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Sommario del 10/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: la comunità internazionale intervenga nel Sahel per scongiurare una nuova emergenza
  • Il Papa nomina mons. Giovanni d’Aniello nunzio apostolico in Brasile
  • Il Papa al Convegno Cei: Gesù continua a vivere nella Chiesa sempre bisognosa di purificazione
  • Il cardinale Monsengwo predicherà gli esercizi della Quaresima in Vaticano su "La comunione del cristiano con Dio"
  • Simposio sugli abusi: la Chiesa adotta nuovi strumenti per la tutela dei bambini
  • Padre Lombardi sul presunto complotto contro il Papa: "Farneticazioni". Il cardinale Romeo: "Fuori dalla realtà"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nunzio in Siria: catastrofe umanitaria, rischioso anche seppellire i morti
  • Grecia: accordo per salvare il Paese dalla bancarotta. La testimonianza da Atene di mons. Foskolos
  • Obama incontra Monti: Italia guida per la crescita dell'Europa
  • In Europa oltre 540 morti per il gelo. Nuova ondata di freddo e neve sull'Italia
  • Rischio di guerra tra Sudan e Sud Sudan per la gestione del petrolio. Schierate le truppe lungo il confine
  • Stato vegetativo. Fulvio de Nigris: bene aperture governo, ma fare rete per non lasciare sole le famiglie
  • Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe. Il presidente Napolitano: l'Europa ci salva da derive nazionalistiche
  • Seminario Ucid. Il cardinale Turkson: le imprese migliorino la vita della gente. Passera: no alla crescita "drogata"
  • L'Azione cattolica ricorda Vittorio Bachelet, a 32 anni dall'uccisione
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Vescovi Africa-Europa: Simposio Ccee-Secam per scambi di collaborazione e amicizia
  • Appello dei vescovi Usa: tutelare la dignità dei disoccupati e dei lavoratori poveri
  • Filippine: Caritas e cattolici in soccorso ai terremotati di Negros e Cebu
  • Corea del Sud: i vescovi chiedono di rivedere la legge sull’aborto
  • Africa: l'Onu in prima linea per l’integrazione dei rifugiati angolani, liberiani e rwandesi
  • Emergenza colera in Congo, oltre 22 mila casi nelle province orientali
  • Venezuela: il cardinale Urosa Savino indica i valori cristiani ai candidati alla presidenza
  • Libano: verso gli altari due frati cappuccini martiri in Libano nel 1915
  • Slovacchia: la Chiesa cattolica dialoga con i partiti politici prima delle elezioni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: la comunità internazionale intervenga nel Sahel per scongiurare una nuova emergenza

    ◊   L’Africa è il continente della speranza per la Chiesa: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nel discorso alla Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, ricevuta stamani in Vaticano. Il Papa ha quindi esortato la comunità internazionale a rafforzare l’impegno per combattere la povertà che affligge i popoli africani del Sahel, a causa della desertificazione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Benedetto XVI esprime preoccupazione per le difficoltà della popolazione del Sahel. Negli ultimi mesi, osserva, l’area “è stata gravemente minacciata” da una significativa “diminuzione delle risorse alimentari e dalla carestia causata dalla mancanza di pioggia e dall’avanzamento del deserto”:

    J’exhorte la communauté internazionale…
    Il Papa esorta la comunità internazionale ad “occuparsi seriamente dell’estrema povertà di queste popolazioni le cui condizioni si vanno deteriorando”. E non manca di incoraggiare e sostenere gli sforzi degli organismi ecclesiali che lavorano nella zona. Si sofferma così sull’attività della Fondazione, voluta 28 anni fa dal Beato Karol Wojtyla. Dal Papa l’invito a rinnovarsi, mettendo al centro la formazione cristiana e professionale dei propri operatori. Ancora, il Pontefice mette l’accento sulla dimensione della preghiera che sempre deve guidare le attività della Fondazione:

    La charité doit promovoir toutes nos actions…
    “La carità – soggiunge – promuova tutte le nostre azioni”. Non si tratta, avverte, di “voler fare un mondo a nostra misura, ma di amarlo”. Per questo, spiega, la Chiesa non ha come vocazione principale “trasformare l’ordine politico o cambiare il tessuto sociale”. Vuole invece “portare la luce di Cristo” ed è “lui che trasformerà tutto e tutti”. Il Papa incoraggia dunque con forza i popoli africani. Spesso, osserva, si descrive l’Africa “in modo riduttivo” e “umiliante” come se fosse “il continente dei conflitti e dei problemi infiniti e insolubili”:

    Au contraire, l’Afrique qui accueille…
    “Al contrario – afferma – l’Africa che oggi accoglie la Buona Novella è per la Chiesa il continente della speranza”. Per noi, soggiunge, “l’Africa è il continente del futuro”. Ed ha così ripetuto l’esortazione pronunciata nel suo viaggio in Benin dell’anno scorso: “Africa, diventa Buona Novella per il mondo intero”.

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    Il Papa nomina mons. Giovanni d’Aniello nunzio apostolico in Brasile

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina, nel corso di successive udienze, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e un gruppo di presuli della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti d’America, in Visita ad Limina.

    Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Brasile l’arcivescovo Giovanni d’Aniello, finora nunzio apostolico in Thailandia ed in Cambogia e Delegato Apostolico in Myanmar ed in Laos.

    In Ecuador, il Pontefice ha nominato Vescovo di Babahoyo mons. Marco Pérez Caicedo, finora Vescovo titolare di Maastricht ed Ausiliare di Guayaquil. S.E. Mons. Marco Pérez Caicedo è nato a Daule, in provincia di Guayas e arcidiocesi di Guayaquil, il 14 luglio 1967. Ha compiuto gli studi di Filosofia e Teologia nel Seminario Maggiore Francisco Xavier di Garaycoa, in Guayaquil. Ordinato sacerdote il 19 marzo 1992, è stato incardinato nell’arcidiocesi di Guayaquil. Ha conseguito poi la Licenza in Teologia Spirituale presso l’Università della Santa Croce in Roma. Il 10 giugno 2006 è stato nominato Vescovo titolare di Maastricht ed Ausiliare dell’arcidiocesi di Guayaquil e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 22 luglio successivo. Attualmente è membro del Consiglio Governativo dei Beni e della Commissione per i Laici della Conferenza Episcopale Ecuadoriana.

    Sempre in Ecuador, il Papa ha nominato mons. Paolo Mietto, vicario apostolico emerito di Napo, ad amministratore apostolico di San Miguel di Sucumbios.

    Benedetto XVI ha nominato Consultori del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali il Rev.do Giuseppe Costa, S.D.B., Direttore della Libreria Editrice Vaticana, e la Dott.ssa Leticia Soberón Mainero, già Officiale del medesimo Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

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    Il Papa al Convegno Cei: Gesù continua a vivere nella Chiesa sempre bisognosa di purificazione

    ◊   “La vicenda di Gesù di Nazaret, nel cui nome ancora oggi molti credenti, in diversi Paesi del mondo, affrontano sofferenze e persecuzioni, non può restare confinata in un lontano passato, ma è decisiva per la nostra fede oggi”. E’ quanto scrive Benedetto XVI nel messaggio in occasione del Convegno internazionale “Gesù nostro contemporaneo”, apertosi ieri pomeriggio a Roma e promosso dal Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    “Gesù – scrive il Papa – è entrato nella storia umana e vi continua a vivere, con la sua bellezza e potenza, in quel corpo fragile e sempre bisognoso di purificazione, ma anche infinitamente ricolmo dell’amore divino, che è la Chiesa”. “La sua contemporaneità – aggiunge il Santo Padre - si rivela in modo speciale nell’Eucaristia”. Dopo la lettura del messaggio del Papa, il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, ha ricordato che la fede rende i credenti contemporanei di Gesù. Separare Cristo dalla sua Chiesa – ha aggiunto – è operazione che conduce alla falsificazione sia dell’uno sia dell’altra:

    “Cristo senza la Chiesa è realtà facilmente manipolabile e presto deformata a seconda dei gusti personali, mentre una Chiesa senza Cristo si riduce solo a struttura umana e in quanto tale struttura di potere”.

    Anche la Chiesa – ha affermato il porporato – può essere ferita dalla realtà del peccato: “lo scandalo, le infedeltà, le fragilità dei singoli sono sempre possibili”. Ma la Chiesa “santa e insieme sempre bisognosa di purificazione” tende a farsi “trasparenza di Cristo luce delle genti”. Il riduzionismo mediatico – ha concluso il cardinale Angelo Bagnasco – coglie ben poco “dell’aspetto misterico della Chiesa, della sua configurazione comunitaria – spirituale e della sua volontà di conformazione a Cristo”.

    La vicenda di Gesù non è un fatto legato al passato, ma supera il tempo e conserva sempre la dimensione della contemporaneità. Così il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, intervenendo alla Libera Università Maria Santissima Assunta (Lumsa) alla discussione sul libro di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI “Gesù di Nazareth. Dall’ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione”. Amedeo Lomonaco ha intervistato il porporato:

    R. – La risurrezione è il fulcro che ci consente di leggere tutte le Scritture e - attraverso la testimonianza dei primi, degli Apostoli, che si è snodata lungo tutta la storia - ci consente di partecipare alla vita nuova che è Gesù. Questa è la forza di questo convegno che stiamo facendo: cercare di aiutarci a capire che Gesù non è un fatto del passato, ma è vivo perché attraverso la risurrezione ha sfondato il tempo e si è reso contemporaneo ogni istante del tempo. E, quindi, può accompagnare la vita di ognuno di noi.

    D. – Eminenza, come si immaginerebbe oggi la vita terrena di Gesù?

    R. – La vita terrena di Gesù non è necessario immaginarla oggi: la immaginiamo per come è stata quando l’ha vissuta, mentre oggi noi siamo coloro che Lui ha voluto e ha scelto affinché la sua presenza continui. Il problema è come viviamo noi, non come vivrebbe Gesù. (gf)

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    Il cardinale Monsengwo predicherà gli esercizi della Quaresima in Vaticano su "La comunione del cristiano con Dio"

    ◊   “La comunione del cristiano con Dio”: sarà questo il tema degli Esercizi spirituali in preparazione alla Santa Pasqua che si terranno nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, alla presenza del Papa, dal 26 febbraio al 3 marzo. A proporre le meditazioni sarà il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo. Il tema è tratto dalla prima Lettera di San Giovanni: “E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo” (I Gv 1,3). Gli Esercizi spirituali avranno inizio domenica 26 febbraio, alle ore 18.00, con l’Esposizione eucaristica, la celebrazione dei Vespri, la meditazione, l’adorazione e la benedizione eucaristica. Nei giorni seguenti, al mattino ci sarà la celebrazioni delle Lodi e dell’Ora Terza, mentre nel pomeriggio seguiranno i Vespri, l’adorazione e la benedizione eucaristica. Sabato 3 marzo, alle ore 9.00, si terrà la meditazione conclusiva. (I.P.)

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    Simposio sugli abusi: la Chiesa adotta nuovi strumenti per la tutela dei bambini

    ◊   Guardare in faccia la realtà del peccato per procedere sulla strada del pentimento. Il percorso intrapreso dalla Chiesa dopo lo scandalo degli abusi sui minori commessi da membri del clero in diverse parti del mondo ha ormai una sua pietra miliare nel Simposio “Verso la guarigione e il rinnovamento” conclusosi ieri presso l’Università Gregoriana. Ai quattro giorni di dibattito hanno preso parte i delegati di 110 Conferenze episcopali e di oltre 30 ordini religiosi. Il servizio è di Stefano Leszczynski:

    Il rinnovamento spirituale della Chiesa auspicato da Benedetto XVI nel messaggio di saluto al Simposio dedicato al dramma degli abusi sui minori avvenuti nella Chiesa è iniziato. La strada – ha sottolineato l’arcivescovo di Baviera, cardinale Reinhard Marx nella relazione a chiusura dei lavori – è ancora lunga, ma l’obiettivo è quello di restituire alla Chiesa la missione che le è propria, e cioè essere una guida a livello universale nella difesa dei bambini e delle persone vulnerabili. Primo strumento concreto per aiutare i vescovi e i sacerdoti in questo rinnovamento è il Centro per la protezione del bambino, istituito proprio a Monaco dall’Università Gregoriana. Per un bilancio dell'incontro ascoltiamo padre Hans Zollner, presidente del Simposio:

    R. – Abbiamo visto che persone da tutto il mondo – vescovi, superiori generali e persone impegnate nella lotta contro l’abuso – si sono incontrate e hanno potuto parlare, hanno potuto confrontarsi, scambiarsi idee e anche progetti di collaborazione per il futuro. Tantissime persone, che provengono da zone dove non si parla tanto di abusi sui minori, hanno potuto comprendere che probabilmente devono affrontare il problema con una maggiore attenzione e sensibilità.

    D. – Un aspetto che ha colpito la stampa è stato proprio il fatto che non si fosse mai sentita la Chiesa parlare così apertamente di un problema così grave esistente al proprio interno…

    R. – Uno degli obiettivi era proprio quello di parlare anche apertamente al grande pubblico. Credo che siamo riusciti a trovare un modo molto pacato, un modo molto sereno per parlare di problemi gravi e siamo riusciti ad affrontarli con un linguaggio adeguato. Credo che qui abbiamo avuto persone capaci di trovare un linguaggio che può far vedere che la Chiesa è molto serena, è molto profonda nella sua riflessione sulla sessualità e che, dall’altro lato, ha anche la determinazione di chiedersi come mai al suo interno, ma anche nella società in genere, possano succedere questi fatti orribili di abuso.

    D. – Molto importante l’aspetto formativo…

    R. – Abbiamo parlato tanto degli abusi all’interno della Chiesa negli Stati Uniti da 25-30 anni e in Irlanda da 20 anni e poi negli ultimi due anni anche specialmente in Centro Europa. Questo, però, non è compiuto in molti parti del mondo, come in Africa e in Asia, dove alla domanda “Cosa possiamo fare per essere responsabili nei confronti di possibili vittime e come possiamo prevenire futuri abusi?”. Questa domanda nasce, in questo momento, in questi Paesi ed è veramente una domanda vitale, una domanda importante che la Chiesa deve affrontare.

    D. – Uno strumento di immediato utilizzo in tal senso è il Centro per la tutela del bambino che è stato presentato alla Gregoriana?

    R. – Sì, abbiamo questo strumento che abbiamo inaugurato qualche settimana fa a Monaco, dove sarà istituito un programma di apprendimento a distanza. Questo perché la domanda centrale per noi, con questo programma, è come possiamo offrire una base di conoscenza su cosa sono gli abusi, cosa fare se incontro un bambino che probabilmente ha subito abusi, come devo comportarmi per aiutarlo e come posso confrontarmi con coloro che hanno commesso abusi e qual è la legislazione della Chiesa, dello Stato in cui vivo…

    D. – Quindi una formazione molto utile anche per l’elaborazione delle linee guida, che poi dovranno essere consegnate alla Congregazione per la Dottrina della Fede?

    R. – Certamente questo nostro Centro per la protezione dei minori potrebbe diventare un nodo in cui vengono anche legate molte iniziative che esistono già nella Chiesa. Certamente sarà anche uno strumento continuo d’informazione riguardo a quali siano le esperienze in un continente o in un Paese: queste informazioni potrebbero essere utili anche ad altri Paesi. (mg)

    Tutte le Conferenze episcopali sono state dunque incaricate di redigere le linee-guida per il contrasto e la prevenzione degli abusi sessuali sui minori e di inviarle alla Congregazione per la Dottrina della Fede che dovrà elaborarle. Mons. Lorenzo Ghizzoni, vescovo ausiliare di Reggio Emilia, ha seguito i lavori come delegato per la Conferenza episcopale italiana. Stefano Leszczynski gli ha chiesto un bilancio complessivo:

    R. – I dati sono stati importanti, ma soprattutto gli orientamenti: l’analisi del problema nelle varie parti del mondo e il come nelle varie aree del mondo questo problema è emerso più o meno e come è stato affrontato dai vescovi. Quando abbiamo ascoltato queste relazioni, soprattutto la prima testimonianza di una vittima, tutti siamo rimasti – credo – piuttosto coinvolti e commossi da questa vicenda e ci siamo resi conto dell’importanza di una reazione ordinata, organizzata da parte di tutte le Chiese locali del mondo.

    D. – Il titolo del Convegno parlava di “rinnovamento”. La Chiesa italiana a che punto è in questo percorso?

    R. – Naturalmente, anche noi ci siamo già posti il problema da un certo numero di anni. Alcune cose sono già state fatte. Stiamo adesso nella fase in cui le linee-guida che la Santa Sede ha chiesto di approntare a tutte le Conferenze episcopali – che sono state in buona parte già preparate dalla Conferenza episcopale – sono passate attraverso il Consiglio permanente e dovrebbero essere presentate nella prossima assemblea generale di maggio. Quindi, anche la Chiesa italiana, accogliendo questa indicazione della Santa Sede, avrà le sue linee-guida attualizzate per il nostro contesto ecclesiale. Tengo anche a sottolineare che il Convegno ha voluto dare risalto soprattutto all’attenzione verso le vittime e al loro recupero.

    D. – Personalmente, che cosa l’ha colpita di più in queste quattro giornate di dibattito e di discussione?

    R. – Ci sono effettivamente delle diversità nelle varie Chiese del mondo: alcune aree sono state più interessate e quindi hanno reagito anche prima, altre Chiese lo sono state meno e quindi forse sono un po’ più impreparate. Ma credo che questa idea della Santa Sede di chiedere a tutte le Conferenze episcopali di preparare le linee-guida metterà in movimento anche quelle Conferenze episcopali e quei vescovi che sono rimasti più “inattivi”, immaginando forse che il problema non riguardasse né le loro Chiese né le loro aree. Invece, occorre che le Chiese si occupino anche di questo problema, perché è particolarmente grave e suscita particolarmente scandalo quando succede all’interno della vita della Chiesa per opera di un prete o di un religioso.

    D. – Questo Simposio è stato un momento significativo in quel percorso di rinnovamento che la Chiesa ha attuato e che dovrà volgere a proprio favore il dramma che ha conosciuto, diventando veramente leader nella tutela e nella difesa dei bambini?

    R. – Sì, anche questo è uno dei messaggi positivi che sono venuti fuori dal Simposio. Se si parla di guarigione, se si parla di rinnovamento credo che nessuna organizzazione mondiale come la Chiesa cattolica abbia messo in atto una serie di azioni concrete, di procedimenti, di procedure e abbia messo in movimento persone per occuparsi di questo problema: cioè, la cura e la difesa dei bambini, degli adolescenti, dei giovani, proprio perché vuole essere un’azione che traini anche altre organizzazioni, altre realtà portandole a occuparsi di questo valore così importante, che è la vita, la salute e soprattutto la vita spirituale e morale dei ragazzi. (gf)

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    Padre Lombardi sul presunto complotto contro il Papa: "Farneticazioni". Il cardinale Romeo: "Fuori dalla realtà"

    ◊   “Farneticazioni che non vanno prese in alcun modo sul serio". Ha liquidato così, padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, le pagine dedicate da Il fatto Quotidiano a un presunto documento, citato ieri nella trasmissione televisiva “Servizio pubblico”, che riporterebbe voci su un presunto complotto contrio il Papa. Assieme a padre Lombardi anche il cardinale Paolo Romeo – il cui nome viene menzionato dai due media citati – ha rigettato quanto attribuitogli come “del tutto privo di fondamento”. “Appare tanto fuori dalla realtà – afferma il porporato in una nota – da non dovere essere preso in alcuna considerazione”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'Africa è il continente del futuro: il discorso di Benedetto XVI nell'udienza alla Fondazione Giovanni Paolo II.

    Chi spezza la solitudine dell'uomo: il messaggio del Papa al convegno internazionale “Gesù, nostro contemporaneo”.

    In prima pagina, un articolo che ricorda la firma dei Patti Lateranensi.

    Nell'informazione internazionale, la crisi greca: l'accordo tra Governo e partiti non convince.

    Vocazione di un servo inutile: il cardinale Gianfranco Ravasi sul romanzo «Notturno sull’Isonzo» di Alojz Rebula.

    Lettera dalle Solovki: Rossella Fabiani sulla scoperta del gesuita Eugeniusz Senko nella biblioteca del Pontificio Istituto Orientale.

    Gary Cooper e la gaffe con Papa Pacelli: Silvia Guidi sulla conversione di uno degli attori più amati di Hollywood.

    Quando la piccola Soubirous vinse l’Oscar: Claudia Di Giovanni sul restauro e sulla digitalizzazione della pellicola «The Song of Bernadette» di Henry King.

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    Oggi in Primo Piano



    Nunzio in Siria: catastrofe umanitaria, rischioso anche seppellire i morti

    ◊   Non c’è tregua alle violenze in Siria. I carri armati dell'esercito governativo hanno lanciato l'assalto contro un quartiere di Homs, la città a nord di Damasco martoriata da giorni di intensi bombardamenti da parte dei fedelissimi del presidente Assad: almeno 40 finora le vittime. Violenza anche ad Aleppo, nella parte settentrionale del Paese, dove è salito a 28 morti il bilancio del duplice attentato che ha colpito due edifici governativi: nel mirino, i servizi segreti militari e le forze di sicurezza. L’attacco è stato in un primo momento rivendicato dal Libero esercito siriano: poi, un'altra fonte ha attribuito la responsabilità al governo siriano per distogliere l'attenzione - si afferma - dai bombardamenti contro Homs. Il nunzio apostolico in Siria, mons. Mario Zenari, parla di sofferenze enormi e di catastrofe umanitaria. Sergio Centofanti lo ha raggiunto telefonicamente a Damasco:

    R. – C’è una spirale di violenza, una violenza che aumenta di giorno in giorno e la povera gente ne fa le spese, a cominciare da tutte queste vittime innocenti: l’Unicef parla di oltre 400 bambini morti dall’inizio del conflitto. E’ una cosa incredibile, una cosa impressionante: i bambini sono presi di mira per esempio ad Homs, dove si spara su qualunque cosa si muova. Allora si spara addosso anche a qualche bambino che magari in mano ha soltanto la spesa, il pane o del cibo che era andato a comprare per la famiglia… Qui cominciano a scarseggiare i viveri, scarseggiano le medicine; è difficile curare i feriti ed è addirittura rischioso soccorrerli. Questa mattina un padre mi diceva che una signora greco-ortodossa era andata da lui a supplicarlo: “Mi aiuti a seppellire quattro famigliari, tra cui mio padre, morti in casa da quattro giorni…”. Non si riesce neanche a seppellire i morti!. E con grande rischio hanno seppellito questi morti, scavalcando il muro del cimitero…

    D. – Ci sono stati attacchi contro sedi militari ad Aleppo: chi c’è dietro questi attacchi?

    R. – Non si sa chi stia dietro a questi attentati, a queste esplosioni. E’ una situazione molto complicata: bisogna andare a decifrare tutta questa spirale di violenza.

    D. – Come vede la possibilità di una ripresa del dialogo?

    R. – E’ molto, molto difficile. Purtroppo credo che la possibilità del dialogo si complichi ogni giorno di più, via via che cresce questa spirale di violenza. Comunque bisogna sempre sperare!

    D. – Cosa può fare la comunità internazionale?

    R. – Sembra che qualcosa si stia muovendo, ma siamo in vista di una emergenza umanitaria e bisogna quindi impegnarsi di più. Bisogna fare in fretta e non aspettare troppo a mettere in atto almeno le soluzioni possibili.

    D. – Qual è la situazione della minoranza cristiana?

    R. – Devo dire che finora la comunità cristiana è rispettata: finora non sono stati presi di mira i cristiani in quanto cristiani. Fino a questo momento non è stata graffiata neanche una chiesa… Questa situazione, se si fa il paragone con altri Paesi dell’area, dove hanno cominciato a bruciare chiese, dà un po’ di speranza. Ecco, un aspetto positivo è che i cristiani sono rispettati e quindi potrebbero e possono giocare un ruolo importante, possono fare un po’ da ponte in questo clima di odio che c’è tra gli uni e gli altri. I cristiani sono al servizio della Siria, e offrono il loro spirito di dialogo, di riconciliazione e di perdono. (mg)

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    Grecia: accordo per salvare il Paese dalla bancarotta. La testimonianza da Atene di mons. Foskolos

    ◊   Il “governo greco ha tempo “entro l'Eurogruppo di mercoledì” per presentare le misure con cui chiudere il gap fiscale di 325 milioni di euro. Lo ha sottolineato il portavoce del commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, circa le misure di austerity richieste ad Atene dalla troika europea. Sulle prospettive dell’accordo raggiunto in Grecia – ma soprattutto sullo stato della popolazione messa a dura prova dalle misure di austerità del governo di Atene – Luca Collodi ha chiesto un commento a mons. Nikolaos Foskolos, arcivescovo cattolico di Atene:

    R. – Le nuove misure toccano soprattutto la classe media, i più poveri, che sono chiamati a pagare le tasse, mentre i più ricchi non sono toccati. E la gente è proprio desolata ed esasperata. Qui, ad Atene, i negozi chiudono l’uno dopo l’altro…

    D. – Questi sacrifici potranno dare nuova linfa alla Grecia?

    R. – Non sono tanto ottimista, perché è tutto il meccanismo del governo greco che sta male. Qui si cerca di imporre un regime al quale la Grecia non era abituata. Purtroppo, aggiungo, poiché la Grecia avrebbe dovuto essere in regola già da parecchi anni. Inostri politici non ci hanno però detto la verità e la gente, dopo anni di euforia, si vede costretta a tornare indietro di quasi mezzo secolo.

    D. – La comunità ortodossa, ma soprattutto la comunità cattolica, che cosa fanno per stare accanto alla popolazione?

    R. – C’è un grande sforzo da parte della Chiesa ortodossa, la quale ha aperto molti centri mensa per i poveri, perché il numero dei poveri aumenta di giorno in giorno. La Chiesa cattolica continua a dare cibo a 500 adulti e ad oltre 80 fanciulli, ma le risorse diminuiscono e non so come potremo continuare…

    D. – Per tornare all’accordo trovato tra i partiti, pensa che questa situazione possa salvare definitivamente la Grecia, oppure, come sostengono alcuni analisti, il problema della Grecia è soltanto rinviato?

    R. – Non risolve la situazione. C’è tutto il meccanismo dello Stato greco che dev’essere rivisto. Mentre la Grecia fa parte dell’Unione Europea, la mentalità è un po’ diversa da quella europea. (gf)

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    Obama incontra Monti: Italia guida per la crescita dell'Europa

    ◊   Piena fiducia nella leadership italiana e nel premier Mario Monti che condurrà il Paese “fuori dalla tempesta”. Sono le parole del presidente statunitense Barack Obama, dopo l’incontro di ieri alla Casa Bianca con Monti. Gli Stati Uniti, ha detto il presidente del Consiglio, sono un “buon modello per l'Europa”. Oggi il premier italiano sarà a New York dove incontrerà anche il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Elena Molinari:

    Gli Stati Uniti lo hanno accolto come salvatore dell’Euro e quindi dell’economia mondiale, Barack Obama lo ha ammirato per la sua forte partenza sulla via del risanamento e delle riforme e per la capacità di condurre alla cooperazione un Parlamento litigioso. Ieri, a Washington, per il suo primo incontro a tu per tu con il presidente americano, il premier italiano ha garantito ai partner d’oltreoceano che l’Italia e l’Europa si stanno risollevando dalla crisi. “La maggioranza dell’opinione pubblica è dalla nostra parte”, ha spiegato, “e capisce le riforme”. Il Vecchio continente, è stato dunque il messaggio del presidente del Consiglio agli americani, non è più una mina inesplosa di instabilità, ma un alleato economico forte ed in grado di aiutare la ripresa americana. Più tardi, Monti ha fatto tesoro delle parole di supporto di Obama come di un “forte incoraggiamento al mio governo a continuare”. E per la sua battaglia, condotta in Europa, per mettere un freno alla riduzione del debito in favore di misure di crescita, Monti ha ottenuto l’esplicito appoggio di Obama. (vv)

    Un incontro quello del premier italiano Monti con il presidente Usa Obama che segna anche un nuovo ruolo per l’Italia, come conferma Nico Perrone, docente di storia americana all'Università di Bari. L’intervista è di Massimiliano Menichetti:

    R. – Il primo commento da fare è che questo è un grosso successo per l’Italia. Il colloquio è andato molto al di là del previsto, e dal punto di vista diplomatico e delle relazioni internazionali è molto importante. L’Italia riacquista, con questo incontro, un ruolo nella politica estera che invece in Europa, finora è stato “schiacciato” da Francia e Germania. Che si sia detto esplicitamente che è l’Italia a poter salvare l’Europa è anche questo un bel risultato, nello stesso tempo, è un grande impegno.

    D. – Prima di questo incontro si è sempre parlato della Germania come motore propulsivo dell’Europa. Adesso la Germania viene incoraggiata a fare di più…

    R. – Sì, credo proprio che si riconosca all’Italia qual ruolo che, all’Europa, non le si è voluto riconoscere. Un ruolo di iniziativa.

    D. – L’Italia ha incassato anche il “sì” sulle riforme che, peraltro, sono anche un riferimento per la crisi greca…

    R. – Si è insistito almeno due o tre volte - specialmente da parte americana - nel comunicato, sull’aspetto delle riforme: questo è uno dei punti di forza del programma-Monti, che ora dovrà per forza realizzarsi. Sarà una spinta alla sua realizzazione. E’ stato lodato anche il tipo di accordo bipartisan, che si è realizzato in Italia. Anche questo è un fatto nuovo, che non esiste da nessuna altra parte: la Germania e la Francia non ce l’hanno. Anche l’America è priva di un accordo di questo genere, e quindi Obama ha apprezzato, in Monti, la capacità di aver fatto, per la prima volta, un accordo di questo tipo. (vv)

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    In Europa oltre 540 morti per il gelo. Nuova ondata di freddo e neve sull'Italia

    ◊   Non si attenua l’ondata di gelo eccezionale che stringe tutta l’Europa centro-orientale. Mentre il bilancio delle vittime dall’inizio dell’emergenza è salito a oltre 540 morti, nei Balcani si registrano seri problemi di approvvigionamento energetico e in Italia è arrivata la perturbazione che sta riportando intense nevicate un po’ su tutto il Paese. A Roma è scattato alle 6 il piano di contromisure per fronteggiare la neve che, stamane, ha fatto la sua prima apparsa nei quartieri periferici. Marco Guerra:

    Un nuovo nucleo di aria gelida sta spazzando l’Europa dalla Siberia fino all’Italia, passando per la penisola balcanica. Secondo meteorologi era da almeno dieci anni che le bufere artiche chiamate 'blizzard' non si spingevano a tali latitudini. E il gelo continua a mietere vittime. Ucraina, Russia e Polonia sono i Paesi con il bilancio più pesante. Vittime e freddo record anche nei paesi balcanici. Serbia e Bulgaria hanno inoltre problemi di approvvigionamento energetico e grandi difficoltà a raggiungere località isolate. In Italia la neve sta interessando da questa notte diverse regioni, soprattutto nel centro della penisola. Tra le più colpite le Marche e l'Abruzzo, risveglio sotto la neve per gran parte dell'Umbria. In Calabria, nevicata intensa per ore su Cosenza. E nevica su circa 1.300 chilometri della rete autostradale, dove sono previsti fermi preventivi dei mezzi pesanti. A Roma la neve è arrivata poco prima delle 14.00. Sempre nella capitale il freddo ha di nuovo stroncato un senza tetto. Si tratta di una donna rumena ritrovata senza vita in una grotta nei pressi del quartiere Eur. Gli esperti stimano che il gelo non lascerà l’Italia fino al 15 febbraio.

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    Rischio di guerra tra Sudan e Sud Sudan per la gestione del petrolio. Schierate le truppe lungo il confine

    ◊   Ancora tensioni tra Sudan e Sud Sudan. Al centro della crisi la gestione del petrolio, che dal meridione passa attraverso il territorio di Karthoum. I due Paesi hanno annunciato di aver schierato truppe lungo il confine. In particolare un appello per la regione contesa dei Monti Nuba è stato lanciato dal vescovo di El Obeid, mons. Macram Max Gassis. Il presule parla drammaticamente di strage dimenticata, Sul rischio che si arrivi ad un conflitto armato più generale, Giancarlo La Vella ha intervistato Giovanni Sartor della Campagna Italiana per il Sudan:

    R. – Da un certo punto di vista, un confronto armato è già in corso. In realtà, si tratta di una serie di conflitti, a bassa intensità, che si stanno svolgendo nelle zone di confine. Che si arrivi ad un conflitto armato ufficiale tra due eserciti, però è un’ipotesi abbastanza improbabile - anche se chiaramente ci sono dei segnali in questo senso -, perché in questo momento non converrebbe a nessuno dei due Stati attivarsi in una campagna bellica che coinvolgerebbe, in maniera complessiva, i mezzi finanziari dei due Paesi. E’ più probabile, invece, un’escalation di conflitti nelle aree contestate o delle scaramucce su determinati problemi, più che un conflitto armato su larga scala tra i due Paesi.

    D. – Per quale motivo le tensioni tra Karthoum e il Sud, nonostante l’indipendenza sia arrivata con il beneplacito del Sudan, non si sono mai sopite?

    R. – Perché ci sono degli interessi differenti sul campo, riguardanti questioni che non sono state risolte nel momento dell’indipendenza. Primo fra tutti, perché ha un impatto economico significativo in entrambi i Paesi, il discorso del petrolio. L’altro grosso problema, invece, è quello dei confini: ci sono alcune zone del Paese che non è chiaro se appartengano al Sudan o al Sud Sudan. Il terzo problema è legato alle aree contese. Si tratta di tre regioni, che sono l’Abyei, il Kordofan del Sud, più conosciuto come la zona dei Monti Nuba, e lo Stato del Nilo Azzurro. Tutti e tre hanno combattuto al fianco del Sud Sudan la guerra ventennale contro il governo di Khartoum. Due di queste sono ora ufficialmente del Nord Sudan, mentre la terza, l’Abyei, non ha ancora definito il suo status e resta un po’ in bilico tra i due Paesi.

    D. – Questa situazione sta mettendo in crisi i programmi umanitari internazionali, partiti già ai tempi in cui il Sudan era unito?

    R. – Di sicuro questa situazione, in realtà, sta creando soprattutto nuovi profughi e nuovi rifugiati, che fuggono sia verso il Sud e sia verso l’Etiopia. Nelle zone in cui sono in corso questi conflitti a bassa intensità – e non va dimenticato il Darfur, che si trova comunque ancora in una situazione di conflitto – è chiaro che gli interventi umanitari sono largamente limitati, nel senso che è diventato difficile anche solo intervenire a livello umanitario. E questo avviene soprattutto nel Sudan, perché alle agenzie umanitarie non vengono date molte possibilità di intervento nel soccorso dei profughi e delle persone che fuggono dalle zone di conflitto. Al Sud, invece, la situazione è leggermente migliore, almeno dal punto di vista dell’accesso, però resta chiaramente la difficoltà legata al fatto che, nelle zone in cui si sta combattendo, diventa difficile fornire aiuto alla popolazione civile. (vv)

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    Stato vegetativo. Fulvio de Nigris: bene aperture governo, ma fare rete per non lasciare sole le famiglie

    ◊   Famiglie, ruolo delle associazioni, dialogo con le istituzioni. E’ aperto il dibattito in Italia all’indomani della seconda giornata nazionale degli stati vegetativi. Dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, arriva la proposta di creare un "Libro verde" che, oltre a monitorare la condizione degli oltre tremila pazienti italiani, si occupi di superare le criticità esistenti attraverso una rete sul territorio. Positiva la reazione di molte associazioni, che però lamentano scarsa visibilità per queste patologie e l’isolamento delle famiglie. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Fulvio de Nigris, direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma "Casa dei risvegli":

    R. – Ritengo che le parole del ministro siano di grande apertura, sensibilità e anche di progettualità politica. Adesso, la cosa che interessa è quella della praticità delle cose: io, tra l’altro, ho proposto anche un progetto di legge sugli stati vegetativi che possa avere un fondo ad hoc. Credo, però, che ricostruire un tavolo – se le Associazioni sapranno cogliere questo segnale politico – sia utile. E spero che si perda un po’ di vista il protagonismo del dolore e si vada veramente sulla rappresentatività delle famiglie.

    D. – La centralità della famiglia risulta anche dallo studio dell’Istituto Besta, presentato ieri in occasione della Giornata: sono le famiglie il sostegno dei pazienti e soprattutto le donne, il 77 per cento delle quali assiste i 3.500 malati italiani…

    R. – Il coma è una malattia della famiglia: intorno a questo capezzale ci sono tutti. Purtroppo, la Giornata nazionale degli stati vegetativi ha avuto poca copertura mediatica. Dovremmo tutti quanti impegnarci affinché i riflettori siano accesi quando le famiglie si trovano a dover fare i conti con problemi psicologici, ma anche economici: un paziente in stato vegetativo a casa può costare alla famiglia fino a 3.500 euro al mese. Oggi, dobbiamo farne un questione di sistema.

    D. – Quali sono le priorità e gli obiettivi fino alla prossima Giornata nazionale dello stato vegetativo?

    R. – Il lavoro da fare oggi è quello di aprire il dialogo col Ministero e quello poi dell’attuazione delle linee guida sugli stati vegetativi. Noi abbiamo anche un grande progetto, ovvero la prima Conferenza di consenso delle associazioni. Il ministro diceva che non bisogna essere soli e agire da soli: credo sia importante la comunione e la collaborazione. (mg)

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    Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe. Il presidente Napolitano: l'Europa ci salva da derive nazionalistiche

    ◊   “E' la visione europea che ci permette di superare ogni tentazione di derive nazionalistiche”. Con queste parole il presidente italiano, Giorgio Napolitano, al Quirinale, ha celebrato ieri, un giorno prima della ricorrenza, il Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime italiane nelle foibe e dell'esodo degli italiani da Istria, Fiume e Dalmazia. L'Europa, ha spiegato Napolitano, fa sì che si possa "far convivere etnie, lingue, culture e guardare insieme con fiducia al futuro". Il giorno del ricordo celebra una pagina di storia italiana ancora oggi poco conosciuta. Furono circa 10mila gli italiani che, ritenuti ostili alla neonata Jugoslavia, nell'immediato Dopoguerra vennero prelevati dalle loro case, uccisi e gettati nelle foibe, cavità carsiche presenti in buona parte dell'Istria. Trecentocinquantamila gli italiani esuli. Francesca Sabatinelli ha intervistato Marco Girardo, giuliano di nascita, giornalista del quotidiano "Avvenire", autore del libro "Sopravvissuti e dimenticati. Il dramma delle foibe e l'esodo dei giuliano-dalmati":

    R. – Non ci si è soffermati, secondo me, a sufficienza sull’esodo che ha coinvolto circa 350 mila istriani e dalmati – che allora facevano parte di quella che era l’Italia – e che sono stati costretti a fuggire dalle loro case, abbandonando tutto. Siccome è stata una pagina abbastanza oscura della nostra storia, anche perché noi eravamo parte di quella guerra, parte attiva, e ad un certo punto, avendo cambiato fronte, ci siamo trovati improvvisamente dall’altra parte. Sostanzialmente quella pagina, dunque, che è stata una pagina difficile, amara per il nostro Paese è stata poco raccontata, poco scandagliata. Per cui la parte che riguarda l’esodo dei giuliano-dalmati che – lo ricordo – furono 350 mila, non è stata ancora bene raccontata.

    D. – Questa è una parte che affronta nel suo libro, nel capitolo “Vivere altrove”...

    R. – Esattamente, perché c’è una dimensione particolare che mi ha colpito, rispetto a questo tema e al racconto che mi ha fatto Piero Tarticchio, che è uno dei 350 mila esuli, e che è quello di non essere riuscito a raccontare la sua esperienza fino in fondo neanche ai suoi figli. E’ riuscito a farlo con i nipoti, cioè c’è dovuta essere una generazione di mezzo, perché lui provava in maniera inconscia – credo – anche un senso di vergogna per quello che gli era successo. Allora, ecco il significato – secondo me – della giornata dedicata a ricordare queste cose, e anche di tutti i libri che stanno iniziando ad uscire anche in maniera più abbondante in questi ultimi anni: quello di trovare un posto, un luogo, che sono le pagine di un libro, in cui le persone possono riavvicinarsi – le persone che hanno vissuto quell’esperienza – alle generazioni future e raccontare quella che è stata la loro esperienza.

    D. – Meno di un mese fa, la Giornata della memoria delle vittime dell’Olocausto. Ora, la Giornata del ricordo per i morti delle foibe. Eppure è come se ci fosse una differenza, tra queste due importanti date: perché, qual è?

    R. – Ci sono ragioni diverse che, secondo me, spiegano questa differenza. Sono ragioni politiche, perché in Italia la vicenda delle foibe è stata a lungo trascurata per i convergenti interessi di governi e opposizioni a mantenere buoni rapporti con la ex-Jugoslavia; e lo stesso è accaduto in Jugoslavia. Ci sono ragioni storiografiche, cioè la mancanza di ricerca storiografica che è una conseguenza del primo aspetto. Solo a partire dagli anni Novanta – tranne lodevoli eccezioni – si è iniziato a lavorare su questo tema. Cioè, alla fine degli anni Novanta – pensate, quasi 40 anni dopo – è stata istituita – e con fatica! – una Commissione mista italo-slovena, non ancora italo-croata, in questo caso non ci siamo ancora. Per cui la differenza con quello che è successo con l’Olocausto è che c’è un ritardo nella ricostruzione storiografica. Infine, c’è un terzo elemento molto, molto importante: un elemento ideologico, perché le strumentalizzazioni politiche che hanno coinvolto questo tema sono forti. Il tema delle foibe è stato usato per sostenere posizioni o di destra, o di sinistra. E senza un ulteriore, progressivo, avvicinamento alla verità dei fatti – ma che sia una verità condivisa – e senza un utilizzo strumentale e ideologico di quegli aspetti legati a quel particolare periodo storico, non ci sarà un autentico spazio per la pacificazione.

    D. – Quindi, è quanto mai necessario che si lavori ancora di più sulla ricerca per una pacificazione, ma anche per il rispetto che si deve a tutte le vittime delle foibe …

    R. – Esattamente. Questo è anche il senso della Giornata del 10 febbraio che è una giornata – lo ricordo – istituita con una legge del 2004, firmata dal presidente Carlo Azeglio Ciampi, per far ricordare le foibe e l’esodo, che sono le due facce di un unico dramma, che è quello che è stato subìto dalle popolazioni italiane del confine orientale del Paese tra l’8 settembre 1943 e il Secondo Dopoguerra e che poi, ripeto, fino agli anni Novanta è stato a lungo trascurato. Questo è il senso della Giornata e anche dei lavori che, fortunatamente, si stanno compiendo per riportare alla conoscenza, anche delle ultime generazioni, quegli episodi della nostra storia. (gf)

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    Seminario Ucid. Il cardinale Turkson: le imprese migliorino la vita della gente. Passera: no alla crescita "drogata"

    ◊   “Strategia d’impresa per il Bene Comune”: è il seminario promosso dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e dall’Ucid, l'Unione cristiana imprenditori e dirigenti, in corso a Roma. Al centro dei lavori, le buone pratiche basate sulla gratuità e sulla responsabilità. Il servizio di Benedetta Capelli:

    L’idea forte è di annullare gli indicatori matematici e trovarne altri qualitativi perché anche il bene comune ha bisogno di misure. Una sfida al centro di questo seminario dove gli imprenditori, accanto ad esperti della finanza e docenti, hanno proposto un modello nel quale tradurre in pratica le buone intenzioni. Coniugare prima di tutto l’imprenditorialità e il bene comune rendendo l’azienda competitiva e non opportunista, responsabile e non cinica, generosa e non avara. Manlio d'Agostino, vicepresidente nazionale dell'UCID:

    “Non abbiamo la ricetta né la bacchetta magica, ma abbiamo un modo per sostenere, anche psicologicamente, per prendere per il braccio e dire ‘facciamo la strada tutti insieme’. La cosa bella è che ci sono tante aziende, tanti imprenditori, che stanno riscoprendo questi nuovi valori. Cominciano a capire, a riscoprire che esiste una grande differenza tra lo strumento e il fine. Pensare di fare impresa, pensando che sia tutto un processo, che sia tutta una regola e una sequenza di azioni da svolgere, significa annullare il significato stesso di impresa. Lo stesso economista austriaco Schumpeter parlava di ‘imprenditore, impresa e innovazione’, quindi dava un ruolo sociale all’imprenditore, l’impresa era vista come strumento e l’innovazione come modello per restare sul mercato e per continuare ad evolversi, pensando sempre che esiste un contesto dove vivere”.

    Faro delle nuove pratiche è l’Enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI e soprattutto la Dottrina Sociale della Chiesa: “entrambe – ha detto il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace – rivolgono un messaggio pressante all’uomo spingendolo ad andare oltre”:

    “Le imprese, come gli imprenditori, sono dotate di idee per trasformare le cose basilari, soprattutto le materie prime in nuove cose che possono favorire, migliorare la vita delle persone. Quindi, noi vogliamo incoraggiare la gente a fare questo”.

    In mattinata è intervenuto anche il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, che ha parlato della necessità di uno sviluppo sostenibile e di nuove opportunità di lavoro:

    “Bene comune oggi è innanzitutto creare lavoro, attraverso crescita sostenibile, cioè crescita vera, non drogata come negli anni passati, che abbiamo visto in varie parti del mondo. Crescita sostenibile vuol dire crescita sostenibile finanziariamente, non basata sul debito privato pubblico eccessivo, vuol dire crescita sostenibile dal punto di vista sociale, con creazione di posti di lavoro, vuol dire crescita sostenibile dal punto di vista ambientale. L’indicatore principale deve essere quello della creazione dei posti di lavoro. Di solito si guarda solo alla disoccupazione, quella statisticamente censita come disoccupazione: gli ex occupati che cercano posti di lavoro. Se uno aggiunge coloro che non hanno lavoro, ma che nemmeno lo cercano, i cosiddetti inoccupati, cioè coloro che sono formalmente occupati ma sospesi dall’occupazione, per esempio i cassintegrati, ma soprattutto se aggiungiamo i sottoccupati, i precari estremi, cioè quelli che hanno un lavoro non sufficiente a garantire un livello di vita o la possibilità di pensare al futuro, allora arriviamo a dei numeri molto più ampi di quelli che di solito sentiamo. L’Europa ha 25 milioni di disoccupati, ma probabilmente se aggiungiamo le altre categorie raddoppiamo questo numero. Quindi, si tratta di cifre molto importanti, che devono essere la spinta maggiore della politica ad impegnarsi sul fronte di tutti i meccanismi che possono creare crescita sostenibile”.

    E sono tante le storie degli imprenditori che stanno tenendo duro di fronte alla crisi, che hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali ma che soprattutto - istaurando una relazione diretta con i propri operai - hanno creato comunità. E’ il caso ad esempio di Francesco Merloni, presidente di Ariston Thermo, azienda delle Marche che ha 7mila dipendenti. “La responsabilità sociale per il bene comune – ha detto nel suo intervento - si riflette sempre in un vantaggio economico nel medio termine”.

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    L'Azione cattolica ricorda Vittorio Bachelet, a 32 anni dall'uccisione

    ◊   A 32 anni dall’uccisione di Vittorio Bachelet, annuale convegno commemorativo oggi e domani a Roma, alla Domus Mariae, organizzato dall'Istituto Vittorio Bachelet e dall’Azione Cattolica. Tema: il ruolo dell'Italia e dell'Europa nel contesto mediterraneo segnato dalla "primavera araba". Non è casuale che, ogni anno, si scelga un tema di rilevanza politica e sociale per commemorare questa grande figura di presidente dell’Azione Cattolica globalmente impegnato come cristiano e come cittadino. Al microfono di Laura De Luca il presidente dell’Azione Cattolica, Franco Miano:

    R. – La nostra scelta è questa: riuscire, non a ricordare semplicemente Bachelet, ma proprio onorarne a pieno la memoria, occuparsi delle questioni vive dell’oggi nel suo ricordo. Così abbiamo provato a fare ogni anno e così anche quest’anno, accogliendo un invito che il Papa ci ha rivolto nel messaggio inviato nel maggio scorso, all’assemblea nazionale dell’Azione Cattolica, in cui specificamente affermava la necessità di contribuire come Azione Cattolica a rilanciare quella peculiare vocazione italiana, che pone l’Italia al crocevia, che pone l’Italia nel Mediterraneo. C’è un passaggio molto bello relativo a questo nel messaggio del Santo Padre che noi abbiamo, in qualche modo, scelto di riprendere proprio nell’organizzazione di questo convegno. L’Istituto Vittorio Bachelet che, d’altra parte, è uno degli istituti culturali dell’Azione Cattolica - accanto all’Istituto Giuseppe Toniolo, all’Istituto Paolo VI e a tutta l’attività della Rivista Dialoghi – che si sente particolarmente impegnato a riflettere su tale questione anche con la presenza di figure qualificate che interverranno all’interno del convegno stesso.

    D. – Lei ha un ricordo diretto di Vittorio Bachelet?

    R. – Io ho il ricordo diretto del giorno della sua morte – ero un giovanissimo studente universitario, al primo anno – e del trauma che fu per tanti di noi questo momento: ho il ricordo della Messa che celebrò Giovanni Paolo II in San Pietro. Naturalmente ho il ricordo della testimonianza che la famiglia tutta - del figlio Giovanni e di tutta la famiglia – seppe dare in quella circostanza. Fu una lezione di vita, partendo da una esperienza tristissima. (mg)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Vescovi Africa-Europa: Simposio Ccee-Secam per scambi di collaborazione e amicizia

    ◊   Si aprirà lunedì 13 febbraio a Roma il secondo Simposio dei vescovi europei e africani sul tema “Evangelizzazione oggi: comunione e collaborazione pastorale tra l´Africa e l´Europa. La persona umana e Dio: la missione della Chiesa di proclamare la presenza e l´amore di Dio”. Il Simposio sarà aperto dai cardinali Polycarp Pengo e Angelo Bagnasco, rispettivamente presidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Sceam\Secam) e vice-Presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d´Europa (Ccee), i due organismi che hanno organizzato l’evento. Seguirà una presentazione dell’esortazione apostolica post-sinodale Munus Africae da parte del cardinale Peter K. A. Turkson, presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace. Durante la sessione di apertura i cardinali Theodore-Adrien Sarr, vice-presidente dello Sceam, e Josip Bozanić, ex vice-presidente del Ccee, presenteranno i risultati delle riunioni precedenti e le aspettative. Durante i cinque giorni alcuni vescovi parleranno di sotto-temi, tra i quali la comunione la collaborazione pastorale tra l´Africa e l´Europa (relazioni tra parrocchie e diocesi, giovani, famiglie). E’ prevista l’udienza dal Papa il 16 febbraio. Il Simposio - a porte chiuse, tranne la sessione di apertura alle 16.30 - si concluderà con un pellegrinaggio al Santuario del Volto Santo, a Manoppello, il 17 febbraio. Mons. Duarte da Cunha, segretario generale del Ccee, ha osservato che "il rapporto tra la Chiesa in Africa e in Europa è stato visto spesso come se l’Europa debba soltanto finanziare progetti sociali in Africa. Anche se dobbiamo continuare a sostenere gli africani in questo campo, la collaborazione non può essere limitata a questo aspetto. Il dono principale che siamo chiamati a condividere, che è alla radice di tutto, è la nostra fede. L’Africa ha ancora bisogno di missionari provenienti dall’Europa, e l’Europa ha bisogno di imparare dalla fede gioiosa delle comunità africane”. Secondo il segretario generale dello Sceam, padre François-Xavier Damiba, "il fatto che i vescovi di entrambi i continenti s’incontrino offre loro l’opportunità di conoscersi e comprendersi. Il rafforzamento delle loro relazioni è molto importante per la loro vita pastorale e per tante attività che potrebbero essere portate avanti insieme. Ci sono molti cattolici africani che vivono in Europa e molti cattolici europei che vivono in Africa. Una forte amicizia tra loro aiuta anche i fedeli a costruire lo stesso tipo di rapporto. Si tratta di una risorsa prioritaria per entrambe le nostre società". Tra le altre organizzazioni che prenderanno parte al Simposio, Caritas Africa, Caritas Europa, Missio e Aiuto alla Chiesa che Soffre. Una conferenza stampa si terrà presso la Radio Vaticana, Piazza Pia 3, il 15 febbraio (ore 16.30). (R.P.)

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    Appello dei vescovi Usa: tutelare la dignità dei disoccupati e dei lavoratori poveri

    ◊   I vescovi degli Stati Uniti chiedono al Congresso di “tutelare la vita e la dignità dei disoccupati e dei lavoratori poveri”. La richiesta è emersa durante il dibattito sulla legge chiamata “Temporary Payroll Tax Cut Continuation Act”. Mons. Stephen E. Blair, vescovo di Stockton, in California, presidente del Comitato per la giustizia domestica e lo sviluppo umano della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti ha chiesto ai membri del Congresso di “assicurare la continuazione del sussidio di disoccupazione e rifiutare le proposte che escludono i figli dei lavoratori immigrati dal credito impositivo per ciascun figlio (Child Tax Credit). “La crisi economica - riferisce l'agenzia Sir - sta già lasciando molta gente senza lavoro”, ha scritto mons. Blair in una lettera che porta la data di ieri, indirizzata al congressista Dave Camp e al senatore Max Baucus, responsabili dell’elaborazione dell’accordo finale. “Quando l’economia non riesce a produrre lavoro a sufficienza - osserva il vescovo - esiste l’obbligo morale di aiutare e tutelare la vita e la dignità dei lavoratori disoccupati e delle loro famiglie. Dobbiamo anche garantire quei programmi che aiutano ad uscire dalla povertà i lavoratori con salari minimi e a crescere i propri figli con dignità”. (R.P.)

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    Filippine: Caritas e cattolici in soccorso ai terremotati di Negros e Cebu

    ◊   La Caritas filippina lancia un appello per le popolazioni delle isole di Negros e Cebu, nel centro del Paese, colpite il 6 febbraio scorso da un terremoto di magnitudo 6,9. Nelle aree più a rischio, spiegano i responsabili dell'ente cattolico, cominciano a scarseggiare acqua potabile, cibo, medicine e tende dove ospitare gli sfollati. Molte famiglie, infatti, esitano a tornare nelle proprie abitazioni, abbandonate dopo il sisma, preferendo costruire ripari di fortuna nelle alture e nelle zone montagnose. Fonti locali riferiscono anche che, ad aggravare la situazione, vi è la distruzione totale del sistema di irrigazione a Guihalngan. Intanto il bilancio ufficiale del disastro è di 35 morti - ma vi sono molte incertezze sul numero di vittime - oltre 50 feriti e una settantina di persone scomparse, molte delle quali seppellite da slavine a Guihalngan e La Libertad, entrambe a Negros Oriental. Nella sola provincia di Negros Oriental - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono state danneggiate 1919 abitazioni, di cui 976 rase al suolo e altre 943 colpite in parte. La stima parziale dei danni, che riguarda anche l'interruzione di strade, ponti e altre vie di comunicazione si aggira attorno ai 266 milioni di pesos (quasi 6,5 milioni di dollari). Al momento la Protezione civile filippina (Ndrrmc) ha allestito 30 centri per gli sfollati, che ospitano 1527 famiglie (circa 7500 persone), ma vi sono ancora 20mila profughi da sistemare. In totale le famiglie affette dal terremoto sono 14.803, per un totale di 74.017 filippini. La Caritas nelle Filippine (Nassa) ha inviato un rapporto a Caritas internazionale in cui spiega il lavoro dell'ente cattolico. I volontari lavorano assieme ai membri di Diocesan Social Action Centers delle aree più colpite, per portare soccorso agli sfollati e fornire informazioni accurate sul livello di emergenza e gli interventi più urgenti da portare a termine. Nassa ha raccolto 150mila pesos da distribuire attraverso le diocesi alle vittime, contribuendo ad aumentare il fondo terremotati. Intanto la diocesi di San Carlos fornisce assistenza a 100 famiglie, mentre quella di Dumaguete ne accoglie fino a 400. Ma, avvertono i responsabili, servono altri fondi e beni di prima necessità, fra cui cibo e acqua. L'epicentro del sisma è stato localizzato circa 70 km a nord di Dumaguete, città dell'isola di Negros, a una profondità di 20 km; la terra ha iniziato a tremare verso le 11.49 del mattino, provocando frane e smottamenti. L'Istituto filippino di sismologia e vulcanologia ha lanciato l'allerta tsunami, per possibili onde anomale lungo la costa est e ovest di Cebu. Al terremoto sono seguite almeno 157 scosse di assestamento; le Filippine si trovano lungo il cosiddetto "anello di fuoco" del Pacifico, caratterizzato da intensa attività sismica e vulcanica: nel 1990 un terremoto di magnitudo 7,7 ha ucciso oltre 2mila persone a Luzon. (R.P.)

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    Corea del Sud: i vescovi chiedono di rivedere la legge sull’aborto

    ◊   In occasione del 39.mo anniversario della promulgazione della legge che ha introdotto l’aborto in Corea del Sud, i vescovi del Paese asiatico hanno ribadito il loro “no” all’interruzione di gravidanza e hanno chiesto alla classe politica di rivedere la normativa sulla salute riproduttiva. Come riferisce l'agenzia Zenit, da vari anni ormai l’episcopato sudcoreano celebra ogni anno una Messa il lunedì più vicino all’8 febbraio, giorno in cui nel 1973, sotto l’allora regime militare, fu introdotta, senza alcuna previa consultazione popolare, la “Legge sulla salute della madre e del bambino”. A presiedere la liturgia nella cattedrale di Myeongdong di Seoul, alla quale hanno partecipato circa un migliaio di fedeli, è stato quest’anno il vescovo della diocesi di Cheongju, mons. Gabriel Chang Bong-hun, presidente del Comitato di Bioetica della Conferenza episcopale. Rivolgendosi ai fedeli, il presule ha chiesto l’abrogazione dell’articolo 14 della legge, che “incoraggia le donne a ricorrere all’aborto”. “La Chiesa cattolica insegna – ha ricordato il vescovo - che la vita umana comincia al momento del concepimento” e che “l’aborto e la distruzione di embrioni umani sono crimini gravi che minacciano la vita”. Una revisione della normativa, realizzata nel luglio del 2009, ha ridotto il limite legale entro il quale si può abortire dalla 28° alla 24° settimana della gravidanza, eliminando inoltre malattie come l’emofilia e l’epilessia dall’elenco di patologie per l’aborto detto “terapeutico”. Secondo il sito cattolico Eglises d’Asie, in Corea del Sud l’aborto è una “realtà massiccia”: su una popolazione di circa 48,7 milioni di abitanti, il governo registra circa 340.000 aborti all’anno. Secondo la Chiesa cattolica, invece, il numero reale è molto più elevato, cioè circa 1,5 milioni. La spiegazione per tale discrepanza è semplice: essendo l’aborto un intervento che non viene rimborsato dalla casse malattia, viene pagato spesso in contanti o “sotto banco” e non compare dunque nelle statistiche ufficiali. In un Paese con un tasso di fertilità molto basso (tra i più bassi a livello mondiale), l’aborto serve solo a gonfiare gli incassi di ginecologi ed ostetrici. Le voci che si alzano contro l’aborto sono “abbastanza rare”, prosegue Eglises d’Asie. Si sottolinea in particolare che la legge del 1973 è stata approvata sotto un regime militare e che, essendo oggi un Paese democratico, la Corea della Sud deve modificare il testo. Inoltre, così osservano, il governo è molto lassista nell’applicazione della normativa. Secondo il presidente dell’Associazione coreana dei medici pro-vita, il dottor Cha Hee-jae, la legge viene infatti quotidianamente violata. Il medico ha citato l’esempio di un centro di accoglienza per donne vittime di violenze sessuali che ha consigliato ad una donna messa incinta da un amico di dichiarare di essere stata stuprata per poter abortire senza alcuna difficoltà. “Il centro conosce perfettamente l’articolo 14 e fornisce i suoi consigli in funzione di esso”, ha detto il dottor Cha, chiedendo con urgenza una modifica della legge. Secondo uno studio del 2005, dei circa 340.000 aborti ufficialmente censiti appena il 4,4% rientra nel quadro dell’aborto legale. Tutti gli altri - sottolinea Eglises d’Asie - sono frutto di convenienza personale, sociale o economica. Il governo di Seoul, sempre più preoccupato per l’impatto della denatalità e del crescente invecchiamento della popolazione, sta mettendo in atto una politica per favorire le nascite. Sui muri della metropolitana sono apparsi manifesti con il seguente messaggio: “Abortendo, voi abortite il futuro”. Ma una revisione della legge sull’aborto non è ancora all’ordine del giorno. (M.G.)

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    Africa: l'Onu in prima linea per l’integrazione dei rifugiati angolani, liberiani e rwandesi

    ◊   Rimpatrio volontario su larga scala - accompagnato da kit di assistenza che aiuteranno i rifugiati di ritorno a reintegrarsi - o uno status giuridico alternativo che consenta loro di continuare a risiedere nei paesi d’asilo. Sono le misure messe in campo dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (Unhcr) mirate a mettere fine a tre annose situazioni dell’Africa: quelle che riguardano i rifugiati angolani, liberiani e ruandesi. L’agenzia dell’Onu spiega in una nota diffusa alla stampa che dopo decenni trascorsi in esilio, molti rifugiati angolani, liberiani e ruandesi hanno stabilito forti legami con le comunità che li hanno accolti, anche attraverso il matrimonio. L’Unhcr auspica quindi che i Paesi d’asilo convertano lo status dei rifugiati in permessi di soggiorno che contemplino in ultima istanza anche la cittadinanza, laddove le legislazioni nazionali lo consentano. In Africa occidentale ad esempio i liberiani possono ottenere permessi di soggiorno e lavoro che permettono loro di restare nel Paese d’asilo in quanto cittadini dell’Ecowas, la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale. Le clausole di cessazione trovano fondamento nella Convenzione sui rifugiati del 1951 e nella Convenzione dell’Organizzazione dell’Unità Africana del 1969. Tali strumenti consentono la cessazione dello status di rifugiato una volta che nel Paese d’origine abbiano avuto luogo cambiamenti fondamentali e duraturi, e che non sussistano più le cause che hanno indotto le persone a fuggire. È questo il caso di tutti e tre i paesi d’origine in questione. L’UNHCR raccomanda che la cessazione si applichi ai rifugiati angolani che sono fuggiti dal proprio Paese in conseguenza dei conflitti tra il 1961 e il 2002; per i rifugiati liberiani fuggiti dalla guerra civile dal 1989 al 2003 e per i rifugiati ruandesi fuggiti tra il 1959 e il 1998. L’applicazione della cessazione da parte degli Stati non implica che tutti i rifugiati angolani, liberiani e ruandesi perdano automaticamente il loro status di rifugiato o che i Paesi d’origine non possano più originare rifugiati. La cessazione non si applicherà ai rifugiati che hanno ancora un fondato timore di persecuzione, né ai rifugiati che hanno convincenti ragioni per non voler tornare a casa a causa di una passata persecuzione. L’Unhcr sta lavorando a stretto contatto con i governi interessati per tutelare il diritto d’asilo in tali casi, anche parallelamente all’implementazione delle strategie. Le clausole di cessazione non si applicherebbero poi ad alcun rifugiato angolano, liberiano e ruandese la cui domanda d’asilo sia ancora in attesa di essere esaminata. Inoltre l’Unhcr rivolge un appello ai governi affinché decidano in maniera appropriata in merito a tutte le nuove domande d’asilo presentate da angolani, liberiani e ruandesi - o a quelle in sospeso - indipendentemente da quando sia stata istruita la pratica. (M.G.)

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    Emergenza colera in Congo, oltre 22 mila casi nelle province orientali

    ◊   Epidemia di colera fuori controllo nella Repubblica Democratica del Congo. L’emergenza corre soprattutto lungo le province che si affacciano sul fiume Congo. Secondo quanto riferisce l’agenzia Fides su 11 province di tutto il Paese 8 sono interessate dall’epidemia. In totale più di 22.000 casi sono stati segnalati negli ultimi 12 mesi. La maggior parte dei quali, oltre 14.000, sono stati registrati nelle province orientali in cui il colera è endemico. Con oltre 5.500 casi segnalati (pari al 25% del numero totale dei casi a livello nazionale), la Provincia del Sud Kivu ha pagato il prezzo più pesante. Seguono la capitale, Kinshasa, la Provincia Orientale, la Provincia di Bandundu e quella di Equatore. In tutto il Paese, le agenzie umanitarie hanno sviluppato una strategia di risposta multi-settoriale, ma non sono ancora riuscite a contenere la malattia. Sono stati creati Centri per la cura del colera, punti di clorazione delle acque, organizzate campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica attraverso i media, avviati programmi per la formazione del personale medico e per disinfettare le imbarcazioni che navigano lungo il fiume. Le organizzazioni umanitarie confidano che l’emergenza finisca in un ragionevole lasso di tempo, ma aggiungono che per sradicare la diffusione della malattia le autorità congolesi devono dare priorità agli investimenti, per garantire alla popolazione l’accesso all’acqua potabile, a servizi igienico-sanitari sicuri e più in generale al sistema sanitario. Se non si mettono in pratica queste raccomandazioni, secondo le organizzazioni umanitarie, le ondate epidemiche di colera si ripresenteranno e, nel peggiore dei casi, la malattia potrebbe colpire circa 21 milioni di persone. (M.G.)

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    Venezuela: il cardinale Urosa Savino indica i valori cristiani ai candidati alla presidenza

    ◊   Il cardinale Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas, ha sottolineato che i valori cattolici che ogni candidato alla Presidenza deve avere sono l'amore, la giustizia, la libertà, il rispetto per le persone e per il popolo in generale. Tutto questo è condensato nella Costituzione. Il cardinale ha risposto alle domande dei giornalisti alla vigilia delle elezioni primarie, che in Venezuela si terranno domenica 12 febbraio, mentre le elezioni presidenziali sono fissate al 7 ottobre. “Un altro valore molto importante è la verità, il vivere nella verità e lavorare per il bene del popolo venezuelano e non per un particolare partito politico escludendo gli altri” ha aggiunto. Questi del resto sono gli stessi valori promossi da oltre 50 anni, parlando solo della storia recente, dalla Chiesa cattolica e che, nelle circostanze attuali, gli hanno valso epiteti di “nemica del governo”. “Non è che solo adesso i vescovi hanno preso la parola per parlare della vita nazionale – ha precisato il cardinale -. Abbiamo il dovere, come Pastori, di promuovere la pace. Il rispetto di tutti, la dignità ed il bene comune, la necessità di creare opportunità per tutti e il rispetto della proprietà privata, sono valori che vanno sempre difesi". Se questi valori fossero stati veramente applicati, ha affermato il porporato, “avremmo un Paese molto migliore di quello che abbiamo adesso... Questo è ciò che manca, affrontare subito i problemi: mai come oggi ci sono tanti problemi, come la corruzione e la mancanza di abitazioni”. (R.P.)

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    Libano: verso gli altari due frati cappuccini martiri in Libano nel 1915

    ◊   I frati cappuccini e la Chiesa locale del Libano si stanno preparando alla Beatificazione di due loro confratelli arrestati e uccisi durante il genocidio del 1915 in Libano. Si tratta di Fra Léonard Melki (1881-1915) e Fra Thomas Saleh (1879-1917), per i quali è terminata la seconda inchiesta diocesana presso il tribunale presieduto da mons. Paul Dahdad, vicario apostolico dei latini in Libano, e alla presenza del Ministro viceprovinciale dei cappuccini, Fra Tony Haddad. I due religiosi furono arrestati e torturati: Fra Léonard Melki perché rifiutò di apostatare, dopo aver nascosto il Santissimo Sacramento all’arrivo della polizia. Fu condotto nel deserto, dove fu giustiziato con il vescovo armeno, il beato Ignace Maloyan, e 415 uomini di Mardine. Fra Thomas Saleh fu arrestato e condannato a morte per aver ospitato un sacerdote armeno durante il genocidio. Deportato in pieno inverno sotto scorta di un plotone di soldati, morì lungo la strada il 18 gennaio 1917, ripetendo con coraggio: “Ho piena fiducia in Dio, non ho paura della morte”. (A cura di padre Egidio Picucci)

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    Slovacchia: la Chiesa cattolica dialoga con i partiti politici prima delle elezioni

    ◊   La Chiesa cattolica in Slovacchia intende offrire un contributo alla società continuando a proporre valori cristiani tradizionali. Per questo motivo il presidente della Conferenza episcopale slovacca, mons. Stanislav Zvolensky, ha deciso di incontrare i presidenti dei principali partiti politici prima delle elezioni parlamentari pre-termine previste per i primi dieci giorni di marzo. L’ultimo incontro informale - riferisce l'agenzia Sir - è stato programmato per il 13 febbraio, su argomenti riguardanti “la direzione del Paese nei prossimi 4 anni” e “gli impulsi per il mantenimento dei valori cristiani tradizionali”, secondo quanto riportato dal comunicato dell’ufficio stampa della Conferenza episcopale. “Da parte nostra, questo riguarda soprattutto il sostegno alla famiglia e la protezione della vita, dal suo concepimento fino alla sua fine naturale”, ha spiegato mons. Zvolensky, aggiungendo che le discussioni si concentreranno anche sullo sviluppo delle attività benefiche e sul sistema educativo in relazione alla Chiesa cattolica, oltre che sul proseguimento di opportune riforme nel settore della sanità con particolare attenzione a bambini e anziani. Le elezioni pre-termine per il Consiglio nazionale della Repubblica Slovacca sono previste per il 10 marzo, quando 4.3 milioni di elettori avranno il diritto di decidere la futura direzione del Paese. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 41

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.