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Sommario del 03/02/2012

Il Papa e la Santa Sede

  • I vescovi Usa in visita "ad Limina". La neve fa annullare domani l'udienza del Papa con i giovani del Sermig
  • Il Papa nella festa della Presentazione del Signore: i consigli evangelici rafforzano fede, speranza e carità
  • I cardinali convocati dal Papa per una Giornata di riflessione e preghiera il giorno prima del Concistoro
  • Alla Gregoriana, presentazione del Simposio sugli abusi del clero. Intervista con padre Zollner
  • Lotta contro la desertificazione: si riunisce la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel
  • Sentenza Corte distrettuale Usa: nessuna responsabilità della Santa Sede nella truffa dell’affarista Martin Frankel
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Secondo la stampa americana, possibile attacco israeliano all'Iran
  • L’Onu dichiara la fine della carestia in Somalia, ma l’emergenza resta alta per milioni di persone
  • Iraq: condannati a morte i terroristi della strage di cristiani del 2010. Mons. Warduni: noi perdoniamo
  • I vescovi europei e la crisi dell'euro: oltre all'economia di mercato serve l'economia del dono
  • Progetto culturale Cei: presentato il Convegno “Gesù nostro contemporaneo”
  • Incinta e licenziata: la riflessione del segretario Cisl, Ocmin, su gravidanza e lavoro
  • Manifestazione anticamorra a Scampia. Don Minervino: la Chiesa presente tutto l'anno
  • Con "La stabilità dell'uomo nel mondo globalizzato" concluse le letture teologiche in Laterano
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • India: alla Plenaria dei vescovi il cardinale Gracias invita a "essere coscienza della nazione"
  • India: domenica di preghiera e digiuno per fermare la guerra nel Nagaland, nel nordest del Paese
  • Scontri in Egitto: due morti a Suez, mentre al Cairo continua la protesta
  • Europa nella morsa del gelo e della neve: in Ucraina 101 vittime
  • Elezioni in Kuwait: netta vittoria delle forze islamiche
  • Onu: in Sud Sudan un milione di persone a rischio insufficienza alimentare
  • Congo: suora uccisa a coltellate a Kananga
  • Nigeria: in migliaia ai funerali delle vittime dell’attentato di Natale contro la chiesa di Madalla
  • In Africa sempre più preoccupante il fenomeno delle "terre in affitto"
  • Pakistan: la Chiesa in tribunale contro la demolizione di un Istituto cattolico
  • India, violenze antcristiane: pastore protestante picchiato per un film su Gesù
  • Messico: appello di mons. Aguiar Retes dopo l’uccisione di padre Jenaro
  • Perù: stato d’emergenza a Iñapari. Gli haitiani fermi alla frontiera ospitati in chiesa
  • Australia: alla Red Mass il cardinale Pell parla del valore della giustizia
  • Filippine: la Croce Rossa investe sulla formazione dei volontari per le emergenze
  • Il Papa e la Santa Sede



    I vescovi Usa in visita "ad Limina". La neve fa annullare domani l'udienza del Papa con i giovani del Sermig

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina un nuovo gruppo di presuli statunitensi, giunti a Roma per la visita ad Limina. Quindi, il Pontefice ha ricevuto in udienza anche il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

    Una modifica all’agenda degli impegni pontifici si registra invece per domani. Complici le difficili condizioni meteorologiche in cui versa l’Italia da giorni – e da questa mattina nevica con intensità anche su Roma – è stata annullata la prevista udienza di Benedetto XVI ai giovani del Sermig, il Servizio missionario giovani, impossibilitati a raggiungere Roma.

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    Il Papa nella festa della Presentazione del Signore: i consigli evangelici rafforzano fede, speranza e carità

    ◊   La Solennità della Presentazione del Signore è una preziosa occasione, per le persone consacrate, “di rinnovare i propositi e ravvivare i sentimenti” che hanno ispirato la loro donazione al Signore. E’ quanto ha affermato Benedetto XVI nell’omelia per i Vespri nella festa della Presentazione di Gesù al tempio, giorno in cui si celebra la Giornata della Vita Consacrata, istituita nel 1997 dal Beato Giovanni Paolo II. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    A ogni persona consacrata è dedicata in questa Solennità la preghiera dell’intera comunità, che rende grazie a Dio per il dono delle vocazioni. Un’occasione – sottolinea il Papa – anche per valorizzare “sempre più la testimonianza di coloro che hanno scelto di seguire Cristo”. Nel giorno in cui la Chiesa fa memoria della presentazione di Gesù al tempio – ricorda il Santo Padre – si celebra la Giornata della Vita Consacrata:

    “In effetti, l’episodio evangelico a cui ci riferiamo costituisce una significativa icona della donazione della propria vita da parte di quanti sono stati chiamati a ripresentare nella Chiesa e nel mondo, mediante i consigli evangelici, i tratti caratteristici di Gesù, vergine, povero ed obbediente, il Consacrato del Padre”.

    Nella Festa della Presentazione del Signore, aggiunge Benedetto XVI, si celebra pertanto il mistero della consacrazione:

    “Consacrazione di Cristo, consacrazione di Maria, consacrazione di tutti coloro che si pongono nella sequela di Gesù per amore del Regno di Dio”.

    Ricordando che in occasione del 50.mo anniversario dell’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II si aprirà ad ottobre l’Anno della fede, il Santo Padre esorta ad approfondire i valori essenziali e le esigenze della consacrazione:

    “Nell’Anno della fede voi, che avete accolto la chiamata a seguire Cristo più da vicino mediante la professione dei consigli evangelici, siete invitati ad approfondire ancora di più il rapporto con Dio. I consigli evangelici, accettati come autentica regola di vita, rafforzano la fede, la speranza e la carità, che uniscono a Dio”.

    La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica – ricorda infine il Papa – si adopererà, con i mezzi che riterrà più adeguati per far sì che l'Anno della fede costituisca un anno di rinnovamento e fedeltà, “affinché tutti i consacrati e le consacrate si impegnino con entusiasmo nella nuova evangelizzazione”.


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    I cardinali convocati dal Papa per una Giornata di riflessione e preghiera il giorno prima del Concistoro

    ◊   “L’annuncio del Vangelo oggi, tra missio ad gentes e nuova evangelizzazione”. È il titolo scelto per una Giornata di riflessione e di preghiera che Benedetto XVI ha convocato per il 17 febbraio, giorno precedente il Concistoro. In quella circostanza, sia i membri del Collegio cardinalizio sia i nuovi cardinali eletti si incontreranno nell’Aula nuova del Sinodo dalle ore 10 del mattino, con la recita dell’Ora Media, fino alle ore 17, quando l'incontro si concluderà con la recita dei Vespri. Il tema della Giornata – informa un comunicato del direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi – verrà introdotto dal cardinale designato, mons. Timothy Dolan, arcivescovo di New York, e vi sarà anche una Comunicazione sull’Anno della Fede, presentata dall’arcivescovo Salvatore Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. Il comunicato informa anche che il cardinale designato, il gesuita padre Karl Josef Becker, “per motivi di salute, non verrà creato cardinale nel corso della cerimonia pubblica del 18 febbraio, ma in forma privata in altro momento”.

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    Alla Gregoriana, presentazione del Simposio sugli abusi del clero. Intervista con padre Zollner

    ◊   E' in programma questo pomeriggio, alla Pontificia Università Gregoriana, la conferenza stampa di presentazione del Simposio internazionale "Verso la guarigione e il rinnovamento", un'iniziativa dell'Ateneo rivolta ai vescovi cattolici e agli ordini religiosi, dedicata al tema degli abusi sessuali commessi da chierici. Sugli scopi del convegno – che si svolgerà dal 6 al 9 febbraio alla Gregoriana – Fabio Colagrande ha intervistato padre Hans Zollner, presidente del comitato organizzativo e Preside dell'Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana:

    R. – Come Università, affidata dalla Santa Sede alla Compagnia di Gesù, ci siamo posti la domanda sul come possiamo “agire” – e non solo “reagire” – a fronte di questa che il Papa stesso definisce “la piaga aperta nel corpo della Chiesa”. Abbiamo voluto offrire un forum di scambio tra le responsabilità, per persone di autorità nella Chiesa in tutto il mondo.

    D. – Dunque, a chi è rivolto questo Simposio internazionale? Chi saranno i partecipanti?

    R. – Innanzitutto, ci saranno rappresentanti delle varie Conferenze episcopali del mondo, cioè un rappresentante per ciascun Paese o per ciascuna Conferenza episcopale, e siamo molto contenti dell’altissimo numero di adesioni – quasi tutte le Conferenze episcopali invieranno un rappresentante che, in linea di massima, è lo stesso vescovo incaricato proprio di trattare i casi di abuso nell’ambito della rispettiva Conferenza. Poi, una trentina di superiori e superiore generali delle grandi Congregazioni, dei grandi Ordini religiosi. E infine, ci saranno tra 70 e 80 esperti, dal diritto canonico alla psichiatria e alla psicoterapia: persone che già da decenni lavorano con le vittime e anche con le persone che hanno compiuto gli abusi.

    D. – Lo scopo specifico di questo Simposio, padre Zollner, possiamo dire che si ricollega alla Lettera circolare della Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicata lo scorso anno e rivolta a tutte le Conferenze episcopali del mondo?

    R. – Sì, e anche agli Ordini religiosi, che debbono presentare alla Congregazione per la Dottrina della Fede un cosiddetto “protocollo” – linee guida – su come trattare i casi di abuso, come gestire la domanda, come trattare gli abusatori, come aiutare le vittime, come dare voce alle vittime e come prevenire meglio. Certamente, la nostra intenzione è anche di dare lo spazio ad uno scambio, perché in tutto il mondo – dal Sud Africa al Brasile e alle Filippine – ci sono tantissime iniziative all’interno della Chiesa per aiutare le vittime e per prevenire l’abuso, di cui il grande pubblico non è a conoscenza. Nemmeno all’interno della Chiesa stessa, a volte, sappiamo del bene che si sta facendo in altre parti del mondo.

    D. – Tra i relatori al Simposio ci sarà anche la testimonianza di una vittima di abuso. Perché questa scelta?

    R. – Certamente, un altro scopo del nostro convegno è dare voce alle vittime ed è molto difficile trovare persone in grado di parlare pubblicamente della loro sofferenza. Abbiamo trovato una signora irlandese che è disposta a parlare di fronte ai partecipanti. Certamente, questo indica una grande svolta, perché anche pubblicamente sarà presente la voce del dolore, della sofferenza: i partecipanti ascolteranno questa voce. E’ un segno molto forte, il fatto che questa persona sia disposta a parlare; sarà accompagnata da una psichiatra inglese che negli ultimi mesi ha ascoltato decine – per non dire centinaia – di persone vittime di abusi in Irlanda: era stata incaricata dalla Chiesa irlandese di ascoltare queste vittime e anche di dare testimonianza di questa esperienza.

    D. – Come è stata, padre Zollner, la collaborazione con il Vaticano nell’organizzazione di questo Simposio?

    R. – Il Simposio è un’iniziativa della Pontificia Università Gregoriana. Però, è chiaro che a Roma, rispetto a questo tema, dobbiamo avere il consenso anche dei dicasteri della Santa Sede. Siamo veramente molto lieti di avere avuto il consenso e anche l’esplicito appoggio soprattutto da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, come anche della Segreteria di Stato, della Congregazione per i Vescovi, della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, di quella per la Vita Consacrata… Io personalmente sono molto grato a tutte le persone che abbiamo interpellato, a cui abbiamo chiesto consiglio, che abbiamo informato. Tutti ci hanno detto: “Siamo contenti che stiate organizzando questo Simposio”. E questo mi dice che veramente c’è una grande attenzione alla domanda e una grande sensibilità rispetto a ciò che possiamo e dobbiamo fare per cambiar rotta e dimostrare che la Chiesa veramente è sensibile alla questione, che vuole fare il possibile per sradicare il male, per quanto questo possa essere nelle nostre forze, all’interno della Chiesa e anche all’interno della società. (gf)


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    Lotta contro la desertificazione: si riunisce la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel

    ◊   Il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum e rappresentante legale della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, insieme a mons. Giampietro Dal Toso, segretario del dicastero e osservatore della Santa Sede presso la medesima Fondazione, accoglieranno a Roma, dal 6 al 16 febbraio prossimo, i partecipanti della 30.ma sessione del Consiglio di amministrazione della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel. I presuli amministratori – informa un comunicato del dicastero - si confronteranno sulla situazione sociopolitica e religiosa dei vari Paesi del Sahel e forniranno aggiornamenti sul rischio di crisi agro-alimentare che sta colpendo la fascia saheliana per evitare situazioni come quella di due anni fa, che ha colpito più di dieci milioni di persone nel Sahel. Come ogni anno, il Consiglio di amministrazione deciderà le priorità nel finanziamento dei progetti contro la desertificazione, per l’importo di circa 2 milioni di Euro.

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    Sentenza Corte distrettuale Usa: nessuna responsabilità della Santa Sede nella truffa dell’affarista Martin Frankel

    ◊   Negli Stati Uniti, la Corte distrettuale del Mississippi ha emesso una sentenza definitiva sul caso “Dale v. Colagiovanni” stabilendo che la Santa Sede non ha alcuna responsabilità nei traffici dell’affarista Martin Frankel. Quest’ultimo, sottolinea l’avvocato della Santa Sede Jeffrey Lena, ha utilizzato illecitamente il nome del Vaticano per continuare le sue attività finanziare illegali a danno della reputazione della stessa Santa Sede. I cinque soggetti che avevano denunciato il Vaticano hanno dunque deciso spontaneamente di ritirare le accuse. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La scelta di chiamare in causa la Santa Sede per gli affari di Martin Frankel si è rivelata “sbagliata”: è quanto afferma l’avvocato Jeffrey Lena che, in un comunicato, ripercorre i passaggi principali che hanno portato alla sentenza del caso “Dale v. Colagiovanni”. Il legale ricorda innanzitutto che, nel 1998, la Santa Sede - attraverso il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano - aveva “categoricamente rifiutato” la possibilità che Frankel, che agiva sotto lo pseudonimo di “David Rosse”, potesse creare una Fondazione vaticana. E, tuttavia, l’affarista aveva creato una Fondazione fittizia, la “St Francis of Assisi Foundation to Serve and Help the Poor and Alleviate Suffering” (SFAF), presentandosi come “consigliere finanziario del Vaticano”, e millantando che la Fondazione fosse stata addirittura autorizzata personalmente da Giovanni Paolo II. Dunque, scrive l’avvocato Lena, la Santa Sede “è diventata la vittima inconsapevole della frode di Frankel”, che ha utilizzato il nome del Vaticano nella sua attività di “saccheggio di compagnie assicurative”.

    Nel comunicato, si evidenzia la massima disponibilità mostrata dalla nunziatura negli Stati Uniti e dalle autorità vaticane nel chiarire che Frankel non aveva ricevuto alcuna autorizzazione a istituire la Fondazione. In particolare, si menziona una testimonianza sotto giuramento del cardinale Giovanni Battista Re, che ribadiva come la creazione in Vaticano di tale Fondazione fosse “impensabile e impossibile”. L’avvocato Lena osserva, quindi, che da una parte la Santa Sede ha dovuto pagare delle spese legali non necessarie; dall’altra che il concentrarsi sul Vaticano ha sviato l’attenzione di chi avrebbe dovuto invece controllare meglio le attività illecite di Frankel. Infine, il legale della Santa Sede rileva che “Dale v Colagiovanni” è uno di tre casi in cui – dal 1999 al 2002 – è stato chiamato in causa negli Stati Uniti il Vaticano e lo Ior. Tutti e tre chiusi con l’assoluzione, con formula piena, da ogni accusa.


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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il messaggio di Benedetto XVI ai religiosi e alle religiose nella Giornata mondiale della vita consacrata.

    In prima pagina, un editoriale di Adriano Pessina dal titolo “Salute e cittadinanza: l'assistenza sanitaria al tempo della crisi”.

    Nell’informazione internazionale, in rilievo l’economia: sia riapre la partita greca, per salvarsi Atene ha bisogno di altri quindici miliardi di euro.

    Come ripensare la figura del medico: Lucetta Scaraffia sugli effetti della crisi economica nella sanità.

    L’archivista: Sylvie Barnay su Walter Benjamin e la lotta ai totalitarismi.

    Tra Gog e Magog per conto di Luigi IX di Francia: Marco Beck sul racconto di Guglielmo di Rubruck, missionario nella Mongolia del XIII secolo.

    Quando l’arte è da curare: Ulderico Santamaria sul convegno in Vaticano su Giorgio Torraca e le tecniche di conservazione e restauro dei beni culturali.

    Bollywood scopre il rock: Maria Francesca Destefanis intervista il regista e attore indiano Farhan Akhtar.

    La disoccupazione condanna la società: su “La Razón” il cardinale Cañizares Llovera commenta i dati allarmanti sui senza lavoro in Spagna.

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    Oggi in Primo Piano



    Secondo la stampa americana, possibile attacco israeliano all'Iran

    ◊   Israele potrebbe attaccare l’Iran, accusato dallo Stato ebraico di essere in grado, al presente, di realizzare quattro bombe atomiche. Lo afferma il segretario alla Difesa statunitense, Leon Panetta, in una dichiarazione riportata oggi da alcune testate americane. La guida suprema iraniana, Alì Khamenei, risponde duramente: “Non recederemo dal nostro programma nucleare; libereremo Gerusalemme e le terre palestinesi”. Ma c’è il rischio di un intervento armato contro Teheran? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Giorgio Alba, esperto di nucleare della Rete Italiana Disarmo:

    R. - Sono notizie basate non su previsioni concrete, ma su valutazioni del possibile rischio. Attualmente, Israele non ha preso alcuna decisione sull’ipotesi di attaccare e, soprattutto, gli Stati Uniti, proprio attraverso queste dichiarazioni alla stampa, è come se avessero voluto far sapere che non apprezzano un attacco contro l’Iran alla vigilia delle elezioni presidenziali. Questo perché influenzerebbe pesantemente il dibattito politico interno e il risultato elettorale. Dalla sua, Israele non ha una particolare urgenza di attaccare e invece ha urgenza che i Paesi europei applichino in maniera seria le sanzioni petrolifere che hanno promesso.

    D. - Se Israele decidesse per l’intervento militare, questo vorrebbe dire che ha avuto in un certo qual modo l’assenso internazionale...

    R. - L’assenso internazionale Israele lo può avere da un punto di vista formale solo attraverso le Nazioni Unite. Un attacco da parte di Israele a un Paese come l’Iran, col quale non è in guerra, sarebbe una violazione della Carta dell’Onu, che condanna gli attacchi e le aggressioni. Lo Stato ebraico può altresì dichiarare di doversi difendere e quindi operare con un intervento preventivo, ma solo se ha le prove. Queste vanno portate all’attenzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che in quel caso potrebbe eventualmente autorizzare l’opzione militare. (bi)

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    L’Onu dichiara la fine della carestia in Somalia, ma l’emergenza resta alta per milioni di persone

    ◊   L’Onu ha annunciato la fine dello stato di carestia in Somalia innescato nei mesi scorsi da una forte siccità, la più intensa degli ultimi 60 anni, ma avverte che l’emergenza continua. Quattro milioni di persone, circa un terzo della popolazione del Paese devastato anche dalla guerra civile, ha infatti ancora bisogno di aiuti: lo ha precisato l’Unità di analisi sulla sicurezza alimentare delle Nazioni Unite. “La grande risposta umanitaria e un raccolto eccezionale hanno però contribuito a migliorare la situazione”. A confermarlo anche Marco Rotelli, segretario generale di Intersos, intervistato da Cecilia Seppia:

    R. – Molte delle regioni che erano afflitte da questa siccità sono tornate ad una situazione metereologica migliore. Questo ha permesso, nelle ultime settimane, dei raccolti molto buoni che hanno ridotto l’intensità della crisi. Bisogna stare molto attenti a non considerare la crisi conclusa o non ripetibile. L’area ancora molto critica è quella attorno a Mogadiscio, non tanto per le condizioni metereologiche o la siccità, ma per il numero di sfollati che l’avevano raggiunta proprio per via della carestia. Questa massa di persone, che pian piano comincia a rientrare nei luoghi d’origine, va assistita e va messa in condizione di coltivare e di avere gli strumenti per potersi guadagnare la sussistenza.

    D. – Di fatto, secondo i dati dell’Onu, si è ridotta anche la malnutrizione, come anche i livelli di mortalità. Questo, soprattutto, grazie alla grande risposta umanitaria di questi ultimi sei mesi…

    R. – Anche secondo i nostri dati, quelli di Intersos, i parametri di malnutrizione e di mortalità, soprattutto infantile, stanno diminuendo e vanno sostanzialmente migliorando. Di questo siamo tutti molto contenti. E’ evidente che il merito è dell’azione umanitaria che organizzazioni non governative e Nazioni Unite hanno portato avanti e messo in atto. In questo momento è fondamentale non abbassare la guardia perché questi parametri, purtroppo, possono crollare in pochissimi giorni e settimane se questa campagna di alimenti terapeutici piuttosto che di sostegno alla salute - soprattutto dell’infanzia - non viene sostenuta, principalmente in questa fase.

    D. – Quella dell’Onu è una buona notizia, ma l’emergenza resta. Ci sono ancora quattro milioni di persone che di fatto sono dipendenti dagli aiuti…

    R. – Purtroppo questa è una situazione che caratterizza la Somalia anche in un momento di crisi non particolarmente acuto. Ricordiamo che la Somalia è un Paese che da 20 anni si trova sostanzialmente privo di un governo stabile: ci sono caos, anarchia ed una tremenda guerra civile. Questo contesto socio-politico non fa altro che aggravare tutte le conseguenze dovute ai disastri naturali o alle condizioni metereologiche particolarmente avverse. E’ fondamentale lavorare sulle radici socio-politiche della crisi e non abbassare la guardia nemmeno su quello, perché altrimenti ogni minima difficoltà, che sia metereologica o ambientale, produrrà effetti assolutamente amplificati. Una nostra priorità è ora quella di attirare l’attenzione pubblica su un’altra siccità che si sta verificando in un’altra area dell’Africa, quella saheliana, soprattutto in Ciad, Mauritania ed in Niger, dove la situazione, tra poche settimane o mesi, potrebbe arrivare ad essere simile a quella che abbiamo sperimentato in Somalia. La recente esperienza fatta in Somalia ci è servita per allertare i governi e l’opinione pubblica in tempo, senza arrivare troppo tardi con l’attività umanitaria.

    D. – Non dimentichiamoci quindi il contesto, ossia la guerra civile che da anni tormenta la Somalia, come anche i continui attacchi degli Shebaab che, spesso, ostacolano proprio la distribuzione degli aiuti…

    R. – La Somalia, purtroppo, sperimenta ormai da 20 anni forme di oppressione da questo o quell’altro gruppo. E’ importante iniziare forme di dialogo anche con coloro che possono sembrare radicali o estremisti, perché senza una forma di dialogo, che aiuterebbe a far comprendere quali potrebbero essere le possibili vie d’uscita, probabilmente non ci sarà altro che violenza ripetuta per ancora molti anni. (vv)

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    Iraq: condannati a morte i terroristi della strage di cristiani del 2010. Mons. Warduni: noi perdoniamo

    ◊   Da Baghdad è giunta ieri la conferma, anche in sede d’appello, della condanna a morte comminata da un tribunale iracheno nei confronti dei tre terroristi accusati di aver causato la strage di cristiani nella chiesa della Signora della Liberazione. Il 31 ottobre 2010 un gruppo di kamikaze aprì il fuoco e si fece esplodere nella chiesa della capitale, provocando la morte di 58 persone e il ferimento di altre 75. Al microfono di Alessandro De Carolis, il vescovo ausiliare di Baghdad, mons. Slemon Warduni, parla di perdono per gli autori dell’eccidio:

    R. – Il cristianesimo è per la vita, quindi i principi cattolici non possono condividere la condanna a morte. Sono piuttosto per il perdono, per l’educazione. Anche per la condanna, sì, ma non a morte.

    D. – Il ricordo di quella strage, avvenuta a Baghdad nel 2010, ha cambiato qualcosa nei sentimenti della comunità cristiana irachena?

    R. – E’ caduta come una condanna per tutti, ed è per questo che ha influito molto sull’emigrazione dei cristiani dall’Iraq. Certamente, è stata una strage molto grave, però abbiamo avuto tante, tante stragi: nei ministeri, sulle strade, nei mercati e in altre chiese, con uccisioni di sacerdoti, di un vescovo… È una cosa impensabile, quello che abbiamo sofferto dal 2003 fino ad oggi. In particolare noi cristiani, ma non solo.

    D. – Ha speranza che tutto questo cambi?

    R. – Sì, io ho speranza che tutto questo cambi per la misericordia del Signore. Per questo, chiediamo al Signore di darci la pace. Non vogliamo altro. L’Iraq è molto ricco, non ha bisogno di altre forze se i suoi cittadini sanno lavorare senza interessi personali o dei propri partiti o della propria confessione. Interessi che poi si trasformano in ragione di odio, di guerra… E’ questo, quello che ci manca: lo zelo, l’eroismo cristiano dell’amore scambievole. Chiedete voi al Signore, insieme con noi, la pace per tutto il mondo, per il Medio Oriente e in modo speciale per l’Iraq. (gf)

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    I vescovi europei e la crisi dell'euro: oltre all'economia di mercato serve l'economia del dono

    ◊   E’ stato firmato ieri al parlamento europeo il Trattato sul Fondo salva-stati permanente. Il fondo – che sarà un'istituzione finanziaria internazionale con base in Lussemburgo – diventerà operativo nel prossimo mese di luglio e avrà risorse iniziali per 500 miliardi, grazie a 700 miliardi di capitale sottoscritto dagli Stati dell'Eurozona. A margine di questi provvedimenti, mons. Piotr Mazurkiewicz, segretario generale della Comece – la Conferenza degli Episcopati della Comunità Europea – torna a parlare dalla sede di Bruxelles della necessità di riscoprire il valore della responsabilità e della solidarietà, come già sottolineato nel documento che i vescovi europei hanno pubblicato a metà gennaio “Una comunità europea di solidarietà e responsabilità”. L'intervista è di Antonella Palermo:

    R. – Il problema, in Europa, non è quello della mancanza dei soldi. E' importante che nella Chiesa siamo per l’economia di mercato, ma c’è poi anche l’economia del dono. Adesso c’è la sfida in senso pratico.

    D. – La solidarietà tra i Paesi europei, secondo lei, rischia di essere soltanto uno slogan?

    R. – Io penso che questo sia un momento di prova. Adesso, questa necessità di solidarietà è più urgente: l’euro non è soltanto una moneta, ma rappresenta anche un simbolo dell’unificazione dell’Europa. Se perdiamo l’euro, in questo momento perdiamo molto di più: perdiamo questo senso di comunità anche tra le nazioni europee.

    D. – Se potesse rivolgersi direttamente ai leader di Francia e Germania, cosa direbbe loro in questo frangente storico così difficile?

    R. – Il fondamento dell’Unione Europea era anche questo rispetto della dignità di tutti i Paesi. E’ molto importante che, in questo processo in cui si devono prendere decisioni, tutti si sentano rispettati. Questo è importante per tutti i Paesi, per i piccoli e per i grandi… Se vogliamo essere insieme, allora dobbiamo vivere come fossimo in una famiglia. In Europa si parla della libertà, dell’uguaglianza e – la terza parola – della fraternità. (mg)

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    Progetto culturale Cei: presentato il Convegno “Gesù nostro contemporaneo”

    ◊   La domanda di Gesù di Nazaret “Voi chi dite che io sia?” risuona anche nel nostro tempo. Anche oggi, Cristo è portatore di luce e di speranza per l’umanità. Su questo tema è incentrato il convegno internazionale “Gesù nostro contemporaneo”, promosso dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana. Il simposio, che si terrà a Roma dal 9 all’11 febbraio prossimi, è stato presentato oggi in conferenza stampa al Campidoglio. Ma c’è differenza tra il Gesù della storia e il Cristo della fede? Luca Collodi lo ha chiesto al cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato della Cei:

    R. – Si tratta sempre del medesimo Gesù. I due modi di studiarlo possono essere diversi, ossia quello della teologia e quello delle scienze storiche, ma la realtà di Gesù è certamente sempre la stessa.

    D. – Che cosa ha portato Gesù nel mondo se manca la pace ed il benessere per tutti e ci troviamo a vivere questi tempi di crisi?

    R. – Non è detto che i tempi di crisi siano quelli in cui il Signore è più lontano da noi. A ogni modo, una risposta molto precisa alla sua domanda l’ha data il nostro Papa, Benedetto XVI, dicendo che Gesù ha portato Dio. E ci ha anche mostrato qual è l’atteggiamento di Dio verso di noi: un Padre Santo, ma anche misericordioso, che ci ama fino al punto di offrire suo Figlio per noi.

    D. – Oggi, che speranza può rappresentare, Gesù, per gli uomini che vivono quotidianamente una vita spesso difficoltosa?

    R. – Una prima speranza è non limitare l’orizzonte della nostra vita all’aspetto terreno. La Resurrezione di Gesù rimane il grande segno, è una prospettiva che va al di là, una prospettiva alla quale si può accedere solo tramite la fede. Poi c’è una risposta più storica: credo che l’esperienza mostri come, quando si mettono in pratica gli insegnamenti di Gesù, la vita migliori.

    D. – Perché la speranza cristiana non sembra raccolta da chi ha responsabilità del bene pubblico, ad esempio i politici?

    R. – La speranza cristiana non può diventare un immediato programma politico. Credo, però, che i politici stessi debbano sforzarsi di più per cercare di impostare le grandi linee della vita pubblica e della vita sociale su questo concetto di fondo: gli uomini sono fatti per cooperare tra loro, per aiutarsi e non solo per competere.

    D. – Che rapporto c’è, oggi, tra Cristo e la Chiesa?

    R. – La Chiesa è il Corpo di Cristo. Non è di certo Cristo stesso, tuttavia è intimamente legata a Lui. La Chiesa è fatta di uomini e sappiamo che gli uomini commettono molti peccati, hanno tanti limiti, molteplici inadeguatezze e infedeltà. Il credente, però, deve saper vedere dentro questa Chiesa concreta e fatta di uomini, il suo nucleo centrale: Cristo stesso. E’ lo spirito di Cristo che santifica la sposa di Cristo, cioè la Chiesa.

    D. – Qual è lo scopo ultimo del convegno del progetto culturale su Gesù contemporaneo?

    R. – Due anni fa, abbiamo organizzato un convegno su Dio: “Dio oggi, con lui o senza di lui, cambia tutto”. Oggi, facciamo invece un convegno su Gesù Cristo, che è intimamente legato al primo, per completare quindi il discorso avviato due anni fa. Inoltre, ci teniamo a sottolineare che Gesù è nostro contemporaneo. Questo significa che oggi è presente, vive e agisce in noi. La sua storia e la sua vicenda hanno un’efficacia storica nel momento attuale. E lo hanno non per motivi semplicemente umani, ma perché è il Figlio di Dio, perché è Risorto. (vv)

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    Incinta e licenziata: la riflessione del segretario Cisl, Ocmin, su gravidanza e lavoro

    ◊   Ancora oggi, migliaia di donne americane vengono licenziate quando restano incinte. E’ la denuncia fatta, qualche giorno fa, dal “New York Times” in un lungo articolo sulle difficoltà delle donne a far rispettare i propri diritti quando aspettano un bambino. Una piaga che, purtroppo, non riguarda solo gli Stati Uniti, ma che è difficile da sradicare anche in Italia. Alessandro Gisotti ha intervistato al riguardo il segretario confederale della Cisl, Liliana Ocmin:

    R. – Fino a quando culturalmente non passa il messaggio che i figli sono un bene pubblico, un bene della famiglia, un bene della società, chiaramente pesa tutto sulla scelta della donna. Noi stiamo facendo una grande battaglia come sindacato. Peraltro anche nel documento di confronto che avremo con il governo sulla riforma del mercato del lavoro abbiamo inserito la necessità di pensare a strumenti che affrontino il problema di queste "dimissioni in bianco" perché nel nostro caso, in particolare in Italia, c’era una legge che ha avuto difficoltà nella sua applicazione che deve essere rivisitata; dev’essere dato uno strumento per garantire per prima cosa che non si usi questa modalità poco civile, poco rispettosa di uno Stato di diritto che è quella di fare le "dimissioni in bianco". Oggi anche per i giovani e per i lavoratori immigrati si fa un foglio in bianco con una firma, che poi viene utilizzato ogni qualvolta si è di fronte a una gravidanza, a una lunga malattia, alle difficoltà di poter garantire il posto di lavoro e quindi si vuole avere la possibilità di licenziare più tranquillamente... Questo ovviamente mette di fronte alle grandi difficoltà già strutturali, per di più anche con i colpi che abbiamo a causa della crisi.

    D. - Le donne che lavorano sono scoraggiate ad avere figli e questo ovviamente ha anche riflessi sul tasso di natalità…

    R. - La denatalità, come abbiamo visto negli ultimi vent’anni, continua a incrementarsi. Questo condanna il destino di una nazione perché, se una nazione non assicura le condizioni affinché le donne facciano i figli e le famiglie pensino a investire nella famiglia, la società va inevitabilmente verso il declino.

    D. – Al di là dell’aspetto legislativo negli Stati Uniti come in Europa c’è bisogno di un cambiamento di atteggiamento culturale…

    R. – Io credo che da questo punto di vista noi dobbiamo ripensare fortemente a quanti cambiamenti sono necessari per cambiare la cultura e spesso questo compito viene affidato alle donne. Ecco perché io penso con speranza alla possibilità di un modello che sia rispettoso del genere, del valore del merito e della possibilità di poter continuare a riaccendere quella mobilità sociale che dà soltanto vitalità e che rende giusta una società. Sono queste le condizioni che oggi aiuteranno a uscire dalla crisi e che potranno dare sicuramente aspettative migliori. Io credo che una società civile, che si rispetti, tiene insieme i giovani, le donne e soprattutto i più deboli, gli anziani e gli immigrati. (bf)

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    Manifestazione anticamorra a Scampia. Don Minervino: la Chiesa presente tutto l'anno

    ◊   “A Scampia i sacerdoti sono da sempre impegnati in prima linea” e queste “iniziative servono a sottrarre da sotto i piedi della camorra, un cancro maligno, le forze vive dei giovani”. Lo ha detto il cardinale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, in merito alla manifestazione di oggi pomeriggio contro la camorra nel quartiere napoletano. Alessandro Guarasci ha intervistato il decano di Scampia, don Francesco Minervino.

    R. – Tali manifestazioni riaccendono di nuovo i riflettori sul territorio. Certamente, l’attenzione sia delle forze dell’ordine che della magistratura non sono mai mancate su questo territorio, ma la nostra preoccupazione come Chiesa è che l’immagine acquisita danneggi ulteriormente le forze di bene che ci sono, gli sforzi della Chiesa, delle realtà anche del mondo del volontariato su questo territorio. Ritorna un’immagine quasi stereotipata di questa Scampia "Bronx d’Italia" e questo veramente ci rattrista. Bisogna dare voce prima di tutto alle forze sane del territorio, perché la Chiesa è una realtà presente 365 giorni l’anno. E poi non abbiamo orari di chiusura né imposti dai clan né tantomeno da certe norme.

    D. – Lei vede segni concreti di rinascita a Scampia? Lei dice che c’è un luogo comune però nei fatti viene etichettata come una zona di forte disagio sociale e camorristico…

    R. – Non è possibile che ci telefonino persone da Torino, dal nord, che hanno l’idea che qui non si esce più di casa, che siamo rintanati, che ci sono dei bunker... Non è così. Con queste modalità di intervento non aiutiamo neanche le forze a recuperare spazi di legalità.

    D. – Come Chiesa, attualmente, come state lavorando sulla popolazione?

    R. – Creiamo spazi che non siano soltanto serbatoi o luoghi dove in qualche maniera “parcheggiamo” le persone ma diventano luoghi di partecipazione. Le nostre realtà ecclesiali fanno anche altro, diventano centri sociali, diventano spazi di attenzione, di competenze che tante volte non ci dovrebbero riguardare. (bf)

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    Con "La stabilità dell'uomo nel mondo globalizzato" concluse le letture teologiche in Laterano

    ◊   Con l’incontro di ieri sera in Laterano si è concluso il ciclo di letture teologiche dedicato alle grandi omelie pasquali di Benedetto XVI, organizzato dalla pastorale universitaria della diocesi di Roma. Tema dell’ultimo incontro “la stabilità dell’uomo nel mondo globalizzato”. Il servizio di Michele Raviart.

    La luce, l’acqua, l’alleluia. I simboli della Notte Santa ci conducono al mistero pasquale, nell’omelia di Benedetto XVI dell’11 aprile 2009. Il cero pasquale come Luce del mondo, le acque della morte in cui è sceso il Cristo e la sorgente del battesimo, il canto nuovo della scoperta della Vita stessa. Immagini che ci avvinano alla comprensione della Risurrezione, come ci spiega mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede:

    “La Risurrezione di Gesù è qualcosa che sfugge alla nostra immediata comprensione e il modo di avvicinarsi a questa realtà che è di questo mondo, ma che lo trascende, non può essere semplicemente un ragionamento. C’è il simbolo, c’è l’immagine, che ci porta più in là di ciò che noi con il semplice ragionamento possiamo raggiungere. Il Concilio Vaticano II dice una cosa molto bella: Cristo è l’uomo perfetto. In Cristo noi troviamo la perfezione dell’umanità, troviamo ciò che noi anche senza sapere desideriamo. E’ il Cristo Risorto che è attualmente vivente in mezzo a noi, che vive nella Chiesa”.

    Riflessioni che non sono mai confinate all’aspetto teologico, ma che possono guidarci nella complessa società contemporanea. Il cardinale vicario Agostino Vallini:

    “Ogni volta che il Santo Padre da maestro della fede pronuncia un’omelia, annuncia la Parola, è una parola viva adeguata all’oggi. In questo senso questa omelia è veramente di grande attualità e merita di essere ripresa, meditata e attuata nella vita di ognuno di noi”.

    L’omelia, pronunciata in un periodo che era già di crisi economica e sociale, interroga i fedeli su quali debbano essere i valori attraverso i quali i cristiani possano risplendere “come astri nel mondo” ed essere sorgente viva invece di acqua stagnante. Il prof. Enrico Giovannini, presidente dell’Istat:

    “Il Papa ci ricorda nell’omelia che ogni cristiano dev’essere acqua fresca. In questo senso credo che sia la società intera a dover pensare in termini nuovi. Come la Caritas in Veritate e prima la Centesimus Annus ci hanno detto più volte. Un punto chiave a mio parere è quello di definire nuovi parametri per capire che cosa è il progresso di una società, che non sia soltanto reddito, benessere materiale, ma che siano altri elementi che abbiano una prospettiva di equità, di sostenibilità rispetto alle generazioni future”.

    Le parole del Papa indicano perciò la via per un modo migliore di concepire la realtà. Il prof. Giampiero Milano, preside della facoltà di Giurisprudenza all’università di Tor Vergata:

    “Ci richiama a responsabilità nella costruzione di una comunità che vive in un mondo pieno di contraddizioni, di negazioni: da una parte la fede, dall’altra un ateismo che milita privo di valori e anche grandi religioni che cercano di fornire quel livello etico minimo che serva veramente a costruire una comunità universale, la globalizzazione, che sia una comunità positiva, una comunità di scambio di valori e di condivisione”.

    L’uomo, in un mondo globalizzato e in continuo dinamismo, solo con Cristo e la fede può infatti trovare una stabilità e radicarsi in ciò che è profondo e definitivo.


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    Nella Chiesa e nel mondo



    India: alla Plenaria dei vescovi il cardinale Gracias invita a "essere coscienza della nazione"

    ◊   “Essere la coscienza della nazione”: questo è il compito a cui è chiamata la Chiesa in India oggi. Lo ha affermato il cardinale Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana (Cbci), aprendo i lavori della 30.ma Assemblea generale dei vescovi indiani in corso fino all’8 febbraio sul tema “Il ruolo della Chiesa per un’India migliore”. Nel suo intervento – riportato dall’agenzia Ucan – l’arcivescovo di Mumbai ha invitato i confratelli a riflettere su quanto di buono ha fatto la Chiesa, ma anche su quanto non è riuscita a fare per un’India migliore, a cominciare dalla lotta alle disuguaglianze sociali. A questo proposito il cardinale ha espresso seria preoccupazione per l'emergere della realtà di "due Indie", una ricca, l'altra fatta di poveri ed emarginati, rimarcando anche il crescere dell'intolleranza religiosa: questi temi, ha detto, rappresentano un'opportunità e una sfida per la Chiesa. E sul ruolo della Chiesa di fronte a queste sfide si è soffermato il Segretario generale della Cbci, mons. Albert D'Souza che, tracciando una panoramica della situazione socio-politica del Paese nella sua relazione introduttiva ha rilevato che ”c'è un grande anelito alla trasparenza nella vita pubblica, c'è la domanda di migliori opportunità di crescita e sviluppo, per costruire una nazione forte e vibrante". Questo , ha sottolineato il presule, sarà possibile "solo con uno sforzo collaborativo da parte di tutte le forze presenti nel Paese" e tra queste la Chiesa. All'assemblea della Cbci partecipano anche il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e mons. Salvatore Pennacchio, nunzio apostolico in India. Come riferisce l’agenzia Fides, il nunzio ha evidenziato il pluralismo della Chiesa indiana, dove le comunità cattoliche "lavorano insieme per lo sviluppo della nazione attraverso una vasta rete di istituzioni di servizio e organizzazioni". "E' importante preservare questo patrimonio prezioso della Chiesa in India, pur adattandosi alla modernizzazione del paese", ha rimarcato mons. Pennacchio che ha ricordato in particolare il compito della Chiesa di "incoraggiare le piccole comunità cristiane, incontrare i poveri e gli emarginati e, in questo contesto, soprattutto i dalit cristiani, perché vedano riconosciuti i loro diritti costituzionali. Secondo il cardinale Turkson, se la Chiesa in India vuole lavorare "per un'India migliore", deve ottenere, come presupposto "la fiducia di tutte le persone e diventare degna di fiducia", perciò i vescovi devono "essere affidabili nella Casa di Dio”. Nel corso dell’Assemblea i vescovi indiani stanno esaminando i nodi delle “conversioni proibite”, delle limitazioni della libertà religiosa e delle discriminazioni verso i cristiani. Alcuni vescovi hanno ricordato che l'India ha approvato una serie di leggi per proibire la conversione, destinate essenzialmente ai missionari cristiani. Sulla base di tali disposizioni, - riferisce l'agenzia Fides - molti missionari, accusati di “operare conversioni”, hanno dovuto subire processi e ancora oggi i gruppi estremisti usano tali accuse per colpire i leader e i fedeli cristiani. La conversione all’induismo, invece, non è reato, e i gruppi indù continuano a convertire apertamente all'induismo i tribali. Inoltre, secondo fonti della società civile indiana, molte organizzazioni dei gruppi religiosi indù ricevono sovvenzioni dal governo, per la costruzione di scuole e centri sociali, in favore di membri delle caste più basse o dei popoli tribali. Queste organizzazioni indù adottano gli stessi metodi dei missionari, offrendo assistenza sociale e istruzione. (L.Z.)

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    India: domenica di preghiera e digiuno per fermare la guerra nel Nagaland, nel nordest del Paese

    ◊   Preghiera e digiuno per la pace: è l’iniziativa delle Chiese cristiane nel Nagaland, Stato dell’India nordorientale, dove imperversa una guerriglia che, in 30 anni, ha fatto oltre 20mila morti. Domenica prossima, 5 febbraio, come stabilito dal Consiglio delle Chiese del Nagaland, i credenti osserveranno un giorno speciale di digiuno e di preghiera per “pentirsi, espiare i propri peccati, chiedere a Dio il dono della pace”. In uno Stato che è a maggioranza cristiana, le Chiese invitano tutti i militanti e tutti i gruppi guerriglieri a deporre le armi e a unirsi alla preghiera “affinché Dio possa ascoltare, perdonare e guarire la nostra terra”, recita un appello inviato all’agenzia Fides. La nota - ripresa dall'agenzia Fides - chiede un cessate-il-fuoco ai combattenti e alle truppe governative, invocando una soluzione politica alle diverse questioni che toccano il popolo Naga. L’appello giunge una settimana dopo il fallimento dei colloqui di pace fra esponenti del governo e movimenti ribelli i quali, a loro volta, sono divisi e impegnati in una lotta fratricida. Il Nagaland è uno dei sette stati del Nordest dell'India, area del Paese molto instabile, attraversata da numerosi conflitti. Il termine “Naga” indica l’insieme delle tribù tibeto-birmane che abitano la regione. La ribellione armata nello Stato dura dal 1980: i ribelli accusano il governo indiano di sfruttare le risorse locali (minerali, tè, legname e petrolio) senza dare nulla in cambio alla popolazione e combattono per l’indipendenza dall’India. (R.P.)

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    Scontri in Egitto: due morti a Suez, mentre al Cairo continua la protesta

    ◊   È di due morti e circa 400 feriti il bilancio di una notte di scontri a Suez, in Egitto, dove una folla di manifestanti ha tentato di assaltare una stazione di polizia causando la reazione degli agenti che hanno aperto il fuoco. La protesta si aggiunge a quella del Cairo, dove da ieri i manifestanti stanno impedendo l’ingresso nella sede del Ministero dell’Interno e dove il bilancio degli scontri con le forze di sicurezza sale a 628 feriti. Le proteste sono connesse alla strage avvenuta il primo febbraio scorso allo stadio di Port Said, dove nella calca sono rimaste uccise 70 persone, mentre i feriti sono più di mille. Quella che è già stata ribattezzata come la peggiore tragedia calcistica della storia del Paese, rischia di diventare anche un caso politico: i manifestanti, molti dei quali appartenenti a gruppi protagonisti delle rivolte che un anno fa portarono alla caduta di Mubarak, chiedono le dimissioni del Consiglio superiore dei militari, ritenuto incapace di garantire la sicurezza e colpevole di alimentare gli scontri con i manifestanti. Delle responsabilità della vicenda si sta discutendo anche in Parlamento: i Fratelli Musulmani accusano dell’accaduto gli ultrà della squadra dell’al-Alhy, mentre i partiti democratici puntano il dito contro le forze dell’ordine e l’esercito. (R.B.)

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    Europa nella morsa del gelo e della neve: in Ucraina 101 vittime

    ◊   Non accenna a placarsi l’eccezionale ondata di maltempo e di gelo che si è abbattuta sull’Europa orientale, dove si contano già 164 vittime per il freddo. La situazione più grave si registra in Ucraina, dove il bilancio aggiornato dei morti è salito a 101, 38 dei quali nelle ultime 24 ore. E sono per la maggior parte senzatetto, le vittime del freddo polare che da giorni attanaglia il Paese con temperature che si aggirano sui meno 20 gradi, con punte arrivate nella notte anche fino a meno 33. Lo riferisce il ministero per le Emergenze di Kiev, precisando che le altre vittime sono decedute in case prive di riscaldamento. Il governo ha allestito tende riscaldate e rifugi d’emergenza per i clochard, mentre sono stati presi d’assalto anche gli ospedali: nell’ultima settimana circa 1250 persone si sono rivolte a strutture sanitarie in tutto il Paese per ipotermia o principi di congelamento, e una decina sono le vittime per patologie connesse con il freddo. Purtroppo l’Ucraina non è l’unico Paese in cui ci sono state vittime: il ministero dello Sviluppo sociale russo riferisce di 64 persone morte assiderate nel mese di gennaio. Anche in Polonia la colonnina di mercurio è scesa a 30 gradi sotto zero causando 29 morti. Di 22 vittime è, finora, il bilancio in Romania, almeno 10 in Bulgaria e altrettante in Lettonia, mentre si registrano decessi anche in Austria, Grecia e Repubblica Ceca. In Serbia, dopo giorni di intense nevicate che hanno causato 8 morti e isolato interi villaggi, oggi la neve ha ricominciato a cadere sulle zone di montagna anche del vicino Montenegro. Le previsioni meteo, infine, riferiscono di nuove nevicate attese a Berlino, in Gran Bretagna e in Francia, dove l’allarme è scattato in 41 regioni, mentre anche l’Italia è stretta nella morsa del gelo e della neve, che da stamattina cade copiosa anche su Roma. (a cura di Roberta Barbi)

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    Elezioni in Kuwait: netta vittoria delle forze islamiche

    ◊   Netta vittoria dei partiti islamici finora all’opposizione, alle elezioni legislative svoltesi nel Kuwait. Le forze islamiche, favorite alle urne, ottengono complessivamente 34 dei 50 seggi in Parlamento. Premiati, in particolare, i candidati sunniti con 23 seggi, mentre agli sciiti, che costituiscono una minoranza nel Paese, ne vanno 7; sconfitti i liberali che hanno ottenuto solo due seggi, e le forze filogovernative. Dall’assemblea vengono escluse anche le donne: nessuna delle 23 candidate, infatti, è stata eletta, mentre la presenza femminile nella passata legislatura era di quattro rappresentanti. L’affluenza alle urne è stata del 60%. Le elezioni legislative del Kuwait sono state anticipate di circa un anno in seguito a un grave scandalo di corruzione che ha coinvolto alcuni membri del governo ed esponenti del Parlamento, che ha condotto a una grave crisi politica sfociata in qualche episodio di violenza fino allo scioglimento delle camere decretato dall’emiro Sabah Al Ahmad al-Sabah nel dicembre scorso. (R.B.)

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    Onu: in Sud Sudan un milione di persone a rischio insufficienza alimentare

    ◊   Le Nazioni Unite denunciano la situazione di grave penuria di cibo in cui versano oltre cinque milioni di sud sudanesi, su una popolazione di circa otto. Di questi, circa un milione di persone è considerata a rischio insufficienza alimentare: un “problema gigantesco”, come l’ha definito il coordinatore umanitario dell’Onu, Lisa Grande. A determinare questa condizione, purtroppo assai diffusa, precisa l'agenzia Misna, sono diversi fattori: cattivi raccolti, prolungata siccità e gli spostamenti forzati di grandi fette della popolazione a causa della permanente insicurezza che regna nella parte nord del Paese, dove è in atto da tempo un conflitto armato tra l’esercito regolare e i ribelli dell’Splm-N. Inoltre, l’aumento dei prezzi dei cereali, soprattutto sorgo e mais, dovuto al crollo della produzione, e l’aumento del carburante, hanno fatto il resto. Infine, un rapporto presentato nei giorni scorsi a Juba dal Programma alimentare mondiale evidenzia ulteriormente la gravità della situazione: “In un Paese grande come la Francia – si legge – ma che offre solo quattromila km di strade e per lo più sterrate, l’inizio della stagione delle piogge è coinciso con il progressivo isolamento di ampie porzioni di territorio in cui la distribuzione di aiuti e cibo può avvenire solo per via aerea”. (R.B.)

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    Congo: suora uccisa a coltellate a Kananga

    ◊   La commissione Giustizia e Pace di Kananga, nella Repubblica Democratica del Congo, riferisce all'agenzia Misna dell’omicidio di una religiosa appartenente alla Congregazione della Carità e di Maria, di cui ha fornito, per ora, solo il nome: suor Liliane. Stando a quanto appreso, la suora è stata uccisa a coltellate da un uomo non ancora identificato nel capoluogo del Kasai occidentale, nel centro-sud del Paese. Già mesi fa l’arcivescovo della città, mons. Marcel Madila Basanguka, a ridosso delle elezioni generali svoltesi il 28 novembre, aveva denunciato il moltiplicarsi di aggressioni ed episodi di violenza contro religiose, a seguito di accuse infondate del presunto coinvolgimento di una suora direttrice di una scuola in un tentativo di brogli. (R.B.)

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    Nigeria: in migliaia ai funerali delle vittime dell’attentato di Natale contro la chiesa di Madalla

    ◊   Migliaia di persone hanno assistito mercoledì ai funerali delle vittime dell’attentato di Natale contro la chiesa di Santa Teresa di Madalla, alle porte di Abuja: lo dice all'agenzia Misna il parroco, padre Issac Achi, sottolineando che alle esequie hanno assistito anche rappresentanti della comunità musulmana. “La chiesa era strapiena e fuori c’erano più di 2000 persone” dice padre Issac, raggiunto poco dopo la conclusione dei funerali. “Alla cerimonia – aggiunge il sacerdote – hanno assistito molti musulmani di Madalla, che condividono il nostro desiderio di pace”. Nella chiesa di Santa Teresa c’erano vescovi e rappresentanti di tutte le diocesi della Nigeria, giunti dal nord semiarido a maggioranza musulmana o dal sud petrolifero e per lo più cristiano. L’arcivescovo di Abuja, monsignor John Onayekan, ha detto nell’omelia che l’attentato non deve far venire meno la fede e che tutti devono sostenere il governo nel contrasto al terrorismo. L’attentato di Natale, rivendicato dal gruppo armato Boko Haram, aveva provocato almeno 44 vittime. Mercoledì a pochi metri dal campanile della chiesa ne sono state seppellite 17, perché negli altri casi i parenti hanno voluto che i loro cari riposassero nei cimiteri di famiglia. Le esequie sono state celebrate soltanto l'altro ieri per dare a tutti la possibilità di partecipare. “Per due settimane – ricorda padre Issac – i viaggi sono stati molto difficoltosi a causa dello sciopero generale e delle proteste contro l’aumento dei prezzi della benzina”. (L.Z.)

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    In Africa sempre più preoccupante il fenomeno delle "terre in affitto"

    ◊   Le terre coltivabili del continente africano sono sempre più a rischio sfruttamento da parte delle multinazionali del settore alimentare. È la denuncia della coalizione di ong Rights and Resources Initiative, secondo la quale il fenomeno del land grabbing coinvolge ormai 35 Paesi e affama circa 428 milioni di persone. Stando ai dati che le Ong hanno fornito all’agenzia Misna, sarebbero circa un miliardo e 400mila gli ettari di terre confiscate alle comunità rurali, nella quasi totale impunità, dal momento che le legislazioni di diversi Stati riconoscono solo marginalmente i diritti di proprietà e alienabilità di queste grandi superfici e spesso è il governo stesso che se ne appropria distribuendo i diritti di sfruttamento alle multinazionali. I casi più noti di accaparramento delle terre riguardano Etiopia e Sud Sudan, ma anche Liberia e Repubblica Democratica del Congo, dove si calcola che 33,5 milioni siano gli ettari di foreste date in concessione ai privati per lo sfruttamento delle miniere di diamanti e di altri materiali e nessuna di queste concessioni è controllata dalle comunità che tradizionalmente ci vivono. (R.B.)

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    Pakistan: la Chiesa in tribunale contro la demolizione di un Istituto cattolico

    ◊   La Chiesa pakistana ha sottoscritto una petizione presso l'Alta corte di Lahore, contro quella che definisce la "demolizione illegale" dell'istituto cattolico Gosha-e-Aman - il "luogo di pace" che accoglieva cristiani e musulmani - avvenuto lo scorso 10 gennaio ad opera del governo provinciale del Punjab. Padre Emmanuel Yousaf Mani, direttore della Commissione nazionale di Giustizia e pace (Ncjp), ha curato l'istanza presso il tribunale e nutre "piena fiducia nel nostro sistema giudiziario"; faremo quanto possibile, aggiunge, per fornire un riparo adeguato agli sfollati. Intanto il parlamentare provinciale Pervaiz Rafique assicura che solleverà la questione in seno all'Assemblea del Punjab e chiederà spiegazioni ai funzionari di governo sulle circostanze che hanno portato alla demolizione illegale. A lottare per la restituzione della proprietà - riferisce l'agenzia AsiaNews - vi sono anche persone che trovavano rifugio al suo interno. Zenobia Richards, 61 anni, è fra le più battagliere e non risparmia critiche ai vertici cattolici locali, perché "hanno sottoscritto una petizione contro la demolizione illegale, e non per la profanazione della Bibbia, della statua di Maria e del Rosario". La donna assicura di combattere per i propri diritti e punta il dito contro il funzionario governativo provinciale Kamran Michael, un cristiano, che nella faccenda avrebbe rivestito un ruolo "poco chiaro". L’istituto Gosha-e-Aman, fondato nel 1887, è circondato da due acri di terreno, per un valore complessivo di miliardi di rupie. Al suo interno vi erano una casa di accoglienza per anziani, una scuola per ragazze, un convento e una cappella per la preghiera. La controversia relativa al possesso dell’edificio e dell’area circostante era da tempo al centro di una vertenza legale; a innescare la vicenda pare sia stata una donna – convertita all’islam – che in passato ha cercato ospitalità presso il centro. Il 10 gennaio scorso, ribattezzato "martedì nero" dai cristiani, il governo provinciale ne ha ordinato la demolizione. Un funzionario dell'Autorità per lo sviluppo di Lahore (Lda) afferma che l'area era di proprietà del governo e concessa in uso a elementi collusi con la mafia delle terre. Alla guida del gruppo vi sarebbe stata una donna - conosciuta con il nome di Agnus - convertita dal cristianesimo all'islam. Secondo la sua versione, sarebbe lei la legittima proprietaria dei terreni e avrebbe pure dei documenti che lo comprovano. In realtà la donna, dopo aver occupato a lungo un settore dell'edificio, è fuggita poco prima che iniziassero le operazioni di demolizione facendo perdere le proprie tracce. (R.P.)

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    India, violenze antcristiane: pastore protestante picchiato per un film su Gesù

    ◊   Ennesimo grave episodio di violenza contro i cristiani in India: un pastore protestante è stato malmenato e accusato di conversioni fraudolente al cristianesimo, da parte di estremisti indù, solo per aver proiettato un film sulla figura di Gesù per la sua comunità. La denuncia è arrivata all’agenzia Fides dalla Ong locale Global Council of Indian Christians che definisce l’escalation di intolleranza contro i cristiani “allarmante”. L’episodio in questione è avvenuto il 31 gennaio scorso nel distretto di Rajnandgaon, nello Stato di Chhattisgarh, nell’India centrale: al termine della pellicola, in lingua hindi, nove militari indù dell’organizzazione estremista “Bajrang Dal” hanno fatto irruzione distruggendo tutte le attrezzature e picchiando selvaggiamente il sacerdote, rimasto ferito gravemente all’occhio sinistro. Preso in consegna dalla polizia che non ha riscontrato reati, il pastore, Rajendra Masih, 35 anni, è stato rilasciato. (R.B.)

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    Messico: appello di mons. Aguiar Retes dopo l’uccisione di padre Jenaro

    ◊   In un comunicato dell'arcivescovo di Tlalnepantla, mons. Carlos Aguiar Retes, viene chiarita l'identità del sacerdote assassinato il 28 gennaio scorso e condannato ogni atto di violenza. Infatti i giornali e le agenzie di informazione avevano pubblicato un nome errato del sacerdote ucciso subito dopo il fatto delittuoso. “Con profonda tristezza la Chiesa locale di Tlalnepantla comunica l'omicidio di padre Jenaro Aviña García, parroco dell'Immacolata Concezione, che si trova nel Paseo de las Villas del quartiere Villas de la Hacienda, ad Atizapan de Zaragoza. Padre Jenaro Aviña García, membro del clero diocesano dell'arcidiocesi di Tlalnepantla, 63 anni, era stato ordinato sacerdote nel 1976. Specializzato nel campo della Sacra Scrittura, attualmente era parroco della Parrocchia dell’Immacolata Concezione” si legge nel comunicato inviato all’agenzia Fides. "La Chiesa locale di Tlalnepantla - continua il comunicato - condanna in modo assoluto tutti gli atti di violenza che avvengono, non solo contro i cattolici, ma contro tutte le persone, indipendentemente dalla razza, dalla lingua e dalla religione. Facciamo appello alle autorità di chiarire al più presto questo sfortunato evento, che rattrista la comunità cattolica e in particolare la famiglia di padre Gennaro” conclude il comunicato. Pedro Gonzalez Mendoza, direttore della Pubblica Sicurezza e Polizia del Traffico di Atizapán ha riferito che a quanto pare l'omicidio si è verificato alle 6 del mattino di sabato scorso. “Il sacerdote aveva il pigiama e le pantofole, a quanto pare aveva sentito dei rumori e ha aperto la porta della canonica”. La polizia lavora per chiarire tutti i risvolti del caso. (R.P.)

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    Perù: stato d’emergenza a Iñapari. Gli haitiani fermi alla frontiera ospitati in chiesa

    ◊   Il sindaco della provincia di Tahuamanu a Madre de Dios, Celso Curi, ha annunciato che la città di Iñapari sarà dichiarata “in stato di emergenza” per accelerare l'assistenza a circa 300 haitiani rimasti in città dopo che è stato loro impedito di entrare in Brasile. Il governo brasiliano ha infatti ordinato la chiusura della frontiera per gli haitiani per fermare l'ondata di immigrati caraibici che sono arrivati dopo il terremoto del gennaio 2010. Iñapari, capitale della provincia di Tahuamanu, nella regione peruviana di Madre de Dios, condivide la frontiera con la città di Assis, in Brasile. Curi ha detto che esiste un consenso tra i membri del Consiglio per approvare il provvedimento in forma urgente, in quanto la situazione lo richiede: "Gli haitiani non hanno materassi, dormono per strada, hanno problemi di stomaco, della pelle e delle vie respiratorie. Si può facilmente cadere preda della dengue, della malaria e contagiare tutti in forma massiccia". Ha sottolineato inoltre che la dichiarazione di emergenza faciliterà gli aiuti umanitari, ma ha aggiunto che si tratta solo di una soluzione temporanea, in quanto "la soluzione a lungo termine deve passare attraverso una decisione del Brasile, se ancora una volta aprirà le sue porte oppure dovranno ritornare nel loro Paese. Sono venuti per restare in Brasile, hanno venduto tutto quello che avevano nel loro Paese per farlo". “Gli haitiani - ha spiegato - sono ad Iñapari da più di una settimana ed in un primo momento erano poco più di 100, numero che è aumentato fino ad oggi, e sono ospitati nella chiesa di Iñapari. I viveri sono bastati fino a ieri. Stiamo facendo tutti gli sforzi per vedere se otteniamo qualcosa per loro, e non c'è da escludere che alcuni abbiano attraversato illegalmente la frontiera per quanto erano disperati". (R.P.)

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    Australia: alla Red Mass il cardinale Pell parla del valore della giustizia

    ◊   Ha parlato del valore della giustizia, l’arcivescovo di Sydney, cardinale George Pell, nell’omelia della Red Mass, la “Messa Rossa” che si tiene tradizionalmente all’inizio dell’anno giudiziario e che nel 2012 è stata celebrata il 31 gennaio scorso. “La società australiana è grata verso coloro che esercitano la loro professione nel campo della giustizia che si estende ben al di là del settore che riguarda solo le leggi – ha esordito davanti a una folla di giudici e avvocati – la gratitudine della comunità è anche dovuta al servizio etico che viene svolto da tutti coloro che operano nel settore della giustizia”. Il porporato ha poi sottolineato il ruolo fondamentale che nel Paese sono chiamate a svolgere le comunità cristiane, e cioè l’insegnamento divino, nel rispetto tipico dell’Australia del pluralismo religioso e non: “C’è sempre un pericolo quando non si riempie il vuoto causato dall’assenza di Dio – ha aggiunto – questa è la causa del deterioramento delle nostre società”. Il cardinale Pell ha poi fatto un excursus storico sulla legislazione: dalla Legge Mosaica alla Costituzione australiana, che ricalca l’evoluzione dell’eterna lotta tra bene e male, per poi arrivare al concetto di autodisciplina, incoraggiata dalla tradizione giudaico-cristiana e fonte d’ispirazione per le comunità. L’arcivescovo di Sydney ha anche parlato della salvaguardia del matrimonio e della vita familiare, nonché della certezza del perdono, dopo un vero pentimento, che la fede offre a tutti i peccatori. “Dio mette in atto per noi il suo piano di salvezza per mezzo dell’azione dello Spirito”, ha detto, raccomandando ai fedeli di non cedere al pessimismo che spesso attanaglia la società in cui viviamo. (R.B.)

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    Filippine: la Croce Rossa investe sulla formazione dei volontari per le emergenze

    ◊   Investe sulla formazione per fronteggiare i disastri naturali, la Croce Rossa delle Filippine, che ha avviato un corso destinato a un milione e ottomila volontari che divisi in gruppi da 44, saranno dislocati nei 42mila villaggi filippini a rischio catastrofi naturali. Il progetto si chiama “Red Cross 143” e, riferisce l'agenzia Fides, fornirà nozioni di base e di pronto soccorso in caso di emergenze naturali, per rendere i partecipanti in grado di monitorare e valutare in tempo le sciagure. Le Filippine, infatti, che hanno circa 100 milioni di abitanti, sono uno dei Paesi al mondo con il maggiore rischio di esposizione ai disastri, e annoverano il passaggio di circa 20 tifoni all’anno, ma includono, nel loro territorio, anche 23 vulcani attivi del cosiddetto “anello di fuoco” del Pacifico. La più grave tempesta dell’ultimo anno, ad esempio, Washi, ha ucciso 1200 persone e ne ha coinvolte circa un milione, abbattendosi soprattutto sul villaggio di Macasanding. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVI no. 34

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