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Sommario del 09/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Il cardinale George dal Papa: la Chiesa Usa a difesa di matrimonio, libertà di coscienza e migranti
  • Essere solidali, sfida nella crisi: il Forum delle famiglie commenta il Messaggio quaresimale del Papa
  • Simposio sugli abusi del clero. Mons. Pasotto: il fenomeno si riflette anche sui rapporti ecumenici
  • Mons. Braz de Aviz sull'incontro di tutti i religiosi d'Africa: appassionati del Vangelo al servizio del continente
  • Altra udienza
  • Note della Sala Stampa su false dichiarazioni circa lo Ior e l'Aif vaticana
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria. Bombe contro Homs: oltre 40 morti. Obama: violenza orrenda, Assad si dimetta
  • Maltempo: 480 morti negli ultimi giorni in Europa, flagellato soprattutto l'est
  • Maldive nel caos, appello del presidente destituito. La testimonianza di un italiano
  • Piano Onu per risolvere il dramma dei profughi rapiti dai predoni nel Sinai
  • Il presidente della "Catholic Health Association", suor Carol Keehan: Obama torni indietro sull’obiezione di coscienza
  • I vescovi indiani: Chiesa al fianco di poveri ed emarginati
  • Italia: nel 2065 saranno oltre 14 milioni gli stranieri. La Caritas: urge riforma della cittadinanza
  • Agenda digitale: parte l'iniziativa del governo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: il patriarca Gregorios III chiede preghiera e solidarietà per i Paesi arabi
  • Egitto: ad Alessandria espulsione forzata di 62 famiglie copte da parte dei salafiti
  • Iraq: il nunzio per l'esodo dei cristiani chiede al governo "sforzi congiunti"
  • Terra Santa: leader religiosi condannano la profanazione del monastero greco-ortodosso
  • Grecia. Trovato l'accordo per salvare il Paese dalla bancarotta
  • Indonesia: Centro studi musulmano invita a proteggere le chiese dai gruppi radicali islamici
  • Usa: censurata una lettera dell’Ordinario militare su aborto e libertà di coscienza
  • Congo: i missionari denunciano la crisi di legittimità delle istituzioni
  • Sud Sudan: aggredito a Juba un giornalista di Radio Bakhita
  • Panama: mons. Lacunza mediatore fra governo e indigeni
  • Galles: documento ecumenico sul "consenso presunto" nei trapianti
  • Terra Santa: concluso a Gerusalemme il Congresso dei commissari francescani
  • Comunione Anglicana: no a misure speciali per chi è contrario alle donne vescovo
  • Mons. Crociata: gli esercizi spirituali tempo privilegiato per essere educati al Vangelo
  • Per l'emergenza neve saltano i primi appuntamenti ecclesiali
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il cardinale George dal Papa: la Chiesa Usa a difesa di matrimonio, libertà di coscienza e migranti

    ◊   Prosegue, in Vaticano, la visita “ad Limina” dei vescovi degli Stati Uniti d’America. Stamani, un nutrito gruppo di presuli è stato ricevuto in udienza da Benedetto XVI. A guidarlo, il cardinale arcivescovo di Chicago, Francis E. George, che in questa intervista di Alessandro Gisotti si sofferma sull’importante incontro e sulle sfide attuali per la Chiesa degli Stati Uniti:

    R. – We talked about immigration…
    Abbiamo parlato di immigrazione, della vita politica della nostra area, dove molti dei politici sono cattolici, ma questo non significa che siano favorevoli alla Chiesa. Abbiamo parlato della presenza ispanica e il modo in cui sta trasformando la Chiesa. Abbiamo parlato delle scuole, associate alle nostre parrocchie e di come, almeno a Chicago, stiano aumentando ed aiutando a preservare e trasmettere la fede. Abbiamo anche parlato della nuova evangelizzazione e di come stiamo cercando di incoraggiarla. Ci siamo poi soffermati sul matrimonio, delle sue difficoltà, di cui abbiamo discusso per diversi anni ed anche degli strumenti che stiamo utilizzando per rafforzare il matrimonio e per difenderlo in ambito legale.

    D. – Poche settimane fa il Papa ha sottolineato il rischio della secolarizzazione nella società americana. Ieri, abbiamo avuto la legalizzazione delle unioni gay nello Stato di Washington e c'è poi la violazione della libertà di coscienza da parte dell'Amministrazione Obama...

    R. – Washington State is very secolarized…
    Lo Stato di Washington è una parte del Paese molto secolarizzata insieme all’Oregon, quindi in qualche modo rientra nella loro cultura questo modo di muoversi per quanto riguarda il matrimonio. Il problema a livello federale è che la presente Amministrazione sta violando i diritti di coscienza in modo tale che se non ti conformi a quello che la legge dice non ci saranno eccezioni. Prima di questo, per preservare la libertà religiosa, c’erano eccezioni in ambito religioso ed eccezioni di coscienza sull’aborto, sulla omosessualità, su tutti i problemi morali. Ma la presente Amministrazione ha rimosso queste eccezioni. Quindi, la Chiesa sta chiedendo alla gente di pregare, che è la cosa più importante, di convertirsi e fare quello che può, con i legislatori o con le Corti, così che queste regolamentazioni non siano rese effettive.
    D. – L’immigrazione è un’altra importante questione oggi negli Stati Uniti. C’è molto lavoro da fare da parte della Chiesa cattolica su questo fronte...

    R. – Well, it is and there’s no political will...
    Sì e non c’è una volontà politica per fare dei cambiamenti. Negli Stati Uniti se sei fuorilegge, come chi è immigrato senza documenti, non hai nessun diritto, nemmeno i diritti umani. Noi diciamo che i diritti umani sono sempre gli stessi, qualsiasi cosa dica la legge civile e la Chiesa tenta di convincere la società che ognuno possiede dei diritti in quanto essere umano, a prescindere da quello che sostiene la legge. Noi stiamo anche facendo pressione il più possibile sul Congresso americano perché cerchi di varare una riforma dell’immigrazione. Senza successo finora, ma vedremo. (ap)


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    Essere solidali, sfida nella crisi: il Forum delle famiglie commenta il Messaggio quaresimale del Papa

    ◊   “Riflettere sul cuore della vita cristiana: la carità”. Il Papa ci invita nel Messaggio di Quaresima a cogliere questa opportunità vincendo “l’indifferenza, il disinteresse, che nascono – sottolinea – dall’egoismo mascherato da una parvenza di rispetto per la sfera privata” delle persone. Come si traduce questo invito nella vita delle famiglie colpite oggi da una crisi economica che avvilisce? Roberta Gisotti ha intervistato il presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti:

    R. – Le parole del Santo Padre sono molto chiare anche nel mettere in contrapposizione una prevalenza del consumismo rispetto ai valori veri. Il tempo della Quaresima viene proposto come l’occasione per riscoprire la connessione fraterna, la dimensione comunitaria, ed è una grande occasione di conversione, anche nelle difficoltà. Quindi, stare meno attenti alle cose e più alle relazioni tra le persone, che sono il volto di Dio che ci viene donato.

    D. – Ammonisce Benedetto XVI nel suo messaggio: “Una società come quella attuale può diventare sorda sia alle sofferenze fisiche sia alle esigenze spirituali e morali della vita”. Forse, è proprio ripartendo dai valori etici che si può affrontare la crisi economica. Che dire, ad esempio, di fronte a casi di suicidio in molti Paesi europei, attribuiti a mancanza di lavoro e di soldi?

    R. – La prima indicazione che ci dà il messaggio per la Quaresima è guardare l’altro, non lasciarlo da solo, non restare estranei alla sofferenza di tutti. Queste scelte disperate sono la resa di qualcuno che si è trovato da solo, senza speranza. Allora, il richiamo a fede, speranza e carità non è formale nel Messaggio, è l’idea che a tutti è dato di stare vicino all’altro, farsi prossimo alle persone dentro a una compagnia che arriva anche ad essere connessione fraterna. Quindi, ci si può forse anche correggere all'interno di questa esperienza, ma a patto che nessuno sia solo. Questo è il mandato più forte nell’esperienza familiare e soprattutto nella società.

    D. – “Il bene esiste e vince”, scrive il Papa nel Messaggio. Come trasmettere questa forza ai giovani, che per lo più invece vengono spaventati sul loro futuro?

    R. – Questa è la sfida più grande delle parole del Papa: è una domanda a ciascuno di noi, su quanto siamo capaci di testimoniare, non di raccontare, che l’esperienza cristiana consente di vivere bene e attraversare anche le difficoltà avendo comunque una gioia di fondo, nonostante le fatiche. E a questo il Papa chiama tutta la comunità cristiana: a testimoniare la forza del bene attraverso il nostro sguardo, le nostre opere e la nostra capacità di stare vicino a tutti, soprattutto a chi soffre.

    D. – Dal suo osservatorio, non vede le famiglie sempre troppo preoccupate di mantenere il proprio tenore di vita, di esasperare in qualche modo il dato economico?

    R. – Io credo che questa sia una fragilità possibile, però vedo piuttosto una realtà contraria: ci sono famiglie che resistono strenuamente in una solidarietà interna, nella cura delle persone fragili, nel sostenere i giovani che hanno difficoltà di progettualità, di futuro e di lavoro e che sono stati sfibrati dalla crisi e anche da un clima che dice che i legami familiari sono il nemico della felicità. Invece, le famiglie testimoniano che, al loro interno, si può essere solidali. Solo che questo deve diventare un progetto sociale, perché le famiglie da sole sono sempre più affaticate. Il Papa in questa Quaresima ci richiama proprio a questo: attraverso gli altri ciascuno di noi può diventare più felice, senza gli altri non ci sarà vera felicità. (ap)

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    Simposio sugli abusi del clero. Mons. Pasotto: il fenomeno si riflette anche sui rapporti ecumenici

    ◊   Si avviano alla conclusione i lavori del Simposio Verso la guarigione e il rinnovamento organizzato dall’Università Gregoriana di Roma. La sessione mattutina è stata conclusa dalla prolusione del cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Freising, che ha sottolineato il ruolo di grande responsabilità che spetta alle autorità ecclesiastiche nel trattare i casi di abuso sessuale dei minori verificatisi all’interno della Chiesa. Tra i molti temi proposti dai relatori, anche quello delle difficoltà create dal contesto culturale dei singoli paesi, in particolare in Asia, e quello dei riflessi morali e teologici del flagello degli abusi sui minori. Il servizio di Stefano Leszczynski:

    Lo shock dello scandalo della violenza sessuale e le sue ripercussioni sulla vita della Chiesa e sulla leadership che la serve ha avuto una portata mondiale. Il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Freising, ha sottolineato come il fatto di negare spesso la realtà delle cose ai più alti livelli della Chiesa – talvolta con l’intento di proteggere l’istituzione – abbia contribuito ad ampliare la ferita inferta alla Chiesa dai suoi stessi membri. Di qui, ha dichiarato il porporato, la necessità di guardare in faccia la realtà del peccato e di procedere sulla strada del pentimento. L’impegno della Chiesa deve andare in maniera prioritaria, ha spiegato il porporato, alla protezione e al sostegno delle vittime. La perdita di credibilità della Chiesa è avvenuta anche in seguito a questi atteggiamenti omissivi, che hanno pure alimentato attacchi mediatici senza precedenti. Affrontare i media e l’opinione pubblica – ha detto l’arcivescovo di Monaco – è una sfida che soprattutto i vescovi devono riconoscere. Il gioco in difesa, la banalizzazione e la relativizzazione non promuoveranno una nuova credibilità. Non può esservi quindi alternativa all’apertura, alla trasparenza e alla sincerità.

    Ricordando il periodo in cui lo scandalo della pedofilia nella Chiesa è deflagrato in Germania, tra il 2001 e il 2010, il cardinale Marx ha illustrato quanto è stato fatto sul fronte della prevenzione ed ha citato la creazione del "Centro per la protezione del bambino", sponsorizzato dall’Università Gregoriana e dall’arcidiocesi di Monaco e Freising, un istituto che dovrà fornire supporto alla formazione dell’intero mondo sacerdotale. Infine, il presule ha spiegato come proprio il trattamento corretto, coerente e coraggioso dei casi di violenza sessuale sui minori possa diventare un’opportunità per la Chiesa e la sua missione di evangelizzazione e nuova evangelizzazione. Una cosa è certa: il lavoro sul dibattito attorno alle violenze e alla crisi è ben lungi dall’essere terminato.

    Il Simposio che si conclude oggi alla Gregoriana ha affrontato nella prima mattinata l’analisi del fenomeno degli abusi sessuali da parte di membri della Chiesa in Asia. A parlare è stato l’arcivescovo Luis Chito Tagle, arcivescovo di Manila nella Filippine, che ha sottolineato come il fenomeno asiatico sia particolarmente problematico a causa dello sfaccettato contesto culturale che lo caratterizza. I pochi casi accertati di abusi sui minori nell’ambito dei Paesi asiatici non possono essere considerati completamente rappresentativi per l’assenza di statistiche certe. A rendere particolarmente difficile l’emersione dei casi di abuso è spesso una cultura locale improntata a un forte senso del pudore e della riservatezza. Di frequente, anche nelle Filippine le stesse vittime di abusi da parte del clero, e non soltanto di natura sessuale, chiedono alle autorità ecclesiastiche competenti di non deferire il problema alla giustizia civile, ma di risolverlo al proprio interno. Ciò avviene – ha dichiarato l’arcivescovo – spesso con misure severe nei confronti dei responsabili degli abusi e sempre con la maggiore attenzione possibile verso le vittime e l’ascolto del loro dramma.

    Al Simposio ha preso parte anche mons. Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso. Al microfono di Stefano Leszczynski, il presule parla delle impressioni suscitate in lui dall’incontro e delle ricadute che il fenomeno degli abusi del clero spesso comporta nei rapporti con le altre Chiese:

    R. – Io sono giunto al Simposio senza avere molte attese e mi sono trovato invece proiettato in un tema sul quale io come vescovo mi sentivo impreparato. Mi sembra come un capitolo della mia formazione che mi sia mancato su questi problemi: mi ritrovo ad affrontarlo adesso e ringrazio Dio. E’ una presa di coscienza di un tema. Credo che le situazioni siano diverse nel mondo. Credo che qualcuno sia più esperto, come pure credo che vi siano altre persone come me che sono all'inizio di questo lavoro, di questa attenzione. Io mi ritrovo arricchito e penso che tornando nella mia Chiesa sarò capace di condividere questo problema e questa attenzione con i miei sacerdoti.

    D. - La Chiesa cattolica del Caucaso è una Chiesa di minoranza. Nell’ambito di questa comunità, come sono state accolte le notizie devastanti che arrivavano da altri Paesi?

    R. - Racconto un’esperienza che abbiamo avuto come Chiesa. Siamo una Chiesa di minoranza all’interno della Chiesa ortodossa, con la quale si cerca di dialogare e di riflettere insieme, anche se è molto difficile nel contesto georgiano. C’è stato un gruppo di integralisti, molto conservatore, che ha voluto farci “guerra” su questo punto e un giorno ha cominciato a distribuire in processione materiale sulla pedofilia della Chiesa cattolica. Questo per me è stato un grande shock. I preti si sono rivolti a me dicendo: cosa facciamo? Io ho scritto al Patriarca una lettera molto forte e molto chiara, nella quale in modo accorato dicevo che era necessario prendere una posizione come Chiese sorelle, che non potevamo arrivare a questo punto. Ho chiesto una sua lettera di risposta pubblica, che però non è arrivata. Allora, ho scritto dopo un mese e mezzo dicendo che consideravo quel silenzio una risposta. Quindi ho pubblicato la mia lettera. Immediatamente è arrivata la risposta nella quale la Chiesa ortodossa si distaccava da quello che era stato detto, sostenendo che non lo accettava. Così ho pubblicato anche questa risposta. Devo dire che questo è servito anche per le relazioni tra le nostre due Chiese, perché ha chiarito alcune cose e ci siamo trovati più liberi nel parlare anche di questi problemi. Poi, nessuno ha più toccato questo aspetto nei nostri confronti.

    D. – Questo, quindi, è un altro aspetto di come quanto è avvenuto abbia provocato gravi danni all’interno della Chiesa…

    R. - Certamente. C’è un sito di un gruppo estremista che riporta ogni giorno tutte le situazioni di pedofilia esistenti nella Chiesa cattolica... Dove sei in minoranza, si sente la responsabilità della testimonianza della Chiesa e ci si sente coinvolti nelle situazioni della Chiesa mondiale. Questo convegno mi sta aprendo gli occhi della responsabilità più di prima.

    D. - Per quanto riguarda il Caucaso, come viene percepito questo particolare tipo di abuso?

    R. – Mi sono fatto diverse domande durante questo convegno. La nostra Chiesa può fare un servizio di prevenzione non solo all’interno della Chiesa, ma anche nella società? Forse abbiamo anche la missione di usufruire della ricchezza di una Chiesa universale, di una forza di risposta che la Chiesa stava dando - perché mi sembra che certe decisioni adottate nella nostra Chiesa universale siano forti - ed è importante metterle a servizio anche delle altre realtà. (bf)

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    Mons. Braz de Aviz sull'incontro di tutti i religiosi d'Africa: appassionati del Vangelo al servizio del continente

    ◊   Dozzine di carismi e un solo obiettivo: servire con “passione” la causa del Vangelo in Africa. È questo, in sintesi, l’esito cui è approdata la seconda Assemblea generale della Confederazione che raggruppa le Conferenze religiose africane. Iniziata il 4 febbraio scorso a Kampala, in Uganda, la riunione ha visto la presenza di 57 delegati di 22 Conferenze nazionali di religiosi e religiose. Fra loro, anche il prefetto della Congregazione per la Vita Consacrata, mons. Joao Braz de Aviz , che riferisce le impressioni maturate al termine dell’incontro. L’intervista è del collega della redazione brasiliana della nostra emittente, Silvonei Protz:

    R. - Io sono tornato veramente molto, molto felice. Ho visto un lavoro che cammina verso la comunione di questi vari carismi, di queste varie nazioni, e promette molto bene. Ho visto anche, nel documento dell’Esortazione post-sinodale sull’Africa, che il Santo Padre e i vescovi africani fanno veramente molto leva su questo fatto di unirsi di più, di lavorare insieme, di aiutarsi nei problemi comuni… Son tornato anche con una grande ammirazione per i missionari. Sono veramente persone che spendono la loro vita, stanno lì sulla frontiere: si vede chiaramente che in loro c’è la fede. Sono anche Paesi nuovi, per esempio in Uganda, dove siamo stati. All’entrata della città di Kampala, c’è una chiesa che ha appena 130 anni. Ciononostante, ha già generato dei martiri, i martiri ugandesi, che stanno nel cuore della nazione. Si vede allora un’Africa che va crescendo nella direzione di una presenza più importante della Chiesa. Sono tornato molto felice nel vedere anche come la vita religiosa - la vita consacrata - porta avanti questa testimonianza insieme ai vescovi. Vedere questo essere insieme, pregare insieme, e affrontare insieme quei temi che noi oggi sentiamo necessari per la vita consacrata, per me è stato molto bello. Io sono tornato molto arricchito.

    D. - Quali sono oggi i temi principali per la vita religiosa in Africa?

    R. - L’assemblea aveva come tema –t ema che mi è piaciuto moltissimo - “Passione per Cristo, passione l’Africa”. I testimoni della verità, per poter contribuire alla costruzione della comunione e della riconciliazione in Africa. Per me era un tema che indicava dove va l’anima del consacrato in Africa. É come l’esperienza degli innamorati: ritornare a questa freschezza dell’essere felici di essere con il Signore, e non avere paura di questo. Allora l’esperienza cristiana diventa un lasciarsi plasmare da Dio. Questo attrae moltissimo la vita consacrata oggi, e bisogna ritornare a questo perché abbiamo un’anima felice, un’anima serena, capace di affrontare i problemi come li affrontano i missionari: alle volte l’instabilità politica, alle volte la persecuzione, altre volte le situazioni di povertà che fanno male solo a vedersi … Possiamo veramente, in questo senso, risvegliare in noi quello che dà senso alla nostra vita consacrata. E questo, molti, molti religiosi in Africa lo stanno facendo. E il nostro volto diventa più attraente per quelli che fanno domande su Dio e sulla vita cristiana. (bi)

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    Altra udienza

    ◊   Il Papa ha ricevuto stamani mons. Francisco Montecillo Padilla, arcivescovo tit. di Nebbio, Nunzio Apostolico in Tanzania.

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    Note della Sala Stampa su false dichiarazioni circa lo Ior e l'Aif vaticana

    ◊   Lo Ior non è una “banca off-shore”, definizione strumentale usata per gettare un’ombra di “illegalità”. E “non risponde a verità” neanche “l’insinuazione che le normative vaticane non consentirebbero le indagini o i procedimenti penali” prima della normativa antiriciclaggio. Così la Sala Stampa della Santa Sede reagisce in una nota a quanto affermato nel corso della trasmissione “Gli Intoccabili”, trasmessa ieri su “La 7”. “Sono state fatte affermazioni infondate e diffuse informazioni false”, si legge nell’introduzione della nota, sia riguardo l’Istituto per le Opere di Religione (Ior), sia sull’Autorità di Informazione Finanziaria (Aif).

    In una precedente nota, la Sala Stampa vaticana aveva rimarcato “una notevole mancanza di serietà” nell’articolo pubblicato sul quotidiano L’Unità, nel quale si gettano ombre sulla trasparenza dello Ior e dell’Autorità vaticana di Informazione Finanziaria. In questa circostanza, la nota definisce “riciclate” le notizie e “infondate” le affermazioni a sostegno dell’articolo. Viceversa, si sottolinea che c’è stata sempre cooperazione con le Autorità italiane ad ogni livello e che le stesse hanno definito “tempestiva ed esaustiva” l’azione di controllo su attività sospette. Si tratta dunque di un articolo “diffamatorio” che parla di incriminazione del presidente dello Ior, Gotti Tedeschi, e del direttore Generale, Paolo Cipriani. In realtà, viene precisato, né l’uno né l’altro sono mai stati incriminati ma piuttosto indagati.

    Di seguito, il testo integrale della nota relativa alla trasmissione “Gli Intoccabili”:

    Nella trasmissione “Gli Intoccabili” di La 7 di ieri, mercoledì 8 febbraio, sono state fatte affermazioni infondate e diffuse informazioni false sull’Istituto per le Opere di Religione e l’Autorità di Informazione Finanziaria. Al riguardo, facendo seguito a quanto già specificato nella Dichiarazione della Sala Stampa della Santa Sede di ieri, 8 febbraio, si precisa quanto segue:

    1. L’affermazione che lo I.O.R. è una banca non corrisponde a verità; lo I.O.R. è una Fondazione di diritto sia civile che canonico regolata da un proprio statuto; non mantiene riserve e non concede prestiti come una banca. Tanto meno è una “banca off-shore”. Di fatto, nella citata trasmissione viene usato tale termine non per illustrare il vero carattere e la funzione dello I.O.R., ma per creare un’impressione di illegalità. Lo I.O.R. si trova all’interno di una giurisdizione sovrana e opera in un quadro normativo e regolamentare, che comprende anche la legge antiriciclaggio vaticana. Quest’ultima, la Legge CXXVII, è stata adottata proprio per essere in linea con gli standard internazionali.

    2. L’insinuazione che le normative vaticane non consentirebbero le indagini o i procedimenti penali relativi a periodi precedenti all’entrata in vigore della Legge CXXVII (1° aprile 2011), non corrisponde a verità. La discussione durante il menzionato programma si riferiva alle parole riportate in un “memo esclusivo”. Tale documento è senza alcun valore ufficiale e rappresenta unicamente le valutazioni di chi l’ha scritto. Per di più, ivi non si afferma l’impossibilità di indagini o procedimenti penali per periodi precedenti al 1° aprile 2011; non emerge la resistenza dello I.O.R. a collaborare in caso di indagini o di procedimenti penali su fatti precedenti al 1° aprile 2011. Per quanto riguarda la cooperazione tra lo I.O.R. e l’A.I.F., lo I.O.R. ha cooperato nel fornire informazioni su transazioni avvenute anche prima di tale data. Le affermazioni fatte durante la trasmissione non corrispondono quindi a verità: secondo la normativa vaticana in materia di antiriciclaggio l’Autorità giudiziaria vaticana ha il potere di indagare anche transazioni sospette avvenute in periodi precedenti al 1° aprile 2011, e ciò anche nel quadro della cooperazione internazionale con i giudici di altri Stati, inclusa l’Italia.

    3. I rapporti dello I.O.R. con banche non italiane sono sempre stati attivi e, a differenza di quanto è stato affermato, è stata ridotta solo limitatamente l’attività con le banche italiane. Lo I.O.R., così come fanno anche gli enti finanziari italiani, si avvale dei servizi di banche estere (italiane e non) quando essi sono più efficienti e a minor costo. Tutti i movimenti in contanti, poi, sono certificati con documenti doganali. Come prassi, tutti i movimenti di denaro sono regolarmente tracciati ed archiviati.

    4. Per quanto riguarda la norma che regola il movimento di denaro contante, è importante precisare che lo I.O.R. controlla e controllava anche i movimenti frazionati (c.d. step transactions) per un totale di € 15.000 nei dieci giorni consecutivi. Per di più, l’articolo 28, comma 1, lett. b), del nuovo testo della Legge CXXVII, modificato per Decreto del Presidente del Governatorato il 26 gennaio 2012, stabilisce che i soggetti sottoposti agli obblighi della medesima Legge (tra i quali lo I.O.R.) devono eseguire «gli obblighi di adeguata verifica: … quando eseguono transazioni occasionali il cui importo sia pari o superiore ad euro 15.000, indipendentemente dal fatto che siano effettuate con una transazione unica o con più transazioni collegate».

    5. L’affermazione del magistrato Luca Tescaroli secondo la quale il Vaticano non avrebbe dato risposta alle rogatorie riguardanti il caso Banco Ambrosiano-Calvi non corrisponde a verità. In merito si precisa che la rogatoria del 2002 non risulta pervenuta in Vaticano. Anche all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, dopo una prima ricerca effettuata negli Archivi, la richiesta di rogatoria internazionale presentata dal Tribunale di Roma nel 2002 non risulta mai pervenuta. Alle altre due è stato fornito regolare riscontro, indirizzato all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Come affermato nella Dichiarazione di ieri, la Santa Sede e le autorità del Vaticano hanno doverosamente cooperato con la magistratura e le altre autorità italiane e ciò risulta dalla documentazione accessibile agli ufficiali sia della Santa Sede sia della Repubblica Italiana.

    I fatti sopra descritti dimostrano che la presentazione compiuta nella menzionata trasmissione risulta parziale e non contribuisce ad avere un quadro obiettivo della realtà descritta”.

    Questo il testo integrale della nota relativa all’articolo de L’Unità:

    L’articolo di Angela Camuso pubblicato su l’Unità in data odierna, a p. 23, intitolato: “Riciclaggio, quattro preti indagati. I silenzi del Vaticano sui controlli”, rappresenta, purtroppo, una notevole mancanza di serietà di indagine da parte dell’Autrice. Anzitutto vanno fatte due osservazioni introduttive.

    1.Il titolo parla dei silenzi del Vaticano. Come si chiarirà più avanti, ciò è del tutto infondato: la Santa Sede e le autorità del Vaticano hanno doverosamente cooperato con la magistratura e le altre autorità italiane.

    2. Le accuse avanzate nell’articolo riprendono critiche ormai superate. Una ricerca in internet, anche rapida, degli scritti dell’Autrice dell’articolo dimostra che il suo pezzo odierno in nessun modo fa “notizia”. Si tratta, infatti, di accuse “riciclate” e che la giornalista, in passato, ha già pubblicato più volte. Rievocarle nuovamente non serve a renderle vere. Ci si chiede se l’articolo non costituisca una sorta di pubblicità per una trasmissione televisiva serale.

    Per quanto concerne il contenuto dell’articolo si precisa quanto segue.

    L’articolo presuppone che vi siano quattro sacerdoti – Emilio Messina, Salvatore Palumbo, Orazio Bonaccorsi ed Evaldo Biasini – che hanno utilizzato l’Istituto per le Opere di Religione (I.O.R.) per riciclare del denaro. L’accusa principale è che lo I.O.R. è stato coinvolto in un’attività illegale e non ha dato assistenza alle Autorità italiane che perseguivano queste persone.

    Ciò non è corretto.

    Anzitutto, l’articolo non riferisce che, a partire dagli anni 2006-2007, lo I.O.R. si è impegnato con determinazione nell’analisi dei conti e nella verifica dei suoi clienti per accertare e riferire l’eventuale esistenza di transazioni sospette. Questo impegno dello I.O.R. (che la stampa, curiosamente, sembra ignorare), inteso ad individuare transazioni sospette, anticipa di alcuni anni la stessa adozione della Legge N. CXXVII contro il riciclaggio, del 30 dicembre 2010, da parte dello Stato della Città del Vaticano.

    Inoltre, come è noto alle Autorità italiane, e come risulta dalla documentazione accessibile agli ufficiali sia della Santa Sede, sia della Repubblica Italiana, lo I.O.R. ha cooperato ripetutamente con le Autorità italiane ad ogni livello. Ciò è avvenuto, su richiesta, in ambito giudiziario fra Autorità specificamente competenti ed amministrativo da parte dello I.O.R. con le sue controparti italiane. Vale la pena di sottolineare che lo I.O.R. ha fornito informazioni, anche al di fuori dei canali formali, nel periodo precedente la costituzione dell’Autorità vaticana di Informazione Finanziaria (A.I.F.). La cooperazione del Direttore Generale dello I.O.R., Dott. Paolo Cipriani, è stata definita “tempestiva ed esaustiva” in documenti di funzionari italiani. Infatti, in uno dei casi, è stata proprio l’azione rapida del Dott. Cipriani a permettere la messa sotto accusa di una delle persone indicate.

    Dopo aver consultato l’A.I.F., si può anche precisare quanto segue:

    1. Non è vero che lo I.O.R. non abbia fornito informazioni all’A.I.F. sulle materie in questione.

    2. Non è vero che l’A.I.F. non abbia inoltrato queste informazione alla U.I.F. (Unità di Informazione Finanziaria italiana).

    3. Quanto a una delle persone menzionate nell’articolo, Mons. Messina, le Autorità italiane non hanno mai avanzato una richiesta all’A.I.F. Perciò sarebbe stato evidentemente impossibile per l’AIF “rispondere” alla sua controparte italiana.

    Tutti questi punti, relativi alle comunicazioni fra l’A.I.F. e la controparte italiana, risultano nei documenti conservati dall’A.I.F. con specifici numeri di protocollo.
    L’articolo, inoltre, non riferisce che una delle persone in esso menzionate – il Reverendo Bonaccorsi – il 6 giugno 2011 è stata dichiarata innocente, con sentenza confermata in appello.

    L’effetto, purtroppo diffamatorio, dell’articolo risulta dall’utilizzo del termine “incriminato”, in relazione al Presidente dello I.O.R., Prof. Ettore Gotti Tedeschi, e al Direttore Generale, Dott. Paolo Cipriani. Né l’uno né l’altro sono mai stati incriminati, ma piuttosto indagati.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Per uscire dalla penombra: Carlo Bellieni sulla giornata mondiale del malato.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'emergenza alimentare nel Sudan e nel Sud Sudan.

    Vicende di carne e di cielo: in cultura, Sylvie Barnay su Benedetto XVI e le grandi donne cristiane.

    Il grido di Ivan: anticipazione dell'intervento dell'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, all'incontro "Gesù nostro contemporaneo".

    Eleganza e ironia di un giallo teologico: Lucetta Scaraffia sul romanzo di Stefano Jacini "Dio e monsieur Divan".

    Libertà e dramma di un perdono certo: Inos Biffi su misericordia e giustizia.

    Un legame consolidato nel tempo: nell'informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi all'ambasciatore del Messico presso la Santa Sede sulla prossima visita di Benedetto XVI.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria. Bombe contro Homs: oltre 40 morti. Obama: violenza orrenda, Assad si dimetta

    ◊   In Siria non si arresta la repressione nei confronti dell'opposizione. In 24 ore sono state uccise, secondo fonti non confermate, quasi 120 persone. Homs è la città maggiormente bersagliata dalla truppe fedeli al presidente Assad: oggi sono oltre 40 i morti. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha annunciato che presto prenderà il via una missione congiunta delle Nazioni Unite insieme alla Lega Araba che oggi è tornata nel Paese asiatico. Intanto, il presidente Usa Obama chiede le dimissioni di Assad affermando che questa "violenza orrenda" deve finire mentre la Germania ha espulso 4 diplomatici siriani. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Alberto Ventura, professore di Storia dei Paesi islamici all’Università della Calabria:

    R. – E’ chiaro che se non c’è un intervento esterno, forte, deciso, la repressione potrà continuare, anche se non credo possa proseguire indefinitamente. La situazione attualmente è già sufficientemente drammatica, prima o poi qualcosa si dovrà sbloccare. Purtroppo la Siria, a differenza di altre zone del mondo arabo che sono state di recente oggetto di ribellioni, di rivolte, di cambiamenti politici, non dispone di grandi risorse economiche territoriali che spingano le grandi potenze a intervenire. La Siria è più un luogo dove si sta svolgendo una specie di grande gioco di forza internazionale, in cui abbiamo la Cina e la Russia che non vogliono rinunciare al loro ruolo di arbitri contro gli Stati Uniti e l’Europa, e dove ci sono anche altri attori minori, che però richiedono sempre più di essere presenti come l’Iran, ma soprattutto la Turchia. Ankara in questo momento è un attore emergente sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista politico, perché si è smarcata da una vecchia alleanza con Israele e vuole tornare a recitare in quell’area un ruolo che per troppo tempo è stato negato.

    D. – La Turchia ha proposto una conferenza internazionale sulla Siria. Secondo lei una proposta di questo tipo sarà accettata e che risvolti potrebbe avere?

    R. - Sarebbe bene accettarla e sarebbe un avallo per una politica, quella turca attuale, che tutto sommato sta dimostrando come coniugare i principi islamici - quelli ai quali si riferisce il partito attualmente al governo, l’AKP - e la garanzia di libertà democratiche, di rispettare la laicità dello Stato...

    D. – Insomma da una parte la Turchia guarda all’Europa e dall’altra al mondo arabo...

    R. – L’esperimento turco, che pure indubbiamente, ha qualche ombra, potrebbe essere un modello benefico per tanti altri Paesi islamici che sono coinvolti in questo grande rivolgimento che vediamo oggi. Quello che è successo in Tunisia, in Egitto e poi in Libia, non sempre è rassicurante, nel senso che quando poi si è arrivati a far cadere questi regimi, sicuramente dittatoriali, e poi si sono fatte libere elezioni abbiamo visto che i partiti che hanno vinto - penso più alla vittoria dei Fratelli musulmani in Egitto che non al partito islamico in Tunisia - non danno quelle garanzie che ci rassicurano, ma prospettano scenari che possono diventare particolarmente inquietanti, soprattutto per le divisioni interne che ci sono in questi Paesi con piccole comunità non musulmane. La convivenza è stata sempre molto pacifica, penso all’Egitto in particolare, fino a che la situazione internazionale non ha creato la recrudescenza di fondamentalismi e radicalismi che hanno portato talvolta a confronti. Le ribellioni arabe, in particolare in Egitto, non avevano un carattere confessionale: cristiani e musulmani avevano collaborato fianco a fianco per abbattere il regime di Mubarak, però subito dopo sono cominciati i problemi. La minoranza cristiana non si sente più molto tranquilla. Immaginate quello che può succedere in Siria dove le confessioni cristiane e le varie minoranze sono tantissime e dove potrebbe scoppiare un caos etnico, religioso, alla fine incontrollabile. La Turchia in questo senso sta dando messaggi molto importanti.

    D. – Obama ha detto che Assad deve dimettersi…

    R. – Non credo che Assad possa essere intimorito. Come abbiamo visto, come è successo con Gheddafi, la replica è che esiste un complotto internazionale organizzato dalle grandi potenze occidentali per rovesciare questi regimi; si minacciano rigurgiti di fondamentalismo islamico… E’ uno scenario che abbiamo già visto in Libia e che vediamo riproporsi qui. Sicuramente sono personaggi, sistemi di potere, che non cedono di fronte a qualche minaccia, per quanto autorevole, come possa essere quella del presidente degli Stati Uniti. (bf)

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    Maltempo: 480 morti negli ultimi giorni in Europa, flagellato soprattutto l'est

    ◊   In Europa, sono oltre 480 i morti negli ultimi dieci giorni a causa del maltempo. 136 nella sola Ucraina. Stretti dalla morsa del gelo anche i Balcani. In Italia dal primo febbraio hanno perso la vita 40 persone e si attende una nuova ondata di neve nel fine settimana. Il servizio di Debora Donnini:

    Il gelo continua a mietere vittime in Europa. In Ucraina, i morti sono 136 e la situazione potrebbe peggiorare con le temperature che nel fine settimana dovrebbero scendere a 30 gradi sotto zero. Fortemente colpite anche la Polonia, la Repubblica Ceca, la Lituania e la Bulgaria, dove in alcune località si registrano meno 20 gradi. Seri problemi anche in Serbia. E dal freddo non è risparmiato nemmeno il Nord Africa. In Algeria, si contano un’ottantina di morti causate più o meno indirettamente dall’ondata di maltempo.

    Per questo fine settimana, neve è attesa un po' anche su tutta l’Italia, specialmente sul versante adriatico. Nella Penisola già si contano 40 morti. In vista di questa nuova possibile emergenza, il premier Mario Monti ha firmato un decreto che assegna al capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, il coordinamento degli interventi. Assicurata la collaborazione fra lo stesso Gabrielli e il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Nella capitale, chiusi domani e dopodomani scuole e pubblici uffici e disposto l’obbligo di catene a bordo, da montare appena dovesse nevicare.

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    Maldive nel caos, appello del presidente destituito. La testimonianza di un italiano

    ◊   A 48 ore dalle dimissioni dell'ormai ex presidente delle Maldive, Mohamed Nasheed, la situazione sta precipitando. Lo stesso Nasheed è stato fermato e imprigionato, per poi essere rilasciato verso le 13.30 italiane, appena in tempo per lanciare un messaggio attraverso una televisione indiana dove chiedeva al mondo di "salvare il suo Paese". La sua famiglia è scappata in Sri Lanka. I disordini si stanno estendendo dalla capitale Malè agli altri atolli, con già 200 arrestati fra i manifestanti. La Farnesina sta monitorando la situazione, anche se sembra che per i turisti non ci siano problemi. Per capire la situazione Massimo Pittarello ha raggiunto Fabio Marziali, uno degli italiani che lavorano proprio alle Maldive:

    R. - La situazione nei resort è tranquilla perché qua non succede niente, gli scontri sono confinati nelle città come Malè e nei villaggi un po’ più grandi negli altri atolli. Per il resto, qui, chi dello staff maldiviano ha i parenti a Malè è un po’ preoccupato perché la situazione sembra peggiorare, però ci giungono notizie un po’ incerte. Per i turisti il disagio è minimo anche perché l’aeroporto funziona bene.

    D. – Dalla popolazione locale, Nasheed, il presidente ora destituito, era visto come una speranza dopo 30 anni di Gayoom. Come viene vissuto questo momento molto delicato?

    R. – C’è stata una spaccatura a metà. Ascoltando anche i ragazzi che sono qui, che lavorano, alcuni sono per il nuovo presidente e alcuni vogliono che torni il vecchio. Per alcuni il presidente che è appena uscito ha fatto alcuni errori e viene visto come un problema e quindi il successore viene visto come una speranza per il futuro, soprattutto per la situazione lavorativa, perché questi ragazzi nei resort a volte vengono un po’ sottopagati. Questo è un po’ il problema centrale.

    D. – Sappiamo che Gayoom ha governato secondo la stretta osservanza delle regole islamiche. Ritiene che per gli abitanti delle Maldive ci sia libertà religiosa?

    R. - Questa è una domanda difficile perché parlano poco di questo, si aprono poco con noi ragazzi occidentali. Alcuni vivono la religione più profondamente, altri sono disposti a rompere delle regole… Dipende da persona a persona. Il quadro generale è difficile da comprendere. E’ sicuramente una situazione che crea tensione, soprattutto nei giovani, perché vedono noi ragazzi occidentali comportarci in un certo modo e cercano un’apertura per quanto riguarda alcuni comportamenti e alcune leggi che ci sono.

    D. – La tensione è alta, 200 manifestanti sono stati arrestati dall’esercito: è un vero e proprio colpo di Stato?

    R. – Giungono notizie un po’ incerte. E’ difficile dare un giudizio. I ragazzi sono sempre attaccati alla televisione e cercano di capire quello che sta succedendo. In città ci sono stati scontri, anche in altre isole dove ci sono villaggi più grandi, persone hanno attaccato i centri di polizia… Quindi ci sono problemi. (bf)

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    Piano Onu per risolvere il dramma dei profughi rapiti dai predoni nel Sinai

    ◊   L’Onu scende in campo per cercare di risolvere la drammatica situazione delle centinaia di persone, soprattutto eritree, sequestrate, a scopo di estorsione, da bande di predoni nella penisola egiziana del Sinai. Di molti di loro non si hanno più notizie. Probabile l’utilizzo dei loro corpi per il traffico di organi umani. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

    R. – L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati è venuto a conoscenza di questa tragedia da tempo. Sappiamo dal 2010 – che c’è questa situazione scellerata e siamo intervenuti a più riprese, anche con le stesse autorità egiziane. Purtroppo, però, ci siamo scontrati con il fatto che questa zona sembra essere una terra di nessuno, dove comandano, di fatto, i predoni, i beduini. Certo è che, ad oggi, si può parlare veramente di una rete che impone ai sequestrati le violenze più terribili. Devo, però, anche spiegare i meccanismi che vengono messi in atto in questi sequestri, a scopo di estorsione. L’Eritrea è un Paese, da dove la gioventù tenta di fuggire e i motivi sono vari. Ad esempio, un servizio di leva obbligatorio impone a questi ragazzi – uomini e donne – di entrare sotto le armi giovanissimi, a 16 anni, e senza scadenza, quindi, senza avere una certezza del futuro. Molti tentato quindi di andare via, sostenuti dalle famiglie, che però poi affrontano serissimi problemi con le autorità, perché sono arrestati e debbono rispondere direttamente della fuga dei ragazzi. I giovani in fuga dall’Eritrea arrivano quasi tutti in Sudan. Alcuni di loro fanno sosta nel campo di Shagarab, gestito dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, e da questo campo diversi di loro poi escono nel giro di un paio di mesi, perché entrano in contatto con chi può consentire loro di continuare il viaggio. Questo passaggio viene fatto su base quasi sempre libera, ma anche spinti dalla disperazione. Alcuni di loro purtroppo cadono invece vittima dei predoni. Quando questo accade, per loro, si aprono le porte dell’inferno, perché vengono sequestrati, le famiglie vengono contattate e si richiede loro un riscatto. Si parla di cifre inaccessibili per loro e fintanto che questi soldi non arrivano, i giovani sono nelle mani di questa gente senza scrupoli. Alcuni di questi ragazzi sono stati vittime anche di espianti di organi. E’ un fenomeno, dunque, dalle connotazioni terribili, che l’Alto Commissario ha voluto sollevare, cercando anche sostegno da parte dei governi che dovrebbero, nella regione, collaborare di più per dare delle risposte concrete a questa situazione.

    D. – Qual è il piano che l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati propone a questo punto?

    R. – Chiediamo un’azione concreta da parte della comunità internazionale, che passa dal far pressione presso i governi locali, affinché prendano delle misure idonee, ma è anche necessario varare un progetto specifico di ricerca, perché tali fenomeni devono essere anche conosciuti, studiati e capiti per quello che sono. E’ inoltre necessario aumentare la sicurezza nei campi che ci sono nella zona tra Eritrea e Sinai, per sviluppare poi la capacità di chi opera in questi territori di avere delle attrezzature più adeguate per riuscire a dare delle risposte efficaci. Purtroppo risulta che in alcuni casi siano coinvolti in questi traffici anche le forze dell’ordine e gli stessi funzionari. Quindi, la cosa principale è che gli Stati si impegnino a far chiarezza su chi lucra su questa sciagura. Bisognerebbe poi andare anche oltre. Ci sono intere generazioni di eritrei che fuggono dal loro Paese. Bisognerebbe evitare che questa gioventù sia costretta ad andare via dal proprio Paese. Questa sarebbe l’azione più importante da fare: operare alla causa che genera questo spostamento forzato di migliaia e migliaia di giovani. (ap)

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    Il presidente della "Catholic Health Association", suor Carol Keehan: Obama torni indietro sull’obiezione di coscienza

    ◊   Negli Stati Uniti, si rafforza nel mondo cattolico, e non solo, l’opposizione alla decisione dell’Amministrazione Obama di obbligare le istituzioni sanitarie religiose ad includere nei loro piani assicurativi prodotti contraccettivi ed abortivi. Assieme alla Conferenza episcopale degli Stati Uniti, centinaia di ospedali e associazioni cattoliche si sono mobilitate per chiedere il rispetto della libertà religiosa e dell’obiezione di coscienza, tradite da questa disposizione contenuta nelle linee-guida della riforma sanitaria. Per un commento sulle ragioni di questa mobilitazione, Alessandro Gisotti ha intervistato suor Carol Keehan, presidente della “Catholic Health Association”, ente che dal 1915 riunisce gli operatori sanitari cattolici americani:

    R. – This is the first time, on a federal level, in our Country, that we’ve had …
    Questa è la prima volta che a livello federale, nel nostro Paese, il governo dice alla Chiesa di dover acquisire qualcosa a cui la Chiesa da lungo tempo si oppone. Ed è anche la prima volta che si è arrivati a coniare questa definizione tanto riduttiva di “datore di lavoro religioso”. Da oltre due secoli, ospedali cattolici, scuole cattoliche e università cattoliche esistono sul suolo americano, e noi ci siamo sempre considerati ministri della Chiesa. E il fatto che il governo federale abbia improvvisamente modificato la definizione in “datore di lavoro religioso”, potenzialmente apre la strada a molte ingerenze nei riguardi delle nostre convinzioni morali. Dai tempi del nostro primo presidente, Thomas Jefferson, fino allo stesso presidente Obama, siamo sempre stati rassicurati sul rispetto della nostra libertà di coscienza.

    D. – Ci può dire quali sono state le reazioni, i sentimenti dei componenti della “Catholic Health Association” – medici, infermieri, religiosi e laici – che lavorano presso gli ospedali cattolici?

    R. – You know, I think the interesting thing is not only in Catholic hospitals …
    Vede, mi sembra che l’aspetto interessante sia che non soltanto negli ospedali cattolici, ma nella nostra stampa laica, perfino tra gente che ritiene che la contraccezione sia una cosa giusta e non aderisce alle posizioni della Chiesa in materia, perfino loro sono rimasti molto male per il fatto che il governo federale tenti di costringere le istituzioni ecclesiastiche a fare qualcosa che è palesemente contrario alla loro natura. Noi abbiamo detto: questa non è una decisione saggia; questa disposizione deve essere ripensata. Noi ci stiamo impegnando per far comprendere alle autorità che questa non è stata una buona mossa, e che è necessario ripensarla.

    D. – Quale tipo di soluzione potrebbe essere accettabile?

    R. – There are probably three major avenues to look at. …
    Probabilmente, tre sono le possibili strade da intraprendere. La prima è trattare per far comprendere all’Amministrazione che questa non è una decisione utile: di questo devono convincersi. La seconda è la via della legislazione, con una firma finale del presidente; la terza è la via quella di una causa legale. Sono tutte opzioni aperte. Certo, sarebbe molto meglio trattare per risolvere la questione. (gf)

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    I vescovi indiani: Chiesa al fianco di poveri ed emarginati

    ◊   La Chiesa dell’India si impegna a favore dei poveri, degli emarginati e dell’ambiente: questo il messaggio finale della 30ma Plenaria dei vescovi indiani, conclusasi ieri a Bangalore. Nel lungo documento, i presuli sottolineano l’importanza del “ruolo profetico della Chiesa quale contributo per un’India migliore” e ribadiscono: “Per lottare a favore di un Paese migliore, la Chiesa stessa deve diventare migliore”. Il servizio di Isabella Piro:

    Sono linee-guida per il futuro quelle che i vescovi tracciano a conclusione della loro Plenaria. E al primo posto, pongono la necessità di guardare, sia all’interno che all’esterno della Chiesa, ad uno stile di vita semplice, “austero”, che insegni ai fedeli a contrastare “il consumismo sfrenato”, garantendo “trasparenza e responsabilità”. Di qui, la sottolineatura forte che i vescovi danno alla “conoscenza ed attuazione della Dottrina sociale della Chiesa, la quale rimarca la centralità della persona umana e l’impegno per il bene comune, puntando allo sviluppo umano integrale e alla creazione di una società giusta”. Quanto agli “attacchi alla Chiesa”, i presuli affermano che, malgrado ciò, essi continueranno “ad operare a favore degli svantaggiati e degli emarginati, coinvolgendo in questa missione anche medici, avvocati ed altro personale qualificato”, poiché è proprio “nel raggiungere gli ultimi della società che la Chiesa rappresenta il volto compassionevole di Cristo”. Altro punto centrale per la CBCI è “la sacralità della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale”. Un principio che i presuli indiani, “dolorosamente consapevoli dei feticidi femminili”, si propongono “di inculcare” nei fedeli. Il documento finale della Plenaria affronta, poi, la questione educativa: innanzitutto, i presuli ricordano che la Chiesa in India ha costruito “una vasta rete di scuole e di università”, di cui il 59,3 % è situato in aree rurali, è frequentato dal 54% di studentesse e dal 71,7% di giovani di altre comunità religiose. In quest’ottica, quindi, i vescovi si impegnano ad utilizzare le istituzioni educative cattoliche “come agenti di trasformazione sociale, facendo sì che gli studenti assimilino quei valori etici e spirituali capaci di renderli cittadini al servizio del Paese in modo retto ed onesto”. Sullo stesso piano, la CBCI pone i servizi sanitari portati avanti dalla Chiesa e che includono “788 ospedali, numerosi dispensari e centri per malati mentali e terminali, lebbrosi, persone affette da tubercolosi e da Aids”. Si tratta, ribadiscono i presuli, di centri che curano la popolazione “a prescindere dal credo o dalla casta, al di là di ogni tipo di discriminazione”. Una lunga parte del messaggio viene quindi dedicata alla tutela dei poveri, degli emarginati, delle donne, dei bambini sempre più sfruttati, dei migranti, delle “vittime della tratta”, “di tutti coloro che vivono in una miseria disumana ed opprimente”: a tutti la Chiesa promette il proprio impegno “per la loro liberazione”, grazie anche all’aiuto delle organizzazioni non governative ed alla “cooperazione con lo Stato”, così da aiutarli ad “usufruire dei benefici e delle sovvenzioni nazionali”. In questo modo, “la Chiesa darà voce a chi è senza voce”. Soffermandosi, in particolare, sulla questione dei dalit, i vescovi indiani affermano che “la discriminazione per casta è contraria al Vangelo” e in quanto tale “va sradicata, ovunque essa persista”. “La Chiesa – si legge nel messaggio – compirà sforzi concertati per legittimare i dalit, lottando insieme a loro per l’uguaglianza dei diritti e dei benefici costituzionali che attualmente vengono loro negati sulla base della religione”. “A tutti i settori più deboli della società - continuano i vescovi - garantiamo che faremo il possibile per prepararli e portarli ad una posizione di leadership a livello locale, regionale e nazionale”. Un’altra questione cruciale affrontata dalla CBCI è quella della difesa dell’ambiente: “Siamo custodi del Creato di Dio – scrivono i vescovi – e dobbiamo usare le risorse per il bene di tutti, tenendo presente anche il nostro dovere nei confronti delle prossime generazioni”. Di qui, la messa in guardia contro “le miniere illegali, la deforestazione, l’inquinamento dell’acqua, dell’aria e della terra che distruggono l’equilibrio ecologico”. Per questo, i presuli indiani incoraggiano “l’utilizzo delle fonti naturali di energia, dell’agricoltura biologica e dell’adeguato smaltimento dei rifiuti”. Non manca, poi, naturalmente, la pagina dedicata alla pace e alla riconciliazione: in questo senso, i presuli incoraggiano i fedeli laici e le comunità cristiane di base “ad intraprendere un dialogo di vita e di azione con persone di altre tradizioni religiose, lavorando in armonia per il bene comune della società”. Ovviamente, anche “i sacerdoti, i religiosi e le religiose” devono impegnarsi nella costruzione di un Paese migliore, così come i giovani, che devono mettere “il loro dinamismo e la loro vitalità” a servizio di tale “nobile impresa” Senza dimenticare la preghiera, poiché “non è solo con i nostri sforzi – affermano i vescovi – che potremo costruire un’India migliore”. E tale sarà il Paese in cui si riscontreranno gli ideali sanciti dalla Costituzione, conclude la CBCI, ovvero “la giustizia sociale, economica e politica; la libertà di pensiero, espressione, credo, fede e culto; la fraternità che assicura la dignità dell’individuo, insieme all’unità e all’integrità della nazione; l’uguaglianza di status e le pari opportunità”. Infine, la Chiesa indiana si affida alla Vergine Maria, Assunta in cielo il 15 agosto, giorno dell’Indipendenza del Paese.

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    Italia: nel 2065 saranno oltre 14 milioni gli stranieri. La Caritas: urge riforma della cittadinanza

    ◊   Nel 2065 gli stranieri in Italia potrebbero essere il 20% della popolazione. L’Ufficio Internazionale per le Migrazioni ha presentato uno studio sugli arrivi in Italia dal 1951 al 2011 dove emerge che l’integrazione è la vera sfida del futuro. Alessandro Guarasci.

    Dall’Unità d’Italia la progressione della loro presenza nel Paese è stata notevole: nel 1861 c’erano 89 mila stranieri, oggi sono oltre quattro milioni e mezzo. E nel 2065 potrebbero arrivare ad essere oltre 14 milioni. In compenso c’è stato un crollo netto degli espatri degli italiani: ora sono meno di 50 mila l’anno. Per l’Oim, lOrganizzazione Internazionale per le Migrazioni, nel futuro dell’Italia c’è scritto la parola “immigrazione” e bisogna avviare una convivenza nelle pari opportunità. Il direttore dell’Ufficio per l’Italia José Angel Oropeza:

    “Non credo che l’Italia sia un Paese dove si faccia una deliberata politica di respingimento. Certo, alcuni migranti che non possono stare nel territorio italiano devono andare via. L’Italia ha un programma di ritorno volontario assistito per migranti che sono in situazioni irregolari o che hanno perso il loro lavoro a causa della crisi e che ora vorrebbero rientrare nel proprio Paese”.

    Per la Caritas, comunque la vera sfida è riformare il percorso per la cittadinanza. Il responsabile del dossier immigrazione Franco Pittau:

    “Alcune cose che andavano bene nel passato, quando la presenza straniera era quasi inconsistente, oggi non vanno più bene. Fortunatamente, c’è un movimento di idee, anche trasversali agli schieramenti politici, che man mano sta emergendo. Ci vorrà ancora pazienza, però credo che ci arriveremo, perché è nell’interesse dell’Italia, valorizzare le persone che nasceranno e moriranno nel suo territorio”.

    Tanti nuovi italiani chiedono di cambiare la legge del ’92, basata principalmente sullo ius sanguinis.

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    Agenda digitale: parte l'iniziativa del governo

    ◊   Il ‘Progetto strategico Agenda digitale italiana’ è una delle principali novità del decreto ‘Semplifica Italia’, iniziativa strategica del Governo per l’informatizzazione della Penisola. Oggi la prima riunione, con il ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Francesco Profumo, e Paolo Peluffo, sottosegretario per la Comunicazione e l’Editoria. Massimo Pittarello ha chiesto a Peter Kruger, esperto in materia di digitalizzazione ed ex consulente del ministro per le Telecomunicazioni quale è l’importanza di tale iniziativa.

    R. – E’ un primo passo molto importante. Importante anche solo dal punto di vista simbolico perché, finalmente, il termine “agenda digitale” entra nell’azione di governo. Questo l’avevamo già capito durante il discorso di insediamento del presidente Monti, al Senato. Bisogna andare un po’ oltre quello che è stato il modo di intendere il digitale fino ad oggi da parte della politica e, in particolare, da parte dei governi. Il government e le infrastrutture sono sicuramente importanti, però l’agenda digitale è qualcosa di un po’ più ampio ed ambizioso e, per certi versi, anche più semplice di una politica che si articola in iniziative sul government piuttosto che sul finanziamento delle infrastrutture della banda larga e così via. L’agenda digitale è, in primo luogo, uno statement sugli obiettivi che si dà un Paese, sui temi del digitale, partendo dalla consapevolezza che il digitale – in particolare l’economia e la cultura digitale – è un qualcosa che l’intero Paese è chiamato ad affrontare, non soltanto il governo o gli operatori di telecomunicazioni, ma tutti, dai cittadini alle imprese. E’ un’impresa che chiama tutto il Paese alla mobilitazione. Questo avviene, soprattutto, per un Paese come l’Italia, che da questo punto di vista è in forte ritardo. La prima cosa, quindi, è che ci facciamo un’agenda digitale, che stabilisca degli obiettivi validi per tutto il Paese e sui quali il Paese si possa mobilitare. Sono obiettivi che non riguardano solo il government o le infrastrutture della banda larga, ma anche le piccole imprese, i servizi che possono utilizzare, le medie imprese ed i servizi che possono utilizzare le grandi imprese ed i miglioramenti che possono apportare alla produzione piuttosto che all’erogazione dei servizi da una vera e propria adozione delle tecnologie digitali. Riguardano i cittadini, i consumatori, gli studenti, i giovani lavoratori. La seconda cosa di cui abbiamo disperatamente bisogno sono gli strumenti di valutazione più che le ricette specifiche. Una volta che vengono definiti gli obiettivi, dobbiamo avere anche degli strumenti che ci consentano di misurare effettivamente cosa sta accadendo, quanto ci stiamo avvicinando al raggiungimento degli obiettivi stessi. Abbiamo diffuso una quantità impressionante di lavagne elettroniche, nelle scuole, e questo viene utilizzato da molti come indicatore di grande penetrazione dell’alfabetizzazione digitale nelle scuole. Peccato, però, che se andiamo a vedere i tassi di utilizzo di queste lavagne, essi risultano essere molto bassi e quindi, evidentemente, quello non era un indicatore che aiutava molto. Abbiamo bisogno di strumenti che ci consentano di misurare il raggiungimento degli obiettivi e bisogna che questi strumenti siano messi in mano a soggetti che siano un po’ indipendenti. La terza cosa, che secondo me è davvero molto importante, è ascoltare le voci dei soggetti che sono realmente coinvolti nei processi di innovazione, di coloro che realmente fanno innovazione. Se rimettiamo la discussione nelle mani dei soliti professionisti dell’innovazione – che sono molti - rischiamo di avere un contributo non che non sia importante, ma comunque molto parziale.

    D. – Tra gli effetti immediati, si potrà avere uno snellimento della burocrazia italiana?

    R. – Sì, si potrà avere uno snellimento drammatico della burocrazia italiana. In questi giorni si parla molto di emergenza e di gestione dell’emergenza, ma molti problemi derivanti dall’emergenza-neve, si sarebbero potuti risolvere non con politiche dell’emergenza, ma con politiche banali di gestione ordinaria. Faccio un esempio: se oggi una persona, non in una giornata di emergenza ma in una qualsiasi normale giornata, va a fare la prenotazione per un viaggio in treno e ad acquistarne il biglietto, il sistema non fornisce nessun dato su quello che è lo stato dei treni. Cioè: posso comprare tranquillamente un biglietto di un treno, che però Trenitalia già sa essere in ritardo di 50 minuti o sa che magari è stato soppresso. Pensi questo che cosa implica dal punto di vista della gestione di una situazione di emergenza. Nel 2012 questa è una cosa inconcepibile, ed è peraltro una cosa semplicissima. C’è un altro ambito di semplificazione enorme, ed è dato dall’open government. Il fatto, cioè, che i cittadini possano accedere ai dati sull’attività della pubblica amministrazione è una vera e propria rivoluzione, perché permette veramente, ai cittadini, non solo di verificare ma anche di fornire feedback. Una cosa del genere, che riguarda tutte le informazioni inerenti la gestione della cosa pubblica, può essere un meccanismo di trasformazione potentissimo nella società in cui viviamo. (vv)


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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: il patriarca Gregorios III chiede preghiera e solidarietà per i Paesi arabi

    ◊   “Nelle tragiche situazioni attuali dei nostri Paesi arabi, soprattutto in Siria, invitiamo i nostri sacerdoti e fedeli a fare di questo tempo di Quaresima un tempo di preghiera e d’intercessione, di penitenza per la pace, la solidarietà, l’unità e la concordia, per il dialogo e il rispetto tra tutti i cittadini”. È quanto scrive Gregorios III, patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, nella sua Lettera per la Quaresima 2012. Il patriarca greco-melchita - riferisce l'agenzia Sir - invoca su tutti i Paesi arabi la protezione di Dio ed esorta sacerdoti e fedeli a impegnarsi per “riscoprire la gioia dell’esperienza cristiana”. “La nuova evangelizzazione - scrive Gregorios III - è l’incoraggiamento di cui hanno bisogno le comunità stanche. La vita spirituale e il suo approfondimento sono mezzi efficaci per superare le malattie moderne”. In particolare il patriarca invita, in questa Quaresima, a riscoprire la dimensione del silenzio: “È importante educare le nuove generazioni al silenzio e alla calma, soprattutto nelle loro attività; è importante, anche, insistere sull’ascesi cristiana, sulla mistica e la mortificazione”. Ai giovani seminaristi, invece, il patriarca consiglia di “far crescere l’intimità e la familiarità con Cristo e la Parola di Dio”. (R.P.)

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    Egitto: ad Alessandria espulsione forzata di 62 famiglie copte da parte dei salafiti

    ◊   I musulmani radicali stanno cercando di svuotare un villaggio della sua popolazione copta – composta da 62 famiglie – vicino ad Alessandria, sulla base di accuse non fondate contro un copto. I copti di Kobry-el-Sharbat (el-Amerya) sono stati attaccati il 27 gennaio scorso da una folla di circa tremila islamici guidati da leader salafiti che hanno dato fuoco a case e negozi dei copti. La violenza è nata dalle accuse di un barbiere musulmano, Toemah, che affermava che un sarto copto di 34 anni, Mourad Samy Guirgis, aveva sul suo cellulare foto “illecite” di una donna musulmana. Mourad ha negato le accuse, e si è consegnato alla polizia temendo per la sua vita. I musulmani hanno dato fuoco alla sua casa e al suo negozio, e tutta la sua famiglia è stata obbligata a lasciare il villaggio. Mourad è ancora sotto custodia della polizia. Da allora si sono svolti tre “incontri di riconciliazione” nel quartier generale della polizia a el-Amerya, a cui hanno partecipato rappresentanti della Chiesa copta, dei salafiti e dei Fratelli musulmani. Secondo la polizia, la donna interessata ha negato l’intera storia, e sul cellulare di Mourad non sono state trovate foto compromettenti di nessun genere. Ma i radicali musulmani sostengono che “l’onore musulmano è stato danneggiato”, e nel primo incontro hanno rifiutato ogni tipo di risarcimento per i copti che sono rimasti vittime innocenti della violenza. Il 30 gennaio una folla di islamici ha attaccato di nuovo il villaggio di Kobry- el-Sharbat per la seconda volta, dando fuoco a tre case cristiane, sotto gli occhi delle forze di sicurezza. In seguito i rappresentanti islamici hanno chiesto che un ricco mercante copto, Soliman, fosse cacciato dal villaggio, accusando lui e i suoi figli di aver sparato in aria mentre gli bruciavano la casa. La famiglia del mercante nega che ci siano stati spari, e nessuno è rimasto ferito. La polizia ha spiccato comunque un mandato di arresto per i figli di Soliman. Il 1° febbraio in un “incontro di riconciliazione” è stato chiesto che un altro numero di famiglie copte fosse cacciato dal villaggio e la vendita coatta dei beni di Soliman, sotto la supervisione dello sceicco salafita Sherif el-Hawary. In caso contrario Kobry el-Sharbat sarebbe stato attaccato di nuovo, e le case copte bruciate totalmente. Soliman ha firmato l’accordo, definito da padre Boktor, che ha presenziato all’atto, “una completa ingiustizia”. Soliman ha accettato solo per evitare altri danni ai copti. Magdy Khalil, capo del Middle East Freedom Forum, ha dichiarato che gli “incontri di riconciliazione” erano totalmente illegali, e che è evidente la complicità delle autorità dello Stato egiziano, e ha incitato i copti a tornare alle loro case. “Se accettiamo questo, apriremo le porte a una valanga di espulsioni forzate”. E l’espulsione forzata è un crimine secondo la legge internazionale. (R.P.)

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    Iraq: il nunzio per l'esodo dei cristiani chiede al governo "sforzi congiunti"

    ◊   “Sforzi congiunti per ridurre al minimo il fenomeno dell’emigrazione di famiglie da Baghdad e da Mosul”. È quanto ha chiesto il nunzio apostolico in Iraq e Giordania, mons. Giorgio Lingua, nel corso di un incontro, svoltosi lunedì scorso nella capitale irachena, con il ministro della Pianificazione, Ali Yousif al-Shukri. Secondo l’agenzia Aswat al Iraq, rilanciata dal sito Baghdadhope, il ministro ha espresso la sua preoccupazione per la condizione dei cristiani in Iraq, passati dal 5% del 1977 a meno dell’1% di oggi. Tuttavia - riporta l'agenzia Sir - al-Shukri ha tenuto a precisare che il terrorismo non è diretto solo contro i cristiani ma contro tutti gli strati della popolazione irachena. Dal canto suo il nunzio ha confermato che il Vaticano, lungi dall’essere una potenza economica, è pronto ad essere un alleato dell’Iraq. Sempre il 6 febbraio il ministro della Pianificazione ha incontrato anche l’ambasciatore italiano in Iraq, Gerardo Carante, per discutere delle relazioni bilaterali. Carante, secondo l’agenzia Aswat al Iraq, ha annunciato il prestito di mezzo miliardo di euro per sostenere le infrastrutture e lo sviluppo umano del Paese. Carante ha inoltre messo in evidenza che il 10% del prestito coinvolgerà i cristiani. Il prestito sarà rimborsato in 8 anni e destinato a programmi abitativi anche per i cristiani più poveri, alla costruzione di un porto, di un’università ad Ankawa e ai beni culturali. (R.P.)

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    Terra Santa: leader religiosi condannano la profanazione del monastero greco-ortodosso

    ◊   Il Consiglio delle Istituzioni religiose della Terra Santa, in una nota, condanna gli atti di profanazione e le scritte sul monastero greco-ortodosso di Gerusalemme, avvenuti la notte tra il 6 e il 7 febbraio. Il Consiglio, afferma la nota a firma del Gran Rabbinato di Israele, del Ministero del Waqf e degli affari religiosi dell‘Autorità palestinese e dei Capi delle chiese locali in Terra Santa, “invita le persone di tutte le confessioni, cristiani, ebrei e musulmani, a rispettare tutti i Luoghi santi e gli spazi delle tre religioni, e deplora fortemente il comportamento degli estremisti che sfruttano o coinvolgono i Luoghi sacri in un conflitto politico e territoriale”. Gli slogan anti-cristiani, secondo la radio militare israeliana, potrebbero essere opera di coloni di estrema destra che negli ultimi mesi, avrebbero allo stesso modo profanato anche diverse moschee in Cisgiordania. Sempre la stessa notte, a Gerusalemme, scritte anti-arabe sono state tracciate anche sulle pareti di una scuola dove studiano insieme bambini israeliani e palestinesi. In passato slogan anti-cristiani erano comparsi anche in un cimitero greco-ortodosso di Jaffa, alla periferia di Tel Aviv. (R.P.)


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    Grecia. Trovato l'accordo per salvare il Paese dalla bancarotta

    ◊   In Grecia è stato raggiunto l'accordo sulle misure di austerità proposte dalla Troika - composta da Unione Europea, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea - per sbloccare gli aiuti da 130 miliardi di euro ad Atene e impedire la bancarotta del Paese. Le misure ammonterebbero a 300 milioni di euro e riguarderebberi tagli alla spesa pubblica. L'accordo è stato raggiunto dai tre partiti che sostengono il governo Papademos. Forti le tensioni in tutto il Paese. All’accordo con i creditori internazionali, i sindacati greci rispondono con uno sciopero generale di 48 ore a partire da domani mentre arrivano gli ultimi dati drammatici sulla disoccupazione che per la prima volta colpisce oltre il milione di persone, salendo dal 18,2% al 20,9%. Per quanto riguarda i giovani, il tasso dei senza lavoro tocca il 48%: quasi un giovane su due è disoccupato.

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    Indonesia: Centro studi musulmano invita a proteggere le chiese dai gruppi radicali islamici

    ◊   Salvare le chiese cristiane in Indonesia dall’influenza e dagli attacchi dei gruppi radicali islamici è necessario ed è possibile: è quanto afferma un nuovo rapporto pubblicato dalla “Paramadina Foundation”, organizzazione musulmana della società civile, impegnata a promuovere la tolleranza religiosa. La ricerca, titolata “La controversia sulle chiese nella Grande Jakarta” e pervenuta all’agenzia Fides, getta una luce sui fattori che generano relazioni interreligiose costruttive, analizzando le situazioni in cui le chiese cristiane non solo hanno ricevuto il permesso di edificazione ma che, una volta costruite, sono divenute un fattore di arricchimento e di socializzazione positiva per l’intera società. Il rapporto si riferisce alla nota controversia della Yasmin Church, della Chiesa Presbiteriana, che ha ricevuto la licenza di edificazione a Bogor ma che, per l’opposizione dei gruppi estremisti islamici, non è stata ancora costruita. L’area di riferimento è la megalopoli Giakarta, fatta di grandi sobborghi come Bogor e Bekasi, dove prosperano i gruppi radicali islamici. Le storie di successo raccontate nel Rapporto – che illustra 13 casi – indicano tre fattori cruciali: il primo fattore è il sostegno da parte del governo locale e della polizia. Nel caso della “Terang Hidup Church” (sempre dei cristiani Presbiteriani) a Giakarta, la polizia locale ha facilitato il dialogo tra il comitato di costruzione della chiesa e i gruppi che vi si opponevano. Il secondo fattore è il supporto dalle élites religiose. Ad esempio, nel caso della chiesa di San Mikael a Bekasi, il comitato di costruzione della chiesa ha ottenuto il sostegno di un leader musulmano locale, che godeva di grande fiducia nella comunità circostante. L'approccio avviato e i buoni rapporti hanno permesso al progetto di avere un esito positivo. Il terzo fattore è un ampio dialogo con la comunità musulmana della zona, per sottolineare che la chiesa “non serve al proselitismo verso i musulmani, ma per far sì che i cristiani della zona possano avere un legittimo luogo di culto”. Per esempio, quando la chiesa di S. Alberto a Bekasi era in costruzione, la commissione edilizia ha invitato le comunità vicine, i funzionari del governo locale e la polizia, ad una serie di incontri. Questo approccio ha convinto le comunità locali a non ostacolare la costruzione della chiesa. “Questi tre fattori fondamentali per preservare le buone relazioni tra maggioranza e minoranze religiose – spiega il Rapporto – dovrebbero essere ampiamente pubblicizzati. Lo schema, inoltre, potrebbe essere applicato alla creazione di moschee in comunità a maggioranza cristiana”. Il testo inviato a Fides conclude: “Il governo centrale dovrebbe imparare da questa ricerca come mitigare i conflitti causati dalla costruzione delle chiese e a difendere la Costituzione indonesiana, che garantisce la libertà religiosa”. (R.P.)


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    Usa: censurata una lettera dell’Ordinario militare su aborto e libertà di coscienza

    ◊   “Una violazione del diritto alla libertà di parola e di religione sancito dal Primo Emendamento”: con queste parole l’ordinario militare degli Stati Uniti, mons. Timothy Broglio, ha commentato il divieto fatto dall’Ufficio di coordinamento dei cappellani delle Forze Armate americane, di leggere un suo messaggio pastorale sul tema dell’aborto e della libertà di coscienza. La lettera, inviata il 26 gennaio scorso a tutti i cappellani cattolici, riguarda la controversa decisione dell’Amministrazione Obama di obbligare tutte le strutture ospedaliere americane, comprese quelle cattoliche, a fornire contraccettivi e prodotti abortivi nei propri programmi sanitari. Un provvedimento – come è noto - al centro di un vivace dibattito in queste settimane con l’episcopato che lo considera fondamentalmente lesivo della libertà di coscienza. La missiva fa appunto una serie di considerazioni critiche, richiamando la necessità di salvaguardare i valori fondamentali della tutela della vita e della libertà di coscienza. Il fatto di averne vietato la lettura nelle caserme, dichiara mons. Broglio in una nota fatta pervenire all’agenzia Cns, è “una violazione del diritto alla libertà di parola e al libero esercizio della religione, così come dei diritti di tutti i cappellani militari e dei loro fedeli”. Nella nota il presule precisa anche di avere avuto un incontro con il Segretario generale dell’Esercito John McHugh che ha convenuto che il divieto è stato “un errore”. Mons. Broglio ha da parte sua accettato la proposta di eliminare dalla lettera la frase “Non possiamo rispettare e non rispetteremo questa legge ingiusta”, in quanto potrebbe suscitare malintesi ed essere interpretata come un’istigazione alla disobbedienza civile. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Congo: i missionari denunciano la crisi di legittimità delle istituzioni

    ◊   Le istituzioni della Repubblica Democratica del Congo rischiano di trovarsi di fronte a una crisi di legittimità a seguito delle controversie relative sia alle elezioni presidenziali, vinte dal presidente uscente Kabila, sia a quelle legislative. È quanto afferma una nota inviata all’agenzia Fides dalla “Rete Pace per il Congo”, promossa dai missionari che operano nel Paese. Dopo che la Commissione elettorale nazionale Indipendente (Ceni) ha pubblicato i risultati provvisori delle elezioni legislative del 28 novembre, avvertono i missionari, sembra che “tutto si sta svolgendo come se si trattasse di elezioni perfettamente normali e regolari, senza tener conto dei molti errori, delle numerose irregolarità e dei molteplici brogli elettorali constatati, sia a livello delle legislative che delle presidenziali, essendo entrambe state organizzate nello stesso giorno e nelle stesse circostanze”. “Il popolo congolese – prosegue la nota – è ben consapevole che un presidente della Repubblica manca di legittimità quando i risultati pubblicati non corrispondono esattamente a quelli espressi nelle urne. La stessa cosa vale anche per i deputati eletti in simili circostanze”. La Rete Pace per il Congo osserva poi che “la crisi di legittimità, del tutto evidente per quanto riguarda la maggioranza presidenziale, può intaccare anche l’opposizione”. In realtà, concludono, “è difficile sapere chi ha vinto e chi ha perso le presidenziali”. La Rete Pace per il Congo sottolinea che “probabilmente”, solo un nuovo conteggio dei voti potrebbe risolvere la controversia e dare legittimità alle istituzioni. (A.G.)

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    Sud Sudan: aggredito a Juba un giornalista di Radio Bakhita

    ◊   Un giornalista dell’emittente radiofonica cattolica ‘Radio Bakhita’ è stato aggredito da uomini della sicurezza a Juba, nella capitale del Sud Sudan, paese indipendente dallo scorso luglio. “Stava lavorando, registrando i lavori nell’aula del Parlamento dalla solita postazione che utilizziamo per questo genere di cose, quando sono arrivati e gli hanno chiesto di lasciare la sala”, ha raccontato all’agenzia Misna padre José Vieira da Silva, direttore dell’emittente all’indomani dell’aggressione. Mading Ngor, questo il nome del reporter, ha cercato di spiegare cosa stava facendo ma in quattro lo hanno aggredito. Questa è solo l’ultima in termini di tempo ai danni di un operatore dell’informazione. Di “segnali preoccupanti” parla anche il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) che denuncia “l’assenza di un chiaro meccanismo di censura o controllo, che unita alla mancanza di una legge sui media consente alle forze di sicurezza di fare arresti sommari”. La Misna riporta anche le parole di Nhial Bol, direttore del ‘The Citizen’, principale quotidiano di Juba: "a volte basta che qualche ministro sia incollerito da un articolo, perché decida di mandare una perquisizione, faccia chiudere il giornale". (D. D.)

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    Panama: mons. Lacunza mediatore fra governo e indigeni

    ◊   Il presidente della Conferenza episcopale di Panama, mons. José Luis Lacunza, vescovo della diocesi di David, è riuscito nella sua missione di mediatore tra il governo e il gruppo indigeno di etnia Ngäbe Bugle, facendo firmare un accordo di pace che mette fine alle violenze dei giorni scorsi, con morti e feriti. Il conflitto è nato in quanto gli indigeni chiedevano delle garanzie giuridiche per le loro terre ancestrali, in modo che la nuova legge mineraria limiti l’estrazione delle risorse minerarie e rispetti le risorse idriche. Una persona è morta e almeno 46 sono rimaste ferite in seguito agli scontri verificarisi il 5 febbraio tra polizia e manifestanti indigeni, nelle vicinanze della missione degli Agostiniani Recolletti a Bocas del Toro. I manifestanti in precedenza avevano bloccato la strada principale del Paese, cui erano seguiti gli scontri con le forze dell’ordine. Secondo le informazioni raccolte dall'agenzia Fides, sia il governo che i leaders dei manifestanti avevano accettato di dialogare solo con la mediazione della Chiesa cattolica, e ieri è stata diffusa la notizia che mons. José Luis Lacunza Maestrojuán aveva letto nella scuola rurale locale San Lorenzo, sede dei colloqui, a circa 400 chilometri dalla capitale, l'accordo che ha restituito la pace a quella zona. La capo degli Ngäbe Bugle, Silvia Carrera, che ha guidato la protesta, prima di firmare il documento ha dichiarato: "non abbiamo ancora raggiunto niente, il popolo indigeno Ngäbe sta lottando da più di 500 anni, e questo ci ha spinto a non credere nelle autorità, ma oggi vogliamo tutti andare tranquilli a casa, con la speranza di vedere realizzate le promesse dello Stato". Il Ministro panamense della Presidenza, Demetrio Papadimitriu, da parte sua, ha ringraziato mons. Lacunza per aver gestito la mediatore, e ha manifestato il dolore del governo nazionale per la morte del giovane Jeronimo Rodriguez, avvenuta durante gli scontri. (R.P.)

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    Galles: documento ecumenico sul "consenso presunto" nei trapianti

    ◊   Il consenso informato è condizione previa di libertà, perché il trapianto abbia la caratteristica di un dono e non sia interpretato come un atto coercitivo o di sfruttamento. Un articolo dell’Osservatore Romano ricorda quanto sottolineano, in un documento congiunto, dai leader della Chiesa in Galles: l’arcivescovo cattolico di Cardiff George Stack, l’arcivescovo anglicano di Galles Barry Morgan e l’archimandrita della missione ortodossa orientale del Galles, Deiniol — che esprimono profonde perplessità sulla proposta del Governo di introdurre, nella normativa sulla donazione dei tessuti e degli organi, la regola del «consenso presunto». Il Governo ha, infatti, pubblicato a novembre un «libro bianco» sulle proposte legislative sulla donazione di tessuti e di organi e una consultazione pubblica è continuata fino alla fine di gennaio. I presuli sollecitano quindi il Governo a riesaminare la proposta e chiedono un organismo indipendente per condurre una consultazione aperta. Deve valere sempre come criterio primario — ricordano i presuli del Galles — il rispetto per la vita del donatore e dunque che il prelievo di organi sia consentito solo in condizioni di morte accertata con criteri rigorosi. Nel documento congiunto viene anche sottolineato che l’atto d’amore espresso con il dono dei propri organi vitali permane come «una genuina testimonianza di carità». I presuli – spiega sempre l’Osservatore Romano - evidenziano che «la legge ha bisogno di affermare, senza ambiguità, se i parenti saranno in grado di negare l’autorizzazione per l’espianto di organi». Questo è un aspetto centrale della normativa che va chiarito in quanto, mentre l’alto tasso di donazioni volontarie parla di una diffusa «cultura di generosità», un sistema di «presunto consenso» sarebbe trasformare la donazione in un’azione predeterminata attraverso automatismi legislativi. «Il modo più efficace — affermano ancora i presuli — per aumentare il tasso di donazione di organi e di accordo alla donazione dopo la morte da parte dei familiari è quello di incoraggiare le persone a firmare il cosiddetto “Registro di donazione organi””. Occorre però anche porre la questione all’attenzione dei parenti e delle persone più vicine. I firmatari del documento congiunto fanno quindi riferimento alla scienza che, in questi anni, ha compiuto ulteriori progressi nell’accertare la morte del paziente. I risultati raggiunti è importante che ricevano il consenso dall’intera comunità scientifica. In un ambito così complesso come quello delle donazioni di tessuti e di organi, non può esserci, infatti, il minimo sospetto di arbitrio: deve sempre «prevalere il principio di precauzione» dove la certezza ancora non fosse raggiunta. (D.D.)

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    Terra Santa: concluso a Gerusalemme il Congresso dei commissari francescani

    ◊   Operare come dei «ponti» che costruiscono relazioni efficaci tra le Chiese locali, i vescovi e la Chiesa madre di Gerusalemme, presentando le necessità delle comunità cristiane di Terra Santa e sollecitando tutti a sostenerle e a dare speranza al loro futuro: è l’invito rivolto da padre José Rodríguez Carballo, ministro generale dell’Ordine francescano dei frati minori, nell’intervento conclusivo del terzo Congresso internazionale dei commissari di Terra Santa, svoltosi dal 30 gennaio al 4 febbraio al convento di San Salvatore a Gerusalemme. Il ministro generale – riferisce L’Osservatore Romano - ha sollecitato i commissari a coltivare rapporti significativi con la Custodia, attraverso visite periodiche e collaborando con le sue istituzioni per far fiorire vocazioni per la Terra Santa, e a curare le relazioni con il ministro provinciale e con i confratelli della Provincia, coinvolgendoli nel servizio alla Custodia e nell’attività dei commissariati. «E in ogni caso - ha sottolineato - emerga sempre lo stile francescano, che deve permeare le relazioni, la comunicazione, la gestione economica, la promozione delle vocazioni». Padre Rodríguez Carballo ha indirizzato ai commissari alcune esortazioni che - si legge nella sintesi della giornata pubblicata sul sito Custodia Terrae Sanctae - «debbono porsi come una sorta di decalogo programmatico nello svolgimento della loro delicata e preziosa missione». In particolare, e prima di ogni altra cosa, il ministro ha sollecitato i commissari ad amare Gesù e la Parola di Dio e ad assumere il Vangelo come regola e vita, trovando così la via e il significato autentico dell’amore per la Terra Santa, che si offre ai credenti come il “quinto Vangelo”. Compito dei commissari è di sostenere la Custodia e di far conoscere ovunque l’opera dei francescani in Medio Oriente a favore dei luoghi santi, delle “pietre vive” della Chiesa madre di Gerusalemme e dei pellegrini, dell’apertura ecumenica e interreligiosa, dello sviluppo culturale, scientifico ed educativo della regione. Per questo i commissari dovranno curare particolarmente l’organizzazione e l’animazione dei pellegrinaggi, il cui scopo principale è l’incontro con Cristo nella sua terra e la lettura delle sacre Scritture in situ, diventando così occasione di nuova evangelizzazione, di riscoperta della fede e di incontro con la diversità. È quindi necessario che i commissari aggiornino adeguatamente la loro preparazione in campo biblico, archeologico e teologico, facendo sì che il pellegrinaggio diventi un’esperienza di fede, di scienza e di cultura. (R.P.)

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    Comunione Anglicana: no a misure speciali per chi è contrario alle donne vescovo

    ◊   Nessuna misura speciale per garantire ai fedeli contrari all’ordinazione delle donne vescovo di poter contare su un vescovo uomo. Il Sinodo della “Chiesa di Inghilterra”, riunito a Londra, ha deciso di bocciare la proposta dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, e di quello di York, John Sentamu, che avrebbero voluto garantire alle parrocchie contrarie all’ordinazione delle donne vescovo di poter automaticamente essere amministrate da un vescovo uomo, perlomeno per alcuni settori della loro vita. Il suggerimento dei due leader di questa chiesa - riferisce l'agenzia Sir - era già stato rifiutato dal sinodo nel luglio 2010, ma è stato riproposto ieri pomeriggio in una mozione con la speranza che la nuova composizione dell’organo, che guida questa chiesa e che è stato rieletto da poco, portasse a una decisione diversa. La legislazione, che apre la via alle donne vescovo e sulla quale si lavora dal 2000, è già stata approvata da 42 diocesi su 44 e manca soltanto il voto favorevole del sinodo del prossimo luglio perché possa diventare realtà. Chi è contrario alle donne vescovo avrebbe voluto poter avere un accesso automatico a vescovi uomini. Nei mesi scorsi decine di pastori e centinaia di fedeli hanno deciso di passare alla Chiesa cattolica, grazie all’ordinariato avviato dalla costituzione “Anglicanorum coetibus” approvata da Benedetto XVI, proprio perché contrari all’ordinazione delle donne vescovo. (R.P.)

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    Mons. Crociata: gli esercizi spirituali tempo privilegiato per essere educati al Vangelo

    ◊   “La santità non è prerogativa di un’età, ma plasma tutte le età in misura conforme alle possibilità umane che ciascuna di esse è in grado di raggiungere”. Sono le parole – riportate dall’agenzia Sir – di mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, intervenuto ieri pomeriggio al convegno della Fies, Federazione italiana esercizi spirituali. Il presule ha sottolineato che la santità “non cessa mai di crescere, poiché non è una condizione statica conseguita una volta per tutte, ma una relazione interpersonale nello spazio della vita trinitaria il cui perfezionamento non ha mai fine”. Quindi per mons. Crociata gli esercizi spirituali “stanno sempre a ricordarci che il discernimento sulla nostra vita e sul nostro tempo non è compiuto una volta per tutte, poiché ad ogni passo si pone la domanda circa la volontà di Dio su di me e su questo tempo”. Mons. Crociata ha messo in evidenza la perenne attualità degli esercizi spirituali, che possono essere considerati a pieno titolo “un tempo privilegiato di educazione alla vita buona del Vangelo”. “Guardare al modello adulto – ha aggiunto - compiutamente realizzato per quanto è nelle possibilità umane trasformate dalla grazia, è la prima condizione per porre in atto un progetto educativo cristiano rispondente alle sue attese e alle sue finalità”. (D. D.)

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    Per l'emergenza neve saltano i primi appuntamenti ecclesiali

    ◊   Una serie di appuntamenti rimandati o annullati. Le previsioni meteo per questo fine settimana hanno portato numerosi uffici diocesani e enti a rimandare le iniziative in calendario. La diocesi di Roma - riferisce l'agenzia Sir - comunica che “a causa delle previsioni meteorologiche che indicano per le giornate di venerdì e sabato prossimi la probabilità di nevicate anche sulla città di Roma”, la celebrazione diocesana per la Giornata mondiale del malato che avrebbe dovuto tenersi alle ore 11 di sabato 11 febbraio nella basilica di San Giovanni in Laterano è rinviata a data da destinarsi. Una serie corposa di appuntamenti annullati anche nell’arcidiocesi di Modena -Nonantola doive sono saltati gli incontro per gli educatori di pastorale giovanile, la veglia di San Valentino, per i fidanzati, la Giornata del Malato. Anche la Libreria Editrice Vaticana comunica che l’incontro de “I Venerdì di Propaganda” del 10 febbraio prossimo è annullato e che l’appuntamento è rimandato a mercoledì 22 febbraio per l’appuntamento seguente in cui Neria De Giovanni incontrerà Ettore Gotti Tedeschi autore del volume “Le ragioni dell’economia” edito dalla Lev. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 40

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Vera Viselli.