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Sommario del 06/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • Incontro di Benedetto XVI con il Sermig. Il fondatore Olivero: il Papa conta sui giovani per la pace
  • Accreditata in Vaticano la neo capo delegazione dell’Unione Europea, Laurence Argimon-Pistre
  • Alla Gregoriana si apre il Simposio sugli abusi contro i minori. Intervista con don Di Noto
  • Il cardinale Bertone nella festa di Sant’Agata: la vera crisi è educativa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Oltre 50 morti in Siria: l'esercito bombarda Homs. Obama: sì a sanzioni, no all'intervento militare
  • Freddo polare in Europa: oltre 300 i morti. Mosca taglia le forniture di gas
  • Studio del Cnr: cambiamenti climatici causati negli ultimi 60 anni da fattori umani
  • Medio Oriente: accordo Fatah-Hamas per Abu Mazen alla guida del governo ad interim
  • Il demografo Blangiardo: rafforzare la famiglia è una risposta alla crisi
  • L’Oms chiede "tolleranza zero" contro le mutilazioni genitali femminili: 140 milioni le vittime nel mondo
  • “All’origine della pretesa cristiana”: testo di riflessione per Comunione e Liberazione nel 2012. L’intervista con Julián Carrón
  • Elisabetta II celebra i 60 anni di regno: intervista con l'ambasciatore britannico presso la Santa Sede
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • India: tra le urgenze per il Paese i vescovi invocano pace, sviluppo e istruzione
  • India: alle persecuzioni nell'Orissa i cristiani rispondono con il "perdono e l'amore ai nemici"
  • Pakistan: i cristiani all’estero chiedono di creare un Osservatorio sulla libertà religiosa
  • Filippine: decine di morti per un terremoto a Negros e Cebu
  • Honduras: il cardinale Maradiaga chiede alle autorità la fine di violenze, povertà e corruzione
  • L’Unione Africana non riesce a eleggere il nuovo presidente
  • Ucraina: il Ministero della cultura modifica la legge sulla Libertà di culto
  • Turchia: il patriarca Bartolomeo I all'Assemblea nazionale per la nuova Costituzione
  • Seul: simposio su missione ed evangelizzazione nella penisola coreana
  • La diocesi di Roma ricorda i quattro bambini rom morti un anno fa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Incontro di Benedetto XVI con il Sermig. Il fondatore Olivero: il Papa conta sui giovani per la pace

    ◊   Ieri mattina, dopo l’Angelus, Benedetto XVI ha ricevuto in Vaticano una delegazione del Sermig, l'Arsenale dei giovani per la pace, guidata dal suo fondatore Ernesto Olivero e dal sindaco di Torino, Piero Fassino. Nel corso dell’incontro, è stato consegnato al Pontefice il premio “Artigiano della Pace”. La delegazione del Sermig era composta da un gruppo di giovani torinesi insieme a giordani, brasiliani e tedeschi. Ernesto Olivero ha portato al Papa il saluto dell’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia. Sabato scorso, era stato annullato - a causa del maltempo - il IV appuntamento mondiale Giovani della Pace che si sarebbe dovuto tenere in Aula Paolo VI con circa 7mila giovani. Sull’incontro di ieri con il Papa, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di Ernesto Olivero:

    R. – Il Santo Padre si è rammaricato di non poter ricevere i sette, ottomila giovani previsti ma è stato felice di salutare alcune di queste persone. Quindi, ci ha fatto entrare in un’emozione particolare! Aveva partecipato al disagio che noi avevamo avuto. Ho voluto subito donare, insieme ai ragazzi, il Premio “Artigiano della pace”, con una dedica che dice questo: “A Benedetto XVI, una voce che porta verso la verità, sorella della pace”. E lui è stato veramente felice ed imbarazzato di ricevere un premio. L’ultimo premiato, assieme al Papa, è stato Giorgio Napolitano, che ha avuto il piacere di darmi una piccola dedica per il Papa; un omaggio affettuoso da parte del presidente della Repubblica. Ho quindi presentato ad uno ad uno i ragazzi e lui ha parlato con ognuno di loro. Il Papa è stato contento quando ha saputo che anche dalla Germania qualcuno aiuta l’Arsenale della pace.

    D. – Il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace di quest’anno è proprio dedicato ai giovani, all’educazione alla pace...

    R. – Lui ha visto che eravamo esattamente sulla sua linea, sui suoi insegnamenti. Partiremo dunque nuovamente dall’insegnamento che ci ha dato e dalla grande fiducia che ha nei giovani.

    D. – Questo incontro chiaramente dà nuovo coraggio...

    R. – I progetti del Sermig ormai sono in 140 nazioni del mondo. Si è soffermato per esempio sul lavoro che stiamo facendo in Giordania. Ha parlato con la responsabile, Arianna Casagrande, una monaca. Noi lo abbiamo chiamato “Arsenale dell’incontro”, perché vorremmo aprire un nuovo futuro basato non sulle parole, ma sulle sofferenze. Si chiama “Arsenale dell’incontro” perché vogliamo incontrarci attraverso i bambini disabili – musulmani, cristiani – affinché la sofferenza ci faccia avere uno sguardo diverso. Questa è la nostra intuizione. (ap)

    E per i ragazzi che hanno incontrato il Papa è stato un davvero un momento di grande emozione. Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di Luca, giovane volontario del Sermig:

    R. - L’emozione è stata grandissima perché non sapevo neanche come prepararmi! È stato lui poi che ci ha messo a nostro agio, perché è stato proprio dolce, quasi un nonno con noi ragazzi! Ecco è stata proprio una cosa bella. Ci ha preso per mano.

    D. - Il Papa conta molto sui giovani per la pace..

    R. – Sì, lui questo ce lo ha detto e ha poi rivolto ad ognuno una parola buona, un incoraggiamento. Noi rappresentavamo tanti altri giovani che lavorano all’Arsenale della pace, e l’aver detto un “sì” davanti al Papa, è un impegno da onorare ancora di più.

    D. - Con quali speranze, e anche con quale nuovo slancio, si parte ora nell’attività quotidiana per la pace?

    R. - Parlando anche con Ernesto Olivero, prima di andare dal Papa, ci diceva che noi andavamo da lui per raccontargli anche quello che l’Arsenale sta facendo tutti i giorni, e anche un po’ per rincuorarlo, per dirgli che i giovani lo ascoltano, che i giovani ci tengono ancora a vivere con dei valori alti e a lottare per delle cose buone. Siamo andati a dire che l’Arsenale della Pace si offrirà sempre come casa per i giovani che vogliono puntare in alto nella loro vita. (bi)

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    Accreditata in Vaticano la neo capo delegazione dell’Unione Europea, Laurence Argimon-Pistre

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienza, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e la signora Laurence Argimon-Pistre, capo della delegazione dell’Unione Europea, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali. Nata a Clusaz (Alta Savoia, Francia), il 6 gennaio 1953, è sposata ed ha tre figli. Laureata in Diritto presso l'Università di Grenoble, ha svolto l'attività di Assistente giuridica per lo studio dei casi di diritto comunitario presso lo Studio Legale Linklater's & Paines a Bruxelles (1976-1978) ed è stata Docente di Politica commerciale presso l'Università autonoma di Barcellona nonché responsabile di corsi e di seminari presso l'Istituto Jean Monnet e presso l'Università centrale di Barcellona (1991-1995). Ha ricoperto i seguenti incarichi presso la Commissione Europea: Responsabile per le negoziazioni e l'osservanza delle regole di provenienza per l'industria tessile, la Convenzione di Lomé e gli accordi con i paesi mediterranei (1978-1985); Responsabile del coordinamento interno per le negoziazioni dell'Uruguay Round (1985-1988); Membro dell'équipe per la negoziazione CE presso il GATT sul commercio dei servizi all'interno dell'Uruguay Round (1988-1991); Vice-Capo delle relazioni estere dell'Unità per l'Asia del Sudest presso il Desk ASEAN (1995-2000); Capo dell'Unità per l'India, il Nepal ed il Bhutan (2000-2005); Capo dell'Unità per il Mercosur ed il Cile (2005-2007); Ambasciatore, Capo della Delegazione dell'Unione Europea presso l'OCDE e l'UNESCO a Parigi (2007-2012). Oltre il francese, parla inglese e spagnolo; conosce anche il tedesco, l'italiano ed il portoghese.

    Negli Stati Uniti, il Papa ha nominato Vescovo di Salina mons. Edward John Weisenburger, del clero dell’arcidiocesi di Oklahoma City, finora Vicario Generale e Rettore della Cattedrale Our Lady of Perpetual Help. Mons. Edward John Weisenburger è nato il 23 dicembre 1960 ad Alton, nella diocesi di Springfield in Illinois. Dopo aver frequentato la Edison Elementary School e la Eisenhower High School a Lawton, ha studiato filosofia presso il Conception Seminary College a Conception (Missouri) e teologia presso l’Università Cattolica di Lovanio in Belgio. Successivamente, ha ottenuto la Licenza in Diritto Canonico presso la Saint Paul University a Ottawa in Canada. Ordinato sacerdote il 19 dicembre 1987 per l’arcidiocesi di Oklahoma City, ha svolto i seguenti incarichi: Vicario parrocchiale della Saint Mary Parish a Ponca City (1987-1990) e della Saint Peter Parish a Woodward (1990); Vice-Cancelliere e Officiale del Tribunale arcidiocesano (1992-1996) e Parroco della Holy Trinity Parish a Okarche (1995-2002). Dal 1996 è Vicario Generale e, inoltre, dal 2002 è Rettore della Cattedrale Our Lady of Perpetual Help. È anche Consultore e Membro del Consiglio Presbiterale. Dal 2009 è Prelato d’Onore di Sua Santità.

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    Alla Gregoriana si apre il Simposio sugli abusi contro i minori. Intervista con don Di Noto

    ◊   Si apre oggi pomeriggio, alla Pontificia Università Gregoriana, il Simposio internazionale sulla questione degli abusi sessuali commessi dal clero. L’evento, intitolato, “Verso la guarigione e il rinnovamento”, riunirà fino al 9 febbraio vescovi e superiori religiosi di tutto il mondo e permetterà ai presenti di ascoltare anche la testimonianza di una vittima di abusi. Ad aprire i lavori, sarà il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Al microfono di Fabio Colagrande, interviene uno degli esperti invitati al Simposio, don Fortunato Di Noto, fondatore dell’Associazione “Meter”:

    R. – Per me, e per Meter, è una grande opportunità per ascoltare e anche per confrontarci su un fenomeno seriamente globale, non certamente circoscritto alla sola esperienza ecclesiale. Ed è certamente un evento storico, e questo lo dobbiamo dire. Auspico non si riduca soltanto a una risposta della Chiesa “dentro” la Chiesa, ma che la Chiesa faccia diventare questa risposta una pastorale ordinaria di difesa dei diritti dei bambini in tutto il mondo.

    D. – Un Simposio che punta sulla “guarigione”, come dice il titolo, ma anche sul rinnovamento, dunque sulla prevenzione, sulla formazione. Condivide questa impostazione?

    R. – Sì, perché la guarigione non è altro che, da una parte, l’esperienza principale di una riconciliazione da parte dei soggetti che si sono macchiati di questi peccati e reati, e dall’altra la possibilità di dare una voce di speranza, una voce di certezza, e anche un po’ di luce alle vittime, poiché chi ha provocato questo ha veramente lacerato il loro cuore. La Chiesa, essendo madre, non può fare altro che dare una risposta da madre: quindi accogliere, proteggere, indicare, accudire e, dall’altra parte, sicuramente fornire strade nuove.

    D. – Nella sua esperienza, cosa pensa anche dell’idea di dar voce alle vittime degli abusi, così come accadrà durante i giorni del Simposio?

    R. – La voce delle vittime è la voce di Gesù Bambino vittima. Nel mio ultimo libro, uscito 20 giorni fa, edito da San Paolo, abbiamo dato voci a 14 vittime tra le migliaia che in 21 anni abbiamo seguito. Questo ha portato soltanto un bene: un bene alla stessa vittima, un bene anche a chi legge e a chi ascolta, perché si comprende la profondità del dramma e si comprende anche che in fondo le vittime non vogliono vendette, non vogliono mettere al bando la Chiesa o chi si è macchiato di questo reato, ma vogliono soltanto essere ascoltate, vogliono un percorso di giustizia, che sia una giustizia autentica, vera, coerente e non ipocrita. Vogliono semplicemente essere – ancora una volta – accolte per quanto riguarda la Chiesa nella Chiesa e per quanto riguarda la società nella società, affinché non si sentano vittime due volte, vittime anche di esclusione. E dovete credermi, le vittime non solo si ascoltano, ma si devono accompagnare per tutta la vita.

    D. – Come sacerdote, psicologo, sessuologo, secondo lei, oggi come si attua una efficace prevenzione circa gli abusi sessuali all’interno della Chiesa?

    R. – Anzitutto, credo che se pensiamo ai luoghi di formazione, non dobbiamo avere “numeri” di preti, ma dobbiamo avere preti secondo il cuore di Cristo. La formazione è fondamentale: una formazione chiara, che dia identità. E poi, far sì nella società che le comunità cristiane diventino sentinelle, diventino luoghi protettivi, diventino luoghi di percorsi educativi.

    D. – Don Fortunato, come sa il vero scopo di questo Simposio è quello di far sì che la Chiesa diventi leader nella protezione dell’infanzia nel mondo: una sfida che, secondo lei, può essere vinta?

    R. – Io credo che la Chiesa già sia leader nella protezione dell’infanzia: basti pensare alle tante opere che già esistono nel campo della tutela dei minori in tutte le parti del mondo, in tutti i continenti… La Chiesa non solo è leader, ma è all’avanguardia. Immaginate tutte le comunità sparse nei Paesi più poveri del mondo, dove la Chiesa è accanto a quei bambini che mangiano le briciole e neanche quelle: questo bisogna raccontarlo. Paolo VI lo diceva nel 1976: la Chiesa è per l’infanzia non come moda, ma come educazione permanente e quindi l’impegno deve essere permanente e presente. (mg)

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    Il cardinale Bertone nella festa di Sant’Agata: la vera crisi è educativa

    ◊   "I santi non sono soltanto persone da venerare, bensì modelli da imitare". E’ quanto ha ricordato ieri nel duomo di Catania gremito di fedeli il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, in occasione del solenne pontificale per la festa di Sant’Agata. Il male oscuro che corrode la gioventù di oggi – ha detto il porporato - è il nichilismo. La risposta che gli educatori adulti dovrebbero saper dare – ha aggiunto - è quella di un chiaro riferimento ai valori. La giovane Agata, che nel nome porta un messaggio di bontà, ha incarnato i segni della vita buona del Vangelo e ne diventa testimone ed educatrice. Educare alla vita buona del Vangelo, trova in Sant’Agata – ha affermato il cardinale Tarcisio Bertone - un modello credibile e puntuale. Il cardinale Segretario di Stato ha anche lanciato un appello affinché la famiglia riconquisti il ruolo educativo e perché tutte le altre agenzie formative, dalla scuola alle associazioni, guidino i giovani nella ricerca dei valori essenziali. La vera crisi – ha osservato il porporato le cui parole sono state riprese dall’agenzia Zenit - non è quella economica, anche se appare manifesta e diffusa, bensì quella educativa che ricerca modelli di educatori esemplari e contesti educativi sani. “La scelta libera e matura della verginità, per essere totalmente di Cristo, maturata nell’ascolto della sua Parola, nel dialogo della preghiera e nell’incontro eucaristico” - ha ribadito mons. Giuseppe Sciacca, segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano - costituiscono nel concreto le azioni da seguire, scaturite dalla testimonianza di Sant’Agata. La lezione della purezza, della castità - ha detto Mons. Sciacca - ci ricorda “il primato della dignità della persona umana nelle sue irrinunciabili e inviolabili esigenze di libertà a partire da quella primaria: la libertà religiosa”. “In una cultura che commercializza il corpo, non esitando a talora a farne oggetto di turpe scambio, di perversione e di esecranda offesa”, la vergine Agata diventa modello di fortezza. (A.L.)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Del buon uso della malattia: Benedetto XVI all'Angelus ricorda la giornata mondiale del malato e quella per la vita celebrata in Italia.

    Sessant'anni di servizio: in prima pagina, l'ambasciatore di Gran Bretagna presso la Santa Sede, Nigel Marcus Baker, sul giubileo della regina Elisabetta II.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il consiglio franco-tedesco a Parigi.

    In cultura, un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo "Geniale Charles": duecento anni fa, il 7 febbraio 1812, nasceva Dickens.

    Per capire i merovingi studia il Sessantotto: Silvia Guidi su Claudio Leonardi e l'agiografia medievale.

    Quella sottile differenza tra educare e istruire: sul progetto per un'università cattolica a Londra, intervista di Alessandro Scafi alla storica dell'arte Clare Hornsby.

    In veglia sulla scintilla: Cristiana Dobner su Catherine Chalier tra filosofia, conversione e spiritualità.

    Giulia Galeotti sui volti letterari della neve.

    Se due intoccabili sbancano il botteghino: numeri da record in Francia per il film di Eric Toledano e Olivier Nakache.

    Kateri Tekakwitha, il giglio degli irochesi: nell'informazione religiosa, tratto dalla "Civiltà Cattolica" l'articolo di Paolo Molinari sulla prima pellerossa che sarà presto canonizzata.

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    Oggi in Primo Piano



    Oltre 50 morti in Siria: l'esercito bombarda Homs. Obama: sì a sanzioni, no all'intervento militare

    ◊   Oltre 50 persone sono state uccise stamani in Siria. Di queste 39 a Homs, teatro dalle prime ore dell'alba di un violento nuovo bombardamento dell'artiglieria governativa. Il regime siriano parla di terroristi armati. Il segretario generale delle Lega araba, Nabil el Araby, condanna i bombardamenti affermando che una escalation militare “potrebbe generare una guerra civile”. Gli Usa hanno chiuso l'ambasciata a Damasco: il presidente Obama ha sottolineato che è molto importante che la crisi della Siria sia risolta senza un intervento militare esterno, indicando come strada maestra quella delle sanzioni. L'Unione Europea chiede ancora una volta al presidente Assad di fermare l'uccisione di civili e annuncia nuove sanzioni. Intanto fa discutere il no di Russia e Cina alla risoluzione Onu che condannava la repressione. Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha definito “indecente e isterica” la reazione di critiche dell’Occidente. E fa sapere che oggi è a Damasco per incoraggiare “riforme democratiche indispensabili”. Del ruolo della Russia nella crisi siriana Fausta Speranza ha parlato con Maurizio Simoncelli, dell’Istituto di ricerche Archivio Disarmo:

    R. – Mosca è l’alleato storico della Siria insieme all’Iran. Prima l’Unione Sovietica e oggi la Russia. Gli arsenali militari siriani sono tutte armi di produzione russa. C’è un legame storico, quindi, e la Russia rivendica una sua leadership nelle trattative per arrivare a un’intesa con l’attuale governo di Damasco: insomma la Russia cerca un suo ruolo sulla scena internazionale. Lo possiamo vedere anche in una prospettiva di politica interna di Mosca, in un momento in cui Putin è sottoposto ad una aperta contestazione, cosa che negli anni passati c’è stata ma in forma decisamente più ridotta e – direi – anche decisamente più repressa. Attualmente, invece, Putin si sta trovando di fronte a manifestazioni di piazza significative per quello che è il quadro russo. Quindi è evidentemente comprensibile tutto questo.

    D. – Che dire del ruolo della Cina?

    R. – La Cina cerca di giocare un ruolo a livello internazionale ovunque sia possibile avere poi anche dei rapporti commerciali interessanti. Non dimentichiamo che la Siria è un produttore, seppur piccolo rispetto ad altri giganti del territorio, di petrolio: produce qualcosa come 500 barili di petrolio al giorno, di cui la metà è destinata al mercato interno ma l’altra metà è destinata all’esportazione e rappresenta una delle principali voci della sua economia. E’ un soggetto interessante dal punto di vista economico anche per la Cina, anche per Pechino. Tra l’altro la Siria – e questo non va dimenticato – a suo tempo ha tentato di realizzarsi anche un’arma nucleare: era soltanto pochi anni fa, nel 2007. Ci fu addirittura un attacco israeliano sul sito di al Kibar, dove risultava che stessero tentando di avviare la produzione dei materiali e delle attrezzature fondamentali per poi arrivare ad una vera e propria bomba atomica.

    D. – Il ministro degli Esteri russo ha definito “indecente ed isterica” la reazione dell’Occidente dopo il veto di Mosca e Pechino in Consiglio di Sicurezza dell’Onu alla Risoluzione che condannava la repressione in Siria…

    R. – Al di là dei termini, che ovviamente sono rivolti ad un pubblico interno ed esterno e fanno parte – come dire – del “teatrino della politica”, certamente l’Occidente e gli Stati Uniti in particolare da tempo stanno premendo per una soluzione diplomatica. Ma direi che non è soltanto l’Occidente: dobbiamo ricordare che la Lega Araba è da un anno che sta cercando di operare pressioni nei confronti di Assad… Mi sembra che i risultati siano stati praticamente nulli. Ci sono state anche le minacce statunitensi di bloccare addirittura le forniture di armi nei confronti della Siria, che vorrebbe dire andare a bloccare i commerci tra Mosca e Damasco e dunque certamente andare a creare ostacoli ad un gigante della politica internazionale. Alla luce di tutto questo la risposta russa è più comprensibile… (mg)

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    Freddo polare in Europa: oltre 300 i morti. Mosca taglia le forniture di gas

    ◊   Sono oltre 300 le persone morte in Europa a causa del maltempo. I Paesi dell’Est, tra cui Ucraina e Polonia, sono quelli più colpiti. L’ondata di gelo sta ora avanzando verso Ovest. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Sono soprattutto gli anziani e i senza fissa dimora le persone più colpite dall’ondata di gelo siberiano in tutta Europa. La situazione più critica si registra nella parte orientale del Continente. In Ucraina, in particolare, i decessi legati al maltempo sono almeno 131. La morsa del freddo avvolge anche la Polonia, dove sale a 62 il numero delle persone morte negli ultimi dieci giorni. Oltre 60 vittime, soprattutto senza tetto, anche in Russia. Almeno 34 i decessi confermati in Romania, 12 in Bulgaria e nove in Serbia, dove quasi 70 mila persone sono completamente isolate. Notevoli anche i disagi: in Bosnia, dove è stato dichiarato lo stato di emergenza, molti villaggi sono raggiungibili solo in elicottero e nel Regno Unito sono stati cancellati il 30 per cento dei voli. L’ondata di gelo, partita dalla Siberia, sta ora avanzando verso Ovest. In Francia sono morte cinque persone nelle ultime quarantotto ore e in Germania il termometro questa notte è sceso in Baviera fino a -34°. Temperature sottozero anche in molte regioni d’Italia, dove nei prossimi giorni è prevista una nuova ondata di gelo e neve, in arrivo dalla Russia.

    Preoccupa in Italia la situazione delle forniture di gas: a seguito dell’ondata di gelo il colosso russo Gazprom ha infatti sospeso le forniture supplementari richieste. Ad aggravare lo scenario è il rigassificatore di Rovigo, fuori uso a causa del mare mosso. Preoccupazione da Confindustria: la presidente Marcegaglia chiede di mettere mano alle riserve. Rassicurazioni arrivano dal governo e dall’Eni dopo l’aumento delle importazioni da Algeria e nord Europa. Intanto l’Ue si dice pronta a valutare misure di aiuto ai Paesi in difficoltà, ma invita a non creare allarmismi. Al microfono di Paolo Ondarza, Alberto Clò, docente di economia industriale ed esperto di politica energetica all’Università di Bologna:

    R. – Certamente la situazione straordinaria che si è venuta a creare in questi giorni ha determinato un aumento nei consumi dopo un inverno straordinariamente mite. I consumi sono aumentati negli ultimi giorni ma siamo ancora molto al di sotto dei record che si erano avuti negli anni passati. Dal lato dell’offerta, certo, c’è stata una riduzione dalla Russia, una riduzione anche a Rovigo, però abbiamo attinto immediatamente dall’Algeria e il livello delle scorte è ancora molto consistente.

    D. - Parla di scorte in Italia?

    R. – Sì, le scorte che si accumulano nei mesi estivi proprio per fronteggiare punte dei consumi nei mesi invernali… Quindi, mi sembra che, sì, la situazione ha elementi di criticità ma è sotto controllo.

    D. – Tuttavia è evidente una dipendenza dalla Russia per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico di gas…

    R. – Sì… d’altronde il gas si prende dove c’è. Noi abbiamo, tra l’altro, una gamma di fornitori superiori agli altri Paesi, perché abbiamo l’Algeria e la Russia, che sono i due fornitori principali poi abbiamo anche l’Olanda, la Norvegia, il Qatar, la Libia… Ribadisco, bisogna riconoscere gli elementi di solidità del nostro sistema per fronteggiare queste situazioni critiche. (bf)

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    Studio del Cnr: cambiamenti climatici causati negli ultimi 60 anni da fattori umani

    ◊   L'incremento della concentrazione di gas serra di origine antropica è stato determinante, rispetto agli influssi naturali, nel causare l'aumento delle temperature globali degli ultimi 60 anni. È quanto emerge da una ricerca realizzata dall'Istituto sull'inquinamento atmosferico del Cnr di Roma. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Antonello Pasini, autore dello studio:

    R. – I dati emersi ci dicono che il riscaldamento globale degli ultimi 60 anni è stato provocato non tanto da cause naturali – noi abbiamo considerato il sole, i vulcani e anche questi famigerati raggi cosmici che tanti dicono possono pilotare il clima – ma sono stati causati da cause antropogeniche, umane. Quindi sostanzialmente dall’emissione di gas a effetto serra come CO2, il metano e altri gas che hanno la peculiarità di tenere, di intrappolare il calore nei bassi strati dell’atmosfera.

    D. – I cambiamenti climatici e le loro origini dividono gli studiosi: alcune teorie spingono sul fronte dell’effetto serra, altre invece parlano di cicli naturali che nulla hanno a che fare con questo. Perché queste due visioni così differenti?

    R. – Sostanzialmente nella comunità scientifica che si occupa di cambiamenti climatici è stato riscontrato in maniera abbastanza chiara che le cause preponderanti sono quelle umane. Poi altre persone, che fanno parte magari della comunità scientifica ma non sono propriamente esperte di questo campo, azzardano ovviamente altre ipotesi; è importante dire che nella scienza le ipotesi si possono fare quanto si vuole: vanno poi in qualche modo verificate. La verifica che abbiamo fatto noi, in maniera indipendente da altri modelli, è proprio questa: le cause umane sono state preponderanti.

    D. – Il surriscaldamento causato dall’effetto serra come si coniuga con queste temperature polari che hanno raggiunto aree più miti? Sembrerebbero due fenomeni agli antipodi…

    R. – Certo ... però bisogna sempre distinguere la meteorologia dal clima. Il clima è fatto dal tempo che compare su una determinata zona e per un periodo di tempo molto lungo, per almeno trent’anni. Ciò non toglie che nel breve periodo ci possano essere anche – come dire - tempi meteorologici in controtendenza. Tra l’altro noi vediamo che al riscaldamento globale corrisponde non soltanto la temperatura in aumento, ma anche gli eventi estremi e questo sia in un senso che nell’altro. Quindi la variabilità meteorologica in generale aumenta. Per cui questi fenomeni non sono in contrasto con il riscaldamento globale. Si può, poi, andare a vedere anche al di là del proprio naso e vedere cosa succede in altre zone del mondo, dove – per esempio – in questo momento ci sono riscaldamenti molto forti.

    D. – Ci sono state, ovviamente, altre ondate di gelo nella storia: in cosa differisce questa situazione dalle precedenti?

    R. – Ci sono degli studi che stanno cercando di analizzare meglio come questo grande riscaldamento del Polo Nord possa portare dei cambiamenti nella circolazione atmosferica. Ci siamo accorti recentemente che sempre più spesso ci sono circolazioni da sud a nord e da nord a sud, piuttosto che da ovest a est. Questo significa che ovviamente d’estate ci possono essere delle ondate di calore molto intense e, allo stesso tempo, ci può essere aria che scende direttamente dal Polo Nord e che porta a situazioni come quella che stiamo vivendo in questi giorni.

    D. – Si è sentito parlare anche del fenomeno della calotta polare che si sta squagliando e che questa ondata di gelo potrebbe essere collegata a quel fenomeno…

    R. – Ci sono degli studi di questo tipo, ma ancora – devo dire – non c’è niente di accertato. Noi sappiamo che ondate di questo tipo si sono verificate anche in passato: l’evento dell’85, del ’56… Insomma periodicamente, ogni tanto, si verificano afflussi di aria così fredda e quindi non è una cosa assolutamente anomala.

    D. – Nulla da preoccuparsi?

    R. – Direi di no. (mg)

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    Medio Oriente: accordo Fatah-Hamas per Abu Mazen alla guida del governo ad interim

    ◊   Medio Oriente. In vista delle elezioni generali, si compatta il fronte palestinese. Accordo tra al-Fatah e Hamas per la nomina dell'attuale presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, il moderato Abu Mazen, alla guida del governo tecnico ad interim, che dovrà sovrintendere ai preparativi per le consultazioni e che sarà annunciato il 18 febbraio prossimo. Ma come si è giunti a quest’intesa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Eric Salerno, inviato speciale ed esperto di Medio Oriente del Messaggero:

    R. – Hamas si trova in difficoltà in questo momento: quello che sta succedendo in Siria e la possibilità di un conflitto con l’Iran ha isolato molto il movimento fondamentalista, che si trova senza i suoi sostenitori. Questo accordo ha consentito ad Abu Mazen di guadagnare credibilità e, logicamente, di ottenere la cosa che aveva chiesto, cioè di poter continuare a guidare il Consiglio palestinese fino alle elezioni. ma bisogna anche dire che gli americani, ma anche gli israeliani, non accetterebbero mai di avere a che fare, in questa fase, con un leader di Hamas, a capo di tutta l’organizzazione palestinese.

    D. – Un leader come Abu Mazen avrebbe buon gioco in un’eventuale ripresa dei negoziati diretti con lo Stato ebraico?

    R. – Io credo che sia un momento difficile per parlare di ripresa dei negoziati. Si sa cosa vogliono gli uni e che cosa vogliono gli altri: ma per adesso Israele ha detto “no” alle richieste palestinesi, soprattutto a quella di bloccare la costruzione degli insediamenti. Anche il premier Netanyahu sta giocando una partita difficile: si parla di possibili elezioni anticipate, e quindi vorrebbe rafforzarsi politicamente. Non si capisce, quindi, se ci potranno essere passi avanti nei negoziati, prima che vengano chiarite altre cose: soprattutto se Israele intende o meno attaccare l’Iran, per mettere in difficoltà Teheran rispetto al suo progetto nucleare.

    D. – Hai fatto cenno alla Siria, all’Iran: si ha l’impressione che la crisi mediorientale sia diventata una questione con molte più variabili rispetto solo a qualche mese fa. Questo potrebbe favorire una soluzione oppure potrebbe rendere ancora più difficile, invece, il percorso verso il dialogo?

    R. – Storicamente i palestinesi hanno sempre pagato il prezzo degli altri conflitti in Medio Oriente: Assad non è mai stato un grande sostenitore dei palestinesi; gli altri Paesi arabi hanno appoggiato, almeno politicamente e ideologicamente, la lotta dei palestinesi, ma hanno poi fatto ben poco per aiutarli concretamente nella loro lotta per avere uno Stato indipendente. Per cui, in questo momento, direi che hanno altre cose a cui pensare. Non vedo un sostegno concreto ai palestinesi. Quello che potrebbe succedere è che per motivi tattici interni – così com’è sempre stato – i Paesi arabi decidano che, invece, devono utilizzare la “carta palestinese” nei loro negoziati con i Paesi esterni, con l’Europa e con gli Stati Uniti soprattutto. Come vediamo, in questo momento l’Egitto è in difficoltà nei suoi rapporti con gli Stati Uniti. Questo è un segnale molto importante dei cambiamenti che teoricamente possono avvenire in tutto lo scacchiere. (mg)

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    Il demografo Blangiardo: rafforzare la famiglia è una risposta alla crisi

    ◊   In Italia, “il gelo demografico è molto profondo e avrà ripercussioni, anche sul piano sociale, non indifferenti”. E’ quanto sottolineato dal cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, che ieri ha incontrato 150 giovani volontari impegnati in un percorso di formazione in vista del VII Incontro mondiale delle famiglie, che si terrà a Milano dal 29 maggio al 3 giugno prossimo. Proprio ieri, la Chiesa italiana ha celebrato la “Giornata per la Vita” sul tema: “Giovani aperti alla vita”. Il titolo è stato scelto, ha spiegato il porporato, come “proposta di un riscatto per la nostra Italia”: riscatto che “è la convinzione precisa da parte della Chiesa che la famiglia è una risorsa prioritaria e decisiva”. Sentiamo il commento di Giancarlo Blangiardo, professore di demografia all’Università di Milano Bicocca nell’intervista di Debora Donnini:

    R. – Sicuramente, stiamo già vivendo, da alcuni anni, una situazione di forte disagio dal punto di vista demografico, che in qualche modo è attenuato per effetto del contributo dell’immigrazione: la popolazione italiana è aumentata ancora un po’, ma semplicemente perché sono arrivati gli immigrati. All’interno di questa popolazione, però, il contributo attraverso le nascite, che dovrebbero dare vitalità al Paese, si è sempre più ridotto e anche qui il contributo dell’immigrazione – cioè i bambini i stranieri nati in Italia, che comunque è un importante contributo – non è sufficiente a pensare di invertire la tendenza. Quindi, stiamo andando effettivamente verso una situazione sempre più difficile da gestire rispetto ai grandi cambiamenti come quello dell’invecchiamento.

    D. – Qual è la situazione rispetto alla fecondità?

    R. – La situazione rispetto alla fecondità, quindi alla capacità di una popolazione come quella italiana di riprodurre se stessa, è tradotta in un numero che è 1,4 figli per donna in media. Questo significa che nell’arco di tutta la vita riproduttiva, alle condizioni attuali, ogni donna in media dà alla luce 1,4 figli. Questo non consente di garantire il cosiddetto “ricambio generazionale”, perché ce ne vorrebbero 2 per ogni coppia.

    D. – Anche a livello sociale ci sono poi delle ricadute…

    R. – Certamente. Il fatto di non avere un sufficiente ricambio, di non avere una popolazione giovane – e quindi di avere la possibilità che questa popolazione si trasferisca poi nella popolazione in età lavorativa e diventi in qualche modo produttiva – fa sì che l’equilibrio tra le generazioni venga meno. Questo significa che la componente anziana, che continuerà a crescere in prospettiva, non avrà alle spalle una forte componente in età produttiva, in grado di garantire le risorse per poter poi mantenere non solo la parte delle pensioni, ma forse - ancora più importante - il discorso relativo alla sanità. Quindi, rischiano di saltare quelli che sono i grandi equilibri socio-economici che regolano un sistema-Paese come può essere il nostro.

    D. – Il cardinale Angelo Scola sottolinea che la nostra società “non viene incontro ai bisogni oggettivi della famiglia e la tratta come un fenomeno privato e di conseguenza diventa una tendenza il non generare la vita”...

    R. – Le cause di questa debolezza demografica sono essenzialmente legate all’indebolimento della famiglia, al fatto che la famiglia è stata abbandonata a se stessa e nonostante produca capitale sociale: di fatto, deve in qualche modo arrangiarsi a mantenerlo e a fare tutto ciò che serve per poterlo poi formare ulteriormente. L’assenza di aiuti ha creato questo tipo di situazione. C’è differenza tra l’Italia e altri Paesi europei – la Francia è un caso classico – anche in termini di numero di figli per donna: laddove da noi è 1,4, altrove arriva ai 2 figli che garantirebbero il ricambio generazionale. Ma, naturalmente, altrove ci sono interventi da parte degli organismi statali a difesa e in aiuto della famiglia, che consentono di sopperire a una serie di difficoltà che inevitabilmente le famiglie oggi incontrano.

    D. – Quindi, è anche un problema di cultura e di mentalità: in Italia, la famiglia, non è vista, spesso, come una risorsa...

    R. – Esattamente. Si finge di non capire, in realtà poi i fatti hanno dimostrato esattamente il contrario: la famiglia svolge e svolgerà inevitabilmente un ruolo centrale anche per il rilancio e per l’uscita da questa situazione un po’ particolare che stiamo vivendo in termini di crisi.

    D. – Il cardinale Angelo Scola tocca anche il tema dell’aborto. Basti ricordare che secondo i recenti dati dell’Oms nel 2008 ci sono stati nel mondo 43,8 milioni di aborti.

    R. – Nel recente Rapporto sul cambiamento demografico, curato dal Comitato per il progetto culturale della Cei, c’è un capitolo che parla del popolo dei non-nati. Noi dobbiamo mettere in conto che in questo Paese, che fatica ad avere vitalità, ci sono stati da quando è entrata in vigore la legge 194 quasi cinque milioni di bambini che non sono nati. Al di là di tutte le considerazioni di natura etica, anche delle aride considerazioni di convenienza economica ci portano a dire che abbiamo veramente perso una risorsa. E se poi andiamo a vedere le cause, con un po’ di buona volontà spesso si sarebbero potute eliminare. L’esperienza ci ha dimostrato che la famiglia è comunque l’elemento portante del sistema-Paese Italia. Quindi, rafforzare la famiglia vuol dire in qualche modo riuscire a rispondere a tutte le crisi che la società ci va ponendo di fronte, e alle quali bisogna, in qualche modo, cercare di dare delle risposte. (bi)


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    L’Oms chiede "tolleranza zero" contro le mutilazioni genitali femminili: 140 milioni le vittime nel mondo

    ◊   Centoquaranta milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali e tre milioni sono ancora oggi esposte a questa pratica brutale, che viola i diritti della persona. Per questo, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha indetto la Giornata internazionale della "tolleranza zero" contro le mutilazioni sessuali femminili, celebrata ogni anno il 6 febbraio. Roberta Gisotti ha intervistato Augusta Angelucci, psicologa esperta di questioni femminili, già funzionaria delle Nazioni Unite e per 15 anni inviata in Africa:

    D. – Dott.ssa Angelucci, sappiamo che si è abbassata l’età delle ragazze mutilate: ma quali conseguenze riportano queste bambine?

    R. – Per quanto riguarda le conseguenze psicologiche, è bene fare una distinzione. Da una parte, le bambine che vivono nel loro Paese, dove la mutilazione avviene ad una certa età, intorno ai 6-7-8 anni, e avviene tutti gli anni un po’ come per la circoncisione maschile ed è una pratica che è accettata culturalmente, anzi è accompagnata da un’enfasi da parte dei propri cari che in qualche modo ricompensa a livello emozionale il trauma. Dall'altra parte, ci sono invece le bambine che vivono nei Paesi di accoglienza e che rischiano di sentirsi escluse: l’essere diverse dalle loro coetanee può provocare un isolamento, può provocare una risposta ansiosa e depressiva, una sindrome da post-trauma da stress. La cosa ancora più grave è la perdita di fiducia nei confronti dei propri genitori: se mandano le bambine nel proprio Paese e vengono sottoposte a mutilazioni genitali femminili, quando ritornano si sentono non rispettate, non hanno più fiducia nei confronti dei genitori perché le hanno sottoposte a tale pratica estremamente violenta.

    D. – Che cosa si può fare di più per la prevenzione? in questa Giornata. Amnesty International accusa l’Europa di non fare abbastanza per porre fine a questo "massacro2 contro la dignità femminile…

    R. – Io direi che occorre migliorare il dialogo interculturale, fare campagne di sensibilizzazione, lavorare sull’empowerment delle donne. Accompagnare queste famiglie facendo in modo che i nostri servizi si aprano per capire quali sono le loro tradizioni e porre fine alle pratiche ancestrali nocive per la salute delle donne, degli uomini, dei bambini e anche degli anziani. (bf)

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    “All’origine della pretesa cristiana”: testo di riflessione per Comunione e Liberazione nel 2012. L’intervista con Julián Carrón

    ◊   Per tutto il 2012 il libro di mons. Luigi Giussani “All’origine della pretesa cristiana” sarà il testo della "Scuola di comunità", la catechesi settimanale degli aderenti a Comunione e Liberazione, in tutto il mondo. Recentemente è stata presentata la nuova edizione del volume, edito da Rizzoli, ed è intervenuto don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Cl. Perché è stato scelto proprio questo testo? Debora Donnini lo ha chiesto allo stesso don Carron:

    R. – Abbiamo scelto questo documento per continuare il lavoro svolto lo scorso anno, durante il quale abbiamo affrontato il testo precedente del “PerCorso”, “Il senso religioso”. Negli ultimi anni stiamo cercando, infatti, di proseguire la nostra educazione nella fede, avendo come guida una frase di don Giussani: se la fede cristiana non è un’esperienza vissuta nel presente, dove trova conferma della sua ragionevolezza e della sua capacità di rispondere al bisogno dell’uomo, non potrà resistere in un mondo in cui tutto dice il contrario. Attraverso questo testo, noi vogliamo cercare di rispondere a questa preoccupazione di mons. Giussani, aiutandoci a verificare, nell’esperienza reale della vita, la pertinenza della fede alle sfide che ciascuno di noi, personalmente o socialmente, deve affrontare. Ci ha molto colpito il fatto che questo coincida quest’anno con la decisione del Papa di indire l’Anno della Fede: saremo veramente contenti di ascoltare quanto Benedetto XVI ci dirà e di ricevere l’aiuto che ci verrà dal Santo Padre.

    D. – Ad ottobre si terrà il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione: come sta lavorando Comunione e Liberazione per portare avanti, appunto, la nuova evangelizzazione in un mondo sempre più segnato dalla scristianizzazione?

    R. – Quello che stiamo cercando di fare, seguendo questo percorso, è di educarci ad un modo di vivere la fede che ci permetta di essere in condizione di poterla testimoniare ovunque, nella modalità in cui stiamo al lavoro, in cui ci poniamo davanti alle circostanze della vita, alla malattia, alle sfide sociali - di qualsiasi tipo siano - che ci troviamo ad affrontare. Quello che possiamo mostrare a tutti è una testimonianza: c’è un’altra possibilità di stare nel reale, che introduce la fede cristiana.

    D. – C’è qualche esempio, qualche novità?

    R. – Noi cerchiamo sempre di stare in contatto con tutti gli ambienti, tanto quelli ecclesiali che non, con altri gruppi cristiani e con altre confessioni cristiane. La nostra presenza è a tutto campo: dalla risposta caritativa ai bisogni che troviamo, dalle sfide culturali alla testimonianza personale o alla presenza nel sociale. Sono tante modalità che testimoniano che c’è una possibilità di vivere la fede in contatto con la realtà nella sua totalità. Questo è quello che abbiamo cercato di fare affrontando anche la situazione di crisi che ci troviamo a vivere: abbiamo proposto una serie di incontri per cercare di spiegare un modo diverso nell’affrontare questa crisi, che non consista soltanto nel subirla, ma nel tentativo di rispondere come ad una possibilità di cambiamento, ad una sfida per la nostra crescita, così da poter rispondere a tutti i bisogni che abbiamo.

    D. – Lei guida la Fraternità di Comunità e Liberazione dal 2005 ed è succeduto al fondatore, mons. Luigi Giussani: come sta andando? Ci può fare un bilancio di questi anni?

    R. – Sono stati anni bellissimi, ma anche anni in cui per me – in tante occasioni – è stato tutto nuovo da imparare, perché abitavo a Madrid e anche se partecipavo alla vita del Movimento, ho dovuto imparare ad aprirmi a tutta la quantità di operosità, a tutta la complessità e la ricchezza della nostra esperienza cristiana. Da questo punto di vista ho dovuto affrontare tante sfide, ma ho anche avuto – allo stesso tempo – la possibilità di crescere nella gratitudine per quello che mons. Giussani ha fatto, anche se per noi è comunque sempre una strada in cammino. (mg)

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    Elisabetta II celebra i 60 anni di regno: intervista con l'ambasciatore britannico presso la Santa Sede

    ◊   Oggi il Regno Unito celebra i 60 anni della salita al trono della regina Elisabetta II. In una dichiarazione diffusa da Buckingham Palace, l'85enne sovrana si è detta commossa per i tanti i messaggi augurali ricevuti, rinnovando il suo impegno al servizio del popolo. Le celebrazioni ufficiali del Giubileo di diamante della regina si terranno dal 2 al 5 giugno. Sull’odierno anniversario, Philippa Hitchen ha intervistato Nigel Marcus Baker, ambasciatore della Gran Bretagna presso la Santa Sede:

    R. – It’s a solemn start...
    E’ un inizio solenne, anche perché l’ascesa al trono di un monarca significa nella maggior parte dei casi la morte del predecessore. Quindi, è un inizio solenne di un anno di grandi celebrazioni. E’ davvero raro che un monarca celebri 60 anni di trono. Solo la Regina Vittoria, fra tutti i monarchi britannici, aveva raggiunto questo traguardo. Quindi, sarà un grande anno. Oggi c’è tanta depressione in Europa, ma penso che noi avremo una ragione per un po’ di sole in questo periodo.

    D. - Se guardiamo indietro, a quel 6 febbraio, la giovane principessa Elisabetta non era in Inghilterra, dove era morto suo padre, re Giorgio VI, ma era in Kenya...

    R. – That’s right, she had just begun…
    Esatto, aveva appena cominciato un grande viaggio internazionale, su richiesta del re, che era molto desideroso che l’impero conoscesse il futuro monarca e che la principessa Elisabetta conoscesse e capisse il Paese di cui un giorno sarebbe diventata il capo di Stato. Ma a pochi giorni dall’inizio di quel tour, ricevette la notizia in Kenya che suo padre era morto. Può immaginare lo shock di non essere lì nelle ultime ore di vita del padre e per il fatto che lui fosse ancora giovane. Quindi, naturalmente, rientrò subito e tornò nel Paese come regina, dove incontrò Winston Churchill, in nero e in lutto: un ritorno davvero diverso dalla sua partenza.

    D. – La Regina Vittoria è stata dunque l’unico altro monarca a celebrare i 60 anni di trono. Ci saranno inevitabilmente molti confronti tra questi due regni. Lei pensa che questo sia giustificato, pensa che sia un giusto confronto?

    R. – I think it’s a fair comparison…
    Penso che sia un giusto confronto per la longevità del regno. Entrambi i regni hanno assistito a cambiamenti davvero straordinari in Gran Bretagna e nel mondo. La Regina Vittoria salì al trono poco dopo le guerre napoleoniche e morì all’inizio del XX secolo, in un Paese trasformato dalla rivoluzione industriale, da grandi ondate di globalizzazione. La regina Elisabetta II è ascesa al trono quando l’impero britannico era ancora in gran parte intatto: allora era regina di sette Paesi. Ora è regina di 15 Paesi, a causa dei vari processi di indipendenza che hanno portato i Paesi a diventare indipendenti dall’Impero britannico, ma mantenendo la regina come capo di Stato. Quindi, l’impero è cambiato all’interno del Commonwealth. La Gran Bretagna è cambiata enormemente. Nel 1952 chi avrebbe pensato che la Cina sarebbe stata la prima economia del mondo? Quindi, penso che da questo punto di vista il confronto sia giusto. L’altro punto, per entrambe, è il senso del dovere e del servizio che hanno portato nel loro ruolo. Nessuna delle due ha avuto una posizione di potere - sono monarchie costituzionali – ma hanno avuto un grande senso dell’importanza dell’istituzione e della stabilità che l’istituzione della monarchia può portare in un sistema democratico. Questa completa dedizione e servizio al Paese, alla gente che hanno servito, penso sia un vero punto positivo di confronto tra le due grandi regine. (ap)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    India: tra le urgenze per il Paese i vescovi invocano pace, sviluppo e istruzione

    ◊   Pace, istruzione, sviluppo, alfabetizzazione, per costruire una società giusta ed equa: sono queste le urgenze segnalate da diversi vescovi dell’India durante l’Assemblea plenaria in corso a Bangalore, sul tema “Il ruolo delel Chiesa per un’India migliore”. Come riferisce una fonte dell'agenzia Fides, nei lavori assembleari i vescovi delle diverse regioni della vasta nazione indiana hanno presentato relazioni sulle necessità e sui problemi che attraversano aree caratterizzate da forti differenze etniche, sociali, culturali, religiose, naturali. I vescovi degli Stati di Jharkhand, Orissa, Bihar e Chathisgarh – nella parte orientale dell’India – pur notando la forte fede delle loro comunità, hanno espresso profonda preoccupazione per le condizioni delle comunità tribali, che hanno sofferto molto nel processo di industrializzazione su vasta scala. Allo stesso modo, i vescovi degli Stati del Nordest hanno espresso il desiderio di avere pace e sviluppo, in un’area segnata da scontri etnici e da sottosviluppo. Nell’India del Sud la necessità più sentita, secondo i presuli di quell’area, è rivedere le politiche del governo sulla promozione dell'energia nucleare che potrebbe avere un effetto disastroso, dal punto di vista umano ed ecologico. Tutti i vescovi hanno condiviso un forte appello a eliminare, una volta per tutte, due mali come la povertà e l'analfabetismo: “Non potremo avere una società giusta ed equa – si è detto nel dibattito – fino a quando un numero considerevole di fratelli e sorelle non hanno le basi per condurre una vita dignitosa”. Per questo, hanno concluso, “la Chiesa è impegnata con tutto il cuore, la mente, le forze, a costruire una nazione fondata sui valori della giustizia, dell’equità, della pace e della fratellanza”. (R.P.)

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    India: alle persecuzioni nell'Orissa i cristiani rispondono con il "perdono e l'amore ai nemici"

    ◊   I cristiani perseguitati dell’Orissa vogliono “perdonare i persecutori e amare i nemici”, come esorta il Vangelo di Cristo: è quanto è emerso da un incontro tenutosi nei giorni scorsi presso la casa per lebbrosi delle “Missionarie della Carità” a Jalna, vicino a Bhubaneshwar, capoluogo dell’Orissa. All’incontro organizzato dal “Global Council of Indian Christians” (Gcic), organizzazione impegnata nella tutela dei cristiani, hanno partecipato circa 100 persone, fra le quali vedove e bambini, provenienti dal distretto di Kandhamal, epicentro dei massacri anticristiani registrati in Orissa nel 2008, che hanno fatto oltre 100 morti e 56mila sfollati. L’incontro ha visto succedersi momenti di riflessione, preghiera, condivisione. Sajan K George, laico cristiano presidente del Gcic, ha invitato i partecipanti “a perdonare e amare secondo l’insegnamento di Gesù, quanti hanno fatto del male”. Nell’incontro le vedove, che hanno perso i loro mariti durante la violenza in Kandhamal, hanno raccontato la loro vita difficile, di fronte alla persecuzione e alla discriminazione. “Tutti i partecipanti alla riunione, nonostante la sofferenze e le difficoltà, hanno deliberato di aderire al comandamento del perdono”, ha detto all'agenzia Fides padre Manoj Bagsingh, un parroco di Salimagochha, che oggi ha la cura pastorale di numerose vittime della persecuzione. “Tale scelta – ha spiegato – è frutto della consapevolezza che Dio non abbandona il suo popolo”. Le persone presenti, inoltre, pur in condizioni di povertà, hanno rimarcato il loro impegno ad aiutare chi ha bisogno: questo è un grande dono, ha detto suor Suma, Superiora regionale delle Missionarie della Carità in Orissa, che ha collaborato ad organizzare l’incontro. Gli istituti religiosi e le organizzazioni cristiane dell’Orissa assicurano assistenza, sostegno e istruzione gratuita a oltre 150 bambini orfani del distretto di Kandhamal. (R.P.)

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    Pakistan: i cristiani all’estero chiedono di creare un Osservatorio sulla libertà religiosa

    ◊   Urge creare un ‘think-tank’, che funga da Osservatorio e Centro Studi, per monitorare lo status dei cristiani in Pakistan, le loro difficoltà e sfide: è la proposta emersa durante un seminario svoltosi nei giorni scorsi a Rawalpindi, organizzato dalle comunità di cristiani pakistani all’estero. Al seminario, dal titolo “Le sfide dei cristiani in Pakistan: come garantire libertà religiosa e diritti umani”, hanno partecipato uomini politici cristiani, imprenditori, attivisti per i diritti umani, sacerdoti e religiosi, dal Pakistan e dall’estero. Durante il seminario – rende noto l’agenzia Fides – si è ricordato che “i cristiani pakistani devono uscire dall’autocommiserazione e dalla sindrome di minoranza”; devono puntare di più “sull’unità e sulla formazione, cercando di essere presenti sulla scena politica e nell’amministrazione pubblica”. Per questo, ha detto Zeeshan Joseph della “All Pakistan Christian League”, la proposta di un Osservatorio, sostenuto dai cristiani pakistani all’estero, potrebbe essere molto preziosa. Secondo Pervaiz Rafique, parlamentare cristiano in Pakistan, i fedeli oggi mancano di una forte guida politica: “Dovremmo unirci sulle grandi questioni nazionali: quando è stata - ha chiesto - l'ultima volta che 100.000 cristiani si sono riuniti per far sentire la loro voce ?”. Joseph Francis, pakistano cristiano che vive nel Regno Unito, ha affermato che “le minoranze religiose in Pakistan, come cristiani e indù, sono vittime di una discriminazione costituzionale. Hanno libertà religiosa - ha osservato - e i diritti solo sulla carta, non nella realtà”. Per il professor Salamat Akhtar, fondatore del partito cristiano “All Pakistan Christian League”, è necessario “concentrarsi sull'istruzione e sulla presenza dei cristiani nei servizi e nell’amministrazione pubblica”. “I cristiani pakistani all'estero amano il loro Paese e vogliono aiutare i fedeli in Pakistan”, ha concluso Cornelius Mohsin, della “Christian Pakistan Alliance”, giunto dagli Stati Uniti. “In primis – ha proseguito – si deve esigere un censimento, per conoscere la reale entità delle comunità cristiane. Poi, occorre agire a livello legislativo: i cristiani, concentrando i loro voti, se una legge lo consentisse, potrebbero riuscire ad eleggere 17-20 parlamentari, divenendo in tal modo significativi e godendo di una voce forte nella nazione”. (A.L.)

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    Filippine: decine di morti per un terremoto a Negros e Cebu

    ◊   E' di decine di morti il bilancio delle vittime del terremoto di magnitudo 6,8 che ha colpito stamani le Filippine. L'epicentro del sisma, avvenuto alle 11.49 ora locale (le 4.49 ora italiana), è stato localizzato a una profondità di 10 chilometri tra le isole di Negros e Cebu. La scossa ha fatto tremare violentemente gli edifici di Cebu, la seconda città del Paese con 2,3 milioni di abitanti. Gravi danni si sono registrati anche a Guihulngan, città abitata da oltre 180mila persone, dove una frana ha seppellito circa 30 edifici I soccorritori stanno facendo il possibile per cercare le persone disperse sotto il fango e le macerie, aiutati anche dalla popolazione locale. L'Istituto di vulcanologia e sismologia ha prima diffuso e poi ritirato l'allerta tsunami. Le Filippine – ricordano gli esperti - fanno parte della cosiddetta “Cintura di fuoco”, ossia un’area del Pacifico caratterizzata da frequenti fenomeni sismici (circa il 90% dei terremoti mondiali avviene in questa fascia). Nel 1990 un sisma di magnitudo 7,7 aveva colpito l’isola di Luzon, sempre nelle Filippine, provocandola morte di circa 2 mila persone. (A.L.)

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    Honduras: il cardinale Maradiaga chiede alle autorità la fine di violenze, povertà e corruzione

    ◊   Il cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, ha detto dinanzi alle più alte autorità dell'Honduras che il Paese sta sanguinando, ferito a morte dalla violenza, dalla povertà crescente, dalla mancanza di rispetto per la vita e dalla corruzione tra le forze dell'ordine. La violenza in Honduras è anche un prodotto "dell'impatto della sottocultura dei narco-affari, della migrazione inarrestabile e della confusione religiosa, conseguenza di una offensiva delle sette" ha detto il cardinale durante la celebrazione eucaristica venerdì scorso per il 265° anniversario della scoperta della Vergine di Suyapa, patrona del Paese centroamericano. Alla celebrazione hanno preso parte il presidente honduregno Porfirio Lobo, i suoi ministri, i capi dei poteri legislativo e giudiziario, altre autorità locali, diplomatici, e migliaia di cattolici honduregni provenienti da diverse regioni del Paese. Il cardinale ha sottolineato che le condizioni di vita in Honduras suggeriscono che solo la fede e la speranza può riportare la pace, la tranquillità, la sicurezza e la fiducia reciproca. A suo parere la pulizia nelle fila della polizia nazionale, che è stata implicata in vari crimini e delitti, è un "imperativo urgente" e un "duro lavoro" da eseguire. Appellandosi a quanti hanno responsabilità nel governo, il porporato ha detto: “non possiamo lasciarci vincere dal male, ma dobbiamo vincere il male con il bene; non possiamo vivere nella paura, sequestrati nelle nostre case, perseguitati da una psicosi collettiva fatta di paure, insonnia, incubi e lutti”. L’arcivescovo di Tegucigalpa ha anche ricordato che bisogna insegnare ai bambini che c'è “un comandamento della legge di Dio che dice: non uccidere”. L’Honduras, con 8,2 milioni d’abitanti, vive un'ondata di violenza che, secondo le organizzazioni dei diritti umani e la stampa locale, provoca una media di 20 morti al giorno. Secondo i dati dell'Osservatorio della violenza dell’Università nazionale autonoma dell’Honduras, nel 2011 il Paese ha registrato 81,5 omicidi per 100.000 abitanti, ben al di sopra della media mondiale di 8,8 secondo i dati offerti dalle Nazioni Unite. Il governo sta portando avanti una operazione di pulizia nell’ambito della Polizia nazionale, dei pubblici ministeri e perfino della magistratura. Il cardinale ha concluso dicendo che la Chiesa cattolica ha annunciato una campagna cittadina per promuovere una cultura di pace e di rispetto per la vita, campagna organizzata insieme alla Caritas Honduras e alla Conferenza episcopale, orientata a sostenere la costruzione di una società che ponga al centro il rispetto, il benessere e la sicurezza della persona umana. (R.P.)

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    L’Unione Africana non riesce a eleggere il nuovo presidente

    ◊   Per la prima volta nella sua storia, l’Unione Africana (Ua) non è riuscita ad eleggere il suo Presidente. Al 18esimo vertice dei capi di Stato che si è tenuto ad Addis Abeba, capitale dell'Etiopia e sede dell'organismo, nessuno dei due candidati ha avuto la maggioranza necessaria per essere eletto alla presidenza. I due sfidanti erano la ex ministra degli Esteri del Sudafrica, Nkosazana Dlamini-Zuma, e il Presidente uscente dell'Ua, Jean Ping, gabonese. L’elezione verrà ripetuta al prossimo summit, in programma in Malawi a giugno. Nel frattempo a guidare l'Unione Africana sarà ancora Ping, cui è stato prorogata la scadenza del mandato per altri sei mesi. Secondo diversi osservatori, la mancata elezione del nuovo Presidente dell’Ua riflette la spaccatura tra la parte francofona del continente (che appoggia Ping) e quella anglofona (che era dietro alla candidatura di Dlamini-Zuma). Il fallimento dell’elezione dei vertici del più importante organismo continentale africano riflette le difficoltà che incontrano le diverse elezioni nei singoli Paesi africani (dal Camerun alla Costa d’Avorio, dalla Guinea alla Repubblica Democratica del Congo), tra denunce di brogli, frodi e contestazioni varie. Un quadro non certo esaltante, ma occorre ricordare che fino ai primi anni ’90 l’Africa era il continente dei Presidenti a vita e dei partiti unici al potere da 30 anni. La democrazia, pur tra mille difficoltà, continua ad avanzare ma si rende necessario un rafforzamento di quelle istituzioni della società civile (dai partiti ai sindacati, ai movimenti per la difesa dei diritti dell’uomo) che sono il tessuto nel quale si iscrive la tela della democrazia. (R.P.)

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    Ucraina: il Ministero della cultura modifica la legge sulla Libertà di culto

    ◊   Al fine di migliorare le leggi in vigore nel settore delle relazioni interetniche e interconfessionali, il ministero della Cultura dell’Ucraina ha preparato alcuni emendamenti alla legge sulla Libertà di culto e gli enti religiosi. È quanto annunciato dal ministro Mykhailo Kulyniak in occasione della sessione estesa del collegio ministeriale sui risultati delle attività dello scorso anno e sugli obiettivi per il 2012. Secondo il ministro, la nuova formulazione della legge mira al rafforzamento della base legale per la libertà di culto. Kulyniak ha osservato, inoltre, che l’obiettivo principale nel settore della relazioni tra Stato e Chiesa è quello di creare condizioni favorevoli per la realizzazione della missione spirituale della Chiesa. “È fondamentale che lo Stato definisca chiaramente i propri obblighi nei confronti della Chiesa, i vari poteri su cui ha competenza, per rendere trasparente e aperta al pubblico la propria politica nei confronti della Chiesa”, ha affermato Kulyniak. La reazione del Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e degli Enti religiosi (Auccro) - riferisce l'agenzia Sir - è stata piuttosto cauta. “La posizione comune delle confessioni in merito alla questione aperta resta invariata: senza un consenso sugli emendamenti legislativi proposti, la messa a punto della nuova formulazione della legge dell’Ucraina ‘Sulla Libertà di culto e gli enti religiosi’ dovrebbe essere rimandata” aveva scritto Auccro in una dichiarazione rivolta al presidente ucraino lo scorso anno, considerando inopportuno fare modifiche affrettate alla legge vigente nelle condizioni attuali. A questo proposito l’Istituto per la Libertà religiosa aggiunge che le questioni religiose sono state trattate in varie occasioni nelle relazioni del ministero e in altri documenti governativi, nella sezione relativa alle politiche e alle minoranze etniche e nazionali. (R.P.)

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    Turchia: il patriarca Bartolomeo I all'Assemblea nazionale per la nuova Costituzione

    ◊   Il patriarca ecumenico di Istanbul Bartolomeo I, parteciperà ai lavori dell'Assemblea nazionale turca per discutere sulla redazione della nuova Costituzione, in particolare sul tema delle minoranze religiose. Nel mese di febbraio, infatti, una specifica Commissione dell'Assemblea nazionale turca ha in programma di ascoltare le opinioni dei leader delle comunità religiose riconosciute in Turchia (oltre alla greca, quella armena, siriaca ed ebraica). Come notano fonti dell'agenzia Fides in Turchia, il passo è visto con favore dalla minoranze religiose, che vedono aumentare lo spazio e la considerazione loro riservata dallo Stato. In particolare si auspica che, nel processo di revisione e riforma della nuova Carta, venga concesso il riconoscimento giuridico e la rappresentanza legale alla Chiesa cattolica latina. Fra gli ulteriori passi di apertura verso le minoranze, vi è la proposta di legge, in preparazione al Ministero della Pubblica Istruzione, per consentire alle scuole delle minoranze religiose di accettare i bambini della loro comunità che non sono cittadini turchi. Il progetto di legge prevede che i bambini stranieri delle comunità armena, greca ed ebraica in Turchia, possano ricevere l’istruzione nelle scuole nella loro comunità. In tal modo si farà fronte al rischio di chiusura delle scuole delle minoranze religiose a causa della carenza di studenti. (R.P.)

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    Seul: simposio su missione ed evangelizzazione nella penisola coreana

    ◊   La Corea del Nord rimane un territorio chiuso all’attività missionaria. Questo non dovrebbe impedire, però, di promuovere un’azione evangelizzatrice nel Paese. E’ quanto è stato ricordato durante un simposio, sotto l’egida del Future Pastoral Institute, svoltosi nei giorni scorsi a Seoul, in Corea del Sud. Per padre Norbert Cha Dong-yeob, direttore dell’Istituto, lo slancio evangelizzatore, a causa dell’impossibilità di condurre attività missionarie nel Nord, deve essere rivolto ai transfughi nordcoreani che si sono stabiliti in Corea del Sud. Secondo stime recenti, sarebbero oltre 20 mila i transfughi nordcoreani che vivono in questo Paese. In base ad un sondaggio condotto nel 2033, almeno il 70% ha affermato di essere credente. Tra questi, oltre tre quarti degli intervistati hanno dichiarato di essere cristiani. L’evangelizzazione dei transfughi – è stato sottolineato durante il simposio – può indirettamente avere un impatto nel Nord. Nel caso di una prossima riunificazione della penisola coreana – sottolinea l’agenzia Zenit - i rifugiati potranno infatti “fungere da relé” presso la popolazione nordcoreana. Suor Lim Sun-yun, direttrice del Centro per i rifugiati nord coreani della diocesi di Incheon, ha chiesto prudenza e gradualità. Nam Dong-jin, vice presidente del Comitato per la riconciliazione in Corea, ha infine ricordato che i transfughi nordcoreani vengono invitati a partecipare agli incontri dei gruppi di preghiera. Un altro programma, chiamato “Home-stay”, prevede che una volta l’anno, famiglie sudcoreane ospitino per alcuni giorni rifugiati nordcoreani. (A.L.)

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    La diocesi di Roma ricorda i quattro bambini rom morti un anno fa

    ◊   La diocesi di Roma ricorda oggi i 4 bambini rom – Sebastian, Patrizia, Fernando e Raul - tragicamente morti un anno fa, il 6 febbraio 2011, in seguito al rogo avvenuto nell’insediamento di Via Appia Nuova. "Molto è stato detto da allora – afferma il direttore della Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci - sono state molte le azioni intraprese”. Purtroppo, “la situazione non è affatto cambiata". “Come dimostra la nevicata di questi giorni – aggiunge mons. Feroci – si continuano a porre in essere interventi di emergenza che, seppur coordinati e attuati con efficienza, lasciati a se stessi sono senza prospettive”. “Per questo occorre un progetto più ampio che coinvolga le politiche del welfare e che riguardi gli alloggi, l’istruzione, l’assistenza socio-sanitaria, il mercato del lavoro. Su questo – spiega il direttore della Caritas – unitamente alle istituzioni, anche come comunità ecclesiale (parrocchie, istituti, movimenti, associazioni e gruppi) siamo chiamati a dare risposte alle numerose istanze di aiuto e sostegno che ci arrivano e, cosa di enorme responsabilità, a rappresentare un riferimento per il resto della comunità”. La Caritas di Roma – ricorda l’agenzia Sir - ha attivato in questi giorni ulteriori cento posti per ospitare persone senza fissa dimora e offrire loro un riparo dal gelo della notte, presso il padiglione “O” dell’ospedale Forlanini. Accederanno alla struttura i senza tetto individuati dai volontari e dagli operatori Caritas del servizio itinerante notturno e tutti coloro che chiederanno ospitalità. La struttura – che si aggiunge a quelle finora già utilizzata dalla Caritas per gestire l’emergenza alla Stazione Termini ed a Ostia – è stata approntata sabato grazie allo sforzo dei volontari della Protezione Civile e alla collaborazione della Regione Lazio e della direzione generale dell’Ospedale San Camillo. (A.L.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 37

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