l’Europa e in particolare a quello che farà l’area dell’euro. Gli Stati Uniti sono in una ripresa che si sta consolidando, ma che è ancora molto fragile: se questa ripresa si consoliderà, le probabilità di rielezione di Obama cresceranno fortemente; se questa ripresa dovesse, in qualche modo, inclinarsi o addirittura frenare – come è giù avvenuto lo scorso anno e l’anno prima – le possibilità di rielezione di Obama precipiterebbero rapidamente. L’area dell’euro potrebbe quindi condizionare nell’uno o nell’altro caso. (mg)

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    Il Niger non estraderà Saadi Gheddafi. Il figlio dell'ex rais: "imminente sollevazione in Libia"

    ◊   Il Niger non estraderà in Libia Saadi Gheddafi, il figlio dell'ex rais Muammar Gheddafi, anche se ha violato le condizioni alle quali gli è stato concesso asilo politico pronunciando parole ritenute "sovversive" dal Cnt, il Consiglio nazionale transitorio libico. E' quanto ha affermato il portavoce del governo di Niamey. Il figlio di Gheddafi ha minacciato in questi giorni una "imminente sollevazione" in Libia. Sulla situazione attuale del Paese nord-africano, Giancarlo La Vella ha intervistato Cristiano Tinazzi, giornalista, raggiunto telefonicamente a Tripoli:

    R. – E’ ancora in una situazione di incertezza, anche se la gente – chiaramente – è contenta, perché comunque, nonostante tutte le difficoltà, può ora esprimersi liberamente, anche criticare il Cnt: cosa, questa, che avviene sempre più spesso. Evidentemente il Cnt non è riuscito, in questi mesi, a dare fiducia al popolo libico. Questo da un lato, mentre dall’altro c’è, invece, un’economia che ancora non decolla: soltanto il settore petrolifero ha ripreso a pieno la produzione, ma tutto il resto dell’economia è bloccato.

    D. – Quali sono i commenti che raccoglie tra la gente di Tripoli e non solo, anche degli altri centri della Libia?

    R. – La maggior parte delle persone, soprattutto i giovani, hanno una speranza per il futuro, ma – allo stesso tempo – hanno la sensazione di non sentirsi rappresentati da persone che loro non hanno eletto. Tutti sperano che a giugno ci siano le elezioni, anche se è molto difficile che questo avvenga, perché il processo elettorale ancora non è partito e non c’è alcun tipo di attività politica. C’è poi chi è comunque disilluso: anche gli stessi che hanno fatto la rivoluzione e che comunque non vogliono neanche consegnare le armi: infatti molti ancora non si fidano e avere un’arma in mano è sempre un segno di potere e chi non ha niente difficilmente consegnerà queste armi.

    D. – Che cosa ne è dei tanti che erano inseriti nel tessuto istituzionale, in pratica i fedelissimi di Gheddafi?

    R. – Molti hanno passato un periodo all’estero - in Tunisia e in altri Paesi dell’area - e ora sono rientrati perché hanno avute garanzie che non sarebbe stato fatto loro niente; altri – diverse migliaia – sono in carcere e di loro è difficile sapere che fine faranno e quanti ce ne sono realmente, perché è difficile entrare nelle carceri; c’è poi un gruppo di irriducibili, che per la maggior parte è rifugiata in Nigeria, Mali, Ciad e nei Paesi confinanti, e che sono ancora legati alla famiglia Gheddafi. E’ chiaro che dovrà iniziare un processo di riconciliazione, che non è partito e che comunque dovrà essere fatta nei prossimi anni. (mg)

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    Messa a Roma per le vittime della Costa Concordia. Il cardinale Bagnasco: servono verità e giustizia

    ◊   Celebrazione eucaristica a Roma in suffragio delle vittime del naufragio della Costa Concordia. Mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, ha presieduto la Messa, che si è svolta stamattina presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il cardinale Bagnasco: servono verità e giustizia. Il servizio è di Eugenio Bonanata:

    L’Italia si è stretta in preghiera al fianco dei familiari delle vittime. La liturgia a circa un mese dalla tragedia, avvenuta lo scorso 13 gennaio nelle acque dell’isola del Giglio e costata la vita ad oltre 30 persone. Sono 17 i morti finora accertati, 15 invece i dispersi le cui ricerche sono state sospese nelle settimane scorse. Il cardinale Bagnasco, giunto in ritardo a causa del maltempo, ha letto il suo messaggio alla fine della cerimonia:

    “Preghiamo per i dispersi, per i naufraghi di quella tragedia, per i familiari tutti qui rappresentati e che vogliamo abbracciare con grande affetto, affinché la forza e la consolazione dello spirito stemperi i tragici ricordi e ritorni presto la serenità della vita”.

    Alla presenza del capo dello stato Napolitano, il cardinale Bagnasco ha ricordato il lavoro dei soccorritori: persone e istituzioni – ha detto - che hanno fatto il proprio dovere in modo ammirevole per competenza e dedizione. Il suo pensiero si è soffermato sui tanti volontari che si sono prontamente offerti nell’emergenza:

    “Tra questi - in prima fila - gli abitanti dell’Isola del Giglio. A tutti l’Italia guarda con stima e gratitudine, in loro riconosciamo l’anima profonda del nostro popolo, ricco di intelligenza e di cuore, sempre capace di grandi cose, senza perdersi d’animo”.

    Infine l’invito a guardare avanti:

    “Che la luce del Signore aiuti a fare verità e giustizia, a sanare le ferite, a rafforzare la fiducia e insieme il coraggio verso il futuro: è possibile e doveroso!”.

    Dal canto suo il presidente Napolitano ha ribadito che è necessario continuare ad indagare per fare piena luce sull’accaduto. L’inchiesta, intanto, procede verso l’incidente probatorio sulla scatola nera in programma il prossimo 3 marzo. A largo dell’Isola del Giglio, invece, si attende una tregua del maltempo per iniziare le operazioni preparatorie di recupero del carburante nel relitto. (mg)

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    Giornata mondiale della radio. Il coraggio di Radio Shabelle in Somalia: "ma nessuno ci aiuta"

    ◊   Domani si celebra la prima Giornata mondiale della radio. Un mezzo di comunicazione fondamentale per la libertà di espressione e la ricerca della pace, che spesso nelle zone più povere del mondo qualcuno tenta di ridurre al silenzio. Cinque giornalisti di Radio Shabelle di Mogadiscio, in Somalia, sono stati uccisi nei mesi scorsi. L’ultimo è stato il direttore Hassan Osman Abdi, assassinato il 28 gennaio. Massimo Pittarello ha chiesto al vicedirettore di Radio Shabelle, Mohamed Amiin Adow, quale sia il ruolo dell’emittente:

    R. – It is an independent radio station and it is the last independent radio …
    E’ una stazione radiofonica indipendente ed è l’ultima radio indipendente in tutta la Somalia; è composta di una stazione televisiva e radiofonica, che trasmette notiziari per gli ascoltatori di lingua somala.

    D. – Negli ultimi anni, cinque vostri giornalisti sono stati uccisi, l’ultimo il 28 gennaio, quando Hassan Osman Abdi, detto “il fantastico”, è stato ucciso a 30 anni, nella sua casa, da un commando di cinque uomini. Ha lasciato tre figli. E’ stata un’esecuzione? Avete sospetti su qualcuno?

    R. – Really, it was an assassination and an execution. He was followed by …
    E’ stato veramente un omicidio, un’esecuzione. E’ stato seguito da questo gruppo di uomini armati; vicino a casa sua l’hanno fermato e gli hanno sparato. Si è trattato veramente di un omicidio premeditato perché lui era il direttore della nostra emittente radiofonica. Al momento attuale, non sappiamo se vi siano sospettati trattenuti dal governo; il governo stesso ha detto che avrebbe avviato un’inchiesta. Ma, vede, non è il primo giornalista di Shabelle ad essere ucciso: è stato il quinto. Prima di lui, altri due direttori sono stati assassinati e nessuno è stato ritenuto responsabile della morte dei giornalisti e dei direttori dell’emittente. In Somalia, per noi è veramente pericoloso lavorare, ma siamo determinati a continuare il nostro lavoro, perché è importante per il Paese. Noi spieghiamo i pericoli ai quali il Paese è esposto. Noi crediamo che i mezzi di comunicazione liberi siano parte integrante della democrazia e del buon governo. Quindi, l’obiettivo principale di coloro che ci hanno preso di mira – e questo è visibile a tutti – è di ridurci al silenzio. Ma noi non taceremo mai. Questo è il modo in cui noi, qui in Somalia, siamo determinati.

    D. – Lei ha paura nel continuare il suo lavoro?

    R. – Absolutely we are scared, because we have lost very important persons, …
    Certo che abbiamo paura, perché abbiamo perso persone molto importanti per noi, ma proprio per questo noi siamo impegnati e determinati a continuare nel nostro lavoro, anche se abbiamo paura. Non possiamo permetterci di avere paura perché là fuori c’è gente che ci dà la caccia, vuole ucciderci … Nessuno vuole morire, ma lo scopo principale dell’emittente è continuare la sua missione. Saremo prudenti, perché la situazione può diventare molto pericolosa per i giornalisti e per i dipendenti dei mezzi di informazione; Mogadiscio può diventare la città più pericolosa al mondo per i giornalisti. Ma noi sentiamo che dobbiamo continuare a lavorare; ci hanno preso di mira. Noi vogliamo trasmettere la verità che c’è sul territorio. Lei ha assolutamente ragione: abbiamo paura, ma intendiamo continuare il nostro lavoro.

    D. – Questo è quello che si definisce “coraggio”: quando conosci il pericolo ma non ti arrendi … Vuole rivolgere un appello all’Occidente e al mondo intero?

    R. – Yes, absolutely: I want to make an appeal …
    Sì: voglio lanciare un appello a tutto l’Occidente, ma specialmente al governo italiano, che ha un rapporto storico con la Somalia. Il nostro appello è che chiediamo supporto politico, che nello specifico è una risoluzione che condanni le uccisioni, gli omicidi, l’oppressione dei media somali. Nel frattempo, noi – Radio Shabelle – ci siamo dovuti spostare da Bakara Market, perché era finita sotto il controllo degli al Shabab, ed abbiamo perso tanta attrezzatura perché non siamo riusciti a portare via tutte le nostre cose: alcune ce le hanno portate via … Abbiamo perso alcuni dei nostri migliori collaboratori … Ecco, chiediamo aiuto a chiunque ce ne voglia dare: dai governi e da chiunque, dalla formazione all’assistenza politica, appunto con una risoluzione di condanna. Mi rivolgo ai governi occidentali affinché dimostrino di essere dalla parte dei media liberi in Somalia.

    D. – Quali sono le fonti delle vostre notizie?

    R. – The sources of our information is from the locals, often. We have staff on the …
    Spesso le nostre fonti sono le persone del posto. Abbiamo nostri giornalisti sul posto, che girano in cerca di notizie; parliamo con le vittime della violenza in Somalia: sono loro, il nostro ufficio informazioni. Da quando è in corso il conflitto, invece di sottometterci al potere di coloro che commettono crimini, ascoltiamo le vittime: ecco perché le vittime della violenza in Somalia sono il nostro primo ufficio informazioni. Poi ci sono i funzionari locali, quelli governativi e molti personaggi somali: noi spingiamo tanto per parlare con loro. Loro sono disposti a parlare con noi e noi siamo disposti a parlare con loro per arrivare a conoscere le singole vicende. Noi siamo completamente indipendenti da qualsiasi gruppo, in Somalia.

    D. – Da un punto di vista economico, come fate a sopravvivere? Come fa Radio Shabelle a trovare i fondi, pagare le trasmissioni ed i giornalisti?

    R. – That’s a good question. We don’t get, normally, financing from anyone …
    E’ una domanda interessante. Normalmente, non riceviamo finanziamenti da nessuno, fuorché dalla pubblicità commerciale locale, ma questo non porta molto denaro. Le nostre uniche entrate vengono dalla pubblicità commerciale: non abbiamo altre fonti. Noi non abbiamo ricevuto dei finanziamenti per progetti per la costruzione della pace da media dell’Unione Europea, in particolare dalla Commissione per la Somalia. Le nostre risorse, quindi, sono molto limitate. Ma la nostra determinazione è centrale al nostro lavoro: noi siamo determinati ad aiutare il nostro Paese a riprendersi. Ormai, questo conflitto dura da oltre vent’anni e noi sentiamo che dobbiamo essere noi a ricostruire la Somalia: ecco dove affonda la nostra determinazione. Ma nessuno ci dà una mano, ma proprio nessuno …

    D. – Lei è testimone della speranza di pace della Somalia. Ma qual è la vera speranza di pace per la Somalia?

    R. – It’s unfortunate that our Country became a source of violence for the Somali …
    E’ una sventura che il nostro Paese è diventato fonte di violenza principalmente per il popolo somalo, ma anche in seconda istanza per la gente di tutto il mondo; in realtà, non sono soltanto i somali ad essere vittime della violenza in Somalia: anche gente della comunità internazionale è caduta vittima della violenza in Somalia, degli islamisti violenti, dei jihadisti e di altri gruppi violenti. La nostra speranza è che la gente nel mondo non pensi che tutti i somali siano violenti: la gente del posto è efficiente, buona, vuole che il Paese torni a camminare sulle sue gambe e noi facciamo parte di quelle persone. Ecco perché la comunità internazionale non deve abbandonare la Somalia, perché altrimenti la violenza si diffonderà – come d’altronde già si è diffusa colpendo persone di ogni parte del mondo. Noi non ci arrenderemo, noi continueremo a lavorare per una Somalia migliore. La comunità internazionale a sua volta non deve rinunciare, deve fare affidamento sulla gente del posto, sui nostri eroi, che vogliono vedere la Somalia risorgere. Quindi, la nostra è una grande speranza, una speranza che è anche incentrata sul summit sulla Somalia che si terrà a Londra, il 23 febbraio prossimo. Siamo convinti che tutta questa violenza finirà.

    D. – I somali vi sono riconoscenti per il lavoro svolto?

    R. – Absolutely! All are really grateful for our work. …
    Assolutamente sì! Tutti ci sono riconoscenti, veramente, per il nostro lavoro. Tutti ascoltano la nostra emittente. Mogadiscio è una città molto pericolosa: la gente riceve costantemente informazioni sulla situazione e vengono a sapere se la direzione che stanno seguendo è “sicura”. Noi copriamo tutto quello che accade in ogni strada e in ogni distretto di Mogadiscio. E quindi, la gente ci è riconoscente. Ma noi forniamo anche intrattenimento: la nostra radio ha rifiutato un ordine di al Shabab che ci intimava di interrompere le trasmissioni di musica. Quindi, alla gente forniamo intrattenimento e indicazioni per la sicurezza, e per questo la gente ci è riconoscente. E questo ci aiuta a tenere alto il morale: loro ci amano, ci sono riconoscenti e noi sappiamo che le necessità della gente sono sempre lì … Per questo noi dobbiamo continuare a lavorare per loro. (gf)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: bombe sulle città ribelli, si arrende Zabadani. Messaggio di al-Qaeda

    ◊   Non si arresta il conflitto in Siria, dove l’esercito continua a reprimere nel sangue le opposizioni. Almeno 11 le persone uccise oggi, di cui 5 nella città di Homs, cuore della rivolta, dove la gente è intrappolata in casa a causa dei bombardamenti senza tregua e del fuoco dei cecchini. Nella notte le truppe di Damasco hanno preso d’assalto il sobborgo di Bab Amro, finora uno dei più vessati dai combattimenti e sono avanzate verso il confine con il Libano: occupata la città di Zabadani, dopo che gli intensi bombardamenti, che sono costati la vita a un centinaio di civili, hanno costretto i ribelli ad accettare il cessate il fuoco proposto dal governo. E mentre permane l’emergenza umanitaria, che vede in primo piano i bambini (oltre 400 i minori uccisi in dieci mesi secondo l’Unicef), continua lo stallo sul piano diplomatico, dopo i no di Cina e Russia alla risoluzione Onu della scorsa settimana. Previsto per oggi un vertice della Lega Araba al Cairo, per discutere una possibile missione di osservazione congiunta con l’Onu, in sostituzione di quella ritiratasi a fine mese per l’intensificarsi delle violenze e definitivamente affossata dalle dimissioni, questa mattina, del capo missione, il generale sudanese Al-Dabi. Intanto in un video circolato in rete, il capo di Al-Qaeda, Al-Zawahiri, sunnita, accusa l’alawita Bashar Al-Assad di aver commesso crimini contro i suoi cittadini e invita il popolo siriano a ribellarsi a quello che definisce un regime anti-islamico e a non fidarsi dei governi occidentali e arabi. (A cura di Michele Raviart)

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    Campagna elettorale in Myanmar: bagno di folla per Aung San Suu Kyi

    ◊   E’ cominciata con un bagno di folla la campagna elettorale di Aung San Suu Kyi, l’attivista birmana premio Nobel per la pace nel 1991. Migliaia di persone, hanno accolto con slogan e bandiere la donna, alla sua prima uscita elettorale nel distretto rurale di Hawhu, alle porte della vecchia capitale Rangoon. “La strada da percorrere sarà dura”, ha affermato Aung San Suu Kyi, leader della Lega nazionale per la democrazia e storica oppositrice del regime militare, “ma il nostro scopo è quello di raggiungere la pace, la stabilità, e lo sviluppo per il Myanmar”. Il comizio di Aung San Suu Kyi, liberata nel 2010 dopo quindici anni di arresti domiciliari, arriva dopo l’apertura del nuovo governo birmano alle opposizioni, in vista delle elezioni suppletive del prossimo aprile, in cui saranno eletti 48 deputati alla Camera bassa del Paese. Difficile tuttavia che la probabile vittoria di Aung San Suu Kyi, che aveva già vinto le elezioni del 1990 senza riuscire tuttavia a governare, possa cambiare l’orientamento politico del parlamento, dominato da ex-militari e da persone vicine al regime. Le consultazioni di aprile saranno valutate con attenzione dalla comunità internazionale, che aveva già giudicato poco trasparenti le elezioni del 2010, e saranno determinanti per confermare o meno le sanzioni imposte finora al Myanmar. (M.R.)

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    Maltempo in Europa: una valanga uccide sette persone in Kosovo. Bufere di neve in Italia

    ◊   La morsa del gelo continua a non risparmiare l’Europa centro-orientale. Nella tarda serata di ieri una valanga ha colpito un villaggio del Kosovo meridionale, uccidendo sette persone, mentre due persone sono morte sotto la neve in Albania. Sale così a 49 il numero delle vittime per il maltempo nei Balcani, dove 110.000 persone sono ancora isolate per il maltempo. Continua a nevicare anche in Italia e permangono forti disagi. Particolarmente critica la situazione nelle Marche, dove l’intera provincia di Fermo è isolata a causa del forte vento ghiacciato che ha congelato le principali vie d’accesso. Questa notte le coste della Romagna sono state colpite da bufere di neve e vento, con 22 strade provinciali chiuse al traffico nel pesarese. Neve questa mattina in tutto il Veneto, nella dorsale appenninica toscana e in Calabria, nelle aree della Sila e del Pollino. Completamente operativi, dopo i rallentamenti di ieri, gli aeroporti di Fiumicino e di Bologna, mentre l’intera rete autostradale risulta percorribile. (M.R.)

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    Crolla, sotto il peso della neve, la campata del Santuario del Santissimo Crocifisso di Urbania

    ◊   Il peso della neve ha provocato uno squarcio nella campata della navata centrale del Santuario del Santissimo Crocifisso di Urbania, dove è conservata un'opera di Federico Barocci, la Madonna con bambino (1605-1612). Il dipinto è stato portato in salvo. A Urbino ha ceduto una trave del Convento di San Francesco, che ospita la Cappella Albani. Lesionata dalla neve anche parte della volta della Chiesa dei Cappuccini, di proprietà dell'Università Carlo Bo. Nella volta del Santissimo Crocifisso ''si è aperto un grosso squarcio'' spiega l'assessore al Turismo e Istruzione di Urbania Giulio Fantoni. ''E' venuto giù tutto, ma abbiamo fatto in tempo a spostare le opere d'arte e gli arredi in un luogo sicuro''. Due giorni fa a Urbania è stata chiusa anche una parte del Palazzo Ducale, la Sala del Trono, interessata da infiltrazioni d'acqua. Per precauzione sono stati spostati i due preziosi globi cinquecenteschi di Gerardo Mercatore e le incisioni. Tutte le operazioni vengono svolte con il coordinamento delle Soprintendenze ai beni monumentali e artistici: ma a Urbania, Urbino e negli altri comuni c'è 'grande preoccupazione'' per la tutela di un patrimonio inestimabile come quello che punteggia le chiese e i palazzi storici del Montefeltro, sommerso da 3-4 metri di neve.

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    Ccee-Secam: incontro tra vescovi europei ed africani sul tema dell’evangelizzazione

    ◊   Da domani al 15 gennaio si tiene presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum a Roma il II Simposio del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) e del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar (SECAM/SCEAM) sul tema: “L’evangelizzazione oggi: comunione e collaborazione pastorale tra l’Africa e l’Europa. L’uomo e Dio: la missione della Chiesa di annunciare la presenza e l’amore di Dio”. I partecipanti comprendono una settantina di vescovi delegati delle conferenze episcopali dell’Africa e dell’Europa, oltre a rappresentanti di dicasteri vaticani e di organizzazioni ecclesiali come “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (Acs) e “Missio”.

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    Il Centro Astalli promuove un incontro sui rifugiati: non esistono i clandestini

    ◊   Domani, presso la Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, a Roma, Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e lo scrittore Erri De Luca si incontrano per un colloquio sul diritto d’asilo e sulla presenza dei rifugiati in Italia dal titolo “Non esistono i clandestini, esistono i destini”. L’iniziativa è promossa dal Centro Astalli, Fondazione Spiral Onlus, Laboratorio 53, con il patrocinio dell’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati. Nell’ambito dell’evento sarà presentato “Refugee scArt (Spostamenti coraggiosi aiutando riciclo terra)”, un progetto d’inserimento lavorativo per i rifugiati. Durante l’incontro si parlerà delle storie di tanti uomini e donne fuggiti dai loro Paesi per salvarsi da persecuzioni e discriminazioni.

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    San Giovanni Rotondo: Settimana internazionale della riconciliazione

    ◊   Da domani al 17 febbraio si svolgerà a San Giovanni Rotondo la II Settimana internazionale della riconciliazione promossa dalla curia generale dei Frati Minori Cappuccini sul tema: “Il Sacramento della Riconciliazione e la Nuova Evangelizzazione – Tempo di riflessione e di formazione per i presbiteri”. Tra i relatori mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

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    Chiese anglicane dell’Africa: unità e fraternità per il futuro dell’Africa

    ◊   «Non c’è nessuna pace tra le nazioni senza pace tra le religioni: la tragica violenza sta distruggendo le nostre comunità». L’appello è stato rilasciato al termine dell’undicesimo incontro del Consiglio delle province anglicane dell’Africa (Capa) svoltasi a Bujumbura, in Burundi. Nel comunicato finale – citato dall’Osservatore Romano - i rappresentanti della Comunione anglicana del continente esprimono tristezza, preoccupazione orrore per la persecuzione patita dai cristiani per mano dei fondamentalisti islamici in molte parti del mondo arabo, in Nigeria e in Asia. Il Consiglio ha preso atto della necessità che cristiani e musulmani vivano insieme e risolvano pacificamente le loro differenze. Si tratta di rafforzare un dialogo religioso fondato sulla pace, sulla giustizia e sull’accoglienza reciproca. Insieme con un’attenzione particolare alle problematiche legate alla coerenza teologica delle diverse espressioni dell’anglicanesimo — si evidenzia nel comunicato finale dell’incontro — occorre tener presente le difficili situazioni locali di non poche province dell’Africa, rafforzando la fraternità e l’unità specialmente con le comunità di fedeli anglicani che si sentono isolate ed esposte a pericoli. Molte sono le sfide da affrontare: insieme con la fame, le malattie, le strutturali carenze dei presidi sanitari, la crisi umanitaria per i rifugiati di sanguinosi conflitti e il doveroso impegno di accoglienza; la proliferazione delle armi nel Continente; c’è chi patisce il crescere della violenza da parte di credenti di diverse fedi; alcune comunità si stanno adoperando per fronteggiare le sempre più frequenti inondazioni provocate dai cambiamenti del clima; in molti paesi sta crescendo il disordine sociale in conseguenza della povertà e dell’aumento della disoccupazione. Di fronte ai mali, alle preoccupazioni e alle esigenze antiche e nuove dell’Africa — si sottolinea nella nota che riprende i temi affrontati nell’incontro — occorre «potenziare anche numericamente la comunione anglicana attraverso un nuovo impulso di evangelizzazione». E ciò attraverso l’incremento della formazione permanente del clero e dei laici impegnati, garantendo una maggiore partecipazione dei giovani alla vita ecclesiale, attraverso una lettura attenta della realtà, tenendo conto delle esigenze multi-dimensionali proprie dei vari Paesi, ad esempio della nuova nazione del Sud Sudan, della necessità di solidarietà con i cristiani in Nord Sudan e delle difficili sfide in atto nello Zimbabwe e nel Nord Africa. Tra le risoluzioni approvate — che includono l’accettazione del piano strategico per i prossimi cinque anni della comunione anglicana in Africa, chiamata «a partecipare alla costruzione di un futuro di speranza per tutto il Continente» — di particolare rilievo il «rafforzamento di reciproca collaborazione tra le province anglicane e la promozione di una leadership sempre più responsabile ed aperta alla carità»; l’attenzione particolare alla salute con l'assistenza sanitaria primaria e con strategie preventive contro l’hiv e l’aids; ed ancora la partecipazione alla gestione, nei diversi livelli di competenze, delle ingenti risorse non sfruttate all’interno del continente. Approvate anche risoluzioni riguardanti il rafforzamento delle risposte alle emergenze sociali, alle calamità naturali ed il potenziamento del dipartimento delle comunicazioni sociali, indispensabile favorire la conoscenza reciproca e rinsaldare i vincoli della comunione.

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    Convegno sul dialogo interreligioso promosso dai vescovi brasiliani: una diversità da affrontare

    ◊   «Il crescente pluralismo ecclesiale e religioso della nostra società offre una straordinaria opportunità per sviluppare il rispetto, l’accoglienza, il dialogo e la cooperazione ecumenica e interreligiosa»: con queste parole Elias Wolff ha presentato il convegno «A diversidade religiosa no Brasil», tenutosi a Rio de Janeiro dal 10 al 12 febbraio. Il Convegno – ricorda l’Osservatore Romano - è stato promosso dalla Commissione pastorale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani (Cnbb) con il chiaro intento di offrire l’occasione per una formazione teologico-pastorale in campo ecumenico e interreligioso. La formazione delle comunità al dialogo costituisce uno degli scopi primari della Commissione, ha sottolineato monsignor Francisco Biasin, presidente dell’organismo e vescovo di Barra do Piraí-Volta Redonda. Anche per questo, nel 2003, al momento della riforma degli statuti della Cnbb, è stata istituita una commissione pastorale con lo scopo di «promuovere l’ecumenismo e il dialogo interreligioso nella Chiesa cattolica in Brasile alla luce degli orientamenti del magistero ecclesiale, con un’attenzione particolare al pluralismo religioso del paese», indicando la necessità di un cammino di formazione nazionale che tenesse conto delle tante esperienze locali. Il Convegno della Cnbb a Rio de Janeiro costituisce la terza tappa di questo rinnovato cammino di formazione in campo ecumenico, voluto dai vescovi brasiliani di fronte al sorgere di nuove forme di religiosità che, talvolta, solo apparentemente, si richiamano al cristianesimo. Questo cammino ha subito una profonda accelerazione in questi ultimi anni, potendo contare anche sull’esperienza maturata dai docenti di teologia ecumenica e di dialogo interreligioso che celebrano il loro quindicesimo convegno nazionale a Rio de Janeiro.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 43

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.